XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti

Resoconto stenografico



Seduta n. 114 di Martedì 2 agosto 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 

Audizioni di delegati RSU della Miteni S.p.A.:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 ,
Volpiana Renato , Delegato RSU della Miteni Spa ... 4 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 6 ,
Ceretta Giampietro , Delegato RSU della Miteni Spa ... 6 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 6 ,
Puppato Laura  ... 6 ,
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 7 ,
Arrigoni Paolo  ... 7 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 7 ,
Volpiana Renato , Delegato RSU della Miteni Spa ... 8 ,
Puppato Laura  ... 8 ,
Volpiana Renato , Delegato RSU della Miteni Spa ... 8 ,
Arrigoni Paolo  ... 10 ,
Volpiana Renato , Delegato RSU della Miteni Spa ... 10 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 10 ,
Volpiana Renato , Delegato RSU della Miteni Spa ... 11 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 11 ,
Ceretta Giampietro , Delegato RSU della Miteni Spa ... 11 ,
Orsato Denis , Delegato RSU della Miteni Spa ... 11 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 11 ,
Puppato Laura  ... 11 ,
Prebianca Nicola , Delegato RSU della Miteni Spa ... 11 ,
Puppato Laura  ... 11 ,
Prebianca Nicola , Delegato RSU della Miteni Spa ... 11 ,
Puppato Laura  ... 12 ,
Volpiana Renato , Delegato RSU della Miteni Spa ... 12 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 12 

(La seduta, sospesa alle 14.20, è ripresa alle 21.05) ... 13 

Audizione del presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa, Daniele Fortini:
Bratti Alessandro , Presidente ... 13 ,
Fortini Daniele , presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 13 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 24 ,
Fortini Daniele , presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 24 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 28 ,
Fortini Daniele , presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 28 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 29 ,
Fortini Daniele , presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 29 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 32 ,
Augello Andrea  ... 32 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 32 ,
Augello Andrea  ... 32 ,
Fortini Daniele , presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 33 ,
Augello Andrea  ... 35 ,
Fortini Daniele , presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 35 ,
Scalia Francesco  ... 35 ,
Fortini Daniele , presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 35 ,
Scalia Francesco  ... 36 ,
Fortini Daniele , presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 36 ,
Scalia Francesco  ... 36 ,
Fortini Daniele , presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 36 ,
Nugnes Paola  ... 36 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 37 ,
Nugnes Paola  ... 37 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 37 ,
Nugnes Paola  ... 37 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 37 ,
Nugnes Paola  ... 37 ,
Fortini Daniele , presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 37 ,
Nugnes Paola  ... 38 ,
Fortini Daniele , presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 38 ,
Nugnes Paola  ... 38 ,
Fortini Daniele , presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 38 ,
Nugnes Paola  ... 39 ,
Fortini Daniele , presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 39 ,
Nugnes Paola  ... 39 ,
Fortini Daniele , presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 39 ,
Nugnes Paola  ... 39 ,
Fortini Daniele , presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 39 ,
Nugnes Paola  ... 39 ,
Fortini Daniele , presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 39 ,
Nugnes Paola  ... 39 ,
Fortini Daniele , presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 39 ,
Nugnes Paola  ... 39 ,
Fortini Daniele , presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 39 ,
Nugnes Paola  ... 40 ,
Fortini Daniele , presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 40 ,
Nugnes Paola  ... 40 ,
Fortini Daniele , presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 40 ,
Nugnes Paola  ... 40 ,
Fortini Daniele , presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 40 ,
Nugnes Paola  ... 40 ,
Fortini Daniele , presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 40 ,
Nugnes Paola  ... 40 ,
Fortini Daniele , presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 40 ,
Nugnes Paola  ... 40 ,
Fortini Daniele , presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 40 ,
Nugnes Paola  ... 40 ,
Fortini Daniele , presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 40 ,
Zaratti Filiberto (SI-SEL)  ... 41 ,
Fortini Daniele , presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 41 ,
Zaratti Filiberto (SI-SEL)  ... 42 ,
Fortini Daniele , presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 42 ,
Zaratti Filiberto (SI-SEL)  ... 43 ,
Fortini Daniele , presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 43 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 43 ,
Arrigoni Paolo  ... 43 ,
Nugnes Paola  ... 44 ,
Fortini Daniele , presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 44 ,
Arrigoni Paolo  ... 44 ,
Fortini Daniele , presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 44 ,
Arrigoni Paolo  ... 45 ,
Fortini Daniele , presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 45 ,
Orellana Luis Alberto  ... 45 ,
Fortini Daniele , presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 46 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 46 ,
Fortini Daniele , presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 46 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 46 ,
Fortini Daniele , presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 46 ,
Nugnes Paola  ... 46 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 46 ,
Nugnes Paola  ... 46 ,
Fortini Daniele , presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 46 ,
Polverini Renata (FI-PdL)  ... 47 ,
Fortini Daniele , presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 48 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 48 ,
Fortini Daniele , presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 48 ,
Polverini Renata (FI-PdL)  ... 48 ,
Fortini Daniele , presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 48 ,
Puppato Laura  ... 49 ,
Fortini Daniele , presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 49 ,
Puppato Laura  ... 49 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 49 ,
Fortini Daniele , presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 50 ,
Puppato Laura  ... 50 ,
Fortini Daniele , presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 50 ,
Puppato Laura  ... 50 ,
Fortini Daniele , presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 50 ,
Puppato Laura  ... 50 ,
Fortini Daniele , presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 50 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 52 ,
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 52 ,
Fortini Daniele , presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 52 ,
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 52 ,
Fortini Daniele , presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 52 ,
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 52 ,
Fortini Daniele , presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 52 ,
Carrescia Piergiorgio (PD)  ... 53 ,
Fortini Daniele , presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 53 ,
Carrescia Piergiorgio (PD)  ... 54 ,
Fortini Daniele , presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 54 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 54 ,
Fortini Daniele , presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 54 ,
Bianchi Stella (PD)  ... 54 ,
Fortini Daniele , presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 55 ,
Bianchi Stella (PD)  ... 55 ,
Fortini Daniele , presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 55 ,
Bianchi Stella (PD)  ... 55 ,
Fortini Daniele , presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 55 ,
Bianchi Stella (PD)  ... 55 ,
Fortini Daniele , presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 55 ,
Bianchi Stella (PD)  ... 55 ,
Fortini Daniele , presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa ... 55 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 56 56

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALESSANDRO BRATTI

  La seduta comincia alle 13.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizioni di delegati RSU della Miteni Spa.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di delegati delle rappresentanze sindacali unitarie (RSU) della Miteni S.p.A., che ringrazio per la presenza. Sono presenti i signori Gianpietro Ceretta, Denis Orsato, Nicola Prebianca e Renato Volpiana, accompagnati dalla signora Verena Reccardini e dal signor Leone Frigo.
  Ricordo che la Commissione si occupa di illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione e dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti, alle bonifiche e al ciclo della depurazione delle acque. L'audizione odierna si inserisce nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione ha avviato sulla regione Veneto, con particolare riferimento alla situazione di criticità, che sta interessando larghe fasce di popolazione residente, riguardante l'inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche.
  Avverto i nostri ospiti che della presente audizione viene redatto un resoconto stenografico – come sapete, l'audizione non sarà documentata solo in maniera sommaria ma anche parola per parola – e che, facendone espressa e motivata richiesta, in particolare in presenza di fatti illeciti sui quali siano in corso indagini tuttora coperte da segreto, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta. In altri termini, se ci sono delle questioni che considerate particolarmente delicate, che non volete esporre o su cui ci sono indagini, dovete dircelo prima, con l'unica avvertenza per cui vi invito a tenere presente che, una volta apposto il segreto, l'utilizzo di questo materiale sarebbe reso molto più difficoltoso.
  Ricordo che la vostra audizione ci è stata notevolmente caldeggiata dalla collega Puppato, proprio perché l'azienda dentro cui voi lavorate, come è noto, è una di quelle messe sotto accusa rispetto alle responsabilità di questo gravissimo inquinamento che oggi stiamo verificando e discutendo.
  In realtà, c'è poco da verificare poiché questo inquinamento esiste in larga parte del vicentino e del veronese, e pare che sia legato ai prodotti che erano lavorati proprio in questa azienda. Voi ci avete consegnato una relazione, che vi invito ad illustrare per quelle le parti o punti che ritenete più importanti per il lavoro che dobbiamo poi fare noi. In seguito, i commissari, se vorranno, potranno porre qualche domanda. Vi pregherei, da ultimo, quando parlate, di dire il vostro nome al microfono affinché anche questo elemento rimanga verbalizzato. Do quindi la parola ai nostri ospiti per lo svolgimento della loro relazione.

Pag. 4

  RENATO VOLPIANA, Delegato RSU della Miteni Spa. Buongiorno a tutti. Io sono sia rappresentante sindacale unitario (RSU), sia rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS) dell'azienda Miteni di Trissino. Vi abbiamo anticipato una relazione, che abbiamo scritto secondo il nostro sentimento sulla questione e con le nostre conoscenze di lavoratori.
  Come avrete visto, abbiamo messo al primo punto l'aspetto sanitario e occupazionale, soprattutto in riferimento alle concentrazioni di queste sostanze che i lavoratori e, quindi, anche noi abbiamo nel nostro organismo. Il nostro è uno stato d'animo molto agitato, che chiaramente rappresentiamo a nome di tutte le maestranze, perché siamo di fronte a pareri contrastanti o comunque di diverso tenore circa le conseguenze che queste sostanze potranno determinare nel tempo sulla salute di tutti noi. C'è infatti una parte della comunità scientifica la quale sostiene che, malgrado noi abbiamo altissime concentrazioni rispetto a quanto rilevato nei cosiddetti «non esposti» o «esposti ambientali», in base agli studi effettuati anche dal nostro medico di fabbrica, il professor Costa, non ci saranno conseguenze. Altri studiosi della materia, invece, dicono che corriamo il rischio di avere delle conseguenze nel medio e lungo termine.
  Come abbiamo scritto, noi siamo in mezzo a questi dati dibattuti e, chiaramente, siamo molto preoccupati. Non ci soffermiamo a ripetere i dati in questa sede perché penso che nelle precedenti audizioni i numeri siano stati sviscerati abbastanza nel dettaglio. L'azienda sta attraversando un periodo di difficoltà e di mancato rilancio delle produzioni da diversi anni, se non altro dall'atto di acquisizione da parte dell'ICIG, un gruppo internazionale di investitori chimici che è subentrato alla proprietà Mitsubishi nel 2009.
  A dire il vero, già da oltre un anno e mezzo prima, ossia dal 2007, l'azienda, sebbene la Mitsubishi fosse ancora proprietaria, dava segno di difficoltà di congiuntura e di rinnovo del portafoglio clienti. Con il passaggio della proprietà a ICIG, però, abbiamo notato un ulteriore peggioramento, sia del quadro occupazionale, sia del portafoglio prodotti. A questa situazione, legata alle sostanze che possono essere in qualche maniera ricondotte a un quadro di tossicità, si aggiunge il fatto che l'azienda non sta andando bene e ha ridotto gli organici nel corso degli anni. Come abbiamo scritto, da diverso tempo si ricorre periodicamente anche ad ammortizzatori sociali per cercare di calmierare gli esercizi. Ci troviamo, quindi, con la duplice preoccupazione di vederci senza lavoro e con queste sostanze nel sangue, in un quadro, come abbiamo scritto, di assoluta mancanza di normative e di incertezza sulle conseguenze di queste sostanze.
  Noi avevamo ragionato anche con i nostri dirigenti sindacali. Ragionavamo sul fatto che, qualora ciò si fosse appalesato e la situazione fosse degradata fino a portare alla chiusura dell'azienda – sappiamo, direttamente e indirettamente, quali potrebbero essere le cause – ci saremmo trovati nella condizione di avere subìto, oltre al danno alla salute, la perdita del posto di lavoro, in conseguenza di lacune anche dal punto di vista legislativo. Proponiamo, quindi, rispettosamente ma vivamente, a questa autorevole Commissione di far ciò presente. Non sappiamo in che modo possiate farlo e che competenza abbiate, ma abbiamo sentito la necessità di esprimere questa nostra richiesta.
  Noi abbiamo sempre lavorato queste sostanze, iniziando subito dopo la fondazione della fabbrica. Non mi riferisco a noi direttamente, ma ai nostri precedenti colleghi, che sono andati, via via, in pensione. Come potete immaginare, essendo il sito del 1965, tutto il quadro di leggi appartiene all'epoca, nonché le metodologie. Pertanto non ci «sorprendiamo» che possano esserci stati problemi, anche di tipo ambientale, sui terreni. Per esempio, il fondo dello stabilimento, all'inizio, era in terra battuta, come ci riferivano gli operai più anziani, con impianti condotti in un'epoca in cui non c'era una legislazione. Se non ricordiamo male, la prima legislazione è del 1976. Mi riferisco alla legge Merlin, che subito dopo alcuni incidenti, regolò la materia ambientale per l'industria di un certo Pag. 5tipo. Ci sembra, comunque, che dopo il caso Dupont in America (Ohio), ci fossero abbastanza dati, se non altro nella letteratura internazionale, per cercare di normare, anche a livello europeo e a livello italiano, queste sostanze. Questo non è accaduto e ci troviamo oggi, nel 2016, ad avere le prime indicazioni di valori, di soglie limite, di decision support system (DSS) e via dicendo.
  Adesso abbiamo appreso anche che il Ministero dell'ambiente sembra avere emesso dei limiti ulteriormente restrittivi per le molecole di seconda generazione, le cosiddette «a catena corta» (C4, C5 e C6). Tutto questo, chiaramente, consegue a uno studio dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA). Peraltro, a questo proposito, segnalo che nella relazione c'è stato un refuso: abbiamo infatti scritto «ISRA» in luogo di «ISPRA». Di questo ci scusiamo.
  Viene alle cronache questa situazione di contaminazione della falda, diffusa in circa 150-180 chilometri quadrati. Sono dati che abbiamo reperito dall'agenzia regionale per la protezione dell'ambiente del Veneto (ARPAV), con cui ci siamo confrontati e incontrati come rappresentanti dei lavoratori. C'è poi una contaminazione più ascrivibile al saturo e insaturo sotto lo stabilimento, che è gestita, come saprete sicuramente, attraverso un barrieramento idraulico. Sono tuttora in corso le operazioni di messa in sicurezza d'emergenza (MISE), a cui dovrebbe seguire la fase di messa in sicurezza operativa: c'è da capire dove, come e quando. Comunque, c'è una conferenza di servizi che sta gestendo questi aspetti. Questo è un aspetto ambientale che ha avuto significative ricadute sul personale e sugli abitanti.
  Per quanto riguarda noi, abbiamo queste concentrazioni. È stata stabilita una soglia precauzionale per la tutela della salute di 500 nanogrammi per litro d'acqua. Noi abbiamo delle concentrazioni di siffatta misura e ci domandiamo cosa accadrà alla nostra salute: da qui deriva questo ragionamento.
  Inoltre, abbiamo fatto un ragionamento più generale sulla storia dell'azienda. Abbiamo espresso un parere, per il quale ci siamo parzialmente scusati, in chiusura di questa nostra relazione. Si tratta, forse, di una digressione dal tema, però ci premeva condividere con voi questo nostro sentire, che riguarda aziende che passano di mano e che magari....
  Questo gruppo non ha mai dimostrato, almeno finora, la capacità o la volontà di investire in maniera significativa e di credere nel sito, ma ha gestito una situazione debitoria che ha ereditato da Mitsubishi. Adesso, pian piano, si è ridimensionato il tutto, sia negli organici, sia negli impianti, sia nel portafoglio prodotti. L'età media del personale è alta (oltre 50 anni); c'è il blocco del turnover e ci sono anche condizioni impiantistiche un po’ datate, perché se non si investe è chiaro che gli impianti, man mano che passano gli anni, peggiorano.
  Nelle relazioni sindacali siamo spesso in frizione con la direzione e con la gestione perché dobbiamo discutere, di volta in volta, anche questioni riguardanti gli organici, la sicurezza e via dicendo, oltre agli aspetti di salute e di tutela, che chiaramente sono la prima istanza da un punto di vista sindacale. Io mi fermerei qui.
  Noi abbiamo parlato di una strumentalizzazione: potremmo magari spiegarla meglio. Abbiamo citato il caso della superstrada pedemontana veneta, che fu spostata rispetto allo stabilimento, adducendo motivazioni legate allo scenario derivante da incidenti da acido fluoridrico-anidro e cloro liquido, che noi deteniamo su licenza per le nostre lavorazioni: lì sono stati fatti una serie di insediamenti, anche peggiorativi da un punto di vista della sicurezza.
  Abbiamo visto che, di volta in volta, l'azienda è stata un po’ «tirata in ballo», anche per delle conseguenze che non erano direttamente legate alla sua attività. Noi, come abbiamo scritto, non siamo qui a difendere tout court il posto di lavoro. Difendiamo il lavoro perché riteniamo che debba essere difeso, ma non necessariamente a spada tratta o in ogni caso. Auspichiamo che l'analisi dei lavori di questa Commissione porti veramente alla massima oggettività di giudizio e alla contestualizzazione delle cause storiche che si Pag. 6sono create. Se ci sono delle responsabilità da parte dell'azienda, è giusto che queste siano accertate e, in caso, perseguite, perché è anche un nostro diritto vivere in un contesto di rispetto delle regole. Speriamo che tutto sia contemperato all'interno del massimo discrimine, al fine di raggiungere una conoscenza precisa dei fatti e di poter agire di conseguenza.

  PRESIDENTE. Qualcuno di voi vuole aggiungere qualcosa?

  GIAMPIETRO CERETTA, Delegato RSU della Miteni Spa. Io vorrei aggiungere una cosa. La zona dove sorge l'azienda è una zona di grandi insediamenti produttivi, soprattutto di insediamenti produttivi che hanno bisogno di grandissime quantità d'acqua: ci sono tre industrie chimiche e 80 concerie. Queste aziende sono nate sopra un acquifero importantissimo, proprio perché abbisognavano di acqua.
  Di fatto, la vallata dell'Agno e del Chiampo è un grandissimo lago riempito di ghiaia, sul quale abbiamo poi messo tutte queste aziende. Queste aziende captano acqua, ma la devono anche scaricare. Pertanto è riduttivo, secondo noi, parlare solamente di acido perfluoroottanoico (PFOA) o di sostanze perfluoroalchiliche (PFAS).
  Abbiamo incontrato anche dei comitati. Chiediamo – non per discolpare l'azienda dove lavoriamo, che ha i suoi avvocati e i suoi amministratori, che faranno la loro parte – di avere a disposizione acqua libera da PFAS e da tutti gli inquinanti possibili. È riduttivo, secondo noi, concentrare la questione su questo tipo di inquinante, anche perché, dalle informazioni che abbiamo, risulta che vicino allo scarico dei depuratori, che è a Cologna Veneta, quindi a sud di questo importantissimo acquifero, c'è l'immissione di acqua, tramite il canale del consorzio di bonifica di II grado lessinio euganeo berico (LEB), dall'Adige.
  Questo avveniva anche prima dell'indagine che è stata pubblicata nel 2013, dove si ravvisava l'inquinamento. Di conseguenza, credo che pensare che ci fossero dei problemi anche prima sia legittimo.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LAURA PUPPATO. Innanzitutto vi ringrazio molto di essere qui oggi e soprattutto di averci preventivamente inviato questo documento così esaustivo, sia rispetto alla tematica storica, sia rispetto agli aspetti sanitari e di inquinamento che interessano la vostra azienda e la vostra realtà territoriale.
  Io ho alcune domande da porvi, soprattutto in relazione a questo documento. Vi prego di correggermi ed eventualmente di smentirmi laddove ci fossero inesattezze da parte mia, o comunque di aiutarmi ad interpretare meglio alcune questioni che per noi sono importanti. In primo luogo, in questo documento voi dichiarate che, essendo maestranze di una realtà industriale a rischio di incidente rilevante, siete sottoposti, da decenni, ad analisi cliniche che vengono poi trasmesse al servizio prevenzione igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro (SPISAL).
  Rispetto a questi esami trasmessi allo SPISAL, vorrei capire se sono stati rilevati nel corso di questi anni/decenni elementi di sospetto che, in qualche caso, potevano far presumere che il livello di inquinamento che voi stavate subendo necessitava di interventi da parte dello SPISAL stesso o di altre istituzioni o enti pubblici, al fine di salvaguardare la vostra salute.
  La seconda questione riguarda la modalità con cui è avvenuta la cessione dell'azienda di cui stiamo parlando. Abbiamo tutti ormai molto chiaro – credo che sia definito in ogni dove – che la grossa compromissione delle acque di falda e degli stessi scarichi è determinata, in parte prevalente, (si parla del 97 per cento) dall'azienda Miteni. Penso che di questo dobbiamo prendere atto e partire da qui per capire se ci sono state responsabilità, di che genere e come risolvere la situazione.
  Io leggo per la prima volta – ho prestato molta attenzione alla vicenda, quindi presumo non mi sia sfuggito nulla – che questa azienda (Marzotto fino al 1989) è stata ceduta prima a Enichem, che è rimasta fino al 2009; in seguito è stata acquisita Pag. 7dalla ICIG (International chemical investors group), con sede legale in Lussemburgo e sede operativa a Francoforte. Dalla vostra descrizione vengo a sapere che nessuno di noi o di voi conosce l'assetto societario: non sappiamo, quindi, chi è il padrone, è così?
  Onestamente, quando ho letto quello che è avvenuto, sono rimasta colpita. Voi avete dichiarato che Mitsubishi, che ha ceduto la Miteni a questa ICIG, riteneva, già nel 2009, che non si potessero continuare le lavorazioni con la sicurezza necessaria e che l'intervento per riuscire a lavorare i perfluoroalchilici era considerato altamente oneroso, obbligando a segregare la lavorazione perfluoroalchilica rispetto alle altre attività dell'azienda per le eccessive problematiche ambientali.
  C'è stato anche un cambio di vertice. L'allora gestore dello stabilimento è stato sostituito con una figura che abbiamo ritrovato anche altrove, con precedenti non proprio illuminanti. Ci doveva essere una chiusura, già prevista, per difficoltà ambientali conosciute e certificate anche nel passaggio societario ben sette anni fa. In realtà, l'azienda ha proceduto la sua marcia, come voi dite, con la volontà di attuare un phase-out, che in realtà non finiva mai. Questa fase avrebbe dovuto essere conclusiva e permettere l'inserimento di nuovi prodotti e nuove lavorazioni, ma questo, in realtà, non è accaduto, nonostante ci siano state ripetute iniziative sindacali e via dicendo.
  Lo stesso ingegner Guarracino, di Miteni, il 28 settembre 2013 dichiarò che quando l'ICIG acquistò da Mitsubishi la Miteni, questa era un'azienda tecnicamente fallita, che abbisognava di processi di revamping, aveva prodotti vecchi, brevetti scaduti, impianti vecchi e difficilmente convertibili. Tutto questo ci dice una cosa molto chiara, ovvero che è tutto previsto e tutto conosciuto.
  Quello che io voglio chiedervi, oltre alla conferma e all'eventuale integrazione di queste dichiarazioni, è relativo ad Arica, a cui voi non fate cenno, ma che si capisce essere il corpo ricettore di cui parlate. Voi fate cenno al fatto che Arica prelevava dal fiume Adige 6 metri cubi al secondo, per diluire le eventuali evidenti criticità di quest'acqua. Vorrei sapere da quanto tempo lo faceva, secondo le vostre informazioni.
  Quello che ci serve capire è se la situazione che si stava vivendo risultava davvero così sconosciuta o comunque se ne fossero scarsamente informati l'autorità pubblica, le istituzioni, gli acquedotti consortili, la regione Veneto, lo SPISAL, gli istituti sanitari o ambientali.

  ALBERTO ZOLEZZI. Grazie per essere qui. Vorrei sapere quando avete iniziato a essere informati sul fatto che potevano esserci eventuali rischi per la vostra salute e se eravate dotati di dispositivi di protezione individuale mirati per questo tipo di produzione. Non so se avevate delle mascherine, visto che non è ancora chiaro quali possono essere le modalità di assunzione. È chiaro che chi lavora si confronta con i colleghi. Vorrei sapere se avete avuto il sentore che ci fosse un numero di patologie anomalo rispetto a una situazione classica, o se c'è stato qualche caso particolare in cui una persona giovane ha avuto magari un problema circolatorio, visto che si parla molto di questi aspetti.

  PAOLO ARRIGONI. Leggendo il vostro documento si apprende che attualmente ci sono 120 dipendenti, di cui tre prossimamente in uscita: qual è il tempo medio di attività in Miteni di voi 120 dipendenti?
  Vorrei sapere se in questi anni, soprattutto dal 2009, quando è subentrata l'ICIG, sono stati fatti degli investimenti in termini di sicurezza, sia a livello impiantistico, sia a livello di protezione personale. Leggo che dal gennaio del corrente anno c'è un nuovo amministratore delegato, visto che Guarracino se n'è andato. Ci sono state novità portate dal nuovo amministratore delegato rispetto al precedente? Ve ne ha parlato? Ha in mente qualcosa? Inoltre, vorrei sapere se la richiesta di incontro con la regione Veneto ha avuto riscontro o meno.

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

Pag. 8

  RENATO VOLPIANA, Delegato RSU della Miteni Spa. Rispondo in ordine, partendo dalla senatrice Puppato, in particolar modo sulla produzione del PFOA e sulla segregazione di cui noi parliamo. Qui ci è dato modo di precisare meglio cosa intendevamo. Noi abbiamo dei verbali, relativi anche alla procedente proprietà, di riunioni tra le rappresentanze sindacali. A un certo momento – è difficile collocarlo temporalmente con precisione, però potrebbe essere il 2005-2006 – il prodotto ha attraversato un’impasse dal punto di vista commerciale; cominciavano infatti a circolare notizie su una certa problematicità dal punto di vista ambientale e anche dal punto di vista della salute dei lavoratori; chiaramente, le notizie circolavano, anche in seguito al citato caso Dupont.
  L'impianto viene fermato principalmente per motivi commerciali. Il dirigente che abbiamo citato, l'ingegnere Fabris, che era una persona particolarmente attenta a questi aspetti, diede informazione, anche nel corso di queste riunioni, del fatto che la proprietà Mitsubishi, se avesse voluto procedere ancora nella produzione del PFOA, cioè senza svincolarsi immediatamente da queste produzioni, per poter passare alla molecola definita di seconda generazione, che però doveva ancora affermarsi sul mercato, avrebbe dovuto, a suo giudizio, migliorare ulteriormente la tecnologia dell'impianto.
  Si tratta di una molecola che, dal punto di vista chimico, è meno performante rispetto a una molecola di otto atomi di carbonio, che possiede un'alta stabilità, che è anche il motivo della sua biopersistenza. Si disse: «noi potremmo continuare queste produzioni, perché non ci sono vincoli, non ci sono indicazioni di norme, non ci sono restrizioni alcune». Infatti, riteniamo che, nel 2010, quando la gestione ICIG rimise in marcia l'impianto, lo abbia fatto dentro un arco di tolleranza che gli era permesso dal fatto che non c'era legislazione in materia. Si espresse, quindi, questa indicazione: «....guardate che, secondo noi, potremmo anche fare delle produzioni di nicchia, che magari il mercato richiederebbe ancora, però per farle, per nostra scelta personale, per essere virtuosi dal punto di vista della risposta nei confronti del mercato e di quello che viene chiamato “responsible care”, cioè l'attenzione alla responsabilità, dobbiamo....»
  E ancora: «vogliamo aumentare? Questo è possibile solo attraverso la segregazione, ovvero un ciclo completamente chiuso, laddove qualsiasi dispersione di polveri o di aeriformi venga....»
  In tal senso, si proseguiva: «....gli stessi tetti degli impianti dovrebbero essere dilavati e l'acqua degli impianti a doccia dovrebbe essere convogliata a dei sistemi di copolimeri di resine, in maniera tale da catturare tutto il possibile. Questi adattamenti tecnici necessitano di un investimento tale per cui la proprietà Mitsubishi non lo ritiene ad oggi praticabile dal punto di vista costi-benefici». Tutto questo è scritto anche in un verbale di un incontro. Pertanto, di fatto, si lascia fermo l'impianto di PFOA. Il passaggio della proprietà non c'era stato assolutamente annunciato: l'abbiamo appreso dalla sera alla mattina. Gli impianti erano fermi e c'erano cicli di cassa integrazione.
  Di lì a poco la proprietà ci comunicò: «abbiamo necessità di svincolarci da questa produzione e proponiamo di fermare questa lavorazione». Abbiamo cercato di fare una trattativa, come richiede il nostro mestiere in questi casi. Eravamo giunti a un accordo di mobilità incentivata. In quel momento erano tutti agganciabili alla pensione. Ciò accadeva prima della riforma Fornero. Apro una parentesi: eravamo diventati degli esodati, però, all'epoca, non c'era assolutamente questo problema. Firmammo, quindi, questa intesa, il 23 luglio, con l'incentivazione: eravamo contenti? No, perché una serie di lavoratori dovevano fare un sacrificio economico, rinunciando a una parte del loro salario. Tuttavia, questo era l'equilibrio che pensavamo...

