XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti

Resoconto stenografico



Seduta n. 65 di Mercoledì 28 ottobre 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bratti Alessandro , Presidente ... 2 

Comunicazioni del presidente:
Bratti Alessandro , Presidente ... 2 

Audizione di rappresentanti dell'Associazione rottami ferrosi (ASSOFERMET):
Bratti Alessandro , Presidente ... 2 
Pozzato Paolo , Presidente dell'Assofermet rottami ferrosi ... 3 
Carbonoli Luca , Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi ... 4 
Vezzosi Cinzia , Presidente dell'Assofermet metalli non ferrosi ... 4 
Carbonoli Luca , Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi ... 5 
Vezzosi Cinzia , Presidente dell'Assofermet metalli non ferrosi ... 5 
Carbonoli Luca , Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi ... 5 
Pozzato Paolo , Presidente dell'Assofermet rottami ferrosi ... 6 
Vezzosi Cinzia , Presidente dell'Assofermet metalli non ferrosi ... 6 
Carbonoli Luca , Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi ... 7 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 10 
Puppato Laura  ... 10 
Cominelli Miriam (PD)  ... 10 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 10 
Carbonoli Luca , Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi ... 10 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 10 
Carbonoli Luca , Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi ... 10 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 11 
Carbonoli Luca , Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi ... 11 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 11 
Pozzato Paolo , Presidente dell'Assofermet rottami ferrosi ... 11 
Carbonoli Luca , Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi ... 11 
Cominelli Miriam (PD)  ... 11 
Carbonoli Luca , Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi ... 11 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 11 
Carbonoli Luca , Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi ... 11 
Vezzosi Cinzia , Presidente dell'Assofermet metalli non ferrosi ... 12 
Carbonoli Luca , Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi ... 12 
Pozzato Paolo , Presidente dell'Assofermet rottami ferrosi ... 13 
Carbonoli Luca , Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi ... 13 
Nugnes Paola  ... 14 
Carbonoli Luca , Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi ... 14 
Nugnes Paola  ... 14 
Carbonoli Luca , Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi ... 14 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 14 
Nugnes Paola  ... 14 
Vezzosi Cinzia , Presidente dell'Assofermet metalli non ferrosi ... 14 
Nugnes Paola  ... 14 
Carbonoli Luca , Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi ... 14 
Nugnes Paola  ... 14 
Carbonoli Luca , Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi ... 14 
Nugnes Paola  ... 15 
Carbonoli Luca , Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi ... 15 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 15 
Pozzato Paolo , Presidente dell'Assofermet rottami ferrosi ... 15 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 15 
Vezzosi Cinzia , Presidente dell'Assofermet metalli non ferrosi ... 15 
Carbonoli Luca , Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi ... 15 
Vezzosi Cinzia , Presidente dell'Assofermet metalli non ferrosi ... 16 
Carbonoli Luca , Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi ... 16 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ALESSANDRO BRATTI

  La seduta comincia alle 14.05.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Comunicazioni del presidente.

  PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Senato, in data 23 ottobre 2015 ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad essi correlati, il senatore Luis Alberto Orellana, in sostituzione del senatore Enrico Buemi, dimissionario. Diamo, quindi, il benvenuto al senatore Orellana.
  Comunico, inoltre, che l'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella riunione appena svolta, ha stabilito la desecretazione del resoconto integrale dell'audizione del sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Imperia, Roberto Cavallone, svoltasi presso la prefettura di Imperia il 19 febbraio 2015. Comunico inoltre che, secondo quanto stabilito nella medesima riunione, una delegazione della Commissione svolgerà una missione in Piemonte dal 2 al 4 dicembre 2015. Comunico infine che il convegno sul tema dei siti contaminati, previsto il giorno 9 dicembre 2015, avrà luogo in altra data.

Audizione di rappresentanti dell'Associazione rottami ferrosi (ASSOFERMET).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti dell'Associazione rottami ferrosi (Assofermet). Sono presenti il vicedirettore dell'Associazione, Luca Carbonoli, la presidente di Assofermet metalli non ferrosi, Cinzia Vezzosi, e il presidente di Assofermet rottami ferrosi, Paolo Pozzato, che ringrazio per la loro presenza.
  Ricordo che la Commissione si occupa di illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione e dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti, alle bonifiche e al ciclo della depurazione delle acque. L'audizione odierna rientra nell'ambito dell'approfondimento in corso di svolgimento sul traffico transfrontaliero dei rifiuti.
  Avverto i nostri ospiti che della presente audizione viene redatto un resoconto stenografico e che, facendone espressa e motivata richiesta, in particolare in presenza di fatti illeciti sui quali siano in corso indagini tuttora coperte da segreto, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata nella parte finale della seduta.Pag. 3
  Cedo, dunque, la parola ai nostri ospiti per consentire loro l'illustrazione dei principali temi oggetto dell'approfondimento in corso, al termine della quale saranno loro rivolte alcune domande da parte dei commissari.
  Mi scuso perché tra poco mi dovrò assentare. Sarò sostituito dal vicepresidente Stefano Vignaroli. Comunque, come vi ho detto brevemente, stiamo facendo degli approfondimenti sul tema del traffico transfrontaliero dei rifiuti, ma siamo interessati anche al traffico rottami ferrosi, al mercato clandestino dei rom attorno a Roma, e a quello presente nella Terra dei fuochi.
  Nelle nostre audizioni, sia quelle riguardanti la regione Lazio sia la Campania, ci è stato segnalato un mercato che è in gran parte abusivo e che determina, di conseguenza, una modalità illecita di trattare il rifiuto. Vorremmo conoscere il vostro punto di vista al riguardo.
  Nel dare la parola al presidente Pozzato, chiedo all'onorevole Vignaroli di sostituirmi.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE STEFANO VIGNAROLI

