XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti

Resoconto stenografico



Seduta n. 78 di Martedì 19 gennaio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 

Audizione dell'ingegnere Piero Capodieci:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 
Capodieci Piero , ingegnere ... 3 
Bratti Alessandro , Presidente ... 6 
Capodieci Piero , ingegnere ... 6 
Bratti Alessandro , Presidente ... 6 
Capodieci Piero , ingegnere ... 6 
Bratti Alessandro , Presidente ... 7 
Capodieci Piero , ingegnere ... 7 
Nugnes Paola  ... 7 
Capodieci Piero , ingegnere ... 7 
Nugnes Paola  ... 7 
Capodieci Piero , ingegnere ... 7 
Nugnes Paola  ... 8 
Capodieci Piero , ingegnere ... 8 
Nugnes Paola  ... 8 
Capodieci Piero , ingegnere ... 8 
Nugnes Paola  ... 8 
Capodieci Piero , ingegnere ... 8 
Nugnes Paola  ... 8 
Capodieci Piero , ingegnere ... 8 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 8 
Capodieci Piero , ingegnere ... 9 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 9 
Bratti Alessandro , Presidente ... 9 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 9 
Capodieci Piero , ingegnere ... 9 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 9 
Bratti Alessandro , Presidente ... 9 
Capodieci Piero , ingegnere ... 9 
Bratti Alessandro , Presidente ... 10 
Capodieci Piero , ingegnere ... 10 
Bratti Alessandro , Presidente ... 11 
Capodieci Piero , ingegnere ... 11 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 12 
Capodieci Piero , ingegnere ... 12 
Bratti Alessandro , Presidente ... 12 
Bianchi Stella (PD)  ... 12 
Capodieci Piero , ingegnere ... 12 
Bratti Alessandro , Presidente ... 12 
Capodieci Piero , ingegnere ... 12 
Bianchi Stella (PD)  ... 12 
Capodieci Piero , ingegnere ... 12 
Bianchi Stella (PD)  ... 13 
Capodieci Piero , ingegnere ... 13 
Bratti Alessandro , Presidente ... 13 
Capodieci Piero , ingegnere ... 13 
Bratti Alessandro , Presidente ... 13 
Capodieci Piero , ingegnere ... 13 
Bratti Alessandro , Presidente ... 13 
Capodieci Piero , ingegnere ... 13 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 14 
Capodieci Piero , ingegnere ... 14 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 14 
Capodieci Piero , ingegnere ... 14 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 14 
Nugnes Paola  ... 15 
Capodieci Piero , ingegnere ... 15 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 15 
Capodieci Piero , ingegnere ... 15 
Nugnes Paola  ... 15 
Capodieci Piero , ingegnere ... 16 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 16 
Capodieci Piero , ingegnere ... 16 
Bratti Alessandro , Presidente ... 16 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 16 
Bratti Alessandro , Presidente ... 16 
Capodieci Piero , ingegnere ... 16 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 16 
Capodieci Piero , ingegnere ... 16 
Bratti Alessandro , Presidente ... 17 
Capodieci Piero , ingegnere ... 17 
Nugnes Paola  ... 17 
Capodieci Piero , ingegnere ... 17 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 17 
Capodieci Piero , ingegnere ... 17 
Bratti Alessandro , Presidente ... 18 

Comunicazioni del Presidente:
Bratti Alessandro , Presidente ... 18

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ALESSANDRO BRATTI

  La seduta comincia alle 13.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione dell'ingegnere Piero Capodieci.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'ingegner Piero Capodieci, che ringrazio per la presenza. Ricordo che la Commissione si occupa di illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione e dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti, alle bonifiche e al ciclo di depurazione delle acque.
  In particolare, con le audizioni odierne prende avvio l'approfondimento sul mercato del riciclo, che la Commissione ha deciso di avviare perché le percentuali in tale ambito si sono enormemente alzate rispetto a diversi anni fa, essendo questo diventato un business interessante (abbiamo anche avuto segnalazione di molte situazioni veramente borderline). Ci siamo quindi proposti di iniziare un'attività di approfondimento sul tema e abbiamo chiesto, a chi come lei conosce la storia dei consorzi, un'audizione di carattere introduttivo. Avverto il nostro ospite che della presente audizione viene redatto un resoconto stenografico e che, facendone espressa e motivata richiesta, in presenza di fatti illeciti sui quali siano in corso indagini tuttora coperte da segreto, la seduta potrà essere secretata, ma non è il caso di questa audizione.
  Cedo dunque la parola all'ingegnere Capodieci per lo svolgimento di una relazione introduttiva, al termine della quale ci potranno essere delle richieste da parte dei commissari.