  LAURA PUPPATO. Questo accadeva nel 2010?

  RENATO VOLPIANA, Delegato RSU della Miteni Spa. Siamo nell'estate del 2010. Il 6 agosto, attraverso la segreteria di direzione, Pag. 9 non direttamente, l'ingegner Guarracino, che all'epoca era il direttore generale dello stabilimento, che viene definito CO (chief officer), ci dice: «dobbiamo ripartire perché il mercato ce lo richiede». Siamo ripartiti, ma perché non potevamo opporci. La marcia propriamente tecnica dell'impianto, cioè il carico dei moduli di elettrofluorurazione, andò avanti, più o meno, fino al dicembre del 2011.
  C'è stata, poi, tutta la fase post-produttiva che abbiamo descritto, il phase-out, che sarebbe l'esaurimento attraverso il recupero. Questo è un prodotto un po’ strano, che ha degli scarti che rimangono in sospensione nelle soluzioni acquose, che poi devono essere rilavorate, finché arriva a un punto tale che si esaurisce, con una parte che va smaltita esternamente, ma magari ci sono anche delle partite che necessitano di essere rilavorate). Questo è continuato in maniera calante, più o meno, fino alla seconda metà del 2013. Sicuramente apparirà un dato dell'ARPAV: in un controllo fu rilevato lo scarico industriale secondo una percentuale, se non ricordo male, di circa 5 milioni di nanogrammi, proprio perché erano in corso queste lavorazioni. Se fossero abbattibili maggiormente non spetta a noi dirlo, ma spetterà all'ARPAV eventualmente valutarlo.
  Circa lo SPISAL, da un certo momento in avanti, già dagli anni 1980, i lavoratori sono sempre stati sottoposti a un quadro di analisi generiche. Tuttavia solo dal 2000-2001 cominciano i monitoraggi. Addirittura, in un primo momento, il sangue veniva inviato a un laboratorio americano di Salt Lake City. Negli anni seguenti è stato inviato a un laboratorio tedesco di Brema e ci risulta che ciò avviene tuttora. La conoscenza della presenza nel sangue e nell'organismo delle persone di queste sostanze, in particolar modo del PFOA, cioè dell'acido perfluoroottanoico, e del PFOS, iniziò dal 2000-2001-2002.
  Questo è tutto rinvenibile nei dati e ci sono pubblicazioni americane che fanno una comparazione fra Dupont e gli esposti in Miteni. Le esposizioni sono alte. Noi abbiamo chiesto spiegazioni anche al nostro medico: ci disse che il dato molto più alto dei lavoratori della Miteni è dovuto al fatto che in Dupont facevano le analisi a esposti e non esposti, e quindi abbassavano la mediana. Noi, invece, avevamo dati molto alti perché si teneva conto solo degli esposti. Infatti, veniva analizzato innanzitutto il personale esposto alla lavorazione e, in seguito, venivano effettuati i cosiddetti «test in bianco», per vedere la comparazione con i lavoratori non esposti.
  Comunque, i dati sono altamente significativi. Il medico ci dice: «In tutti gli studi che ho condotto io vedo una leggera alterazione del colesterolo e un aumento dell'acido urico, ma non vedo associazioni con altri tipi di patologie di particolare significato». Questo è ciò che ci fu sempre detto.
  Va da sé che queste sostanze, proprio per la loro biopersistenza, non dovrebbero stare nel sangue. A un certo momento furono date delle misure di esposizione – adesso non le ricordiamo, ma al limite saremo in grado di recuperarle – che all'epoca erano ritenute accettabili, ma si dovevano pian piano diminuire. Ci sono stati alcuni casi in cui del personale che veniva giudicato particolarmente reattivo a queste sostanze veniva spostato dall'impianto per non essere più esposto, proprio perché non aumentasse la concentrazione nel sangue.
  Noi, profanamente, pensiamo che questi dati siano comunque trasferiti allo SPISAL. Non so se tutto «si fermi» sotto la competenza e la responsabilità del medico di fabbrica: è un virgolettato che noi traduciamo in un invito di verifica. Viceversa, sarebbe tutta un'autocertificazione alquanto strana.
  Sul numero delle patologie e anomalie ho in parte risposto. Noi non abbiamo mai potuto condurre ricerche o comparazioni sull'evidenziazione di malattie correlate al PFAS. Prima di tutto, non siamo medici e non siamo in grado di valutarlo. Certamente, all'interno della fabbrica ci sono state patologie di questo tipo, come problemi cardiocircolatori e patologie della tiroide. Nella Valle dell'Agno la patologia della tiroide è endemica (ne sono affetto anch'io, peraltro). Pag. 10
  Noi non siamo in grado di giudicare se queste patologie, che ci sono state anche fra i nostri compagni di lavoro, siano riconducibili a una normale presenza nella popolazione o se siano, invece, riconducibili all'esposizione alle nostre lavorazioni. L'anzianità di servizio media è abbastanza alta, appunto perché il turnover è bloccato. L'operatore più giovane è forse lui, che ha diciotto anni di servizio. La media è alta, proprio perché non c'è più possibilità di turnover. Questo è problematico anche sotto l'aspetto fisico perché più si va avanti con gli anni e meno si riesce a rigenerare e a smaltire le sostanze.
  Per quanto concerne la protezione individuale, sicuramente il servizio di protezione aziendale c'è e non si può dire che non ci sia mai stato. Sicuramente si poteva essere più attenti o meno attenti, sia dal punto di vista individuale che dal punto di vista dell'organizzazione gerarchica dell'azienda, lavorando in una maniera piuttosto che in un'altra, ma questo appartiene a un modus operandi che, purtroppo, è un po’ diffuso nelle nostre zone, nelle concerie e via dicendo. Comunque, non si può dire che si lesinasse nell'uso dei dispositivi di protezione individuale.
  Noi, come rappresentanti della sicurezza, abbiamo sempre cercato di insistere per far valere quanto prevedono sia la legislazione che la contrattazione di categoria, per cui bisogna assolutamente trovare soluzioni di protezione collettiva per rimuovere la fonte di un possibile rischio di inquinamento: laddove non è possibile nessun'altra soluzione tecnica, ci si protegge individualmente. A volte, magari, la soluzione tecnica veniva un po’ tollerata e poi ci si proteggeva con i dispositivi di protezione individuale (DPI).
  Dal gennaio 2016 c'è un nuovo amministratore delegato, che risponde al nome di Antonio Nardone: cos'è cambiato? Dal punto di vista delle promesse e delle parole è cambiato molto; dal punto di vista concreto, siamo in cassa integrazione anche a settembre, ottobre e novembre.
  Ci sono stati prospettati un cambio di lavorazione e l'inserimento nel settore farma, ma purtroppo noi abbiamo dichiarazioni di questo tenore che risalgono al 2007. Anche avendo la massima speranza, siamo tuttora in attesa che si concretizzino i fatti. Come diceva l'antico adagio: i fatti hanno la testa dura e devono essere dimostrati concretamente. Ci sembra di aver risposto a tutto.

  PAOLO ARRIGONI. L'incontro con la regione Veneto?

  RENATO VOLPIANA, Delegato RSU della Miteni Spa. Noi abbiamo condotto incontri, a seguito di sollecitazioni da parte nostra, con la proprietà e anche con l'ingegner Guarracino: abbiamo fatto anche sciopero. Per inciso, l'anno scorso ci siamo mobilitati molto perché abbiamo subìto il licenziamento di un RSU che era invalido. Abbiamo impugnato questo licenziamento presso il giudice del lavoro del tribunale di Vicenza e la vertenza è tuttora aperta.
  Ci sono state anche manifestazioni collegate a questi licenziamenti. Lo slogan, che si trova anche su internet, fu: «Investimenti, non licenziamenti». Ad oggi la situazione non è molto cambiata rispetto a quello slogan. Abbiamo cercato sempre un confronto e tuttora lo cerchiamo. Abbiamo svolto una riunione con i segretari generali confederali della provincia di Vicenza e la proprietà, invitando quest'ultima a un confronto. All'inizio sembrava d'accordo, ma poi ha avuto un ripensamento, quindi si è mossa solo la parte sindacale. Abbiamo chiesto alla regione e al presidente Zaia di costituire un tavolo di confronto su tematiche sanitarie, ambientali e occupazionali dell'azienda, per capire un po’ dove saremmo andati a finire. L'ufficio del presidente ci ha risposto con una certa velocità, delegando l'assessore Bottacin. Richiederemo che venga affiancato dall'assessore Donazzan, che ha anche compiti occupazionali. Comunque ci hanno dato la disponibilità almeno a convocare le parti, tra cui l'azienda. Noi avevamo suggerito lo SPISAL, l'ARPA Veneto e l'unità sanitaria locale (USL). La situazione per noi è molto preoccupante.

  PRESIDENTE. Vorrei domandarvi una cosa che aveva già chiesto in parte il senatore Pag. 11 Arrigoni. Rispetto alla vecchia conduzione, questa nuova ha dimostrato più sensibilità nei confronti di una serie di investimenti? Rispetto alle problematiche ambientali da affrontare o anche alla sicurezza del lavoro interno, ha dimostrato più sensibilità o è stata costretta a dimostrarla?

  RENATO VOLPIANA, Delegato RSU della Miteni Spa. Si riferisce al cambio di amministratore delegato?

  PRESIDENTE. Mi riferisco a quella attuale. Nel 2009 c'è stato il cambio: dal 2009 in avanti ci sono stati degli investimenti? Avete notato – voi lo sapete sicuramente, come lavoratori – un'attenzione diversa verso alcune problematiche, oppure pensate che questa attenzione diversa sia solo dovuta al fatto che da un certo momento in poi sono intervenuti organi inquirenti e il tema è arrivato all'attenzione della pubblica opinione, per cui, in qualche modo, se ne sono dovuti occupare?

  GIAMPIETRO CERETTA, Delegato RSU della Miteni Spa. Gli investimenti più importanti nel reparto di produzione dell'acido perfluoroottanoico sono stati fatti da Mitsubishi. Nel 2000 si è fatto un investimento nella parte delle polveri e si è rifatto praticamente tutto l'impianto. Da un certo momento in avanti il prodotto diventa polvere: era lì l'esposizione storica dei dipendenti.
  Nel 2007-2008 si è investito nell'impianto di purificazione dell'acqua, per contenere lo scarico e il PFOA. Allora si parlava solo di PFOA, non si parlava di PFAS in generale. Chiaramente, l'ICIG ha gestito questa situazione e ha investito nel barrieramento idraulico, potenziando i pozzi e la barriera idraulica.
  Per quanto concerne gli investimenti di tipo produttivo, abbiamo visto qualche prodotto passare, ma pochi si sono concretizzati come produzioni fisse. Anche da qui arriva la crisi aziendale. Vorrei poi dire una cosa sulla questione di Arica, che prima veniva sollevata dalla senatrice. Arica è il soggetto giuridico che gestisce il famoso tubo che porta l'acqua di quei cinque depuratori, di Trissino e Lonigo a sud, verso Cologna Veneta.
  A noi risulta che l'apporto di acqua dal canale LEB avviene a prescindere dal caso PFAS perché Arica ha sempre scaricato in deroga alle norme. Il PFAS non era normato, quindi non pensiamo che avessero ottenuto una deroga e immettessero acqua per il PFAS: l'avevano ottenuta per altri inquinanti, che sono normati dalla legge, altrimenti, secondo me, non c'era ragione di chiedere la deroga.

  DENIS ORSATO, Delegato RSU della Miteni Spa. Bisogna valutare anche gli agenti veicolanti, cioè se magari l'acqua veniva usata per scopi irrigui. Se per caso, come succede spesso negli acquedotti per irrigare, ci sono delle falle nel sistema di convogliamento delle acque, chiaramente in quelle zone vi è uno spandimento di inquinanti. Mi sembra che questo sia un punto importante.

  PRESIDENTE. Certo.

  LAURA PUPPATO. Scusate l'ignoranza. Noi diamo sempre per scontato che Miteni produca soltanto perfluoroalchilici ma non è così, nel senso che una parte della produzione non è perfluoroalchilica: è giusto? Inoltre, ci sono figure femminili all'interno delle maestranze? Mi riferisco soprattutto alla parte operativa che lavora in azienda perché lì c'è un tema sanitario specifico.

  NICOLA PREBIANCA, Delegato RSU della Miteni Spa. La Miteni ha tre reparti produttivi (quattro con l'impianto pilota), di cui uno produce i PFAS, uno produce dei prodotti pseudofarmaceutici (noi non possiamo produrre principi attivi, ma eccipienti intermedi) e uno è agrochimico. Questi sono i tre settori. Per quanto riguarda la presenza femminile...

  LAURA PUPPATO. Dunque, sono tre gli impianti produttivi, non quattro?

  NICOLA PREBIANCA, Delegato RSU della Miteni Spa. Sono tre impianti produttivi Pag. 12 più un impianto pilota, che ovviamente fa delle produzioni a metà: è l'intermezzo tra le ricerche e la produzione. Per quanto riguarda la presenza femminile, non c'è nessuna donna che lavora negli impianti. Ovviamente, ci sono donne che lavorano negli uffici e nei laboratori.
  Per quanto riguarda le novità o presunte tali portate dal nuovo amministratore delegato, io mi sento di dire una cosa. Quando Miteni è stata acquisita da ICIG, durante i nostri incontri con l'azienda, ci veniva detto: «dobbiamo introdurre nuovi prodotti». Tuttavia, alla fine restavano solo parole.
  Il nuovo amministratore, oltre a parlare di nuovi prodotti, ha assunto un commerciale, mentre Miteni, in precedenza, lavorava con un solo commerciale che seguiva tutto il mondo – forse era un po’ troppo – e un nuovo direttore delle ricerche. C'è da dire una cosa: un prodotto vecchio muore da un giorno all'altro; è come una persona che ha un infarto e subito muore. Il prodotto nuovo, invece, è come una gestazione. Pertanto, immettere nuovi prodotti non è automatico come può esserlo dismettere dei prodotti. Per adesso, però, sono solo parole.
  Io lavoro in laboratorio, quindi magari vedo le cose un po’ prima rispetto a loro. Sicuramente si sta muovendo qualcosa dal punto di vista dell'introduzione di nuove molecole nel nostro portafoglio, ma è ovvio che questo richiederà due o tre anni.

  LAURA PUPPATO. Mi scusi, ma da cosa nasce cosa e, a questo punto, mi sorge spontanea un'altra domanda: quante persone lavorano rispettivamente in quei tre reparti (quattro con quello sperimentale)? Quante persone lavorano nei prodotti perfluoroalchilici e quante nei prodotti chimici-farmaceutici?

  RENATO VOLPIANA, Delegato RSU della Miteni Spa. Nell'agrochimico, dopo queste continue riduzioni, da trenta siamo passati a diciotto persone. C'è poi un altro piccolo impianto che occupa otto-nove persone. In tutto, nell'agrochimico potremmo ragionevolmente parlare di 25-26 persone.
  Nell'elettrofluorurazione (ECF), che è l'impianto di origine dove venivano prodotti i PFOA, ora siamo dodici-tredici persone. L'impianto pilota, come abbiamo detto, fa lavorazioni un po’ a scavalco tra la ricerca e l'ottimizzazione del processo. In parte si lavora anche il cosiddetto «C6O4», una molecola succedanea del PFOA. Mi sembra che «C6» stia per sei atomi di carbonio. Nell'impianto pilota ci sono circa dieci persone, che in parte lavorano anche queste produzioni successive al PFOA.
  Nel complesso, in produzione abbiamo una cinquanta di persone. Inoltre, abbiamo alcuni quadri tecnici nel coordinamento e alcune persone in manutenzione che si stanno, anch'esse, un po’ autoesaurendo; il resto lavora un po’ in ricerca, un po’ nel laboratorio di controllo qualità e un po’ in amministrazione. Io, essendo un po’ più anziano rispetto agli altri RSU, sia d'età che di ruolo, ricordo che un presidente e amministratore delegato, il dottor Brian McGlynn, che gestì il passaggio da Mitsubishi nella veste di amministratore delegato e poi lo divenne anche sotto l'egida dell'ICIG, dichiarò che la fabbrica avrebbe....
  Noi, chiaramente, come abbiamo scritto, continuavamo a chiedere spiegazioni, piani di investimento e via dicendo, temendo all'inizio che questi volessero gestire la fabbrica per poi lasciarci a piedi. Questo dirigente, che era considerato il massimo dirigente, ci disse che la fabbrica non poteva stare in piedi al di sotto dei 120 dipendenti. Questo è un numero che vi do come dato e che, chiaramente, può essere anche contraddetto. A noi è rimasto impresso, ma adesso stiamo scivolando sotto questo numero. Noi siamo convinti che lavorare virtuosamente, non contrapponendo lavoro e salute, sia possibile: è una questione di investimenti, di ricerca e di norme. Chiaramente, ci vogliono degli imprenditori che abbiano questo titolo, che non siano dei «prenditori», ma siano degli imprenditori; ci vuole, poi, un quadro legislativo che accompagni tutte queste cose. Questo è possibile: non è solo un ruolo nostro, di cittadini, ma è un po’ di tutti noi.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti della documentazione, che sarà utilizzata Pag. 13nella relazione finale che scriveremo. Dichiaro conclusa l'audizione. Sospendo quindi la seduta.

  La seduta, sospesa alle 14.20, è ripresa alle 21.05.

Audizione del presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa, Daniele Fortini.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa, Daniele Fortini, che ringrazio per la presenza. Ricordo che la Commissione si occupa degli illeciti ambientali relative al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione, dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti, alle bonifiche e al ciclo della depurazione delle acque.
  L'audizione odierna si inserisce nell'ambito dell'approfondimento sulla regione Lazio, iniziato da questa Commissione il 13 luglio 2015 con lo svolgimento di audizioni dei rappresentanti di comitati e associazioni di cittadini residenti nella provincia di Roma, cui hanno fatto seguito una serie di audizioni istituzionali presso la prefettura di Roma e numerose altre audizioni svoltesi in sede. La Commissione ha inoltre disposto ispezioni formali eseguite presso gli impianti TMB di Roma nel giugno dello scorso anno. Si è inoltre svolta una missione nella provincia di Frosinone, dove una delegazione della Commissione si è recata il 16 luglio 2015, svolgendo audizioni e sopralluoghi; prima di tale missione la Commissione ha altresì svolto uno specifico sopralluogo presso la discarica di Borgo Montello.
  Ricordo, infine, che lo svolgimento di questa audizione, su richiesta dell'interessato, è stato unanimemente condiviso dall'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella riunione svoltasi lo scorso 28 luglio.
  Avverto quindi il nostro ospite che della presente audizione viene redatto un resoconto stenografico e che, facendone espressa e motivata richiesta, in particolare in presenza di fatti illeciti sui quali sono in corso indagini tuttora coperte da segreto, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Prima di cedere la parola al nostro ospite, intendo precisare che il tema dell'audizione sono le informazioni, note al presidente Fortini e oggetto di sue denunce all'autorità giudiziaria, relative alla commissione di illeciti all'interno dell'AMA, oltre che alla possibile presenza nell'azienda di fenomeni criminali.
  La Commissione è inoltre interessata a capire se siano stati riscontrati indizi specifici relativi a forme di condizionamento delle politiche pubbliche da parte di soggetti privati.
  Al fine, quindi, di facilitare lo svolgimento del dibattito, avverto che al termine dell'intervento del presidente Fortini cederò la parola ad un rappresentante per gruppo al fine di formulare specifiche domande attinenti all'oggetto dell'audizione, così come ora indicato. Cedo dunque la parola al presidente Fortini.

