XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti

Resoconto stenografico



Seduta n. 99 di Giovedì 12 maggio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 

Comunicazioni del presidente:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 

Esame della proposta di relazione sulla situazione del sito di interesse regionale «Basso bacino del fiume Chienti»:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 ,
Morgoni Mario  ... 4 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 4 ,
Carrescia Piergiorgio (PD)  ... 4 

Esame della proposta di relazione territoriale sulla regione Veneto:
Bratti Alessandro , Presidente ... 4 

(La seduta, sospesa alle 9.25, è ripresa alle 14.05) ... 5 

Audizione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza, Antonino Cappelleri:
Bratti Alessandro , Presidente ... 5 ,
Cappelleri Antonino , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza ... 6 ,
Puppato Laura  ... 8 ,
Cappelleri Antonino , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza ... 8 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 8 ,
Cappelleri Antonino , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza ... 8 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 8 ,
Cappelleri Antonino , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza ... 8 ,
Puppato Laura  ... 8 ,
Cappelleri Antonino , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza ... 8 ,
Puppato Laura  ... 9 ,
Cappelleri Antonino , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza ... 9 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 9 ,
Cappelleri Antonino , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza ... 9 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 9 ,
Puppato Laura  ... 9 ,
Cappelleri Antonino , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza ... 10 ,
Puppato Laura  ... 10 ,
Cappelleri Antonino , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza ... 10 ,
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 10 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 11 ,
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 11 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 11 ,
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 11 ,
Cappelleri Antonino , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza ... 12 ,
Arrigoni Paolo  ... 12 ,
Cappelleri Antonino , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza ... 12 ,
Cominelli Miriam (PD)  ... 12 ,
Cappelleri Antonino , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza ... 12 ,
Cominelli Miriam (PD)  ... 13 ,
Cappelleri Antonino , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza ... 13 ,
Cominelli Miriam (PD)  ... 13 ,
Cappelleri Antonino , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza ... 13 ,
Orellana Luis Alberto  ... 13 ,
Cappelleri Antonino , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza ... 13 ,
Puppato Laura  ... 14 ,
Cappelleri Antonino , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza ... 14 ,
Arrigoni Paolo  ... 15 ,
Cappelleri Antonino , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza ... 15 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 15

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALESSANDRO BRATTI

  La seduta comincia alle 9.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Comunicazioni del presidente.

  PRESIDENTE. Comunico che l'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella riunione appena svoltasi, ha stabilito che le due missioni in Friuli, previste dal 15 al 17 maggio e dal 23 al 25 maggio prossimi, avranno luogo in un'unica soluzione dal 26 giugno al 1° luglio 2016. Nel corso di questa missione, il giorno 29 giugno, si svolgerà una visita presso il porto di Capodistria, in Slovenia.
  Comunico, inoltre, che nella stessa riunione è stato stabilito che la Commissione svolga un approfondimento sulla regione Toscana.

Esame della proposta di relazione sulla situazione del sito di interesse regionale «Basso bacino del fiume Chienti».

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame della proposta di relazione sulla situazione del sito di interesse regionale «Basso bacino del Chienti», che è in distribuzione, che sarà trasmessa a tutti i componenti della Commissione.
  Avverto che il termine per la presentazione di osservazioni e proposte di modifica è fissato a giovedì 19 maggio 2016. Sono 23 pagine nelle quali si descrive la cronistoria del sito d'interesse regionale, in un'area con una forte pressione dell'attività calzaturiera. La situazione è abbastanza lineare, non ci sono questioni particolarmente complesse.
  Ci sono differenze tra le valutazioni del costo della messa in sicurezza e delle bonifiche effettuate dalla provincia di Macerata e le valutazioni fatte a suo tempo l'amministrazione centrale. C'era una differenza di diversi milioni di euro, la situazione non si è definita. Di fatto, si conclude con una considerazione che consiste semplicemente nell'applicazione della normativa esistente. È evidente, infatti, che se i comuni non riescono a intervenire, in teoria devono farlo le regioni. È, però, un tema che abbiamo visto ripresentarsi su tutte le aree d'Italia.
  Ieri parlavo con altri nostri colleghi e da Latina al Veneto, all'Emilia, si verifica una situazione veramente grave; siamo di fronte, a mio parere, a una emergenza. Il fatto che o per abbandono di rifiuti, quando chiudono le imprese, o per gestione di discariche, le fideiussioni presentate sono difficilmente escutibili, per usare un eufemismo, e quindi il gestore fallisce, abbandona l'area ed è tutto a carico dell'amministrazione comunale, la quale a sua volta senza risorse deve essere supportata da quella regionale. Questo è diventato un motivo conduttore, non solo storico, ma che si sta espandendo in tutto il Paese.
  Il Ministero, a cui lo abbiamo segnalato, dovrebbe proporre una normativa riguardante le fideiussioni più puntuale. Le regioni hanno provato ad applicare un sistema più restrittivo. Chi c'era quando Pag. 4siamo andati in Puglia ricorderà che il dirigente di Brindisi ci aveva detto che per la discarica poi incriminata aveva dato un'interpretazione di richiesta fideiussoria un po’ più stringente: gliel'hanno impugnata al TAR, che gli ha dato torto.
  Qui ci sono due autorevoli rappresentanti territoriali.
  Il termine per la presentazione delle osservazioni e delle proposte di modifica è fissato per le ore 20 di giovedì 19 maggio 2016.
  La proposta di relazione vi verrà inviata per posta elettronica.
  Chiede di intervenire il collega Morgoni, al quale do la parola.