  PIERO CAPODIECI, ingegnere. Grazie, presidente. Vi ringrazio per l'occasione. Faccio l'imprenditore nell'ambito della stampa degli imballaggi e sono stato il primo presidente di CONAI, quindi ho partecipato alla relativa progettazione di sistema; sono tuttora nei consorzi ma, oggi, in questa sede, cercherò di dare un contributo specifico in base alla mia competenza generale maturata in questi diciassette anni.
  Procederei, quindi, con l'illustrazione delle slide che vi sono state date. Innanzitutto, c’è la dimensione dei rifiuti prodotti globalmente, che sono 153 milioni di tonnellate, di cui 131 milioni sono i rifiuti speciali e 29 milioni sono i rifiuti urbani assimilati. Come vedete, però, la somma non fa 153 perché nei rifiuti speciali 8 milioni di tonnellate vengono dai rifiuti urbani dopo trattamento e quindi smaltimento come speciali. Gli imballaggi all'interno dei rifiuti urbani sono circa 7 milioni, con una stima un po’ eccessiva, comunque sotto il 5 per cento dei rifiuti globali. Nell'ultimo rapporto ISPRA, in riferimento a questi 153 milioni di rifiuti prodotti, quasi il 76 per cento viene recuperato come materia. Questo pone l'Italia al primo posto dei Paesi dell'Ue a quindici, escludendo la Slovenia, che è molto piccola (4 milioni di abitanti) e che Pag. 4è all'80 per cento. È importante dire ciò perché noi abbiamo spesso un'idea dell'Italia come di un Paese posto in ultima posizione, quale fanalino di coda dell'Europa, mentre in quest'area ciò non è assolutamente vero, anzi siamo a livelli di eccellenza. Così come la nostra industria – non necessariamente per propri meriti ma perché era povera di materie prime – è l'industria che utilizza più materie prime; secondo Ambiente Italia, nel 2012 – ultimo dato a disposizione – l'Italia è il primo Paese europeo sia per quantità riciclate nel sistema industriale, sia per il pro capite e questo dato è ancora più importante. Nell'alluminio cosiddetto «secondario» siamo il secondo o terzo Paese al mondo in valore assoluto (ci sono gli Stati Uniti e poi ce la giochiamo con il Giappone che ha il doppio degli abitanti) e questo dimostra il livello raggiunto in alcune aree. Nel legno noi siamo forti produttori di mobili, quindi, di pannelli in legno, ma ormai, da più di dieci anni, non si fa più un pannello da tronco. Fino al 2000 i pannelli venivano fatti da tronchi, che venivano importati, ridotti a schegge e poi assemblati; dal 2001 in poi non c’è alcuna linea di produzione da tronco e viene tutto fatto da rifiuti di legno, ancora una parte importati. Crescono i costi e crescono anche i rifiuti da imballaggio e gli imballaggi: queste cose le sappiamo tutti ma, forse, messe assieme fanno riflettere di più. È infatti aumentata la quota di popolazione che ha capacità di spesa. Conoscete la curva demografica italiana, che si spinge verso l'alto, con molti quarantacinquenni, ciò aumentando, quindi, la quantità di abitanti italiani che hanno capacità di spesa. Ciò si porta dietro, inevitabilmente, anche i rifiuti. Si tratta di diversi tipi di rifiuti perché i materiali diventano più complessi, non solo quelli industriali, ma anche i tessili ed altri, quindi, rispetto a prima, è più difficile gestire. La raccolta di RSU, di rifiuti urbani, ha l'andamento che vedete, nel senso che nel 2014 siamo un po’ sotto rispetto al 2002, quindi c’è stata una crescita dovuta sia ad una minore sensibilità, sia ad una maggiore capacità di captazione. Fino agli anni 2000 i rifiuti abbandonati erano una realtà più diffusa nel Paese, mentre oggi è sempre più difficile vederli. Ciò ha fatto fare in alcuni anni dei veri e propri salti in termini di raccolta dei rifiuti, senza che però ci fosse necessariamente una produzione di rifiuti maggiore. La cosa più interessante emerge quando consideriamo il dato pro capite, dove vediamo che nel 2013 siamo sotto i livelli del 1999; quindi è vero che questo aumenta, magari in valore assoluto, ma siccome è aumentata anche la popolazione, il livello è questo.
  L'obiettivo che ci eravamo dati, come Governo e come Paese, era quello di arrivare al 5 per cento in meno rispetto al 2010 ma, stando a quanto vedete, c’è un peggioramento; peraltro, siccome adesso l'obiettivo è al 2020, c’è tempo prima di arrivarci.
  Qui c’è una riflessione da fare: per quanto riguarda l'andamento della percentuale della raccolta differenziata, l'obiettivo al 2009 era il 50, al 2011 il 60, al 2012 il 65; siamo cresciuti molto in tal senso, dal 36 nel 2010 al 45 del 2014, ma siamo estremamente lontani dagli obiettivi di legge.
  Il motivo è il modo in cui si legifera – scusate se faccio dei commenti che possono sembrare inopportuni – perché ogni volta che si fissano gli obiettivi in Italia a livello governativo, poi non si gestisce mai la transizione. Normalmente accade che si arriva al 2010, non si sono centrati gli obiettivi e si fa una proroga: questa è la dinamica normale.
  Basterebbe fissare degli obiettivi intermedi e intervenire man mano per evitare questa situazione; infatti poiché poi la proroga se l'aspettano tutti, gli sforzi veri vengono fatti solo nell'ultimo miglio, cioè all'ultimo momento, mentre per tutto il periodo precedente non succede niente.
  Se posso dare un suggerimento, ogni volta che si fissano degli obiettivi di qualsiasi genere, si deve gestire la transizione verso questi obiettivi con dei momenti di controllo intermedi. Come sappiamo, la raccolta differenziata è a macchia di leopardo: il Nord-Est è estremamente virtuoso, Pag. 5Calabria e Sicilia decisamente non virtuose; la Sardegna è un caso interessante perché era a livello di Calabria e Sicilia, ma una norma varata durante la presidenza Soru ha modificato l'andamento dei dati sardi, per cui si può fare. Gli imballaggi sono stati il primo terreno di prova del nuovo paradigma, cioè l'estensione di responsabilità ai produttori che, tendenzialmente, arriverà su tutti i prodotti, non solamente sugli imballaggi. Gli imballaggi sono cresciuti e questo, in genere, viene visto come un fatto negativo; tuttavia alcuni elementi fanno capire come l'evoluzione sociale e demografica porti a un aumento di imballaggi perché, spesso, o si buttano imballaggi, ovvero si butta prodotto.
  Tenete presente che dal 1970 al 2008 il numero di famiglie monoreddito italiane è passato da meno del 13 per cento al 27 per cento. Nel 1970 il 13 per cento era monocomponente (la nonna, il single e via dicendo), quindi, calcolando il 13 per cento di 20 milioni di famiglie, stiamo parlando di 2.600.000 famiglie. Nel 2008 – e la tendenza continua – il numero di famiglie monocomponenti è superiore al 27 per cento, ossia più di 5,5 milioni.
  È chiaro che se il nucleo familiare è costituito da una sola persona, questa non può comprare porzioni famiglia, ma comprerà la monoporzione da tenere in frigo, altrimenti rischierebbe di buttare il prodotto che va a male. La monoporzione si porta dietro più imballaggio per chilo di prodotto, ma ciò non è un fatto negativo quando lo si valuta rispetto all'evoluzione delle famiglie. C’è da dire anche che, ormai, le famiglie mangiano a menu, ossia non si mangia più tutti alla stessa ora, tutti lo stesso pasto, ma uno vuole il prosciutto, l'altro un'altra cosa. Anche questo vuol dire che, più che comprare grandi confezioni, si comprano confezioni quasi monopasto, come se la famiglia fosse individuale.
  Nel 1994, poi, cambia proprio il paradigma. Fino al 1994 le aziende non erano responsabili del loro processo produttivo (emissioni in aria, sicurezza, tutte questioni che riguardano il processo produttivo); nel 1994, invece, diventano responsabili di prodotto. Questo è un cambiamento di paradigma perché mentre il processo produttivo è sotto il controllo dell'azienda, il prodotto non è sotto il controllo dell'azienda, ma è nelle mani del compratore, del consumatore (preferisco usare questo termine perché, anche se sembra passivo, il compratore è uno che sceglie di comprare). Tutto questo cambia sostanzialmente e riguarda tutti gli imballaggi primari, secondari e terziari; è un fatto importante perché nella testa del legislatore europeo, se uno guarda come è fatta la prima direttiva in tal senso, c’è solamente l'imballaggio domestico primario. Dico questo perché quando si fissa per il legno un obiettivo di riciclo al 15 per cento, significa che si ha in testa quello che arriva in famiglia, cioè il nulla, senza pensare che il pallet e altre serie di imballaggi industriali vengono normalmente riciclati e quindi il valore potrebbe essere molto di più (infatti è diventato molto di più).
  Questo per dire che in testa c’è questo tipo di deformazione, così come quando, per esempio, si fanno delle leggi come il GPP (Green Public Procurement) e si tende a volere che ci siano prodotti post-consumo, come se l'ambiente facesse differenza fra un post-industria o post-consumo. Credo che questo tipo di deformazioni dipenda da un'idea, che prima era solo dei Verdi, cioè di fare qualcosa che incida nel quotidiano del cittadino e lo obblighi a comportamenti virtuosi. Conoscete i princìpi: chi inquina paga, responsabilità solidale. In Italia, nel 1997, viene fatto il decreto n. 22, il cosiddetto decreto Ronchi e, per la prima volta, si fa una cosa abbastanza strana in questo Paese, cioè si decide di affidare ai privati la gestione (una cosa che sembra contraddittoria). In realtà, la politica ha definito cosa fare, cioè gli obiettivi e i privati decidono come fare ciò. Lo schema successivo evidenzia come sono suddivise le responsabilità, quindi il sistema pubblico definisce obiettivi, linee guida e controlla (quando controlla); il sistema pubblico/privato, insieme alle autonomie locali, organizza la raccolta Pag. 6e, eventualmente, fa la selezione; il sistema privato si organizza per raggiungere gli obiettivi. I risultati, in tal senso, sono sicuramente i migliori a livello europeo e vi spiegherò il perché. Ad esempio, il sistema francese, che presenta numeri peggiori di quelli italiani, ha un sistema per cui l'immesso al consumo è quello autodichiarato dai produttori (immaginate in Italia un sistema in cui i produttori autodichiarano al consumo !), mentre la raccolta e il riciclo vengono rapportati a quanto dichiarato, il che vuol dire che l'evasione migliora la performance, perché la raccolta è la raccolta, quanto dichiarato è più basso del reale, quindi, meno dichiaro e migliore figura faccio: è un sistema che presenta un circolo vizioso, non virtuoso.

  PRESIDENTE. Scusi, qui quando si parla del sistema pubblico si definisce una struttura pubblica ben precisa ?

  PIERO CAPODIECI, ingegnere. Il sistema pubblico è il Ministero, con i suoi decreti; poi si era fatto l'Osservatorio nazionale rifiuti, che è stato tolto.

  PRESIDENTE. Però, diciamo che a livello centrale...

