XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti

Resoconto stenografico



Seduta n. 36 di Martedì 21 aprile 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 

Audizione del dottor Luca Lucentini, 1o ricercatore presso l'Istituto superiore di sanità, e del dottor Riccardo Crebelli, dirigente di ricerca presso l'Istituto superiore di sanità:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 
Crebelli Riccardo , Dirigente di ricerca presso l'Istituto superiore di sanità ... 3 
Bratti Alessandro , Presidente ... 4 
Lucentini Luca , 1o Ricercatore presso l'Istituto superiore di sanità ... 4 
Bratti Alessandro , Presidente ... 5 
Lucentini Luca , 1o Ricercatore presso l'Istituto superiore di sanità ... 5 
Bratti Alessandro , Presidente ... 8 
Lucentini Luca , 1o Ricercatore presso l'Istituto superiore di sanità ... 8 
Bratti Alessandro , Presidente ... 9 
Crebelli Riccardo , Dirigente di ricerca presso l'Istituto superiore di sanità ... 9 
Bratti Alessandro , Presidente ... 11 
Lucentini Luca , 1o Ricercatore presso l'Istituto superiore di sanità ... 11 
Bratti Alessandro , Presidente ... 13 
Nugnes Paola  ... 13 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 13 
Lucentini Luca , 1o Ricercatore presso l'Istituto superiore di sanità ... 13 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 13 
Crebelli Riccardo , Dirigente di ricerca presso l'Istituto superiore di sanità ... 14 
Lucentini Luca , 1o Ricercatore presso l'Istituto superiore di sanità ... 14 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 14 
Crebelli Riccardo , Dirigente di ricerca presso l'Istituto superiore di sanità ... 14 
Bratti Alessandro , Presidente ... 14 
Lucentini Luca , 1o Ricercatore presso l'Istituto superiore di sanità ... 14 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 14 
Lucentini Luca , 1o Ricercatore presso l'Istituto superiore di sanità ... 15 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 15 
Lucentini Luca , 1o Ricercatore presso l'Istituto superiore di sanità ... 15 
Bratti Alessandro , Presidente ... 15 

Audizione del Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara, Adriano Goio:
Bratti Alessandro , Presidente ... 15 
Goio Adriano , Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara ... 15 
Bratti Alessandro , Presidente ... 15 
Goio Adriano , Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara ... 16 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 16 
Goio Adriano , Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara ... 16 
Bratti Alessandro , Presidente ... 17 
Goio Adriano , Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara ... 17 
Bratti Alessandro , Presidente ... 17 
Goio Adriano , Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara ... 17 
Bratti Alessandro , Presidente ... 17 
Goio Adriano , Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara ... 17 
Bratti Alessandro , Presidente ... 17 
Goio Adriano , Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara ... 17 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 17 
Goio Adriano , Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara ... 17 
Bratti Alessandro , Presidente ... 19 
Goio Adriano , Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara ... 19 
Bratti Alessandro , Presidente ... 19 
Goio Adriano , Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara ... 19 
Bratti Alessandro , Presidente ... 19 
Goio Adriano , Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara ... 19 
Bratti Alessandro , Presidente ... 19 
Goio Adriano , Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara ... 19 
Bratti Alessandro , Presidente ... 19 
Puppato Laura  ... 19 
Goio Adriano , Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara ... 19 
Bratti Alessandro , Presidente ... 20 
Goio Adriano , Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara ... 20 
Nugnes Paola  ... 21 
Bratti Alessandro , Presidente ... 21 
Arrigoni Paolo  ... 21 
Goio Adriano , Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara ... 21 
Bratti Alessandro , Presidente ... 21 
Goio Adriano , Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara ... 21 
Nugnes Paola  ... 21 
Goio Adriano , Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara ... 21 
Nugnes Paola  ... 22 
Bratti Alessandro , Presidente ... 22 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 22 
Goio Adriano , Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara ... 22 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 22 
Goio Adriano , Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara ... 22 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 22 
Goio Adriano , Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara ... 22 
Bratti Alessandro , Presidente ... 22 
Goio Adriano , Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara ... 22 
Bratti Alessandro , Presidente ... 22 
Goio Adriano , Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara ... 22 
Bratti Alessandro , Presidente ... 22 
Goio Adriano , Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara ... 23 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 23 
Goio Adriano , Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara ... 23 
Bratti Alessandro , Presidente ... 23 
Goio Adriano , Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara ... 23 
Bratti Alessandro , Presidente ... 23 
Goio Adriano , Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara ... 23 
Bratti Alessandro , Presidente ... 23 
Goio Adriano , Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara ... 23 
Bratti Alessandro , Presidente ... 24 

Audizione del presidente e amministratore delegato di Sogesid, Marco Staderini:
Bratti Alessandro , Presidente ... 24 
Staderini Marco , Presidente e amministratore delegato di Sogesid ... 24 
Bratti Alessandro , Presidente ... 27 
Brugiotti Enrico , Direttore settore bonifiche di Sogesid ... 27 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 27 
Brugiotti Enrico , Direttore settore bonifiche di Sogesid ... 27 
Bratti Alessandro , Presidente ... 29 
Brugiotti Enrico , Direttore settore bonifiche di Sogesid ... 29 
Bratti Alessandro , Presidente ... 30 
Carecchio Silvia , Dirigente settore rifiuti di Sogesid ... 30 
Bratti Alessandro , Presidente ... 31 
Carecchio Silvia , Dirigente settore rifiuti di Sogesid ... 31 
Bratti Alessandro , Presidente ... 31 
Carecchio Silvia , Dirigente settore rifiuti di Sogesid ... 31 
Bratti Alessandro , Presidente ... 32 
Carecchio Silvia , Dirigente settore rifiuti di Sogesid ... 32 
Bratti Alessandro , Presidente ... 32 
Carecchio Silvia , Dirigente settore rifiuti di Sogesid ... 32 
Bratti Alessandro , Presidente ... 32 
Carecchio Silvia , Dirigente settore rifiuti di Sogesid ... 32 
Bratti Alessandro , Presidente ... 33 
Cominelli Miriam (PD)  ... 33 
Nugnes Paola  ... 33 
Bratti Alessandro , Presidente ... 33 
Staderini Marco , Presidente e amministratore delegato di Sogesid ... 33 
Puppato Laura  ... 34 
Staderini Marco , Presidente e amministratore delegato di Sogesid ... 34 
Bratti Alessandro , Presidente ... 35 
Staderini Marco , Presidente e amministratore delegato di Sogesid ... 35 
Bratti Alessandro , Presidente ... 35 
Staderini Marco , Presidente e amministratore delegato di Sogesid ... 35 
Brugiotti Enrico , Direttore settore bonifiche di Sogesid ... 35 
Nugnes Paola  ... 35 
Brugiotti Enrico , Direttore settore bonifiche di Sogesid ... 35 
Nugnes Paola  ... 35 
Brugiotti Enrico , Direttore settore bonifiche di Sogesid ... 35 
Nugnes Paola  ... 35 
Brugiotti Enrico , Direttore settore bonifiche di Sogesid ... 35 
Nugnes Paola  ... 36 
Brugiotti Enrico , Direttore settore bonifiche di Sogesid ... 36 
Nugnes Paola  ... 36 
Brugiotti Enrico , Direttore settore bonifiche di Sogesid ... 36 
Arrigoni Paolo  ... 36 
Brugiotti Enrico , Direttore settore bonifiche di Sogesid ... 36 
Arrigoni Paolo  ... 36 
Brugiotti Enrico , Direttore settore bonifiche di Sogesid ... 37 
Staderini Marco , Presidente e amministratore delegato di Sogesid ... 37 
Arrigoni Paolo  ... 37 
Staderini Marco , Presidente e amministratore delegato di Sogesid ... 37 
Arrigoni Paolo  ... 37 
Staderini Marco , Presidente e amministratore delegato di Sogesid ... 37 
Arrigoni Paolo  ... 37 
Puppato Laura  ... 37 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 38 
Bratti Alessandro , Presidente ... 38 
Staderini Marco , Presidente e amministratore delegato di Sogesid ... 39 
Puppato Laura  ... 39 
Staderini Marco , Presidente e amministratore delegato di Sogesid ... 39 
Puppato Laura  ... 40 
Staderini Marco , Presidente e amministratore delegato di Sogesid ... 40 
Puppato Laura  ... 40 
Staderini Marco , Presidente e amministratore delegato di Sogesid ... 40 
Puppato Laura  ... 40 
Staderini Marco , Presidente e amministratore delegato di Sogesid ... 40 
Puppato Laura  ... 40 
Staderini Marco , Presidente e amministratore delegato di Sogesid ... 40 
Puppato Laura  ... 40 
Staderini Marco , Presidente e amministratore delegato di Sogesid ... 40 
Bratti Alessandro , Presidente ... 41 
Nugnes Paola  ... 41 
Staderini Marco , Presidente e amministratore delegato di Sogesid ... 41 
Nugnes Paola  ... 41 
Staderini Marco , Presidente e amministratore delegato di Sogesid ... 41 
Bratti Alessandro , Presidente ... 42 
Brugiotti Enrico , Direttore settore bonifiche di Sogesid ... 42 
Staderini Marco , Presidente e amministratore delegato di Sogesid ... 42 
Brugiotti Enrico , Direttore settore bonifiche di Sogesid ... 42 
Arrigoni Paolo  ... 42 
Brugiotti Enrico , Direttore settore bonifiche di Sogesid ... 42 
Arrigoni Paolo  ... 42 
Brugiotti Enrico , Direttore settore bonifiche di Sogesid ... 42 
Arrigoni Paolo  ... 42 
Brugiotti Enrico , Direttore settore bonifiche di Sogesid ... 42 
Puppato Laura  ... 42 
Brugiotti Enrico , Direttore settore bonifiche di Sogesid ... 42 
Puppato Laura  ... 43 
Brugiotti Enrico , Direttore settore bonifiche di Sogesid ... 43 
Puppato Laura  ... 43 
Brugiotti Enrico , Direttore settore bonifiche di Sogesid ... 43 
Puppato Laura  ... 43 
Brugiotti Enrico , Direttore settore bonifiche di Sogesid ... 43 
Puppato Laura  ... 43 
Brugiotti Enrico , Direttore settore bonifiche di Sogesid ... 43 
Puppato Laura  ... 44 
Brugiotti Enrico , Direttore settore bonifiche di Sogesid ... 44 
Carecchio Silvia , Dirigente settore rifiuti di Sogesid ... 44 
Carrescia Piergiorgio (PD)  ... 44 
Brugiotti Enrico , Direttore settore bonifiche di Sogesid ... 45 
Arrigoni Paolo  ... 45 
Staderini Marco , Presidente e amministratore delegato di Sogesid ... 45 
Arrigoni Paolo  ... 45 
Staderini Marco , Presidente e amministratore delegato di Sogesid ... 45 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 45 
Staderini Marco , Presidente e amministratore delegato di Sogesid ... 45 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 46 
Staderini Marco , Presidente e amministratore delegato di Sogesid ... 46 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 46 
Brugiotti Enrico , Direttore settore bonifiche di Sogesid ... 46 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 46 
Staderini Marco , Presidente e amministratore delegato di Sogesid ... 46 
Puppato Laura  ... 46 
Staderini Marco , Presidente e amministratore delegato di Sogesid ... 46 
Puppato Laura  ... 47 
Bratti Alessandro , Presidente ... 47 
Puppato Laura  ... 47 
Bratti Alessandro , Presidente ... 47 
Puppato Laura  ... 47 
Bratti Alessandro , Presidente ... 47 

Audizione del direttore generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Maurizio Pernice:
Bratti Alessandro , Presidente ... 47 
Pernice Maurizio , Direttore generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 48 
Nugnes Paola  ... 50 
Pernice Maurizio , Direttore generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 50 
Bratti Alessandro , Presidente ... 52 
Pernice Maurizio , Direttore generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 52 
Bratti Alessandro , Presidente ... 52 
Pernice Maurizio , Direttore generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 52 
Bratti Alessandro , Presidente ... 55 
Pernice Maurizio , Direttore generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 55 
Bratti Alessandro , Presidente ... 55 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 56 
Pernice Maurizio , Direttore generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 56 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 56 
Pernice Maurizio , Direttore generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 56 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 56 
Pernice Maurizio , Direttore generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 56 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 57 
Pernice Maurizio , Direttore generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 57 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 57 
Pernice Maurizio , Direttore generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 57 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 57 
Pernice Maurizio , Direttore generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 57 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 57 
Pernice Maurizio , Direttore generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 57 
Bratti Alessandro , Presidente ... 58 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 58 
Pernice Maurizio , Direttore generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 58 
Bratti Alessandro , Presidente ... 58 

Audizione del responsabile del servizio emergenza ambientale dell'ISPRA, Leonardo Arru:
Bratti Alessandro , Presidente ... 58 
Arru Leonardo , Responsabile del servizio emergenza ambientale dell'ISPRA ... 58 
Bratti Alessandro , Presidente ... 59 
Arru Leonardo , Responsabile del servizio emergenza ambientale dell'ISPRA ... 59 
Bratti Alessandro , Presidente ... 63 
Arru Leonardo , Responsabile del servizio emergenza ambientale dell'ISPRA ... 63 
Bratti Alessandro , Presidente ... 63 
Arru Leonardo , Responsabile del servizio emergenza ambientale dell'ISPRA ... 63 
Bratti Alessandro , Presidente ... 63 
Arru Leonardo , Responsabile del servizio emergenza ambientale dell'ISPRA ... 63 
Bratti Alessandro , Presidente ... 64 
Arru Leonardo , Responsabile del servizio emergenza ambientale dell'ISPRA ... 64 
Bratti Alessandro , Presidente ... 64

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ALESSANDRO BRATTI

  La seduta comincia alle 9.10.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del dottor Luca Lucentini, 1o ricercatore presso l'Istituto superiore di sanità, e del dottor Riccardo Crebelli, dirigente di ricerca presso l'Istituto superiore di sanità.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del dottor Luca Lucentini, primo ricercatore presso l'Istituto superiore di sanità, e del dottor Riccardo Crebelli, dirigente di ricerca presso l'Istituto superiore di sanità, che ovviamente ringrazio per la presenza.
  La Commissione, nel quadro più generale della sua attività di inchiesta sul ciclo dei rifiuti, sta conducendo un approfondimento sul tema dei siti d'interesse nazionale oggetto di contaminazioni e di inquinamento, nonché degli eventuali collegamenti con aspetti di carattere sanitario. Nella fattispecie, il motivo per cui siete qui oggi è legato ad una questione abbastanza specifica, riguardante il sito di Bussi, di cui vorremmo, per ciò che ovviamente riguarda le vostre competenze, che ci parlaste e sul quale abbiamo deciso, per vari motivi, di svolgere un approfondimento.
  Avverto i nostri ospiti che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterranno opportuno e consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitandoli comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Gli uffici mi informano che avete preparato una proiezione in formato Power Point, ma ci avete anche inviato una relazione abbastanza dettagliata, a proposito della quale vorremmo che ci indicaste quelle che a vostro parere sono le questioni principali, le criticità e le situazioni che non hanno ancora avuto una risoluzione, o che costituiscono secondo voi un pericolo per la salute pubblica. Vi chiedo, quindi, di focalizzare la vostra presentazione su questo.
  Cedo dunque la parola ai nostri auditi per lo svolgimento di una breve relazione introduttiva, al termine della quale saranno poste eventuali domande da parte dei commissari, a cui potrete replicare anche successivamente per iscritto.

  RICCARDO CREBELLI, Dirigente di ricerca presso l'Istituto superiore di sanità. Per noi è un piacere rispondere a questa convocazione, perché la prospettiva peggiore, in questi casi, è sempre quella di preparare delle relazioni con l'idea che restino lettera morta in qualche cassetto o in qualche ufficio. L'opportunità di presentare il nostro lavoro e di dibatterne con voi e per noi sicuramente un fatto molto positivo.
  Come spiegherà meglio il collega, in realtà abbiamo elaborato questa relazione Pag. 4come consulenti tecnici dell'Avvocatura con riferimento a un procedimento giudiziario per un reato di avvelenamento, quindi secondo un taglio abbastanza specifico, per cui, forse, essa non copre tutte le problematiche di tipo ambientale, che pure sono molto rilevanti. Tenete presente, quindi, che la relazione fotografa e indaga una certa situazione, ma in riferimento a una problematica molto specifica.
  Per economizzare al meglio il tempo, questa mattina abbiamo pensato di fare due brevi presentazioni. Ieri mattina vi abbiamo trasmesso la relazione e, verosimilmente, non avrete avuto modo e tempo di esaminarla approfonditamente. Pensavamo, quindi, con il collega Lucentini, che egli potrebbe farvi un excursus della situazione, attraverso la relazione, mostrando gli aspetti, i punti salienti e i contenuti più rilevanti della medesima; poi subentrerò io con un'altra breve presentazione riguardante le implicazioni di tipo sanitario, che mi sono professionalmente più vicine. Con il permesso del presidente, quindi, lascio senz'altro posto al collega.

  PRESIDENTE. Va bene.

  LUCA LUCENTINI, 1o Ricercatore presso l'Istituto superiore di sanità. Ringrazio il presidente e tutto l'uditorio per l'attenzione. Io dirigo il reparto di igiene delle acque interne, con riguardo specifico alla sicurezza della filiera idropotabile, mentre il dottor Crebelli dirige il reparto di tossicologia, quindi entrerà più nel merito di aspetti legati alla pericolosità delle sostanze.
  Come ricordava il collega, abbiamo avuto una prima fase di consulenza insieme ad un gruppo di lavoro composito, che ha portato alla decisione di rinvio a giudizio, dopodiché l'approfondimento delle varie tematiche con nuovi dati ha portato a questa seconda perizia oggetto d'attenzione. Ci siamo anche espressi, sempre su parere dell'Avvocatura, su alcune considerazioni legate alle valutazioni in sentenza, ovviamente di carattere squisitamente tecnico, sulle quali, forse, è il caso di spendere due minuti. Cercheremo di andare velocemente. Se ci saranno delle domande, ci interromperemo. Il contesto in cui ci muoviamo è quello della sicurezza delle acque destinate al consumo umano, benché non sia l'unico aspetto di rischio per la salute. Citeremo dopo, infatti, vista la contaminazione storica dei primi del Novecento dell'insediamento industriale, la catena agroalimentare e quella ittica. Vi daremo, quindi, proprio un flash su altri scenari di rischio, ma l'attenzione principale è volta alla contaminazione della filiera idropotabile, visto che le captazioni insistevano in una zona a valle di una delle quattro discariche individuate a Bussi come risultato di un'attività industriale dei primi del Novecento.
  L'inquadramento normativo attiene al decreto n. 31, cioè il recepimento di una direttiva europea, su cui torneremo magari alla fine della presentazione perché è un punto dirimente. Il cuore di questa questione si gioca sull'inquinamento della falda e sul trasferimento, quindi, sul reato di avvelenamento. Peraltro, dall'osservatorio dell'Istituto la lettura è abbastanza «variopinta» per le varie procure a cui forniamo consulenza. Si va da aspetti molto più drastici, legati per esempio a un aumento di ferro, per cui si procede per avvelenamento, fino a situazioni come questa, che ci lasciano un po’ scettici sulla difficoltà di leggere.