  MARIO MORGONI. Intervengo solo per ringraziare lei e tutti i componenti della Commissione per l'impegno che hanno voluto dedicare a questa che è una vicenda comunque ormai piuttosto lunga, alcuni decenni, contraddistinta da una gestione da parte dei vari soggetti molto frammentaria, a volte anche molto opaca.
  Il lavoro dalla Commissione ha consentito una sintesi efficace e lineare dello svolgimento di tutta la vicenda, mettendo in evidenza in particolare i punti critici: la lievitazione enorme intervenuta in qualche settimana, in pochi giorni, dei costi progettuali previsti, da 3,7 milioni a 10 milioni di euro; soprattutto, il mancato adempimento da parte della provincia dell'adeguamento del progetto richiesto dal ministero a seguito del diniego da parte della conferenza di servizi su questa valutazione, effettivamente esorbitante.
  L'altro aspetto è quello per cui da parte della provincia si è omesso purtroppo di mettere in atto tutte le attività utili per l'individuazione dei responsabili. Questo è stato anche alla base dell'annullamento da parte del TAR della richiesta della stessa provincia e degli altri enti di coinvolgimento dei privati nelle spese per la messa in sicurezza e la bonifica. Purtroppo, a seguito di quest'omissione oggi resta ben poco da raccogliere da parte dei privati per realizzare i lavori necessari.
  Devo, però, dire che nel frattempo sia da parte di alcuni enti territoriali sia da parte di alcuni privati sono stati fatti dei lavori. L'area interessata dall'inquinamento è circoscritta, l'ARPAM sta svolgendo ulteriori valutazioni per definire bene il perimetro, che potrebbe essere considerevolmente più ristretto, e quindi permettere un intervento risolutivo e definitivo dopo qualche decina di anni.
  Se alla conclusione si riuscisse con la Commissione a presentare sul territorio il lavoro svolto, credo che sarebbe un contributo alla trasparenza, che in questi anni troppo spesso è mancata, ma anche uno stimolo per andare avanti e cercare di vedere una conclusione positiva di questa lunga vicenda.

  PRESIDENTE. Do la parola al collega Carrescia.

  PIERGIORGIO CARRESCIA. Credo che questa vicenda ci porti a due riflessioni. Una è quella che ha evidenziato sulla mancanza dei finanziamenti. Quello del Chienti è l'unico sito italiano per il quale il ministero non aveva stanziato neanche un euro, è un'anomalia.
  L'altra è la criticità dell'attribuzione della ricerca dei responsabili dell'inquinamento alla provincia, tenendo conto oggi della situazione e del nuovo contesto, anche con la riforma delle agenzie ambientali, e delle difficoltà che trovava ormai la provincia nel fare la ricerca dei responsabili dell'inquinamento, soprattutto quando riguarda territori di più province. La riflessione è se sia opportuno anche su questo affrontare il problema per trovare delle soluzioni anche normative diverse.

Esame della proposta di relazione
territoriale sulla regione Veneto.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame della proposta di relazione territoriale sulla regione Veneto. Sono relatori l'onorevole Miriam Cominelli e l'onorevole Alberto Zolezzi.
  Ricordo che l'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha convenuto sull'opportunità di predisporre Pag. 5una relazione su questo specifico argomento. Avverto che i relatori hanno presentato una proposta di relazione, in distribuzione, che sarà trasmessa a tutti i componenti della Commissione.
  Non so se volete illustrare le 433 pagine. Il termine per la presentazione delle osservazioni e delle proposte di modifica è fissato per le ore 20 di giovedì 26 maggio 2016. Se ci saranno richieste di una proroga, valuteremo.
  Sospendo, quindi, la seduta, che riprenderà alle ore 14.00 con l'audizione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza, Antonino Cappelleri.

  La seduta, sospesa alle 9.25, è ripresa alle 14.05.

Audizione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza, Antonino Cappelleri.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito.)

  L'ordine del giorno reca l'audizione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza, Antonino Cappelleri, che saluto e ringrazio per la presenza.
  Ricordo che la Commissione si occupa di illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione e dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti, alle bonifiche e al ciclo di depurazione delle acque. L'audizione odierna si inserisce nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta conducendo sulla regione Veneto.
  In realtà, in mattinata è stata depositata una bozza di relazione più generale, che poi come lei saprà, perché ci siamo probabilmente visti anche su a Vicenza, riguarda tutta l'attività che la Commissione ha espletato sulla Regione, che ovviamente riguarda la materia. Abbiamo convenuto, però, con tutti i Commissari la necessità di un ulteriore approfondimento alla situazione di criticità che sta interessando larghe fasce di popolazione residente con riferimento all'inquinamento da perfluoroalchilici.
  Avverto il nostro ospite che della presente audizione viene redatto un resoconto stenografico e che, facendone espressa e motivata richiesta, in particolare in presenza di fatti illeciti sui quali siano in corso indagini tuttora coperte da segreto, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata nella parte finale della seduta.
  Come sa, ci siamo visti, abbiamo acquisito documentazione dagli organi di controllo, abbiamo visto che nel 2013 fu segnalata dall'ARPA una serie di attività svolte nei confronti del rinvenimento di questa sostanza, in realtà un gruppo di sostanze. Poi abbiamo visto che per una serie di motivi, di cui volevamo capire di più, non c'è stato nessun tipo di seguito rispetto a quelle denunce, almeno da un punto di vista dell'attività della procura.
  Abbiamo quindi la necessità di capire meglio, in maniera più approfondita perché non si è deciso magari di procedere riguardo alle segnalazioni date, per quanto sappiamo che questo gruppo di inquinanti non era normato da un punto di vista delle sue soglie all'interno delle varie matrici: tuttavia, dalla copiosa letteratura si evinceva che queste sostanze in certe concentrazioni causano sicuramente qualche problematica.
  Stiamo cercando di ricostruire in maniera più dettagliata possibile la storia, al di là delle iniziative successive, volte da parte di tutti a provare a capire come risolvere il problema. Si vuole anche di capire se qualcosa non ha funzionato e se si può fare in modo, nell'eventualità in cui dovessero proporsi altre situazioni analoghe, che queste filiere lavorino un po’ meglio.
  Le cederei la parola e le chiederei di delinearci un breve inquadramento sulla storia, ovviamente dal vostro punto di vista, Pag. 6poi sicuramente vi sarà rivolta qualche domanda.