  PIERO CAPODIECI, ingegnere. Sì, a livello centrale, mentre a livello locale c’è la parte del pubblico/privato, cioè la raccolta da parte dei comuni. Qual è la situazione italiana ? La scommessa fatta dagli allora Ministri Ronchi e Bersani era una scommessa molto difficile perché in Italia ci sono quella che con eleganza è chiamata scarsa compliance fiscale, oltre ad un eccesso di norme nella burocrazia. La realtà è che c’è poca fiducia nelle istituzioni e c’è una tendenza all'elusione e all'evasione.
  Come funziona normalmente in Italia il sistema delle leggi ? Quello che vedete è un po’ provocatorio ma credo, purtroppo, che sia così. Noi abbiamo, non solo nell'ambiente, le leggi più rigide che ci siano in Europa; ovviamente le leggi sono a macchia di leopardo perché c’è un patto sociale che poi aggiustiamo, quindi, non è che dobbiamo proprio seguirle: noi siamo l'unico Paese in cui, quando una legge viene fatta per essere rispettata, lo si dice !
  Ricorderete il Ministro Bianco quando diceva «abbiamo fatto la legge sui caschi, ma stavolta facciamo sul serio, tolleranza zero», quindi, evidentemente, le altre volte non era così ! Le cose stanno così, altrimenti c’è un patto per cui poi ci si aggiusta. Questo porta a un'incertezza del diritto e, ovviamente, all'aumento di discrezionalità del pubblico ufficiale, con tutto quello che ne consegue a livello di possibilità di concussione e di corruzione; il cittadino quando va a chiedere qualcosa, lo chiede con il cappello in mano anche se è un diritto (Bassanini ha fatto l'unica rivoluzione prevedendo il nome del responsabile).
  Tutto questo aumenta la nostra labilità morale, per cui aumentano l'elusione e l'evasione. A un certo punto succede che gli eccessi rompono il patto sociale e qualcuno dichiara che non si può più andare avanti così, però la risposta a questa rottura del patto sociale non è l'aumento dei controlli e la semplificazione delle norme, bensì l'irrigidimento delle stesse. Prima era tipico della sinistra dire «non si può andare avanti così, quindi irrigidiamo la norma», poi è diventato un sentire comune: sinistra e destra si sono omogeneizzate anche in questo. Cito un solo esempio. Abbiamo fatto la legge sulla guida in stato di ebbrezza – due bicchieri di vino e già non potevi guidare – ma, siccome non si facevano molti controlli, non diminuivano gli incidenti: qual è stata la risposta ? Un bicchiere di vino e tutti fuorilegge. Non è che si è deciso di aumentare i controlli e di stabilire la soglia a due bicchieri e mezzo, che forse era meglio: no, controlli uguali, però si irrigidisce la norma e, di fatto, riparte il ciclo delle leggi rigide con il patto sociale non rispettato.
  Il risultato di questa situazione è la penalizzazione del virtuoso: il poveretto che rispetta le norme è in una situazione poco competitiva. In realtà, egli viene fregato perché il meccanismo, da questo Pag. 7punto di vista, rappresenta il Paese. Questo schema è interessante perché la progettazione del sistema dei consorzi del CONAI è partita da questo schema, cioè come evitare questo circolo vizioso e costruire un circolo virtuoso.
  Quando si è trattato di decidere di fare questo sistema, il problema era che c'erano dei consorzi di filiera (carta, plastica) e poi c'era il CONAI, ma come dividere ruoli e poteri ? Tenete presente che questo è l'unico sistema nel quale chi paga non gestisce e questa cosa in Confindustria è una bestemmia, nel senso che chi paga sono gli utilizzatori, cioè la Barilla, non il produttore di imballaggi; tuttavia i soldi sono nei consorzi dei produttori di imballaggi, dove la Barilla non c’è.
  Perché questo venisse accettato in Confindustria c’è stata una mezza rivoluzione: perché è stato fatto così ? Intanto questi erano i temi (come dividere i ruoli, come raccogliere i soldi e come raccogliere i rifiuti) e la progettazione del sistema è stata divisa in due parti: i primi due anni vediamo di raccogliere i soldi, evitando elusioni ed evasioni, mentre negli altri due anni vediamo come raccogliere i rifiuti con i soldi che abbiamo raccolto.
  Nel raccogliere i soldi il primo tema era che in Italia, quando le cose sono di tutti, in realtà non sono di nessuno, come quando al ristorante si decide di pagare tutti insieme dividendo il conto e il primo che prende il whisky o il dessert viene seguito anche dagli altri, perché altrimenti si pensa di pagare per gli altri !
  Il tema è diventato il seguente: dove esiste una molla interna per non spendere soldi ? L'unica molla interna esiste nei consorzi di filiera perché, se io che gestisco la plastica o la carta spendo molti soldi, dovrò aumentare il contributo ambientale; se aumento il contributo ambientale, peggioro la competitività del mio materiale. Siccome il sistema è fatto di produttori che hanno interesse a non peggiorare ma a migliorare la competitività del materiale, la tendenza è che chiunque ci sia, deve, secondo logica, spendere poco.

  PRESIDENTE. Mi scusi, ripeta il ragionamento !

  PIERO CAPODIECI, ingegnere. Io sono un produttore di imballaggi in carta e gestisco il consorzio, che è fatto da produttori; il mio interesse è fare in modo che gli imballaggi in carta rimangano competitivi, quindi il mio interesse è tenere basso il contributo ambientale, perché più si alza e meno diventa competitivo.

  PAOLA NUGNES. Non lo dovrebbero sapere...

  PIERO CAPODIECI, ingegnere. No, invece è importante e posso dirle il perché. Nel momento in cui ho interesse a non spendere perché non aumento il contributo, la gestione dei soldi all'interno dei consorzi di filiera è sicuramente più virtuosa della gestione all'interno del CONAI, dove è di tutti e quindi spendiamo tutti. Quali sono, però, i rischi se i soldi sono dei consorzi ? Che per non spendere non faccio, cioè non faccio la raccolta, non faccio il riciclo. Allora quali sono stati i poteri dati a CONAI ? Il CONAI fissa gli obiettivi e stabilisce il CAC (Contributo ambientale Conai); quindi il consorzio dice che non spende, il CONAI dice che deve fare almeno tot e, se non vuole spendere, gli aumenta il CAC.

  PAOLA NUGNES. Il CAC in Italia è il più basso d'Europa e questo sicuramente aumenta una produzione di rifiuto, che però non incide sul bancone d'acquisto e quindi non rende l'acquirente responsabile perché questi non distingue: il prezzo mi dice solo la qualità, invece il prezzo mi dovrebbe dire quanto sia il peso ambientale, l'impronta ambientale ! Il CAC, quindi, dovrebbe essere deciso sul ciclo di vita, cioè in base al peso, non da un ente terzo che decide, per sapere quanto incide nel costo ambientale: è giusto ?

  PIERO CAPODIECI, ingegnere. Perfetto. Posso risponderle subito. Primo discorso: l'imballaggio incide anche con il confezionamento intorno al 5 per cento del costo Pag. 8del prodotto. Supponiamo di avere un CAC molto elevato, che arriva al 10, 15 o al 20 per cento dell'imballaggio; se è il 20 per cento, incide per l'1 per cento sul costo del prodotto. Io non credo che la differenza dallo zero all'1 per cento cambi l'acquisto (questo è quello che penso io ma può darsi che non sia vero).

  PAOLA NUGNES. Se vogliamo, possiamo aprire un confronto. Comunque sia, se tutto questo viene ben stabilito anche in etichetta e diventa chiaro che quel prezzo è tale perché quella certa cosa costa a tutti quanti di più, allora forse ci sarà un freno sia nel produrla che nell'acquistarla, quindi, un laboratorio di nuovi materiali: è giusto ?

  PIERO CAPODIECI, ingegnere. Io non discuto sul fatto che se faccio un CAC molto elevato spingo verso un non utilizzo e quindi, alla fine, posso anche produrre meno rifiuti. Il tema però è se il CAC debba servire a pagare dei costi di maggiori oneri di raccolta e di riciclo, ovvero debba essere una tassa per modificare i comportamenti. Questo lo deve decidere il legislatore perché, in questo caso, riesce a pagare i costi. Se invece voglio che il consumatore sia portato – e così l'industria – a produrre meno, mettiamo una tassa del 20 o 30 per cento, ma questa è una scelta di tipo diverso, che non ha a che fare con l'ambiente in modo diretto.

  PAOLA NUGNES. Mi perdoni, non si riesce a coprire i costi ! È dimostrato che non si copre tutto il costo ma si contribuisce a coprire i costi che invece non sono coperti totalmente.

  PIERO CAPODIECI, ingegnere. La scelta del Legislatore è stata quella di far coprire i maggiori oneri di raccolta e non tutti gli oneri di raccolta di cui si lamentano i comuni, posto che la raccolta indifferenziata è a carico del cittadino. Nel momento in cui introduco una responsabilità su una sola categoria e non tutte le categorie, questa categoria non deve pagare anche i costi della raccolta indifferenziata, ma deve pagare la differenza tra fare e non fare la raccolta differenziata, quindi i maggiori oneri; altrimenti si creerebbe una situazione decisamente anomala, in cui un prodotto paga anche i costi di raccolta indifferenziata e un altro prodotto non paga niente. Il 3 per cento dei rifiuti totali è fatto di pane, pasta, rifiuti alimentari: non c’è nessun CAC sul pane.