  (Si procede ad una breve videoproiezione)

  Attualmente, questo decreto vede la conformità al rubinetto. I 48 parametri, tra cui non rientrano, se non marginalmente, le sostanze ricercate in Bussi, sono parametri minimi decisi dalla Commissione – perché comuni a tutta Europa – da monitorare con una frequenza prestabilita. Tuttavia, l'attenzione a che questi parametri non siano superati al rubinetto non deve farci dimenticare la sicurezza della filiera idropotabile, che è già un patrimonio comune di conoscenza. Questo è importante da ribadire.
  La sicurezza delle acque potabili si gioca sulla sicurezza della captazione. È Pag. 5un'ovvietà, ma già nota ai gestori idropotabili e ancor più alle autorità sanitarie fin dai primi del Novecento, quando i trattamenti sono stati iniziati. Ricordiamo che i trattamenti delle acque potabili hanno un'incidenza sulla diminuzione di mortalità e morbilità superiore a quella delle campagne vaccinali o degli antibiotici, quindi sono un patrimonio comune e importante. È difficile, quindi, dire che non è certo che l'inquinamento delle falde inquini.
  Giusto per darvi un flash, questo è codificato dall'OMS in modo molto più razionale e sistematico con un concetto di piani di sicurezza dell'acqua, di cui attualmente sono state edite le linee guida. È importante però ribadire che quest'approccio, che vede la sicurezza della filiera idropotabile nella sua interezza, con un approccio cosiddetto olistico, è comunque un patrimonio che si è un po’ affinato nel tempo, ma la sicurezza della filiera è assolutamente stabile dai primi del secolo.
  In realtà, secondo l'impostazione della perizia condivisa con l'Avvocatura, abbiamo cercato – vedremo dopo il motivo, perché i dati di monitoraggio sono funzionali a certe domande – di impostare la perizia con un respiro che indagasse proprio l'impatto sulla filiera idropotabile di questi fenomeni d'inquinamento.
  Ricondurre il tutto al mero superamento di un parametro al rubinetto d'utenza è sicuramente un aspetto saliente del decreto n. 31 – poi vedremo perché viene considerato al rubinetto e in quale chiave vanno letti questi dati – ma abbiamo considerato la sicurezza delle acque potabili come definita da una serie di elementi concatenati, pregiudicati i quali – e in questo caso possiamo dire che lo sono stati tutti – vi è un pericolo. Questo pericolo è anche attestato dal superamento del rubinetto, ma non solo, nel senso che dobbiamo leggere quei dati come indicatori di un pericolo nell'intero processo. Per questo, la nostra valutazione è stata la sussistenza di un pericolo concreto.
  Nel tempo, quindi, la sicurezza delle acque destinate al consumo umano è data preservando la qualità originaria della risorsa, eventualmente trattando le acque se esistono agenti naturali o antropici da rimuovere, distribuendo le acque con un'eventuale prescrizione per fasce a rischio, insomma conoscendo la qualità delle acque e i fattori che potrebbero essere d'impatto per tutte le categorie o solo per alcune, nonché assicurando la sorveglianza e il monitoraggio delle acque funzionali alla valutazione del processo; insomma, la sicurezza delle acque destinate al consumo umano è data non tanto e non solo dal dire se queste acque siano conformi alla legge; dopodiché ci sono gli obblighi di informazione.
  Non ci soffermeremo sul polo di Bussi sul Tirino. È importante però ribadire che una di queste tre discariche, la discarica Tre Monti, stava a 2,5 chilometri dal campo Bussi, iniziata negli anni ottanta.

  PRESIDENTE. Mi scusi, torniamo indietro un secondo. Tra quelle tre discariche – questo è il polo Solvay – la Tre Monti è la 2 ?

  LUCA LUCENTINI, 1o Ricercatore presso l'Istituto superiore di sanità. È la 2, quella più a monte, che ha la confluenza nell'Aterno-Pescara. Nella relazione troverete delle mappe molto più dettagliate e penso che il commissario delegato, che ascolterete, potrà spiegarvi meglio di me il contesto. Vedremo, poi, cosa c'era in questa discarica e cosa è stato scoperto. Ovviamente, la nostra valutazione si basa su un insieme di dati, che non sono solo i superamenti. Insisto su questo punto perché, fondamentalmente, la sentenza indaga i superamenti puntuali del rubinetto, arrivando a dire che sulla base dei dati non sussiste un pericolo. In realtà, crediamo che la valutazione vada fatta rispetto a tutto il contesto che esisteva, quindi, ci siamo interessati dei cicli produttivi, delle informazioni in merito alla gestione dei rifiuti, anche tenendo conto del fatto che non esistevano normative ambientali in passato. Ciò non è nostro oggetto di interesse, ma abbiamo voluto vedere se questa serie di eventi avessero avuto un impatto, falsando i dati di contaminazione Pag. 6nelle diverse matrici, quindi, guardando alle caratteristiche delle diverse sostanze di pericolosità e ai tempi di esposizione delle concentrazioni a cui la popolazione era esposta.
  È importante muoverci su concetti tecnici che, nella trasposizione giuridica e soprattutto nel linguaggio di tutti i giorni, possono causare divergenze nelle vedute. Dal punto di vista tecnico un pericolo è rappresentato da un agente biologico, chimico o fisico, che si manifesta nell'acqua – in questo caso destinata al consumo umano – che è certo che abbia un impatto sulla salute. Un evento pericoloso è un episodio – o comunque un certo contesto – per cui questo pericolo possa manifestarsi nel momento in cui l'acqua viene attinta per il consumo umano.
  Il rischio tiene conto di questi due elementi, quindi ci dice con che probabilità e con che gravita un pericolo possa avere impatto. Il pericolo, quindi, ha un'accezione qualitativa, perché ci dice se una sostanza è più o meno pericolosa, ma è anche legato a quantità e tempo di esposizione, come è ben evidenziato in normativa.
  Tenendo fermo il concetto di pericolo ed evento pericoloso, abbiamo concluso che il pericolo fosse concreto e continuato per la popolazione esposta. Ben 32 sostanze – il dottor Crebelli vi darà qualche elemento più approfondito rispetto alla pericolosità di tali sostanze – sono state trovate in falda profonda, in prossimità dei pozzi e in distribuzione. I dati di tipo qualitativo hanno consentito di valutare la pericolosità di tali sostanze e di descrivere anche il rischio cancerogeno associato all'esposizione a queste ultime (l'elenco delle sostanze è a vostra disposizione, oltre a tutti gli approfondimenti contenuti nella relazione, di cui il dottor Crebelli vi parlerà in seguito).
  Per ciascuna sostanza, quindi, per un pericolo che abbiamo già sinteticamente visto che sussisteva ed era legato alla presenza di queste sostanze, sono stati esaminati la fonte, lo scenario di esposizione, le evidenze di contaminazione, nonché le matrici ambientali sulla base dei pochi dati disponibili, storici e più recenti.
  Passiamo agli eventi pericolosi, cioè ad illustrare in che misura questi pericoli potrebbero entrare in circolo, andando a contaminare le acque destinate al consumo umano. Ovviamente, questo attiene alla gestione dei rifiuti e dei cicli produttivi: lo ripeto, noi non trattiamo qui della conformità o meno alle norme ambientali nel tempo ma, sicuramente, tutte queste sostanze, in modo conforme o meno alla normativa, che poteva essere sicuramente meno rigorosa di quella attuale, erano altamente contaminanti. Soprattutto le sostanze organiche clorate hanno causato un rischio di esposizione significativo. In effetti, parliamo di circa una tonnellata al giorno di rifiuti tossici scaricati in acque di processo, con diluizioni che non è dato conoscere. Questo è lo scenario di contaminazione, ben descritto da varie evidenze che trovate anche riprese da più relazioni e comprovate in letteratura. Questo è stato anche sancito dalla sentenza che ha riconosciuto il disastro ambientale. La composizione chimica dei reflui ci dice che esistevano diversi composti clorurati leggeri, su cui torneremo alla fine.
  È importante capire quello che è stato visto con il monitoraggio. Il grafico seguente ci mostra volutamente che, sull'arco temporale del ciclo produttivo, dal 1960 al 2010, non ci sono stati monitoraggi fino agli anni settanta – se non molto sporadicamente – per alcune sostanze, peraltro con metodi analitici sicuramente limitati nel tempo. È stata accesa una piccola lampadina in certi anni e poi, dal 2004 – ma più compiutamente dal 2006 – sono state ricercate le varie sostanze. È, quindi, importante dire che tutta questa zona nera è caratterizzata dall'assenza di dati di monitoraggio, ma non si può così facilmente asserire che lì non ci sia stata contaminazione. Oltretutto, analizzeremo un aspetto importante, sottraendovi qualche attimo di attenzione, legato proprio alle sostanze. Abbiamo, infatti, un destino ambientale per le diverse sostanze, che trasforma il tetracloroetilene – che può essere il precursore – in cloruro di vinile, Pag. 7un cancerogeno senza soglia, che non è stato trovato nei rubinetti d'utenza ma che non è escluso sia stato presente nel passato. Se vediamo l'ultima coda della contaminazione, quella che abbiamo potuto esaminare dal 2007 al 2013, possiamo vedere come il tetracloroetilene – lo ripeto, il precursore – scende di concentrazione, mentre aumenta quella del cloruro di vinile. Abbiamo, cioè, due piezometri di scarsa attinenza con le acque destinate al consumo umano, ambientali, ma teniamo conto che in quella falda avviene questo processo. Le conoscenze teoriche applicate a questa fattispecie trovano molti riscontri. Non abbiamo, purtroppo, il tempo di approfondire l'analisi che ha consentito di identificare in modo incontrovertibile l'origine delle sostanze della discarica con una marcatura isotopica – non vi è il tempo – ma abbiamo visto che, in una quota rilevante di campioni esaminati tra il 2004 e il 2007, si ritrovavano tracce fino al 64 per cento – comunque sotto i valori guida – di solventi alifatici clorurati cancerogeni. Questo ha fatto sì che il nostro Istituto ricevesse, negli anni 2004-2005, alcuni quesiti sporadici e abbastanza circostanziati sulla possibilità o meno di distribuire acque con uno o più composti al di sotto dei valori guida.
  La raccomandazione era sempre, in conclusione, di abbandonare rapidamente quella captazione. Stiamo parlando di acque, per cui si deve sempre fare un rapporto costo/beneficio, poiché la limitazione d'uso, o addirittura l'interruzione della fornitura, sono spesso causa di danni ben più gravi di una fornitura sotto controllo. Abbiamo suggerito, allora, di continuare a fornire quelle acque nel breve periodo a fronte di un monitoraggio, cambiando immediatamente captazione, ovvero trattandole adeguatamente in modo drastico. La riprova di tutto questo contesto si è avuta dopo, quando ci siamo ritrovato con un quadro del genere.
  In molti casi sono presenti più sostanze inquinanti, addirittura fino a 12 parametri al 2 per cento dei campioni (questo è un po’ il superamento dei parametri nella percentuale dei campioni). Il data set è abbastanza cospicuo perché ci sono circa 500 campioni; la coda della contaminazione evidenzia il quadro che avete davanti agli occhi.
  Vediamo ora, molto sommariamente, come su un certo numero di dati acquisiti, da 378 a circa 500, per il caso del tetraclorometano nel 9 per cento dei campioni viene superato il valore guida indicato dall'OMS. Lo ripeto: non approfondiremo se quel valore guida fosse vigente o meno (anche se il termine non è giusto perché un valore guida è raccomandato e non è una norma di legge); di sicuro, però, chi ha inquinato non poteva tenere conto di questo processo. Peraltro, si tratta di una contaminazione che può essere assolutamente imprevedibile e che dipende dall'andamento della falda. Non è possibile tenere sotto controllo processi del genere semplicemente con un monitoraggio.
  Ci torneremo analizzando la sentenza, ma le nostre conclusioni sono state che c'erano significative frequenze e concentrazioni di composti alifatici clorurati, tra cui alcuni cancerogeni, con possibile sospetto meccanismo di tipo genotossico. Naturalmente, vi lasceremo le slide e siamo disponibili ad approfondire i singoli aspetti. In ogni caso, a partire dagli anni ottanta – e per oltre due decenni – abbiamo avuto un campo pozzi che ha trasferito le sostanze inquinanti della falda nella rete dell'acquedotto Giardino, poi usato per la miscelazione, sui cui aspetti non approfondiremo. È infatti una tecnica talvolta usata per mitigare, nel breve periodo, determinati rischi, ma non può essere un artifizio per distribuire acque assolutamente inadeguate per il consumo umano. Abbiamo quindi concluso che, in relazione alle caratteristiche degli inquinanti e al prolungato periodo di contaminazione, il pericolo concreto per la salute umana sussistesse.
  Aggiungo davvero poche parole su altri inquinanti presenti, come il piombo, usato come antidetonante nei carburanti prodotti nel sito. Anche in questo caso abbiamo evidenza di una dismissione di rifiuti di piombo importante e incontrollata Pag. 8nell'ambiente. Abbiamo poi raccolto alcune evidenze di concentrazione, soprattutto nei sedimenti che per le caratteristiche dell'elemento è più facile riscontrare in sedimenti fluviali e in alimenti vegetali coltivati. Lo stesso discorso vale per il mercurio, usato addirittura dal 1900. Abbiamo, quindi, anche dati di biomonitoraggio che attestavano come i pescatori dell'Adriatico avessero tenori di piombo in alcuni tessuti biologici ben superiori alla media, quindi, evidentemente, lo scenario della contaminazione è più vasto.
  Rifacendoci all'inizio, le nostre conclusioni sono state che le azioni poste in essere nei siti di interesse e nel sito industriale hanno pregiudicato, con sinergia notevole, tutti gli elementi che presiedono e garantiscono la sicurezza delle acque, in primo luogo la qualità e la produzione della risorsa idrica d'origine in maniera indiscutibile, significativamente e persistentemente compromessa per effetto delle attività industriali, delle azioni di sversamento, della localizzazione delle molteplici sorgenti inquinanti diffuse in quattro discariche, delle combinazione di carichi inquinanti provenienti dalle due principali aree d'inquinamento e della vicinanza alle sorgenti inquinanti (2,5 chilometri), che hanno contribuito a pregiudicare la qualità dell'intero acquifero. In primo luogo, quindi, è stata compromessa la qualità della risorsa d'origine.
  Successivamente – pensiamo sempre alla filiera idropotabile – è mancata qualsiasi informazione nel dire che quelle sostanze erano in circolo. Il problema è abbastanza generale; il fatto di controllare solo alcune sostanze tra le innumerevoli che potrebbero essere presenti, è demandato all'ASL di competenza ed è una carenza normativa. Proprio ieri è stata emanata una direttiva da Bruxelles che va a sanare quest'aspetto. Attualmente, la ricerca di sostanze cosiddette supplementari, cioè di parametri non cercati di routine, compete all'ASL se ha motivo di sospettare la presenza. In questo caso, la mancanza di informazione non ha fatto arrivare, né all'ASL né al gestore, la cognizione di sostanze di origine antropica, anche complesse, da ricercare. Pertanto è stato assunto che si captasse un'acqua di origine appenninica pura, non andando, quindi, a ricercare il tetraclorometano. La mancanza di qualsiasi informazione ha pregiudicato, insomma, la conoscenza degli elementi in gioco e la possibilità di trattazione, come anche la mancanza di informazione sulla distribuzione di queste acque, che ha interessato 700.000 utenze, senza limitazioni per categorie sensibili. Inoltre, sempre la stessa serie di eventi ha pregiudicato la possibilità di sorvegliare. Si può anche non trattare, ma tenendo comunque sotto controllo il fenomeno, per poi abbandonare o dare limitazioni d'uso. Anche in questo caso, però, se non si sa dell'esistenza di queste sostanze in giro, non si può garantire la sorveglianza. Esiste, poi, una pericolosità per la salute attestata dai dati al rubinetto, che dobbiamo considerare limitati e tardivi. Non mi soffermerò sul fatto che il controllo effettuato sull'acqua distribuita, che è stato quasi l'unico aspetto saliente nella sentenza, è solo una minima parte dello scenario di rischio cui i consumatori sono stati esposti e attesta comunque un'evidenza di pericolo per la salute.
  Per questo, la conclusione che l'Istituto ha dato collegialmente e con la massima condivisione degli esperti, anche epidemiologi che hanno partecipato al gruppo di lavoro, è che esistono incontrovertibili elementi oggettivi coerenti e convergenti nel configurare un pericolo significativo e continuato per la salute della popolazione esposta. Infine, non so se volete affrontare – servirebbero ancora solo cinque minuti – gli aspetti legati alla sentenza.

  PRESIDENTE. Va bene.

  LUCA LUCENTINI, 1o Ricercatore presso l'Istituto superiore di sanità. Con il permesso del presidente, lascerei quindi la parola al dottor Crebelli e poi, se avete interesse, analizzeremo l'impatto della sentenza e quello che secondo noi è un aspetto un po’ da considerare.

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  PRESIDENTE. Mi scusi, ai fini dei nostri lavori segnalo che a seguire avremo l'audizione con il commissario Goio; dovremmo quindi concludere con voi al massimo entro le ore 10.10, posto che il commissario ci ha preannunciato di dovere alle andare via alle 11.00 esatte. La vostra audizione ci serve anche per entrare nel merito dell'argomento. Per adesso, vi invito a lasciarci tutto il materiale che avete a disposizione e poi, se avremo bisogno di ricevere eventuali ulteriori approfondimenti, ve lo segnaleremo.