  PAOLO POZZATO, Presidente dell'Assofermet rottami ferrosi. Buongiorno a tutti, chiedo scusa perché sono giù di voce, quindi cercherò di parlare un po’ più forte.
  Come diceva il presidente, l'Assofermet è un'associazione di categoria che si occupa di rottami ferrosi metalli, ma anche del commercio dell'acciaio e della ferramenta. Le aziende che abbiamo come soci si occupano della raccolta di circa 11,5 milioni di tonnellate di rottame. Il nostro settore serve le acciaierie e le fonderie che acquisiscono e utilizzano i rottami di ferro e di metalli per poi fonderli, trattarli o trasformarli in materie prime o semiprodotti.
  La particolarità del sistema italiano dei rottami ferrosi metallici, rispetto a tutto il resto del mondo e in particolare dell'Europa, di cui facciamo parte, è che, essendo l'Italia povera di materie prime, in particolare di minerali e di ferro, i nostri utilizzatori e produttori di acciaio utilizzano il sistema del forno elettrico, che si differenzia dal ciclo integrale.
  Per esempio, l'Ilva utilizza il ciclo integrale, quindi il minerale di ferro e carbone per produrre acciaio, ma la maggioranza delle acciaierie italiane utilizzano il rottame di ferro perché sono a forno elettrico.
  Da noi, subito dopo il dopoguerra si è sviluppato questo tipo di industria che utilizza molto rottame. Di conseguenza tutto il tessuto di raccolta, che è stato molto importante nel dopoguerra, è cresciuto. In particolare, sono cresciute le piccole aziende localizzate in tutto il territorio nazionale, soprattutto vicino alle zone industrializzate del nord. Abbiamo, dunque, una struttura piramidale con alla base la raccolta di tutti i prodotti, che è molto suddivisa al suo interno.
  Noi abbiamo 380 aziende associate, ma ce ne sono più di 4.000 che si occupano di questo tipo di raccolta nel territorio nazionale. A metà di questa piramide figurata, ci sono le aziende più grosse, che fanno intermediazione di rottami e che hanno strutture di impianti più grandi. Dopodiché, il materiale va a finire alle acciaierie, che sono al vertice della piramide, dove viene riutilizzato. Questa è la panoramica del nostro settore.
  Come associazione rappresentiamo circa 20.000 addetti, diretti e indiretti, con 14 milioni di tonnellate di rottami raccolte, fra ferrosi e non ferrosi, e circa 7 miliardi di fatturato globale.
  Le categorie di rottame che trattiamo si possono dividere in quattro tipologie diverse e per macro flussi. Il primo flusso riguarda i rottami nuovi, cioè quelli prodotti da scarti di lavorazione. L'industria che produce un manufatto, ne scarta una parte, che diventa uno scarto, appunto, nuovo, che è immediatamente disponibile, cioè viene prodotto, immediatamente posto sul mercato e venduto come materia prima, per poi essere portato nelle acciaierie.Pag. 4
  Poi ci sono i materiali provenienti da demolizioni industriali, ovvero capannoni, strutture in metallo o macchinari. Questo, invece, è un ciclo che dipende molto dal tempo perché i materiali vengono recuperati quando vengono dismessi, quindi, a seconda della realtà economica, può essere di 12 o anche di 30 anni. Possiamo parlare di materiale rotabile delle ferrovie, di macchinari e attrezzature varie.
  Ci sono, inoltre, le demolizioni di veicoli a motore fuori uso e le loro parti componenti. Questo è un altro settore che viene gestito in modo completamente separato, per motivi di normativa, rispetto ai rottami tradizionali.
  Ancora, c’è il rottame vecchio di raccolta, che si recupera negli ecocentri o comunque che viene dal privato (barattoli, scatolette, oggetti metallici come pentole, biciclette e via dicendo).
  Infine, c’è il settore degli elettrodomestici, quindi si parla di RAEE in riferimento a quei rifiuti elettrici ed elettronici, come le lavatrici, i frigoriferi e quant'altro.
  Credo di aver concluso. Chiedo al vicedirettore se intende aggiungere qualcosa.

  LUCA CARBONOLI, Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi. L'Italia è anomala rispetto agli altri 27 Paesi membri. Per darvi l'idea, l'Unione europea è il primo esportatore al mondo di rottami ferrosi. Nel 2014 ne ha esportati 16,5 milioni di tonnellate. Infatti, vi si produce acciaio da ciclo integrale, quindi da altoforno. Per l'Italia il solo caso è quello dell'ILVA di Taranto perché attualmente Piombino è ferma. L'altoforno di Servola ha ripreso l'attività, ma per ora si ferma alla ghisa perché non produce acciaio. Insomma, in Italia si produce acciaio da forno elettrico, dunque rifondendo rottame.
  Passando alle esportazioni, per quanto riguarda i rottami ferrosi si esportano meno di 300.000 tonnellate annue. Per darvi l'idea, la Germania vende agli altri 27 Paesi membri 7,5 milioni di tonnellate di rottame ferroso (cito sempre i dati 2014) perché non sa cosa farsene, visto che produce da minerale.
  La situazione dell'Italia è, dunque, come dicevo, anomala rispetto agli altri 27. Come sappiamo, siamo poveri di materie prime; non abbiamo minerali di ferro, né quelle poche miniere che avevamo un tempo. Di conseguenza, la nostra metallurgia ferrosa (la siderurgia e la fonderia) e non ferrosa (i produttori di metalli non ferrosi, come rame e sue leghe, ottone e alluminio), ovvero tutto quello che produciamo a livello di metalli, incluso questa bacchetta, è prodotto da rottame, che è l'unica nostra vera risorsa economica. Da qui, il grande interesse sul rottame da parte di tutti, compresi i traffici illeciti, che da sempre, nel bene o nel male, sono all'attenzione delle cronache.
  Ovviamente, intendo rottame nell'accezione più ampia. Questi 11,5 milioni, che è il gettito italiano del 2014, comprendono, infatti, sia la caduta nuova di lavorazione, per esempio quando viene stampato il cofano della Punto, sia la Punto quando diventa rifiuto, sia la lavatrice o la trave di ferro che troviamo quando demoliamo un edificio.
  È chiaro che il valore economico del rottame ferroso, ovvero di ghisa e soprattutto di acciaio, genera una grande attenzione perché il nostro sistema è basato sulla produzione di metalli ferrosi e non ferrosi da rottame.
  La raccolta viene fatta sul territorio italiano a livello capillare e, come in tutti i settori italiani, anche in quello della raccolta, del recupero e della preparazione del rottame per la rifusione e quindi per venderlo alle acciaierie e fonderie, troviamo un sistema di imprese medio-piccole che agisce su tutto il territorio italiano, comprese le isole, riuscendo, appunto, a recuperare 11,5 milioni di tonnellate di ferroso.
  Invece, i numeri dei metalli non ferrosi, ovvero rame e alluminio, sono molto più bassi.

  CINZIA VEZZOSI, Presidente dell'Assofermet metalli non ferrosi. I numeri del non ferroso sono molto più bassi. Il rame è intorno a 1,8 milioni di tonnellate e Pag. 5l'alluminio ai 3 milioni di tonnellate. I numeri sono molto più piccoli, ma significativi perché il prezzo e il valore di questi metalli è estremamente più alto, non foss'altro perché sono quotati in borsa, quindi hanno un valore anche speculativo.
  Oltre a chi transa le spedizioni di materiale fisico, abbiamo anche chi opera in borsa semplicemente con delle stock option o con dei futures, impegnando fisicamente del denaro sui metalli che ritiene più appealing, per cui, ovviamente, la quotazione segue delle dinamiche globali.
  Per il mondo dei non ferrosi si può dire esattamente la stessa cosa. In Italia, proprio per questioni di mercato, nettamente diverso dal resto dell'Europa, nel tempo abbiamo sviluppato delle grandissime peculiarità.
  Tornando a quello che ha detto il dottor Carbonoli, in Italia, tutto il non ferroso è prodotto da rottame. Abbiamo eccellenze riconosciute a livello mondiale. Ci sono tornerie nella zona di Brescia esportano e sono riconosciute ovunque a livello mondiale.
  La nostra forza è sempre stata nell'utilizzo del rottame e nella competitività nel prezzo, ma anche nella gestione del rottame a monte, cioè nella capacità di prendere il rottame, cernirlo, lavorarlo e rimetterlo in circolo per le aziende che lo vanno a rifondere. Questo vale sia per chi fa il prodotto finito, come le barre di ottone, quindi gli ottonieri veri e propri, sia per chi fa i pani di materia (pane d'ottone, di alluminio e così via).
  Insomma, tutto quello che si fa in Italia è fatto da rottame. Di conseguenza, tutto ciò che sta intorno al rottame è estremamente importante per chi lo gestisce. Da una parte, abbiamo le aziende che lo valorizzano; dall'altra, chi è interessato al valore in sé del materiale per poi farne altri utilizzi.
  Le esportazioni dei metalli non ferrosi sono percentualmente più alte rispetto a quelle del ferroso, ma estremamente legate alla qualità del materiale.
  Mi spiego. Sul rottame di rame, su un utilizzo globale di 1,8 milioni di tonnellate, abbiamo un acquisto di 174.000.