  PAOLA NUGNES. Mi perdoni, se invece il contributo ambientale è su tutti i prodotti che hanno un costo ambientale, il pane non lo ha perché lo mangio !

  PIERO CAPODIECI, ingegnere. Il 3 per cento dei rifiuti, non del pane ! Il 3 per cento dei rifiuti nella raccolta differenziata è fatto di pane e di pasta.

  PAOLA NUGNES. Sì, d'accordo, però il pane immediatamente diventa un compost, quindi se devo valutare sul ciclo di vita del pane qual è il costo ambientale, sicuramente sarà un costo ambientale di molto inferiore a tutti gli altri tipi di prodotti che invece hanno uno smaltimento più costoso e quindi più impattante.

  PIERO CAPODIECI, ingegnere. Va bene, supponiamo che sia di meno, ma adesso è zero. Oggi ci sono dei prodotti che sono sottoposti a uno schema di responsabilità estesa del produttore, dalle batterie agli oli, agli imballaggi, mentre altri prodotti non hanno alcun tipo di responsabilità, addirittura neanche la carta grafica ha una cosa di questo genere. Pertanto, il tema per il Legislatore era se fare qualcosa che copra gli oneri maggiori rispetto a quelli che si sostengono normalmente, ovvero se coprire tutti gli oneri ? Secondo me si coprono tutti gli oneri quando tutti fanno questo, altrimenti si coprono solo i costi maggiori.

  STEFANO VIGNAROLI. Posso chiudere questa parentesi con una domanda ? Anch'io sono d'accordo sul fatto che, giustamente, vanno coperti i costi aggiuntivi (non tutti però); infatti l'accordo ANCI-CONAI prevede questo, ma a me risulta Pag. 9che poi non è avvenuto così. A lei risulta che il CONAI stia pagando i maggiori oneri della raccolta differenziata ? A me ciò non risulta. Mi risulta che ne stia pagando una parte, anche attraverso il CAC ma è una minima parte, mentre invece, secondo gli accordi, il CONAI doveva farsi carico dei maggiori oneri della raccolta differenziata degli imballaggi, cosa che secondo me non è avvenuta. Secondo lei come stanno le cose ? Come si fa a controllare questo aspetto ?

  PIERO CAPODIECI, ingegnere. Il sistema ha dato, nel 2015, 420 milioni ai comuni; nel 2014 ne ha dati 400 milioni, mentre i maggiori oneri sono la differenza fra fare e non fare la raccolta, quindi non sono spese generali delle organizzazioni. Questo avviene attraverso una negoziazione che è partita nel 1998 e viene fatta nei 5 anni. Tenete presente che la delegazione del comune la prima volta era fatta da gestori: era Carlo Incocciati il delegato ANCI per fare la negoziazione, il quale lavorava nella gestione dei rifiuti; nella delegazione c’è Federambiente, c’è Hera, quindi, o sono dei mentecatti, per cui ogni volta che negoziano si fanno dare un «X» per cento dei costi che hanno, oppure non sono dei mentecatti e dei costi di raccolta complessivi, che sono stimati a 7 miliardi compreso lo spazzamento, come maggiori oneri hanno quello che gli viene dato. Non posso pensare di avere a che fare dopo «N» rinnovi con gestori e comuni che si fanno dare una cifra qualsiasi pur di accontentarsi.

  STEFANO VIGNAROLI. Effettivamente ciò potrebbe essere, se magari c’è qualche conflitto di interessi in ANCI, CONAI e via dicendo.

  PRESIDENTE. Questa cosa vediamola dopo.

  STEFANO VIGNAROLI. Però qualcuno bluffa perché i comuni sostengono di non avere i soldi per fare la raccolta differenziata, quando in teoria è il CONAI che dovrebbe dare questi extra oneri; quindi c’è qualcosa che non va.

  PIERO CAPODIECI, ingegnere. Non solo, ma il comune ha una quota di risparmio che non viene conteggiata perché quando si parla di maggiori oneri non viene incluso il mancato costo di discarica o di altro trattamento, quindi, in realtà, il comune riceve i soldi dal sistema dei consorzi e in più risparmia i costi di smaltimento. Tenga presente che in Italia il costo della raccolta differenziata va da 50 a 625 euro a tonnellata: non so come facciano, però abbiamo dei comuni che su quei livelli guadagnano e dei comuni che ci perdono. Noi abbiamo uno studio su un migliaio di comuni italiani distribuiti statisticamente in modo significativo e abbiamo questo tipo di dato: che poi uno si lamenti e voglia di più mi sembra giusto.

  STEFANO VIGNAROLI. Chi controlla che l'accordo ANCI-CONAI sia...

  PRESIDENTE. Prima finiamo l'inquadramento generale, poi entreremo nel merito, magari con successive audizioni.

  PIERO CAPODIECI, ingegnere. Ricordate lo schema di penalizzazione del virtuoso per ridurre evasione ed elusione. Cosa abbiamo fatto ? Intanto abbiamo evitato di copiare Germania e Francia, che hanno il punto di prelievo nel vero soggetto che immette sul mercato, cioè il produttore di beni. L'imballaggio di questa bottiglia non lo decide il produttore della bottiglia, ma lo decide la San Benedetto o la Coca Cola; negli altri Paesi la Coca Cola dichiara e paga con il punto verde.
  Ovviamente ciò è fatto tutto su autodichiarazioni e un sistema del genere, in Italia, è la morte civile, con milioni di soggetti da controllare. Il punto di prelievo è stato messo dal produttore dell'imballaggio al produttore di beni; si riduce di un ordine di grandezza il numero dei soggetti e in più ci sono due soggetti che devono mettersi d'accordo per barare, cioè chi produce imballaggio e chi lo riceve. Devono quindi essere in due, con in più il fatto che se io produttore di imballaggi dichiaro e metto il contributo, questo lo paga l'utilizzatore, mentre se invece non lo Pag. 10considero e mi beccano dopo, lo pago io, quindi è chiaro che non c’è alcun interesse a evadere il contributo, a meno che io non venda in nero tutto, ma quello è un altro tema. Abbiamo convinto gli utilizzatori a non negoziare il CAC perché il produttore di imballaggi è l'anello debole della catena: grandi aziende che fanno materie prime e grandi aziende che producono beni e, in mezzo, dei sistemi molto polverizzati di produttori di imballaggi. Costoro si sono convinti: abbiamo fatto della trasparenza un elemento forte. Tenete presente che il CdA di CONAI è fatto di 28 persone più un rappresentante dei consumatori, quindi, sono 29 soggetti con 19 interessi in conflitto potenziale che rappresentano tutti i soggetti interessati; ci sono 3 sindaci che hanno accesso a tutti i conti che sono di tre Ministeri. È difficile essere più trasparenti di così. In più, il voto è a due terzi dei componenti e non dei presenti, quindi per fare le cose bisogna convincere tanta gente.

  PRESIDENTE. I Ministeri quali sono ?