  ANTONINO CAPPELLERI, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza. Premetto di non aver remore collegate al segreto istruttorio, perché il nucleo essenziale della ricostruzione dei fatti che ci sta giovando in sede di indagine proviene dall'ARPA del Veneto, la quale oltre a comunicarlo a noi ha messo tutto in rete in sito aperto. Tutto ciò che conosciamo dall'ARPAV, quindi, lo conosce chiunque interroghi il sito. Non ho quindi motivi di particolare riserbo in questo settore.
  Informo che in questo momento sono pendenti il procedimento n. 2414 del 2015 contro ignoti, un procedimento n. 1161 del 2015, un modello 45, ossia un'indagine conoscitiva, e il più recente procedimento n. 1943 del 2016 a carico di imputato noto, che risponde a una recente denuncia firmata tra l'altro da parecchi parlamentari. Pur facendo essa capo agli accertamenti ARPAV, dà un'interpretazione giustamente allarmata del fenomeno. Le indagini sono correnti, quindi, al momento assegnate alla collega dottoressa De Munari, che appartiene al gruppo di lavoro in materia dei reati ambientali.
  Suppongo che gli aspetti tecnici siano già stati illustrati alla Commissione dalle precedenti audizioni. A me preme, perché la Commissione possa inquadrare l'approccio della procura rispetto al fenomeno, una premessa di analisi delle norme, che sotto il profilo penale possiamo – o non possiamo, dico anche – applicare alla questione.
  Il decreto legislativo n. 152 del 2006, la legge fondamentale in materia di contravvenzioni ambientali, nelle tabelle allegate alle quali si riferiscono gli articoli che prevedono i reati specifici non hanno mai recepito le sostanze inquinanti di fatto, come ora si ritiene, di cui ci stiamo occupando. In sostanza, rimane un vuoto sotto il profilo della previsione penale.
  Si dice da parte dell'ultima denuncia cui ho accennato che esistono peraltro delle direttive europee che segnalano queste sostanze come fortemente inquinanti. In particolare, per quello che riesco a capire, una direttiva ancora del 2000, la n. 60 dell'Unione europea, impegnava l'Italia entro il 2015 a raggiungere un buono stato ecologico dei corpi idrici, una direttiva del 2013, la n. 39, recepita dal decreto legislativo n. 172 del 2015, fissa in particolare per il PFOS, il più pericoloso forse nella famiglia di elementi di cui ci stiamo dicendo, un limite massimo estremamente basso e contenuto di 0,65 nanogrammi per litro, che dico subito nel nostro caso risulta ecceduto di almeno 2.000 volte. Questa direttiva è obbligatoria secondo l'altra direttiva n. 122 del 2006.
  Bene, il problema giuridico che anzitutto mi pongo è questo. L'Italia recepisce una direttiva che ritiene il PFOS sostanza evidentemente pericolosa. Tuttavia, nel recepire col decreto legislativo del 2015 questa direttiva, non la traduce in un aggiornamento delle sostanze vietate ai sensi del decreto del 2006 che definisce i reati. Allora, in sostanza, lo stato della normativa, se bene lo capisco, è questo: l'Italia si impegna a migliorare urgentemente la qualità delle proprie acque e, tuttavia, al di là di quest'impegno, non introduce una variazione alla vacanza penale che esisteva e che tuttora esiste nella normativa specifica. Detto in poche parole, non ho un reato specifico da poter far valere in questo senso.
  C'è, in verità, nel 2015 l'aggiornamento del codice penale con i delitti ambientali, che vanno dal 452-bis in seguito. Peraltro, il vigore di queste norme che astrattamente posso utilizzare per la repressione penale è del 29 maggio 2015, sicché per principio generale, essendo le norme penali di stretta interpretazione, devo trovare per poterli punire dei comportamenti illeciti successivi, e cioè inclusi nell'ultimo anno. Neppure a norma di questa nuova legislazione posso ritenere quelli precedenti nel mio ambito di interesse penale. Ovviamente, questo complica molto gli accertamenti e l'attribuzione di specifiche responsabilità in merito.
  Naturalmente, questo non ci esime dall'analisi di ciò che è avvenuto da parte della Miteni nell'ultimo anno, da maggio 2015 fino a oggi, per comprendere se può essere Pag. 7inquadrato nel reato di alterazione dell'ambiente, il 452-bis, o ancor peggio nel reato di disastro ambientale, il 452-quater.
  Se così potesse essere, segnalo anche, perché pure esso è alla nostra attenzione, il 452-terdecies di questa lunga di nuovi reati, che consiste in un reato per omessa bonifica. Segnalo, però, una situazione che sotto il profilo normativo indico perché forse potrebbe anche essere meritevole di miglioramento in questo senso.
  L'azione preventiva da parte dell'indagine penale ha uno strumento principe, che è il sequestro preventivo, che in definitiva potrebbe attingere la fonte inquinante e addirittura bloccarla inibendone l'utilizzo, con le conseguenze di chiusura degli sversamenti, la conseguenza collaterale peraltro di chiusura dell'attività, con conseguenze sull'occupazione delle maestranze e così via.
  Il punto che vorrei segnalare è questo. Secondo la norma sulla responsabilità degli enti, il decreto legislativo n. 231 del 2001, gli enti possono essere chiamati direttamente a concorrere nella responsabilità con i propri organi in caso di sussistenza di determinati reati. Cosa molto interessante, questo decreto con un'innovazione degli articoli 15 e 45 estremamente interessante, consente all'autorità giudiziaria di prescegliere, anziché il classico strumento del sequestro, in maniera sostitutiva la nomina di un commissario giudiziale alla bonifica.
  Si inserisce, dunque, secondo questa possibilità e in base alla sussistenza dei presupposti della responsabilità dell'ente, un operatore pubblico che forzosamente costringe l'azienda a dotarsi in maniera perfezionata degli strumenti, in questo caso di depurazione.
  L'aspetto che vorrei segnalare è questo. I reati che trasferiscono la responsabilità all'ente, e che quindi consentono quest'interessante strumento di intervento, sono 452-bis e 452-quater. Non è previsto invece tra i reati che producono questi effetti il 452-terdecies, cioè l'omessa bonifica. questo è po’ paradossale, un controsenso. È proprio nel campo della bonifica che si inserisce il commissario giudiziale alla bonifica. Mi permetto di segnalarlo molto sommessamente, perché mi pare un aspetto significativo. Allo stato, seppur riuscissi a dimostrare la consistenza di reati di 452-bis o 452-quater, non dispongo di altro se non dello strumento drastico della richiesta al gip della chiusura dello scarico.
  Questi sono i limiti dell'azione consentita all'inquirente. Sono limiti, per la verità, abbastanza angusti. Dovrei dimostrare, per provare i reati di alterazione o di disastro ambientale, che dopo il maggio 2015 l'ambiente è stato abusivamente alterato o distrutto, il che è difficilissimo. Gli sversamenti di cui parliamo, infatti, durano da quarant'anni almeno. Il grosso della diffusione inquinante di fronte alla quale ci troviamo oggi si è già compiuto precedentemente.
  E anzi bisogna dire che dagli accertamenti ARPAV dal 2013 in poi la Miteni si è attivata per migliorare la qualità degli scarichi. Mi trovo, dunque, anche qui di fronte a un problema difficilmente risolvibile, per il quale una difesa può oppormi in maniera abbastanza facile, secondo dialettica processuale, che dal 2015 in poi non solo non ha alterato o distrutto, ma di fronte a una distruzione già avvenuta si è attivata a migliorare.
  Peraltro, negli ultimi due anni la tipologia degli scarichi è mutata. Negli ultimi due anni l'azienda non scarica più PFOS né PFOA, perfluoroottanoico, perché ha mutato la produzione, verosimilmente non per sensibilità ecologica ma per diversa richiesta del mercato, e produce adesso un altro degli elementi della famiglia PFAS, che però si denomina – perdonatemi le improprietà scientifiche – a catena corta: non sono più otto atomi legati, ma quattro. Questo cambia parecchio per quanto mi dice l'ARPAV.
  Mentre il PFOS o il PFOA hanno, secondo studi abbastanza consistenti, una permanenza nell'organismo umano che va da 5 a 13 anni, in particolare nel sangue, la nuova sostanza permane invece «soltanto» per quindici giorni. Allo stato, dunque, gli scarichi sono differenti da quelli storici. È bene tener presente che l'amplissima zona attualmente oggetto dell'inquinamento presenta gli inquinanti precedenti, anche perché Pag. 8 gli ultimi non sono ancora defluiti in maniera significativa e consistente per invaderla.
  Secondo me, non è semplice muoversi sotto il profilo di un'indagine penale con questi paletti, come si suol dire. Io urto continuamente controllo i limiti della punizione penale di fatti che precedentemente non era prevista, e quindi in questo senso devo muovermi.
  La prima indagine che ci proponiamo è di tipo tecnico-ricostruttivo del fenomeno, e qui ci aiuta principalmente l'ARPAV. Il secondo aspetto è di comprendere cosa succede dopo, ossia entra nella catena alimentare questa sostanza sversata nelle falde acquifere sotterranee, che poi risulta anche nei corsi d'acqua superficiali, taluni dei quali nascono da risorgiva, in sostanza essi stessi attingendo all'origine alle acque sottostanti inquinate?
  Credo che conosciate, quindi non insisto, la morfologia della zona interessata, che lambisce i colli Berici e poi devia verso l'Adriatico grosso modo. Evidentemente, nella zona interessata ci sono pozzi che attingono, attività di allevamento, di irrigazione, e quindi indubbiamente la trasmissione e l'assunzione da parte del consumatore per catena alimentare è difficilmente contestabile.
  A questo punto, però, mi viene un ulteriore problema di dimostrazione. Se è vero che l'alimentazione trasmette all'uomo, in una scala che devo ritenere anche vasta, queste sostanze e se è vero che queste sostanze sono di bioaccumulo, ossia persistono dell'organismo, tuttavia manca una concorde dottrina scientifica che ci dica quali sono effettivamente le conseguenze sulla salute.
  Ci sono adesso pronunce di organismi internazionali e pronunce anche abbastanza recenti dell'Istituto superiore di sanità. Per quello che risulta ai miei atti, l'Istituto superiore raccomanda di garantire la sostanziale rimozione di questi composti nelle acque destinate al consumo umano e indica dei limiti, 3 nanogrammi per litro per PFOS, 5 per le altre sostanze che appartengono alla famiglia.