  LUCA CARBONOLI, Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi. Parliamo di importazioni in senso lato, cioè dalla UE o da Paesi terzi.

  CINZIA VEZZOSI, Presidente dell'Assofermet metalli non ferrosi. Ugualmente, ne esportiamo 174.000. Verrebbe, quindi, voglia di chiedere perché le importiamo, quando basterebbe che ce le tenessimo. Ebbene, questo accade esclusivamente per una questione qualitativa. Infatti, quello che viene esportato è materiale che, di fatto, in Italia, per le produzioni che abbiamo, avrebbe poco valore, per cui deve essere sostituito con materiale di diverso valore.
  Chi fa questo lavoro in Italia – tra le nostre aziende ne abbiamo parecchie – lo fa utilizzando una precisione estrema, sulla base di tutte le necessità autorizzative, le certificazioni richieste, i decreti normativi che abbiamo recepito dalla UE, per cui nel ferroso abbiamo il 3-3-3 e nel non ferroso il 7-1-5. Sono, dunque, tutte aziende che lavorano in maniera molto scrupolosa.
  Ora, il quantitativo, a volte, non è importante. Per esempio, per quanto riguarda l'alluminio, in termini di gettito nazionale, ne produciamo un po’ in più del rottame di rame. Se, però, andiamo a vedere il valore vero, è un quarto del rame. Pertanto, è chiaro che, là dove c’è un valore economico intrinseco alla materia, quella diventa ambita anche da settori che non sono consoni o legali.

  LUCA CARBONOLI, Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi. Ovviamente, tutti i rottami sono classificati come rifiuto dalla normativa comunitaria, a cui si attengono tutte le aziende che fanno raccolta e trattamento di rottami, cioè operazioni di recupero, selezione, cernita, adeguamenti volumetrici e quant'altro per renderli disponibili e prepararli per la siderurgia, ovvero per le acciaierie, le Pag. 6fonderie o chi rifonde metalli non ferrosi, per produrre, per esempio, la barra di ottone.
  Peraltro, l'Italia supera ampiamente la Germania sulla barra di ottone. Nel mondo dei metalli abbiamo delle élite. In Europa, il maggior produttore di acciaio da rottami è l'Italia. Siamo secondi dopo la Germania solo perché loro hanno il ciclo integrale, mentre sulla produzione da rottame siamo i primi.
  L'anno scorso abbiamo prodotto 23,5 milioni di tonnellate di acciaio. Tenuto conto delle difficoltà dell'Ilva, di Piombino e di Servola, su 100 chili di acciaio nuovo, l'Italia ne produce 75 da rottame. In questo momento, l'unica produzione di acciaio non da rottame è l'Ilva di Taranto, dove viene inserito un po’ di rottame, ma solo come correttivo.
  Il rottame – ripeto – è classificato come rifiuto. Tutte le aziende che lo trattano sono autorizzate. In Italia abbiamo avuto per molti anni le materie prime secondarie. Recentemente siamo riusciti a ottenere dall'Unione europea i primi due regolamenti sull’end of waste, che sono stati modulati dalla Commissione sul sistema italiano delle materie prime secondarie.
  Il primo è il regolamento n. 333/2011/UE, che riguarda i rottami ferrosi, cioè ghisa e acciaio, e i rottami di alluminio; il secondo è il n. 715/2013/UE che riguarda rame e sue leghe, quindi in primis l'ottone.
  Secondo questi regolamenti, dato atto che il rottame è rifiuto all'inizio, una volta effettuate le varie operazioni di recupero diventa end of waste, cioè non è più rifiuto e come tale viene ceduto alla metallurgia ferrosa e non ferrosa per la rifusione, quindi per produrre lamiere, laminato di alluminio e così via.

  PAOLO POZZATO, Presidente dell'Assofermet rottami ferrosi. Vorrei aggiungere un elemento sui rottami ferrosi che non è stato detto dal dottor Carbonoli. In Italia, il 72 per cento del rottame che viene messo nel forno proviene dal mercato italiano; il restante arriva quasi completamente dal mercato europeo, soprattutto da Germania e Francia, mentre solo una piccola parte viene dai Paesi extraeuropei.
  Invece, in esportazione siamo intorno al 1,5-2 per cento. Abbiamo, infatti, del materiale che parte dalle isole e dal sud Italia, là dove, siccome il costo di trasporto è molto elevato, piuttosto che portarlo al nord verso le acciaierie, si preferisce caricare navi per portarlo verso la Turchia, che, essendo il primo importatore mondiale di rottame, ha sempre dei pezzi molto interessanti, riuscendo, appunto, a catturare rottame che proviene dalle isole, Sardegna e Sicilia in primis, e dall'estremo sud Italia. Si tratta, però, di quantità esigue (200-300.000 tonnellate annue, quindi l'1,5-2 per cento della produzione italiana).

  CINZIA VEZZOSI, Presidente dell'Assofermet metalli non ferrosi. Per quanto riguarda i non ferrosi, le esportazioni, per assurdo, risultano più facili rispetto a quelle dei ferrosi per un motivo economico. Infatti, sono più cari, quindi hanno un appeal diverso. Oltre a questo, c’è il fatto che, essendo le esportazioni legate alla quotazione di borsa dell'LME (London Metal Exchange), il prezzo è facilmente gestibile ovunque nel mondo.
  Infatti, il prezzo sarà fatto sulla base di una formula – in genere una percentuale dell'LME o un premio o uno sconto pagato sulla quotazione – quindi è facile trattare con gli altri Paesi perché si parla la stessa lingua, quella della Borsa di Londra. Adesso ci sono altre due borse, il Comex e l'SHFE di Shanghai, ma, di fatto, a livello di transazioni internazionali, il London Metal Exchange la fa da padrone.
  A questo aggiungiamo che all'estero, spesso e volentieri, gli operatori sono disposti a pagare cifre decisamente più alte. Questo è dovuto a una valutazione molto spicciola, quella dei costi di produzione o di lavorazione all'interno dei loro Paesi, che consente loro di pagare la materia prima a livelli più alti poiché, avendo il vantaggio della manodopera a Pag. 7basso costo, riescono comunque a entrare nel circuito economico. Per esempio, in Cina molto di quello che riguarda le PCB, cioè schede elettroniche, viene fisicamente cernito a mano, con tutto il pericolo legato a questo.
  Questa è la prima motivazione. La seconda riguarda i pagamenti del circuito internazionale, che sono decisamente più veloci. Il sistema del pagamento del cliente italiano è, in genere, più lento per mille motivi. Infatti, abbiamo una struttura economica che, nel tempo, ci ha sempre consentito di muoverci su tempi di pagamento piuttosto lenti e lunghi, che non sono riconosciuti in Europa, dove, quindi, pure abbiamo qualche problema, ma che sono estremamente diversi dal resto del mondo.
  Faccio un esempio. La stragrande maggioranza dei rottami che vengono esportati, oltre a essere pagati di più, vengono pagati con lettere di credito, che per chi vende sono un titolo economico estremamente importante, da poter scontare in questo momento, cioè diventa denaro liquido. Questo consente – cosa da sottovalutare – di reimmettersi velocemente sul mercato con i nuovi acquisti. Invece, chi deve attendere un pagamento, come la stragrande maggioranza dei cantieri italiani, soltanto quando lo avrà ottenuto, avrà fisicamente il cash flow da poter rimettere nel circolo e quindi poter coprire nuovi acquisti.
  Quello che esce in esportazione è legato molto spesso a questo, soprattutto da quando nel 2009 è arrivata la crisi in Italia e nel resto dell'Europa. Infatti, a quel punto la transazione con un entità internazionali rendeva possibile essere più liquidi, quindi più autonomi discorso sul piano economico. Invece, chi è legato solo all'economia del territorio ha subito parecchie contrazioni in termini sia di quantità sia di volumi di fatturato.