  PIERO CAPODIECI, ingegnere. Ministero delle finanze, dell'industria e dell'ambiente. Ridurre le discontinuità vuol dire tenere il contributo uguale per molto tempo e per questo si creano le riserve iniziali, che poi si spendono dopo: tra regole perfette e regole facilmente applicabili e controllabili, abbiamo scelto quelle controllabili e ci sono diversi esempi interessanti da questo punto di vista. Le sanzioni sono applicate per regolamento, senza discrezionalità, quindi non c’è un amico dell'amico, non c’è l'azienda amica di qualcuno nel CdA che ha una sanzione aggiustabile: non si può aggiustare nulla. Ci sono, invece, delle fattispecie e il regolamento, quindi nessuna discrezionalità da parte del pubblico ufficiale. Il rischio di essere «beccati» è elevato perché incrociamo i dati con le dogane, con le Camere di commercio, li incrociamo fra produttori e utilizzatori. C’è un gruppo continuamente al lavoro sulle semplificazioni, che ascolta tutti i soggetti e produce normalmente semplificazioni. A questo punto, come raccogliere i rifiuti ? Per il secondario e il terziario sono state fatte delle piattaforme in giro per l'Italia, l'accordo quadro ANCI-CONAI è un punto essenziale che spinge a una raccolta di quantità e di qualità; finalmente abbiamo fatto capire che la raccolta differenziata è un mezzo e non uno scopo, come era all'inizio.
  Ricerche e meccanismi per favorire investimenti di aumento della capacità del riciclo: anche questo aspetto è estremamente importante. Faccio un esempio noto: la carta che si produce dalla raccolta differenziata è di qualità estremamente bassa e le cartiere italiane, dal 1998 al 2005, hanno fatto una quantità di investimenti per poter utilizzare quel macero scadente. Per questo è stato necessario dare una certezza di quantità e di costi per un periodo molto lungo. Arriviamo ora agli obiettivi. Mi riferisco a uno dei princìpi sottolineati prima: l'aspetto ambientale dovrebbe essere un elemento di competitività dei prodotti perché, solo così, nel prezzo, si ha l'aspetto ambientale e uno sceglie. Tuttavia, la Comunità economica europea e l'Italia hanno fatto nel corso dell'evoluzione dalla prima alla seconda direttiva esattamente l'opposto ! Nella prima direttiva, infatti, tutti i materiali avevano un obiettivo uguale, mentre nella seconda direttiva i legislatori si sono fatti imprigionare da un argomento che sembra molto affascinante, del tipo «non dobbiamo chiedere a tutti di fare la stessa cosa, ma dobbiamo chiedere a tutti lo stesso sforzo»; in tal senso, per esempio, per la plastica, che è più difficile, si ha il 22,5 di obiettivo, per la carta, che è più facile, il 60 e questo sembra un ragionamento sensato. Noi volevamo spingere la competitività dei materiali: faccio una gara di 100 metri ma a quello più veloce ne faccio percorrere 150, mentre a quello più lento 50, così tutti con lo stesso sforzo arrivano pari ! Questo sistema degli obiettivi diversificati elimina, però, la competizione ambientale tra i materiali, esattamente l'opposto di quello che si voleva fare con queste norme. Sebbene questo sia evidente, per le lobby o altre motivazioni Pag. 11sembra logico continuare a fare così, ma è proprio una stupidaggine seria ! Vengo ai risultati, avvertendo, in premessa, che prima del 2008 gli obiettivi erano raggiunti. Aggiungo, relativamente ai comuni, che essendo il CONAI il sistema industriale fatto da cattivi e che dovrebbe risparmiare, una volta raggiunti gli obiettivi di legge, ci si chiede poi perché debba pagare. Io posso fare diverse cose e dire: si raccolga e si faccia ciò che si vuole; oppure, prevedere che quelli che arrivano dopo, conferiscano il materiale senza ricevere dei corrispettivi; oppure, posso dire che, fatto 100, a fronte di una somma globale per gli obiettivi, questa somma possa essere divisa per ciò che si raccoglie e, se si raccoglie di più, ci sarà un pro capite inferiore. In realtà, negli accordi ANCI-CONAI si continua a pagare esattamente la stessa cifra per tutti gli imballaggi raccolti, anche se ormai gli obiettivi sono raggiunti e superati di gran lunga: questo non è un fatto banale. Oltretutto, ad arrivare dopo sono quelli più in ritardo, cioè quelli che hanno più bisogno. Un altro mito di questa situazione è che ci sia il monopolio dei consorzi, come ogni tanto sento dire. Nel diagramma del sistema avete i dati di fronte: nel 1998, per la carta, il mercato, già molto sviluppato, raccoglieva, ad esempio, il 36 per cento. Ovviamente, tutta la parte del sistema era vicina allo zero: questa è cresciuta nel tempo ma senza mangiare la parte del mercato, anzi, semplicemente, aggiungendosi, la parte del mercato si è sviluppata. Il fatto che i consorzi tolgano spazio al mercato, quindi, non so da quali dati venga dedotto. I dati sono questi, controllabili come e dove volete, anche con ISPRA. Il sistema ha sempre avuto un ruolo sussidiario.

  PRESIDENTE. Cosa è questo picco che vediamo ?

  PIERO CAPODIECI, ingegnere. È il diagramma che il illustra il periodo dopo gli obiettivi raggiunti. Un altro dato interessante riguarda cosa è cambiato nella gestione degli imballaggi, cioè che cosa succedeva prima, quando questi andavano molto in discarica e poco a riciclo e a recupero, e che cosa succeda invece adesso, a prescindere dall'andamento dell'economia. Non solo oggi «soltanto» il 22 per cento degli imballaggi – il valore può scendere ancora – è stato smaltito in discarica, con un'inversione avvenuta nel 2001, ma il dato secondo me più rilevante in assoluto del successo di questo sistema è nell'ultima slide, che mostra l'andamento del PIL durante la crisi 2008-2009 e seguenti, quando purtroppo c’è stata una caduta drastica dell'immesso al consumo degli imballaggi. L'immesso al consumo, cioè, è sceso drasticamente, mentre il riciclo è cresciuto. Di fatto, questo sistema ha disaccoppiato l'andamento del mercato dal riciclo. Credo che sia questo il successo ambientale fondamentale. Prima, infatti, che cosa avveniva ? Quando qualcosa valeva, si raccoglieva, mentre se non valeva niente, si lasciava lì: il mercato faceva il mercato. Oggi l'esistenza di questo sistema si è disaccoppiata totalmente. Questa crisi, che è stata molto pesante, ne è veramente la prova paradigmatica da questo punto di vista. L'ultimo aspetto è in una slide che mostra i dipendenti del CONAI. Che i soldi nei consorzi sono gestiti in modo virtuoso, a prescindere da chi li gestisce, si vede nella dimensione dei dipendenti. Tutti i sei consorzi di materiali, più il CONAI, hanno visto, in diciassette anni di esistenza, uno sviluppo enorme della raccolta, avendo a che fare con la politica a livello nazionale, locale, con le confederazioni che cercano sempre di piazzare gente, tanto quanto i politici. Questo è infatti uno sport nazionale e non è tipico solo della politica. Anche Confcommercio, Confindustria appena hanno qualcuno giubilato, cercano di metterlo da qualche parte: è proprio uno sport nazionale. Tuttavia, nonostante quest'esposizione continua e quotidiana, nei diciassette anni di attività, il numero di dipendenti è 200 per tutti i materiali, compreso il CONAI. È la prova che questa struttura di allocazione delle risorse e delle decisioni ha in sé l'impedimento a diventare un carrozzone. Ho quasi terminato. Infine, ci sono alcune slide per Pag. 12fornire altri elementi. Ci sono alcune informazioni sui dati e anche sui consorzi degli altri materiali, che però hanno delle quantità decisamente più basse. Vorrei solo attirare l'attenzione sul fatto che ogni volta che si riscontrano i dati, si scopre che molti non sono attendibili per diversi motivi. I dati ISPRA sulla presenza di certi materiali da raccolta differenziata presentano delle cifre che non possono essere vere. L'esempio peggiore è quello della carta: stimiamo circa 4 milioni 700.000 tonnellate tra carta grafica e imballaggi nelle raccolte, mentre l'ISPRA stima 7 milioni: non è possibile, non c’è proprio tanta carta ! La stessa cosa avviene per la plastica, con uno scostamento del 65 per cento: i dati sono un po’ stravaganti. L'ISPRA non ha i mezzi: non ha una lira, non ha personale. Quando devono fare delle ricerche serie, le fanno a campione, come capita: non possono fare un lavoro serio pur essendo bravi. L'ISPRA è fatta di persone in gamba, come spesso avviene nella pubblica amministrazione. Quanto agli stessi dati, quando sono dovuti ad autodichiarazione, ovviamente sono in genere sottostimati quelli di immissione al consumo e sovrastimati quelli di raccolta e riciclo. Sui dati, quindi, c’è da fare molto lavoro.

  STEFANO VIGNAROLI. Compresi quelli che ha dato lei ?

  PIERO CAPODIECI, ingegnere. Io ho lavorato in questo modo. Questo rapporto ha tutti gli elementi, anche sugli altri consorzi, ed è fatto da Ronchi, dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, con UNIRE, quindi i dati saranno sbagliati ma non certo per malafede. I dati dei consorzi possono essere sbagliati ma troppa gente deve mettersi d'accordo per sbagliarli. Infine, ho preso da un lavoro fatto da Ambiente Italia, da Duccio Bianchi, uno dei più seri in questo settore. Ho messo assieme questi dati ma avverto che alcuni dati non sono sensati.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'ingegner Capodieci. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  STELLA BIANCHI. La ringrazio per l'esposizione. Vorrei chiederle una precisazione sulla slide di confronto tra la gestione consortile e quella indipendente: da chi è fatta la gestione indipendente ? Magari è una mia impressione, quindi il suo chiarimento è importante: se ci fosse una disparità, per esempio, se la gestione indipendente fosse molto parcellizzata e quella consortile invece molto ben organizzata, sarebbe in ogni caso la gestione consortile a fare le regole del gioco, anche per quelli che sono in gestione indipendente ?