  RICCARDO CREBELLI, Dirigente di ricerca presso l'Istituto superiore di sanità. Vi ruberò solamente pochi minuti. Riprendo alcuni elementi che considero più importanti per la valutazione dei possibili rischi per la salute, anche con riferimento a quelli che sono stati poi gli esiti e le interpretazioni degli stessi nella sentenza recente. Abbiamo sentito parlare di 32 sostanze tossiche identificate nelle varie matrici e nell'acqua alla distribuzione. Con un brevissimo flash, tanto per avere idea di che cosa stiamo parlando e dell'entità di questo inquinamento, vi segnalo alcuni dati estratti dal procedimento di rinvio a giudizio.
  Vediamo che c’è un intero campionario di sostanze tossiche organiche, inorganiche, aromatiche, clorurate – e chi più ne ha più ne metta – con livelli di concentrazione, anche solo nei dati riferiti alla falda superficiale, assolutamente rilevanti: andiamo dalle decine alle migliaia e anche alle decine di migliaia, ovvero, il più delle volte, al di sopra dei valori di riferimento.
  Nel quadro delle altri matrici, le stesse sostanze si ritrovano in varia misura nella falda profonda. Di particolare rilevanza per la nostra problematica, cioè per gli aspetti legati all'impatto sulla salute, è ciò che poi si ritrova direttamente al rubinetto, elemento sul quale abbiamo la certezza di un'esposizione umana. Anche su questo il collega ha mostrato come, almeno in tracce – mi pare nel 64 per cento dei campioni – ci sono state moltissime di queste sostanze rilevate, spesso in modo molteplice: nella maggior parte dei campioni, è stata ritrovata più di una sostanza tossica, addirittura fino a 12.
  Di particolare rilevanza per una valutazione, cioè per esprimersi sui possibili rischi, è la presenza di eventuali sostanze cancerogene, un po’ per la gravità dell'evento in sé, ma anche perché, rispetto alle sostanze tossiche, le sostanze cancerogene hanno una peculiarità: al variare della dose, non aumenta la gravità dell'effetto. In altre parole, non c’è un piccolo tumore o un tumore più grave, ma aumenta la frequenza. Questo vuol dire che, potenzialmente, anche piccoli livelli di esposizione possono essere associati con una bassa probabilità a un evento, il quale, però, è intrinsecamente molto grave (così come non succede con le sostanze tossiche, per cui al diminuire della dose a un certo punto non succede più niente).
  Oltre a queste sostanze clorurate, su cui il collega ha speso la maggior parte della relazione, perché sono quelle che in maggiore misura si ritrovano nell'acqua potabile, in una prospettiva più globale non sono da trascurare anche le contaminazioni da metalli (piombo e mercurio), di cui abbiamo visto qualche dato, su cui ci sono delle evidenze di contaminazione di varie matrici ambientali assolutamente rilevanti.
  Dati parziali mostrano come sia plausibile che ci sia comunque un'esposizione umana. Da quello che abbiamo visto, queste sostanze entrano nella filiera alimentare e sono presenti nei sedimenti fluviali, ovvero nei pesci: qui, però, in misura ancora maggiore rispetto alle sostanze cancerogene clorurate, si sconta l'assenza di dati di esposizione. Come vedremo, purtroppo, possiamo dire che esiste potenzialmente una situazione inverosimile di rischio, che però non possiamo quantizzare e su cui non possiamo esprimerci proprio per l'assenza di dati di esposizione. Questo aspetto è rimasto anche negli atti della sentenza assolutamente trascurato, ma il fatto che non sia stato sollevato per mancanza di dati non implica necessariamente che questa problematica sanitaria e ambientale non sussista.Pag. 10
  Vengo all'impatto sulla salute: qui si scontrano un po’ i diversi atteggiamenti, le diverse filosofie e le diverse interpretazioni dei dati che abbiamo dato. I punti di vista sono, da un lato, quello di una visione olistica circa la necessità della salvaguardia della risorsa idrica – nonché di come ciò possa comunque impattare sulla salute – ma anche, dall'altro, quello di una visione un po’ riduzionista, considerando solamente i singoli dati alla captazione nella loro individualità, senza contestualizzarli rispetto alla problematica generale.
  In ogni caso, se anche seguiamo questa strada, dimenticando tutto il resto, cioè che nelle falde profonde e superficiali abbiamo trovato di tutto, che questi analisi sono state eseguite decenni dopo la fase critica in cui queste peci clorurate sono state stoccate all'aperto – quindi esposte alla pioggia – ed hanno potuto dilavarsi e percolare, inquinando le falde acquifere, anche con tutte queste limitazioni abbiamo un quadro non molto rassicurante. Vediamo in una certa percentuale di campioni la presenza di sostanze anche cancerogene, come polietilene e esaclorobutano, presenti sì a bassi livelli, ma non sempre. Il tetracloruro di carbonio o tetraclorometano, ad esempio, è una sostanza cancerogena, che nel 10 per cento dei campioni circa è risultata superiore ai valori limite. Il collega ha già mostrato questo scollamento temporale tra la verosimile fase critica di contaminazione e il periodo di monitoraggio ambientale. Su questo si innesta, però, uno degli argomenti un po’ di contenzioso o, comunque, di diversa interpretazione tra noi e i quelle date nel procedimento: il superamento del valore limite è stato considerato semplicemente quasi come un'infrazione di tipo amministrativo e non come un evento con possibile significato tossicologico con implicazioni di tipo sanitario.
  Il valore limite è stato definito, un po’ seguendo l'approccio del collegio di difesa, composto di grandissimi nomi della tossicologia e della scienza italiana ed europea, considerando questi valori limite come dei valori ultraconservativi, che si potevano tutto sommato superare anche con una certa tranquillità, perché comunque incorporavano grandi fattori di sicurezza rispetto ai dati estrapolati sugli animali.
  Questo è un punto su cui spero che prima o poi avremo occasione – magari anche in altra sede – di ritornare. Secondo me, infatti, dal punto di vista scientifico questa posizione è poco sostenibile. È ovvio che i valori limite non sono quelli che uccidono gli animali o immediatamente provocano effetti tossici. I valori limite sono estrapolati da questi dati sugli animali, ma applicando una serie di fattori di incertezza necessari. Non dobbiamo, infatti, proteggere le cavie o i ratti, ma la popolazione umana, fatta sia di persone in perfetta salute ma anche di persone fragili per motivi genetici, patologici o perché vivono fasi particolari della loro vita, come nel caso dei neonati e degli anziani. Questi fattori di sicurezza, quindi, sono necessari e non sono arbitrari, ma derivano da considerazioni scientifiche che li quantizzano in modo verosimile.
  Superare questo fattore di sicurezza, se pure non vuol dire automaticamente che c’è un effetto avverso, vuol dire erodere quella soglia di sicurezza necessaria per proteggere tutta la popolazione; vuol dire, quindi, entrare in quella zona di pericolo su cui ci è stato chiesto di esprimerci, nel senso se sussistesse o meno un pericolo. Io direi che, per definizione, superare un valore di riferimento ci pone in una situazione di pericolo, proprio per come si definisce scientificamente l'espressione di situazione di pericolo, cioè come la possibilità che qualcosa avvenga, il che non è ovviamente una certezza.
  Torno ancora brevissimamente su quest'aspetto, già sottolineato dal collega. Per diversi decenni c’è stata una grandissima produzione degli antidetonanti per la benzina, quindi composti alchilici del piombo, con uno stoccaggio evidentemente improprio delle scorie di lavorazione e una contaminazione drammatica del suolo. I pochi dati a disposizione mostrano che questa contaminazione si è propagata alla filiera alimentare. Purtroppo, non disponiamo di per capire in che misura è esposta la popolazione residente attraverso Pag. 11la filiera alimentare, con quanto è coltivato in loco, ma non sono trascurabili neanche le polveri, che possono comunque trasmigrare anche lontano dall'insediamento industriale.
  Ricordiamo che il piombo è una sostanza non meno preoccupante rispetto a quelle che abbiamo esaminato. Si tratta di una sostanza cancerogena, anche se con un meccanismo di tipo non genotossico, che ha una spiccata tossicità, soprattutto sullo sviluppo del sistema nervoso, e quindi pone a rischio, come target, una fascia di popolazione particolarmente sensibile e preziosa, cioè neonati e bambini nella prima infanzia.
  Analoga considerazione vale per il mercurio e per l'impianto di cloro soda, che è stato attivo per quasi un secolo. C’è un inquinamento da mercurio, una sostanza estremamente tossica, bioaccumulabile e persistente. Di questa persistenza c’è evidenza di livelli veramente rilevantissimi nei sedimenti fluviali: non ritroviamo piombo e mercurio nell'acqua, quindi tali sostanza sono state un po’ trascurate nel procedimento che era mirato all'avvelenamento dell'acqua; ciò è atteso, perché questi composti hanno una minore solubilità e anche una minore mobilità dentro il terreno, quindi è difficile che possano raggiungere le falde profonde ed arrivare nell'acqua alla captazione, ma sono comunque nell'ambiente e possono portare a un'esposizione umana, per esempio entrando nella filiera alimentare. Nel caso del mercurio, può esserci anche l'esposizione ai vapori, che per la popolazione generale europea è la via di esposizione più importante. Purtroppo, anche in questo caso, a parte dati sporadici di monitoraggio o qualche campione che ne mostra la presenza nei pesci, non esistono dati di esposizione, per cui senza esposizione non è possibile una valutazione del rischio, ma non vuol dire che rischi eventuali non esistano.
  Vengo all'ultima slide, anche per stare nei tempi. Complessivamente, abbiamo visto nelle prime diapositive una marea di sostanze tossiche, anche a livelli rilevantissimi, nelle falde superficiali e, in varia misura, nelle falde profonde (sicuramente nel terreno). Dal punto di vista ambientale, quindi, la situazione – altri colleghi con competenza e pertinenza la definiranno meglio – è sicuramente di disastro ambientale acclarato. Per la valutazione dei rischi di impatto sulla salute, la situazione è più difficile, essenzialmente per assenza di dati cogenti per l'esposizione a piombo e metalli, che tuttora sussiste perché nessuno se n’è mai occupato direttamente, nonché per via dei dati limitati, che ci danno un'immagine sfocata di quella che è stata l'esposizione a sostanze clorurate attraverso l'acqua potabile (che tuttavia, pur nella loro limitatezza, mostrano una situazione di potenziale pericolo).
  Ciò non è stato raccolto nel procedimento recente, in cui l'interpretazione di pericolo è andata in direzione – forse in linea con la giurisprudenza ma certamente non con il mondo scientifico – della certezza del manifestarsi dell'evento avverso. Questo sicuramente non vuol dire pericolo, ma qualcos'altro: se si pretende che il pericolo sia correlato alla certezza che ci sia un danno, si è in una zona in cui non si può più parlare di pericolo, ma di certezza di danno. Ovviamente, per fortuna quest'evidenza non esiste (in realtà, non è stata cercata, cioè non sono stati avviati studi epidemiologici ad hoc e comunque, sulla base delle evidenze disponibili, al momento non esiste). Presidente, credo che il collega volesse aggiungere brevissimamente qualcosa.

  PRESIDENTE. Va bene.

  LUCA LUCENTINI, 1o Ricercatore presso l'Istituto superiore di sanità. Sono tre gli elementi che vorrei sottolineare. Volendo riassumere scarnamente, abbiamo tre considerazioni in base alle quali viene desunto che non sussisteva il reato di avvelenamento, anzi, per cui l'acqua è stata definita sostanzialmente potabile. La prima affermazione è che, sostanzialmente, non sono da relazionare le sostanze presenti in falda con quelle emunte dal campo pozzi, una considerazione assolutamente Pag. 12condivisibile. Non abbiamo il tempo di approfondire la ratio delle norme in materia ambientale rispetto a quelle della materia sanitaria, quindi il 152 e il 31, che rispondono a caratteristiche diverse (il 152 recependo la 2060, che vuole identificare lo stato di qualità ambientale dell'acqua per garantirne gli usi, quindi, volendo intercettare l'inquinamento antropico nel suo nascere per valutazioni diverse da quelle sanitarie).
  Siamo d'accordo sul fatto che i limiti siano diversi e che non ci sia una corrispondenza immediata tra inquinamento della falda e avvelenamento dell'essere umano che attinge da quella falda, ma la stessa normativa sulle acque potabili – non potrebbe essere altrimenti, già dal decreto del 1991 e anche da quello del 1925 – ci dice che deve essere tutelata la falda, tanto che non possiamo condividere il fatto che questi due fenomeni siano completamente scissi, come invece fa la sentenza. La stessa direttiva ci dice che, per consentire alle imprese erogatrici di rispettare le norme di qualità per l'acqua potabile, occorre garantire, grazie a idonee misure di protezione delle acque, la purezza delle acque di superficie e sotterranee, lo stesso scopo potendosi raggiungere applicando opportune misure di trattamento. Nel caso in questione non è stata garantita la purezza della falda (con la presenza a 2,5 chilometri di una discarica ingente), né è stato, per più di vent'anni, messo in atto un tipo di trattamento che avrebbe comunque tenuto sotto controllo il pericolo.
  In secondo luogo, la valutazione dell'avvelenamento è basata sulla natura e concentrazione delle sostanze ritrovate nelle acque in distribuzione. Come anche il dottor Crebelli rilevava a proposito del fatto che i margini di sicurezza sono ampi, questo non prova l'assenza di pericolo. In altri termini, c’è stato disastro ambientale ma, alla fine, abbiamo trovato pochi elementi nel rubinetto e questi non sono da relazionare. Non vorrei ribadirlo troppo, ma quello che abbiamo visto non è l'esatta fotografia dell'esposizione. Quest'approccio sarebbe assolutamente sostenibile se avessimo avuto, in ipotesi, un monitoraggio continuativo per vent'anni, per il quale il 9 per cento di superamenti è stata la fotografia di ciò che è avvenuto in trent'anni di esposizione. In quel caso avremmo potuto fare una valutazione del pericolo. Dobbiamo, invece, valorizzare i dati per quello che sono, come la sentenza in qualche modo anticipa, laddove poi, in realtà, considera quasi alla stregua di doping sportivo un dato che invece ha tutta un'altra lettura. Perché ha tutta un'altra lettura ? Secondo noi, doveva essere valutato così, perché non sia ha un aspetto solo scientifico. La direttiva dà un'indicazione assolutamente importante: ci dice che il monitoraggio offre l'opportunità di dare provvedimenti perché è funzionale alla valutazione del processo, non alla conformità, tanto che si richiama sia la circostanza che si verifichi, sia anche che non si verifichi un superamento dei valori di parametro. Dal monitoraggio, cioè, si deve desumere quello che sta avvenendo e da quello si possono decidere le limitazioni d'uso: il monitoraggio non è un interruttore. Secondo noi sarebbe stato importante che fosse stato applicato questo criterio di rispondenza al monitoraggio, conformità o non conformità, al processo: è importante, appunto, sia che si verifichi, sia che non si verifichi.
  Per concludere, quello che ci spinge a valutazioni non del tutto condivisibili è che la sentenza parte dall'assunto che la falda è altamente contaminata da veleni; considera che la falda e il campo pozzi sono collegati e ci sono diverse relazioni idrogeologiche importanti; ammette che la falda è un corpo idrico mutevole e suscettibile di modificazioni dei tragitti sotterranei, ma assume questo solo in lettura di diluizione dei composti; addirittura riconosce che la collocazione dei pozzi era sbagliata rispetto alla falda, quindi ci dice che sarebbe stato meglio realizzare il campo pozzi a monte – come è ovvio – e non certamente a valle (certo, se la discarica fosse stata nota); bisogna poi tenere conto del fatto che i dati disponibili erano minimi e che comunque, già nel 1992, erano rilevate le sostanze, laddove poi, nel Pag. 132004-2007, la sentenza assume che mancavano le misure di monitoraggio, che la contaminazione era continuativa (cioè, tutti questi fatti convergono); la sentenza osserva anche che nei monitoraggi effettuati ci sono superamenti di valori guida e che questi provano la trasmigrazione di inquinanti. Tuttavia, alla fine, la conclusione è che non sussiste pericolo per la salute pubblica. Non credo che abbiamo tempo di esaminare altro. Siamo a disposizione per le vostre domande.

  PRESIDENTE. Vi ringraziamo per l'esposizione. Acquisiremo, man mano che procederemo con le altre audizioni, ulteriori elementi conoscitivi da chi non conosce approfonditamente la questione. Penserei di raccogliere le domande ed eventualmente di lasciarvi rispondere ora, laddove possibile velocemente, mentre per ciò che necessita di un approfondimento ulteriore da parte vostra potete scriverci.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  PAOLA NUGNES. Quello che sembra sia mancato a quest'esposizione, molto ampia e soddisfacente, è il dato sanitario conseguente, cioè se ci sia stata una valutazione tramite monitoraggio dello stato di salute della popolazione e se questi dati abbiano inciso effettivamente sul danno.
  Inoltre, mi sfugge un fatto, ma è sicuramente una mia mancanza della conoscenza fattiva delle faccende. Gli imputati sono stati assolti perché non sapevano di inquinare, ma per la gestione illegale della discarica, che era un dato sicuramente appurato, che tipo di conclusione si è avuta ?

  STEFANO VIGNAROLI. Innanzitutto, mi risultano degli studi dell'Università di Teramo sulla presenza di mercurio negli scampi: avete questo studio e potete farcelo avere ? Se ho capito bene, non sono mai stati eseguiti studi epidemiologici sulle persone: la stessa cosa vale per i pozzi di eventuali allevamenti ? Gli animali presenti nel sito sono stati mai monitorati ?
  Inoltre, se ho capito bene, quelle sostanze sono nella falda, ma non sono mai state trovate – o se sì, comunque, altamente diluite – nel rubinetto ? È stato mai fatto un campionamento specifico ? Quei valori degli inquinanti, che leggevo in tabella, di sostanze cancerogene rilevate in distribuzione, cioè il tetracloruro e gli altri, che erano al rubinetto, sono sporadici o sotto la soglia ? Se ho capito bene, gli sforamenti sono relativamente bassi, quindi, sono stati considerati come un piccolo incidente di percorso, cioè non significativo: è così ?

  LUCA LUCENTINI, 1o Ricercatore presso l'Istituto superiore di sanità. Sì, relativamente alle indagini epidemiologiche, purtroppo, lo sfalsamento dei processi e la mancanza di informazione rispetto a questo ha pregiudicato anche la conduzione di indagini epidemiologiche. In sostanza, ci sono stati fattori confondenti, sono sussistite le diluizioni e bisognerebbe concludere con un'anagrafe della popolazione diversa, in venti o trent'anni. Il tutto ha fatto quindi trascurare quest'aspetto, per cui non c’è il dato: è stato evidenziato in sentenza che manca un danno sanitario asserito laddove si dovrebbe aprire una parentesi rispetto a quanto l'indagine epidemiologica ci dice o meno.
  Quanto al mercurio nei prodotti alimentari e in generale agli altri contaminanti nei siti agricoli, per quanto ne sappiamo, allo stato della redazione, i dati erano molto scarni, sempre per gli stessi motivi. Da quanto si è compreso, mi sembra sia stato rilevato proprio del mercurio in prodotti ittici – mi pare dall'Università di Teramo – anche in antica data e anche nel biomonitoraggio dei capelli dei pescatori. In ogni caso, c’è una prova incontrovertibile del trasferimento dei contaminanti nella filiera idrica e nella catena trofica acquatica fino ai consumatori finali umani.

  STEFANO VIGNAROLI. Quanto dista il mare ? Mi sembra di capire che disti tanto.

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  RICCARDO CREBELLI, Dirigente di ricerca presso l'Istituto superiore di sanità. Qualche decina di chilometri.

  LUCA LUCENTINI, 1o Ricercatore presso l'Istituto superiore di sanità. Sì, una decina di chilometri. Abbiamo indicato il superamento degli inquinanti a rubinetto, ma gli stessi inquinanti sono stati trovati in falda. Quelle concentrazioni che avete visto si riferiscono, quindi, al rubinetto e sono state le uniche su cui si è basata, di fatto, la sentenza, secondo la quale, sulla base di quei dati, non c’è stato pericolo.

  STEFANO VIGNAROLI. Se ho capito bene, l'inquinamento della falda è stato trascurato ai fini del processo, cioè non è stato preso l'inquinamento della falda come un fattore...

  RICCARDO CREBELLI, Dirigente di ricerca presso l'Istituto superiore di sanità. Esattamente. Vorrei tornare un attimo sul punto delle indagini epidemiologiche. La prima domanda che ci si pone vedendo questi dati riguarda ciò che mostrano le indagini relativamente alla gente. Purtroppo, dobbiamo tener conto del fatto che stiamo parlando di rischi che fanno essenzialmente riferimento a eccessi di cancro, con un bacino di popolazione esposta molto ampio, di circa 700.000 persone.
  Con questi scenari di esposizione, anche ben peggiori di quelli che abbiamo descritto, possiamo aspettarci degli incrementi rischio relativo modesti, perché i tumori, purtroppo, sono molto frequenti. Se già di per sé il 25 per cento della popolazione, in assenza di un'esposizione specifica, muore di tumore, per riuscire ad apprezzare un incremento in uno studio epidemiologico si deve avere un effetto di un'assoluta rilevanza, il che vorrebbe dire migliaia e migliaia di morti sul territorio.
  Noi ci stiamo preoccupando di qualcosa che comunque – penso – ha un impatto significativo, una sua dignità. Non stiamo guardando una corte di operai esposta all'amianto, nei quali possiamo aspettarci di trovare un tumore raro che ci segnala in modo specifico un'evidenza; nel caso di queste sostanze, associate a eccessi di patologie comunque frequenti nella popolazione, è molto difficile, se non velleitario, pensare di trovare qualcosa dal punto di vista epidemiologico; al contrario, un'indagine epidemiologica potrebbe essere proposta e interpretata artatamente come l'assenza di evidenza.

  PRESIDENTE. La diretta connessione tra l'inquinamento di quella discarica e quegli effetti è stata dimostrata, cioè sancita nel processo ? Lì c’è più di una discarica, quindi, sicuramente, c’è stato uno studio per monitorare l'andamento delle falde e l'eventuale incidenza di ogni discarica. Questo riguarda più il tema di carattere ambientale del disastro ma, dal vostro punto di vista, la connessione tra la rilevazione di questo tipo di inquinanti, spesso «generici» per una certa tipologia di rifiuto industriale, e un ipotetico avvelenamento delle acque delle falde è imputabile a quella discarica ?

  LUCA LUCENTINI, 1o Ricercatore presso l'Istituto superiore di sanità. Va detto che del collegio faceva parte anche un geologo che ha fatto un lavoro eccelso, facendo anche studi di marcatura isotopica, che hanno datato il cloroformio rilasciato dalla discarica, in particolare la Tre Monti, che forse per il 95 per cento, se non di più, ha contribuito all'inquinamento dei pozzi. Costui ha anche calcolato, sulla base delle caratteristiche geologiche del sito, il tempo di migrazione degli inquinanti in falda, con evidenze documentali e sperimentali incontrovertibili. Credo che quello non sia in discussione neanche in sentenza e sono stati acquisiti quei dati proprio per testimoniare, ancora una volta, che abbiamo visto la coda, quasi in fase di asintoto, della contaminazione. Con ragionevole certezza, quindi, possiamo affermare che l'inquinamento massivo è sfuggito: forse era datato, cioè dopo cinque o sei anni dalla discarica, a seconda degli eventi climatici.