  DANIELE FORTINI, presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa. Grazie, onorevole presidente, grazie onorevoli deputati e senatori di questa autorevolissima Commissione. Vi ringrazio per avermi voluto ascoltare questa sera, così come richiesto al presidente Alessandro Bratti, nella mia posizione di pubblico ufficiale incaricato di pubblico servizio, cosa che sarà fino al prossimo giovedì 4 agosto, quando sarò avvicendato nella guida di AMA dal mio successore, tornando, quindi, ad essere un semplice cittadino.
  Mi premeva essere qui, in questa veste di pubblico ufficiale incaricato di pubblico servizio, innanzitutto per assumermi tutta la responsabilità delle cose che dirò e quindi risponderne di fronte a questa Commissione, così come in altra sede, alla luce del sole, per il dovere che devo riconoscere alla carica che ricopro. Sono stato nominato presidente e amministratore delegato di AMA con ordinanza del sindaco di Roma Capitale, onorevole, professor Ignazio Marino, del 29 gennaio 2014. Ho conseguito Pag. 14una laurea presso un'università privata statunitense. Il titolo non è equipollente, quindi non sono dottore. Non ho tessere di partito, non partecipo a riunioni politiche, non milito e non finanzio partiti politici. Ho ricevuto le deleghe di amministratore delegato di AMA dal CdA della società il 4 febbraio 2014, deleghe che ho esercitato fino al 7 luglio del 2015, lasciando poi il compito di capo azienda al direttore generale ingegner Filippi, che all'epoca rivestiva questa carica.
  Dal 29 febbraio del 2016, uscito da AMA l'ingegnere Filippi, il CdA mi ha nuovamente attribuito le deleghe di amministratore delegato, inclusive di quelle di direttore amministrazione e finanza, esercitate ad interim a causa della vacanza nel ruolo.
  Il mio compenso è di 79 mila euro lordi annui, deliberato dall'assemblea dei soci. Nell'anno 2014 ho percepito un premio di risultato di 113.494 euro lordi, sulla base di una valutazione della Commissione costituita da Roma Capitale, composta da due alti funzionari dell'amministrazione e da un dirigente di AMA, sulla scorta del raggiungimento degli obiettivi che mi erano stati assegnati dal consiglio d'amministrazione per quell'anno. Nel 2015 e nel 2016 non ho avuto obiettivi assegnati, quindi non è previsto nessun premio di risultato.
  Il tempo di lavoro che ho dedicato in sede o nelle sedi esterne istituzionali e operative è equivalente (così come dai riscontri che hanno realizzato nella mia segreteria e gli autisti di servizio) a 55 ore settimanali: va di moda, ma non mi metto a dire quant'è il costo orario. Non voglio farvi perdere tempo e vi chiedo scusa della battuta.
  Non ho auto di servizio. Il cellulare di servizio del presidente e amministratore delegato è costato, nel 2014, 87 euro al mese; nel 2015 e nel 2016, 124 euro al mese. Le spese di trasferte – la mia residenza è Firenze, quindi inclusive dell'abbonamento del treno – sono state, nel 2014, di 967 euro al mese, nel 2015 di 790 euro al mese. Le mie spese medie, fra il 2014 e il 2015, con carta di credito sono di 117 euro al mese. Beneficio di un alloggio di servizio messomi a disposizione dall'azienda nel momento in cui sono arrivato, essendo io residente in altra sede. Nel 2014 l'azienda ha speso 1.177 euro al mese per questo alloggio di servizio; nel 2015 e nel 2016, 1.261 euro al mese.
  Preciso che nel 2015 e nel 2016 non ho avuto e non avrò premi, ma sottolineo anche che, da cinque mesi, sono contemporaneamente presidente, amministratore delegato, direttore generale, direttore amministrazione e finanza dell'azienda, con un risparmio per l'azienda, generato in virtù del fatto che ricopro tutti questi ruoli che sono vacanti, di 143.718 euro. Ciò detto, le questioni che ho chiesto al presidente Bratti di poter illustrare a questa Commissione sono fondamentalmente tre e su di esse spero di poter essere il più breve possibile.
  La prima riguarda il ciclo integrato dei rifiuti urbani di Roma Capitale: non c'è, non esiste, non è un ciclo e meno che mai è integrato. Rispetto alle previsioni delle norme, dobbiamo dire che questo è un punto di vulnerabilità molto forte rispetto alla possibilità di garantire la messa in sicurezza igienica, sanitaria e, nella gestione di un comparto così importante come quello dei rifiuti, della Capitale del nostro Paese.
  Un secondo aspetto che intendo rappresentare riguarda l'azienda AMA. L'azienda ha attraversato in passato turbolenze assai gravi, che sono a tutti note. È un'azienda che ha tentato di rialzarsi e di riorganizzarsi e che, tuttavia, ancora è claudicante, fragile, precaria, con forti rischi di inquinamento e di condizionamento esterno.
  Un terzo aspetto che vorrei affrontare con questa Commissione è il pericolo di un condizionamento indesiderato dall'esterno dell'azione dell'attuale amministrazione capitolina.
  Sul primo punto, se mi consente, signor presidente, mi soffermerò molto velocemente ma – spero – in modo esauriente, posto che già nell'audizione di qualche mese fa ho avuto modo di rappresentare la configurazione del sistema di gestione dei rifiuti urbani della città di Roma. Quindi non torno a ripetere cose che sono agli atti Pag. 15di questa Commissione e immagino ben conosciute da senatori e deputati.
  Osservo una cosa, però: nel frattempo, con la delibera n. 199 del 22 aprile del 2016, lo scenario di riferimento della pianificazione regionale è mutato. L'impianto di gassificazione previsto ad Albano Laziale non c'è più; l'impianto di gassificazione previsto a Malagrotta non è più progettabile e realizzabile. Nel nuovo scenario di riferimento la regione Lazio assume che la crescita della raccolta differenziata, la disponibilità degli impianti di riciclaggio, soprattutto la capienza degli impianti di trattamento meccanico biologico – impianti che non distruggono e non fanno sparire i rifiuti, ma impianti intermedi di trattamento – siano sufficienti a garantire la possibilità che tutti i rifiuti indifferenziati generati nella regione Lazio – dunque, anche nella Capitale d'Italia – possano trovare soddisfazione di adeguato trattamento in queste apparecchiature. Dice anche, la regione Lazio, che le linee di incenerimento installate a Colleferro e a San Vittore saranno sufficienti, nella previsione, appunto, di una diminuzione dei rifiuti indifferenziati, ovviamente incoraggiata da una crescita delle raccolte differenziate, e che quindi di nuove linee di termovalorizzazione non ve n'è bisogno nella regione Lazio.
  Credo che queste previsioni siano condivisibili, laddove però si abbia presente che la stessa presenza degli impianti di trattamento meccanico biologico condiziona la identità del ciclo integrato dei rifiuti della Capitale e del Lazio. Vale a dire, gli impianti di trattamento meccanico biologico sono impianti che generano rifiuti da rifiuti: non sono impianti che fanno uscire dalle lavorazioni e dai trattamenti prodotti, sottoprodotti o materie seconde. Entrano rifiuti con codice CER 200301 e ne escono rifiuti che possono essere 191211 (combustibili), 191212 (speciali), 190503 (frazione organica stabilizzata per copertura delle discariche), 190301 (frazione organica stabilizzata da smaltire in discarica) ed altri codici. Sono impianti di trattamento meccanico biologico: separano la parte combustibile dei rifiuti da quella più umida e generano scarti che dovranno successivamente essere trattati o smaltiti.
  La presenza di impianti di trattamento meccanico biologico, dunque, obbliga ad avere in uscita, per garantire che il ciclo sia integrato, inceneritori e discariche, inevitabilmente. Se restano gli impianti TMB come oggi sono configurati e previsti nella pianificazione regionale, così come accade in qualunque altra parte del mondo, si avrà bisogno di discariche e di inceneritori. Se è vero che le linee di incenerimento di San Vittore e Colleferro potranno essere in progressione capienti per assicurare che il combustibile derivato dai rifiuti trovi un'allocazione intelligente, cioè con recupero di energia, è anche vero che la frazione organica stabilizzata che viene generata da quegli impianti avrà comunque bisogno di essere allocata in impianti di nuovo trattamento, ovvero in discarica.
  C'è un punto, qui, che vale la pena ricordare. Mentre l'impianto di San Vittore è un impianto ammodernato e che avrà, entro la fine di quest'anno, una terza linea in esercizio, l'impianto di Colleferro è un rottame: non riesce a marciare le ore previste dal tabellare di funzionamento ed è un impianto che si rompe spesso, insomma, è un impianto vecchio. È un impianto gestito addirittura da due società, che dentro lo stesso impianto gestiscono in modo diverso: l'una gestisce una linea di caricamento, di incenerimento e di generazione di energia, l'altra gestisce addirittura l'altra linea.
  È un impianto che ha bisogno di un revamping importante ed è assolutamente ragionevole immaginare che quel revamping possa essere realizzato anche ampliando l'efficienza termica di quell'impianto, proprio al fine di dare soddisfazione a un ciclo, per questa parte almeno, integrato dei rifiuti, in cui tutti i rifiuti prodotti dai TMB possano trovare utile sfogo in questi impianti con l'utilità di generare energia. Resta però il tema delle discariche e, giustamente, la regione Lazio dice a Roma Capitale: «devi trovare un sito entro settembre». Perché settembre? Perché ad ottobre, con ogni probabilità, la regione Lazio accoglierà una delegazione Pag. 16dell'Unione europea che verrà a verificare se, in procedura di infrazione, la regione si è dotata di un piano di interventi, di azioni e di impianti all'altezza per garantire la sicurezza dei cittadini europei residenti nella regione Lazio, ovvero la loro salute, l'igiene del territorio, la protezione ambientale.
  La Commissione europea verrà qui e dovrà verificare che il ciclo integrato dei rifiuti della regione Lazio ha raggiunto quegli standard di garanzia rispetto agli obiettivi che sono richiesti a livello comunitario. Il timore è che la ricerca di una discarica nel territorio della Capitale d'Italia possa risolversi, così come accaduto in passato, purtroppo, in modo non facile, forse rovinoso, impedendo che possa esservi quella garanzia e quell'assicurazione che invece viene richiesta.
  Allora, il tema diventa quello dei TMB. Sono degli ingombri che costringono ad aver bisogno di inceneritori e discariche. Sono stati costruiti con questo ingegno: si sono costruiti i TMB perché questi avranno comunque bisogno di inceneritori e discariche. I quattro TMB di Roma Capitale, due di proprietà di AMA e due di proprietà di Colari, costituiscono il più grande impedimento allo sviluppo di politiche orientate all'economia circolare, al recupero dei rifiuti, alla possibilità di generare prodotti dalle raccolte differenziate e dal riciclaggio.
  Questa è la situazione che oggi si presenta sul nostro territorio, accompagnata da un altro livello di difficoltà. I TMB attuali hanno nominalmente una capacità di accoglimento per 3.000 tonnellate al giorno di rifiuti indifferenziati, rifiuti urbani residui (residui della raccolta differenziata). Le 3.000 tonnellate al giorno, però, sono presenti soltanto sulla carta, perché 3.000 tonnellate al giorno è il fabbisogno di trattamento di rifiuti indifferenziati della Capitale d'Italia; le 3.000 tonnellate installate in questi impianti sembrerebbero – anche se pelo pelo – poter dare soddisfazione alle condizioni di sicurezza.
  Problema: gli impianti di Colari accolgono dalla città di Roma soltanto 1.200 tonnellate al giorno, perché 300 tonnellate al giorno devono essere riservate ai comuni di Ciampino, Fiumicino, agli aeroporti presenti sul territorio e alla Città del Vaticano. Quindi, già lì, 300 tonnellate al giorno di rifiuti di Roma Capitale non possono andarci!
  Negli impianti di AMA, pure autorizzati per 1.500 tonnellate al giorno, ugualmente si presenta il problema che questi impianti sono stati realizzati in aree una volta destinate ad altri impieghi; sono le aree di periferia, dove la industrializzazione era possibile, dove si sono fatti interventi di insediamenti edilizi importanti, finalizzati alla presenza di manifatture e dove poi, successivamente, si sono fatte le case. Così è accaduto, purtroppo, in tanta parte del nostro Paese: non è certo una colpa dei cittadini che vi risiedono. Sta di fatto, però, che l'impianto posto in via Salaria, dal punto di vista dell'ubicazione urbanistica, è una aberrazione. Quell'impianto nasce, come qualche senatore e deputato della città di Roma certamente ricorda, perché lì vi era un'industria della Autovox, che a un certo punto fallì e chiuse. Si doveva recuperare un centinaio di maestranze, offrendo loro un'opportunità di lavoro e l'opportunità di lavoro diventò quella di costruire il TMB, fare un presidio di AMA e salvare quell'area. Chi avesse l'avventura di visitare quel sito oggi, come ho fatto io e come hanno fatto tanti che lo hanno visitato, proverebbe la sensazione – ma varrebbe la pena anche poter dire che la stessa sensazione sarebbe suscitata a Rocca Cencia – di sdraiare tutto: tabula rasa. In questi impianti, infatti, purtroppo le condizioni di degenerazione e di degrado sono immediatamente percepibili e non per la presenza dei rifiuti, delle attività connesse alla movimentazione dei compattatori e dei mezzi, ma per la quantità di ruderi, di manufatti degradati, per il senso dell'abbandono che complessivamente c'è in queste aree.
  Purtroppo non è migliore la situazione di Ponte Malnome, dove era presente un inceneritore, poi abbandonato; a Rocca Cencia, ugualmente vi è un inceneritore, poi abbandonato; ugualmente il Salario, dove ci sono capannoni vetusti, aree desolate, situazioni di estrema gravità. Questi Pag. 17impianti andrebbero veramente sdraiati, bonificati e, dopo, bisognerebbe costruirci sopra qualcosa di intelligente e moderno.
  Meglio stanno gli impianti TMB di Colari, posizionati a Malagrotta, che possono funzionare sempre con una regolarità svizzera e sono gestiti correttamente, nei limiti delle autorizzazioni e con il massimo rigore, così come gli impianti TMB di via Salaria e di Rocca Cencia sono gestiti secondo le prescrizioni delle autorizzazioni integrate ambientali, con uno sforzo però maggiore che le nostre maestranze vi devono dedicare perché talora sono quelli gli impianti che devono accogliere più rifiuti di quanti in realtà potrebbero e quindi accade che si possano ingolfare.
  Dunque, dobbiamo liberarci degli impianti di trattamento meccanico biologico e sostituirli, da una parte, con impianti capaci di valorizzare le raccolte differenziate e, dall'altra parte, con impianti moderni – che esistono – perché sia le BAT, le best available techniques, sia le BREFs, le best references europee, consentono oggi di avere un catalogo di macchinari, equipaggiamenti, apparecchiature moderne che lavorano a freddo, che non inquinano e che sono capaci di selezionare i materiali in ingresso restituendo in uscita prodotti, sottoprodotti, materie impiegabili. Esistono questi impianti; abbiamo inviato delegazioni tecnico-scientifiche a visitarli dove ve ne sono, dalla Norvegia fino all'Italia (esistono anche in Italia). Questi impianti sono quelli che devono sostituire la generazione dei TMB.
  Come fare a realizzare l'impiantamento di nuovi stabilimenti con queste caratteristiche? Gli investimenti sono banali: per lavorare 100.000 tonnellate di rifiuti indifferenziati in impianti moderni si avrebbe un investimento intorno ai 30-35 milioni di euro. Quelle stesse 100.000 tonnellate, se fossero avviate all'incenerimento, costerebbero tre volte di più, messi da parte i rischi ambientali.
  Per poter realizzare questa condizione, cioè smantellare il vecchio che abbiamo e che oggi ci impedisce di fare a meno di discariche e di inceneritori, abbiamo bisogno di introdurre queste nuove apparecchiature e nuovi sistemi in aree che possano accoglierli. La cosa più intelligente è sembrata ad AMA quella di immaginare questi impianti; li abbiamo banalmente chiamato «ecodistretti», ma possono essere chiamati fabbriche dei materiali, centri di recupero di materia e via dicendo. Ognuno li può appellare come vuole, l'importante è che facciano quel mestiere, cioè che acchiappino il topo: conta poco il colore del gatto! In tal senso, il topo consiste nel riuscire ad estrarre dai rifiuti risorse, materie da poter ricollocare sul mercato: è possibile.
  Dobbiamo però agire in un modo tale per cui lo smantellamento degli impianti di trattamento meccanico biologico non abbia come esito quello di lasciare rifiuti sulle strade, ovviamente, o di ingolfare il resto degli impianti e, allo stesso tempo, dobbiamo insediare le nuove attrezzature. Questo era il senso dell'iniziativa che AMA ha assunto fra il 2014 e il 2015, nel momento in cui ha cominciato a progettare il primo ecodistretto a Rocca Cencia. Forse sbaglio, ma concepisco che in un'area degradata da insediamenti industriali abbandonati e vetusti realizzare nuove e moderne industrie sia una cosa intelligente. Non penso che dovunque c'è stata una presenza industriale il risultato, nel momento in cui quella presenza industriale cade o viene abbandonata, debba essere l'abbandono.
  Allora, siccome la proprietà di queste aree è pubblica, Ponte Malnome, Rocca Cencia, Salario sono proprietà di AMA, AMA progetta su se stessa. Se poi le volontà delle amministrazioni comunali cambiano o se le volontà delle regioni prevedono nella pianificazione altri siti, ben vengano, ma è certo che l'azienda può progettare su se stessa e non su altro.
  Il progetto dell'ecodistretto – di cui lascerò una copia, presidente, perché talvolta si dice che queste sono soltanto chiacchiere, evanescenze, fumisterie – che contempla anche gli equipaggiamenti tecnici necessari per la realizzazione (quello che vi ho portato stasera è il masterplan degli ecodistretti necessari per la Capitale d'Italia), parte – ha intenzione di partire – dalla realizzazione di un impianto di compostaggio Pag. 18 da 50.000 tonnellate nel nostro stabilimento di Rocca Cencia, con un progetto di bonifica, decontaminazione, risanamento dell'area, quindi di installazione di un impianto di compostaggio da 50.000 tonnellate l'anno, di cui 40.000 tonnellate sono rifiuti urbani biodegradabili rinvenienti dalla raccolta differenziata porta a porta e 10.000 tonnellate all'anno sono sfalci, potature, ramaglie che servono come materiale strutturante per consentire, poi, al compost di avere una sua solidità e una sua materialità, che non avrebbe nel momento in cui si facesse il compost soltanto con il RUB, cioè il rifiuto urbano biodegradabile.
  Questo vuol dire un impianto di compostaggio che ci farebbe risparmiare ogni anno 2 milioni di euro rispetto a ciò che oggi spendiamo. Oggi noi portiamo decine e decine di migliaia di tonnellate all'anno, con un importante traffico di veicoli pesanti, a Pordenone, a 650 chilometri di distanza. Una società, la Bioman, una società importante, qualificata, pulita, a livello nazionale un'azienda leader in questo settore, si è aggiudicata tutti e dieci i lotti che abbiamo messo a gara nell'anno 2015, quindi noi porteremo tutte le tonnellate di rifiuti biodegradabili, ovvero anche sfalci, ramaglie e potature, in quella realtà, a Pordenone, a 650 chilometri di distanza: non ce li porteremo, però, con le mongolfiere, bensì con i camion, il che equivale a dire che abbiamo ogni giorno, in ingresso nella città di Roma e in uscita, decine di grandi autoarticolati che dovranno caricare questi rifiuti e portarli a 650 chilometri di distanza, rilasciando in atmosfera CO2, che certamente non fa bene alla salute di nessuno.
  Paghiamo, per portare questi rifiuti all'impianto di Bioman, 80 euro a tonnellata al cancello. Paghiamo, però, 40 euro a tonnellata di trasporto. Il prezzo finito è di 119 euro e qualcosa. Se portiamo i rifiuti quando ci viene offerto uno slot da Kyklos, una società del gruppo ACEA che possiede un impianto di compostaggio ad Aprilia, in prossimità di Roma, a pochi chilometri – quando riusciamo a ottenere qualche slot per 5-10-15.000 tonnellate, a seconda della disponibilità di quell'impianto – paghiamo al cancello 95 euro a tonnellata e di trasporto 11 euro a tonnellata. Il prezzo finito è certamente più conveniente – sono 106 euro contro 119 – ma mi chiedo: perché dobbiamo pagare 80 euro al cancello a Pordenone e 95 a Roma? Ovviamente, è il mercato. Mi pongo domande fino a un certo punto: è il mercato.
  Abbiamo necessità nella Capitale d'Italia di avere impianti di compostaggio che possano essere realizzati nel territorio metropolitano, non necessariamente a Rocca Cencia, ma nel territorio della regione Lazio. Certamente, vi è la necessità di avere impianti di prossimità per almeno 200.000 tonnellate all'anno di rifiuti urbani biodegradabili generati nella Capitale d'Italia. Abbiamo, invece, un piccolo impianto a Maccarese da 20.000 tonnellate di rifiuti urbani e di poche migliaia di sfalci e potature. Questo è tutto ciò di cui possiamo disporre.
  Abbiamo progettato l'impianto di compostaggio a Rocca Cencia. Abbiamo depositato il progetto nell'aprile del 2015 alla regione Lazio. Siamo ad agosto del 2016 e siamo in attesa di sapere se nei prossimi mesi avremo l'autorizzazione: non me ne meraviglio. Ci sono impianti di compostaggio in Toscana che hanno impiegato cinque anni prima di avere l'autorizzazione. Il fatto che a Roma possa passare un anno e mezzo, o addirittura due non genera in me alcuna preoccupazione di altro tipo, se non per il fatto che è evidente come, nel momento in cui si ottengono le autorizzazioni, in 13-16 mesi si possono realizzare gli impianti di compostaggio. Potremmo, sperabilmente, immaginare che entro due anni la città di Roma abbia finalmente un impianto da 50.000 tonnellate che le consenta di risparmiare 2 milioni di euro all'anno, che sono esattamente i soldi che si risparmiano se non si trasportano a distanze siderali centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti.
  Ciò detto, il progetto degli ecodistretti, quindi, si configura come un'alternativa non soltanto alle discariche e agli inceneritori, ma a quel sistema e a quegli apparati che hanno generato questi vincoli, che sono Pag. 19i TMB, dai quali sappiamo che grandi rischi possono venire, soprattutto perché sono macchine che trattano i rifiuti, ma che non trasformano gli stessi: rifiuti entrano e rifiuti escono!
  Di fronte alla situazione che si crea nel momento in cui si hanno TMB ma non discariche e inceneritori, si è costretti a usare gli impianti di chi li ha. La città di Roma, in questo momento, esporta in 62 siti diversi frazione organica stabilizzata, scarti pesanti, scarti leggeri e combustibile derivato da rifiuti; li esporta in 62 siti diversi, dislocati in 10 regioni italiane e in 3 Paesi esteri, cioè Bulgaria, Romania e Portogallo. La situazione è particolarmente spiacevole sia dal punto di vista industriale e logistico, sia dal punto di vista economico e, ovviamente, sia dal punto di vista ecologico.
  C'è un dato, però, che ancora di più preoccupa: quando un milione di tonnellate all'anno di rifiuti urbani, trasformati in altri rifiuti, va sul mercato, ciò altera pesantemente le regole del gioco. In un mercato nel quale a livello nazionale i rifiuti sono 29 milioni di tonnellate all'anno, generate da 60 milioni di italiani, un milione di tonnellate che va a spasso, che va in giro, determina delle condizioni sul mercato che sono sconvolgenti dal punto di vista degli equilibri ordinari e regolari delle leggi della domanda e dell'offerta.
  In buona sostanza, il nostro fabbisogno – che è il fabbisogno di Roma Capitale – genera un aumento dei prezzi. Questo aumento dei prezzi lo paghiamo soprattutto noi, che abbiamo necessità e bisogno di esportare grandi quantitativi di rifiuti e che abbiamo bisogno degli impianti degli altri. Gli altri gli impianti ce li mettono a disposizione, ma non per carità: ce li mettono a disposizione perché hanno il loro vantaggio economico. Il caso degli 80 euro che paghiamo a Pordenone e dei 95 che paghiamo a Roma è evidente e lampante, ma c'è di più. Quegli impianti di compostaggio di quelle dimensioni al Nord (ossia 300.000 tonnellate all'anno trattabili a Pordenone, 300.000 tonnellate all'anno trattabili a Padova, 350.000 tonnellate all'anno trattabili a Bergamo), sarebbero di quelle dimensioni se non ci fosse Roma, che ha bisogno di collocare 250.000 tonnellate all'anno fuori dal proprio territorio e avrebbero quei livelli di efficienza? Permettetemi di dubitarne.
  Lo stesso vale per quanto riguarda i rifiuti che, invece, inviamo come scarti ad altri trattamenti. In un impianto TMB di quelli che oggi stanno funzionando a Roma con tecnologie vetuste – sono impianti arcaici – si genera un'uscita del 20-25 per cento al massimo di combustibile da rifiuti e del 30 per cento di frazione organica stabilizzata, che di volta in volta si classifica 0,3 o 0,1 e che viene impiegata per le coperture di discarica, ovvero per lo smaltimento, comunque sempre in discarica. Quello che resta consiste in scarti, pesanti e leggeri, che ugualmente devono andare a successivi e costosi trattamenti.
  Attenzione: l'attribuzione dei codici CER alla frazione organica stabilizzata – questo è il tema che riguarda le inchieste in corso, di cui abbiamo letto sui giornali – non è questione soltanto chimico-fisica. Un codice 190503 vuol dire che l'indice respirometrico dinamico e altri parametri della frazione organica stabilizzata sono tali da consentire di qualificare quella frazione organica stabilizzata come sostitutiva di materiale vegetale per le coperture delle discariche. In buona sostanza, quel quantitativo di FOS, se è 190503, va in discarica, ma non viene contemplato come rifiuto perché serve a sostituire le coperture con terreno vegetale: ergo, non paga tasse, ergo, si paga di meno per collocarla. Se però quella frazione organica stabilizzata è 190501, ciò vuol dire che non è così stabilizzata e che ha indicatori che non sono perfettamente corrispondenti alle norme e, quindi, deve andare a smaltimento. Se va a smaltimento, quella frazione organica stabilizzata costituisce rifiuto, paga l'ecotassa e, di fatto, ingombra la discarica per i quantitativi che sono ammessi in quanto ad accoglimento dei rifiuti. L'attribuzione dei codici CER all'uscita degli impianti, di tutti gli impianti di TMB, che siano di Malagrotta come di AMA, è quindi una partita delicata e impegnativa. Pag. 20
  Ci siamo trovati quest'anno, come nel luglio del 2015 e del 2014, nel dicembre del 2013 e del 2014, di fronte all'impossibilità di evacuare rifiuti trattati dei nostri TMB – non solo dei nostri ma anche di quelli di Colari – in direzione di quei 62 impianti che raccolgono i rifiuti trattati di Roma.
  Al Nord, durante l'inverno, gli impianti funzionano, generano energia elettrica ed energia termica: si riscaldano le case. Sono impianti, per la più parte, evoluti e che accolgono ben volentieri i rifiuti. Quando arriva l'estate, però, gli impianti di termovalorizzazione vanno in manutenzione perché hanno lavorato molto d'inverno; quindi, d'estate, questi impianti devono essere riparati, migliorati e mantenuti. Ciò vuol dire che vengono accese alternativamente le linee che servono per coprire il fabbisogno locale, mentre il fabbisogno esterno non serve e quindi si blocca. Nel periodo natalizio, invece, la grande generazione di rifiuti in tutta Italia, per ovvie ragioni – le festività e un incremento dei consumi – determina una saturazione degli impianti di chi li ha, tale per cui chi è senza impianti si mette in coda e aspetta.
  Pertanto, quello che accade è che nel mese di luglio 2014, 2015 e ancora 2016 è stato tecnicamente impossibile per noi, come per la società Colari, avere l'assicurazione al cento per cento di tutte le evacuazioni: basta chiederlo a Colari e scoprirete che le navi che dovevano portare i rifiuti in Portogallo a un cementificio sono arrivate, per problemi loro, con quattro giorni di ritardo. La capacità di stoccaggio dell'impianto TMB era satura; la possibilità di abbancare in banchina – al molo – quei rifiuti non c'era; pertanto, l'impianto si intasa e va al rallentatore.
  A noi è accaduto il 16 maggio di quest'anno un problema con SAF, una società che ci sta aiutando, una società pubblica, che grazie all'intercessione della regione Lazio, così come la società Rida Ambiente di Latina, ci ha messo a disposizione quantitativi da poter utilizzare per il nostro fabbisogno. La società Rida e la società SAF sono oggi fondamentali per garantire la copertura di tutte le nostre necessità. SAF ci ha detto, il 16 maggio, che da domani avrebbe preso da noi zero, cioè non avrebbe più preso le 300 tonnellate al giorno che conferivamo fino a quella data, bensì zero, per una semplice ragione: avevano in corso delle verifiche proprio sulla qualificazione della frazione organica stabilizzata, verifiche che hanno richiesto campionamenti, analisi, controlli delle autorità, contraddittori, discussioni e confronti che si sono protratti fino al 27 giugno.
  Quindi, dal 16 maggio al 27 giugno, quelle 300 tonnellate che non abbiamo potuto collocare altrove le abbiamo dovute stoccare nelle vasche dei TMB di Salario e Rocca Cencia. Usiamo gli impianti di SAF, Rida e anche gli impianti di Avezzano, della società Aciam di Aielli, perché quelle 3.000 tonnellate nominali di disponibilità nei TMB di Roma, nella realtà, non ci sono: ne mancano 6-700 tutti i giorni. Tutti i giorni abbiamo bisogno, quindi, di portare questo come rifiuto fresco, non trattato, a tali impianti. Da questo punto di vista devo dire che la regione Lazio ha dato veramente una mano perché, fino a dicembre del 2014, non vi era questa disponibilità da parte degli altri ambiti territoriali ottimali.
  Consapevoli, però, che questa situazione si determina ogni anno nel periodo natalizio e ogni anno, nel mese di giugno e poi ad agosto, se anche gli impianti di termovalorizzazione del Nord ci offrono minore disponibilità, ciò poco importa, o meglio, ne subiamo un minor condizionamento. Questo atteso che la precipitazione nella produzione dei rifiuti nella Capitale d'Italia nel mese di agosto è normalmente del 30 per cento, anche se noi la stimiamo al 20 per cento prudenzialmente perché ci sono le vacanze e la città, fortunatamente, un po’ si svuota. Sono quindi minori i rifiuti prodotti e minori le lavorazioni nei TMB, ergo, vi è un minore fabbisogno di smaltimento in discarica o negli inceneritori.
  Poiché questa situazione si produce ogni anno, nell'estate del 2015, proprio durante una di queste criticità, abbiamo deciso di bandire una gara europea per collocare sul mercato rifiuti freschi, ossia il tal quale indifferenziato dei cassonetti svuotati o dei bidoncini della differenziata domestica Pag. 21svuotati, per ottenere un risultato: collocare per quattro anni sul mercato europeo un quantitativo importante di rifiuti urbani, cioè 660.000 tonnellate all'anno per quattro anni, in modo da poter chiudere prima di tutto l'impianto del Salario e poi anche quello di Rocca Cencia (impianti TMB) e sostituirli con gli ecodistretti. In quattro anni si può fare, se c'è volontà politica, se c'è concertazione istituzionale, se ci sono operatori qualificati sul territorio: si può fare. In quattro anni si possono costruire gli ecodistretti di cui la città di Roma ha bisogno.
  Abbiamo quindi bandito, nell'estate del 2015, una gara europea per 660.000 tonnellate all'anno di rifiuti urbani residui. Abbiamo intrapreso un roadshow sia verso Utilitalia, sia verso Confindustria per invitare le imprese pubbliche e private a partecipare a questa gara. Premetto che, dalle ricognizioni del Ministero dell'ambiente, vi era capienza per centinaia di migliaia di tonnellate negli impianti italiani e che, nel contempo, grazie all'articolo 35 dello Sblocca Italia, sarebbe stato possibile portare in impianti capienti (R1 della formula europea, ossia recupero di energia con alto tasso di efficienza) rifiuti tal quali.
  Abbiamo bandito la gara con un contratto valido quattro anni, per 366 milioni di euro complessivi. Superata l'estate del 2015 il bando è stato pubblicato. Abbiamo avuto una sola offerta di un contratto, quello che abbiamo proposto al mercato a consumo. Non abbiamo detto al mercato che avremmo certamente fornito determinati quantitativi di rifiuti e di farci il prezzo, ma abbiamo detto che, ogniqualvolta avessimo avuto necessità di usare il quantitativo messo a disposizione, lo avremmo fatto per nostre esigenze, secondo nostri programmi e alle nostre condizioni.
  Arriva una sola offerta. È quella del raggruppamento Enki di Leutesdorf, che mette a disposizione impianti di recupero di energia R1, i più moderni che possano esistere oggi in Europa. Enki ci offre un contratto di quattro anni – contratto, ripeto, a consumo – per 160.000 tonnellate all'anno, vale a dire 500 tonnellate al giorno, al prezzo di 138,5 euro a tonnellata. Si tratta di rifiuti trasportabili via treno con caricamento a Roma e svuotamento negli impianti di recupero di energia.
  Il mese successivo all'aggiudicazione della gara, cosa che era prevista nel bando europeo, Enki formula una proposta migliorativa e ci offre 240.000 tonnellate all'anno al prezzo di 136 euro la tonnellata. I rifiuti che oggi AMA consegna agli impianti TMB del gruppo Colari li paghiamo 143 euro a tonnellata, per effetto di una tariffa regionale, giustamente stabilita dalla regione, come soggetto terzo indipendente rispetto ai soggetti di mercato. AMA è obbligata a portare i rifiuti ai TMB di Malagrotta e Colari è obbligato a prenderli. Giustamente, la regione regola gli obblighi tra soggetti che essa ha indicato come vincolati all'uso degli impianti esistenti e, dunque, fissa il prezzo: 143 paghiamo sotto casa e 136 pagheremo, nel caso di accettazione dell'offerta migliorativa per come ci è arrivata da Enki.
  Enki presenta la richiesta di notifica nel processo di trasferimento transfrontaliero di questi rifiuti. La regione obietta e osserva alcuni aspetti che attengono soprattutto alla procedura di infrazione europea che è in corso (perché è del tutto ovvio che non si possa affermare di essere in regola nel momento in cui si mandano fuori rifiuti tal quali in un Paese diverso dal proprio) e, dunque, interpella il Ministero dell'ambiente. Il Ministero dell'ambiente risponde. La regione si dispone favorevolmente alla possibilità che questi rifiuti possano uscire, nel momento in cui, ovviamente, immagino vi sarà un confronto con il Ministero dell'ambiente e con l'Unione europea.
  Trattasi di un intervento non strutturale, così come non lo è stato l'evacuazione dei rifiuti da Napoli quando, durante l'emergenza della Lombardia nel 1992, i rifiuti si sono portati in Svizzera, o così come in altre realtà del nostro Paese o anche europee di volta in volta accade.
  Come sapete, da cinque anni gli inglesi portano fuori dalla Gran Bretagna 8 milioni di tonnellate all'anno, garantendo a tutti i Paesi rivieraschi del Mare del Nord l'alimentazione di formidabili apparecchiature Pag. 22 di termovalorizzazione. L'ultimo nato è l'impianto di Copenaghen, che confida sui conferimenti dalla Gran Bretagna ancora per qualche tempo, in modo da poter ammortizzare i propri investimenti.
  Dunque la gara europea era necessaria nell'estate del 2015 – quando l'abbiamo bandita – per questa finalità, cioè per riuscire a trovare uno sbocco a rifiuti freschi fuori dal territorio di Roma, in modo tale da poterci consentire, in primo luogo, di non avere le crisi cicliche che, ad ogni stagione, si presentano in quel momento e, nello stesso tempo, per poter avviare l'opera di riconversione degli stabilimenti di TMB esistenti.
  La gara è al punto che vi ho detto. Abbiamo ricevuto assicurazioni in tal senso dal Gruppo Enki, che dovrebbe presentare, al più tardi nella giornata di oggi, i moduli per l'attivazione del procedimento di notifica. Se da parte della regione, nell'ambito delle sue prerogative e delle sue competenze, ci sarà il consenso ad attivare questo servizio, il 7 novembre, ovviamente in modo graduale e poi a regime, circa 500 tonnellate al giorno di rifiuti tal quali potranno lasciare la Capitale.
  Cinquecento tonnellate al giorno di rifiuti della Capitale consentono l'azzeramento dei conferimenti allo stabilimento del Salario, che ritengo il più urgente su cui si debba intervenire, per smantellare l'impianto di trattamento meccanico-biologico e cominciare a sostituirlo con lavorazioni che attengono al recupero di materia, vale a dire al trattamento di rifiuti ingombranti: la pressatura di carta e cartone, la selezione a freddo del multimateriale leggero. Nulla di più è prevedibile in quell'area. Allo stesso modo, grazie al contributo che potremo avere da questa iniziativa, potremo immaginare gradualmente di alleggerire anche i carichi e i pesi sui TMB di Rocca Cencia.
  Mi preme sottolineare una questione. Alla gara europea, poi aggiudicata a Enki, le imprese italiane non hanno partecipato; non hanno partecipato non perché non avessero capacità nei propri impianti e neanche perché il prezzo posto a base di gara fosse per loro insostenibile. Le imprese italiane non partecipano perché temono che nei loro territori l'arrivo dei rifiuti dalla Capitale possa generare manifestazioni, contestazioni e proteste tali da poter pregiudicare anche il funzionamento degli impianti per le loro necessità.
  La gara viene ribandita per i quantitativi che non sono stati attribuiti, ossia circa 440.000 tonnellate. Vengono fatti 15 lotti più piccoli per spacchettare le 440.000 tonnellate e, quindi, consentire anche a impianti più piccoli di partecipare. Il prezzo a base d'asta viene abbassato a quello espunto con la gara precedente. La gara va deserta. Gioca in questo, come dicevo prima, l'alterazione del mercato determinata dal nostro stato di necessità.
  Abbiamo ricevuto, quindi, nelle nostre iniziative supporti e aiuti di cui non potevamo fare a meno. Per molti aspetti giudico ancora miracoloso che la città di Roma non abbia vissuto – mi auguro, ovviamente, che non le viva mai – le crisi vissute da Firenze nel 1986, da Milano nel 1992 e da Napoli nel 2007, o le crisi clamorose vissute dalla città di Madrid soltanto un anno fa, dalla città di Atene e dalla città di Amsterdam, dove ugualmente si sono create delle condizioni di criticità estrema e, quindi, delle vere e proprie emergenze.
  È quasi un miracolo che, da una parte, riusciamo a reggere 5.000 tonnellate al giorno che vengono tolte dalle strade, di cui 2.000 affidate al circuito del riciclaggio e del recupero (ma con un'enorme quantità di rifiuti destinati al compostaggio a lunghissima distanza) e, dall'altra parte, riusciamo a trattare 3.000 tonnellate al giorno di rifiuti indifferenziati, che grazie all'aiuto della regione Lazio siamo riusciti a collocare nel territorio.
  C'è un punto, però, anche qui: le discariche della regione Lazio di servizio ai TMB di Latina e Frosinone, nel momento in cui accolgono grandi quantitativi di rifiuti da Roma, sono discariche che sono destinate a esaurirsi molto prima di quanto non sarebbe prevedibile se fossero usate solo per Latina e Frosinone. È evidente che se si portassero nei TMB di quelle province soltanto i rifiuti generati in quelle province, la discarica di servizio avrebbe una durata di Pag. 23X anni. Se si porta il doppio dei rifiuti in quei TMB, quella discarica di servizio durerà X meno, come è del tutto evidente. Quindi, torna d'attualità, a mio giudizio, il tema del superamento degli impianti di trattamento meccanico-biologico.
  La crisi che abbiamo vissuto in questo luglio, purtroppo, si è accompagnata anche a due fattori. Da una parte c'è l'impossibilità di portare 300 tonnellate al giorno a Frosinone e, quindi, la necessità di abbancarle nelle vasche di ricezione dei nostri TMB. Questo genera il rallentamento dei compattatori che devono scaricare i rifiuti e si creano code di 50, 60 o anche 70 compattatori, che rischiano di rimanere in coda per un'ora, un'ora e mezza o due ore. Quando svuotano, quindi, il turno di lavoro è finito, magari anche con un'ora di straordinario e quindi non possono tornare a prelevare altri rifiuti dalla strada. L'ingolfamento degli impianti TMB genera immediatamente, come riverbero, l'impossibilità di togliere i rifiuti dalle strade.
  Non solo, ma a questo si è affiancato anche il fatto che tutti i carichi previsti per prelevare i rifiuti trattati e allontanarli, portandoli nelle nostre regioni, nel mese di luglio hanno avuto un deficit di almeno il 15 per cento. Attendevamo 100 mezzi per portare via la FOS, il CDR, lo scarto leggero e lo scarto pesante e, invece, ne sono arrivati 85, 82, 87. È ovvio che con quei fornitori è in corso un contenzioso. Saranno sanzionati per il disservizio che ci hanno creato, ma resta il fatto che se i camion non arrivano e i rifiuti non se ne vanno, i rifiuti restano in strada.
  Insieme a questo, purtroppo, c'è il fatto che un servizio per noi importante e strategico, previsto nel contratto di servizio di Roma Capitale, cioè quello del ritiro a domicilio dei rifiuti ingombranti, sia con un servizio al piano che è parzialmente pagato dal cittadino, sia con il servizio di prelievo a prenotazione sul suolo stradale, ha avuto un intoppo. La gara che abbiamo bandito si è risolta, purtroppo, con l'impossibilità di un'aggiudicazione.
  Abbiamo chiesto al fornitore del servizio, che ancora stava esercitando l'attività, di permanere ancora il tempo necessario a ribandire la gara, per poi poterla aggiudicare: abbiamo avuto un diniego. Quindi, il risultato è che abbiamo affidato i lotti per la raccolta dei rifiuti ingombranti abbandonati su strada, ma il servizio a domicilio su prenotazione di ritiro degli ingombranti gratuito, purtroppo, non abbiamo potuto aggiudicarlo.
  Abbiamo attivato misure alternative con l'apertura delle isole ecologiche e dei centri di raccolta di Roma. Abbiamo attivato – anche se sarà a settembre il momento in cui potremo farlo meglio, chiaramente – la presenza di nostri automezzi ed equipaggi nelle piazze delle città, avvertendo la popolazione che potrà liberarsi di rifiuti ingombranti ricorrendo a questi servizi volanti. Confidiamo, nel mese di ottobre, di portare a compimento la gara e quindi di avere nuovi fornitori, ma non c'è dubbio che nel mese di luglio abbiamo avuto un intasamento degli impianti e un rallentamento dei cicli di raccolta perché i compattatori non potevano svuotare: anziché venire cento autocarri per portare via i rifiuti, ne sono venuti 85.
  Nel contempo, purtroppo, si è verificata la crisi della gestione della raccolta dei rifiuti ingombranti, con le criticità che dicevo poco fa. Vedete bene, quindi, che la criticità che si crea sugli impianti di trattamento meccanico-biologico ha immediatamente un riverbero sulla qualità, quantità, regolarità e ordinarietà dei servizi al suolo. Da questo punto di vista, da operatore che ha lavorato in questo modo anche in altre realtà, posso dire che la necessità più importante e urgente è la concertazione istituzionale.
  La concertazione tra Parlamento, Governo, regione, città metropolitana e comune di Roma può determinare non una forma di commissariamento (che escluderei perché, secondo la mia personale opinione, i commissariamenti nei rifiuti hanno combinato solo disastri), ma una cabina di regia per una formidabile assunzione di responsabilità. Si tratta, insomma, di dotare Roma della capacità di essere libera, autonoma e indipendente. Le capitali europee garantiscono, mediamente, nel perimetro della città metropolitana, tutto il Pag. 24ciclo integrato dei rifiuti, ovvero accoglimento, trattamento e smaltimento, al 98 per cento. La città di Roma, invece, è soltanto al 36 per cento. Per il restante 64 per cento dipende da 62 impianti, 10 regioni e 3 Paesi stranieri. Ecco: nel futuro della nostra Capitale dovremmo cominciare a evitare questo. Ci sono domande fin qui?