  LUCA CARBONOLI, Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi. Vorrei aggiungere ancora qualcosa sull’export. Per quanto riguarda i rottami ferrosi, l'Italia è un Paese importatore. Ogni anno importiamo 6 milioni di tonnellate di rottami di acciaio perché il nostro gettito è insufficiente per la nostra siderurgia nazionale, che non è nelle migliori condizioni in questo momento, ma ha comunque bisogno di rottame.
  Negli ultimi anni abbiamo perso 3,5 milioni di tonnellate di rottami come gettito interno perché non cambiamo più la macchina, non compriamo più la lavatrice, la nostra edilizia è ferma, quindi non si impiega acciaio. Insomma, quando tutto è fermo il gettito rallenta perché il ciclo economico frena, quindi diminuiscono anche gli scarti nuovi di rottame da produzione della carpenteria o dell'officina o il rottame che deriva dai cicli di consumo.
  Importiamo, quindi, 6 milioni di tonnellate di rottame di acciaio. C’è un interscambio diverso, molto più basso, sui non ferrosi, che importiamo, ma poi rivendiamo. Siamo, però, sempre nell'ordine delle 100.000 tonnellate.
  In tutti questi anni abbiamo visto anche delle contestazioni sul rottame in uscita, fermo nei porti, che riguardano la classificazione del materiale che, talvolta, può anche presentare dei problemi di classificazione. Per esempio, può anche accadere che in certe tipologie di rottame si trovino ancora dei filtri dell'olio della macchina. Ora, per la normativa comunitaria il filtro dell'olio della macchina è un rifiuto pericoloso, quindi non ci deve essere.
  A parte questo, i problemi che riguardano il traffico illecito di rifiuti, per quanto riguarda i rottami, sono su veicoli fuori uso e loro componenti e sui RAEE. Questa non è la parte classica del rottame, ma quella numericamente più piccola, sebbene siano considerati rottami, quindi rifiuti.
  In particolare, i veicoli fuori uso sono disciplinati dal decreto legislativo n. 209, mentre i RAEE sono stati regolamentati recentemente. In sostanza, sono filoni di rifiuti che hanno un fortissimo contenuto metallico. Per esempio, su 100 chili, in un'auto, 70 sono di metalli, di cui 65 di acciaio; abbiamo, poi, i metalli non ferrosi: Pag. 8il basamento di alluminio del motore della macchina è, appunto, di alluminio, quindi non ferroso.
  Anche la componentistica dei RAEE, soprattutto del raggruppamento 2, che sono i grandi bianchi (la lavatrice, la lavastoviglie, la cappa) comprende apparecchiature che sono sostanzialmente fatte da metalli ferrosi e non ferrosi.
  I problemi sono, quindi, sui veicoli fuori uso e sui RAEE.
  Sui veicoli fuori uso, la problematica principale è il radiato per l'esportazione, di cui sicuramente vi hanno già parlato. In Italia, quando abbiamo una macchina vecchia abbiamo due possibilità. La prima è radiarla per demolizione, quindi siamo obbligati ad andare da un autodemolitore autorizzato che ci rilascia il certificato di rottamazione. Questo è riconosciuto dall'ACI PRA e radia, a sua volta, la macchina per demolizione. A quel punto, toglie le componenti pericolose (olio, batteria, liquido antigelo, liquido freni), quindi la macchina diventa un rifiuto non pericoloso, vengono tolte le altre parti recuperabili o riciclabili, come pneumatici e vetri, dopodiché la macchina, pressata o meno, va in un impianto di frantumazione autorizzato.
  Negli ultimi anni è cresciuta in modo esponenziale una seconda possibilità: la radiazione per esportazione, che è quella che possiamo fare anche noi come privati cittadini. Per esempio, a Milano succede spesso che lasciano un bigliettino nel finestrino per proporre la vendita dell'auto come usato, dopodiché l'acquirente provvede alla pratica di radiazione per esportazione, che deve essere sempre firmata dal venditore.
  Quindi, c’è stata una drastica diminuzione dei veicoli fuori uso (la macchina, ma anche il furgone e il camion) radiati per diventare rottame e poi rimanere, sostanzialmente, all'interno del Paese come materia prima di cui siamo forti consumatori, infatti ne importiamo anche dall'estero. Questo non solo ha privato il Paese di una materia prima fondamentale, ma nel filone delle radiazioni per esportazione si sono inserite le attività illecite.
  Ora, sicuramente una parte dei vicoli radiati per esportazione riguarda autovetture che possono funzionare perfettamente in un altro Paese UE o in Marocco, in Algeria e così via. Tuttavia, negli ultimi anni è venuto alla luce che una parte di queste autovetture radiate per poi continuare a fare le autovetture in un altro Paese fuori dall'Italia (non importa che sia UE o meno), quando arrivano a destinazione vengono demolite oppure una parte di esse lasciano l'Italia già come rifiuti. Per esempio, in un'autovettura con il motore fuso, possiamo sostituire il motore, ma quando arriva dall'altra parte farà sicuramente un'altra fine.
  Su questo fenomeno è intervenuto l'ACI PRA con delle circolari che, nei limiti consentiti dalla legge, hanno reso molto più difficile radiare un'auto per esportazione, destinata sia ai Paesi UE che non UE.
  Tuttavia, si tratta di disposizioni interpretative interne per mettere dei paletti, ma non possono vietare di radiare un'automobile per esportazione e di venderla come usato in un altro Paese. Quindi, è possibile non solo portarsela dietro se si cambia residenza, per esempio se una persona va a vivere a Parigi, ma anche venderla direttamente a un francese o a un commerciante italiano di vetture usate che poi la rivende dove vuole. Questo è il mercato dell'usato che c’è su qualsiasi bene e apparecchiatura nell'Unione europea e che è tutelato da disposizioni di legge comunitarie.
  Si tratta, dunque, di trovare un compromesso. Infatti, in questi anni in cui i concessionari si sono trovati in grande difficoltà per via della situazione del mercato dell'auto, si è cercato di recuperare una parte dei margini convincendo chi va a comprare una macchina nuova in sostituzione della vecchia, mentre alcuni anni fa l'avrebbe demolita senza neanche pensarci.
  Insomma, ci sono anche ragioni economiche che hanno creato una crescita Pag. 9esponenziale del radiato per esportazione. Tuttavia, ci sono sicuramente decine di migliaia di autovetture che arrivano dall'altra parte – non importa dove – ma sono già rifiuti in partenza. Il problema è che formalmente sono usato, quindi arrivano con questa classificazione. Poi, se vengano reimmatricolate – peraltro, non in tutti i Paesi esiste un sistema come il nostro PRA – e le troveremo circolanti, è un dubbio che rimane ed è totalmente lecito.
  Per quanto riguarda i RAEE, c’è un discorso diverso. Tenete conto che l'anno scorso l'Italia ha esportato come rifiuti 107.000 tonnellate di RAEE, verso sia Paesi UE che extra UE. Di queste, 53.000 sono andate in Cina, tutte esportate – ripeto – come rifiuti della lista verde del regolamento comunitario.
  Peraltro, esportare in Cina non è semplice perché chi esporta deve avere una licenza del Governo cinese (la AQSIQ). Stiamo parlando, però, di esportazioni totalmente lecite, alla luce delle carte, che arrivano in dogana con un allegato 7 del regolamento comunitario e così via.
  In questo senso, il problema dei RAEE è simile a quello dei veicoli. La maggior parte dei RAEE che esce dall'Unione europea esce come usato. In dogana possiamo avere un container con dentro dei monitor e dei computer, che legittimamente esce come rifiuto. Anche lì possono esserci problemi, comunque, formalmente, c’è un operatore autorizzato che porta in dogana il materiale, che presenta una fattura, la dichiarazione di esportazione e la documentazione prevista dai regolamenti comunitari sui transfrontalieri. Resta, però, il fatto che ci sono apparecchiature elettroniche che escono come usato.
  Allora, la nuova direttiva comunitaria che è entrata in vigore l'anno scorso prevede dei requisiti minimi estremamente stringenti. Se si vogliono esportare delle apparecchiature elettriche ed elettroniche come usato, lo si può fare, ma occorre una documentazione di supporto, con delle prove di funzionamento e delle dichiarazioni che non si esportano rifiuti e così via.
  Insomma, c’è un lunghissimo elenco di documenti a supporto di questa esportazione, che comprova l'uscita di materiale usato funzionante, quindi non RAEE. Prima questa normativa non esisteva; è stata introdotta da una direttiva comunitaria nel 2014. Quindi, dietro di noi abbiamo il vuoto normativo, mentre adesso non è più così. Tuttavia, come spesso accade in Italia, il problema riguarda i controlli sul campo.
  Infatti, i codici doganali che riguardano l'inquadramento delle merci a livello internazionale non individuano quel computer come rifiuto, come usato o come nuovo. C’è un codice doganale che individua quell'apparecchiatura come computer – sto semplificando – sia che esca come nuovo, perché magari lo ha prodotto la HP italiana, sia come usato, perché un commerciante, un rivenditore o un distributore di apparecchiature nuove, che, però, ritira anche quelle vecchie (cosa di cui deve farsi carico nel sistema RAEE) può avere delle apparecchiature, appunto, usate che può rivendere come tali.
  Si tratta, poi, di vedere se effettivamente lo sono o meno. Molte volte le cose non stanno così. Quindi, il problema del traffico illecito di rifiuti in materia di RAEE è legato soprattutto a quell'usato che non è tale, ma sarebbe del rifiuto. In Italia, questo è difficilmente quantificabile.
  L'anno scorso i 17 sistemi collettivi che si occupano della raccolta, fatti dagli importatori e dai produttori di apparecchiature che fanno capo al CDC RAEE, hanno recuperato 230.000 tonnellate di RAEE. Una parte di questo, però, non è RAEE domestico, ma professionale, quindi non fa capo ai consorzi. Tuttavia, il problema è – ripeto – sull'usato, come sull'esportato per radiazione riguardo ai veicoli e ai loro componenti.
  Non vorrei sminuire il problema del traffico illecito di rifiuti sui rottami. Sostanzialmente, però, la situazione può essere inquadrata in questo modo, senza Pag. 10assolutamente negare che vi siano dei problemi anche su quello che viene esportato come rifiuto.

  PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che desiderano intervenire.

  LAURA PUPPATO. Vorrei porre solo due domande. La prima è come valutate il mercato della bauxite perché sul tema dell'alluminio c’è anche il problema delle fonti. È bene che l'Italia sia quasi autosufficiente ed esporti 107.000 tonnellate, ma cosa vi risulta da quel punto di vista ?
  In secondo luogo, la nostra è una Commissione d'inchiesta, quindi siamo andati a vedere nei porti e abbiamo verificato la situazione che lei ha descritto molto bene e che si è cercato, in parte, di ridimensionare, fino a cancellarla, con la direttiva che è stata assunta nel 2014, restringendo un po’ i cordoni della borsa rispetto alle uscite.
  A questo proposito, ho visto i dati 2008, con più di 15 milioni di tonnellate di materiale ferroso che veniva recuperato in Italia. Poi siamo scesi a 11 milioni o poco più nel 2014. Ora, davvero quei 4 milioni in meno sono tutto frutto della crisi o, invece, non c’è un incremento del traffico illecito a dispetto dell'ordinario ?
  Per esempio, dai dati, vedo che il sud sta aumentando la quantità di riciclato rispetto al nord, che è abbastanza stabile. Questo è significativo al punto tale che si può dire che, effettivamente, c’è un aspetto legale che è predominante, quindi i 4 milioni di tonnellate sono davvero frutto solo della crisi, o, invece, in quei 4 milioni di tonnellate che non ci sono più da sette anni c’è anche un margine di operatività dell'illecito che non viene registrato ?

  MIRIAM COMINELLI. Vorrei chiedere com’è la gestione del cosiddetto car fluff.

  PRESIDENTE. Chiudo le domande. Personalmente, ho seguito approfonditamente il problema della radiazione per esportazione. Ho visitato alcuni impianti di rottamazione. Mi vorrei soffermare sul problema dei rottami. A me risulta che i rottami passino per gli ambulanti, che spesso non sono registrati. Dopodiché, questo materiale arriva ai commercianti, che voi rappresentate in parte.
  L'illecito si gioca molto sugli ambulanti, che ricevono di tutto, compresa merce rubata, anche dai rom. Poi, con la complicità dei commercianti, il materiale entra nel processo, ma non risulta. Peraltro, i commercianti giocano anche con il deposito, per trattenere la roba e poi farla uscire in un secondo tempo, in modo che più difficile da controllare. Infatti, spesso il materiale non viene neanche pesato perché con grandi cumuli di ferro si fa a occhio, per cui risultano molti di meno. In questo modo, aumenta il nero.
  A questo punto, mi domando voi, come associazione, controllate i vostri commercianti, i MUD (modello unico di dichiarazione ambientale) e se quello che entra corrisponde alla quantità in uscita ? A me risulta che ci sia molta differenza tra ciò che entra e ciò che esce.