  PIERO CAPODIECI, ingegnere. Raccolgo le domande ?

  PRESIDENTE. No, risponda pure subito.

  PIERO CAPODIECI, ingegnere. La gestione indipendente è fatta da attori che erano parcellizzati, ma su alcune frazioni, essenzialmente industriali. I recuperatori, per quanto frammentati, si rapportano a un'offerta frammentata. Ho, per esempio, gli scarti di carta dalla produzione di imballaggi. In tal caso, faccio un accordo con un'azienda che mi mette a disposizione uno scarrabile e mi dà un tot a tonnellata, che non c'entra niente con quello che fa il consorzio, perché sono materiali diversi, anche in termini di qualità. Anche quando sono uguali, però, il rapporto dipende dal mercato di riferimento dell'interlocutore, da come riesce a organizzarsi, dalla concorrenza. Sono rapporti di tipo privatistico, molto frammentati.

  STELLA BIANCHI. Non è, allora, comparabile. Nel mercato del consorzio, il consorzio è in monopolio, cioè non c’è un concorrente in quel mercato: perché mi dice ora che l'altro è un mercato diverso ?

  PIERO CAPODIECI, ingegnere. Il mercato dei consorzi è quello dei comuni, che hanno la...

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  STELLA BIANCHI. Lì è in monopolio il consorzio !

  PIERO CAPODIECI, ingegnere. No, aspetti: era in monopolio, ora non è più così. I comuni hanno la privativa, quindi, volendo, c’è una parte concentrata. I comuni possono uscire da tutte le convenzioni. Essi hanno delle finestre di uscita e di rientro. In questi ultimi anni i comuni hanno – e ancora negli anni futuri avranno – un processo di concentrazione delle utilities (Hera, Iren, Ama e via discorrendo). Sono nati, quindi, dei giganti quotati in borsa, che gestiscono queste parti, che sono in grado di rivolgersi al mercato appena questo offre delle opportunità. Il CONAI dà dei soldi che sono riferiti a un servizio: non c’è nessun riferimento al valore del materiale. Quello che viene dato non è legato al valore o meno del materiale. Questa sì sarebbe un'interferenza rispetto al mercato: c’è un servizio, ci sono dei costi aggiuntivi, negoziati più o meno bene e si paga quello. A un certo punto, il mercato può valorizzare alcune frazioni più dei costi di raccolta o meno dei costi di raccolta. Il comune e le sue municipalizzate, le aziende di igiene urbana – quelle private sono anche grosse – possono decidere e hanno la libertà di uscire dalla convenzione, da un solo consorzio. Addirittura, per la carta posso decidere se stipulare una convenzione per carta grafica e imballaggio o solo per gli imballaggi. Hanno, quindi, molte libertà. Nel momento in cui il mercato ha la capacità di offrire più di quanto si possa pagare il servizio, questi vanno sul mercato: Comieco ha perso circa 600.000 tonnellate di soggetti che sono usciti dalla convenzione. In realtà, che cosa succede ? Quando il mercato tira, questi soggetti escono e si rivolgono al mercato: chi non si rivolge al mercato ? Sono i soggetti molto piccoli, i comuni piccoli, che non si sono messi d'accordo tra loro, che non hanno fatto gli ATO, per i quali il mercato non è accessibile. Quando il mercato non tira, tutti tornano alle convenzioni. Perché non c’è un discorso di regole di monopolio sul mercato ? Perché quello che viene dato non ha a che fare con il valore del bene. Questa è la differenza sostanziale. Si è data libertà, a differenza che all'inizio, quando cioè si tendeva a dire che, se si sottoscriveva una convenzione con un consorzio, bisognava sottoscriverla con tutti, perché magari c'erano materiali che avevano valore e materiali che non ne avevano. Materiali come la plastica, per esempio, a 20 chili al metro cubo e che costa «l'ira di Dio» raccogliere, a fronte di materiali come il vetro, a 240 chili al metro cubo, che costa poco raccogliere. Allora si diceva di sottoscrivere l'accordo con tutti: non è più così. Quel sistema è finito subito. Si può stipulare un accodo con quanti consorzi si vuole. Ovviamente, non si può uscire tutti i mesi. Se si organizza la fornitura a soggetti che riciclano, bisogna organizzarla con quantità che almeno per un periodo rimangano valide. Tuttavia, ogni anno – a settembre si può decidere se uscire l'anno dopo – possono rientrare. Il sistema è molto migliorato da questo punto di vista rispetto all'inizio. Non so se ho risposto.

  PRESIDENTE. Forse faccio confusione. Il contributo dell'accordo ANCI-CONAI viene erogato, però, in base alla qualità del rifiuto che viene consegnato ?

  PIERO CAPODIECI, ingegnere. Anche.

  PRESIDENTE. Un prodotto raccolto in maniera differenziata di un certo tipo ha un certo valore.

  PIERO CAPODIECI, ingegnere. Ha una certa fascia.

  PRESIDENTE. C’è, quindi, nel contributo una valenza di qualità della merce ?

  PIERO CAPODIECI, ingegnere. C’è una valenza di qualità del rifiuto, che può essere merce o meno, in quanto può avere un valore o non averlo. I motivi sono due. Anzitutto si è capito che la raccolta è un mezzo e lo scopo è il riciclo, non la raccolta. Se raccolgo il vetro con dentro molte tazzine e piatti, quel materiale non Pag. 14viene messo nella vetreria perché ogni volta che c’è un'inclusione di porcellana la bottiglia che viene realizzata si rompe, quindi non posso usarlo. Non devo avere delle inclusioni: è scarto di prodotto. Siccome lo scopo è il riciclo e non la raccolta, si è capito finalmente che la raccolta è un mezzo e non un fine. La raccolta deve essere, ovviamente, adatta al riciclo. Un altro principio, però, difficilmente si accettava. All'inizio il comune protestava di non entrarci nulla con la qualità, che cioè prendeva quello che raccoglieva. Allora rispondevamo noi che non eravamo obbligati a raccogliere i rifiuti, ma i rifiuti da imballaggio: o ci dava quelli o non ce li dava ! Se ci dava altri rifiuti, doveva prenderseli lui, il comune. La presenza di altri rifiuti doveva essere zero. Non è vero che il comune e il cittadino non hanno responsabilità per cui possono fare una raccolta qualsiasi, buttando rifiuti dentro il contenitore, laddove poi uno si prende quello che c’è, per portarlo in discarica perché, in questi casi, non si riesce a fare niente. La qualità è stata accettata dall'ANCI con un lavoro lungo, ma ciò si è fatto dando dei premi. Non si è scalato, anzi si è dato il premio per la qualità. Lo scopo è quello del riciclo, che valga o meno il materiale. Anche se la plastica ricicla molto bene il PET e il polietilene, questi hanno un valore elevato una volta selezionati; siccome pesano poco – è un punto di forza – la raccolta e la selezione costano sempre molto più del valore che può avere il bene. Il cosiddetto «deficit di catena», quindi, è sempre molto elevato. L'alluminio vale sempre più di quanto costi raccoglierlo, anche se è leggero; infatti lo rubano e ne arriva poco. La carta ha momenti in cui vale di più e momenti in cui vale di meno. Il tema è come si mette in piedi un meccanismo che si sganci dal mercato. Il diagramma che abbiamo visto, per cui a prescindere dal mercato si continua a raccogliere di più, non potrebbe essere fatto se ci fossero delle regole legate al valore. È fatto perché è in piedi un meccanismo in cui, piano piano, abbiamo fatto capire all'industria che la qualità ambientale del loro prodotto è elemento di competizione. Non so se ricordate lo spot dell'olio per ENI, in cui si parlava anche dei nuovi contenitori riciclati: comincia a diventare un claim anche di chi fa i prodotti, non solo di chi fa imballaggi.

  STEFANO VIGNAROLI. Sono d'accordo sulla questione dei dati, che spesso lasciano anche me un po’ perplesso: sono un po’ contraddittori. Da quelli che ci ha fornito lei, leggo del 75 per cento – a volte non si capisce di che cosa – recuperato. Il 75 per cento mi sembra un po’ eccessivo. Per quanto riguarda, per esempio, la filiera della plastica, su 5 milioni totali di plastica immessa in un anno nel mercato, 2 milioni sono di imballaggi, quindi ne lasciamo fuori 3. Alla fine, soltanto 400.000 diventano materia prima seconda.