  PRESIDENTE. Vada pure avanti. Ha detto che c'erano tre punti. Questo primo punto sembra offrirci un inquadramento molto importante, tuttavia a noi interessano, come le ho letto nello speech iniziale, anche tutti gli aspetti emersi rispetto a questa emergenza. Vorremmo la sua versione rispetto alla situazione di emergenza, anche in relazione a quello che è successo nel contingente. Purtroppo, per trattare gli altri punti abbiamo solo una mezz'oretta, dopodiché sarà necessario passare alle domande. Vorremmo, dunque, comprendere il suo punto di vista sull'attuale stato di crisi e su come è stato gestito, con tutte le conseguenze che sono emerse, nonché gli aspetti che, come ho letto nello speech iniziale, possono interessare in maniera specifica la Commissione. Non che non ci interessi l'inquadramento, che è fondamentale, ma credo sia importante soffermarci anche sulle questioni specifiche. Pertanto, le chiederei di passare direttamente a tali questioni.

  DANIELE FORTINI, presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa. Mi spiace di aver rubato molto tempo sull'inquadramento e sulle strategie della Capitale per il futuro. Penso, però, che questa sia la questione di cui maggiormente dovranno occuparsi gli ambienti della politica, quindi ho voluto darvi delle opinioni.
  AMA è stata accusata di avere colpa nella generazione della crisi che si è determinata. Tutta la spiegazione che ho provato a dare nei minuti che hanno preceduto le parole che sto enunciando servono, invece, per dimostrare che le responsabilità soggettive di AMA nella gestione del ciclo integrato dei rifiuti di Roma Capitale non sono decisive e determinanti rispetto alla capacità di garantire la sicurezza della gestione del ciclo dei rifiuti, ovvero le crisi. Insomma, le crisi non dipendono da AMA, né dai netturbini, né dalla nostra capacità di gestire più o meno bene gli impianti, né dalla gestione della flotta e neppure dalla gestione di tutte le attività correnti che l'azienda sa fare.
  Abbiamo 2.200 lavoratori dedicati alla raccolta differenziata porta a porta, che mediamente, ogni giorno, fanno 400 piegamenti: si piegano 400 volte al giorno, nelle sei ore di turno, per raccogliere monnezza da terra, alla base ai cassonetti, dove purtroppo ne rimane tanta, ovvero tanta ne viene gettata da chi non è disciplinato. Abbiamo lavoratori che, dentro e fuori gli impianti, generosamente, danno a questa città un contributo importante. Poi ci sono anche i fannulloni, quelli che giocano con il cellulare o che si trattengono troppo al bar. Tuttavia, 5.000 tonnellate di rifiuti al giorno vengono tolte dalle strade.
  A chi mi ha accusato di avere responsabilità per l'emergenza, inesistente, per le fortissime criticità che si sono create e per il disagio che ne è venuto per la città, anche dal punto di vista dell'immagine, non soltanto per quello patito dai cittadini nel vedere le strade sporche con tanti rifiuti abbandonati, ho risposto che AMA non ha questa colpa. O meglio, la parte di responsabilità che deve essere ascritta all'azienda municipalizzata di Roma non può nascondere o cancellare le responsabilità di chi doveva prendere le decisioni strategiche e realizzare gli impianti.
  Ho trovato ingeneroso dire che l'azienda AMA ha incautamente non realizzato gli impianti, lasciando il campo ai privati e ad ACEA. L'azienda AMA ha progettato gli impianti, ha portato la raccolta differenziata al 42 per cento, ha bandito le gare per portare i rifiuti in massima trasparenza e con convenienza economica dove potevano andare. Non trovo dunque corretto dire che incautamente l'azienda ha lasciato il campo ai privati e a un altro operatore, ancorché pubblico.
  Peraltro, l'operatore privato che si chiama Manlio Cerroni e che ancora oggi rivendica, apertamente e orgogliosamente, Pag. 25la proprietà del gruppo Colari, non è diventato il supremo della gestione di quarant'anni di rifiuti grazie ad AMA. Al contrario, questa AMA, di cui sono stato presidente e amministratore delegato in questi due anni e mezzo, ha contrastato con ogni forza e con ogni strumento, messo a disposizione dalla legge ed entro i termini della legge, in ogni minuto, il dominio assoluto che quel gruppo industriale aveva sulla città di Roma. Si va dagli arbitrati – di cui non posso parlare altrimenti il presidente mi toglie la parola – al tritovagliatore di Rocca Cencia, che è un imbroglio che ho denunciato all'autorità giudiziaria nell'estate del 2015 e che ho cominciato a contrastare dopo quattro mesi che ero arrivato a Roma.
  Non ci voleva il mago per rendersi conto del fatto che se il mercato sta tirando prezzi da 120-130 euro a tonnellata, non si possono pagare 175 euro a tonnellata! Nel mese di settembre del 2014 ho dunque comunicato a Colari che non avrei dato loro quei soldi e, in modo unilaterale, ho allineato il pagamento delle prestazioni del tritovagliatore di Rocca Cencia a quelle stabilite dalla regione Lazio per i conferimenti ai TMB: 104 euro a tonnellata, altro che 175!
  Il gruppo Cerroni non l'ha presa bene e men che mai ha preso bene il fatto che abbiamo bandito una gara europea per collocare sul mercato, a 138 o 136 euro a tonnellata, quei rifiuti, sui quali quel gruppo ritiene di avere un diritto di proprietà esclusivo. Alla fine abbiamo chiuso l'impianto di Rocca Cencia, ovvero il tritovagliatore di Cerroni, perché non portiamo loro più un grammo di rifiuti. Nel 2014 quell'impianto aveva viaggiato a un milione di euro la settimana di ricavi, ovvero 4 milioni di euro al mese, quasi 50 milioni di euro all'anno, ma senza contratto, senza gara e senza tariffa regolata d'autorità indipendente.
  Nel febbraio 2016, soprattutto per merito dell'opera dell'ingegner Filippi, siamo riusciti a spegnere i conferimenti a quegli impianti, anche grazie all'aiuto che ci è arrivato da Latina, da Frosinone e da Avezzano, nonché alle gare che abbiamo cominciato a bandire per allontanare con più facilità i rifiuti trattati. Quindi, ripeto: noi abbiamo potuto spengere quell'impianto.
  Dal minuto successivo al mancato conferimento, abbiamo provato ad accendere il nostro impianto di tritovagliatura mobile, pure installato a Rocca Cencia. Abbiamo provato a bandire gare, ma non veniva nessuno perché gli operatori trovavano molta più convenienza nel partecipare alle gare di Cerroni. I contratti con Cerroni – infatti Cerroni non fa gare, ma strette di mano – garantivano, probabilmente, a quei signori una possibilità business.
  Ora, i rifiuti che portavamo al tritovagliatore di Rocca Cencia, di proprietà di Cerroni, non erano di Cerroni ma di Roma, quindi, della pubblica autorità, che ha in esclusiva il diritto di proprietà su di essi. Per quale motivo dovevamo portarli, senza contratto e senza gara, a un impianto di proprietà privata e a quei prezzi? Allora, nel febbraio 2016, abbiamo smesso di farlo, grazie al fatto che abbiamo creato delle alternative.
  Ebbene, da quel minuto in poi il gruppo Colari e lo stesso Manlio Cerroni mi hanno scritto lettere ogni 46 ore – le ho contate – per dire che la città sarebbe andata in emergenza, sarebbe stata sempre più sporca e che saremmo rimasti sommersi di rifiuti, per cui avremmo dovuto accendere quel tritovagliatore. Tutta la documentazione è stata, ovviamente, fornita alla magistratura man mano che si è prodotta. Neppure dopo i due incontri riservati che l'avvocato Manlio Cerroni ha chiesto a me e all'ingegner Filippi, nei quali ci ha appellati per il nostro merito («incapaci», «falliti», «toglietevi di mezzo», «i rifiuti sono miei») e ci ha invitato a considerare l'opportunità del passo indietro, gli abbiamo dato i rifiuti: non glieli abbiamo dati neppure quando ha detto che ci avrebbe fatto uno sconto di 30 euro a tonnellata.
  Su quale base ce lo avrebbe fatto? Sulla base di un contratto firmato ed espunto con una gara da bando pubblicato? No, ci avrebbe fatto 30 euro di sconto con una stretta di mano. A quel punto, abbiamo chiesto di farcelo di almeno 35 euro, per allineare il prezzo a quello che abbiamo Pag. 26tirato fuori dalla gara, ovvero 138 euro, ma lui ci ha detto che non se ne parlava proprio perché, appunto, la stretta di mano presuppone che si sia entrambi soddisfatti e questo, invece, non era il caso.
  Abbiamo avuto – ripeto – due incontri riservati con l'avvocato Cerroni e con il presidente di Colari Saioni, presso la sede di FISE Assoambiente, che si sono risolti nel modo in cui ho detto e in cui abbiamo riferito all'autorità giudiziaria. Ad ogni modo, quell'impianto non doveva stare lì.
  Infatti, l'ordinanza della presidente Polverini del dicembre 2010, rinnovata nel giugno 2011, imponeva al gruppo Colari di attivare linee di tritovagliatura nella discarica di Malagrotta in modo che quando fosse venuta l'Unione Europea a per verificare se stavamo facendo i bravi, avrebbe trovato lì delle linee di trattamento, ancorché brutali e primitive come può essere un impianto di tritovagliatura. Invece, con una serie di artifici e di raggiri, l'impianto fu costruito a Rocca Cencia, a 30 chilometri di distanza, perché se fosse stato costruito dentro il perimetro di Malagrotta, AMA avrebbe pagato 104 euro a tonnellata, cioè la tariffa amministrata dalla regione Lazio. Viceversa, se migra da quel perimetro, sfugge alla regolazione pubblica e diventa un impianto a mercato, quindi il prezzo lo regola, appunto, il mercato.
  Ora, il problema è che il mercato è fatto da un signore che dice: «voglio 175 euro a tonnellata» e da un altro signore, la pubblica amministrazione, che senza contratto, senza gara e senza bandi, gli stringe la mano e glieli dà. Ovviamente, questo è tutto in procura. Quell'impianto può essere utilizzato soltanto se, ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 116 del 2014, viene requisito per pubblico e generale interesse, ovvero messo a disposizione dell'azienda pubblica AMA e gestito secondo convenienza della città di Roma. In tal caso faremmo un danno al gruppo Colari? Ecco, direi di no, perché quell'impianto si è ripagato in cinque mesi di funzionamento a quei prezzi. Non ci sarebbe, dunque, neanche danno economico. Questo, però, varrebbe se quell'impianto servisse, ma in realtà non serve. È un impianto brutale e primitivo, con il quale si separa una frazione immediatamente combustibile da un'altra che poi dovrà andare al trattamento di stabilizzazione, perché è il sottovaglio pesante e umido della lavorazione.
  A cosa serve, dunque? L'impianto fu costruito in epoca emergenziale, con imbrogli e artifici. Nelle lettere di Colari, che ho letto questa mattina, essi stessi ammettono di avere procurato imbrogli e raggiri. Allora, per quale motivo dovrebbe essere indispensabile oggi?
  Fu costruito – ripeto – nell'anno 2012, non per l'emergenza rifiuti in sé ma perché l'incombenza dell'infrazione europea richiedeva alla regione Lazio di dare almeno una «frullata» ai rifiuti prima di metterli in discarica. Insomma, non è un impianto per le emergenze, per le quali ci sono i tritovagliatori mobili (i quali, infatti, per legge, possono essere autorizzati per sei mesi nel momento in cui si ha una grande difficoltà). L'impianto mobile si installa, frulla e risolve il problema momentaneo, ma poi chiude e sparisce. Per queste ragioni quell'impianto non può stare nel piano regionale di gestione dei rifiuti. Non è un impianto strategico, né emergenziale, ma è servito soltanto a far fare tanti soldi – penso illegittimamente, ma sarà la magistratura a stabilirlo – a un soggetto dominante. Questa azienda, fino a quando sono arrivato, non considerava questi aspetti. Come ho detto all'inizio, mi prendo la responsabilità di quello che dico e che ho fatto.
  Ho tagliato le tariffe a quell'impianto dopo sette mesi che sono arrivato e mi sono spinto fino a determinare le condizioni per le quali non servisse alla città di Roma. Devo dire, in tutta franchezza, che sono rimasto molto sorpreso nel momento in cui, in una visita non prevista da parte dell'attuale assessore di Roma Capitale, accompagnata da diverse persone gentili che non ho mai conosciuto prima, mi è stato rimproverato di essere, come AMA, colpevole dell'emergenza generata in questa città e mi è stato intimato di usare il tritovagliatore di Colari in località Rocca Cencia. Migliaia di cittadini romani e italiani hanno visto che questa era la richiesta e la Pag. 27sollecitazione, ma hanno visto anche la mia netta opposizione. Se si vuole gestire quell'impianto, lo si può fare soltanto nella legalità, che impone la requisizione in uso come prevista dalle leggi dello Stato: non c'è nessun'altra modalità per usare quell'impianto.
  Signor presidente, vorrei dire ancora molte altre cose su AMA, a partire dal fatto che, come le ho anticipato, ci sono pericoli di inquinamento e condizionamento dell'azione dell'azienda. Procedo, dunque, velocemente.
  La constatazione più importante è che, quando affermiamo che l'azienda può essere ancora infiltrata da fenomeni criminali, non facciamo propaganda. Cito la società PMR, i cui responsabili sono stati arrestati, in quanto appartenenti a un clan di ’ndrangheta, nell'operazione denominata «Alchemia», che tra Genova, Reggio Calabria, Savona e Roma ha portato in carcere più di 40 persone. Si tratta di un clan di ’ndrangheta molto pericoloso, che gestiva una quantità impressionante di società di malavita, precisamente 21, fra cui compaiono la Remaplast, con sede a Pomezia, la Remaservice, con sede a Roma, e la PMR service, con sede a Roma.
  In particolare, PMR service gestiva la movimentazione dei rifiuti nelle vasche dei TMB di Rocca Cencia e Salario. È arrivata in AMA nel 2010 ed è rimasta fino al 2015, con affidamenti diretti, senza gara, per la movimentazione dei rifiuti, il noleggio a freddo dei mezzi d'opera – una volta anche il noleggio a caldo – nei nostri impianti, per un importo annuo di circa 900.000 euro. Si tratta di una mansione delicata. Infatti, la macchina operatrice che sta nella vasca dei rifiuti (una pala meccanica o una ruspa) è quella che raccoglie i rifiuti e li accompagna al trituratore; ci può mettere un minuto, ma anche 7; se però va molto lentamente, l'impianto si intasa, si fanno le code e i rifiuti in strada non si raccolgono; inoltre, se c'è un rifiuto particolarmente ingombrante, magari in metallo, e la pala meccanica non lo vede e lo mette nel trituratore, questo si spacca, per cui, dovendo essere riparato, le lavorazioni si bloccano. Per questo, in questo tipo di impianti gli operatori in vasca devono essere dipendenti dell'azienda, che devono essere premiati perché fanno un lavoro disgraziatissimo ed essere riconosciuti nelle responsabilità e nelle attribuzioni: insomma, non possono essere dipendenti di qualcun altro.
  Quando nei primi mesi del 2015 l'ingegner Filippi ha visitato gli impianti e si è reso conto che c'erano questi signori, che non ci dovevano essere, ha bandito la gara. Nel 2015 si sono avute delle offerte, dunque, dal gennaio del 2016 questi signori sono usciti. Se li avessero arrestati nel gennaio 2016 o se la gara avesse avuto tre mesi di ritardo, oggi AMA si troverebbe nella condizione di essere esposta, come è capitato ad altri, all'interno di un ciclone di un'inchiesta nazionale di ’ndrangheta come un'azienda che, come minimo, è stata disattenta: erano – lo ripeto – tutti affidamenti diretti del valore di 900.000 euro all'anno.
  Su questo versante, in questi 15 mesi, il lavoro dell'ingegner Filippi è stato impressionante, quindi gli faccio molto volentieri un riconoscimento. Infatti, portando all'80 per cento gli acquisti fatti con gare a procedura di evidenza pubblica, egli ha determinato la possibilità di dimostrare che questa città ha gli anticorpi, o almeno li avrebbe, visto che poi l'ingegner Filippi, come sappiamo, è stato allontanato da AMA.
  Metto da parte la questione del tritovagliatore ma, se interessa ai signori membri della Commissione, la riprendo volentieri. Vengo, quindi, all'ultima questione, che affronto con un po’ di rammarico perché riguarda i condizionamenti che l'azione dell'attuale amministrazione capitolina temo possa avere nella gestione dei rifiuti e nelle vicende che attengono ad AMA.
  Premetto che, per quanto mi riguarda, non ho mai avuto – come ho detto all'inizio – nessuna preclusione o pregiudizio nei confronti di alcuna forza politica. Nel corso di questi due anni e mezzo i miei rapporti con consiglieri comunali, di tutte le parti politiche dell'Assemblea capitolina, così come con gli assessori o i subcommissari nominati dal prefetto Tronca, sono stati sempre improntati al lealtà, alla correttezza Pag. 28 e al dovere che il presidente di AMA ha di informare, spiegare e argomentare alle istituzioni qualunque iniziativa assuma. I consiglieri comunali, gli assessori e il sindaco sono, pertanto, la mia istituzione di riferimento, prova ne sia il fatto che quando ho avvertito la necessità di accendere i fari su un arbitrato da 900 milioni di euro che Colari rischiava di portarci via nel silenzio, chiedendo alla stampa, a tutti i soggetti e alle autorità di controllo di elevare la soglia di attenzione su quel problema, ho chiesto proprio all'onorevole Stefano Vignaroli di intervenire con un'interrogazione parlamentare che potesse, appunto, accendere anche il faro del Parlamento sulla questione.
  Ho le e-mail di una corrispondenza intercorsa dal 9 al 19 febbraio nella quale ringrazio, appunto, l'onorevole Vignaroli per la pazienza che ha avuto di ascoltarmi quando gli ho illustrato i fatti, di ricevere i documenti e di studiarseli. L'ho trovato persona sensibile rispetto a questa materia. Il fatto, poi, che l'interrogazione non sia mai stata presentata è una questione che non mi riguarda. Oggi voglio solo testimoniare che non c'è nessun pregiudizio al riguardo da parte mia, come non c'è stato in nessun momento della vita amministrativa.
  Ho incontrato la sindaca di Roma, Virginia Raggi, soltanto una volta, il 27 giugno 2016. Con questa amministrazione ho provato a improntare un atteggiamento di leale collaborazione. Mi è stato chiesto di produrre ogni giorno un report sull'attività di AMA, cosa che ho fatto (ho qui le copie). Dal 28 giugno fino a oggi, infatti, tutte le sere, purtroppo fra le 2 e le 3 del mattino – perché prima faccio altre cose – ho inviato report giornalieri alla dottoressa, avvocato, sindaca di Roma. I report contengono notizie riservate, ovvero la spiegazione delle criticità che giorno per giorno andavamo verificando, nonché suggerimenti circa le risposte da dare insieme – AMA e amministrazione – rispetto a quello che era utile fare. Mi è stato chiesto anche di redigere report settimanali, che dal 27 giugno al 18 luglio ho redatto e inviato agli indirizzi che mi erano stati indicati, ovvero quello del sindaco, dell'onorevole Vignaroli e della dottoressa Muraro.

  PRESIDENTE. Noi possiamo acquisirli, anche se sono riservati?