  LAURA PUPPATO. Procuratore, mi scusi, lei sta leggendo il documento di gennaio 2014?

  ANTONINO CAPPELLERI, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza. Del gennaio 2014 e del giugno 2015 dell'Istituto superiore di sanità.
  Questi limiti sono significativamente più alti di quello della direttiva europea, addirittura di 0,65 nanogrammi.

  PRESIDENTE. Nelle acque potabili?

  ANTONINO CAPPELLERI, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza. Sì.

  PRESIDENTE. Questi sono i limiti per il consumo umano?

  ANTONINO CAPPELLERI, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza. Sì.
  Questo differente livellamento indica già di per sé, con le differenze significative che ha, un'incertezza della dottrina specifica. È vero che, rispetto sia all'una sia alle altre, i nostri limiti sono assolutamente molto superiori.
  Tuttavia, l'unico che mi risulta, se vogliamo forse un po’ fatto in casa, è uno studio che ha osservato per trent'anni gli effetti su persone particolarmente esposte, i lavoratori dell'azienda Miteni, che credo sia stato condotto dal medico aziendale stesso. Questo studio ci dà un risultato abbastanza sorprendente: ci dice che gli unici parametri alterati da questa disposizione sono il colesterolo e l'acido urico, il che è abbastanza banale tutto sommato, perché anche sostanze sanissime ahimè ci portano talvolta agli stessi risultati.
  Questo continua a lasciarci nell'indecisione, e quindi in buona sostanza...

  LAURA PUPPATO. Mi scusi, alterati statisticamente?

  ANTONINO CAPPELLERI, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza. Statisticamente, certo.

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  LAURA PUPPATO. Vuol dire in più rispetto a qualunque soggetto di quell'età e con quelle caratteristiche.

  ANTONINO CAPPELLERI, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza. Sì.
  In definitiva, in quest'incertezza scientifica, laddove tempo fa il composto era classificato come irrilevante e adesso taluni lo classificano come cancerogeno addirittura, gli organi ufficiali – torno principalmente all'Istituto superiore di sanità – danno delle raccomandazioni precauzionali.
  Per converso, dall'esperienza non più scientifica ma macroscopica che possiamo avere sul territorio, non ci risultano particolari epidemie. Nessuno ha mai denunciato – poi magari lo sarà, ma se lo è, è sfuggito – una significativa differenza rispetto alle medie nazionali dell'incidenza di tumori nel territorio di cui ci stiamo occupando. E se non ho la prova di un'epidemia, non riesco neppure a utilizzare utilmente l'ipotesi di reato del 439 del codice penale, l'avvelenamento delle sostanze destinate all'alimentazione.

  PRESIDENTE. Vorrei chiederle, infatti, questo: non c'erano i presupposti per l'applicazione del 439?