  STEFANO VIGNAROLI. L'acqua distribuita in rubinetto proviene tutta da quella Pag. 15falda a 2,5 chilometri, oppure viene diluita e poi trattata per abbattere alcuni di questi inquinanti ?

  LUCA LUCENTINI, 1o Ricercatore presso l'Istituto superiore di sanità. Vi abbiamo accennato. È stata diluita soprattutto successivamente all'evidenza della contaminazione con l'acqua dell'acquedotto Giardino, ma proprio allo scopo di diminuire la concentrazione di contaminanti. Questa pratica è abbastanza comune nel caso di acque contaminate.

  STEFANO VIGNAROLI. Questa diluizione avviene costantemente da tempo ?

  LUCA LUCENTINI, 1o Ricercatore presso l'Istituto superiore di sanità. È stata molto aumentata dopo: era episodica. Nella gestione delle acque la miscelazione viene praticata a seconda dei consumi, ma è stata adottata, dal 2004 in poi, proprio per gestire il non superamento.

  PRESIDENTE. Vi ringraziamo per le notizie che ci avete fornito. Se avremo bisogno di ulteriori chiarimenti, ve lo faremo sapere. Vi ringraziamo per la presentazione, che vi chiediamo di lasciarci. Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione del Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara, Adriano Goio.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'architetto Adriano Goio, commissario delegato nominato con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3504 del 9 marzo 2006 per fronteggiare la crisi di natura socioeconomica e ambientale che si era determinata nell'asta fluviale del fiume Aterno-Pescara, che ringrazio per la sua presenza. Il commissario Goio è accompagnato dall'ingegner Mario Dari Salisburgo.
  Noi stiamo svolgendo un aggiornamento sulle situazioni dei siti di interesse nazionale in Italia e alcuni approfondimenti specifici su determinate situazioni nel Paese, che riteniamo siano interessanti per la Commissione e sicuramente da affrontare per la loro specificità, che speriamo ci servano per migliorare anche in futuro la legislazione, nonché per affrontare in maniera efficiente ed efficace queste problematiche. Nel vostro caso, l'audizione odierna ha ad oggetto la situazione del SIN di Bussi nell'ambito di questi approfondimenti.
  Avverto i nostri ospiti che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterranno opportuno e consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitandoli comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata nella parte finale della seduta. L'architetto Goio sarà coadiuvato dal suo collaboratore, che potrà intervenire quando crederà. Lei ci ha già mandato delle note in cui ha messo in evidenza le problematiche più importanti. Sappiamo che recentemente una sentenza ha definito...

  ADRIANO GOIO, Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara. Tragica !

  PRESIDENTE. Tragica, esatto, ma è una sentenza che non si può non considerare. Al di là della sentenza, su cui faremo anche un approfondimento specifico, anche venendo in loco, a Pescara, ci interessa capire come si sta procedendo, secondo il vostro punto di vista, relativamente a certe richieste. Infatti, come avete scritto nella relazione, ci sono due questioni abbastanza distinte, una riguardante la discarica Tre Monti, con tutti i problemi relativi alla messa in sicurezza e a come risolvere quello specifico di contaminazione diffusa che eventualmente continua a esserci; l'altra riguardante l'area cosiddetta da reindustrializzare, su cui vorremmo capire come pensate che ci si stia muovendo e quali sono per voi, visto che ci state lavorando da un po’, le eventuali soluzioni percorribili. Alle 13.00 ascolteremo in audizione anche il dottor Pernice, per il Ministero dell'ambiente. Ci sono state delle interrogazioni parlamentari recenti ma non si è capito molto bene come si voglia procedere al riguardo, cioè che Pag. 16cosa si voglia fare. Al di là della sentenza, del processo, necessari per capire le responsabilità, ovvero gli aspetti giuridici, assolutamente importanti, resta un problema, che va affrontato: non si può aspettare la sentenza. Ci interessa molto capire quest'aspetto. Poi, ovviamente, seguiranno delle domande da parte dei colleghi. Abbiamo tempo fino alle 11.00. Se non riusciremo a sviluppare tutti gli aspetti, avremo occasione, magari quando verremo a Pescara, di rivederci ed affrontare questi temi in maniera specifica. Do quindi la parola all'architetto Goio per lo svolgimento della sua relazione.

  ADRIANO GOIO, Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara. Molto sinteticamente, Bussi si distingue negli incarichi commissariali per averne avuti due: il primo era un'ordinanza relativa solo alla Tre Monti, che mi si diceva di mettere possibilmente in sicurezza, quindi sostanzialmente senza affrontare il tema della bonifica, il che vuol dire una montagna di soldi. Allora avevo poco danaro (certo, agivo in danno di Edison, proprietaria dei terreni, in questo essendo agevolato); Edison prima ha fatto ricorso opponendosi, poi invece è venuta a più miti consigli e ha concordato con me di assumere l'onere dei lavori che ho fatto per mettere in sicurezza la Tre Monti. Questo è stato fatto nonostante qualche documento successivo della Edison, la quale critica perché ovviamente non vuole più pagare il resto del conto; in sostanza, però, la prima attività, che è stata di circa 1.840.000 euro, è stata totalmente pagata da Edison, quindi, è stata fatta in danno di Edison.
  Edison si è poi, evidentemente, «ingolosita» per le sentenze che le diventavano sempre più favorevoli, come credo sia successo anche per Mestre, dove aveva pagato, temendo il reato grave, 370 milioni di euro direttamente al Ministero dell'ambiente. Una settimana dopo è stata assolta e quindi, da allora, Edison è molto più prudente nel pagare. Detto questo, nonostante le chiacchiere, soprattutto da parte di Edison, secondo cui l'opera di messa in sicurezza non è stata efficace, vedo la situazione di Tre Monti abbastanza tranquilla. Abbiamo anche realizzato, come era stato chiesto dal Ministero dell'ambiente, delle palancole per evitare la penetrazione dell'acqua sotto la discarica, che è in fregio al Pescara, quindi c’è una certa facilità di raggiungimento da sotto e di leccatura nella parte bassa, portando fuori i veleni (attualmente abbiamo visto che vi è una fase di riduzione).
  L'ultima attività che stiamo facendo – e che abbiamo fatto in parte – è la caratterizzazione: fondamentale. Se infatti un giorno ci saranno risorse per bonificarla, la caratterizzazione è fondamentale. Questo è lo stato dell'arte della Tre Monti: se ci sono domande su questo, risponderò alla fine. Riprendendo, quindi, il discorso sulla Tre Monti e allargandolo concettualmente, la legge n. 10 mi ha affidato 50 milioni di euro, che di fatto sono diventati 48 perché la spending review ne ha tagliati una parte. Attualmente, ho in contabilità speciale questi 48 milioni di euro, in piccola parte spesi, ma comunque le risorse che ho – la legge n. 10 è specifica e puntuale – servono per mettere in condizione le aree o alcune aree del SIN di Bussi di essere reindustrializzate. È chiaro che qui c’è una condizione particolare. So che lei è già stato sul luogo un paio di volte, quindi conosce la situazione, che è particolare perché lo stabilimento è ancora in gran parte in funzione. L'idea di Solvay è di trasferire il bene una volta fatte le bonifiche essenziali e di cedere anche le attività esistenti. Vi è una società che ha fatto delle avance al comune e al Ministero dell'ambiente, proponendo di assumere il tutto, ma solo una volta che sia stata realizzata la maggior parte dei lavori di bonifica.

  STEFANO VIGNAROLI. Scusi, che società è ?

  ADRIANO GOIO, Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara. Non conosco il nome della società, ma credo che sia di un certo signor Filippi, che ha un'attività di confezionamento di prodotti farmaceutici.

Pag. 17

  PRESIDENTE. Quella di proprietà Solvay è su un pezzo dell'area industriale...

  ADRIANO GOIO, Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara. È tutto di proprietà della Solvay !

  PRESIDENTE. Sì, ma è un'area particolare, non tutta.

  ADRIANO GOIO, Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara. Sì, l'area ex Medavox, cioè quella che è stata rasa al suolo e di cui non ci sono più gli stabilimenti. Parlare di bonifica è impensabile, perché vuol dire andare giù fino agli inferi a trovare il terreno vergine, soprattutto con acque e falda altamente inquinate. Si è immaginato un capping robusto; abbiamo concordato con SOGIN, una società del Ministero dell'economia e delle finanze...

  PRESIDENTE. La Sogesid ?

  ADRIANO GOIO, Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara. La SOGIN !

  PRESIDENTE. La SOGIN è quella del nucleare.

  ADRIANO GOIO, Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara. Sì, è la stessa. È specializzata non solo nel nucleare, ma anche su altre depurazioni.

  STEFANO VIGNAROLI. Sono stati trovati rifiuti radioattivi in quel posto ?

  ADRIANO GOIO, Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara. Per fortuna, no. È solo il legame della società. La SOGIN ha predisposto – in accordo con il sottoscritto e anche con Solvay – un progetto, che per ora è preliminare. Siccome Solvay aveva degli obblighi col Ministero dell'ambiente nelle aree esterne – per chi conosce la zona le 2 A e le 2 B, vecchie discariche a monte, fuori dagli stabilimenti – su altre aree ho deciso di intervenire per bonificare e reindustrializzare, perché sono le più facili e le più disponibili.
  Qui c’è stato uno scontro con il Ministero dell'ambiente, che voleva si realizzasse una discarica in sito – con tutti i materiali pericolosi – e non all'interno di quelle aree. Mi sono opposto, spiegando che non era un bene discutere, in sostanza, di un'altra Tre Monti, che doveva essere eliminata. In ogni caso, questo braccio di ferro, alla fine, si è concluso ed io procederò con il progetto di bonifica totale delle aree esterne, il che significa caratterizzare tutti i materiali e portare via i pericolosi nelle zone a cui sono destinati: ne abbiamo individuate in Puglia, in Calabria, nelle Marche, dove le società che concorreranno in gara decideranno di portarli. Comunque, ci sono siti idonei, capaci e capienti: Solvay, in questo modo, risparmia dei soldi.
  A me non andava bene il suggerimento del Ministero dell'ambiente per cui dovevo lavorare, sulle stesse aree, gomito a gomito con Solvay. Trovavo che fosse insensato che un commissario di Governo pubblico lavorasse assieme a una società privata sugli stessi terreni per operazioni così delicate di caratterizzazione, per vagliare il materiale, portarlo via, destinarlo alle varie discariche di pericolosi, non pericolosi, inerti e così via. Ho proposto, quindi, di occuparmi dell'esterno e, siccome, appunto, me ne occupavo io, benché il Ministero avesse ordinato a Solvay di farlo in nome e per conto di Edison, secondo una logica un po’ tortuosa, ho proposto che Solvay investisse quello che risparmiava sull'area Medavox, per metterla in condizione di essere industrializzata.
  Solvay alla fine ha detto di essere disponibile a spendere questi soldi, che è più di quello che risparmia – circa 7-8 milioni di euro – ma che farà ciò se il commissario si assume l'onere di farlo concretamente. Di recente ero ad una riunione, a pranzo con rappresentanti di SOGIN e Solvay per dirimere le ultime questioni e penso che la soluzione possa essere accettabile. La Regione è assolutamente consenziente a procedere in questa Pag. 18direzione. Nel risultato finale non sarebbe bonificato tutto il SIN di Bussi, per cui servirebbero capitali enormi, ma verrebbero bonificati quasi 4 ettari nelle aree esterne di terreni, tranquillamente destinabili alla reindustrializzazione, con una strada di accesso già realizzata e in ottime condizioni (naturalmente, però, bisogna bonificarli). Inoltre, ci sarebbe la messa in sicurezza permanente dell'area interna, con l'integrazione, che già dovrebbe fare Solvay, dell'area ex Medavox, dove c’è già la possibilità di un insediamento industriale, in contatto con l'amministrazione comunale che si è fatta carico di individuare dei soggetti per chiudere la situazione di tutta la vicenda, che si è protratta per troppo tempo (due, forse anche due anni e mezzo sono stati persi). Una società locale, la Toto, aveva proposto alle amministrazioni pubbliche – Regione e Provincia – di intervenire lei sui siti; da lì si è instaurato un tavolo, cui partecipavano la Toto, il commissario e l'Avvocatura dello Stato, che si è protratto per due anni e mezzo, ma non si è concluso nulla; alla fine, ho dovuto tagliare il nodo gordiano e ho scritto una lettera – non violenta, non cattiva – dove pretendevo di sapere che intenzioni avessero costoro, perché ogni volta che si faceva un passo in avanti, se ne facevano due indietro. Dovevo garantire, per esempio, la bancabilità: ma come può un commissario garantire la bancabilità a una società privata ? Era lei a doversela garantire !
  Adesso la situazione si è congelata e la società Toto torna in gioco, perché ha fatto avance anche su questa seconda fase di interventi: potrebbe essere la società che vince la gara. Certo, la gara che ho intenzione di mettere in piedi – ho già una bozza di gara europea – è una sorta – non so se si può dire così – di gara «militarizzata». La difficoltà di avere la garanzia su queste materie, che lei conosce perfettamente, è quella di evitare infiltrazioni mafiose o camorristiche all'interno delle gare stesse. Evidentemente, forse sarà un appalto a misura, perché non è possibile immaginare prima quanto materiale verrà fuori. Si indicherà, quindi, un certo prezzo per i materiali pericolosi a misura, un altro prezzo per i materiali non pericolosi e uno per gli inerti.
  Detto questo, il problema è che ci vorrà un servizio h24 di videosorveglianza, dovranno esserci dei militari a sorvegliano l'area, una direzione lavori capace, che controlli i mezzi in entrata e in uscita, affinché non venga dichiarata asportazione di materiali pericolosi (laddove magari sono inerti e si pagano come pericolosi). Insomma, la gara dovrà essere «blindata» e ci stiamo attrezzando. Credo che andiamo verso la fase dei progetti non definitivi. Ora resta da vedere se appalteremo progetti preliminari o definitivi, ma comunque ci sarà una commissione di gara che esaminerà il tutto, ci saranno vari punteggi, insomma, le solite cose che si fanno con questo tipo di gare.
  Credo che ci sia anche molta aspettativa, perché il lavoro manca e queste società sono tutte in preallarme. Dalle richieste che si fanno, in via diretta o indiretta, ho la sensazione che ci sia molta richiesta. Questo dovrebbe far bene, perché quando c’è grande richiesta le gare, se fatte bene, sono redditizie. Certo, se poi si fa il gioco al massimo ribasso, è preferibile non parlarne neanche. Questo è lo stato dell'arte. Noi siamo pronti con un progetto preliminare, sia per le aree esterne, sia per il disinquinamento totale, sia per l'area Medavox fatta da SOGIN, sia per il completamento finalizzato all'insediamento delle industrie. Questi progetti saranno esaminati in una prossima conferenza dei servizi, che si farà presso la Regione, assieme alla quale decideremo come procedere per arrivare alla soluzione finale.
  Debbo dire che l'invito che rivolgo a una Commissione come la vostra è soprattutto quello di verificare se ci siano da «grattare» ancora risorse, perché c’è il bisogno di un mare di risorse. L'area Tre Monti, seppur messa in sicurezza, non è integralmente garantita e c’è ancora un po’ di fuoruscita, anche se molto meno di prima.
  Qui si innesta un altro fatto, che cito solo per conoscenza. L'ACA, la società di gestione delle acque nel pescarese, era Pag. 19stata sanzionata. Io avevo chiuso i pozzi e ne avevo realizzati di nuovi a monte degli stabilimenti, posto che pensare dieci anni fa a dei pozzi a 2 chilometri a valle degli stabilimenti di Bussi è stata una pazzia. Il giorno in cui li ho chiusi, nell'agosto 2007, gli uffici dell'ARTA – Agenzia regionale per la tutela dell'ambiente – mi hanno mandato i dati secondo cui questi erano deleteri, non solo velenosi ma cancerogeni.
  Adesso anche l'ACA, visto l'andazzo delle sentenze, probabilmente si sta orientando a chiedere i danni al commissario. Io sorrido perché credo di avere le spalle abbastanza larghe ed un'esperienza sufficiente per non preoccuparmene. Certo, quella sentenza è stata deleteria sotto mille profili. Credo che sappiate perfettamente anche voi che la procura ha già deciso – e sta già facendo – il ricorso direttamente per Cassazione, senza aspettare il secondo appello. Comunque, rimane aperta la strada della richiesta del danno ambientale. Ancorché in Italia non esista il danno ambientale, nel senso che si può sfuggire a questo, esistono però, materialmente, i danni prodotti e per i quali una società che è stata proprietaria e ha sfruttato le aree dovrà pagare in sede civile: si dovrà fare la causa.
  Secondo l'incarico che ho ricevuto dal Governo, bisognava anche procedere alla richiesta di danni e alle attività relative, pertanto sono in contatto costante con la procura e con l'Avvocatura dello Stato per cercare, a mano a mano che si esauriscono i processi, che vanno bene per Edison e male per noi, di capovolgere la situazione, facendo in modo che qualcuno vada bene non tanto per noi ma per lo Stato. Se opero in danno di Edison, la quale non solo non paga ma si chiede perché dovrebbe, visto che le è stato riconosciuto che non ha inquinato, laddove sono io a pagare, con i soldi che ho in contabilità speciale, è chiaro che in realtà è lo Stato a pagare, cioè il solito Pantalone.

  PRESIDENTE. I 7-8 milioni di euro che servono...

  ADRIANO GOIO, Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara. Sono per l'area Mediavox.

  PRESIDENTE. L'area Mediavox o l'area esterna ?

  ADRIANO GOIO, Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara. Per l'area Mediavox.

  PRESIDENTE. E i 40 milioni di euro ?

  ADRIANO GOIO, Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara. Tutti sull'area esterna. Si spera che in gara ci sia...

  PRESIDENTE. Utilizzerete, però, i 40 milioni di euro per la gara per le aree esterne ?

  ADRIANO GOIO, Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara. Il quadro economico è di 42 milioni di euro.

  PRESIDENTE. Sarà quella, quindi, la basa di gara.

  LAURA PUPPATO. Mi scusi, lei giustamente stava dicendo che spera di riuscire ad avere, eventualmente, ulteriori disponibilità da parte dello Stato, immagino per andare avanti con le attività di bonifica e messa in sicurezza: può delinearci un quadro sintetico su come penserebbe di utilizzare, peraltro con quali valori, ogni singola area ?

  ADRIANO GOIO, Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara. Parto dalla Tre Monti, che è la più semplice, perché è quella più studiata, più definita e dove c’è una proprietà precisa, cioè Edison. Credo che, finita la caratterizzazione, si possa pensare che con 65-70 milioni di euro l'area venga bonificata, il che vuol dire andare fino al terreno vergine. Vedo che scuote un po’ la testa, ma il problema è che quella non è un'area in cui si sono sparsi ogni tanto dei rifiuti: lì scaricavano rifiuti bancandoli ! Quando ero in contatto con la procura – lo sono ancora, ma mi Pag. 20riferisco al dottor Aceto, ora in Cassazione – si è ragionato spesso sulla vicenda. Di fronte agli stabilimenti, c'erano dei carrelli ferroviari che entravano in quest'area e si sono trovati dei materiali che, in alcuni casi, non facevano riferimento a quelli di lavorazione, ma che in cento anni, da Montecatini in poi, si sono prodotti a Bussi; per questo si è dedotto che venissero da fuori e si sarebbe fatto anche abbastanza presto, con un'indagine, a capire che una parte sicuramente proveniva da Marghera-Mestre.
  Vi dicevo dei 65-70 milioni di euro per la Tre Monti. Per l'interno, per le aree industriali, il problema è diverso perché non si può raderle al suolo e bonificarle. Serve invece un intarsio su attività industriali in corso ed aree – la legge 10 mi ha concesso 40 milioni, che poi erano meno – disponibili per la reindustrializzazione, non aree industriali. Insomma, lì serve un lavoro di fino sull'area Bussi, che è enorme, ma di cui molte attività rimangono ancora in essere. Se si lavora alla Mediavox e alle due aree esterne, di cui mi occupo io, l'80 per cento di quello che è possibile oggi sfruttare da un punto di vista industriale è più o meno fatto. Non c’è bisogno, quindi, di grandi cifre.
  Aggiungo, altrimenti non si può capire, che la bonifica della falda è prevista attraverso un trattamento di acque di falda già fatto, che però deve essere potenziato, secondo le indicazioni date dal Ministero dell'ambiente e dal sottoscritto alla proprietà. Questo trattamento di acque di falda dovrà continuare per 15, 16, 20 anni e costa un milione di euro all'anno. Ovviamente, abbiamo immaginato di addebitarlo alle società che fanno gli investimenti industriali. Finora, secondo indicazioni di massima, le aree sarebbero trasferite al comune, ma se non ci sono oneri di questo tipo, evidentemente bisogna che qualcuno ci pensi. Peraltro, lì c’è un aspetto interessante, perché c’è un accordo alle origini con una piccola società idroelettrica di proprietà della Edison, che vende certificati e incassa soldi. Del resto, la Edison è coinvolta in una causa internazionale con Solvay, che ha accusato Edison di averle venduto – come direbbero a Roma – una «sola», cioè una società con terreni altamente inquinanti senza dichiararlo. Questa è una causa internazionale, con richiesta di miliardi di euro, perché attraverso la Edison, le due società, italiana e francese (la Solvay è belga), sono enormi e non hanno problemi con cause miliardarie. Resta che, secondo noi, questa società idroelettrica dovrebbe passare a chi assumerà l'onere della prosecuzione industriale e questo dà un reddito di una decina di milioni di euro, non poco. Naturalmente, immaginiamo che ci sia anche la possibilità di far valere il trattamento di acque di falda, che, ripeto, costa un milione l'anno, ma che sta benissimo in questi introiti.