  DANIELE FORTINI, presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa. Certamente: li ho portati per lasciarveli, ma sono documenti che contengono informazioni riservate.
  Ho smesso di produrli perché sono stato costretto a farlo. I destinatari sono stati – ripeto – l'onorevole sindaca di Roma, la dottoressa Paola Muraro, assessore al comune di Roma (non lo era fino al 7 luglio, ma avevo ricevuto istruzioni di mandarglieli anche in precedenza, dal 28 giugno) e l'onorevole Vignaroli. Questi documenti contengono informazioni delicate sulla vita aziendale e sulle problematicità. Come dicevo, ho smesso di redigerli nel momento in cui uno di questi report settimanali, peraltro particolarmente delicato, che pensavo di inviare a persone che avrebbero trattenuto per sé le informazioni, è diventato un allegato a una lettera del dipartimento ambiente di Roma Capitale, che allegando, appunto, il mio weekly report di quella settimana, mi chiedeva spiegazioni su alcuni passaggi. Dico ciò con brutalità perché in questa Commissione so di poterlo dire. Se dico a Roma Capitale che ci sono le condizioni di chiedere agli istituti finanziari (le 8 banche, di cui una francese, che ci stanno finanziando) di rinegoziare uno swap che ci è costato 31 milioni di euro fino ad oggi – cioè interessi sugli interessi – e che ci costerebbe ancora 31 milioni, quando in tutto il mondo gli swap si sono rinegoziati e le banche non hanno preso niente, nel momento in cui questa notizia arriva alle 8 banche anzidette, si può determinare la chiusura dei nostri conti correnti, la disdetta del contratto di finanziamento e, dunque, una gravissima crisi finanziaria che minaccerebbe la continuità aziendale. Se mando il weekly report al sindaco di Roma, all'assessore di Roma e al vicepresidente della Commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti, onorevole Vignaroli...

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  PRESIDENTE. Come vicepresidente della Commissione non era titolato a ricevere nulla!

  DANIELE FORTINI, presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa. Allora, all'onorevole Vignaroli (ma queste sono le istruzioni che ho ricevuto), quei documenti devono restare confidenziali! Se invece diventano una lettera del dipartimento ambiente di Roma Capitale, firmata dal dirigente del dipartimento, e vengono a conoscenza di tutti, il rischio che corre l'azienda è molto grave. Ho colto questo motivo per chiedere istruzioni. Infatti, ho scritto per chiedere se devo continuare ad avere un rapporto leale, collaborativo e aperto, in cui si dicono tutte le cose che si devono dire, ma in modo confidenziale e riservato, oppure se devo scrivere dei brogliacci burocratici, cosa che però farei con l'azienda e non con la mia posta elettronica privata, proprio a tutela di quello che sto dicendo.
  Nello stesso tempo la sindaca di Roma ci ha scritto il 28 giugno chiedendo ad AMA di dare entro il 4 luglio esauriente risposta su 23 punti: non li leggo, ma si va dai progetti di impianti già presentati, a fideiussioni, sanzioni comminate, andamento dei crediti, organigramma, eventuali debiti a bilancio, elenco di tutti gli immobili e via discorrendo. Sono – ripeto – 23 punti su cui, dal 29 giugno, ho messo alla stanga i 14 dirigenti, giorno e notte, per cui abbiamo redatto una relazione che ha un master di 116 pagine e due allegati di complessive 720 pagine. Ogni dirigente si è preso la responsabilità di dire, punto per punto, al sindaco di Roma – che lo chiede e che giustamente deve avere una risposta – come stanno le cose. Ciascun dirigente ha firmato e i documenti sono stati corredati di tutte le relazioni e le informazioni necessarie. La relazione completa è stata depositata il 4 luglio al dipartimento partecipate del comune di Roma, che poi l'ha inoltrata. Nello stesso tempo, il confronto con l'assessore Minenna, con i dipartimenti, con le strutture dell'amministrazione e con le persone più vicine all’entourage dell'onorevole sindaca si è svolto correttamente. Tuttavia, mentre assolvevamo a questo compito e mentre personalmente facevo un lavoro di collaborazione leale e aperta, mi sono ritrovato dei blitz all'impianto di Rocca Cencia di cui non ero a conoscenza.
  Inoltre, alle 10.15 del mattino di lunedì 25 luglio ricevo una telefonata dall'assessore Muraro che mi informa che sarebbe venuta a trovarmi in ufficio. Invece, alle 11.15 mi trovo nell'ufficio, insieme all'assessore, persone di cui non avevo previsto la visita, per subire quello che è stato un interrogatorio a telecamere aperte – da me autorizzato – in luogo di quello che immaginavo essere un confronto tra l'assessore e il presidente dell'azienda di fronte a una situazione di difficoltà per capire come risolvere i problemi di Roma: ne ho preso atto con un certo rammarico perché non era questo lo stile che regolava le relazioni tra me e la dottoressa Paola Muraro negli anni precedenti.
  La ferita non è il blitz perché, per quanto mi riguarda, posso parlare di fronte a qualunque platea, argomentando le mie ragioni, discutendo, confrontandomi e ammettendo i torti, quando li ho. La cosa che mi ha particolarmente amareggiato è l'imboscata. Una persona amica, con la quale si ha una relazione da anni e che si sa essere corretta e leale, non può avere una caduta di stile di questo tipo. Questo, però, mi ha fatto vedere in altra luce altri episodi. Ne cito soltanto due e su questi concludo, restando pronto a rispondere a tutte le domande che dovessero essere formulate.
  La dottoressa Paola Muraro in AMA non era una semplice consulente. Non era una persona che gestiva le relazioni con le autorità terze per quanto di sua competenza, essendo la responsabile del IPPC (International protocol of pollution control) – lo dice la stessa parola «control» – ma, in quanto responsabile delle autorizzazioni integrate ambientali, aveva il compito, ben retribuito, di omologare i rifiuti in ingresso, validare il processo di lavorazione e omologare i rifiuti in uscita. Se rammentate quello che vi ho detto poco fa con riferimento alla FOS, potete immaginare quanto sia delicato quell'incarico, per il quale la dottoressa Muraro, da 12 anni, ha la fiducia Pag. 30 dell'azienda, fiducia che io, finché è stata consulente, non ho mai visto vacillare nelle relazioni che abbiamo avuto.
  Tuttavia, quando una persona, che fino al giorno precedente ti chiama per dirti «buongiorno, passo...» e magari passava per discutere di un problema, un bel giorno dice «passo...», ma poi si presenta con un processo mediatico, allora alcuni temi, iniziative e questioni si ripropongono in chiave diversa anche all'amministratore delegato. Peraltro, sia all'interno dell'azienda, sia in tutte le persone che hanno avuto modo di lavorare con una persona diversa da quella che poi abbiamo visto essere successivamente (laddove noi abbiamo avuto un atteggiamento collaborativo), questo ha generato delle inquietudini e dei ricordi che sono arrivati anche a me e da me trasferiti dove dovevano essere diretti.
  La dottoressa Paola Muraro è stata una persona influente in AMA, non uno dei tanti consulenti. Peraltro, AMA ha in tutto tre consulenti e solo una da 12 anni. Insomma, non è stata una semplice consulente incaricata di monitorare le AIA e di riferirsi alle autorità preposte ai controlli, altrimenti non avrebbe avuto certe possibilità, che ora spiego. Per questo, signor presidente, spero di non rilevare nessuna infrazione al segreto istruttorio e la prego di fermarmi nel momento in cui questo dovesse accadere.
  Nel 2010 l'azienda AMA ritiene di dover reclutare 4 capi impianto perché gli impianti TMB e quelli di Maccarese hanno bisogno di avere un capo. Allora, l'amministratore delegato dell'epoca, il dottor Franco Panzironi, chiede a Obiettivo lavoro Agenzia per il lavoro SpA, di individuare dieci figure candidate, da cui poi estrapolare tre risorse, ovvero laureati in ingegneria, che possano essere adibiti, con assunzione diretta, a capo impianto. Viene costituita una commissione di valutazione e arrivano i dieci nominativi; la commissione di valutazione si avvale, quindi, di un esperto selezionatore, nella persona di uno degli esaminatori della «Commissione parentopoli», condannato per i suoi comportamenti in quel frangente, ed estrapola dai dieci curricula i tre nominativi che vengono proposti al dottor Panzironi per essere assunti. Le tre persone vengono assunte, ma poi parte una lettera a firma del direttore del personale, nuovamente a Obiettivo lavoro, in cui se ne chiede un'altra. Quest'altra arriva e, selezionata dallo stesso esperto condannato nel «processo Parentopoli», viene assunta. Si tratta di una persona che in AMA, siccome viene da altra regione italiana, può conoscere soltanto una persona, ovvero la dottoressa Paola Muraro, peraltro con riconoscimento da entrambe le parti di una consolidata amicizia quindicennale. Si può dire che è un caso fortuito che questa persona sia stata assunta facendo parte di quell'elenco di dieci candidati? Io penso assolutamente di sì. Tuttavia è elemento dirimente per l'assunzione a tempo determinato in un'azienda pubblica come AMA che la persona che viene assunta dichiari il suo stato rispetto alle vicende giudiziarie che potrebbero interessarla. Questo è normale e si deve fare. Nel caso di specie, però, se ne viene a conoscenza – sono i rilievi documentali, signor presidente – soltanto dopo l'assunzione perché prima, nel curriculum, nei documenti di selezione o nei colloqui, questa informazione non compare, quindi, nulla osta a procedere all'assunzione.
  Il dottor Panzironi, che immagino ignaro di ciò perché nessuna prova documentale lo segnalava, procede all'assunzione e soltanto quando la persona deve firmare il contratto per accettazione, ovvero nel momento in cui diventa dipendente di AMA, attesta falso ideologico, truffa ai danni dello Stato e traffico illecito di rifiuti. Ad ogni modo, non succede niente.
  Ora, di recente, con un post su Facebook questa persona dice a qualcuno, a cui invia un messaggio: «buonasera cari, se la cosa può interessarvi Virginia Raggi ha presentato la sua lista di assessori. L'assessore all'ambiente indicata è la dottoressa Muraro, un esempio raro di professionalità, modestia e bontà. Mi pregio di essere suo amico da più di quindici anni e per lei metterei entrambe le mani sul fuoco, confortato anche dal fatto che il marito è un Pag. 31colonnello dei carabinieri. Se votate a Roma, se siete indecisi e vi fidate di me....felice serata», segue la firma. Ovviamente, sono soltanto congetture e circostanze fortuite e, certamente, rispetto alle cose che ho detto, la dottoressa Muraro saprà spiegare a questa Commissione e nel caso tutelarsi anche nell'immagine. Penso, però, che se la dottoressa Muraro, amica di questa persona da quindici anni, non poteva non sapere che aveva qualche problema giudiziario.
  Una seconda questione – su questo mi fermo – è particolarmente scabrosa, ma mi riempie di onore parlarvene, laddove un innocente è stato arrestato. Un innocente ha sofferto 15 giorni di provvedimenti cautelari, ha patito la gogna mediatica, il ribrezzo dei colleghi e l'isolamento sociale. Per lunghi e lunghi anni costui non avrà giustizia perché il processo andrà in prescrizione; costui ha rischiato di perdere la famiglia, ha perduto affetti, considerazione ed è stato stroncato nella carriera, il tutto ingiustamente!
  Faccio una premessa. Mi sono permesso di chiedere – solo in questi giorni perché prima non avevo nessun interesse a farlo – come è arrivata in AMA la dottoressa Paola Muraro, dal momento che non c'è stata una selezione, né un concorso. Dai dirigenti anziani che lo ricordano mi viene detto che la dottoressa Paola Muraro viene proposta all'attenzione di AMA – non raccomandata, ma proposta all'attenzione – da un maresciallo dei NOE perché ha avuto notizia che un suo collega, che dal nord si trasferisce a Roma, ha una moglie che sa di rifiuti e potrebbe dare una mano. La persona viene così invitata. Ovviamente, c'è una buona relazione, quindi la dottoressa Muraro comincia a lavorare in AMA. Non ci trovo nulla di particolarmente sgradevole o censurabile.
  Nel 2008, la procura della Repubblica presso il tribunale di Velletri, che sta indagando sull'impianto di incenerimento dei rifiuti Colleferro, si accorge che nell'impianto vengono bruciati rifiuti che non dovrebbero. A valle delle indagini e delle investigazioni, la procura di Velletri ordina arresti, che vengono eseguiti dalle forze dell'ordine, per cui le persone sono poi perseguite a termini di legge. In particolare, c'è un'utenza che viene messa sotto controllo dai NOE di Roma che indagano. È un numero di telefono di un'utenza intestata ad AMA, in uso a persona da identificare. Successivamente, le intercettazioni procedono fino a quando, sempre i NOE di Roma, inviano all'autorità giudiziaria un resoconto delle prime rilevazioni.
  Si autorizzano le operazioni di intercettazione su questa utenza AMA non identificata, fino al momento in cui, nell'aprile 2008, un'intercettazione molto grave testimonia di una persona con un'utenza AMA che telefona all'impianto di Colleferro e dice: «devi bruciare quella roba». Dall'impianto gli rispondono: «no, non è roba che si può bruciare». L'ulteriore risposta è molto volgare, quindi non la ripeto, comunque viene intimato a quella persona di bruciare assolutamente quei rifiuti.
  L'investigatore, riferendosi al PM, dice che quell'utenza telefonica appartiene ad AMA, ma nello scambio verbale che viene ascoltato la persona di AMA, che parla con la signora dell'impianto, viene chiamata Alessandro. Infatti a quella utenza telefonica corrisponde il nome di un nostro dipendente, Alessandro Muzi, all'epoca dirigente di AMA. Tuttavia, nei verbali successivi che l'autorità investigativa invia alla magistratura riguardo all'utenza che si dice corrispondere a un certo Alessandro, sparisce il nome «Alessandro» e diventa «utenza AMA da identificare».
  Quando si vanno ad arrestare le persone che quelle intercettazioni hanno individuato come responsabili di potenziali reati – il processo è ancora in corso e si concluderà nell'ottobre prossimo con una prescrizione – la persona che viene arrestata e accusata di questi reati non è il titolare di quell'utenza, cioè non è Alessandro Muzi, ma un ragazzo che si chiama Angelo Botti, un ingegnere di AMA che niente aveva a che fare con quella vicenda! È un errore giudiziario, che può accadere. L'ingegner Botti, però, ha presentato queste carte a cento colleghi in azienda e ha chiesto di chi fosse quella utenza telefonica. In realtà, egli scopre anche di chi era, come del resto Pag. 32era ovvio perché era nei tabulati di AMA, ma invece cosa accade? Accade che l'ingegner Botti va a processo e tutte le sue insistenze per cercare giustizia vanno deluse! Nel frattempo, siccome insieme all'ingegner Botti viene arrestato anche l'ingegner Giuseppe Rubrichi, dirigente impianti di AMA, il dirigente, ingegner Alessandro Muzi, titolare di quella utenza telefonica, diventa dirigente impianti di AMA!
  Francamente, signori deputati e senatori, vedere che nel blitz a Rocca Cencia, a fianco del sindaco di Roma e all'assessore Paola Muraro, l'unico dirigente dell'azienda presente era l'ingegner Alessandro Muzi, mi convince ancora di più del fatto che giovedì prossimo, inderogabilmente, lascerò l'incarico di presidente e amministratore delegato di AMA.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor Fortini. Direi di procedere con le domande, evitando «pistolotti» perché siamo in una Commissione d'inchiesta.

  ANDREA AUGELLO. Ovviamente, rinuncio a «pistolotti» e a confutazioni, data anche l'ora tarda, oltre che per la sua esortazione. Sostanzialmente, avrei tre domande che sono collegate tra loro, perché sono approfondimenti, per chiarire quello che è stato detto. La prima domanda è questa. Lei ci ha riferito dell'impegno che ha assunto con il sindaco di mandare dei report giornalieri. Dopodiché ci ha dato un curioso elenco dei destinatari perché, se capisco bene, lei mandava questi report giornalieri con notizie riservate, come lei stesso ci ha spiegato, al sindaco di Roma – fin qui nulla quaestio – e a un aspirante assessore, che in quel momento era un suo consulente. Mi sembra, però, che anche in questo caso la questione possa essere secondaria perché, da quello che ci ha detto, il futuro assessore era talmente addentro alle cose che, forse, le notizie che lei forniva erano già in gran parte conosciute, o comunque rimanevano nella famiglia di AMA. Poi, però, lei mandava tali report anche al collega Vignaroli, il quale, se anche vicepresidente di questa Commissione, non dovrebbe ricevere delle notizie riservate.

  PRESIDENTE. Anche perché, se proprio si deve, tali notizie si dovrebbero mandare al presidente!

  ANDREA AUGELLO. Le faccio una domanda riferita anche a un'altra notizia che è apparsa sui giornali, relativa a un'ulteriore circostanza, che non so se ci può confermare o smentire. A un certo punto, infatti, un importante quotidiano della Capitale ci ha raccontato che sarebbe avvenuto, nell'ambito di uno studio legale della città, un incontro riservato – peraltro, cosa perfettamente ragionevole, anche alla luce di quello che ci ha raccontato – tra AMA e il rappresentante legale del suo anziano e sempre vitale antagonista, Cerroni, a cui sarebbe stato presente, ancora una volta, il collega Vignaroli.
  Ora, da cosa nasce la sua passione di coinvolgere l'onorevole Vignaroli? Questa è essenzialmente la domanda. Questo aspetto non mi è chiaro, anche perché c'è un problema delicato dal punto di vista istituzionale. Lei giustamente ci ha ricordato che è un pubblico ufficiale di una pubblica azienda, quindi che diavolo ci fa un parlamentare in contesti di questo tipo per ricevere notizie riservate ed essere coinvolto in questioni di altro genere?
  La seconda domanda è di natura tecnica, solo per completare il suo racconto. Riguardo al tizio che lei dice essere stato assunto, non ho capito perché doveva conoscere per forza l'attuale assessore Muraro, quindi le chiedo di spiegarcelo. Inoltre, non ho capito se era indagato per quei reati che lei ha detto: sa se poi è stato condannato o meno?
  Lei sosteneva, sostanzialmente, che questa persona è stata indagata, quindi trovava poco conveniente che a un indagato per reati di quel genere si affidasse un incarico così delicato. Questo è il punto. Ora, perché la dottoressa doveva conoscerlo per forza? Glielo chiedo perché non l'ho capito.
  Come ultima domanda, ci può spiegare meglio che diavolo c'entra la diretta streaming che le ha fatto l'assessore, piombando Pag. 33nel suo ufficio, con tutte queste notizie che risalgono a tempi antichissimi? Insomma, lei ha tirato fuori una questione che riguarda il dottor Muzi e risale a tempi molto remoti, essendo un'indagine persa nel passato. Poi ha tirato fuori le responsabilità della dottoressa, che le sarebbero state segnalate e quant'altro: perché? Lei proponeva che la dottoressa Muraro facesse la dirigente dell'AMA fino a cinque minuti fa!
  A gennaio di quest'anno, come ha ricordato, voleva proporre, in base a un rapporto fiduciario che trovava soddisfacente, che questa persona facesse addirittura il dirigente dell'AMA – uscendo da questa situazione di relativo precariato ma ben retribuito – come consulente. Quale nesso logico c'è tra la diretta streaming, il comparire di queste notizie e il suo precipitarsi qui a riferircele?

  DANIELE FORTINI, presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa. Onorevole, per quanto riguarda l'invio delle e-mail dalla mia posta privata con informazioni e commenti, come ho detto, sensibili e riservati, ho risposto agli indirizzi che mi è stato indicato di considerare come destinatari delle mie relazioni. Quindi, non mi sono preoccupato di dover trasferire queste informazioni a un onorevole della Repubblica, indicatomi dal sindaco di Roma insieme all'assessore Paola Muraro, come persona di sua più stretta collaborazione, quindi accreditata, gradita e considerata dall'amministrazione.
  Passo alla seconda questione. La dottoressa Muraro non può non conoscere la persona di cui ho riferito perché è stata consulente di Impregilo nel momento in cui questa impresa stava costruendo gli impianti Stir della Campania e uno dei capi impianto era proprio la persona che poi verrà selezionata a Roma da Obiettivo lavoro e quindi assunta dall'azienda.
  L'elemento che trovo sconveniente è un altro ed è legato al fatto che una persona che deve essere assunta in un'azienda pubblica deve dichiarare fedelmente tutte le informazioni relative al rapporto di lavoro che si deve improntare. Come lei sa, c'è un codice etico e un obbligo di lealtà e di corrispondenza al vero di tutte le informazioni utili al datore di lavoro. Insomma, c'è un obbligo di moralità di cui tenere conto. Invece, il fatto che dalle prove documentali risulta che queste informazioni non siano state date al dottor Franco Panzironi, amministratore delegato, che ha proceduto all'assunzione, e che quindi la persona sia stata assunta con questo elemento d'ombra, a mio giudizio, da’ adito a qualche pensiero. Dico anche che questa persona è stata assolta nel procedimento penale – era il processo «Bassolino Impregilo più» – che si è concluso due anni fa. Non contesto, quindi, il fatto che questa persona abbia dovuto patire chissà che cosa nel momento in cui era indagata e poi è stata assolta, ma osservo che, nel momento in cui nasce il rapporto di lavoro, questo avviene in un modo spurio.
  In relazione all'incontro presso Colari, devo precisare che il 27 giugno, nel mio primo e unico incontro con il sindaco di Roma, Virginia Raggi, presso il comitato elettorale del Movimento 5 Stelle, dove fui invitato ad incontrare, appunto, il sindaco, erano presenti, oltre alla dottoressa Paola Muraro, anche l'onorevole Vignaroli e un suo assistente, l'architetto Giujusa, se non vado errato.
  Abbiamo discusso della necessità, che stava molto a cuore al sindaco di Roma, di procedere il più rapidamente possibile a ripulire la città. Io rappresentai, come ho fatto in questa Commissione, le ragioni per cui la città era sporca ma, giustamente, il sindaco esigeva risposte immediate. Suggerii, allora, di ricorrere a Colari, chiedendogli di darci una mano temporanea e transitoria, nelle more della riapertura dell'impianto ISAF di Frosinone, per 200 tonnellate al giorno, per almeno 10 giorni, stando aperto anche la domenica. Infatti, siccome la domenica Colari sta sempre chiuso, se avesse preso, per 4-5 giorni, 800-1.000 tonnellate di rifiuti, lavorandoli anche la domenica, avrebbe potuto avere l'impianto pulito per la settimana successiva, quindi lavorare normalmente le 1.200 tonnellate al giorno che riceve senza difficoltà. Pag. 34
  La proposta fu accolta perché era l'unica praticabile che si potesse immaginare in quel momento. Il sindaco, però, chiese chi avrebbe parlato con Colari. Ora, dal momento che noi litighiamo tutti i giorni con Colari, al punto che spero di rivederli nei prossimi anni nei processi nei quali andrò come contendente (non voglio dire come teste d'accusa perché mi auguro che la vicenda non sia a questo punto, ma comunque come contendente per non dargli i soldi pubblici, anche se tra noi ci deve essere per forza di cose una collaborazione tecnica sulle questioni che attengono alla gestione dei servizi), mi impegnai a chiamarli io.
  In quella circostanza il sindaco disse che avrebbe avuto piacere se avesse partecipato all'incontro anche la dottoressa Muraro, la quale, per quanto la riguardava, era l'assessore in pectore. A quel punto, avvertendo che potesse esserci in questo invito un elemento di sfiducia o dubitativo – comunque legittimo – nei miei confronti da parte del sindaco, sono stato io a dire all'onorevole Vignaroli che non avevo nulla da nascondere e che quindi, se gradiva, avrebbe potuto accompagnarci anche lui. AMA, come poi abbiamo visto con i blitz, è una casa aperta. Chiunque può entrare con le telecamere, web o meno, fare domande, chiedere e informarsi: noi rispondiamo a tutti.
  Comunque, l'onorevole Vignaroli ha accettato l'invito. Il 28 giugno, ci siamo dunque incontrati in AMA, dove avevo invitato l'avvocato Candido Saioni, presidente di Colari, a conferire in una trattativa commerciale (con loro non parlo d'altro). Quando è arrivato il presidente Saioni, successivamente si sono associati alla riunione la dottoressa Muraro e l'onorevole Vignaroli con il suo assistente. Io ero presente con l'ingegner Zotti, direttore impianti di AMA.
  Quindi, abbiamo discusso della nostra richiesta di 200 tonnellate al giorno in più, potendo lavorare quella società anche la domenica, in modo tale da darci la mano richiesta. Il presidente Saioni, che non è un tecnico ma un avvocato, si è riservato di darci una risposta nelle 48 ore successive, quindi siamo rimasti d'intesa che il pomeriggio del 30 giugno ci saremmo rivisti, sempre presso AMA. Senonché, poco prima che la riunione fissata potesse svolgersi in AMA, ricevetti una telefonata dalla dottoressa Paola Muraro la quale mi disse che, per questioni logistiche, di traffico e di tempo, non potevano, lei e l'onorevole Vignaroli, raggiungere la sede di AMA e che mi invitavano a svolgere questa riunione presso lo studio dell'architetto Giujusa.
  A quel punto, dissi alla dottoressa Muraro che avrebbe dovuto avvertire lei il presidente di Colari, cosa che poi ha fatto; quindi, a quella riunione partecipammo io, l'ingegner Zotti e l'avvocato Cutolo di AMA, il presidente avvocato Saioni, l'ingegner Zagaroli, l'ingegner Forte (di Colari), la dottoressa Muraro, l'onorevole Vignaroli e l'architetto Giujusa. Si ebbe un confronto di ordine tecnico, organizzativo e commerciale. Quando si parla con Colari, infatti, lo ripeto, loro tirano sempre fuori la questione dei soldi: io non glieli do e loro tornano a pretenderli. Pertanto, come avevano già fatto nella giornata del 28 giugno, ci hanno suggerito di usare il tritovagliatore, secondo loro la cosa più comoda in quanto già a disposizione e in grado di lavorare fino a 1.000 tonnellate al giorno, invece di «incastrarli» con le nostre diavolerie da 200 tonnellate al giorno. Ovviamente, la mia risposta fu che non se ne parlava neanche e che potevano toglierselo dalla testa!
  Dunque, la riunione si concluse con un impegno – proprio perché con loro le trattative sono sempre di tipo commerciale – per cui Colari accettò di prendere 200 tonnellate al giorno in più di rifiuti per 10 giorni, ma AMA si impegnava ad anticipare il pagamento del mese di luglio di almeno 15 giorni per dare loro un respiro finanziario, in modo da avere meno problemi con i loro fornitori dei servizi di evacuazione dei rifiuti.
  Fu una cosa ragionevole perché quei soldi li avremmo dovuti pagare comunque alla scadenza del 31 luglio: anticiparli di 10-15 giorni per noi non era un problema. Per loro questo avrebbe, però, rappresentato un sollievo rispetto ai fornitori. Erano Pag. 35– ripeto – soldi che comunque avremmo dovuto pagare. Se insieme a quelli avessimo ricevuto davvero il servizio di 200 tonnellate al giorno per dieci giorni, lavorando la domenica, avremmo avuto un buon contributo. Invece, il gruppo Colari ci ha dato per 4-5 giorni 150, 180 o 210 tonnellate, ma la domenica non ha lavorato, per cui il contributo che ci aspettavamo non è venuto.

  ANDREA AUGELLO. Sull'ultima domanda non mi ha risposto.

  DANIELE FORTINI, presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa. Mi perdoni. Ho proposto alla dottoressa Muraro di concorrere per diventare dirigente dell'azienda perché, dopo dodici anni – per l'esattezza undici e mezzo, essendo entrata in AMA nel 2004 – di consulenze continuative, di quella importanza e per quella posizione, ritenevo che quella funzione dovesse essere internalizzata. La mia intenzione era, quindi, bandire una selezione pubblica, per cui proposi alla dottoressa Muraro di partecipare e diventare dirigente di AMA. Se fosse stata dirigente di AMA avrebbe avuto, ovviamente, le prerogative di tutti gli altri dirigenti. La risposta della dottoressa Muraro fu inizialmente tentennante.
  Naturalmente, per quel livello di responsabilità, la consulenza consente margini di valorizzazione delle proprie esperienze e competenze sul mercato che, invece, la condizione di dirigente aziendale inibisce o impedisce. Non faccio nessuna valutazione di tipo morale, quindi, perché ciascuno è libero di fare le proprie scelte. Noi, comunque, abbiamo bandito e realizzato quella selezione solo per la parte impiantistica ma, dopo 6 mesi, abbiamo verificato di non averne più necessità, nel senso che AMA ha risolto la questione delle attribuzioni delle responsabilità IPPC, ovvero delle autorizzazioni integrate ambientali, attribuendole ai capi impianto. Peraltro, di norma, funziona così nelle aziende dei rifiuti, così come in quelle che gestiscono attività ambientali. Infatti, quel tipo di competenze possono essere attribuite a chi, sull'impianto, riveste la responsabilità primaria di gestione.