  PIERO CAPODIECI, ingegnere. No.

  STEFANO VIGNAROLI. A me risulta questo. Oltretutto, CONAI, anche vantandosi di ciò – per carità, è legittimo – dichiara che oltre il 65 per cento della plastica raccolta va ad incenerimento e non diventa materia. Anche in questo caso, quindi, i dati sono un po’ discordanti.

  PIERO CAPODIECI, ingegnere. Oltre il 65 per cento della plastica raccolta va ad incenerimento ?

  STEFANO VIGNAROLI. Sì. CONAI parla del 55 per cento, ISPRA del 65: facciamo quindi una media a 60, ma cambia ben poco. Secondo me il mercato del riciclo andrebbe ancora incentivato, magari dando dei contributi all'incenerimento con il CIP6 e varie produzioni a piccole e medie imprese che trasformano quel rifiuto in materia prima seconda, ma credo che senza IVA agevolata ci sia uno sbilanciamento e una concorrenza sleale. Credo che il mercato del riciclo abbia bisogno di essere seguìto a livello anche statale. Vorrei anche conoscere il suo punto di vista sulla prevenzione, visto che si fa sempre poco. Cito adesso il vuoto a Pag. 15rendere, che abbiamo di recente approvato: qual è la sua posizione ? Ha dei consigli o degli spunti da darci ? Ho notato che si drizzano un po’ i capelli a tutti quando si parla di riduzione dei rifiuti, evidentemente perché qualcuno deve rinunciare a una parte di guadagni. Sulla responsabilità estesa al produttore mancano ancora tanti decreti attuativi: qual è il suo punto di vista quanto a rendere ancora più efficace la responsabilità estesa del produttore ? Quanto al CONAI, non sono certo io a dire che c’è un certo monopolio: più volte l'ha detto l'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Anche se sulla carta, l'articolo 221 del testo unico ambientale, anche se non dice che il CONAI ha il monopolio, mette comunque dei paletti che di fatto rendono impossibile ad altre filiere di competere. Giustamente lei parlava anche del CONAI e della rappresentanza estesa, ma sentendo questi soggetti, alcuni si lamentano del fatto che comunque, anche con il voto ponderato, è tutto sbilanciato a favore dei produttori. Vorrei conoscere il suo punto di vista.

  PAOLA NUGNES. Vorrei conoscere il suo parere sulla proposta della nuova direttiva.

  PIERO CAPODIECI, ingegnere. Provo a rispondere con ordine. Non solo vengo ma sono nel mondo della carta, quindi dovrei essere un nemico della plastica, almeno in termini di business. Una volta Rettani, amministratore delegato di Himont, disse che la plastica era petrolio prestato al mercato: non è una brutta definizione. Qualcuno dovrebbe spiegarmi perché è legittimo andare in miniera, sotto terra, a prendere del materiale da 5.000 chilocalorie/chilo carbone, mentre non si può andare in cucina a prendere qualcosa che abbia 10.000 chilocalorie/chilo: provate a vederla così ! Attenzione ai meccanismi ideologici, di cui tutti siamo preda. Io dichiaro sempre di essere un produttore, perché si faccia la tara a quello che dico. Allo stesso modo mi regolo quando parlo bene del CONAI, che è figlio mio: ogni scarrafone è bello a mamma sua ! Ciò è inevitabile, ma fate la tara a quello che dico: attenzione, però, a essere prigionieri. Se, anziché la plastica, si usa il vetro, qual è il peso che si porta dietro e lo spazio non utilizzato ? Pensate a delle bottiglie tonde e a delle bottiglie quadrate e mettetele assieme. Prendete una bottiglia da un litro e mezzo – che pesa 35 grammi – e una da 750 ml o da 950 ml – che pesa 300 grammi – e vediamo qual è la cosa migliore da un punto di vista ambientale. Per carità, il vetro non sa di vetro e non sto facendo un discorso a favore dell'una o dell'altra. Dico solo di fare attenzione alle trappole ideologiche, che sono scorciatoie che a volte fanno commettere degli errori. Credo che una parte di materiale debba essere recuperata energeticamente, incenerita con recupero di energia. Non voglio fare eufemismi stupidi. È però abbastanza stravagante che si vada in miniera e non si prenda quello che è lì, al piano terra. Detto questo, gli industriali della plastica hanno sempre l'atteggiamento di dire che è inutile raccogliere quello che non si può riciclare e quindi bruciamo. Se però avessimo dato loro retta, non si sarebbe riciclato neanche il PET, perché dicevamo la stessa cosa vent'anni fa. Poi l'Italia ha inventato il riciclo del PET. Siamo i migliori riciclatori del mondo di PET di qualità e adesso il PET si ricicla bene: il PET si ricicla bene e forse domani si riciclerà bene anche qualche altra cosa.

  STEFANO VIGNAROLI. Già si ricicla bene il plasmix, considerato come per forza inceneribile.

  PIERO CAPODIECI, ingegnere. Si ricicla bene se diamo retta al parafango della Piaggio, a Revet, ma avremmo da dire e non è il caso. È giusto spingere l'industria a spostare i confini tecnologici ed è giusto insistere. Non sono a favore del bruciare ma attenzione agli aspetti ideologici. Le questioni si possono risolvere in maniera diversa.

  PAOLA NUGNES. Io ritengo che non sia una questione ideologica. Lei si è Pag. 16ampiamente dilungato su questa visione, ma non è una questione ideologica, bensì di costi, di economia. Se, bruciando, ho dei costi altri, come quelli sanitari, quelli sull'economia agricola, devo metterli nel conto. In questo modo, dico che bruciare non conviene.

  PIERO CAPODIECI, ingegnere. I dati scientifici non sono questi. In questo caso, la tara...

  STEFANO VIGNAROLI. Direi che possiamo andare avanti.

  PIERO CAPODIECI, ingegnere. Sì, discutiamo di questo, per carità. Non dico di bruciare tutto. È chiaro che se si brucia male...

  PRESIDENTE. Le ricordo che l'audizione serve per fare un inquadramento...

  STEFANO VIGNAROLI. Il mio punto non era se fosse giusto incenerire o meno, ma se ci fosse una concorrenza sleale tra chi incenerisce e chi, invece, recupera materiale: ci tengo a sottolinearlo.

  PRESIDENTE. Tenete presente che l'audizione ci serve per inquadrare e conoscere le cose. Poi avremo modo per svolgere un approfondimento, per sentire, verificare e fare le nostre considerazioni con i diversi responsabili di settore. Non dobbiamo fare adesso un dibattito se sia meglio incenerire o recuperare.

  PIERO CAPODIECI, ingegnere. Grazie. Io sono a favore dell'internalizzazione di tutti i costi, non solo quelli emersi: aria, acqua, tutto. Da questo punto di vista, tutti gli sforzi sono volti a misurarli bene, non a mettere tasse occulte con altri scopi, bensì a misurare bene il ciclo di vita e a fare in modo che ciò venga espresso nel costo del prodotto. Questa è, secondo me, l'unica maniera per utilizzare il mercato in modo positivo per questo tipo di materiali. C’è una concorrenza sleale ? Sì. C’è da dire, però, che nelle realtà dove ci sono inceneritori di qualità, non tutte si sentono obbligate a fare raccolta differenziata e le performance non sono più basse di altri posti. Se guardate i dati di Brescia o di altri posti, o l'Emilia-Romagna, che ha molti inceneritori – quella è la misura della fiducia nelle istituzioni – vedrete che i dati di raccolta differenziata non crollano dove ci sono inceneritori. Ormai, c’è una sensibilità da parte di tutti. C’è, però, anche una concorrenza sleale. Su questo sono d'accordo con lei. Quanto al discorso sul monopolio...

  STEFANO VIGNAROLI. Non lo dice il Movimento 5 Stelle, ma l'Autorità garante !