  ANTONINO CAPPELLERI, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza. Singolarmente, la persona che è stata amministratore delegato della Miteni fino a tempo recente ha un precedente penale di condanna per avvelenamento, che risale al tempo in cui operava in Piemonte, presso la Solvay. Quel caso, però, è differente dal nostro. Lì lo sversamento era di cromo esavalente, una sostanza che ha la sua definizione scientifica, diversamente da quella con la quale abbiamo a che fare qui.
  So che per le sollecitazioni dei tempi più recenti la regione Veneto, questa volta non mediante l'ARPAV ma attraverso gli organi sanitari, ha avviato un vasto un monitoraggio delle possibili conseguenze sulla salute della popolazione. Credo che l'iniziativa sia partita da non più di un anno. È un'iniziativa che dovremo vedere e quali primi risultati ci suggerisce. Ovviamente, se ne derivasse un'alterazione significativa, tutto il quadro sotto il profilo penalistico cambierebbe, e potremmo partire con azioni incisive rispetto a una prova di questo genere.
  Tuttavia, in questo momento la situazione non è attuale, sicché da un punto di vista di strategia dell'indagine ho due possibilità: attendo di acquisire l'esito del monitoraggio o procedo con una mia consulenza tecnico-medica, sovrapponendomi all'azione di screening che attualmente conduce la regione, duplicando in qualche modo l'attività e dovendo incaricare di un sondaggio così complicato delle persone di livello scientifico estremamente elevato che diano una sicurezza magari anche prescegliendole in ambito extra nazionale.
  In sostanza, per chiudere questo forse lungo excursus, ho delle serie difficoltà al rinvenimento di strumenti penali applicabili alla concreta fattispecie, il che suggerisce in questo momento una fase di ricognizione conoscitiva del fenomeno e di approfondimento dei profili tecnico-scientifici che lo caratterizzano.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il procuratore. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LAURA PUPPATO. Innanzitutto, la ringrazio per l'estesa relazione, proprio che ci necessitava. Le sono particolarmente grata, quindi, del fatto che abbia voluto entrare nel merito in modo così approfondito.
  Le risulta un rapporto/esposto/denuncia dettagliato da parte di ARPA Veneto?
  In materia di reati ambientali, a quale polizia giudiziaria vi affidate normalmente come procura di Vicenza?
  Vorrei sapere anche che collaborazione c'è stata con ARPA Veneto. Se posso precisare una cosa, è un documento risalente al 21 giugno 2013, in cui l'ARPA Veneto invia alla regione Veneto una comunicazione in cui testualmente dice: «Si fa presente – dice questa lettera – che non essendo le concentrazioni di sostanze normate Pag. 10 dal 152 del 2006... ARPAV non è attrezzata a effettuare analisi di laboratorio finalizzate alla ricerca di tale sostanza».
  Anche alla luce di quest'auto-dichiarazione, autodenuncia di ARPAV del 21 giugno 2013, vorrei capire a sua conoscenza quali sono l'evoluzione, la qualità strumentale e a qualità di analisi di ARPAV stessa relativamente alla materia.

  ANTONINO CAPPELLERI, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza. Posso dire che le informative da parte dell'ARPAV sono state costanti e numerose dal 2013 a ieri direi. A queste si affianca anche una consultazione informale per la migliore esplicazione a noi, che tutto sommato dobbiamo essere un po’ tuttologi, e quindi abbiamo bisogno di una stampella tecnica, anzi ci è indispensabile. La collaborazione, per quanto ho potuto verificare, è stata quindi costante e, ovviamente, ci ha anche rappresentato quelle difficoltà di carenza normativa che prima dicevo.
  Quanto alla polizia giudiziaria, quella elettiva potrebbe essere il Corpo forestale dello Stato.

  LAURA PUPPATO. Mi scusi, per chiarezza, non c'è solo un comparto normativo lacunoso, c'è un'auto-dichiarazione in cui si dice che si...

  ANTONINO CAPPELLERI, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza. Ci arrivo. Stavo seguendo i suoi quesiti.
  Dicevo del Corpo forestale dello Stato, ma anche i NOE dei Carabinieri, Nucleo operativo ecologico, anche se sappiamo che il NOE Veneto non è particolarmente attrezzato, perché ha strutture piuttosto esigue e questo non aiuta.
  Per quanto riguarda i limiti di analisi, sentivo proprio recentissimamente che le attrezzature sono adesso state adeguate. In questo momento le analisi dovrebbero essere capaci di monitorare meglio.
  Bisogna anche dire che la stessa Miteni ha in qualche modo coadiuvato l'ARPAV, perlomeno negli ultimi tempi, col fornire o con una ricerca quasi comune dello stato dei luoghi e della qualità degli sversamenti. In sostanza, il discorso che oggi l'ARPAV porta avanti è questo: dal punto di vista tecnico è possibile anche l'intercettazione, ritiene l'ARPAV, integrale di tutto quanto lo sversamento inquinante; è solo questione di impegno di spesa e di aggiornamento tecnico delle strutture.
  Questa barriera non passa dai depuratori, dai quali pure in parte è passato comunque nel tempo trascorso lo scarico, depuratori che, essi sì, non sono attrezzati. In particolare, risulterebbe che dal depuratore di Trissino proviene il 97 per cento delle emissioni, perché il depuratore su questa sostanza nulla depura.
  Immediatamente a monte, immediatamente a valle degli scarichi ancora privati per così dire, si ritiene che sia efficace la penetrazione con pozzi piezometrici, vale a dire con pozzi che risucchiano dalla falda tutto quanto vi è stato versato, che lo convogliano per dei filtri i carboni attivi e consentono in questo modo di trattenere tutto, di emungere tecnicamente, lo sversato inquinante.
  Risulta che dal 2013 al 2015 sono stati emunti circa 30 chili di PFSA con questo sistema. Da tre pozzi barriera coi filtri a carbone attivo si è passati a otto pozzi. Secondo l'ARPAV si dovrebbe rendere ancora più numerosi questi emungimenti, il che in parte è pure previsto da un piano che la Miteni ha proposto, attualmente però non attuato. Il suggerimento rispetto al possibile intervento di tipo coattivo da parte dell'autorità giudiziaria su questo sistema di scarico sarebbe proprio quello di surrogarsi attraverso il commissario alla decisione anche economica di impegno per la realizzazione di queste strutture. Su questo ho le difficoltà che dicevo.