  PRESIDENTE. Ha mai provato, al di là dei contenziosi pesanti che ci sono, a definire un accordo di programma globale, secondo cui la regione si fa catalizzatore di tutto il processo ? È chiaro che un comune piccolo non può farlo.

  ADRIANO GOIO, Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara. Su questo faccio presente cose assai note. Si sono susseguite per varie cause più amministrazioni regionali e la discontinuità non aiuta: prima c'era Del Turco, con una giunta di sinistra, che è stato travolto dalla famosa accusa e dalla sentenza, quindi è subentrato il centrodestra con Chiodi; caduto Chiodi, è subentrato D'Alfonso. Fate conto che in cinque anni sono cambiate tre giunte, quindi non è facile mantenere un indirizzo. Adesso si sta operando in maniera abbastanza ordinata e decisa.
  Del resto, l'avvocato dello Stato che ha seguìto tutta la vicenda di Bussi, Cristina Gerardis, è diventata collaboratrice della presidenza D'Alfonso, quindi, quantomeno, la conoscenza c’è ed è totale e profonda. Noi siamo sempre in contatto; l'ho sentita anche stamattina e ci vedremo domani per coordinarci con l'assessore della Regione, Mazzocca, per capire come procedere. Comunque, ormai siamo orientati a una conferenza di servizi presso la Regione, che convocherò io come commissario, Pag. 21dove affronteremo tutto il tema della bonifica e delle gare.

  PAOLA NUGNES. Vorrei porle una questione su cui potrà rispondere anche per iscritto. Se possibile, vorrei che ci mettesse in evidenza tutti i dati che hanno rallentato in maniera oggettiva lo svolgimento di questo commissariamento, che ricordiamo che è in corso da nove anni.
  Per le ricerche che ho fatto, le dichiarazioni del 2011 non differiscono molto da quelle di questa mattina. Non mi sembra che si siano fatti grandissimi passi in avanti. Proprio per conoscenza dei meccanismi e delle difficoltà che il commissariamento ha incontrato, ci farebbe piacere avere un'elencazione, proprio una chiarezza su tutti i dispositivi burocratici e le cose che hanno reso, se mi permette quest'affermazione, il commissariamento lento.

  PRESIDENTE. Sentiamo anche delle altre domande.

  PAOLO ARRIGONI. La scelta di bandire una gara per la bonifica a misura e non a corpo è legata all'incertezza della qualità dei materiali, tra pericolosi e non pericolosi o inerti, oppure c’è un'incertezza anche sul quantitativo complessivo del materiale stesso da bonificare ?

  ADRIANO GOIO, Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara. Soprattutto quest'ultimo aspetto. In sostanza, per farla a corpo bisognerebbe avere un progetto esecutivo, nel senso che dovrei sapere esattamente quant’è il corpo. Facendolo, invece, a misura, si fa carico dell'analisi l'impresa che vince. Non è una scappatoia, bensì una modalità che credo sia seguìta spesso in queste materie. Dei materiali della discarica si può fare prima una caratterizzazione sommaria, come è stata fatta da Invairon per conto di Solvay, noi ne abbiamo fatta un'altra, ma sono caratterizzazioni sommarie. Si può conoscere la profondità, l'estensione e la qualità, se è tutto pericoloso o mezzo e mezzo. Questo ci ha portato a questa ipotesi.
  Vorrei risponderle non respingendo la lentezza, ma quando le farò avere il materiale le farò vedere anche che cosa è stato fatto in questi nove anni per Bussi, dove ho realizzato una trentina di depuratori. Mi pare che lei sia abruzzese, o sbaglio ?

  PRESIDENTE. No, è campana.

  ADRIANO GOIO, Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara. Peccato. Cito un esempio concreto: quattro anni e mezzo fa ho presentato quattro progetti, che avevano un'eccezionale necessità di essere realizzati, in accordo con la struttura di missione del Ministero delle infrastrutture e con la regione: uno dei problemi sono le fognature di Lucoli, che non ha un metro di fognatura. Oltre a non avere un metro di fognatura, è una stazione turistica, quindi ha 1.800 abitanti fissi d'estate, d'inverno arriva a 6.000-7.000 abitanti e anche di più. Per Tornimparte c’è la stessa situazione, e cioè non ha un metro di fognatura ed è una stazione turistica con le stesse caratteristiche di Lucoli.
  Questi progetti andavano assieme a un progetto che integrava le strutture di Scoppito, dove c’è stato un forte incremento di insediamenti civili dopo il terremoto, perché molta gente ha trovato modo di spostarsi in quelle zone. Le fognature sono assolutamente insufficienti, il depuratore non funziona, scarica in Aterno quello che entra. Poi ci sono stati fenomeni di salmonella, che sono ovvi se si scaricano le feci in Aterno. Dopo quattro anni e mezzo, promesse su promesse, con tutti che si sono interessati di questi progetti, comunque non sono ancora finanziati.

  PAOLA NUGNES. Per questo le chiedevo appositamente quali sono stati gli ostacoli.

  ADRIANO GOIO, Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara. Degli intoppi posso farle un elenco.

Pag. 22

  PAOLA NUGNES. Infatti, era quello che le chiedevo, anche per avere un quadro chiaro delle difficoltà in cui un commissariamento si ritrova.

  PRESIDENTE. Se ce lo facesse avere, potrebbe essere di interesse.

  STEFANO VIGNAROLI. Mi riallaccio alle considerazioni della collega Nugnes sulla lentezza del commissariamento. Prima ha parlato di caratterizzazioni, ma non ho capito se è iniziata, a che punto è, quante sono state le spese fino adesso in base ai lavori e alle opere realizzate. Sarebbe possibile avere una relazione su questo ? Inoltre, prima ha parlato di un progetto...

  ADRIANO GOIO, Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara. È già nella relazione.

  STEFANO VIGNAROLI. Bene. Può farci visionare i progetti di questo piano di reindustrializzazione ? Per quanto riguarda la Convenzione di Aarhus, mi risulta – ma non ho verificato – che sul vostro sito le informazioni risalgono al 2009, mentre dovrebbe esserci un'informazione ambientale continua ai cittadini. Ancora, forse ho capito male, ma lei ha parlato di un risparmio con la Solvay: a che cosa è dovuto, in che cosa consiste ?

  ADRIANO GOIO, Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara. Glielo spiego subito: per le aree esterne, quelle che si cercava da parte del Ministero di far affrontare dal commissario assieme a Solvay, alcuni compiti erano del commissario, mentre altri di Solvay, ma non era agevole. Ho detto al dottor Pernice che era impensabile che si potesse lavorare su una gara europea gomito a gomito tra noi, per cui abbiamo pensato che fosse preferibile separare. La quantificazione degli obblighi di Solvay sulle aree esterne è stata calcolata in 3,5-4 milioni di euro, ma con Solvay, che non vede l'ora di andar via da Bussi, ho trattato e mi ha risposto che è disposta, se necessario, anche ad arrivare a 6-7 milioni di euro, per investirli all'interno della Medavox; le ho detto di aspettare a quantificare e che avrei fatto fare il progetto a SOGIN, per poi dire a quanto ammontavano le spese. Adesso sa che il conto economico per il progetto, senza gli oneri aggiuntivi, si aggira sui 6,7 milioni di euro: con l'IVA, al 10 per cento, come avviene in questi casi, si arriverà a 7,5-8 milioni di euro. Credo che alla fine Solvay tirerà fuori questi soldi: me lo ha fatto capire.

  STEFANO VIGNAROLI. Si può avere il progetto SOGIN ?

  ADRIANO GOIO, Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara. Credo di rispondere correttamente che si potrà avere quando sarà stato esaminato in conferenza di servizi. Non credo di poterlo dare prima.

  PRESIDENTE. Una volta approvato...

  ADRIANO GOIO, Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara. In maniera informale posso farlo avere al presidente, che penserà a farvelo vedere, ma la questione non è conclusa.

  PRESIDENTE. Va bene riceverlo anche una volta conclusa la vicenda: non è determinante allo stato dell'arte.

  ADRIANO GOIO, Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara. In qualche modo ve lo farò avere. È la prima volta che lavoro con SOGIN e ho trovato che è una società molto ben attrezzata, strumentata e seria. Del resto, mi ha tranquillizzato sapere che il cento per cento del capitale è del Ministero dell'economia e delle finanze.

  PRESIDENTE. Al di là della relazione che ci avete consegnato, potrebbe arricchire, senza scrivere un libro, con altre documentazioni, che sicuramente avrete, delle difficoltà principali che ritenete di Pag. 23aver incontrato, compresa questa di carattere politico. È chiaro che i cambi di gestione politica sono sempre...

  ADRIANO GOIO, Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara. Se volete, vi cito un altro esempio. Sono stato denunciato alla procura per inadempienza contrattuale e ho dovuto difendermi. Sono andato avanti e indietro per otto mesi: hanno sentito lui, sono stato sentito io – per il ruolo – da comandanti dei Carabinieri e della Guardia di finanza, venendo in tre o quattro ad interrogarmi.

  STEFANO VIGNAROLI. Mi scusi, denunciato da chi ?

  ADRIANO GOIO, Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara. Da Damiani Giovanni, dell'ARTA Abruzzo, come associazione.

  PRESIDENTE. Non l'ha fatto, quindi, come agenzia, ma come privato, cioè come ambientalista ?

  ADRIANO GOIO, Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara. Sì, come associazione. Benché con me si comporti come fossimo amici da una vita, è stato sconvolgente che dopo la proposta di archiviazione da parte della procura – essendoci una denuncia, non poteva farlo senza sentire il denunciante – egli si è opposto anche all'archiviazione e ha scritto altre 40 pagine di controdeduzioni perché non ci fosse l'archiviazione. Il giudice, lo stesso del terremoto, un giovane molto serio e attrezzato, di cui adesso mi sfugge il nome, si è guardato tutto di nuovo, si è fatto fare una consulenza da un esperto di Roma e ha concluso che non c'era niente, quindi, alla fine, ha archiviato. Tutto questo mi è costato 7-8 mesi di lavoro, a produrre documenti e a dare spiegazioni. Sono mille le cose che si fanno, ma la domanda a cui in definitiva penso si attendesse risposta riguarda l'anomalia che un commissario di Governo resti in carica per nove anni (sono io il primo a riconoscere ciò), ma bisogna pensare che non sono più lì come commissario di Governo, ma come operatore che deve portare in porto i contenuti della legge n. 10.
  Il rientro in ordinario, previsto con un'ordinanza, che è già stato fatta da un anno e mezzo, prevede che ci sia il passaggio degli atti che rimangono ancora in piedi dal commissario a un funzionario della Regione, che ha chiesto che quel funzionario sia ancora io, per cui il paradosso è che io commissario chiudo gli atti e li trasferisco a me, che li ricevo per conto della Regione. Questo non è un lavoro da commissario ma da...

  PRESIDENTE. Al momento la ringraziamo.

  ADRIANO GOIO, Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara. Sono disponibile per qualsiasi cosa e penserò all'approfondimento relativo alla richiesta della senatrice Nugnes, che credo potrà essere utile a tutti.

  PRESIDENTE. È utile e credo che sia un po’ nello spirito della nostra Commissione: noi non dobbiamo celebrare di nuovo il processo, o celebrarne uno nuovo, perché non ci compete. Dobbiamo provare a ricostruire un po’ il fenomeno, cercando anche di dare un taglio più di carattere «politico» in senso generale. Una serie di questioni che sono capitate, che hanno rallentato o che rallentano, fanno capire anche a noi come affrontare certi fenomeni. Lo ripeto: essendo anche legislatori, qualora intravediamo delle debolezze nel quadro legislativo, ce ne occupiamo anche da questo punto di vista. A noi interessa, quindi, proprio ricostruire il fenomeno. Ovviamente, ci impegniamo anche a tentare di far luce e a dare una mano al pubblico per accelerare i processi.

  ADRIANO GOIO, Commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara. Vi lascio una copia – un po’ datata perché risale fino a qualche anno fa – sulle attività svolte. Presidente, la ringrazio.

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  PRESIDENTE. Ringrazio il nostro ospite. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta, sospesa alle 11, è ripresa alle 13.30.

Audizione del presidente e amministratore delegato di Sogesid, Marco Staderini.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente e amministratore delegato di Sogesid, l'ingegnere Marco Staderini, che ringrazio della presenza. L'audizione rientra nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sul tema delle bonifiche.
  Avverto il nostro ospite che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterrà opportuno, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Vorremmo capire se ci sono stati dei miglioramenti, non solo rispetto alle procedure, ma anche rispetto all'attività. Essendo voi un attore abbastanza importante, perché presente in diversi siti di interesse nazionale, ovviamente vi chiederemo qualche approfondimento.
  La società era stata audita durante la scorsa legislatura. Ora sono cambiati i vertici. Anche in questa legislatura abbiamo necessità di capire come state procedendo.
  Voi ci avete già consegnato una relazione dove sono indicate in maniera abbastanza precisa le attività che state svolgendo nei luoghi principali. Vi chiediamo di non ripetere quello che c’è scritto nella relazione, ma di focalizzarvi sulle questioni che ritenete fondamentali per voi e più significative per l'attività di una Commissione d'indagine. Lo dico subito in premessa.
  Magari ci potete dare anche qualche elemento sulla connotazione attuale della società e sul tipo di rapporto che avete col Ministero dell'ambiente. Sapete bene che c’è stata una discussione sul rapporto tra il ministero e Sogesid riguardo alle assunzioni e all'utilizzo del personale. A noi interessa capire la questione anche da questo punto di vista, perché questa è una Commissione che si occupa, non solo del problema ambientale, ma a tutto tondo dei processi e dei procedimenti.
  Chiederei all'ingegner Staderini di svolgere una breve relazione introduttiva, al termine della quale seguiranno le domande dei commissari. Se ci saranno delle questioni che avremo bisogno di approfondire successivamente, eventualmente sarà nostra cura ricontattarvi.
  Do la parola all'ingegnere Staderini, presidente e amministratore delegato di Sogesid, per lo svolgimento della sua relazione.