  PIERO CAPODIECI, ingegnere. Non so se dirlo o non dirlo: l'Autorità garante è popolata da persone per le quali la concorrenza è un dogma religioso, non un mezzo. Ho seguìto personalmente le questioni antitrust di Comieco, quindi ho esperienza diretta: ogni volta che si parla di concorrenza, questa è benefica per definizione, ma questo non è vero. La concorrenza è un mezzo e il mercato una tecnologia, non una religione. Bisogna vedere dove serve la concorrenza e dove no, quale concorrenza c’è e quali sono i suoi effetti. In un Paese come l'Italia, l'Antitrust ha chiesto a me personalmente il perché usassi un sistema del genere. Il comune può dichiarare quanto raccoglie, noi possiamo dargli i soldi e lui fa quello che vuole. In Francia fanno così. Contribuiscono, danno loro un po’ di soldi, prima solo in dieci città, adesso nel resto della Francia, e il comune fa quello che vuole: paga se deve, prende i soldi se deve. Ci hanno detto di fare così, con l'autodichiarazione del comune che ha raccolto tot e noi che dovremmo dare i soldi. Io guardavo e chiedevo se stessero scherzando, dove vivessero, in quale Paese: vedo il cammello e ti do i soldi ! Non è pensabile in un Paese come questo fare delle cose che sembrano fantastiche. Bisogna partire dal contesto nel quale siamo. In questo contesto bisogna eliminare le autodichiarazioni e vedere quello che viene fatto. Si è data la libertà ai comuni di sottoscrivere convenzioni con quanti consorzi Pag. 17vogliono, di uscirne e andare sul mercato senza nessun tipo di freno. Secondo me questo è il massimo che si possa fare. Che cosa vorremmo, che altri soggetti privati organizzassero direttamente un sistema proprio, autonomo ?
  Pensate che la concorrenza lasciata ai sistemi autonomi, con tutti i problemi di controllo che porrebbe, con l'attitudine italiana – stiamo parlando di produttori di imballaggi – produrrebbe benefìci economici e ambientali ? Se volete, vi faccio lo schema di quello che succederebbe. Se fossi, ad esempio, un produttore di imballaggi che realizza 10.000 tonnellate con l'obiettivo di imballaggio del 60 per cento di carta, dovrei dire che raccolgo e riciclo 6.000 tonnellate. Vado da un «cartacciaio», gli chiedo quanto raccoglie e, se si tratta di 50.000 tonnellate, gli chiedo di dichiarare che 6.000 sono mie; poi gli chiedo quanto vuole: un euro a tonnellata o gli offro una cena, dipende dai nostri rapporti. A questo punto, io sono a posto. Fanno così in Inghilterra, dove comprano certificati, non fanno raccolta, non hanno sistemi: comprano i certificati. Ci sono dei soggetti privati in concorrenza che dicono di raccogliere: raccolgono carta, vale per la plastica. Questo è per dire che cosa fanno gli altri Paesi. I tassi di riciclo in Inghilterra sono i più bassi d'Europa !
  Sono disponibile a un dibattito pubblico quando volete. La concorrenza è uno strumento, non una religione. Molti anni fa, dopo la caduta del muro di Berlino, Deaglio, il fratello, non Enrico, l'economista, scrisse un libro sulla nuova borghesia: a un certo punto scrive che, non essendoci più un nemico, si poteva fare delle osservazioni critiche al nostro sistema. Esistono aree non mercatizzabili e delle regole per la concorrenza. Quando la scelta fatta è lontana dagli effetti della scelta, la concorrenza lavora al contrario. Pensate alla scuola. Le scuole italiane in concorrenza sono diplomifici: si paga per avere un diploma, non per studiare.

  PRESIDENTE. L'altra domanda verteva sul tema della sperimentazione sul vuoto a rendere.

  PIERO CAPODIECI, ingegnere. Credo che il vuoto a rendere sia positivo dove esiste effettivamente un circuito possibile. È chiaro che chi fa vetro dice che non c’è mai; il supermercato o il bar ci dice che non c’è mai o che deve recuperare gli spazi. Affidarsi a quello che pensano oggi i soggetti economici coinvolti non ha senso. Supponiamo di avere un prodotto che ha cinque produttori nel Nord d'Italia e faccio il vuoto a rendere in Sicilia: ho fatto bene all'ambiente ? Esagero ma è per porre la questione. Va analizzato qual è effettivamente il ciclo di vita del vuoto a rendere. In una situazione in cui esiste una frammentazione degli attori e il vuoto a rendere trova delle distanze e una logistica sensata, ciò conviene senza dubbio, ma ci sono realtà in cui ciò non conviene.
  Tenete presente che i supermercati che vendono detersivi alla spina – sono dichiarazioni Coop – immaginano che l'equilibrio ambientale, con un flacone che deve essere comunque più rigido si raggiunge dopo cinque riutilizzi. Oltre i cinque riutilizzi del flacone, che si riempie con il detersivo – sono dichiarazioni Coop, non mie...

  PAOLA NUGNES. Io, però, uso sempre lo stesso ! Lo comprai una volta, me lo sono ritrovato e lo riempio e ce l'ho da anni. Perché cinque riutilizzi ?

  PIERO CAPODIECI, ingegnere. Dopo i cinque conviene, sotto i cinque no.

  STEFANO VIGNAROLI. Ne approfitto per sottolineare che la questione della frammentazione e senz'altro vera, ma c’è anche da dire che già avviene a monte. In Sicilia già il distributore che è al Nord porta il materiale pieno, quindi poi, spesso, torna indietro anche vuoto. Alla fine, anche quello è da vedere. Purtroppo, questa frammentazione c’è già a monte.

  PIERO CAPODIECI, ingegnere. Sono d'accordo. Bisogna fare l'analisi vera. Se il distributore torna vuoto, tanto vale che torni con le bottiglie vuote. Se, invece non torna vuoto e si è organizzato per portare, Pag. 18per esempio, Marsala al Nord, porta giù una cosa e porta su Marsala, allora non torna vuoto. Il discorso va fatto concretamente: semplicemente quello è il discorso.

  PRESIDENTE. L'audizione è stata interessante. Abbiamo acquisito elementi conoscitivi ed avremo occasione di approfondire ancora. Ringrazio il nostro ospite. Dichiaro conclusa l'audizione.

Comunicazioni del Presidente.

  PRESIDENTE. Comunico che l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti di gruppo, nella riunione svoltasi ieri, ha stabilito la desecretazione delle seguenti audizioni, svoltesi presso la Commissione omologa nel corso della XIII Legislatura: dr. Pasquale Fimiani, Sostituto Procuratore generale presso la Corte di cassazione (18 novembre 1997); dr. Enrico Di Nicola, già Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Bologna (23 febbraio 1998); dr. Lucio Di Pietro, Procuratore generale presso la Corte d'appello di Salerno (16 dicembre 1997); dr. Giancarlo Russo, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Salerno (17 febbraio 1999); dr. Alfredo Ormanni, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Torre Annunziata (7 luglio 1999); dr. Vincenzo Barbati, Prefetto di Venezia (28 ottobre 1999); dr. Donato Ceglie, Sostituto Procuratore generale presso la Corte di appello di Bari (22 marzo 2000 e 20 luglio 2000); dr.ssa Paola Pirotta, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Milano (27 giugno 2000); dott. Roberto Campisi, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Siracusa (20 febbraio 2001). Questa determinazione sarà trasmessa, ai sensi della deliberazione dell'Ufficio di presidenza della Camera dei deputati n. 163/2015, alla Presidente della Camera ai fini del prescritto nulla osta.
  Nel corso della medesima riunione è stato altresì stabilito che la Commissione non si avvalga ulteriormente della collaborazione a tempo parziale e a titolo gratuito dei magistrati Gianfranco Amendola, Giuseppe Cioffi e Roberto Rossi, nonché dell'avvocato Cristina Gerardis e del dottor Giuseppe Di Bello, dell'ingegner Francesco Di Leverano, del dottor Pietro Fedeli e dell'ingegner Paolo Rabitti.
  Comunico, inoltre, che il magistrato Alfredo Montagna, consulente a tempo parziale e a titolo gratuito, ha rassegnato le proprie dimissioni dall'incarico. Comunico, infine, che nella medesima riunione è stato stabilito che la Commissione si avvalga, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge istitutiva, della collaborazione della dottoressa Egle Pilla, magistrato presso il Tribunale di Napoli, e del signor Romeo Petrella, quali consulenti della Commissione con incarico a tempo pieno e non retribuito. La presidenza avvierà le procedure previste per assicurare l'avvio delle collaborazioni sopraindicate, previo distacco o autorizzazione dall'ente di appartenenza nei casi contemplati dalla legge.

  La seduta termina alle 14.55.