  ALBERTO ZOLEZZI. Ringrazio il procuratore per l'esposizione.
  Ho letto alcuni articoli in cui si parla appunto dell'eventuale prescrizione del reato. Lei ha parlato di alcune date di presentazione, ma mi sembra che abbia fatto riferimento a esposti, o comunque documenti dal 2015 in poi: ci sono anche Pag. 11documenti precedenti? Qual è l'eventuale rischio di prescrizione?
  Adesso ha citato i dati che confermano anche alcuni documenti che abbiamo noi che l'inquinamento in ogni caso sta proseguendo anche con le medesime sostanze, proprio per l'inquinamento dell'ambiente. Le sostanze prodotte almeno fino al 2011, secondo alcuni fino al 2013, sono ancora presenti nelle falde al di sotto e vanno a finire nel depuratore, che con difficoltà sta cercando di trattenere queste sostanze perfluoroalchiliche.
  L'inquinamento, quindi, sembra comunque ancora in corso: oltre alle cose che ci ha detto adesso, c'è qualche altro provvedimento coattivo o meno per bloccare quest'inquinamento?
  Una cosa che balza un po’ agli occhi sono gli studi dell'ENEA, e il primo dal 2006 al 2013, che ha portato poi ARPA Veneto a muoversi, uno studio durato sette anni. Vorrei capire quando l'ENEA si è resa conto che c'erano problemi. Sono andati avanti sette anni a fare studi per poi dire che c'erano problemi. Negli Stati Uniti e in Germania è all'inizio del 2000 che si sono visti i problemi. L'ENEA non poteva, quindi, avere grossi dubbi a mio parere. Questo va visto bene.
  Oltretutto, l'ENEA ha pubblicato la settimana scorsa l'aggiornamento degli studi, e vi si parla dal punto di vista epidemiologico di un aumento di circa 1.300 decessi nei comuni maggiormente impattati da queste sostanze nelle falde e nell'acqua potabile, soprattutto quelli che hanno le sostanze perfluoroalchiliche sia nelle falde sia nelle acque potabili, dove il rischio è doppio. Vorrei capire se state considerando questi studi dell'ENEA. Ci risulta che sia stato depositato in procura il 6 maggio dalla dottoressa De Munari.

  PRESIDENTE. La domanda quale è? È stata deposta la relazione ENEA e ne è stato tenuto conto?

  ALBERTO ZOLEZZI. Sì, sia di quella precedente sia di questa. Vorrei capire se l'aggiornamento depositato con una perizia epidemiologica viene utilizzato e in che modo? Nell'ambito dell'avvelenamento delle acque – questo è, chiaramente, una mia opinione personale – andrebbe considerato di per se stesso, anche perché questi ultimi dati dell'ENEA sembrano supportare pesantemente questa situazione.
  Le ricordo che alla Solvay l'amministratore delegato precedente aveva trattato sicuramente anche sostanze perfluoroalchiliche. Era il secondo impianto più importante a produrle, anche se è vero che la condanna risulta solo per il cromo.
  Abbiamo parlato l'altro giorno con l'assessore regionale all'ambiente del fatto che tra i protagonisti c'è regione Veneto. A oggi il Veneto non ha nessuna pratica di tutela per quanto riguarda i reflui idrici, in specie i fanghi di depurazione. Secondo l'Istituto superiore di sanità, i fanghi di depurazione delle zone contaminate da perfluoroalchili sono una sorta di concentrato di queste sostanze. A oggi il Veneto li esporta in altre regioni, dove vengono sparsi al suolo, e nessuno sta prendendo in considerazione che, sulla base di vari valori, di tali dati, probabilmente anche questo potrebbe configurarsi come reato.
  I perfluoroalchili negli alimenti risultano essere in tutte le varie casistiche e monitoraggi almeno i tre quarti della quota giornaliera con una persona assume nelle zone più contaminata, dove sono sia nella falda acquifera, che vuol dire in allevamenti e agricoltura, sia a livello di acqua potabile. È vero, quindi, che i perfluoroalchili a catena corta, che sono ancora più idrosolubili, forse rimangono poco tempo nell'organismo, ma comunque, essendo più solubili ancora, su questo vorrei mettere un altro punto.

  PRESIDENTE. Formuli le domande.

  ALBERTO ZOLEZZI. Relativamente ai perfluoroalchili a catena corta, adesso quest'azienda sta producendo a ritmo normalissimo queste sostanze a catena corta, che presentano la sola differenza di tossicità legata alla disponibilità.
  Ancora, lei ha citato lo studio sui lavoratori, uno studio fatto malissimo. Io l'ho confutato come metodo dagli anni Ottanta: Pag. 12non si confrontano i lavoratori con la popolazione normale. Se uno lavora, non è popolazione normale. Quello è un grosso errore metodologico già affrontato in epidemiologia dalla fine degli anni Ottanta. Stiamo attenti al fatto che un medico aziendale è un medico di quell'azienda. Probabilmente, una consulenza tecnica di ufficio eviterebbe questi errori grossolani.

  ANTONINO CAPPELLERI, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza. Intanto, confesso di non aver ancora letto il documento del 6 maggio che ha appena citato. Non posso, quindi, comprendere esattamente che cosa apporti al quadro probatorio. Per quanto riguarda, quindi, questi 1.300 decessi, allo stato non sono informato.
  Avevo citato quell'indagine che, come ricorda, avevo qualificato come fatta in casa, in assenza di altre indagini fino a questa che lei adesso mi pone all'attenzione. Ovviamente, tutto sarà oggetto di approfondimento.
  Per quanto riguarda la presenza delle sostanze, è indubbia. Le sostanze, peraltro, per quello che ci dicono, permangono e permarranno per quasi cento anni nell'ambiente prima di degradarsi. È evidente, dunque, che le sostanze che vengono sversate da tempo rimangono. In questo momento, sono di qualità peggiore rispetto agli sversamenti attuali. Ciò non significa che gli sversamenti attuali siano giustificabili, ma il problema di sanità pubblica principale in questo momento è quello di lungo periodo di cui dicevo.
  Per quanto riguarda la prescrizione dei reati, ha termini differenti. Le contravvenzioni, quelle della legge del 2006, hanno una prescrizione breve di 4 più un anno, ma come le dicevo temo che, prima che pensare alla prescrizione, occorra prendere atto che non esiste la legge che configura il reato specifico contravvenzionale. Le prescrizioni dei delitti del 452-bis sono, invece, estremamente più consistenti e consentono, se queste norme possono essere azionate, un tempo sicuramente maggiore di azione.

  PAOLO ARRIGONI. Signor procuratore, intervengo solo per un chiarimento. Quando prima ha accennato al recepimento della direttiva n. 39 del 2013 nel decreto legislativo n. 172 del 2015 ha sottolineato che vi è stata definita una soglia di 0,65 nanogrammi per litro, per quanto riguarda il PFOS, ma poi che non è possibile utilizzarla? Vorrei un approfondimento su questo passaggio.