  MARCO STADERINI, Presidente e amministratore delegato di Sogesid. Grazie, presidente. Io sono audito per la prima volta in questa Commissione. Sono presidente e amministratore di Sogesid dal settembre del 2014.
  Mi sono fatto accompagnare dai colleghi che hanno seguito e che seguono le bonifiche, in particolare i rifiuti, nella società, perché alle domande tecniche saranno certamente in grado di rispondere meglio di quanto possa fare oggi io.
  Approfittando della richiesta del presidente, voglio dare un quadro di aggiornamento sul ruolo della società.
  Come voi sapete, Sogesid nel 2014, praticamente dall'inizio dell'anno fino all'insediamento del nuovo consiglio, ha sofferto un periodo di assenza dei vertici. Per tanti motivi, si sono dimessi il presidente e il direttore generale. Il consiglio d'amministrazione è andato avanti nell'ordinaria gestione, assicurando le attività correnti della società. Tuttavia, nel corso del 2014 è mancata una capacità propulsiva della società.
  Io sono subentrato nel nuovo consiglio d'amministrazione nel settembre 2014. Il primo impegno assorbente è stato quello di ridefinire il ruolo della società nel rapporto col Ministero dell'ambiente e nel posizionamento sulle attività specifiche della società.Pag. 25
  Per quanto riguarda il discorso dell'assistenza tecnica al Ministero dell'ambiente, come voi sapete, Sogesid nel corso degli anni ha fornito supporto e assistenza al ministero con una serie di persone.
  Abbiamo definito con il ministero un nuovo modo di comportarci, avendo come base di riferimento una convenzione quadro, che regola tutti i rapporti in essere col ministero e con qualsiasi direzione generale. Tale convenzione-quadro è diventata un punto di riferimento anche per le attività che la Sogesid deve svolgere a supporto delle amministrazioni, regionali o locali, che lo desiderano, come riferimento-impianto del rapporto di concessione e di collaborazione.
  Questo ha regolato sia la questione della gestione delle attività del compenso e della fatturazione sia tutti i problemi amministrativi.
  Sono state sviscerate all'osso le tariffe giornaliere. I giornali continuano erroneamente a scrivere che queste tariffe corrispondono alla retribuzione dei dipendenti. Purtroppo, per i dipendenti la retribuzione è molto meno della metà, perché il costo della persona non è lo stipendio lordo. Lo stipendio lordo ha una serie di tassazioni, oneri sociali, INPS eccetera, che praticamente lo raddoppiano.
  Le tariffe sono state definite con riferimento al Contratto nazionale della categoria gas e acqua, che è quella di riferimento di Sogesid, con le figure professionali delle varie qualifiche (sesto livello, settimo livello, ottavo livello) in dipendenza dell'esperienza pregressa e dell'anzianità di servizio, alle quali non si è aggiunto altro che gli oneri connessi del costo del personale, dividendo poi per il numero dei giorni lavorativi, che sono stati definiti in 214, detratti i sabati, le domeniche, le ferie e i cinque giorni medi di malattia.
  Questi 214 giorni lavorativi, peraltro, sono un punto di riferimento massimo per il ministero, nel senso che, se un dipendente non si ammala per cinque giorni, lavorerà 219 giorni, ma sarà pagato per 214.
  Viceversa, nell'ipotesi in cui un dipendente, per sciare, per giocare a calcetto o meglio per una maternità, si assenta e manca dal servizio per più tempo, verrà fatturato il suo lavoro al costo definito dalla tariffa per i giorni in cui effettivamente è stato presente, mentre ovviamente il costo per la società sarà quello continuativo.
  Ho concluso il mio discorso con riferimento alle tariffe. Ovviamente, se ci sono esigenze di chiarimenti, ci torneremo.
  Il secondo grande aspetto di diversità è che non vogliamo lasciare ombra al concetto del body shopping o della prestazione di manodopera. Abbiamo impostato il rapporto concessorio e il lavoro con le direzioni generali nel senso che il personale della società lavora per il ministero, sulla base degli obiettivi che il ministero dà alla società, non alle persone fisiche che fanno parte del gruppo di lavoro.
  Questa impostazione metodologica dovrebbe garantire tutti dall'accusa di aver violato, da parte del ministero, le regole sull'assunzione pubblica e, da parte nostra, il compito di fornire semplicemente manodopera. Questo è il secondo aspetto molto importante.
Abbiamo fatto una selezione, che ha riguardato tutte le persone che già erano oggetto di selezione. Stiamo parlando di un paio di centinaia di persone. Sono in corso i concorsi.
  Per dare il massimo di trasparenza anche all'esterno, abbiamo instituito delle commissioni esaminatrici, che sono costituite da un presidente, che mi è stato indicato dal comando dei Carabinieri, in particolare dal NOE; da un professore tecnico della materia, che mi è stato indicato dal rettore dell'Università La Sapienza di Roma; e dal dirigente della società che guida quel settore di competenza.
  Non c’è nessun rapporto nell'individuazione dei direttori generali, che era una delle accuse che nel passato venivano formulate riguardo all'assunzione del personale.Pag. 26
  Questo è un percorso che è in corso. Per alcune direzioni generali si è completato, per altre si sta svolgendo.
  Il personale che verrà individuato all'esito dei concorsi verrà inserito in società con il nuovo contratto a tutela crescente previsto dal Jobs Act. Questa è una forma di garanzia per la persona, certamente migliore e superiore di quella che ha avuto nel passato con contratti a tempo che, per loro natura, hanno sempre avuto necessità di rivisitazione. Questo è un contratto di stabilità che, nel perdurare dell'esigenza del ministero delle attività che vengono richieste alla società, continuerà a permanere.
  Essendo un personale della società, naturalmente opererà anche per progetti trasversali, che aiuteranno il ministero per una maggiore connettività tra le varie direzioni generali.
  Per quanto riguarda le attività diverse che Sogesid deve assicurare, che sono quelle relative ai settori di intervento, più specificamente al ciclo idrico, al settore delle bonifiche, al settore dei rifiuti e al dissesto idrogeologico, la società intende posizionarsi in un ruolo di supporto all'autorità politica nella fase di pianificazione degli interventi.
  È la politica che sceglie la priorità degli interventi da fare. Noi dobbiamo essere nelle condizioni di fornire uno strumento che individui costi, tempi e risultati. In seguito, la politica sceglie il tipo di intervento da attivare prioritariamente ai vari livelli in cui si esprime: nazionale, regionale o locale.
  Il secondo ruolo che la società può e deve svolgere al massimo livello è lo studio di fattibilità, il cosiddetto «progetto preliminare». Si tratta del ruolo più delicato, perché richiede tutti gli approfondimenti tecnici, i sondaggi, le verifiche del suolo e tutte le condizioni per far sì che quell'ipotesi diventi un'effettiva possibilità di realizzare l'opera.
  Da quel momento si parte con una progettazione esecutiva e definitiva, che viene affidata al mercato, ovvero alle migliori risorse scientifiche del Paese risultate vincitrici di una gara pubblica. In seguito, c’è l'affidamento dei lavori.
  Sogesid, come braccio armato della pubblica amministrazione centrale, cioè del Ministero dell'ambiente, deve essere in grado di assicurare che il progetto A è quello che può essere realizzato e che tutte le condizioni a contorno sono risolte.
  A quel punto parte la progettazione e si procede verso la conclusione dei lavori, senza più dover incorrere nel problema, emerso di frequente, che un'opera parte e ci si accorge durante il cammino che forse bisogna fare delle modifiche in corso d'opera. Questo comporta un allungamento dei tempi, una rivisitazione dei prezzi e quant'altro è necessario.
  Il fatto di mantenersi nella parte alta della progettazione, lasciando la parte esecutiva e definitiva dei progetti alla capacità professionale del mercato, ovvero degli operatori locali e nazionali, degli studi professionali eccetera, migliorerà il processo che porta alla conclusione dei lavori.
  La società ha la possibilità – questa è una scelta che verrà fatta di volta in volta – di funzionare da stazione appaltante. La stazione appaltante è particolarmente importante nel settore delle bonifiche e forse richiederebbe un supporto normativo che consenta di gestire meglio le problematiche connesse alle bonifiche.
  Credo che questo sia un tema all'esame anche del presidente Cantone. Il ruolo della società può esserci. Noi siamo pronti e possiamo farlo. Naturalmente è una decisione che di volta in volta verrà definita.
  Con questa logica, ho definito con alcune regioni delle convenzioni-quadro, che sono una mutuazione di quella che è stata definita con il ministero, con le stesse regole, con le stesse tariffe e con gli stessi costi, senza incertezze.
  Ciò darà la possibilità a qualunque regione di affidare a Sogesid, come soggetto in house del Ministero dell'ambiente, ovviamente insieme al ministero stesso, quella tipologia di attività che vi ho descritto, lasciando perdere quelle che nel passato hanno impegnato la società e di Pag. 27cui c’è traccia anche in questa relazione di cui si è parlato, che sono attività che seguono quelle che ho esposto.
  L'ingegnere Brugiotti, direttore del settore bonifiche, e l'ingegnere Carecchio, responsabile del settore rifiuti e dissesto idrogeologico, hanno messo su carta lo stato d'avanzamento delle nostre attività in questi settori, così come ci era stato indicato. Naturalmente siamo pronti, se necessario, a integrare o a esibire altra documentazione. Io stesso sono disponibile ad ampliare, sulla base delle domande e degli approfondimenti che chiederete, quello che ho esposto.
  Vi chiedo venia, ma per entrare nel dettaglio sono molto più ferrati loro. Spero in un prossimo periodo di essere padrone anche delle informazioni contenute nel documento, per poterne parlare direttamente. Adesso è preferibile che io ceda la parola a loro, se dobbiamo entrare nel discorso.
  Presidente, mi affido a lei. Se devo integrare qualcosa sono a disposizione.

  PRESIDENTE. Va benissimo. In seguito, come ho detto, ci saranno delle domande. Non è il caso che i suoi collaboratori ripetano ciò che è contenuto nel documento, che ci è stato mandato ed è stato trasmesso ai capigruppo.
  Chiedo loro di farci un focus sulle questioni che ritengono più significative. Dopodiché se è necessario, verranno poste delle domande.

  ENRICO BRUGIOTTI, Direttore settore bonifiche di Sogesid. Ci siamo attenuti all'elenco inviatoci, che si concilia anche con le attività che abbiamo in corso in questo momento. Io parlerò della Campania e del Sud, mentre l'ingegnere Carecchio parlerà degli interventi al Nord.
  In Campania siamo impegnati essenzialmente in tre convenzioni: l'accordo di programma per le compensazioni ambientali, firmato da Ministero dell'ambiente e Sogesid, con il controllo della regione Campania; la convenzione con il Commissario delegato ex OPCM n. 3891 del 2010 per l'area vasta; e la convenzione per Napoli orientale.
  Riguardo alle compensazioni ambientali, la Sogesid ha due attività, una sulle bonifiche e una sul ciclo integrato delle acque.
  Sulle bonifiche ci sono circa diciotto interventi finanziati direttamente dal Ministero dell'ambiente, di cui la Sogesid è progettista e stazione appaltante, e un intervento sulle bonifiche, dove la Sogesid non è stazione appaltante (probabilmente lo sarà il Provveditorato alle opere pubbliche), ma è soltanto progettista.
  Gli interventi più significativi sulle compensazioni ambientali nel campo delle bonifiche sono: la discarica di Castel Volturno della SOGERI, la discarica di Parco Saurino nel comune di Santa Maria La Fossa e la discarica di Caserta.
  Ci sono poi degli interventi più piccoli di rimozione rifiuti. Di queste attività, nove gare sono state espletate. Quasi tutti i lavori sono iniziati e alcuni sono terminati, tipo quelli del Foro Boario Maddaloni.
  A Caserta è stato attuato tutto il piano di caratterizzazione redatto da ARPAC. Durante la presentazione e la validazione di questo piano di caratterizzazione è stata richiesta un'integrazione di indagini, prevalentemente per la ricerca di elementi radioattivi, non sulla superficie della discarica ma sulle carote che erano state effettuate. Infatti, si presuppone che, se fossero stati sepolti elementi radioattivi, li ritroveremmo più sulle carote che non sulla superficie.
  Inoltre, con l'Università Federico II di Napoli...

  ALBERTO ZOLEZZI. A quale discarica si riferisce ?

  ENRICO BRUGIOTTI, Direttore settore bonifiche di Sogesid. Mi riferisco alla discarica Lo Uttaro di Caserta.
  Si farà anche un'indagine sul trizio, per vedere se c’è un passaggio di percolato dalla discarica alla falda. Il trizio è un tracciante. Come si è letto sui giornali, era stato trovato il trizio nella discarica. Se lo troviamo nel percolato e nella falda, probabilmente c’è un passaggio tra la discarica e la falda.Pag. 28
  Inoltre, è stato richiesto dalle associazioni ambientaliste locali di allargare l'indagine a un perimetro di 500 metri intorno alla discarica e di coinvolgere altri comuni, tipo quello di Santa Maria La Strada.
  Queste indagini integrative inizieranno ufficialmente giovedì mattina. Ci sarà la consegna dei lavori, durante la quale saranno presenti anche i sindaci di questi comuni interessati.
  Quello relativo a SOGERI è un problema abbastanza serio. La gara è stata bandita e siamo in fase di verifica della congruità delle offerte. È una messa in sicurezza di emergenza. Con i sicuri ribassi d'asta, si farà anche la messa in sicurezza permanente. C'era una differenza di un milione. Le somme sono state destinate ai comuni, con accordi tra i singoli comuni e il ministero. Le cifre erano quelle.
  In questo momento sono stati approvati sia il progetto preliminare di messa in servizio permanente che il progetto definitivo di messa in sicurezza d'emergenza, che si concluderà subito dopo la prima fase di gara.
  Parco Saurino 1 e 2 è una discarica del comune di Santa Maria La Fossa. La gara sta per essere bandita.
  Delle compensazioni ambientali, su diciotto interventi per nove sono state assegnate le gare, i lavori sono partiti e alcuni sono terminati.
  Ci sono poi quattro gare a Castel Volturno e a Terzigno. A Terzigno è stato installato un sistema di videosorveglianza successivo alla rimozione rifiuti, perché avevano delle somme assentite. Le gare riguardavano la rimozione dei rifiuti abbandonati nel territorio comunale e l'installazione di un impianto di videosorveglianza. L'impianto di videosorveglianza è stato fatto in stretta correlazione con la polizia e con i carabinieri e verrà poi affidato in gestione ai vigili urbani e ai carabinieri del comune di Terzigno.
  Ci sono poi due gare in corso a Savignano Irpino: una bonifica d'amianto e una riqualificazione di un'area ex PDZ.
  Inoltre, c’è la bonifica della discarica di cava Ranieri, che è una gara in corso. Si tratta di una discarica in una cava presa in affitto da un privato. C’è una sentenza del TAR, che obbliga il comune a ripulire questa cava. Il progetto è stato fatto. La gara è in corso e domani c’è la prima seduta.
  Le progettazioni ancora da finire sono poche. Nel comune di Fragneto Monforte, nel beneventano, c’è una messa in sicurezza. Il comune ha cambiato alcune volte l'oggetto del progetto. Adesso hanno richiesto un'indagine di caratterizzazione delle aree limitrofe a un deposito di 80.000 ecoballe, che in parte sono andate a fuoco nel corso degli ultimi anni. Questo deposito di ecoballe è della Fibe e attualmente è in gestione alla Sapna.
  La somma disponibile assentita al comune è di 1,7 milioni di euro. Prima volevano il consolidamento di una strada, poi la regimentazione delle acque.
  Noi lavoriamo in stretto contatto con la regione. Le conferenze dei servizi vengono svolte alla regione Campania. Noi presentiamo i progetti, che vengono analizzati e approvati nella conferenza dei servizi, a cui partecipano l'ARPAC, l'ASL, il Genio civile e tutti gli enti coinvolti.
  L'ultima versione di questo progetto, approvata in un tavolo tecnico che c’è stato alla regione, consiste nel fare una caratterizzazione e rimuovere parte delle ecoballe fino alla somma consentita.
  Tenete presente che il comune aveva già fatto un progetto. Per la rimozione totale delle ecoballe necessitavano di circa 8 milioni di euro. Pertanto, c’è la richiesta da parte della regione di integrare queste somme per completare questa attività.
  Analoga è la situazione di Eboli, che è un progetto ancora in gestazione. Era un deposito di rifiuti. Hanno chiesto di metterlo in sicurezza. Noi abbiamo spiegato loro che un deposito di rifiuti non è una discarica, quindi qualcuno avrebbe dovuto trasformare quel deposito in discarica.
  In questo momento, ci è stato richiesto di aggiornare la caratterizzazione, perché quella vecchia risaliva al 2006, e di rinviare Pag. 29la decisione sull'intervento da fare a un momento successivo alla caratterizzazione stessa.
  A Caserta, come ho spiegato, stiamo completando la caratterizzazione. Dopodiché, andrà affinato il progetto preliminare, che è stato già presentato. Abbiamo riservato la stesura del progetto definitivo al completamento della caratterizzazione.
  C’è un telo di fondo. La falda superficiale è a circa 1,5 metri dal telo di fondo. Abbiamo fatto anche delle perforazioni suborizzontali, perché in un'intercettazione della magistratura – si tratta di un sito sequestrato – l'allora direttore tecnico dei lavori di coltivazione della discarica diceva che sotto il telo c'era «la schifezza». Questa «schifezza» sarebbe sotto il telo della discarica, a un metro dalla falda.
  Pertanto, stiamo facendo le indagini supplementari in accordo con la magistratura. Infatti, siamo stati con l'assessore Romano dal magistrato. Vogliamo completare questa analisi del trizio e del deuterio, per capire se effettivamente questo telo c’è e regge. Altrimenti, occorrerà procedere alla messa in sicurezza, quindi al riempimento con terreno vegetale della parte vuota, al livellamento della discarica e alla copertura con la solita rete di biogas e percolato. Se ci fossero risposte di altra natura, invece, bisognerebbe spostare questi rifiuti, alzare il telo, vedere che c’è sotto e rimuoverlo. Pertanto, ci siamo riservati di scegliere il progetto definitivo al completamento di queste attività.
  Forse mi è sfuggito qualcosa, perché qualche intervento è stato seguito dalla collega Carecchio.
  L'ultimo intervento di cui non siamo stazione appaltate, ma solo progettisti è quello riguardante Sant'Arcangelo Trimonte, dove c’è una discarica consortile sopra e una sotto...

  PRESIDENTE. Noi abbiamo visto la discarica costruita in fase di emergenza, che stava scendendo.

  ENRICO BRUGIOTTI, Direttore settore bonifiche di Sogesid. Se volete, vi forniremo una relazione più dettagliata, perché abbiamo alcune pagine su questa attività.
  Quella discarica era gestita dalla Daneco Impianti. Era una discarica molto grande che stava franando a valle, verso altre due discariche, quella comunale e quella consortile.
  Il progetto vecchio prevedeva che le due discariche più piccole, che hanno circa 40.000 metri cubi di rifiuti, sarebbero state riportate all'interno della discarica principale. La Sapna, attraverso la Daneco impianti, aveva iniziato un lavoro di consolidamento per circa 12 milioni. In seguito, questi lavori si sono interrotti a 3-4 milioni di intervento. Hanno fatto alcuni interventi di consolidamento.
  Noi abbiamo affermato in più tavoli tecnici che, prima di progettare l'intervento a valle, avremmo voluto avere certezza che la discarica a monte non franasse su quella a valle, anche perché il comune di Sant'Arcangelo Trimonte lamentava un'eccessiva produzione di percolato dalla discarica piccola. Visto che la quantità di rifiuti della discarica piccola non giustificavano le quantità di percolato che lamentava il comune, che lo smaltiva poi a spese sue nella discarica consortile e comunale, abbiamo acquisito il progetto della Sapna, che è il vecchio progetto della Daneco impianti.
  Nell'ultima riunione che c’è stata quindici giorni fa a Benevento, ci hanno richiesto di fare delle indagini geotecniche. Infatti, spingendo la discarica a monte, spingono anche le due più piccole a valle. Di conseguenza, prima di pensare a un intervento, si è stabilito di fare alcune indagini geotecniche per capire qual è la situazione di queste due discariche a valle.
  Da quello che ho capito – chiedo scusa se non sono sicuro al 100 per cento – la Sapna ha richiesto il dissequestro della discarica e la possibilità di continuare a coltivarla.
  Siccome ha ancora la possibilità di abbancamento di 200.000-300.000 metri cubi di rifiuti, noi stiamo aspettando, oltre alle indagini che comunque faremo, una decisione in merito. Se autorizzano questo tipo di attività, la cosa più semplice sarebbe Pag. 30prendere i 40.000 metri cubi che stanno nelle due discariche a valle e, come prevedeva il vecchio progetto originario, metterli nella discarica principale. Altrimenti, la soluzione alternativa è fare il capping e la solita attività di messa in sicurezza.
  Questo è il quadro delle compensazioni ambientali.
  Il secondo gruppo di attività che facciamo in Campania sono quelle relative all'area vasta, quelle in capo al commissario De Biase.
  Abbiamo attuato il piano di caratterizzazione redatto da ARPAC. Il primo stralcio riguardava l'area ex Resit. Abbiamo unificato, per fare un'unica gara, il secondo e il terzo stralcio, che riguardavano l'area della Masseria del Pozzo Schiavi, Fibe, San Giuseppiello e tutte quelle zone lì.
  In seguito, abbiamo fatto la gara del quarto stralcio, concernente l'area della Fibe. Il Commissario ha vinto il ricorso al TAR contro la Fibe e, quindi, quest'ultima era obbligata a caratterizzare l'area. Alla fine l'ha fatto la Sogesid e la Fibe ha rimborsato il Commissario, che poi ha pagato la Sogesid.
  La caratterizzazione ha riguardato sia l'area vasta che la super area vasta. Infatti, Il consulente tecnico d'ufficio (CTU) della DDA di Napoli, Balestri, aveva chiesto un'area di circa 220 ettari. La super area vasta di Balestri è di circa 2.000 ettari. Pertanto, nel campionamento abbiamo censito tutti i pozzi e i piezometri che c'erano, allargandoci nell'area indicata dal CTU della procura, oltre all'area strettamente vasta di 220 ettari.
  Peraltro, questa ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri vede il commissario lavorare in stretta correlazione con la magistratura. Il commissario De Biase è incaricato di tenere rapporti con la magistratura, a cui manda tutte le risultanze dell'attività.
  Ha collaborato con il commissariato e anche con noi l'Istituto superiore di sanità, che ha redatto sia le analisi di rischio sia lo studio sui prodotti ortofrutticoli.
  Inoltre, abbiamo fatto le tre cose più importanti: il progetto di messa in sicurezza della discarica Resit, il progetto di messa in sicurezza della discarica Masseria del Pozzo Schiavi e il progetto di messa in sicurezza della discarica Novambiente.
  Per la Resit c’è stato un progetto preliminare e un progetto definitivo. È stato messo in gara il progetto definitivo.
  Per quanto riguarda, invece, i progetti per la discarica Masseria del Pozzo Schiavi e per la discarica Novambiente, nella conferenza di servizi tenutasi al Ministero dell'ambiente è stato richiesto alla Sogesid, anche dal commissario delegato, di mettere in gara il progetto preliminare, al fine di accelerare i tempi. Questo va bene, perché non differisce tecnologicamente molto dagli altri due.
  Sulle problematiche inerenti la Resit, forse il presidente vorrà dire qualcosa, se interessa.

  PRESIDENTE. Io mi fermerei qui per quanto riguarda la Campania. C’è anche una parte sulla Sicilia. Vorremmo un focus sulla Caffaro a Brescia e sulla discarica di Pioltello-Rodano. Ci interessa capire la situazione di questi due posti.

  SILVIA CARECCHIO, Dirigente settore rifiuti di Sogesid. Rispetto alle richieste che ci sono pervenute per quanto riguarda la parte Nord, purtroppo – vi chiedo scusa – due dei tre siti di interesse nazionale (SIN) sono abbastanza datati. Parliamo del SIN di Pioltello-Rodano e di quello di Mantova.
  Per quanto riguarda Pioltello-Rodano, la Sogesid ha agito sulla messa in sicurezza e sulla bonifica delle acque di falda. A seguito di una convenzione sottoscritta nel dicembre 2009, sono stati redatti e consegnati prima un progetto preliminare e poi un progetto di bonifica della falda, comprensivo del modello idrogeologico. Ciò è avvenuto alla fine del 2011.
  Dal 2011 in poi si sono succeduti svariati tavoli tecnici e conferenze di servizi, in cui si è preso atto delle nuove caratterizzazioni che si sono svolte e dei nuovi risultati ottenuti, nonché delle caratterizzazioni che ancora devono avere luogo.Pag. 31
  I vari soggetti del tavolo tecnico hanno condiviso la necessità di rivalutare la strategia di intervento per la bonifica della falda. In particolare, è emerso che la nuova strategia sembrerebbe non contemplare la realizzazione di un intervento unitario di messa in sicurezza e bonifica delle falde dell'intero SIN. Si tratterebbe, piuttosto, di verificare l'attribuibilità dei superamenti ai fenomeni continui di contaminazione diffusa e di valutare se c’è soltanto la necessità di intervenire con messe in sicurezza puntuali nelle aree di generazione della contaminazione.
  Pertanto, la Sogesid ha interrotto le attività nel 2011.