  FRANCESCO SCALIA. Ci ha dato un quadro disarmante e devastante. Ci ha detto, infatti, che AMA era sostanzialmente asservita, prima dalla sua gestione, agli interessi di Colari, o comunque del gruppo dell'avvocato Cerroni, con affidamenti diretti per cifre fuori mercato e così via. Ci ha anche detto che l'attuale assessore all'ambiente della giunta capitolina aveva un ruolo incidente e determinante in AMA. Ha elementi per dire che abbia avuto anche un ruolo circa l'asservimento di AMA rispetto agli interessi del gruppo dell'avvocato Cerroni?
  Passo all'altra domanda. Ha appena detto che AMA conferisce decine di migliaia di tonnellate all'anno, se non ricordo male, di rifiuti biodegradabili alla Bioman di Pordenone. Ecco, stamattina leggevo sui giornali che l'assessore Muraro è stata anche consulente della Bioman: è stata, quindi, consulente in questa vicenda che ha portato all'affidamento dell'appalto a Bioman? Insomma, è stata consulente contemporaneamente sia della Bioman, sia di AMA?
  Chiudo con l'ultima domanda. Nella precedente audizione ha previsto che ci sarebbe stata una possibile creazione artificiosa di una nuova emergenza a Roma. Ecco, in base a quali elementi lo ha fatto, in base a quelli che ci ha appena rappresentato? Aveva previsto che questa capacità di condizionamento sarebbe comunque rimasta?

  DANIELE FORTINI, presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa. Onorevole, non posso dire – non elementi per pensarlo, quindi non lo posso assolutamente riferire – se vi siano stati rapporti di collaborazione, simpatia o vicinanza tra la dottoressa Muraro e il gruppo Cerroni o altro.
  Posso dire, a scanso di qualunque illazione, che la dottoressa Monica Cerroni è stata presidente di FISE Assoambiente anche nel momento in cui io ero presidente di Federambiente, quindi per le attività istituzionali Pag. 36 delle associazioni di rappresentanza di categoria ci sono, ovviamente, occasioni nelle quali ci si può frequentare. Paola Muraro, in qualità di presidente di Atia Iswa Italia, negli ultimi mesi, può avere avuto certamente rapporti con la dottoressa Cerroni, che peraltro non è più presidente di FISE Assoambiente. Mi sento però di dire che questo nulla incide e nulla può adombrare rispetto ai rapporti che possono esserci stati e che comunque non sono a mia conoscenza.
  Per quanto riguarda la seconda questione, confermo che la criticità e la patologica precarietà dell'assetto romano nella gestione del ciclo dei rifiuti può indurre chiunque, con una pala meccanica o con l'urto di un quadro elettrico, a determinare una crisi. L'ultimo esempio è quello dello scorso anno, in cui nel mese di maggio è andato a fuoco l'impianto TMB del Salario di AMA e siamo rimasti per cinque mesi senza la disponibilità di un impianto, il che comunque, nella fragilità di sistema, determina un danno.
  La fragilità, però, è tale per cui se bruciasse l'impianto TMB di Albano, si creerebbe ugualmente un problema perché quei dieci comuni che si servono di quell'impianto da qualche parte devono andare, quindi se vanno a Latina o a Frosinone tolgono spazio a chi, come Roma, sta già utilizzando quegli impianti. Insomma, diventa un sistema di vasi comunicanti otturati che determina, ovviamente, le crisi.
  È molto facile, dunque, prevedere che nel prossimo Natale ci saranno criticità se non partirà la gara Enki. Ugualmente, è molto facile poter dire che il prossimo anno, a luglio, saremo nuovamente nelle condizioni di oggi. La Bioman di Pordenone, come ho detto in apertura, è un'importante azienda leader a livello nazionale, che ha vinto le ultime gare di AMA.

  FRANCESCO SCALIA. L'assessore Muraro era consulente anche della Bioman?

  DANIELE FORTINI, presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa. Nel suo curriculum dichiara di essere stata consulente di Bioman nel 2011-2012.

  FRANCESCO SCALIA. Nel periodo dalla gara?

  DANIELE FORTINI, presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa. Ci sono state gare nel 2013 e nel 2015.

  PAOLA NUGNES. Ricordo molto bene la sua audizione di luglio 2015 in prefettura, anche se i toni e l'entusiasmo che aveva allora erano ben diversi. Legandomi anche alla domanda del collega, ho qui riportato esattamente quello che lei disse in audizione, parlando del «...rischio che venga procurata artificiosamente a Roma una nuova emergenza», rischio di cui disse di aver dato conto all'autorità. Non è, quindi, come ha appena risposto. Non si tratta, insomma, della ciclicità degli impianti che chiudono durante il periodo estivo, o dell'aumento di rifiuti durante il periodo invernale, ma di una procurata emergenza artificiosa. Le chiedo, quindi, se questo rischio che lei avvertiva nel luglio 2015 si è venuto a concretizzare oggi.
  Inoltre, lei ha parlato anche di un poderoso risanamento interno all'azienda, rispetto al quale ci è noto che ha fatto più di 14 esposti alla procura. Nella audizione, però, non è stato chiaro riguardo a congetture e illazioni su personaggi specifici. In pratica, AMA ha 8.000 dipendenti; lei in audizione ci ha spiegato che, sebbene sia stato accertato che la loro assunzione sia stata di dubbia provenienza, non poteva procedere ai licenziamenti perché, sicuramente, si sarebbe arrivati a dei ricorsi e a dei reintegri.
  Ancora, possiamo dire, per avere un'idea dell'azienda, che Il Tempo, quando subentrò il dottor Filippi, che lei ha tanto decantato, al posto del dottor Fiscon, scrisse: «Un indagato sostituisce un arrestato». Quindi, come ci dimostra lei stesso, si può anche essere amici – amici fidati – di indagati e poi non avere alcuna responsabilità di questo.
  Passo alla domanda. Nel marzo 2016, scaduto il contratto con la Muraro a dicembre 2015, lei le fa una proposta di rinnovo contratto a marzo che potesse coprire anche i mesi di gennaio e febbraio. Pag. 37All'indomani, quindi precedentemente, alla vittoria su Cerroni (vittoria che, almeno per il momento, ha fatto risparmiare ad AMA 900 milioni di euro), lei lodò la consulente Muraro. Come mai oggi ci porta fatti accaduti nel 2008 e nel 2010, di cui non so come sia venuto a conoscenza – penso che siano fatti all'attenzione della procura – e ci riferisce con dovizia particolari che descrivono, senza nulla dire, una situazione chiara.
  Mi chiedo se di questi fatti del 2010 e 2008 era già a conoscenza e, quindi, se le sue congetture già la facevano dubitare. Lei ha portato qui un dubbio, che noi accogliamo. Siamo qui per capire e quindi accogliamo il suo dubbio, un dubbio che è del 2008 e del 2010, mentre nel marzo 2016 lei vuole ricontrattualizzare la consulente. Insomma, alla luce di quale motivo è andato poi a ripescare queste notizie?
  Sappiamo anche di reiterate sollecitazioni, segnalazioni e prescrizioni trasmesse dal consulente per quanto riguarda la manutenzione dei TMB. Lei mi risponderà che, se avesse manutenuto i TMB, poi avrebbe bloccato il ciclo.

  PRESIDENTE. Risponderà lui: faccia la domanda!

  PAOLA NUGNES. Faccio rispondere lui ma, sicuramente, è stata una mancanza di ottemperanza a delle prescrizioni che probabilmente è stata grave. Inoltre, non è a nostra conoscenza quale sia stato il provvedimento che lei ha preso quando la consulente Muraro segnalò una differenza di peso sul multimateriale in uscita dall'impianto di Pomezia, che pochi chilometri più avanti raggiungeva un peso anche doppio di quello in uscita.
  Per concludere – è l'ultima domanda ed è anche molto facile, anzi facilissima – lei a luglio 2015 disse che eravamo al 43 per cento di raccolta differenziata. Qualcuno di Legambiente, Stefano Ciafani, dice che probabilmente questo 43 per cento non è vero. Ci sarà sicuramente un accertamento di questo, però lei ci disse che a dicembre 2015 saremmo arrivati al 50 per cento e che per il 2016 saremmo arrivati al 60 per cento: aveva, quindi, un piano entusiasta?
  Tra l'altro, le feci la domanda già l'altra volta: mi chiedevo se questo piano, che potrei anche condividere moltissimo con lei, l'avesse coordinato con la regione perché, chiaramente, le due mani non possono procedere separatamente. Infatti, il primo ecodistretto, che avrebbe dovuto iniziare a ottobre e che oggi dovrebbe essere già attivo, non lo è. Oggi lei viene con un mutato stato d'animo...

  PRESIDENTE. No, scusi, ha già parlato quattro volte di questo «mutato stato d'animo»: faccia la domanda!

  PAOLA NUGNES. Gliela sto facendo, presidente. Questa è la domanda. Il dottor Fortini mi sta seguendo perfettamente.

  PRESIDENTE. Sì, ma ci sono altri dieci colleghi che devono parlare!

  PAOLA NUGNES. Da cosa è scaturita la sua posizione rispetto alla possibilità di arrivare, al 2016, al 60 per cento di raccolta differenziata e che cosa è cambiato in quest'anno per mutare la sua posizione?

  DANIELE FORTINI, presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa. Brevemente, senatrice, la crisi del 2014 era una crisi che ho percepito e ho denunciato come una crisi che aveva – evidentemente sì – tutti gli aspetti tecnici che prima ho rilevato e che rileverò sempre, perché oggettivamente sono presenti. Tuttavia, vi fu durante quella crisi un atteggiamento del gruppo Colari che determinò l'aggravamento di tale crisi. La quantità di rifiuti che il gruppo Colari stava lavorando nei TMB di Malagrotta 1 e Malagrotta 2 poteva consentire ampi stoccaggi, che avrebbero permesso di togliere i rifiuti dalle strade e di consegnarli all'interno del perimetro di aree confinate e autorizzate: questo non avvenne! Questo non avvenne e questo denunciai nell'anno 2014.
  Nell'anno 2015, nel mese di luglio, ugualmente abbiamo avuto una criticità, ma quella del 2015 fu determinata prevalentemente dalla rottura dell'impianto di Colleferro, che determinò una difficoltà di Pag. 38evacuazione di una parte dei materiali lavorati all'interno del TMB, ragion per cui ci trovammo in difficoltà.

  PAOLA NUGNES. La valutò, però, come una manomissione, perché usò le parole «procurata artificiosamente». Quindi, valutò una manomissione dell'impianto!

  DANIELE FORTINI, presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa. Quello che c'era in quel momento lo accerteranno poi le forze dell'ordine e la magistratura, chiaramente. Quello che avevo da dire l'ho detto alle autorità competenti. Osservo che, in un sistema così fragile, precario e astruso come quello che dobbiamo gestire, c'è in qualunque momento la possibilità – abbiamo visto prima il caso di coloro che manovravano i rifiuti nelle vasche dei nostri TMB – che qualcuno possa inserirsi per favorire comportamenti di un tipo o dell'altro. Quando ho avuto cognizione e notizia di ciò, l'ho sempre rappresentato all'autorità giudiziaria.

  PAOLA NUGNES. Quindi si è concretizzato, rispetto al luglio 2015, il rischio che lei paventava?

  DANIELE FORTINI, presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa. Abbiamo verificato che nel 2015 c'era una grave crisi, dopodiché abbiamo spiegato quelle che, secondo noi, sono le ragioni tecniche per cui ciò si è determinato. Se c'è stato dolo, non compete a me avvertirlo.
  Posso anche pensare che, quando l'impianto del Salario è bruciato, l'anno scorso, non sia stato un incidente, ma non compete a me stabilire se sia stato un incidente: saranno i Vigili del fuoco e le autorità italiane investigatrici a capirlo.
  Lei mi parla di licenziamenti. Abbiamo licenziato 41 nostri dipendenti che erano stati assunti nel 2008 con un'assunzione a chiamata diretta, che l'autorità giudiziaria, in procedimento penale, in sede di tribunale, ha sanzionato, punendo coloro che si erano resi attori di questo reato. Le 41 persone non erano indagate. Le 41 persone erano state chiamate a firmare un contratto di lavoro in un'azienda pubblica: non erano indagate, non sono state inquisite, non sono state punite.
  Il licenziamento di queste persone, quindi, non poteva essere un procedimento di tipo discriminatorio, ma doveva essere un procedimento rispetto al quale una serie di elementi, dal rapporto fiduciario a quelli che attengono alla modalità di costruzione del contratto di lavoro, ovvero del rapporto di lavoro, dovevano essere osservati.
  Quando ci siamo persuasi, nel consiglio di amministrazione e nella struttura aziendale, che vi erano le condizioni di poter avere successo per ristabilire un equo e giusto atteggiamento da parte dell'azienda nei confronti di tutti i propri dipendenti, visto tutto quello che si era determinato con quelle 41 assunzioni, abbiamo affidato incarichi ai nostri uffici per poter procedere, avvalendosi di soggetti esperti, a questi licenziamenti.
  Queste persone sono state licenziate nel dicembre del 2015. Talune di loro – mi pare sei o sette posizioni – hanno fatto istanza, giustamente, al giudice del lavoro; vi è stato il dibattimento e la richiesta di reintegro in AMA è stata respinta in tutti i casi. Ciò vuol dire che l'azienda ha allestito, rispetto alle giuste pretese di questi lavoratori di poter riavere il loro posto di lavoro, una difesa efficace, che ha retto di fronte al giudizio del tribunale.
  Personalmente, se c'è un carico di multimateriale, dei 2.400 carichi di rifiuti che facciamo ogni giorno e dei 183 TIR che entrano ed escono, che è partito con un peso inferiore a quello che poi è risultato all'arrivo, non lo vengo a sapere. O meglio, c'è una filiera del controllo rispetto a questi atti che, chiaramente, arriva a intervenire molto prima di me. Dopodiché, so che anche quando questi casi si presentato – e si sono presentati di fronte alla mia esperienza, purtroppo, come in Campania o come in Toscana, perché può accadere che i malfattori si trovino in più regioni del nostro Paese – si denunciano alla procura della Repubblica. Questa è la cosa più semplice: si va dai carabinieri e si denunciano!

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  PAOLA NUGNES. Con riguardo alla domanda precedente, relativa alle prescrizioni per i TMB, ha dato corso a tali prescrizioni?

  DANIELE FORTINI, presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa. Che vuol dire «prescrizioni per i TMB»?

  PAOLA NUGNES. Significa che ci sono delle relazioni e delle ordinanze in cui vengono elencati dei lavori di manutenzione da fare agli impianti, perché sono necessari al buon funzionamento.

  DANIELE FORTINI, presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa. Sulla manutenzione degli impianti lascerò alla Commissione tutta la documentazione che testimonia come, di fronte a tutte le segnalazioni fatte dalla dottoressa Muraro, l'azienda abbia risposto predisponendo le misure che andavano intraprese. Sono addolorato di una cosa, però, senatrice. Quando si costruisce un impianto TMB, ovvero quando lo si gestisce, ovvero quando si ha la responsabilità dei controlli, una cosa è obbligatoria: bisogna avere il manuale delle manutenzioni.
  Il manuale delle manutenzioni lo fanno i responsabili dei controlli, della gestione e dei monitoraggi. Il manuale delle manutenzioni, quando sono arrivato io, non c'era: lo stiamo adottando in questi giorni! Dopodiché, gli impianti devono funzionare secondo le istruzioni che possono arrivare dal responsabile dell'AIA, dal responsabile IPPC, dal dirigente impianti e dal capo impianto.
  Chi è preposto alla funzione di provvedere alla correzione dei malfunzionamenti, deve intervenire. Per questo motivo, è ovvio che quello che abbiamo fatto rispetto ai suggerimenti, alle istanze, alle richieste e alle pressioni che sono venuti, anche dalla dottoressa Muraro, sia tutto documentato. Non le sto a spiegare i casi uno per uno, ma è tutto qui.
  Per quanto, infine, riguarda l'incarico firmato dalla dottoressa Muraro a marzo, come lei osserva, lei sostiene che l'ho invitata a firmare l'incarico fino al 30 giugno: l'ho fatto per tutela della dottoressa Muraro. La dottoressa Muraro, nel mese di gennaio e febbraio, aveva partecipato a campionamenti da parte delle autorità di controllo – quelle con la divisa – e aveva partecipato al contraddittorio per discutere il percorso post-campionamento. Domanda: poiché il contratto della dottoressa Muraro era scaduto al 31 dicembre, a che titolo la dottoressa Muraro avrebbe potuto intervenire?

  PAOLA NUGNES. Era stata nominata CTP, se non erro.

  DANIELE FORTINI, presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa. No!

  PAOLA NUGNES. Non era stata nominata CTP? Quindi, lei voleva sanare una situazione pregressa?

  DANIELE FORTINI, presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa. No, non è mai stata nominata CTP.

  PAOLA NUGNES. Facendo quella lettera, però, lei attesta che nel marzo 2016 aveva ancora fiducia nelle capacità della dottoressa, mentre adesso ci attesta che ha delle forti perplessità, che risalgono al 2008-2010.

  DANIELE FORTINI, presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa. Onorevole senatrice, nel marzo del 2016 non attesto niente: è Paola Muraro che firma un contratto dal 1° gennaio al 30 giugno! È un contratto che mette in condizione l'azienda di essere certa che ci fosse il responsabile IPPC, nel momento in cui sono venute le autorità di controllo a controllare, e che mette in sicurezza...

  PAOLA NUGNES. La dottoressa firma per accettazione una sua richiesta?

  DANIELE FORTINI, presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa. Esatto.

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  PAOLA NUGNES. Quindi, la richiesta viene da lei?

  DANIELE FORTINI, presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa. Assolutamente.

  PAOLA NUGNES. Se io faccio richiesta di una consulenza, vuol dire che attesto una fiducia.

  DANIELE FORTINI, presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa. No, senatrice!

  PAOLA NUGNES. Questo, allora, me lo deve far capire lei, che fa una richiesta.

  DANIELE FORTINI, presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa. Le spiego. Le convenzioni vengono proposte dal datore di lavoro. Non è la dottoressa Muraro che dice: «vengo, ti do la convenzione, tu mi paghi, io la firmo e tu l'accetti». No: è il contrario. È il datore di lavoro che propone la convenzione e indica le condizioni attraverso le quali si svolgerà. Il consulente firma per accettazione. Con i consulenti si fa così e così è andata.
  Detto questo, le ripeto, quella consulenza affidata per gli ulteriori sei mesi è una consulenza che ha messo in protezione l'azienda e la dottoressa Muraro, altrimenti non avrebbe avuto titolo per sedersi al tavolo con chicchessia per fare il contraddittorio sugli impianti: in nome e per conto di chi, se non per conto di AMA?
  Passando all'ultima domanda, mi chiede perché da un atteggiamento collaborativo e di considerazione positiva sia passato a un atteggiamento, invece, più dubitativo della lealtà.

  PAOLA NUGNES. Ha attestato anche la lode per il risultato sul lodo con Cerroni di 900 milioni: è un'attestazione di fiducia!

  DANIELE FORTINI, presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa. La ringrazio per questa osservazione. Lei può chiamare tutti coloro che hanno avuto causa nella vicenda del lodo da 900 milioni, dall'ex sindaco, Ignazio Marino, che è venuto con me dal procuratore Pignatone a denunciare l'evento, all'avvocato Rodolfo Murra, capo dell'avvocatura capitolina, alla dottoressa Carolina Cirillo, ingegnere, capo dei servizi informatici del comune, passando per tutte le figure apicali della mia azienda, compresi i collegi sindacali, il dottor Pennacchi, il dottor Lonardo e, via via, gli avvocati che ci hanno accompagnato.

  PAOLA NUGNES. Non li ha ringraziati tutti: ne ha ringraziati solo tre, compresa la Muraro, chiaramente.

  DANIELE FORTINI, presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa. Tutti le diranno una cosa. Tutti potranno dire che la regia di tutta quell'operazione – tutti glielo potranno dire, scriva a loro, per cortesia – l'ha avuta l'amministratore delegato Daniele Fortini. Poi, in aula è andato l'avvocato Gianluigi Pellegrino, talvolta accompagnato dall'avvocato Mazzone, talvolta dall'avvocato Mazzoncini, talaltra dall'avvocato Lipani. Tra coloro che hanno contribuito a realizzare quel risultato c'era anche, con la sua esperienza tecnica, la dottoressa Muraro. Dire che la dottoressa Muraro ha vinto un lodo da 900 milioni di euro mi pare esagerato: mi pare un po’ esagerato.

  PAOLA NUGNES. Mi risulta anche che abbia utilizzato un accesso agli atti proprio del Movimento 5 Stelle rispetto a questo.

  DANIELE FORTINI, presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa. Chi?

  PAOLA NUGNES. Lei!

  DANIELE FORTINI, presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa. Io? Accesso agli atti? Non so di che cosa sta parlando, senatrice. Comunque sia – concludo, però, su questo punto perché è molto delicato – lei non può dimenticare una cosa, senatrice, che le ripeto: mi creda, di fronte alla dottoressa Muraro io ho sempre avuto un atteggiamento leale e collaborativo. Se le cose cambiano dal punto Pag. 41di vista degli umori, non cambiano perché Fortini cambia idea, cambiano perché gli atteggiamenti che vengono assunti dalla dottoressa Muraro nel momento in cui diventa assessore diventano un'altra cosa!
  Riconosco questo, senatore Augello, sul piano delle sensibilità emozionali. Sul piano delle fattualità, che invece qui ho rappresentato, sono venuto a conoscenza di questi eventi, come mi chiede la senatrice Nugnes, adesso (mi perdoni, ma alcuni sono di adesso e alcuni sono magari anche di un mese fa, eppure non era ancora accaduto il blitz su altre cose).

  FILIBERTO ZARATTI. Con riguardo al tritovagliatore, a quanto mi risulta, l'Unione europea non riconosce la lavorazione che viene fatta dei rifiuti nel tritovagliatore come rifiuto trattato, cioè la parte finale. D'altro canto, anche lei, nella sua premessa, a un certo punto in qualche modo accennava a ciò. Mi domando: il fatto che AMA abbia sborsato circa 50 milioni per il trattamento e per l'utilizzo del tritovagliatore della Colari di Rocca Cencia, non si configura come un uso improprio del danaro pubblico? Quello non è rifiuto trattato: perché spendere una somma così importante per un rifiuto che poi, in realtà, l'Unione europea non riconosce come trattato?
  Passo alla seconda domanda. Ha già risposto in parte ma c'è qualche elemento che mi sfugge e riguarda la consulenza con la Bioman da parte della Muraro. La Muraro aveva tutta una serie di consulenze, molte delle quali con aziende che avevano rapporti di lavoro o di appalto con AMA: di tutte queste consulenze l'azienda non si è mai preoccupata di verificare un'eventuale incompatibilità?
  Ho letto sui giornali – probabilmente la notizia sarà priva di fondamento – che sembrerebbe, durante il periodo nel quale l'ingegner Filippi era direttore generale di AMA, che ci siano state sull'azienda notevoli pressioni affinché l'ingegner Filippi potesse ritornare quanto prima in ACEA. Volevo sapere se questa notizia corrisponde a verità e se, eventualmente, ci sono stati esponenti politici che effettivamente hanno esercitato queste pressioni.
  Infine, in merito alla raccolta differenziata, è del tutto evidente che l'unico sistema per uscire fuori dall'emergenza sia l'aumento della raccolta differenziata stessa, che invece – ahimè – è rimasto al palo negli ultimi due anni (lo citava anche la collega precedentemente). Dico questo perché è del tutto evidente che la riduzione del rifiuto indifferenziato è ciò che può determinare una maggiore criticità, soprattutto nei mesi estivi, così come lei diceva, perché la crisi avviene appunto sulla massa dell'indifferenziato (lei l'ha spiegato, peraltro, anche molto bene).
  Perché non si è fatto uno sforzo per incrementare maggiormente le quantità di raccolta differenziata, pur sapendo che la parte di umido rappresenta comunque un problema, così come lei ci raccontava?

  DANIELE FORTINI, presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa. Spero di ricordare tutte le domande. Il tritovagliatore consente, per la legislazione italiana, di avviare al trattamento, in questa macchina brutale e primitiva, i rifiuti indifferenziati (CER 200301) e di estrarne due flussi, un sopravaglio più asciutto e un sottovaglio più umido. È frazione umida tritovagliata quella che sta sotto e frazione secca tritovagliata quella che sta sopra. Il codice in uscita per entrambi questi materiali è 191212, cioè rifiuto speciale che può viaggiare senza limitazioni nel territorio nazionale per andare a recupero di energia, ovvero a recupero di materia. È vero quello che lei afferma – ci mancherebbe altro – ossia che l'Unione europea non contempla quegli impianti tra gli impianti di trattamento attraverso i quali si modifica la natura del rifiuto, ma è anche vero che la legislazione italiana li ammette e li considera impianti di trattamento dei rifiuti. Pertanto, il fatto che AMA li abbia usati sulla base di un accordo – non di un contratto, ma di un accordo, ovvero di una stretta di mano – fino a quando a febbraio è stato utilizzato, fin dal 2013, a mio giudizio non può far ravvedere un comportamento scorretto dell'azienda, ma direi, su questo versante, neanche di Colari. È una macchina: entrano rifiuti 200301 ed escono Pag. 42191212. Non mi pare che in ciò ci siano colpe da rilevare.
  Per quanto riguarda la raccolta differenziata al palo, mi permetta un'obiezione. C'è chi sostiene che la raccolta differenziata a Roma faccia schifo e non funzioni. Spero e penso che i miei successori faranno tutte le analisi del caso. Si vedrà che la raccolta differenziata, per esempio, di carta e cartone ha un indice di impurità intorno al 9 per cento. Si potrà vedere che altri rifiuti, i rifiuti urbani biodegradabili provenienti dal porta a porta, hanno una qualità che è intorno all'85 per cento e che magari quelli stradali, anche a seconda dei periodi dell'anno, possono avere delle impurità minori o maggiori.
  Quello che possiamo affermare, però, è che la raccolta differenziata, misurata nell'anno 2004, 2010 e 2016 con gli stessi identici parametri che ora spero possano essere aggiornati con l'ultima determinazione del Ministero dell'ambiente (che ha finalmente elaborato nuovi parametri per il calcolo della raccolta differenziata, in modo tale che in tutta Italia si usino gli stessi riferimenti), adesso è al 42 per cento. Quando sono arrivato era al 31 per cento: non è moltissimo, ma un po’ siamo cresciuti.
  Certo, c'è delusione nel non essere arrivati al 50 per cento e al 60 per cento, che sarebbe il desiderio di tutti ottenere, ma bisogna tenere conto di una cosa: la città di Torino è andata indietro rispetto alle percentuali degli anni passati e la città di Berlino ha perso tre punti percentuali. Il punto è che il fattore dimensionale delle grandi aree metropolitane, raggiunta una determinata soglia di raccolta differenziata, è questo. Il salto in avanti, quel gradino in più, si fa con grande difficoltà: Milano è al 51 per cento ed è una città leader; Torino – ripeto – è arretrata ed è scesa al 42 (forse adesso è anche al 41 per cento). Tra le altre città virtuose, se vogliamo vedere Berlino – l'anno scorso erano nostri ospiti qui a Roma per un confronto tra le città europee – proprio Berlino era al 43 per cento l'anno scorso e, quest'anno, è al 39 per cento, proprio perché ci sono questi elementi che inducono a considerare l'economicità delle scelte, la tenuta di sistema, la partecipazione dei cittadini e la sostenibilità complessiva di questo tipo di servizio.
  Si crescerà a Roma? Io penso di sì. Servono investimenti, servono impianti di sostegno, perché è comprensibile per tutti che ogni tonnellata di rifiuto urbano organico che raccogliamo è un costo in più di raccolta, un costo di trasporto e un costo di smaltimento. Ogni tonnellata si traduce in costi: o si hanno gli impianti che fanno diventare il costo della raccolta minimizzato e il costo del trasporto assente, nel qual caso si può riuscire a creare un equilibrio economico, altrimenti il costo, più costo, più costo fa sì che Roma sia una città in cui si paga una tariffa rifiuti piuttosto elevata.

  FILIBERTO ZARATTI. Una domanda era se ci siano state pressioni e da parte di chi per quanto riguarda il direttore ingegner Filippi. Un'altra era se eravate al corrente delle numerose consulenze della dottoressa Muraro e se non vi siate mai domandati se queste consulenze potevano rappresentare un'incompatibilità rispetto all'incarico che lei aveva in AMA.