  LUCA CARBONOLI, Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi. Sul problema degli ambulanti abbiamo visto che nel disegno di legge sulla green economy c’è una disposizione molto precisa, che inizialmente riguardava solo i rottami di rifiuti di rame e sue leghe, ma poi è stata estesa anche a ferro e acciaio, che è rivolta al produttore dello scarto rifiuto, dove si dice che chi ha questo tipo di scarto non può più darlo agli ambulanti, di cui a un certo articolo di un certo codice ambientale, esonerati dall'iscrizione all'Albo per la raccolta, ma solo a un soggetto autorizzato.

  PRESIDENTE. Sarà difficile controllarlo.

  LUCA CARBONOLI, Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi. Questa è una disposizione che, nel bene o nel male, taglia la testa al toro. Significa che un impianto di recupero autorizzato – quelli Pag. 11che rappresentiamo noi – non potrà più ricevere un qualsiasi quantitativo da un soggetto ambulante.

  PRESIDENTE. Risulta anche che la Forestale ha fatto alcuni controlli all'ingresso e ha verificato che parecchi ambulanti uscivano dai commercianti, ma non erano autorizzati, a prescindere dal fatto che la legge lo preveda o meno. Mi domando, quindi, come controllate.

  LUCA CARBONOLI, Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi. Il decreto sulla green economy che contiene questa disposizione è in seconda lettura al Senato, quindi non è ancora in vigore.
  Tuttavia, questo accadrà nel bene e nel male perché ci sono impianti di recupero che si trovano costretti ad acquistare rottami da ambulanti per poter continuare a sopravvivere; come ci sono imprese che hanno scelto, per politica aziendale, di chiudere i loro cancelli ai cosiddetti raccoglitori ambulanti.
  La giurisprudenza penale di questi anni, nonostante questo esonero, si è sempre orientata in senso diverso, cioè ha sempre condannato il raccoglitore ambulante e, talvolta, in concorso anche l'impianto di recupero che ha ritirato.
  Le imprese del settore sono perfettamente a conoscenza di come stanno le cose perché ogni volta che c’è una sentenza la comunichiamo. Quando uscirà questa disposizione la situazione cambierà radicalmente. Dopodiché, ogni impresa, a prescindere dall'essere associata all'Assofermet, si comporta come ritiene e come il suo titolare decide. Tutti, però, sanno benissimo a quali rischi sono esposti. Peraltro, alcuni lo sanno perché hanno dei procedimenti penali in corso. Questa disposizione, dunque, taglia la testa al toro.

  PRESIDENTE. Voi controllate i vostri commercianti ? Verificate il MUD, cosa entra e cosa esce ?

  PAOLO POZZATO, Presidente dell'Assofermet rottami ferrosi. No, non è un'attività dell'associazione. Personalmente, sono un operatore che rappresenta gli operatori. Dal mio punto di vista, la possibilità di togliere il contante – se effettivamente questa normativa andasse in porto – eliminerebbe molti dei punti critici della nostra attività. Sinceramente, l'aspetto del contante è critico. In questo settore dovrebbe proprio sparire.

  LUCA CARBONOLI, Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi. Se oltre a questa, l'Italia emanasse una disposizione di legge secondo la quale il rottame non può più essere pagato in contanti, quindi deve essere tracciato con assegno o bonifico, apporterebbe un grande vantaggio a tutto il settore. Peraltro, non ci sono disposizioni comunitarie lo impediscono.

  MIRIAM COMINELLI. Avrebbe una banca dati da fornirci rispetto ai provvedimenti a cui faceva riferimento prima ?

  LUCA CARBONOLI, Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi. No, ma c’è un elenco di sentenze della Cassazione penale sezioni unite. Le ultime degli ultimi anni vanno tutte in questo senso.

  PRESIDENTE. Avrei una domanda. Sempre sul problema dei controlli dei commercianti, visto che questi non operano in regime di AIA, ma in regime ordinario, ritenete opportuno passare in regime di AIA con degli standard più alti e dei controlli maggiori ?

  LUCA CARBONOLI, Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi. No, perché la direttiva comunitaria prevede un campo di applicazione, cioè che nell'AIA rientrino solo certi impianti.
  Per esempio, le piccole fonderie non rientrano in AIA perché hanno una capacità fusorea più bassa. Recentemente, nel nostro settore, sono entrati nell'AIA, che esiste già da molti anni per quasi tutte le acciaierie, tutti gli impianti di frantumazione di veicoli fuori uso, di rottami e di RAEE che hanno una capacità giornaliera di frantumazione superiore alle 75 tonnellate.Pag. 12
  Due terzi degli impianti italiani di frantumazione rottami sono in AIA. Questa, però, è una scelta del legislatore comunitario che, secondo me, giustamente, ha limitato l'AIA al settore produttivo industriale vero e proprio (raffinerie, acciaierie, stabilimenti chimici), quindi alla grande industria. Per i rifiuti, oltre alle discariche, nel settore del recupero, sono stati ricompresi gli impianti di frantumazione con il limite di cui dicevo.
  Comunque, tutti gli impianti di recupero di rottami – che, peraltro, da sempre sono commercianti perché quando non c'era il decreto legislativo Ronchi, ma solo il decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1982, solo l'autodemolizione era sotto la disciplina dei rifiuti – hanno un'autorizzazione semplificata. In questo momento, però, la semplificata non è una semplice comunicazione alla provincia perché chi la richiede deve presentare alla provincia tutta la documentazione che presenterebbe se dovesse chiedere l'ordinaria.
  La differenza è che in molte regioni la semplificata non comporta le garanzie finanziarie, quindi viene scelta per questo. In ogni caso, la semplificata ha dei limiti perché oltre un certo tonnellaggio si va automaticamente in ordinaria.
  A ogni modo, l'AIA non è una scelta. È il legislatore comunitario che ha stabilito il campo di applicazione. Ovviamente, nel nostro settore chi è obbligato l'anno scorso ha fatto istanza di AIA, mentre chi non è obbligato non l'ha fatta. Non pensate, però, che le autorizzazioni siano all'acqua di rosa. Vi posso far vedere delle autorizzazioni che hanno un numero elevatissimo di prescrizioni al loro interno, cosa che in questo momento rappresenta una delle difficoltà delle aziende del settore dei rifiuti, recupero o meno, unita all'incertezza normativa che è legata alla sovrapposizione delle normative comunitarie con quelle nazionali e locali.