  PRESIDENTE. Dunque, voi dal 2011 non state lavorando ?

  SILVIA CARECCHIO, Dirigente settore rifiuti di Sogesid. Non stiamo lavorando sul progetto di messa in sicurezza della falda.
  Per quanto riguarda, invece, il secondo punto da lei sollecitato, inerente la discarica, la Sogesid in questo caso è intervenuta soltanto come direzione dei lavori. Voi sapete che la direzione dei lavori è un incarico ad personam. Era stato incaricato direttamente il vecchio direttore generale della Sogesid.

  PRESIDENTE. Chi era ?

  SILVIA CARECCHIO, Dirigente settore rifiuti di Sogesid. Era l'ingegner Fausto Melli, che in questo momento non fa più parte della nostra società. Vi chiedo scusa, ma non ho informazioni per potervi rispondere e per potervi dare un aggiornamento. Vi possiamo fare avere in qualsiasi momento un aggiornamento sulle informazioni che noi deteniamo.
  Per quanto riguarda i laghi di Mantova e il polo chimico, abbiamo una situazione analoga. Noi abbiamo terminato tutte le attività nel 2013, iniziandole nel 2007.
  Abbiamo fatto uno studio di fattibilità per la messa in sicurezza e la bonifica della falda. Nel 2009, abbiamo fatto un piano di indagini geognostiche, geotecniche e ambientali, propedeutiche alla progettazione. Nel 2010 è stato redatto il progetto preliminare degli interventi.
  Nel 2011, con un'integrazione nel 2013, abbiamo fatto un progetto definitivo del primo stralcio funzionale, relativo a una piccola area del SIN in cui si sono rilevate le maggiori criticità dal punto di vista della contaminazione della falda.
  Nel 2012 la Sogesid ha consegnato il progetto, con le integrazioni che sono state approvate in conferenza di servizi nel settembre 2013. Pertanto, le attività della Sogesid su Mantova per il momento sono terminate.
  Per ciò che concerne, invece, il SIN di Brescia-Caffaro, le attività della Sogesid sono attualmente in corso.
  La convenzione sottoscritta con il Ministero dell'ambiente, con la regione Lombardia e con il comune di Brescia prevede svariati interventi.
  Il primo è lo studio di fattibilità per la realizzazione degli interventi di messa in sicurezza e bonifica della falda.
  Il secondo è la realizzazione di un primo stralcio funzionale relativo agli interventi di messa in sicurezza di emergenza delle rogge, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili per l'intervento.
  Il terzo è l'avvio degli interventi di messa in sicurezza di emergenza delle aree di proprietà pubblica. Si tratta di due aree specifiche: un parco pubblico, il parco di Passo Gavia, e un piccolo tratto della pista ciclabile.
  Il quarto è la realizzazione del primo stralcio funzionale relativo agli interventi di messa in sicurezza di emergenza delle aree private residenziali, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili per l'intervento.
  In ultimo, sono previsti l'avvio degli interventi di messa in sicurezza di emergenza delle acque di falda e la progettazione degli interventi di messa in sicurezza permanente delle discariche di via Caprera.
  Tutto questo è localizzato nel comune di Brescia.
  Per quanto riguarda lo stato di avanzamento delle attività, a oggi è stato consegnato Pag. 32e approvato ed è in corso di pubblicazione il bando di gara per l'avvio degli interventi di messa in sicurezza del parco di Passo Gavia.
  Per ciò che concerne la pista ciclabile, il progetto è stato consegnato e istruito presso il Ministero dell'ambiente. Prima di procedere all'avvio delle attività di messa in sicurezza, si è ritenuto necessario integrare e approfondire le indagini di caratterizzazione che erano state svolte qualche anno fa dall'ARPA.
  La Sogesid ha bandito la gara per l'affidamento delle attività. All'atto dell'avvio delle attività e dei primi carotaggi che sono stati eseguiti dall'impresa che ha vinto la gara, si è trovata una situazione un po’ particolare. Invece del terreno, è stato identificato del materiale di riporto, che è definibile come loppa d'altoforno e, dunque, classificabile come rifiuto.
  Le indagini sono state interrotte. La Sogesid ha richiesto un tavolo tecnico. Ovviamente è stata condivisa con il ministero e con tutti gli altri enti la necessita di procedere a una nuova caratterizzazione dell'area e a un ulteriore approfondimento delle indagini, per capire a questo punto come procedere alla messa in sicurezza.

  PRESIDENTE. Ci faccia capire quest'aspetto. L'ARPA aveva fatto una prima caratterizzazione...

  SILVIA CARECCHIO, Dirigente settore rifiuti di Sogesid. Nei primi 30 centimetri.

  PRESIDENTE. Presumo che dopo abbiate fatto una gara e abbiate assegnato i lavori a un'impresa, la quale a sua volta abbia fatto una caratterizzazione usando i propri laboratori.

  SILVIA CARECCHIO, Dirigente settore rifiuti di Sogesid. Il problema si è evidenziato già in fase di carotaggio. Ovviamente era presente anche l'ARPA. Purtroppo nei punti in cui noi abbiamo fatto il carotaggio non c'era terreno, ma materiale di riporto.

  PRESIDENTE. L'ho capito. Mi chiedo cosa facesse l'ARPA mentre facevano queste cose.

  SILVIA CARECCHIO, Dirigente settore rifiuti di Sogesid. L'ARPA ha localizzato i carotaggi in alcuni punti della pista. Noi abbiamo avuto la sfortuna di partire da un'altra zona, che all'epoca non era stata caratterizzata da ARPA.
  Probabilmente, essendoci un dislivello – si tratta di 300 metri di pista ciclabile – parte di questa zona, soprattutto la parte bassa, da cui noi siamo partiti per le indagini, è stata livellata con questo materiale di riporto. Pare sia usuale trovarlo nella zona di Brescia.
  A quel punto, per noi cambiava completamente l'intervento di messa in sicurezza. Inizialmente il progetto da noi presentato, che doveva essere realizzato, prevedeva di rimuovere i primi 50 centimetri di terreno, fare le analisi di fondo scavo per vedere la contaminazione e, se c'era ancora contaminazione, approfondire di cinque altri 50 centimetri.
  Si è deciso di fare prima le indagini per non dover bloccare il cantiere lasciando aperto tutto dopo 50 centimetri e per cercare di capire da subito a che punto arrivare.
  Quando siamo arrivati lì, abbiamo capito che la situazione era completamente diversa. Infatti, Sogesid ha predisposto un nuovo piano di indagini su tutta l'area, che adesso dobbiamo ridiscutere e ripresentare al tavolo degli enti sottoscrittori, perché ovviamente la strategia di intervento di messa in sicurezza cambierà in maniera sostanziale.
  Per quanto riguarda, invece, le rogge, abbiamo consegnato il progetto, che è passato in conferenza dei servizi. Sono state richieste prescrizioni e integrazioni, in particolare perché, in concomitanza con quest'intervento, l'Ente regionale per i servizi all'agricoltura e alle foreste (ERSAF) sta portando avanti un progetto sperimentale di bonifica delle aree agricole e ci ha richiesto di utilizzare parte delle rogge che verranno messe in sicurezza per irrigare questi campi.
  Di conseguenza, sono stati effettuati alcuni interventi integrativi sul progetto, per inserire delle paratoie e per permettere la deviazione del flusso dell'acqua. Pag. 33Adesso abbiamo consegnato il nuovo progetto, che attende di essere istruito, per poi passare alla fase attuativa.
  L'ultimo intervento è quello della messa in sicurezza delle discariche di via Caprera. Per questo intervento non è ancora stato dato alcun avvio.
  In base alla convenzione, la Sogesid avrebbe dovuto occuparsi principalmente della progettazione e della messa in sicurezza permanente della discarica.
  Nel tavolo tecnico ci si è posto il ragionevole dubbio che fosse più importante utilizzare questi fondi, non per la progettazione, ma per interventi di messa in sicurezza d'emergenza.
  A questo punto, si è deciso di attendere i risultati delle nuove caratterizzazioni di ARPA sulla falda, per stabilire se fosse meglio utilizzare i fondi per intervenire immediatamente oppure per procedere alla progettazione.
  I risultati di ARPA sono arrivati un mese e mezzo fa. Di fatto, non ci sono grandi variazioni rispetto alle analisi precedenti. Pertanto, siamo in attesa di ricevere dal tavolo dei sottoscrittori l'indicazione di procedere con la progettazione oppure di intervenire con la messa in sicurezza.

  PRESIDENTE. In seguito, faremo un approfondimento sulla Resit.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MIRIAM COMINELLI. Vi ringrazio dell'esposizione e della relazione che ci avete dato. Io faccio riferimento alle affermazioni di Cantone riguardo alla Resit di Giugliano e ai dubbi da lui sollevati.
  Vi chiedo se è stata messa in campo una verifica delle cose fatte nel passato da parte della Sogesid, anche per autotutelarsi rispetto ad altri fenomeni di questo tipo.
  Voi avete citato nel dettaglio il vostro rapporto con il Ministero dell'ambiente. Tuttavia, una parte rilevante della vostra azione consiste nel rapportarsi con gli enti territoriali. Oltre alle convenzioni-quadro, c’è la possibilità di migliorare questo tipo di rapporto ? C’è qualche altra ipotesi in tal senso ?
  Su Brescia ha già detto molto. Vorrei solo una vostra opinione riguardo all'utilità dell'istituzione della figura commissariale. Può essere un momento di raccordo delle diverse azioni da mettere in campo per il SIN ?

  PAOLA NUGNES. Neanch'io mi dilungherò, perché gli argomenti sono troppi. Colgo l'occasione per ribadire la necessità espressa dal presidente di fare dei focus specifici sui vari argomenti.
  Ciò che mi sfugge è la posizione del Governo sul passaggio dai SIN ai SIR. Da quello che mi risulta, gli impegni presi non vengono meno, almeno nella gestione dell'iter, se non nel finanziamento.
  Per quanto riguardo il sito di Pianura, noi abbiamo delle date che sono molto precedenti al 2013. Abbiamo notizia dell'attività della SOGIN, che si ferma al 2008-2009. Abbiamo fatto anche delle interrogazioni e siamo stati presso il Ministero dell'ambiente per avere maggiori informazioni, ma purtroppo non siamo assolutamente riusciti ad avere null'altro che quello che è riportato dalla vostra documentazione. Il ministero ci ha detto testualmente che non era riuscito a sapere altro da voi.
  Io approfitto dell'occasione e vi chiedo cosa è successo a Pianura dal 2008 al 2009.

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  MARCO STADERINI, Presidente e amministratore delegato di Sogesid. Parliamo di Resit. Il presidente Cantone ha mandato a Sogesid un'articolata lettera, in cui contesta l'affidamento a Tre Erre, in raggruppamento con Italrecuperi, per una serie di motivazioni.
  Io mi sono immediatamente reso disponibile ad adottare la linea suggerita dal presidente Cantone, nella consapevolezza della difficoltà, che gli ho esposto, di Pag. 34arrivare a una situazione che garantisse la messa in sicurezza dell'area nei tempi più brevi possibili.
  In merito alla gara che è stata avviata nel 2013 e che si è conclusa con la sottoscrizione dei contratti nel luglio del 2014, la situazione è la seguente. La gara è stata vinta, perché gestita al prezzo più basso, dal raggruppamento Tre Erre-Italrecuperi. Il prezzo più basso aveva uno sconto del 45 per cento. Sicuramente era un grandissimo sconto, ma non troppo diverso dal secondo, che era del 42 per cento (lo 0,6 per cento in meno).

  LAURA PUPPATO. Sbagliate i conti voi.

  MARCO STADERINI, Presidente e amministratore delegato di Sogesid. Forse sbagliamo i conti noi, oppure, purtroppo, ciò è dovuto al fatto che adesso c’è una tale esigenza di lavorare che si lavora anche sottoprezzo e ci sono difficoltà.
  Questo è uno dei temi che vanno risolti, perché se si fa una gara al prezzo più basso, ci si scontra con una logica del genere. Se, invece, si fa una gara per il progetto economicamente più vantaggioso, si presta il fianco a quell'iter di ricorsi e controricorsi che rende impossibile eseguire l'opera.
  Bisogna trovare una soluzione a questo problema nazionale, che non riguarda solo questo settore. Forse per le bonifiche converrebbe trovare una disciplina per cui si può fare il ricorso, ma, se non si dà la sospensiva, il lavoro va avanti. In seguito si pagheranno i danni se la gara è stata affidata male, ma il lavoro deve andare avanti.
  Comunque, questo è un tema che riguarda la norma e, quindi, è difficile che io possa esprimermi in tal senso.
  Per quanto riguarda Resit, come dicevo, l'offerta del 42 per cento più bassa della base d'asta è stata sottoposta a una perizia di congruità, che la società ha affidato a una commissione costituita dall'ingegner Brugiotti e da due dirigenti del Consiglio superiore dei lavori pubblici, i quali l'hanno giudicato congrua.
  Vista la rilevanza della zona e l'ottica con cui ci si poneva, è stata fatta un'analisi molto attenta, chiamando i singoli subfornitori a produrre le offerte che erano state alla base dell'offerta del consorzio che aveva vinto.
  In seguito, la società ha richiesto alle prefetture di Roma e di Napoli le valutazioni, che sono state regolarmente date. Il contratto è stato sottoscritto a luglio.
  Nel mese di novembre è emerso il tema di Mafia capitale. Alcuni nomi implicati in quella vicenda, almeno a livello giornalistico, erano presenti anche negli organi dei due consorzi.
  In questo senso, abbiamo chiesto di nuovo alle prefetture di Roma e di Napoli se fossero a conoscenza di qualche notizia diversa da quelle che erano state fornite qualche mese prima, che ci potesse indurre a non proseguire nell'attività.
  Abbiamo chiesto la stessa cosa al commissario Cantone, il quale ci ha risposto in anticipo rispetto alle due prefetture, con la lettera che è finita sui giornali.
  Io ho incontrato il presidente e abbiamo affidato al commissario una richiesta di parere all'Avvocatura dello Stato su quale fosse l'iter migliore per risolvere il problema, anche alla luce delle osservazioni che le due società hanno rivolto in ordine agli appunti che gli erano arrivati dall'ANAC.
  Alcune risposte sono state fornite. Tutto è alla valutazione dell'Avvocatura dello Stato, che ci deve indicare, in accordo con il commissario e col presidente Cantone, quale soluzione individuare per proseguire nell'opera sulla Resit.
  Per ciò che riguarda i rapporti con le regioni, io, come dicevo, ho cominciato con quattro regioni e sto proseguendo con altre due. L'obiettivo è quello di farlo a tappeto, per creare un modo di operare comune a livello nazionale.
  Ho anche sottoscritto un accordo con l'ANCITEL, che è la società a servizio dell'ANCI, per mettere insieme delle attività di studio e di programmazione, per vedere in che modo la collaborazione delle due società possa essere fruttifera di obiettivi positivi anche per le amministrazioni più basse della regione, ossia a livello di comuni.Pag. 35
  La prima attività che stiamo svolgendo è la mappatura di tutte le banche-dati territoriali, che possono arricchire il geoportale nazionale e renderlo uno strumento effettivamente a servizio dell'intera comunità e non solo del Ministero dell'ambiente e di poche altre connessioni. Si parte, col supporto dell'ANCI, dalla situazione locale.
  Non ricordo più quale domanda è stata posta riguardo al commissario.

  PRESIDENTE. La collega chiedeva se la nomina di un commissario potrebbe favorire i processi.

  MARCO STADERINI, Presidente e amministratore delegato di Sogesid. Se un commissario avesse dei poteri, sarebbe sicuramente un fatto positivo, perché si supererebbero una serie di problemi amministrativi, lacci e lacciuoli. Se non avesse poteri, forse sarebbe una ripetizione utile.

  PRESIDENTE. Vuole rispondere alle domande della senatrice Nugnes ?

  MARCO STADERINI, Presidente e amministratore delegato di Sogesid. Io cederei la parola all'ingegnere, perché riguardano un'attività da lui seguita.

  ENRICO BRUGIOTTI, Direttore settore bonifiche di Sogesid. Vorrei dire soltanto una cosa sul progetto Resit.
  Noi facciamo i prezziari secondo la legge, che ci obbliga a usare i prezziari regionali. Laddove una regione non ha un prezzo, noi siamo obbligati per legge a fare un'analisi di prezzo, che poi va pubblicata sul bando di gara. La società non inventa i prezzi, ma prende il prezziario a cui è obbligata per legge e li fa.
  Certamente i prezzi dei prezzari regionali non sono fatti sull'economia di scala. È evidente che quando vanno in gara 1.000 bulloni, questi costeranno meno rispetto a un bullone, perché c’è un'economia di scala. Non è una scelta facoltativa per la società o per il progettista. Se si inventa il prezzo, deve pubblicare l'analisi di prezzo. Laddove, invece, il prezzo c’è, non può fare l'analisi di prezzo.

  PAOLA NUGNES. C’è il ribasso.

  ENRICO BRUGIOTTI, Direttore settore bonifiche di Sogesid. Il ribasso è sempre...

  PAOLA NUGNES. Il ribasso è un problema riconosciuto anche dalle autorità.

  ENRICO BRUGIOTTI, Direttore settore bonifiche di Sogesid. Ciò è dovuto a una fame di lavoro, senatrice.
  Lo vediamo anche nelle gare per i servizi che noi stiamo facendo ultimamente, che non possono essere gare economicamente più vantaggiose, perché noi mettiamo in gara dei carotaggi che si compongono di due fattori: quello che preleva il campione del terreno o dell'acqua e quello che fa le analisi. L'unico prezzo che si può fare è l'offerta al massimo ribasso.
  Oggi arriviamo, non al prezzo più basso, ma a soglie di anomalia del 60 per cento, perché c’è gente che pur di far lavorare l'impresa...

  PAOLA NUGNES. Mi perdoni, non c’è solo questo. C’è anche un meccanismo appositamente scelto per poter vincere la gara e poi in seguito, in corso di gara, poter fare degli aggiustamenti, riserve o variazioni. Lei mette all'attenzione di tutti noi quanto questo dato sia negativo.