  DANIELE FORTINI, presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa. Di questa seconda questione devo dire, onorevole, che non me ne sono curato. Non ho verificato, della dottoressa Muraro come degli altri consulenti, quale fosse il livello delle relazioni con altri soggetti. Per quanto riguarda, invece, l'ingegner Filippi, posso dire che sono stato impegnato dal mese di novembre del 2015, quando era scaduto il primo anno di disponibilità al distacco da parte di ACEA dell'ingegner Filippi in AMA, fino al febbraio per convincere tutti coloro che avrebbero potuto istituzionalmente muovere un passo per trattenere Filippi in AMA ancora almeno per sei mesi, fino allo svolgimento delle elezioni e magari anche oltre, cercando di esercitare un'argomentazione che per me era valida: cioè la bravura, la capacità e l'onestà dell'ingegner Filippi nel suo lavoro.
  Mi è stato spiegato dal subcommissario per l'ambiente del commissariamento di Pag. 43Sua eccellenza Tronca che le pressioni politiche ostili alla permanenza di Filippi in AMA erano molto forti – questo mi è stato detto dal Generale Camillo de Milato – e tali da rendere assolutamente vana la mia insistenza nel cercare di trattenerlo.

  FILIBERTO ZARATTI. Non è stato mai specificato chi avesse esercitato queste pressioni, suppongo.

  DANIELE FORTINI, presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa. Posso non rispondere?

  PRESIDENTE. Possiamo secretare la risposta, eventualmente. Se la secretiamo, propongo di tenerla per la fine del giro di domande. Le questioni segrete, infatti, le teniamo alla fine altrimenti si interrompe la diretta web. Se siamo tutti d'accordo, quindi, ricordiamoci di questa domanda alla fine.

  PAOLO ARRIGONI. Ho un po’ di domande, anche se mi limito rispetto a tutte quelle che avrei voluto farle, vista l'ora. Lei è presidente e amministratore delegato dimissionario: è in solitaria? Gli altri componenti del consiglio d'amministrazione che cosa fanno? Passo alla seconda domanda. La ringraziamo per averci svelato un po’ i contenuti di quello che la stampa ha definito il «patto segreto», che è arrivato a determinazione il 30 giugno ma per il quale lei ha detto di avere avuto delle riunioni preliminari. Lei, quindi, mi conferma che la riunione del 30 giugno non si è tenuta in Campidoglio, né nella sede dell'AMA e che, a parte i soggetti rappresentanti di AMA e i rappresentanti della Colari, le altre persone non avevano alcun ruolo istituzionale del comune di Roma? Allora, infatti, la dottoressa Muraro non era ancora assessore, l'onorevole Vignaroli lo conosciamo, e poi c'era l'architetto Giujusa. Quindi, non c'era alcuna persona che in quel momento avesse un ruolo istituzionale di Roma.
  Volevo sapere, presidente Fortini, visto che durante la diretta streaming ha avuto in qualche modo una pressione, un caldo invito a utilizzare il tritovagliatore di Rocca Cencia, se in altre occasioni ha avuto pressioni in tal senso per utilizzare questo impianto, che lei ha definito «costruito con imbroglio e raggiro».
  Quanto alla domanda successiva, oggi lei ha rilasciato un'intervista in cui ha detto della Muraro: «....è curioso che una persona, un pubblico ufficiale incaricato di pubblico servizio, che ha un ruolo importante di controllo, si accorge che c'è una truffa e tace». A chi si riferiva? A che truffa si riferiva, a quella del 2010 dell'assunzione del quarto capo impianto o ad altro?
  Un'ulteriore domanda: l'AMA è stata mai diffidata dall'assessore Muraro nei dodici anni di consulenza e, se sì, in quale circostanza? Infine, l'ultima domanda è un po’ più complessa e riguarda la gestione del ciclo dei rifiuti nella Capitale. Voglio qui ricordare il patto di Roma del 2012, che aveva delle previsioni di raggiungimento della raccolta differenziata del 50 per cento nel 2014, del 60 per cento nel 2015 e del 65 per cento entro fine 2016, clamorosamente fallito. Lo scorso anno, il 22 luglio, lei aveva parlato, dopo un anno e mezzo di suo insediamento, di un passaggio dal 31 al 43 per cento e di un obiettivo del 50 per cento alla fine 2015, con un aumento nel 2016.
  Ieri – e stasera l'ha confermato – ha parlato di una percentuale di raccolta differenziata del 42 per cento, quindi siamo diminuiti rispetto allo scorso anno. A mio avviso questo è un fallimento del piano industriale, inefficace e inesistente, nonché, ovviamente, della sinergia tra comune di Roma e AMA.
  Le pongo questa domanda in merito a ciò visto che lei stesso ha parlato di un sistema impiantistico fragile, precario e rigido, che non ha impianti di smaltimento. Il piano industriale dell'accoppiata comune di Roma-AMA è solo un ecodistretto a Rocca Cencia, che rappresenta un impianto di smaltimento rifiuti di 50.000 tonnellate annue, che affianca quello di Maccarese, che funziona e non funziona, da 30.000, laddove la produzione di rifiuto organico nella città di Roma è di 5-600.000 tonnellate all'anno: l'ha dichiarato anche l'ex sindaco Pag. 44 Marino. Non le sembra, di fronte a questa emergenza, che il comune di Roma e AMA abbiano fatto poco rispetto alle necessità che c'erano?
  Questo impianto di Rocca Cencia – poi finisco, presidente – il cui bando di gara è stato fatto oltre un anno fa, mi vuole spiegare i motivi per il quale è ancora fermo? C'è qualcuno che si oppone a questo impianto?

  PAOLA NUGNES. Volevo sapere, rispetto alla gara che è stata indetta prima di avere l'AIA, se avremo delle ripercussioni future. Le gare erano già state espletate tutte l'anno scorso. Volevo sapere se il fatto che l'impianto non sia partito possa creare dei problemi.

  DANIELE FORTINI, presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa. Il consiglio di amministrazione di AMA si è dimesso tutto in data 22 giugno. Questa sera ho protocollato la lettera con la quale l'onorevole sindaco, Virginia Raggi, ha comunicato all'azienda la presa d'atto delle dimissioni. Per tale motivo nell'assemblea dei soci di giovedì prossimo immagino che il primo punto all'ordine del giorno riguarderà le modifiche statutarie per introdurre la figura dell'amministratore unico; il punto n. 2 sarà la presa d'atto delle dimissioni, che a questo punto il sindaco ha già dato disposizioni di accogliere; il punto n. 3 sarà la nomina dei nuovi organi amministrativi.

  PAOLO ARRIGONI. Sta dicendo che c'è già un'idea dell'amministrazione comunale e del sindaco di fare un amministratore unico di AMA?

  DANIELE FORTINI, presidente del Consiglio di amministrazione di AMA Spa. No, sto dicendo che c'è un'indicazione di Roma Capitale di inserire negli statuti di tutte le società controllate di Roma Capitale la figura dell'amministratore unico. Questa figura viene introdotta per una ordinanza, anzi una determina del commissario Tronca, assunta con i poteri dell'assemblea capitolina. Noi registriamo questa raccomandazione, anzi questa richiesta dell'amministrazione capitolina. Al primo punto si discuterà dell'amministratore unico, poi il comune prenderà atto delle dimissioni del CdA e l'amministrazione potrà procedere.
  Pressioni da parte di soggetti diversi da quelli di Colari per l'uso del tritovagliatore di Rocca Cencia non ce ne sono state: sono proprio quelli di Colari che vogliono che usiamo il loro impianto! Quando, questa mattina, ho riferito la dichiarazione che lei adesso citava con riferimento alla truffa, mi riferivo all'articolo apparso su un giornale, in cui la dottoressa Muraro dice di essersi accorta di una truffa e di averlo detto al superiore, o comunque al responsabile dell'azienda AMA. Ho risposto che, quando ci sono avvertenze o quando uno si accorge di un reato, non lo dice all'impiegato della scrivania accanto, ma magari va dai carabinieri.
  Per quanto riguarda le diffide della Muraro, la risposta è sì, ci sono diffide della Muraro. Mi pare che la più importante che abbiamo ricevuto sia quella che riguarda il riconoscimento del valore di un brevetto che la dottoressa Muraro ha collaborato a realizzare con AMA e per il quale la dottoressa Muraro richiede la corresponsione di un emolumento. Infine, con riguardo alle raccolte differenziate fallite, a giudicare da quello che sta accadendo in tutta Europa in questa dimensione di popolazione, di articolazione territoriale e di dimensione delle città, dobbiamo registrare che c'è un po’ uno stallo in tutta Europa.
  Non si riesce ad andare oltre a quello che si è rilevato. A Roma abbiamo difficoltà anche a tenere quel 42 per cento perché è evidente che per fare una raccolta differenziata che abbia qualità, regolarità e potenza in termini dimensionali e anche economici, c'è bisogno di una formidabile partecipazione dei cittadini, di una consapevole partecipazione dei cittadini. Quando la città entra in difficoltà perché i rifiuti indifferenziati non si tolgono dalle strade e ci sono i cassonetti ricolmi, ovvero alla base dei cassetti e delle campane ci sono i sacchetti, fare la raccolta differenziata è più difficile: è una forma di disincentivazione. Pag. 45
  Per questo motivo le raccolte differenziate crescono, così come accade in tutto il mondo, quanto più il sistema di gestione del ciclo integrato dei rifiuti è efficace e funziona. Quando si hanno impianti nelle nostre condizioni, anche la raccolta differenziata va in sofferenza. In fondo, quando lei osserva che abbiamo fatto poco, dico anche che quello che può fare AMA è progettare soluzioni tecniche conformi agli indirizzi dell'amministrazione e nei siti di sua proprietà. Quello che abbiamo fatto, onorevole, è questo documento che lasciamo, che è il masterplan degli ecodistretti. È la proposta progettuale che riguarda la collocazione di tutti i rifiuti di Roma.
  Poi, il progetto esecutivo si è fatto intanto per l'impianto di compostaggio di Rocca Cencia. Questo è stato presentato in regione sia per la valutazione d'impatto ambientale, sia per l'autorizzazione dell'AIA ma, nel contempo, abbiamo fatto la gara per poter individuare il soggetto che potrebbe costruirlo: quindi, pronti a costruirlo appena arriva l'autorizzazione. Ovviamente, la gara è con tutte le tutele per la nostra società e se mai l'impianto non si facesse, perché mai arriva l'autorizzazione, è chiaro che colui che ha partecipato alla gara e l'ha vinta non avrebbe nulla da pretendere: il bando è molto chiaro. Nel caso in cui l'impianto non si dovesse fare, chi ha partecipato, ha speso un po’ di soldi per partecipare ma non ha diritto a nessun ristoro della sua partecipazione.
  Quando parliamo di Rocca Cencia, di impianti di compostaggio, se leggo bene i giornali, mi pare di capire che il tipo di orientamento che potrebbe esserci oggi nell'amministrazione comunale non è quello di realizzare lì un impianto di compostaggio; allora, vede bene che l'azienda non può progettare per conto proprio, perché deve spendere denaro pubblico per progettare, deve spendere denaro pubblico per fare le gare ed è giusto che si faccia ciò soltanto dove l'amministrazione decide che quegli impianti si devono fare. È giusto, quindi, spendere i soldi per progetti e bandi.

  PAOLO ARRIGONI. Scusi, presidente, lei ha preso le difese di AMA. Io ho parlato prima di accoppiata in questi anni tra amministrazione comunale e AMA in ordine alla programmazione e realizzazione di un piano industriale.

  DANIELE FORTINI, presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa. Io parlo, però, per AMA.

  LUIS ALBERTO ORELLANA. Cercherò di essere breve e preciso. Sinceramente, ritorno sul discorso della consulenza della dottoressa Muraro con Bioman: io non ho capito se è stata contemporanea o meno al momento in cui è stata data la gara e l'affidamento di questo trasferimento di rifiuti in Friuli. Inoltre, ho qui la sua intervista di ieri a un giornale in cui lei, a un certo punto, dice che i suoi «...dirigenti hanno fatto un quadro sulle sue responsabilità soggettive abbastanza inquietante» – sto leggendo testualmente, in cui il termine «sue» è riferito alla dottoressa Muraro. Il giornalista chiede perché sia inquietante: «non dico di più, c'è il segreto istruttorio». Allora, mi domando: è quello che ci ha detto stasera o c'è qualcosa ancora in più? Oramai il quadro che ci sta dipingendo è talmente terribile, dal mio punto di vista, che potrebbe esserci qualche altra cosa, però me lo dirà lei.
  Tornando al tema dell'attività della dottoressa Muraro, che sta diventando effettivamente quello che poi sta «monopolizzando» la serata, lei a un certo punto le ha offerto il posto dirigenziale, ma più che altro lei le ha offerto la partecipazione a un concorso interno. Immagino che la dottoressa l'abbia interpretato sì come un concorso pubblico, ma anche, praticamente, come la perdita di questa consulenza ad aeternum, vedendo quindi in diminuzione il suo ruolo. Questa è una mia considerazione, mentre a lei chiedo chi è stato assunto al posto della Muraro. Evidentemente, facendo un'altra attività, non credo che possa fare ancora l'assessore e anche la consulente. Inoltre, lei ha detto che a un certo punto, se ho capito bene, a febbraio, ha inviato della documentazione al collega, l'onorevole Vignaroli, a cui forse doveva seguire un'interrogazione, ma poi non è Pag. 46successo niente: mi conferma se ho capito bene? Poi quest'interrogazione non si è fatta, però mi domando se di questo tema, a parte se fare o meno un'interrogazione – sicuramente una decisione dell'onorevole – abbiate riparlato. Io non ho capito di quale tema si trattasse, quindi vorrei capire intanto se questa documentazione è disponibile, anche se non so se e quanto interessante sia, e se c'era stato un seguito di questa prima conoscenza.
  Poi lei ha parlato, a un certo punto, del fatto che mandava questi report periodici, giornalieri o settimanali, alcuni con i dati sugli uffici. Ha parlato di 31 milioni e via dicendo, con un possibile danno all'azienda, ma io non ho capito se il danno si sia poi concretizzato o meno, se cioè la reazione delle banche sia stata veramente così difficile da gestire. Immagino che esista della documentazione di entrata e uscita dei rifiuti in cui, alla fine, la Muraro dà il via libera e decide di che tipo di rifiuto si tratta. Lei ci ha spiegato che se il CER è 190503, non paga l'ecotassa, se invece è 190501 paga l'ecotassa, quindi tutto ciò ha un ruolo particolarmente importante, tanto che è una responsabilità dirigenziale. Lei si è trovata a entrare nel 2014 in un'azienda in cui c'era una persona con un ruolo dirigenziale, però era consulenziale, ma vedo, a leggere i dati presi dal sito di AMA, che dal 2013 al 2015 i compensi di consulenza della dottoressa Muraro tendono a crescere e, da 107.000 euro, si arriva a 280.000 euro. Mi domando come mai succeda questo.
  C'era una situazione strana, secondo il mio punto di vista, molto strana, di una persona con un ruolo dirigenziale de facto, che però poi fa il consulente. Non capisco, sinceramente, chi firmava le carte, perché non credo che un consulente abbia titolo di firmare dentro un'azienda. Vorrei capire un po’ meglio questo ruolo che lei definisce dirigenziale, ovvero, alla stampa, quasi dirigenziale, ma che poi, nei fatti, è gestito con un contratto da consulente.

  DANIELE FORTINI, presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa. Per quanto io possa ricordare, senatore, la consulenza che la dottoressa Muraro dichiara di aver prestato alla Bioman – e lo dichiara nel suo curriculum – è del 2011-2012, mentre le gare di AMA sono del 2013, 2015 e 2016.
  Che vi fosse sovrapposizione tra la consulenza per AMA e la consulenza per Bioman è però vero, perché nel 2011 e nel 2012 la dottoressa Muraro era in sovrapposizione.

  PRESIDENTE. Mi scusi, ma essendo una consulente, mi chiedo: aveva un'esclusiva per l'azienda o poteva svolgere altre consulenze?

  DANIELE FORTINI, presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa. No, non c'era esclusiva.

  PRESIDENTE. Non c'era esclusiva.

  DANIELE FORTINI, presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa. No, non c'era esclusiva.

  PAOLA NUGNES. Una sovrapposizione....

  PRESIDENTE. Non facciamo considerazioni: sta rispondendo. Ho fatto io una precisazione, adesso, lasciamo rispondere il presidente.

  PAOLA NUGNES. Mi ha guardato: c'era un interrogativo nel suo sguardo. Sono stata soltanto cortese con lui!

  DANIELE FORTINI, presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa. Lo ripeto: non c'era esclusiva. Per quanto riguarda la corrispondenza con l'onorevole Vignaroli, che risale al febbraio del 2015, attiene a una mia richiesta di valutazione da parte dell'onorevole se egli possa presentare un'interrogazione parlamentare avente per oggetto l'arbitrato Colari da 900 milioni di euro. Quanto allo swap delle banche, ho scritto questa mattina alle banche, su indicazione dell'amministrazione comunale, dell'assessore Minenna, rappresentando la necessità di un reprofiling del contratto di finanziamento. Pag. 47
  L'intenzione di AMA, come ovviamente indirizzata dall'amministrazione, è di rinegoziare con le banche quello swap per portarlo a zero e quindi avere una liberazione rispetto a costi futuri degli interessi. Ovviamente, su queste cose, poi partirà una negoziazione. I miei successori la sapranno gestire nel migliore dei modi.
  Per quanto riguarda le consulenze della Muraro, nel 2015 si è andata sommando una consulenza, cioè quella che storicamente la dottoressa Muraro ha avuto, anche se a valori crescenti, con una liquidazione di compensi per 165.000 euro, riferiti all'esercizio della consulenza tecnica di parte che lei ha effettivamente svolto nel contenzioso sull'arbitrato Colari.

  RENATA POLVERINI. Io ho soltanto poche questioni, perché alcune sono state già assorbite dalle domande dei colleghi. Vorrei porre la prima rispetto alla sua ampia illustrazione, che denota anche una grande capacità, competenza e professionalità di come dovrebbe essere disegnato il sistema dei rifiuti in questa regione. Vorrei chiederle se, in base alla sua esperienza, ha un'idea del costo eventuale di un sistema integrato di rifiuti, cioè con gli ecodistretti e i relativi impianti, così come lei ci ha rappresentato. Le chiedo questo perché, sempre lei, ci ha detto che, giustamente, l'azienda AMA spende denaro pubblico e quindi deve essere anche attenta all'utilizzo che fa di questo denaro, lo stesso valendo per gli amministratori (in questa sala ce n'è più di uno che, in vari ruoli, ha governato questa regione o questa città).
  Lei citava, per esempio, la mia ordinanza sugli impianti di trattamento meccanico biologico, che erano – credo di ricordare bene – due linee AMA e due di Colari, che io emettevo per più questioni. Una era sicuramente quella di dare una risposta all'Unione europea, insieme al piano dei rifiuti che mi apprestavo poi a portare all'esame del consiglio regionale, combinato disposto che poi, in qualche modo, bloccò, almeno in quella fase, la procedura di infrazione. Dovevamo, infatti, fare i conti anche con quello: al di là delle grandi idee che tutti avevamo, poi bisognava fare i conti con la realtà.
  La seconda questione per la quale io emisi l'ordinanza era che la giunta precedente alla mia aveva investito in quell'impianto con fondi comunitari (mi pare di ricordare, qualcosa come 20 milioni). Significava che se io, da amministratore, non avessi posto le condizioni perché quegli impianti fossero andati a regime, avrei comunque fatto un danno alle casse dell'istituzione che avevo l'onore di presiedere. Le dico, quindi, che al di là di avere delle grandi idee, che abbiamo tutti, poi bisogna fare i conti con la dura realtà. La dura realtà in questa regione la conosciamo tutti bene; poi qualcuno fa finta di ricordarsi magari poco le cose, ma qui c'è un sistema che ha convissuto per tanti anni – lei se ne sarà accorto in questi due anni – con un signore per il quale anch'io feci diverse visite in procura, l'ultima con il presidente Pignatone, quando ero già dimissionaria, andando comunque a dire quello che pensavo della Colari e dell'avvocato Cerroni: dicevo che dovevamo convivere con questo sistema, che comunque era stato di fatto appaltato, in un regime di monopolio, a questo signore, che dovevamo condividere con le buche che lui comprava. Lui aveva comprato, infatti, tutte le buche in questa regione, perché doveva interrare i rifiuti, e quindi è chiaro che gli impianti non avevano motivo di esistere: lui e il sistema avevano bisogno comunque di questi rifiuti. Ci dobbiamo dire un po’ le cose con serenità, ma dicendo anche la verità.
  Voglio farle poi una domanda. Ho piacere che abbia apprezzato molto l'impegno della regione e anche per quello che sta facendo in questo momento. Vorrei capire, se lei ne è a conoscenza, se ha una data anche recente, quando la regione Lazio ha chiesto a Roma Capitale l'individuazione della discarica di servizio.
  Concludo dicendo che della Muraro mi verrebbe da dire: «questa sconosciuta», ma in realtà nel sistema era molto conosciuta e anche molto apprezzata. Rimango, quindi, anche un po’ perplessa per il fatto che stia venendo alla luce tutto questo, soprattutto in così pochi giorni, anche nel rapporto con voi, che in azienda ci avete lavorato. Ora, è vero che magari non aveva Pag. 48l'esclusiva e tutto quello che volete, ma in relazione a una consulente che paghi più di 100.000 euro all'anno, quanto meno guardi intorno a quello che fa, ai rapporti che ha, nel momento in cui ha rapporti con altre regioni, con altre società private e via dicendo. Un po’ mi suona male – le dico la verità – il fatto che, all'improvviso, viene fuori tutto questo, guarda caso dopo la famosa diretta streaming. Concludo dicendo una cosa nel rispetto del suo ruolo e, soprattutto, del nostro, che qui rappresentiamo delle istituzioni, dei soggetti pubblici. Io capisco il rapporto di lealtà che lei voleva giustamente stabilire anche con questo sindaco ed è giusto ed è apprezzabile, ma se un sindaco ti dice di incontrare in un luogo che non è il comune persone che non hanno competenze per parlare della cosa pubblica, perché si va a quell'incontro? Questa è una domanda alla quale io penso che si debba avere una risposta. Allo stesso modo, io non l'avrei mai fatto e non l'ho fatto da presidente di regione. Se poi le dicono di mandare una e-mail tutti i giorni su che cosa fa una società pubblica importante e delicata, peraltro investita da varie inchieste, come AMA, a tre indirizzi, io avrei detto: «caro sindaco, io la mando a lei, poi lei ne fa l'uso che vuole». Su queste due cose, quindi, oggettivamente, ho delle perplessità.

  DANIELE FORTINI, presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa. Per quanto riguarda gli investimenti necessari ai costi per sostenere lo sviluppo degli ecodistretti, le lascio la documentazione. Dovrei consultarla adesso per vedere nella complessità le cifre. È tutto nella documentazione: è tutta qui e quindi si può vedere.
  Per quanto riguarda la richiesta da parte della regione di individuare un nuovo sito per una discarica di servizio nel territorio romano, se non vado errato, questa è stata formulata nel mese di maggio dalla regione, ma l'ho letto sui giornali quindi potrebbe non essere così.

  PRESIDENTE. Faccio una parentesi. Abbiamo scritto formalmente alla regione, come Commissione, per sapere quando, come e così via, quindi questa tua domanda l'abbiamo formalizzata alla regione.

  DANIELE FORTINI, presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa. Quanto, invece, ai rapporti con la dottoressa Muraro, con riferimento all'azienda, se avesse cioè vigilato o sorvegliato rispetto al perimetro delle sue attività, a me questo non risulta. La consulenza non era esclusiva con AMA; non c'era un'inibizione a intrattenere rapporti anche con altri soggetti, motivo per cui quello che l'azienda deve fare nel momento in cui affida quel tipo di consulenza, è sorvegliare che il lavoro venga fatto per te, verificando, quindi, che quelle prestazioni siano effettivamente rese (visto che, ovviamente, le corrispondi con i pagamenti).
  Personalmente, nel momento in cui sono stato invitato a inviare questi report giornalieri all'amministrazione, non ho percepito, onorevole, l'elemento di distinzione tra l'essere deputato o persona di fiducia vicina al sindaco, l'essere sindaco o l'essere assessore di Roma Capitale. Non ho percepito questa distinzione, nel senso che non ho affidato quel livello di informazioni a un soggetto in conflitto ostile rispetto all'interesse di AMA e all'interesse di una società che ha un solo padrone, Roma Capitale. Se il proprietario Roma Capitale mi dice che avrebbe piacere che mi comportassi in un certo modo, o meglio, ancora, dà l'indirizzo e mi dice di comportarmi in un certo modo, se non vi sono elementi per i quali io possa pensare che ciò produca una lesione dei doveri dell'amministratore delegato, agisco di conseguenza: ho agito di conseguenza. Poi, con il senno di poi, non saprei dirle. Effettivamente, a questo mi sono attenuto nel momento in cui il sindaco me l'ha chiesto.

  RENATA POLVERINI. Scusi un momento, la Muraro era l'assessore in pectore, ma aveva ancora un rapporto di consulenza con l'azienda?

  DANIELE FORTINI, presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa. Fino al 30 di giugno aveva un rapporto consulenziale Pag. 49 con l'azienda: sì. Tuttavia era stata indicata dal sindaco di Roma come persona che avrebbe ricevuto le deleghe di assessore. Era la persona che era sempre accanto al sindaco quando ci incontravamo per parlare di rifiuti. La mia sensazione, che poi è stata confermata dai fatti, era che si trattasse di persona che avrebbe avuto voce in causa, come poi l'ha avuta.

  LAURA PUPPATO. Parto da dove è arrivata la collega Polverini relativamente al tema della necessità, per parte sua, come presidente di AMA, di riuscire ad avere un contatto e un colloquio costante, così come richiesto, con la sindaca Raggi. Lei prima ci ha precisato che, sostanzialmente, ha interrotto i rapporti con loro nel momento in cui si è reso conto che uno dei documenti che lei aveva inviato in forma riservata a questi tre personaggi è stato poi divulgato, inserendolo addirittura come allegato; ha quindi citato lo swap da 31 milioni di euro che avrebbe messo a rischio la gestione stessa economica dell'azienda che lei ha. In realtà, uno swap di 31 milioni di euro è importante, ma è nella categoria degli strumenti derivati il fatto che lei abbia cercato di cederlo.
  Lo scambio interessi che c'è per i derivati, lo fanno e lo hanno fatto nel corso di questo decennio molte amministrazioni pubbliche e non solo, ma è solo una dote di merito il fatto di sentire la necessità di non correre altri rischi con strumenti derivati, che hanno obiettivamente dei margini di rischio importanti. Non riesco a comprendere, quindi, come questo fatto abbia messo a rischio, dal punto di vista economico, lo stesso bilancio dell'azienda perché non credo che le banche giudichino negativamente il tentativo di liberarsi di 31 milioni di swap. Credo che ciò rientri nelle facoltà ordinarie di un amministratore. Non mi è del tutto chiara, quindi, la relazione tra questo fatto e il fatto di interrompere i rapporti per questa ragione.
  La seconda è una domanda che ho in pectore da molto tempo: perché questo tritovagliatore mobile di Rocca Cencia non funziona? Per quale ragione lei ha interrotto, giustamente, i rapporti con Rocca Cencia, il tritovagliatore della Colari, avendo la possibilità e l'opportunità di utilizzare questo tritovagliatore mobile, che in realtà, poi, non è stato ritenuto adeguato al caso?
  Altra questione è la gara per gli ingombranti. Lei prima lo ha detto: non si è presentato nessuno. Ci può dire se ravvisa che la ragione per cui non si è presentato nessuno è che in realtà ci siano, anche in questo caso, pressioni da parte dell'influente Cerroni o Colari, che dir si voglia?
  Ancora, perché progettare una gara per 50.000 tonnellate di compostaggio sempre su Rocca Cencia se, come lei ha dichiarato più volte anche lo scorso anno e nella stessa relazione che ci ha fatto quest'anno, ugualmente per la prima parte, ne servono almeno due da cinque volte tanto?
  Prima ci ha detto che abbiamo un milione di rifiuti in giro per il mondo e che questa cosa è pregiudizievole anche per gli aspetti economici che questo comporta nel mercato dei rifiuti: se c'è bisogno di 500.000 tonnellate, perché si vogliono progettare impianti per 50.000 tonnellate, dandogli anche molta enfasi?
  Capisco che quando non c'è nulla, 50.000 è meglio di zero, ma aspettiamo anni per autorizzazioni e lei lo sa perché la situazione, purtroppo è quella: per quale ragione non chiedere subito di poter intervenire con un impianto adeguato alla necessità? Non basteranno, infatti, 50.000 tonnellate a risolvere i problemi di Roma.
  Vengo all'ultima questione. Con che presidenza c'è stato quell'incarico? Lei ha dato delle indicazioni e fatto delle allusioni piuttosto chiare. La più grave mi pare sia quelle relativa a questa società, la PMR service, società che inviava il personale per la movimentazione delle vasche di Rocca Cencia: è corretto? È la società PMR? È corretto?