  CINZIA VEZZOSI, Presidente dell'Assofermet metalli non ferrosi. Rispondo alla sua domanda sulla bauxite. È chiaro che siamo carenti non solo di bauxite, ma anche di molte altre materie. Il problema dell'industria dell'alluminio è legato esclusivamente al rottame. Per esempio, Alcoa a Fusina fa produzione da rottame. La scelta, dunque, non può che essere quella di procedere sul rottame, quindi di approvvigionarsi di esso per quanto possibile.
  Il discorso dell'alluminio è molto sentito. Recentemente, infatti, abbiamo avuto richiesta da Alcoa perché, alla ricerca disperata di rottami di alluminio, ci hanno chiesto cortesemente quali aziende al nostro interno potessero essere i partner per questo tipo di materiale.
  Non c’è nulla da fare. È un sistema economico che si regge esclusivamente sul rottame, che a volte porta anche l'Italia, per assurdo, ad avere dei prezzi in ingresso più alti di elevati perché la necessità è molto alta.
  Due giorni fa a Praga c'era la Convention del BIR, dove si parlava proprio di problemi legati al recupero di rottame da alluminio. Per esempio, la lega 60-60-60 o 60-60-63, ovvero le finestre di alluminio delle nostre case, sono diminuite perché, ridotta l'edilizia e le spese all'interno di una famiglia, anche la scelta di cambiare i serramenti diventa un problema, quindi manca anche il tipo di lega che, invece, normalmente era più disponibile. Purtroppo, non c’è nulla da fare. Siamo totalmente dipendenti da questo tipo di mercato.
  Lo stesso vale per lo zinco, che veniva prodotto a Portovesme. Infatti, se date un'occhiata alle importazioni dello zinco dell'anno scorso, notate che sono esplose.

  LUCA CARBONOLI, Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi. Dal 2008 abbiamo perso 3,5 milioni di tonnellate di rottame. Sicuramente, una parte è dovuta alla crisi economica e al minor gettito. Per esempio, quest'anno abbiamo avuto 560.000 veicoli radiati per esportazione e 933.000 per demolizione (veicoli, quindi non solo autovetture, ma anche su camion e quant'altro), che sono finiti negli impianti di autodemolizione autorizzati; sono stati messi in sicurezza, togliendo le componenti obbligatorie e quelle non metalliche Pag. 13che devono andare a recupero e a riciclaggio, e sono diventati rottame frantumato, finito, a sua volta, in acciaieria come end of waste. Invece, 560.000 veicoli – ripeto – sono stati radiati per esportazione.
  Comunque, anche se una parte di questi veicoli non fosse stata radiata per esportazione, non avremmo grandissimi numeri. Una macchina pesa circa una tonnellata, quindi se al posto di 560.000 torniamo ai numeri delle radiazioni per esportazione che avevamo una volta, che erano di circa la metà (200-250.000), recuperiamo 300.000 tonnellate di rottame.
  Il fabbisogno del 2014 dell'industria siderurgica italiana è stato di circa 20 milioni di tonnellate, di cui 11,5 le abbiamo fornite noi; 2,5 sono recuperi interni dell'acciaieria che non escono e vengono refusi; 4 milioni vengono dalla UE e gli altri due da Paesi terzi.
  Siccome la Commissione è sul traffico illecito di rifiuti e questi sono rifiuti, è chiaro che andranno fatte, da parte vostra parte e di Camera e Senato, delle valutazioni opportune sulla radiazione per esportazione per vedere se, come Italia o come Commissione europea, si può intervenire.
  Per esempio, facciamo la revisione delle nostre autovetture dopo i primi quattro anni e poi dopo due anni. Ecco, per chi volesse radiare una macchina per esportazione, quindi pretendere che questa continui a fare l'auto su una strada in Marocco o anche in un Paese europeo, si potrebbe pensare di istituire una revisione ad hoc.
  Molte volte, infatti, vengono esportate delle vetture perché magari scade la revisione tra sei mesi, ma il proprietario è sicuro di non passarla, quindi dovrebbe portarla in officina per rimetterla a posto, per cui trova conveniente radiarla per esportazione perché c’è qualcuno che la compra. In questo modo, non fa la revisione.
  Allora si potrebbe anche pensare di istituire una revisione ad hoc, se a quell'auto mancano sei mesi ai due anni, in modo da non mandare quell'auto sulle strade di altri Paesi, non importa che sia il Marocco o un Paese UE, perché la sicurezza è la stessa per tutti.
  Anzi, se fossi l'Italia mi preoccuperei di più della sicurezza di quello che va nei Paesi extra UE. Di questo problema dovrebbe occuparsi anche la Commissione europea. Infatti, questo fenomeno non è solo italiano. In Germania escono numeri ben diversi di veicoli non come rifiuti, ma come usati, verso Paesi terzi. Dunque, questa è la regola di quasi tutti i Paesi più forti a livello di Unione europea. Anche l'autodemolitore che sta in Francia o in Germania soffre di questo. Siamo tutti uguali.

  PAOLO POZZATO, Presidente dell'Assofermet rottami ferrosi. Vorrei aggiungere un elemento alla sua risposta. Per quanto riguarda i rottami ferrosi, in Italia abbiamo i prezzi più alti in Europa, anche rispetto alla Turchia. Dunque, il pensiero che si possano esportare quei 4 milioni di tonnellate verso l'estero non conviene dal punto di vista economico perché l'Italia sta pagando già di più.
  Sono molti anni che siamo importatori e abbiamo i prezzi più alti. Di conseguenza, il flusso fisico che può uscire verso l'estero è veramente limitato, se non da zone meridionali dell'Italia, dove il costo di trasporto è molto elevato.

  LUCA CARBONOLI, Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi. Per quanto riguarda il car fluff, che è il residuo finale dell'impianto di frantumazione, quindi la parte non metallica del veicolo, si tratta di un rifiuto misto in genere fortemente disomogeneo. Tra l'altro, con il nuovo elenco dei rifiuti e le nuove caratteristiche di pericolo, ci sono delle problematiche per la classificazione del fluff perché può anche contenere degli elementi pericolosi.
  In questo momento, la produzione di fluff si sta abbassando perché meno veicoli radiati per demolizione abbiamo, meno ne frantumiamo, meno gli impianti di frantumazione lavorano, meno fluff producono.
  Credo che il quantitativo di fluff prodotto lo scorso anno si aggiri sulle 180-Pag. 14190.000 tonnellate. La maggior parte viene smaltito in discarica; ci sono alcune discariche dedicate. Una piccolissima parte viene destinata al recupero energetico (circa 5.000 tonnellate).
  Sapete che in Italia è ancora quasi impossibile termovalorizzare il fluff per via della complessità normativa e delle caratteristiche particolari di questo rifiuto, che non è sempre uguale, per ovvie ragioni. Questo rimane un nostro problema, come Italia, anche per quanto riguarda gli obiettivi di recupero previsti dalla direttiva comunitaria, che prevedono una percentuale di recupero energetico che non riusciremo mai a colmare, tenuto conto che gli obiettivi attualmente in vigore sono più alti di quelli di alcuni anni fa (se non sbaglio, sono del 95 per cento). Ciò significa che l'Italia, per come è strutturata la sua filiera, con il tappo finale dell'impossibilità di termovalorizzare il fluff, continuerà ad avere grosse difficoltà nel raggiungimento degli obiettivi di recupero.
  Alla fine, la parte metallica del veicolo viene da sempre recuperata tutta, sia ferrosa sia non. Una parte delle componenti del veicolo che non sono metalliche, come vetri e pneumatici, vengono asportate e destinate al recupero e riciclo, ma ci sono altre componenti del veicolo che non devono essere obbligatoriamente asportate. Questo vale in tutta l'Unione europea. Ebbene, questa parte residuale dell'auto è quella che chiamiamo fluff.