  ANTONINO CAPPELLERI, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza. Ho cercato soltanto di dire che questa è la performance, cioè l'obiettivo che la direttiva europea fissa, che però non è stato assistito da una previsione penale che lo tuteli.

  MIRIAM COMINELLI. Relativamente al procedimento penale scaturito dalla denuncia di ARPAV del luglio 2013, che a noi risulta essere stato archiviato, è confermata l'archiviazione? In caso affermativo, è possibile avere una copia della richiesta di archiviazione e l'eventuale provvedimento del gip?
  In secondo luogo, relativamente al suo ragionamento sulla difficoltà nell'applicazione dei reati ambientali in questo caso, è mai stata presa in considerazione la strada dei reati delle lesioni gravi o gravissime per la salute, il 582, anche avvalendosi eventualmente della consulenza di IRSA (Istituto di ricerca sulle acque), che nella sua documentazione descriveva dettagliatamente i danni alla salute per questo tipo di sostanze?

  ANTONINO CAPPELLERI, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza. Il fascicolo del 2013 è stato chiuso proprio perché non si è rinvenuta una fattispecie che incriminasse i fatti accertati, nel senso che prima avevo detto e che quindi non ripeto. Non c'è nessun problema nel fornire copia dell'archiviazione.
  Peraltro, poiché le segnalazioni sono continuate, sono stati accesi successivi procedimenti, e dunque in definitiva anche il materiale contenuto in quello può essere Pag. 13sussunto, recuperato ai procedimenti aperti.
  Mi perdoni, ma forse dimentico una delle sue domande.

  MIRIAM COMINELLI. Le chiedevo in merito all'eventuale possibilità di percorrere la strada dei reati per lesioni gravi o gravissime alla salute.

  ANTONINO CAPPELLERI, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza. Sì, 590 e 589 del codice penale, cioè lesioni colpose e omicidio colposo, non vorrei dire addirittura omicidio volontario per previsione.
  Per quanto riguarda i reati colposi, probabilmente oggi sono superati dalla norma specifica, il 452-ter, che prevede la lesività conseguente a un'alterazione dell'ambiente. Dal punto di vista di fatto, la questione comunque sussunta sotto una o sotto l'altra norma è uguale e passa attraverso la dimostrazione della lesività e degli effetti dannosi che si siano concretamente verificati.

  MIRIAM COMINELLI. Prima diceva che volete avvalervi di personale tecnico e di IRSA.

  ANTONINO CAPPELLERI, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza. Questo sarà valutato certamente.

  LUIS ALBERTO ORELLANA. Vorrei tornare sul tema posto dal collega Arrigoni proprio con riferimento alla direttiva n. 39 del 2013, che come ha detto anche lei pone dei limiti, delle soglie molto basse. Lei ci ha fatto un paragone, se ho capito bene, con le pronunce dell'Istituto superiore di sanità, per cui sono un po’ più alte. In ogni caso, i dati che ha recuperato ARPAV sono molto alti. Io ho guardato e sono intorno ai 10-11 nanogrammi per litro.
  I problemi sono due, se ho capito, cercando di fare una sintesi, perché la sua spiegazione è stata molto più lunga e chiara di quanto potrò essere io. Mi pare che da una parte ci sia il problema di dimostrare un rapporto causa/effetto tra questi inquinanti ai danni della salute umana, e questo è un problema generale. Il secondo problema è, avendo specificamente strumenti maggiori da quando c'è la nuova legge dell'anno scorso, che gli inquinamenti post-maggio 2015 sono effettivamente forti, gravi e producono danni alla salute. Può darmi conferma che ho capito bene che sono i due grandi problemi davanti a cui si trova l'azione penale?
  Tuttavia, d'accordo con le pronunce dell'Istituto superiore di sanità, che se ho segnato bene lei ha detto che sono anche un po’ precauzionali, ma proprio la direttiva non si basa invece sul definire questi limiti con studi che dimostrino un rapporto causa/effetto? Diversamente, non capisco come siano state definite anche con così tanta precisione: 3 o 5 possono essere studi – non voglio essere tranchant – ma a un certo livello, mentre lo 0,65 parla di una serie di studi che negli anni con modalità scientificamente valida ha dimostrato che sono quelli i limiti al di sopra dei quali potrebbe venire un danno per la salute. Diversamente, non capisco perché avrebbero dovuto recepire la direttiva.
  Sempre a questo proposito, lei si sarebbe aspettato nel recepimento della direttiva n. 39 del 2013 un adeguamento degli allegati, quindi del 152 del 2006? È questa che vede come carenza? Io l'ho capita così.

  ANTONINO CAPPELLERI, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza. Certamente, questo significa, non essendo state adeguate le tabelle, che il reato non si può configurare. Non c'è dubbio. Naturalmente, non spetta a me, ma al legislatore valutarlo. Quello del riferimento a tabelle è un sistema che è stato insidioso in tanti campi. È, per esempio, lo stesso sistema della punizione per lo spaccio delle sostanze stupefacenti. Gli stupefacenti nuovi sfuggono talvolta alle tabelle. C'è una carenza strutturale del metodo tabellare.
  Dall'altra parte, se si esclude una definizione tassativa, questo porta a un aumento della capacità dell'interprete di dare proprie valutazioni, e quindi a uno smarginamento della fattispecie. È una questione Pag. 14 che il legislatore deve apprezzare e risolvere secondo quello che ritiene meglio.