  DANIELE FORTINI, presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa. Le sue allusioni....

  LAURA PUPPATO. È una congettura, o comunque...

  PRESIDENTE. Non è una congettura: ha raccontato un fatto concreto, una prova provata. È un dato.

Pag. 50

  DANIELE FORTINI, presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa. È un dato.

  LAURA PUPPATO. No, la congettura della relazione rispetto alle responsabilità. Non è stato chiaro a chi è addebitabile la responsabilità.

  DANIELE FORTINI, presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa. Non ho mai parlato di responsabilità al riguardo, senatrice.

  LAURA PUPPATO. No, lei ha raccontato una cosa, molto interessante, peraltro dal punto di vista anche penale, nel senso che ha giustamente detto: «....io mi sono reso conto che all'interno di Rocca Cencia una delle attività...»

  DANIELE FORTINI, presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa. Non io, l'ingegnere Filippi!

  LAURA PUPPATO. Va bene, l'ingegner Filippi, perfetto. AMA, la dirigenza di AMA – diciamo così – si è resa conto che a movimentare i rifiuti, poi questi si traducono, in relazione a come li si classifica (famiglia dei 1911, 190503 o 190501) e citava l'esempio della copertura discarica o smaltimento in discarica, che cambia, se non vado errata, per circa cento euro a tonnellata di differenza, che non è poca cosa. Il tema, quindi, era che chi movimentava quel materiale non era, come avrebbe dovuto essere – io sono perfettamente d'accordo con lei – un dipendente della società AMA, bensì, se non ho mal compreso, personale che veniva inviato da parte di un'azienda, una delle aziende che, tra l'altro, appartengono alle categorie ’ndranghetiste della zona.
  Ora, normalmente, chi gestisce le società sono gli amministratori delegati e i presidenti: da quanti anni questo avveniva e qual è stato il presidente e amministratore delegato di AMA che aveva indicato questo modello, questa figura del subappaltatore – lo chiamo così – che aveva questo importantissimo ruolo all'interno dell'azienda?
  Infine, nell'ultima fattispecie, che tutti abbiamo giudicato non positiva, dell'incontro a latere tra lei, l'assessore Muraro e il collega Vignaroli, alla fine lei ha detto: «nel momento in cui la sindaca Raggi mi ha chiesto di avere la pulizia di Roma, 200 tonnellate al giorno, che io non ero in grado di dare, ho indicato Colari». Tuttavia, Colari è sempre stato considerato, a giusta ragione mi pare, per tutte le questioni che lei ha già detto, un avversario da non ricoinvolgere nello smaltimento dei rifiuti? Perché l'ha indicato, proprio lei?

  DANIELE FORTINI, presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa. Per quanto riguarda lo swap, come ho detto, io ho interrotto la produzione di questi rapporti confidenziali, sia giornalieri, sia settimanali perché, appunto, sicuramente, contenevano informazioni che potevano essere strumentalizzate, divulgate e utilizzate non per le finalità per le quali io le avevo prodotte. Ho citato il caso dello swap per dire che era un caso delicato. Se è vero, infatti, che le pubbliche amministrazioni hanno sempre piacere di rinegoziare degli swap contratti negli anni passati, laddove si pensava che portassero beneficio e poi invece si sono risolti malamente, è altrettanto vero che le banche molto malvolentieri ridiscutono i contratti di rifinanziamento quando quello swap è stato individuato a suo tempo e oggi ha prodotto magari qualche lucro in più.
  Questo, però, è tema fortunatamente risolto. Mi sono permesso di dirlo a questa Commissione perché il pericolo non c'è più. L'amministrazione ha indicato ad AMA l'obiettivo di rinegoziare con le banche il contratto di finanziamento; ovviamente, è stato avvertito il pool delle banche che questo accadrà e, proprio in questi giorni, sono partite le lettere che risolvono la questione.
  Io ponevo essenzialmente un problema: se il rapporto è di tipo confidenziale con l'amministrazione, non può essere che poi sia un dipartimento dell'amministrazione, cioè una burocrazia, a rispondere: questo era il tema. Pag. 51
  Per quanto riguarda la gara per i rifiuti ingombranti, è stata infruttuosa ai sensi del codice degli appalti, deserta nel senso che non si è potuta aggiudicare, ma il termine tecnico è infruttuosa. Abbiamo, infatti, ricevuto due offerte per produrre questo servizio: l'una era, purtroppo, non ammissibile, perché l'azienda chiedeva un premio minimo superiore al 5 per cento del valore dell'appalto come riconoscimento della valorizzazione dei rifiuti, che poi avrebbe fatto colui che avrebbe raccolto degli ingombranti (questo premio superiore al 5, invece, non c'è stato); l'altra aveva omesso di dichiarare nella propria offerta la presenza di precedenti che ne inibivano la partecipazione.
  La gara, quindi, è stata svolta, si sono aperte le buste, si è aperta anche l'offerta economica, ma quando poi si è andati alla valutazione successiva, alla validazione di ANAC per intenderci, circa la possibilità di poter affidare, abbiamo dovuto prendere atto del fatto che la gara era stata infruttuosa. Escludo, quindi, che si possa essere determinata una condizione per la quale qualcuno ha agito per mandare deserta questa gara, ovvero creare problemi al servizio. La gara è stata infruttuosa, ci sono state due offerte, ma non è stata valida né l'una, né l'altra perché non corrispondevano alle caratteristiche del bando, ovvero non rispondevano ai criteri di trasparenza previsti dall'autorità anticorruzione.
  L'impianto di tritovagliatura mobile di AMA per funzionare ha bisogno dell'autorizzazione regionale, che poi è arrivata, per una campagna, come lei sa, che può essere soltanto semestrale (poi eventualmente rinnovata ma in altro sito). Il problema che abbiamo avuto nell'attivarlo nei giorni precedenti era determinato essenzialmente dall'impossibilità di trovare sul mercato, con gara, coloro che avrebbero portato via i materiali lavorati. Se non abbiamo le evacuazioni e se non c'è il trasportatore e lo smaltitore di quel 191212 che esce dagli impianti, posso anche far girare l'impianto, dopodiché, però, dei rifiuti non so cosa fare.
  Le gare finalmente sono state aggiudicate perché, ripeto, dopo che abbiamo dismesso i conferimenti al tritovagliatore fisso di Rocca Cencia, il caso si è aperto, sono arrivate offerte, le abbiamo giudicate ed entro questa settimana l'impianto comincerà a lavorare. Per quanto riguarda l'impianto di compostaggio, temo che l'impianto di compostaggio a 50.000 tonnellate non si farà a Rocca Cencia perché percepisco, dagli orientamenti che stanno emergendo, che questa non è la volontà.
  Se così è, averlo progettato da 100, da 200 o da 50 poco conta. Quello che conta è che l'amministrazione che governa decida cosa vuol fare e dove: in ragione di questo l'azienda progetta. La progettazione da 50.000 tonnellate a Rocca Cencia aveva soltanto un aspetto dimensionale: un impianto più grande lì non ci sta, a meno che tu non sposti le officine dell'azienda, i capannoni dove abbiamo le rimesse, ovvero il magazzino ricambi. L'area è quella, quindi, purtroppo, un impianto più grande non ci sarebbe stato.
  Per quanto riguarda la società PMR, io mi scuso con la Commissione se ho dato l'impressione di allusioni. Io intendevo dire che la PMR è una società i cui titolari rappresentati vengono arrestati in un'operazione di ’ndrangheta, il lavoro che stavano facendo in AMA era un lavoro delicato, quindi, non erano dei signori a latere che stanno prestando qualcosa; era un lavoro cominciato nell'anno 2010 per affidamento diretto, con un incarico di urgenza ai fini di sicurezza ambiente, che quindi esula dall'obbligo che abbiamo di provvedere sempre allo svolgimento di gare. Poi si è scoperto oggi che questa è una società della ’ndrangheta: non potevamo saperlo, almeno non poteva saperlo nessuno di quelli di cui io posso avere conoscenza in quegli anni. Quando dico che svolge un lavoro delicato, dico che la soglia di vigilanza e di attenzione rispetto a coloro che vengono acquisiti come fornitori deve essere sempre molto elevata. Il modo migliore perché questa sia elevata, è che si facciano le gare trasparenti. Sulla scorta delle gare si possono scegliere i migliori in grado di offrire servizi, dopodiché, però, anche in questo caso, non sempre le gare mentono a riparo rispetto a fenomeni criminali. Pag. 52 Quel tipo di attività, era particolarmente sensibile e quindi ecco la pericolosità. Un'azienda di camorra o di ’ndrangheta si può quindi inserire in un ganglio del sistema che sembra insignificante e invece ha grande importanza.

  PRESIDENTE. Onorevole Zolezzi.

  ALBERTO ZOLEZZI. Io vorrei qualche notizia su uno degli impianti in cui mi risulta che vengano destinati in uscita i prodotti dopo il pretrattamento, l'impianto della Sogliano Ambiente, in Emilia-Romagna. Mi risulta un raggruppamento temporaneo di imprese in cui è presente anche HERA e mi risulta che il contratto di servizio sia stato già segnalato tempo fa – mi interesserebbe sapere quando – e che questo contratto veniva disatteso, con precisione da 54 mezzi al giorno, che dovevano conferire rifiuti, laddove si era verificato che ne partivano 20. Domando: erano previste delle penali? Sono state poi pretese le penali da questo raggruppamento temporaneo di imprese?
  Ho trovato, poi, una sua proposta di smaltire rifiuti nell'inceneritore di Ferrara, sempre di HERA. Vorrei capire se, anche in questo caso, si prevedesse una gara o addirittura ci fosse qualche motivo per non eseguire una gara per questo conferimento. Lei ha fatto un'ottima relazione sugli ecodistretti. Purtroppo, lei conosce l'articolo 41 del collegato agricolo, che impedirà di fare del compostaggio in Italia perché si possa andare al recupero energetico. Glielo faccio presente perché il Ministro Galletti non si è opposto. È noto che il Ministro Galletti è uno di quelli che sulla stampa dice di aver fatto nascere HERA, quindi, vede che a volte l'economia «circola» anche in questo campo. Ciò accade molto spesso.
  Per quanto riguarda le gare per il trasporto, non ho capito – lei vi ha fatto riferimento – se ci sono state gare per il trasporto dei rifiuti che secondo lei erano a rischio di infiltrazioni.

  DANIELE FORTINI, presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa. Per quanto riguarda il raggruppamento Sogliano Ambiente e HERA Ambiente – quello che fino a oggi credo abbia in gestione l'appalto ottenuto con gara – abbiamo verificato che nelle ultime settimane, effettivamente, i mezzi programmati e i carichi che avevamo richiesto non sono...

  ALBERTO ZOLEZZI. Quando vi siete accorti di questa difformità?

  DANIELE FORTINI, presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa. Per quanto io abbia memoria, dal 20 maggio abbiamo avuto problemi con i carichi rispetto a quanti ne avremmo richiesti. Adesso abbiamo contestato al raggruppamento quel disservizio. Siccome dobbiamo ancora liquidare il saldo delle prestazioni come da contratto, tratterremo le somme per tutelarci rispetto a eventuali sanzioni che dovremmo comminare.
  Per quanto riguarda l'impianto di Ferrara, avevamo informazione che l'impianto potesse ricevere uno slot di rifiuti romani da recuperare a fini energetici: lo abbiamo segnalato alla regione per attivare, eventualmente, una collaborazione con la regione Emilia-Romagna nel poter usare questo slot dell'impianto di Ferrara. La cosa non si è poi realizzata: altre regioni hanno stabilito patti e condizioni per usarlo. AMA avrebbe potuto usarlo senza gara perché l'ultima gara per poter inviare rifiuti a recupero di energia in impianto R1 era stata celebrata due mesi prima. Essendo, infatti, questa andata deserta, sussistevano le condizioni di ravvicinatezza che avrebbero consentito di usare questo slot senza ricorso a gara, o meglio con gli elementi a base d'asta previsti dal bando di gara, e su quelli riuscire a ottenere degli sconti per avere queste prestazioni.

  ALBERTO ZOLEZZI. Diverse gare del trasporto rifiuti secondo lei possono essere stato oggetto di infiltrazione?

  DANIELE FORTINI, presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa. Nella regione Lazio, non saprei dire e di AMA Pag. 53neanche. Osservo che il settore dei trasporti nel mondo dei rifiuti è quello tra i più esposti al rischio di infiltrazioni.

  PIERGIORGIO CARRESCIA. Cercherò di essere sintetico, vista l'ora tarda, per non abusare della disponibilità. Ho tre domande. Nel caso di violazione di prescrizioni autorizzatorie, che costituiscono illecito amministrativo, talora reato, accertata eventualmente dalla referente IPPC negli impianti di TMB, qual era, se c'era, il protocollo in uso ad AMA, tenendo conto degli obblighi di rapporto all'autorità giudiziaria che un incaricato di pubblico servizio ha? Ci sono state situazioni del genere?
  Se ho ben capito, quel ruolo che veniva ricoperto prima dalla dottoressa Muraro come consulente, mi sembra per 100.000 euro all'anno, oggi è ricoperto dai capi impianto: può confermarmelo? Vorrei inoltre capire quale era la procedura in corso. Lei ha delineato un quadro abbastanza fosco, inquietante, anche nella commistione dei ruoli che ci sono stati in diversi passaggi. Vorrei un chiarimento sulla gara vinta dalla Bioman: è stata fatta una gara al massimo ribasso o c'è stata una valutazione tecnico-economica degli impianti, ovvero delle procedure? In quel caso, chi faceva parte della commissione?
  Da ultimo, torno su un tema che è stato già oggetto anche di altri interventi. Lei ha parlato di tre riunioni, una con il sindaco il 27 giugno presso il comitato elettorale del Movimento 5 Stelle, con la dottoressa Muraro, l'onorevole Vignaroli e il suo assistente parlamentare; una il 28 giugno presso l'AMA; una il 30 giugno presso lo studio dell'assistente parlamentare. Come ha notato in precedenza l'onorevole Polverini, dal 27 giugno al 30 giugno lei ha inviato alla dottoressa Muraro, che formalmente in quel momento era ancora consulente dell'AMA e non ancora assessore, dei report riservati, come li ha inviati anche all'onorevole Vignaroli. Dal 1° luglio e – mi sembra – fino al 5 o 6 luglio, lei ha continuato a inviare questi report riservati al sindaco Raggi, ancora alla dottoressa Muraro, che in quel momento non era né consulente, né assessore – è diventata assessore dal 7 luglio – e sempre all'onorevole Vignaroli, che è solo un componente di un organo di partito, di un movimento, che controlla il sindaco ma non ha un ruolo nell'amministrazione.
  Posto che ci sono stati potenziali assessori – penso all'ex rugbista Lo Cicero – che poi sono rimasti soltanto potenziali assessori, semplici cittadini, non trova anomalo aver dovuto inviare notizie riservate a chi questo ruolo non aveva? Vista la richiesta di questi ripetuti incontri, qual è stato il ruolo della componente politica che era presente? Un ruolo di mediazione? Lei ha parlato di una trattativa tecnico-commerciale, di un incontro finalizzato a quest'accordo: questo terzo soggetto indefinito, senza ruoli, che ruolo aveva? Ancora, quando lei ha parlato di pressioni politiche e nella sua esposizione ha detto che c'è stata la richiesta di utilizzare il tritovagliatore di Colari da parte dell'assessore Muraro, ha concluso che l'unica possibilità di utilizzo era quella della requisizione: faceva riferimento a quelle dichiarazioni o no? Da ultimo, mi rivolgo al presidente Bratti. Penso che la sindaca Raggi non debba chiedere di essere ascoltata, ma che debba essere la Commissione a convocarla. Dobbiamo, infatti, fare chiarezza su tanti passaggi opachi che questa sera, al contrario, sono emersi in modo molto chiaro.

  DANIELE FORTINI, presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa. Per quanto riguarda la gara Bioman, onorevole, mi riservo di poter produrre i materiali che lei ha chiesto. Ricordo che è una gara bandita nel 2015, quindi, con il vecchio codice degli appalti, per cui è assai probabile che sia al massimo ribasso: è assai probabile ma non glielo posso certificare questa sera.
  Per quanto riguarda la questione degli incontri che ci sono stati con la partecipazione dell'onorevole Vignaroli e di altre persone, io posso dire che il primo si è svolto in AMA, con il gruppo Colari, ed era presente su mio invito l'onorevole Vignaroli, così come ha partecipato la dottoressa Muraro: io ho corrisposto a un'indicazione, a un desiderio del sindaco della città. Pag. 54
  Allo stesso modo, per il giorno 30 e per il fatto che l'incontro si sia tenuto fuori dalla sede istituzionale, ragionevolmente, anch'io non sono uso a partecipare a riunioni di questo tipo fuori dalle sedi istituzionali, soprattutto quando tratto con soggetti del tipo di Colari, ma l'ho classificata più nel contesto di un'occasionale leggerezza che non in una volontà di marcare chissà che cosa: poteva starci che in una circostanza un po’ frettolosa l'incontro fosse stato ravvicinato a seconda delle esigenze di chi doveva parteciparvi. Non ho percepito la pericolosità o altro. Ripeto, forse si è trattato di una leggerezza.

  PIERGIORGIO CARRESCIA. Se veniva rilevata una violazione di una prescrizione autorizzatoria, qual era la procedura in atto in AMA? Il referente segnalava all'autorità giudiziaria, segnalava alla dirigenza di AMA ed eventualmente a chi in AMA?

  DANIELE FORTINI, presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa. No, c'è una procedura stabilita dalle norme, onorevole. Quando vi è una contestazione rispetto a un atteggiamento che sta tenendo l'azienda, vale a dire la compilazione di un FIR o un documento di registrazione dell'AIA, un documento di ingresso mezzi e così via, se ci fosse una contestazione, ovviamente quella verrebbe fatta da un'autorità. Dentro quel procedimento di contestazione, nel confronto – adesso, mi sfugge il termine – nel contraddittorio, alla fine le parti verificano se il procedimento che è stato posto in essere porti a una sanzione, che può essere amministrativa o di altro tipo, e se ci sia sviluppo. Se lei mi chiede che cosa fa un pubblico ufficiale di fronte a un reato, le rispondo che denuncia: va in procura e denuncia.

  PRESIDENTE. Quello che chiedeva l'onorevole Carrescia è se sia mai successo. È successo che, di fronte a situazioni di un certo tipo, il responsabile dell'impianto, o chi per esso, abbia denunciato all'amministrazione, sia alla provincia o alla regione, sia contestualmente alla procura? È questo che chiedeva il collega.

  DANIELE FORTINI, presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa. Che io sappia, nei due anni e mezzo in cui sono stato amministratore delegato dell'azienda, non mi pare che ciò sia accaduto.

  STELLA BIANCHI. Ho alcune domande. C'è una cosa che non capisco. Sulla richiesta dell'utilizzo del tritovagliatore di Rocca Cencia, che fa capo a Cerroni, lei ha detto alla Commissione che non ha mai ricevuto richiesta di utilizzo di quell'impianto, se non da parte del Colari di Cerroni. Non capisco e non so se lei riesce a spiegare perché l'assessore all'ambiente appena nominato ritiene che l'utilizzo di quest'impianto di tritovagliatura sia così essenziale alla soluzione dei problemi della città. Inoltre, riguardo ai compiti che la dottoressa Muraro aveva in AMA, come consulente responsabile della IPPC, le segnalazioni della Muraro – non so se ho visto bene – iniziano con delle e-mail a partire dal 7 agosto del 2015, o una data vicina: dobbiamo presumere che prima di quella data tutto fosse svolto a regola d'arte, per quanto a conoscenza della dottoressa Muraro?
  Ancora, come si combina questo e corrisponde al vero ciò che ho letto sui giornali, cioè il fatto che c'è stato un parere richiesto dall'ingegner Filippi sul funzionamento del TMB di Rocca Cencia da parte di un esperto del CNR, che ha detto, invece, che quest'impianto non era gestito in modo corretto? Non riesco a mettere insieme un'assenza di segnalazioni da parte della dottoressa Muraro, a meno che non ci siano state o non siano state riportate dagli organi di stampa, con questo parere dell'esperto del CNR.
  Mi chiedo un'altra cosa. Lo chiedo di nuovo a lei, ma forse mi associo alla richiesta del collega Carrescia e sarebbe bene chiederlo alla sindaca Raggi quando la Commissione avrà occasione di audirla. Il dirigente Alessandro Muzi è l'unico di AMA presente nel sopralluogo di Rocca Cencia, fatto, credo, dal già assessore Muraro, in quel momento con la sindaca Raggi. Oltre all'episodio che lei ci ha raccontato e che immagino abbia ricostruito dopo – se non sbaglio, lei arriva a gennaio 2014, quando è Pag. 55esplosa Mafia Capitale, quindi immagino non avesse avuto l'opportunità di avere conoscenza diretta di tanti episodi che in AMA si erano svolti in passato – non capisco perché proprio questo dirigente, se leggo bene, abbia già firmato le sue dimissioni per il 31 dicembre 2016. Inoltre, perché se ha firmato le dimissioni è lì, proprio lui, solo lui?
  C'è ancora un'altra cosa che non capisco, ma questa è una domanda un po’ a lei, un po’ a tutti noi. Lei parla di occasionale leggerezza da parte della sindaca Raggi per il fatto che ha incontrato, convocato, invitato – usiamo il termine che preferiamo – il presidente e l'amministratore delegato di AMA nella sede del comitato elettorale del Movimento 5 Stelle, essendo già stata eletta dai cittadini come sindaco. Diciamo che per un'occasionale leggerezza, quindi, la sindaca Raggi non ha mai...

  DANIELE FORTINI, presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa. Mi riferivo alla riunione che si è tenuta...

  STELLA BIANCHI. Ho sbagliato io: precedentemente.

  DANIELE FORTINI, presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa. Dall'architetto...

  STELLA BIANCHI. In ogni caso...

  DANIELE FORTINI, presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa. Vado ovunque mi chiami il sindaco.

  STELLA BIANCHI. Assolutamente, ma diciamo che rimane una mia curiosità capire perché un sindaco inviti il presidente e amministratore delegato di una società che il comune di Roma controlla al cento per cento, non in Campidoglio, nel suo studio, ma in altri luoghi: questa è una mia personale curiosità. C'è invece una cosa che penso debba essere un elemento di riflessione, cioè il fatto che la sindaca Raggi consideri l'onorevole Vignaroli una persona di sua assoluta fiducia – cosa della quale, naturalmente, nessuno di noi può mettere in dubbio l'opportunità – e, sostanzialmente, a quanto capiamo, affidi all'onorevole Vignaroli una sorta di affiancamento all'assessore all'ambiente del comune di Roma. Non riesco a mettere insieme, di nuovo, questi elementi: persona di assoluta fiducia della sindaca Raggi, sostanzialmente collaboratore stretto, quasi assessore di fatto all'ambiente del comune di Roma, e membro nonché addirittura vicepresidente di una Commissione d'inchiesta sugli illeciti nel ciclo dei rifiuti. Qui c'è qualcosa che penso noi dobbiamo chiarire: questi due elementi non stanno insieme, credo.

  DANIELE FORTINI, presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa. Se ho ben compreso il senso dei punti interrogativi, anch'io ho percepito nella presenza dell'ingegner Muzi al sopralluogo svolto dal sindaco e con l'assessore all'ambiente all'impianto di Rocca Cencia, peraltro all'insaputa dei vertici aziendali, una clamorosa affermazione di sfiducia: più di così non saprei concepirla. Non sapevo che ci sarebbe stato.

  STELLA BIANCHI. Non è stato avvisato?

  DANIELE FORTINI, presidente del consiglio di amministrazione di AMA Spa. Né avvisato, né nulla: non lo sapeva il consiglio di amministrazione, non lo sapeva il collegio sindacale. Di norma, quando c'è una visita ufficiale del capo dell'amministrazione, il capo dell'azienda è presente. Il fatto che c'è il capo dell'amministrazione ma il capo dell'azienda non è invitato, è un evidente segno di sfiducia.
  Nello stesso tempo, il fatto che ci sia un dirigente dell'azienda che non si trova lì per la funzione e il ruolo che riveste (non c'era il dirigente impianti, non c'era il direttore industriale, non c'era il dirigente del personale, bensì un dirigente che, per l'appunto, ha già firmato un accordo con l'azienda, che non ha più un ruolo in macrostruttura e che il 31 dicembre uscirà dall'azienda), francamente, anch'io confermo che può essere cosa che lascia perplessi, Pag. 56 talmente perplessi che, appunto, poi, uno il 4 di agosto andrà via!
  Per l'altra cosa che lei mi chiede, relativamente a quando la dottoressa Muraro comincia a scrivere, io non ho notizia di documenti precedenti in cui la dottoressa Muraro segnali problematicità, criticità acute, difficoltà sugli impianti nei quali ha responsabilità come IPPC e come gestore dell'AIA. È certa una cosa: che quando l'ingegner Filippi entra in azienda e comincia a visitare gli impianti, costei si allarma (chiunque si allarmerebbe, come è accaduto al sindaco, nel vedere quel tipo di circostanze). Lo ripeto: sono impianti che funzionano nella norma, impianti che agiscono secondo le autorizzazioni e che quindi sono gestiti ordinariamente.
  Di volta in volta si può determinare, per un eccesso di stress, quindi di sovraccarico, una limitazione oggettiva allo svolgimento di rapide e tempestive manutenzioni, ovvero si possono determinare rotture che ne impediscono il funzionamento, ma gli impianti, sia Rocca Cencia, sia del Salario – lo dico per la tranquillità di tutti – sono sicuri e fanno il loro dovere nel rispetto delle leggi. Poi, se la responsabile IPPC segnala che un portellone è rotto, che il granchio non funziona, che un nastro trasportatore è otturato, è suo dovere farlo e l'azienda deve provvedere a risolvere. Vero è, però, che l'ingegner Filippi, nel momento in cui visita questi impianti, rimane molto insoddisfatto del presidio dell'azienda, nel saperli correttamente condurre, quindi chiama un esperto esterno, ordina una sorta di due diligence, una verifica, su come questi impianti stanno funzionando e, progressivamente ma cominciando da quel momento, comincia ad avere un ruolo differente la dottoressa Muraro.
  Non so se possano essere messe in relazione a questo l'assiduità e la frequenza con cui arrivano determinate segnalazioni fino a febbraio del 2016 circa le necessità manutentive, gli interventi da realizzarsi e così via, ma è ugualmente importante che possa essere colto un dato: che da quel momento un tecnico molto preparato, di altissima professionalità ed esperienza interviene per consigliare e aiutare sul tipo di interventi da effettuare.
  D'altra parte, nell'inchiesta aperta dalla magistratura sul funzionamento dell'impianto di Rocca Cencia abbiamo provveduto a nominare due CTP, che ho preferito che fossero esterni all'azienda, persone che non avevano avuto in passato rapporti e relazioni con l'autorità giudiziaria per la verifica della validazione del funzionamento degli impianti. I due CTP che sono stati nominati – e che quindi ora sono i referenti della procura – sono il professor Mininni, dell'Università di Roma, e il professor Ghezzi, dell'Università di Pisa, che mai hanno avuto a che fare negli anni passati con le vicende che riguardano il funzionamento dei TMB. Sull'ultima domanda, chiedo la secretazione.

  PRESIDENTE. Dispongo la disattivazione dell'impianto audio video.

  (I lavori proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica)

  PRESIDENTE. Ringrazio tutti gli intervenuti. È stata una serata faticosa ma, spero, utile. Ringraziamo il presidente Fortini per la pazienza e per le sue informazioni. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina all'1.10 del 3 agosto 2016.