  PAOLA NUGNES. Non c’è un'alternativa a quello che intende come recupero energetico ? Come saprà, nelle nuove proposte di direttiva l'Europa esclude dall'espressione di recupero quello energetico, quindi ci troveremo in ritardo su questo. Allora, esistono altre modalità di recupero per un'economia circolare di questi materiali ? Penso, per esempio, per la materia prima o seconda, alle sottopavimentazioni stradali.

  LUCA CARBONOLI, Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi. C’è anche un discorso di costo di smaltimento in discarica e di costo di termovalorizzazione, quand'anche in Italia avessimo una possibilità più concreta di termovalorizzare maggiori tonnellate di fluff.
  Peraltro, il fluff può essere anche ulteriormente trattato. Infatti, c’è la possibilità, attraverso ulteriori operazioni di selezione e di cernita, di riuscire ad estrarre dal fluff una serie di componenti che hanno un potere calorifico molto alto e, quindi, potrebbero essere separate. Insomma, si tratta di ulteriori trattamenti da fare sul residuo finale per riuscire a separare le frazioni valorizzabili, che potrebbero non andare in discarica.

  PAOLA NUGNES. Io non parlavo della discarica, ma di strumenti di estrusione.

  LUCA CARBONOLI, Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi. Estrusione ?

  PRESIDENTE. Parlava di recupero materia.

  PAOLA NUGNES. Recupero materia con estrusione, che è una vecchia tecnologia che veniva utilizzata.

  CINZIA VEZZOSI, Presidente dell'Assofermet metalli non ferrosi. No, sul fluff non è possibile nessun tipo di estrusione perché è un materiale che non si presta a essere estruso. In genere, l'estrusione avviene quando il materiale ha dentro del metallo. Parla di polimeri ?

  PAOLA NUGNES. No. Pensavo che fossero aggiornati.

  LUCA CARBONOLI, Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi. Dal punto di vista merceologico, la composizione del fluff non permette questo tipo di intervento.

  PAOLA NUGNES. Di cosa è composto esattamente ?

  LUCA CARBONOLI, Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi. È tutta la parte non metallica che c’è nei nostri veicoli.

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  PAOLA NUGNES. In massima parte di cosa è composto ?

  LUCA CARBONOLI, Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi. Facciamo un caso concreto. Ho l'obbligo di rimuovere i paraurti in plastica, che adesso è di un unico polimero, mentre una volta era un mix. Non ho, però, l'obbligo di rimuovere i pannelli in plastica della portiera, la tappezzeria, il cruscotto e così via.
  Peraltro, tenete conto che demoliamo veicoli che hanno una componentistica molto varia. Il parco circolante italiano si è svecchiato, ma molte volte demoliamo veicoli che hanno 15 anni, quindi con un contenuto di riciclabilità molto più basso della macchina nuova distrutta il giorno dopo in un incidente.
  In sostanza, c’è un contenuto di materie organiche, di plastica, ma anche di altro. Per esempio, non ho l'obbligo di rimuovere tutti i vetri del veicolo. Pertanto, una parte dei componenti del veicolo restano e finiscono nel residuo finale di frantumazione.
  Questo è un problema che esiste da sempre in tutti i Paesi. In Italia c’è più che in altri Paesi proprio perché non abbiamo lo sbocco della termovalorizzazione. Per esempio, in Germania il fluff viene smaltito nelle miniere in disuso. Negli altri Paesi c’è molta più termovalorizzazione che da noi e serve proprio per raggiungere gli obiettivi di recupero.

  PRESIDENTE. Per chiudere ritorno sul punto dei commercianti. Come lei ha confermato, ci sono dei commercianti che accettano un po’ di tutto per campare. Ora, secondo voi, riguardo agli ambulanti (non parlo dal punto di vista dei commercianti, là dove i controlli sono pochi e andrebbero più aumentati), c’è un modo per fare emergere un po’ del nero che c’è ? Qual è il vostro punto di vista ?

  PAOLO POZZATO, Presidente dell'Assofermet rottami ferrosi. Sicuramente quello che abbiamo detto prima. Una seria tracciabilità dei pagamenti è l'unica arma che si può utilizzare in questo caso.

  PRESIDENTE. Volete aggiungere qualcosa ?

  CINZIA VEZZOSI, Presidente dell'Assofermet metalli non ferrosi. Vorrei dire una cosa velocissima a proposito dei pagamenti. Recentemente, in un comitato tecnico di Assofermet ho fatto una domanda ai nostri soci che erano presenti in sede per chiedere se potevano essere favorevoli all'eliminazione del pagamento cash. Ebbene, mi hanno detto che lo sono assolutamente, il che vuol dire che le aziende che lavorano con noi hanno tutto l'interesse a non avere gli ambulanti in giro perché è una concorrenza sleale.
  Faccio presente un'altra cosa. Quello che esce in esportazione a volte è frutto di furti, soprattutto nei metalli non ferrosi, come il rame, che vengono valorizzati molto bene e trovano l'uscita proprio per allontanarsi dal Paese dove è stato perpetrato il furto.
  Infatti, come Assofermet, abbiamo richiesto di poter essere inseriti nell'Osservatorio nazionale dei furti di rame e abbiamo avuto un colloquio con la polizia criminale a luglio, proprio perché pensiamo che sia a nostro svantaggio, anche per il fatto che i furti vengano perpetrati molto spesso nei nostri cantieri. Quindi, siamo contenti se possiamo eliminare la concorrenza sleale.
  Riguardo al discorso che faceva lei di mettere in AIA le aziende per poter guadagnare qualcosa, direi di no. Sono costi aggiuntivi pazzeschi che potrebbero mettere aziende come le nostre, che sono normalmente medio-piccole, familiari e con difficoltà di sopravvivenza, nella condizione di chiudere.

  LUCA CARBONOLI, Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi. Le nostre aziende sono le prime danneggiate dai furti. Dove trova un camion carico di rottami pronto per partire il mattino dopo alle 7 ? Lo trova da noi, per cui spesso al mattino ci ritroviamo i cancelli sfondati, i camion rubati, con dentro 20 tonnellate di rame che se ne sono andate. Sapete quanto valgono ?

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  CINZIA VEZZOSI, Presidente dell'Assofermet metalli non ferrosi. Oggi una tonnellata di rame vale 5.000 euro.

  LUCA CARBONOLI, Vicedirettore dell'Associazione rottami ferrosi. Vanno via con il camion pronto. Possiamo avere tutti gli impianti di allarme che vogliamo, ma non servono. Quindi, noi siamo le prime vittime dei furti.

  PRESIDENTE. Ci sono i commercianti che lavorano in nero, ma anche quelli che vengono truffati o subiscono furti.
  Ringrazio i nostri auditi e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.25.