  LAURA PUPPATO. Le pongo, procuratore, tre domande sulle informazioni che ci ha fornito in precedenza, anche a seguito di altre domande che erano state poste.
  Lei ha detto che le strumentazioni ARPAV sono state recentissimamente adeguate: può darci un riferimento temporale? Comunque, può farci intendere che cosa significa a sua conoscenza?
  Ha dichiarato che i depuratori non sono attrezzati. Ha detto, per esempio che dal depuratore di Trissino arriva il 97 per cento delle sostanze perfluoroalchiliche: oggi come si è evoluta la situazione? Ha modo di spiegarci, a suo modo di vedere, con quale proseguimento, con quale capacità di risolvere?
  Ancora, ha detto che Miteni non ha attuato il piano: si riferisce all'AIA? A quale piano esattamente?
  Arrivo a un'altra domanda, che invece non prende spunto dalle dichiarazioni che ha fatto. Lei sa che a luglio 2014 è stata approvata un'AIA, un'autorizzazione ambientale integrata, che ha dato dei limiti di emissione, guarda caso gli stessi che ha raccomandato l'Istituto superiore di sanità sei mesi prima.
  Lei afferma che in effetti non c'è una legislazione italiana nelle condizioni di dare un limite tassativo ai perfluoroalchilici, tale da permettere alla sua procura di procedere avendo un riferimento di legge, oltrepassato il quale c'è il reato. Nel momento in cui c'è una raccomandazione, e questa viene inserita in un ambito AIA, e quindi quei dati vengono forniti come da rispettare perché cogenti, non possono essere sufficienti per determinare che non c'è e non può più esserci ignoranza da quel momento che son passati due anni e mezzo da quella data sia per le autorità politiche sia per la stessa ARPAV?
  Nella direttiva che ha citato, la n. 60 del 2000, leggiamo anche altro, non soltanto le cose che lei ci ha detto. Leggiamo che in caso di pressioni industriali o antropiche le autorità competenti sono tenute, proprio in virtù del mantenimento della buona qualità delle acque, a far analizzare in base al tipo di pressione (chimica, fisica, biologica) caso per caso, area per area, esattamente quegli inquinanti.
  Banalizzo: se so che c'è una zona piena di allevamenti di maiali, evidentemente non cercherò le perfluoroalchiliche, ma quegli inquinanti che presumibilmente possono essere rintracciati nelle acque perché frutto di quelle attività.
  Allo stesso modo, tutti sappiamo che la zona delle concerie più la zona delle industrie chimiche è lì localizzata, per cui l'attenzione dal punto di vista delle emissioni è tale per cui gestore ARPAV o io legislatore so che devo ricercare in particolare quelle sostanze e non altre. È probabile, infatti, che siano quelle che mi ritroverò nell'acqua da bere o in quella con cui si alimentano i campi.
  Anche da questo punto di vista, si può parlare di completa assenza di conoscenza, di ignoranza, e quindi di «tolleranza giuridica» rispetto a questi comportamenti?

  ANTONINO CAPPELLERI, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza. Spero di ricordare tutte le questioni.
  La dotazione attuale di strumenti da parte dell'ARPAV è notizia che mi perviene dall'ARPAV. Non sono in grado di interloquire sotto il profilo tecnico. La recepisco così e così la riferisco.
  Quello di Trissino è un depuratore concepito per l'inquinamento da insediamento urbano, e quindi non è mai stato attrezzato in maniera specifica. È questo che necessita quel drenaggio a monte che è stato richiesto e che la Miteni ha in parte attuato. Quando dico che non lo ha ancora attuato, dico che ci risulta che potrebbe essere fatto di più e che esiste un'attivazione procedimentale che tende a definire un maggiore intervento, attivazione procedimentale in fase di autorizzazione che tuttavia a oggi non si è tradotta in strutturazione effettiva per tempi tecnici.
  Bisogna anche dire che i livelli di emissione, almeno dell'ultimo anno, forse biennio, hanno visto una decisissima diminuzione delle emissioni inquinanti, dicevo non più PFOA e PFOS. Anche sotto il profilo quantitativo, mentre prima c'era quel superamento mostruoso di migliaia di Pag. 15volte i criteri di base, adesso il superamento sta tra le decine e le plurime decine rispetto agli stessi livelli, bisogna aggiungere con due picchi che temporalmente si sono verificati in occasione di particolari precipitazioni intense, che hanno elevato la falda, e dunque possono essere riconosciuti come dovuti a queste evenienze.
  La sufficienza o la consapevolezza dell'inquinamento, che si traduce in una scarsa volontà di prevenire da parte dell'interessato, è cosa ovviamente apprezzabile sotto il profilo di riprovazione da parte dell'opinione pubblica, ma io devo confrontarmi con fattispecie rigorosamente previste come reati. Quando esco da lì, non ho più voce.
  L'opera di attenzione da parte delle autorità locali probabilmente risente della tempistica che ha mosso alla fine tutti. Solo negli ultimi tempi c'è un'attenzione particolare. D'altro canto, quest'incertezza scientifica che più volte abbiamo richiamato sugli effetti concreti di queste sostanze non consente di ritenere particolarmente pigra, risalendo negli anni, una consapevolezza che forse ha risentito dell'evoluzione della comprensione di questo sistema. Naturalmente, non sono io a doverlo giudicare in questo momento.
  Per quanto riguarda la concia e gli altri, questi idrorepellenti, le sostanze di cui parliamo, sono alla base di alcuni tessuti cosiddetti tecnici come il Gore-Tex, di schiume antincendio, sono perfino tracciatori nello studio dei flussi dei liquidi. Siccome non si mischiano, ci fanno capire, se ne immettiamo uno in un determinato liquido, qual è la velocità di spostamento. Dicevo che la Miteni vende ad altre aziende, e anche alle concerie: questo ci spiega in qualche modo il fatto che alcune sacche di inquinamento sono a monte della Miteni, perché evidentemente provengono dai clienti.

  PAOLO ARRIGONI. Procuratore, intervengo per un'integrazione. Per colmare questo vuoto normativo legato alla mancanza nelle tabelle del decreto legislativo n. 152 del 2006 dei valori di concentrazione di soglia di contaminazione di queste sostanze, posto che per i PFOS e i PFOA Miteni non fa più produzione, quante di queste tipologie di sostanze dovrebbero essere normate secondo lei? Questi due? Anche i perfluoroalchilici a catena corta? Ce ne sono altri? L'obiettivo è consentire un'azione di contrasto e prevenzione.

  ANTONINO CAPPELLERI, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vicenza. Dico solo una mia criticabile opinione personale: più si dettaglia e più si rischia di lasciar fuori qualcosa. Io sarei, eventualmente, per un'integrazione per famiglie piuttosto che per singola, ma ovviamente questo è un mio modo di vedere.

  PRESIDENTE. Quella che emerge è questa copiosissima bibliografia al riguardo. Non c'è dubbio, come ha giustamente ricordato, che in questo caso la normativa non aiuta, perché non era tabellato. Come giustamente lei ha detto, era difficile anche appellarsi al tipo di reato. Quello che fa un po’ specie è che la normativa copiosa aveva dato la possibilità ad altri Paesi di metterci qualche valore, anzi a più di qualche Paese e da più di qualche anno.
  La ringraziamo e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.10.

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