  ENRICO BRUGIOTTI, Direttore settore bonifiche di Sogesid. Vorrei dire che nelle gare di servizi che abbiamo fatto noi non abbiamo avuto fino adesso una riserva. Sulla caratterizzazione di Lo Uttaro, che è stata vinta dalle società PH – Toma Abele Trivellazioni, che non sono campane, per dire che non stanno localmente (una sta a Firenze, l'altra a Matera) c’è stata la validazione da parte dell'ARPAC del 99 per cento dei campioni, che è una percentuale altissima.
  L'ultima cosa che volevo dire è che nell'area del Commissario De Biase, nell'area Pag. 36vasta, il commissario ha voluto che il 100 per cento delle analisi dei campioni fosse fatto dall'ARPAC. Quando noi lo facciamo, invece, con ditte private, con collaboratori privati, l'obbligo è del 10 per cento dell'analisi dei campioni, ma la ditta, prima di iniziare le attività, deve intercalibrare con l'ARPAC la metodologia di analisi. Viene fatto, quindi, il controllo del 10 per cento dei campioni, ma su tutti i campioni che vengono fatti.
  Detto questo, Pianura e cave sono due storie analoghe. Erano due convenzioni che camminavano di pari passo. Noi avevamo l'incarico, come convenzione, di fare l'attuazione del Piano di caratterizzazione per tutte le indagini dirette e indirette. Per dirette intendo i carotaggi, per indirette intendo tutta la parte di magnetometria, geoelettrica e addirittura di aerofotogrammetria, che abbiamo fatto con la Guardia di finanza o col Corpo forestale.
  A un certo punto, ci sono stati dei problemi di carattere finanziario. Al ministero sono state rimodulate le somme. Le spiegazioni le trova meglio sulla pagina prima su cave di Pianura, perché è la stessa identica storia.
  A un certo punto, noi abbiamo bandito per Pianura la gara per le indagini e l'abbiamo anche affidata provvisoriamente. Non l'abbiamo mai affidata definitivamente perché nel frattempo è arrivata una lettera del ministero. C’è stata una protesta dell'OICE. L'ARPA Campania aveva una convenzione diretta col ministero per fare il 100 per cento delle indagini. La motivazione era che, poiché le aree erano quasi tutte sotto sequestro, forse era più idoneo che a fare tutte le indagini sui campioni fosse un ente pubblico.
  Pertanto, la Direzione generale del ministero non ha rifirmato la convenzione con l'ARPAC e ha richiesto alla Sogesid di preparare una bozza di convenzione per le analisi. Questa bozza di convenzione delle analisi da allora sta subendo una serie di gestazioni.
  Adesso, con la firma dell'accordo quadro che ha fatto il presidente Staderini, l'abbiamo rimodulata con questa nuova...

  PAOLA NUGNES. Lei ha detto che c’è stata questa lettera del ministero, che ha richiesto, quindi, di rifare...

  ENRICO BRUGIOTTI, Direttore settore bonifiche di Sogesid. Di rifare un atto integrativo alla convenzione soltanto per le analisi chimico-fisiche sui campioni prelevati. Siamo ancora in fase di gestazione di questo atto integrativo.

  PAOLA NUGNES. Che tempi avremo per questa cosa ?

  ENRICO BRUGIOTTI, Direttore settore bonifiche di Sogesid. Volevo dirle una cosa su Pianura. Su Pianura ci fu chiesto di fare una parte di indagini. Ci fu chiesto all'epoca dal magistrato, dalla dottoressa Buda, di fare a stralcio delle indagini urgenti sull'area di Frabi. Noi facemmo tutte le indagini sull'area di Frabi, mentre su cave parte delle attività di Giugliano sono passate al Commissario De Biase. È rimasta nella convenzione la parte delle cave.
  Sulle cave, invece, abbiamo fatto tutta la parte geoelettrica e tutte le indagini indirette e abbiamo fatto una monografia per ogni cava. Restano da fare le indagini, le perforazioni e le analisi sui campioni.

  PAOLO ARRIGONI. Quanto alla prima domanda, mi scuso se la faccio. Può darsi che sia un aspetto che avete già toccato, ma io sono arrivato in ritardo. In ordine all'individuazione dei professionisti esterni, mi pare di aver capito che per progetti o incarichi di direzione lavori vi avvalete anche di soggetti esterni. Oppure è tutto personale interno ?

  ENRICO BRUGIOTTI, Direttore settore bonifiche di Sogesid. La progettazione delle bonifiche l'abbiamo fatta tutta con personale interno. Esternamente affidiamo le indagini. Noi non abbiamo macchine per fare il carotaggio.

  PAOLO ARRIGONI. Quindi anche gli incarichi per direzione lavoro sono tutti svolti da professionisti interni ?

Pag. 37

  ENRICO BRUGIOTTI, Direttore settore bonifiche di Sogesid. Fino adesso sì.

  MARCO STADERINI, Presidente e amministratore delegato di Sogesid. Intervengo solo per un'integrazione. Quando le dimensioni dei temi aperti non lo consentono, dobbiamo ricorrere all'esterno, ovviamente, in prevalenza per la direzione lavori.
  Per quello che riguarda la progettazione, la parte a monte che dicevo io di progettazione preliminare riguarda gli studi di fattibilità. Per il resto sicuramente siamo sul mercato.

  PAOLO ARRIGONI. Magari «splitto» in due la domanda. Posto che la tendenza è quella di fare le progettazioni all'interno, questo crea dei colli di bottiglia in ordine allo stato di avanzamento di progetti sui vari siti su cui voi intervenite ?

  MARCO STADERINI, Presidente e amministratore delegato di Sogesid. No.

  PAOLO ARRIGONI. Dall'altra parte laddove, invece ricorrente a professionisti esterni, voi fate una gara specifica per quell'attività, oppure emanate un bando per individuare una serie di professionisti a cui attingere a rotazione ?
  Passo alla seconda domanda e torno sempre sulla questione dei prezzi di listino regionali, ovvero dei prezzi di mercato. Io conosco l'obbligo di ricorrere ai prezzi di listino, ma anche fare un'analisi di prezzi per arrivare a fare un capitolato che tenga conto dei prezzi di mercato lo ritengo opportuno, non foss'altro perché ricorrere ai prezzi di listino significa comunque impegnare delle somme ingenti che precludono inevitabilmente l'allocazione di risorse per fare altri interventi.
  Questo io l'ho fatto da amministratore, nel mio piccolo. Piuttosto che congelare delle risorse per due, tre, quattro, cinque o dieci anni, ricorrere all'analisi dei prezzi consentiva di muoversi parallelamente su più interventi.
  Passo all'altra domanda. Quando fate – tecnicamente non so come si chiamano – decreti od ordinanze di affidamenti di servizi o di lavori, voi siete tenuti all'obbligo dell'invio alla Corte dei conti in ordine alla regolarità della procedura ? Da piccolo sindaco di un piccolo comune, io ero tenuto all'invio alla Corte dei conti. Chiedo se questo sia un obbligo per quanto riguarda Sogesid, visto che voi siete una società totalmente pubblica, oppure se è ritenuta al vostro interno cosa buona e saggia.
  Vengo alla penultima domanda. Sugli impianti di videosorveglianza, che vedo essere oggetto di vostra progettazione tipo a Terzigno, voi collocate anche dei sistemi di lettura e riconoscimento delle targhe ?

  MARCO STADERINI, Presidente e amministratore delegato di Sogesid. Sì.

  PAOLO ARRIGONI. Passo all'ultima domanda e finisco. Sul SIN Pioltello-Rodano il tempo avanza. Vedo qui in una relazione che parrebbe essere decaduto l'approccio di un progetto multisocietario per quanto riguarda la bonifica delle acque di falda. Volevo capire i motivi per i quali, purtroppo, non si è arrivati a un progetto unitario, il che inevitabilmente creerà dei problemi anche dal punto di vista della gestione della stazione TAF. Chiedo se potete fare un focus su questo SIN.

  LAURA PUPPATO. Dal vostro sito vedo che voi, essendo una società strumentale in house, naturalmente siete assoggettati, come si diceva, alla verifica della Corte dei conti. L'ultima verifica risale al 2012, quantomeno quella che leggiamo nel sito.
  Nel sito vediamo anche che c’è una certa quantità di gare in corso, ma che non c’è alcun dato relativo agli aggiudicatari. Ci sono addirittura gare del maggio-giugno 2013.
  Io mi stupisco. Vorrei capire se queste gare non sono state aggiudicate perché c’è stata un'anomalia in fase di gara e di quali eventuali anomalie si tratta, se ci sono state presunzioni di infiltrazione o questioni, per esempio, di non aver avuto le certificazioni per white list o altro.Pag. 38
  Quanti sono i dipendenti di Sogesid e quali caratteristiche professionali hanno ?
  Vorrei sapere se è verosimile, vera o assolutamente falsa la voce che era stata riportata di una massa di consulenze esterne per i famosi 35 milioni e comunque come si giustifichino in ordine alle vostre professionalità interne.
  Ancora, relativamente a quello che hanno già chiesto i colleghi, mi permetto di fare un'annotazione. Voi avete fatto un Programma strategico per le compensazioni ambientali in quanto società in house del ministero con la regione Campania, di cui avete diffusamente parlato nei vostri interventi.
  Erano previsti nel 2008 oltre 100 milioni di importo disponibile. Due dei siti i più importanti, tra cui il SIN di Pianura e il SIN di Giugliano hanno visto, in realtà, una marea di «batti e ribatti» – la dico così – per cui a oggi siamo, a distanza di sette anni, di sette lunghi anni, senza che obiettivamente sia avvenuto l'intervento che era stato preannunciato e previsto.
  Chiedo di quei 101 milioni quanti ne sono stati spesi ed eventualmente su quali fronti esattamente. Avete parlato di 18 su 19, ma io non riesco a trovare conferme rispetto alla documentazione fornita.
  Soprattutto vorrei farvi eventualmente una domanda, anche in seduta segreta, in questo caso specifico. Alla luce di quello che io leggo, la prima cosa che mi viene in mente è che ci sia una scarsa collaborazione quantomeno con ARPAC. Vedo delle difficoltà – diciamo così – e vorrei capire se queste difficoltà trovano una ragionevolezza o sono, invece, a vostro avviso, motivo di altro.
  Pongo un'ultima domanda al presidente. L'attività di Sogesid è un'attività vastissima, in realtà. Io leggo che comprende la bonifica e la salvaguardia di risorse naturali, infrastrutture, riqualificazione ambientale, supporto al trattamento dei rifiuti, monitoraggio recupero differenziato di materia ed energia, risorse idriche, gestione delle stesse e tutela delle acque marine.
  È inutile tornare su sovrapposizioni e complementarietà. Io vorrei, però, che lei, per quanto sia un recentissimo presidente, ci dica se questo effettivamente lo nota e se c’è una specializzazione e il resto non c’è. Tenga presente che noi mattina abbiamo avuto l'audizione per un problema relativo alle bonifiche importanti di un sito, quello di Bussi. Gli auditi hanno fatto riferimento a SOGIN, tant’è vero che noi abbiamo chiesto se si trattasse di Sogesid. Invece hanno ribadito che è SOGIN.
  Anche per noi su come si scelgano gli attori e su quali siano, a questo punto, le predisposizioni degli attori scusateci, ma abbiamo molti dubbi e vorremmo capirne di più.

  ALBERTO ZOLEZZI. Voi avete riferito prima sul sito di Mantova e il progetto consegnato nel 2012. Vorrei un commento. Trattandosi di un progetto consegnato nel 2012, vorrei capire cos’è che sta intoppando la procedura e, in particolare, quale parte del SIN è interessata da questo progetto.

  PRESIDENTE. Io volevo chiedervi quali sono gli attuali rapporti con ISPRA. Ci sono alcune attività che sarebbero molto, non dico conflittuali, ma... Vorrei capire se avete in animo di fare una convenzione quadro o, se tramite il ministero, si riesce a fare una triangolazione, visto che anche ISPRA dipende funzionalmente in gran parte dal ministero.
  Nella convenzione quadro che avete col ministero è previsto un budget complessivo, oppure il budget lo discutete a misura che accettate i lavori ?
  Una domanda è stata fatta a più riprese. Sulle gare che fate, visto che purtroppo siete costretti ad applicare il massimo ribasso. Questo è evidente in alcune zone del Paese, ma non solo in alcune zone, perché noi abbiamo visto che quel fenomeno è abbastanza diffuso, purtroppo. Avete qualche meccanismo che avete messo in essere per cercare di fare delle verifiche preliminari, a parte i meccanismi «classici», tradizionali della white list, che in realtà abbiamo visto in talune situazioni non essere particolarmente funzionali ? Avete una sorta di elenco fornitori, Pag. 39come magari hanno le grandi imprese, da cui esse pescano alcuni servizi ? Quelle imprese devono avere determinate caratteristiche per poter lavorare.
  L'altra questione che mi interessava capire riguarda le vecchie indagini. Voi eravate stati soggetti ad alcune indagini da parte della magistratura. Vorrei sapere se quelle indagini sono continuate, se ci sono degli sviluppi, se ci sono delle situazioni in essere e come sono state risolte.
  Vi chiedo di fornirci una risposta generale, ovviamente per quello che potete. Se c’è qualche tema su cui, invece, vi volete riservare di risponderci successivamente, decidete voi.
  Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  MARCO STADERINI, Presidente e amministratore delegato di Sogesid. Io proverei a essere esauriente e a fornire una risposta. Se non va bene, me lo dite e l'approfondiamo come credete.
  Sul tema della progettazione cui lei faceva riferimento la società in questi anni ha fatto sia la progettazione preliminare, sia quella definitiva, sia quella esecutiva. Il mio forte impegno è che la società si riservi solo la prima fase della progettazione, quella preliminare.
  Ragionevolmente, le risorse della società in campo sono in grado, quindi, di assicurare un fronte aperto sulla progettazione preliminare, ricorrendo al mercato con bandi di gara aperti al supporto per le altre attività di progettazione esecutiva. Nel caso in cui la Sogesid non fosse in grado di assolvere questo ruolo con le risorse interne, ovviamente si deve avvalere di un supporto esterno.
  Il tema del ricorso all'esterno come viene regolato ? Le attività proprie della società, cioè per l'assistenza allo studio di fattibilità e per l'assistenza alla pianificazione al ministero, la società le svolge all'interno. Ci sarà un elenco di professionisti al quale attingere se ci fosse l'elemento di punta, ma lo vedo molto occasionale.
  Diverso è il discorso dell'affidamento della progettazione esecutiva e definitiva, che deve essere affidata con un bando di gara, che di volta in volta verrà aggiudicato.
  Per quello che riguarda il controllo della Corte dei conti, lei mi chiede se siamo soggetti al controllo. Ovviamente sì. Abbiamo un rappresentante della Corte dei conti che, peraltro, è il viceprocuratore generale, che siede nel Consiglio d'amministrazione e partecipa a tutti i lavori. Tutte le carte e le relazioni del Collegio sindacale, al quale presenzia, sono a lui note e formano oggetto della relazione annuale che la Corte dei conti tradizionalmente redige con due anni di ritardo.
  Sul sito c’è quella del 2012. So che lui ha fatto quella del 2013. Naturalmente, essendo ora nel 2015, c’è una distonia tra quello che lui scrive in relazione ai dati 2013 e quello che realmente la società sta facendo. Questo, purtroppo, me lo sono trovato anche in altre precedenti esperienze, per cui si fa una cosa e sul giornale viene scritta una cosa che due anni prima la società faceva. Spero che tra due anni anche la relazione recepirà alcuni importanti cambiamenti che noi stiamo apportando.
  Sul tema delle gare non aggiudicate, così come sul discorso dei prezzi sul listino adesso darò la parola a Brugiotti perché sia sintetico e ci risponda. Volevo rispondere solo al tema dei dipendenti e delle consulenze.
  I 35 milioni di consulenze non so se si sommano in quanti anni di attività della società. Non so se siano quattro, cinque, venticinque o quello che sia...

  LAURA PUPPATO. Quattro. Chiedo conto a lei per chiarezza, perché sui giornali...

  MARCO STADERINI, Presidente e amministratore delegato di Sogesid. Le consulenze non sono altro che i contratti di co.co.pro e di partita IVA che sono stati stipulati nel corso degli anni per le attività di assistenza tecnica svolte dal ministero. Queste consulenze, ovviamente, crolleranno e rimarranno semplicemente quelle di cui parlavamo prima, ossia quelle dei Pag. 40professionisti di ingegneria, così come delle società – non so se vanno sotto questa figura – che danno supporto alle indagini che vengono fatte. Il resto, invece, consisterà in contratti di lavoro dipendente a tempo indeterminato a tutele crescenti, secondo il Jobs Act.
  Quindi, nel prossimo bilancio ci saranno una drastica riduzione delle spese di consulenza e un incremento dei costi del personale derivante dalla diversa modalità con cui la retribuzione del personale in rapporto con il ministero viene regolata. Oggi la società ha circa 130 persone, che, con i contratti a tutele crescenti, stanno rapidamente diventando 300-350. Dovrebbero essere 350 alla fine del percorso con il contratto che vi dicevo.
  Le professionalità della società...

  LAURA PUPPATO. Oggi sono 130 i dipendenti della società ?

  MARCO STADERINI, Presidente e amministratore delegato di Sogesid. Stiamo formalizzando con il nuovo contratto Jobs Act tutti i soggetti che stanno effettuando i concorsi.

  LAURA PUPPATO. Che erano in co.co.pro., immagino, o in co.co.co. ?

  MARCO STADERINI, Presidente e amministratore delegato di Sogesid. In co.co.pro., o anche con partita IVA o con contratti a tempo determinato. Molti erano anche contratti a progetto a tempo determinato.

  LAURA PUPPATO. Rispetto a questi 130, che, a suo modo di vedere, diventeranno 350, i due terzi sostanzialmente oggi lavorano di fatto come dipendenti, ma non sono inquadrati come dipendenti. Giusto ?

  MARCO STADERINI, Presidente e amministratore delegato di Sogesid. Oggi sono partite IVA e co.co.pro. che devono essere utilizzati e impiegati come dipendenti della società.

  LAURA PUPPATO. Ci può distinguere tra gli amministrativi, i tecnici e gli ingegneri con le varie figure professionali ?

  MARCO STADERINI, Presidente e amministratore delegato di Sogesid. No, non ho il dato con me.

  LAURA PUPPATO. Grossomodo.

  MARCO STADERINI, Presidente e amministratore delegato di Sogesid. Non c’è problema. Il profilo della società è questo: la società che opera presso gli uffici di via Calabria è una società di ingegneria, che ha professionisti di ingegneria, geologi, qualche architetto, chimici, biologi. Si tratta di professionalità tecniche legate al ruolo della società.
  Le professionalità che lavorano e che stiamo acquisendo anche con i concorsi, che sono in fase di svolgimento, di assistenza tecnica continuano a essere professionalità di questa natura, integrate da professionalità più specificamente adatte per ricoprire le famose attività che lei ha elencato, e che non mi sono appuntato, un po’ diversificate per fornire un'assistenza qualificata all'attività del ministero.
  Il ruolo della società è, quindi, duplice. Da una parte, è quello di assicurare la progettazione e la pianificazione delle attività che le ho detto. Dall'altra, è quello di supportare le attività del ministero con proprio personale, di cui risponde la società. Gli obiettivi vengono dati dalla società e l'integrazione delle risorse impegnate sarà molto diversa da quella che c’è stata in passato. Prima c’è stata una discrasia, che non ci sarà più, perché è un tutt'uno la società che va a formarsi.
  Come vengono fatte le scelte degli attori (Sogesid e SOGIN) e i rapporti con l'ISPRA ? Evidentemente noi siamo una pedina che a me piace definire «docile» alle dipendenze del Ministero. Siamo una realtà che c’è e che qualcuno pensava potesse essere immaginata come chiusa e assorbita. Probabilmente io mi sono formato quest'idea. Sono venuto qui che dovevo chiudere tutto, assorbire in altre realtà.Pag. 41
  Io posso assicurare la mia testimonianza – ho fatto altre esperienze; non sono un tecnico delle bonifiche – della necessità che ci sia una struttura tecnica forte, in grado di coniugare una capacità tecnica e una capacità amministrativa, essendo anche un partner del Ministero dell'ambiente, che professionalità tecniche non ne ha tantissime, nel rapporto con gli enti locali. Questa è un'attività sicuramente importante, di cui c’è necessità.
  Ci sono pochissime società di ingegneria pubbliche. Questo è un settore delicato. Secondo me, intorno a questa realtà, rafforzata portando all'interno anche le altre competenze che sono in altre situazioni, si dovrebbe creare un soggetto (si chiami come si vuole e si faccia quello che si vuole) che sia una società più larga di quella che è ora, accentrando tutte le competenze. Non è questione di ruoli e di persone che mi fanno ombra nel ragionamento, non è questo. Io credo che questo sia uno strumento importante nelle mani di un'attività politica amministrativa seria.
  Io mi sono convinto di questo e sto facendo in modo che Sogesid risponda a questo disegno di posizionamento strategico, perché veramente la capacità che loro hanno – faccio questo esempio perché sono vicini a me; non c’è più, però, l'ingegnere D'Aprile del ministero – di parlare in modo tecnico e la capacità di colloquiare tutti i giorni con l'amministrativo rappresentano un servizio che si può rendere a livello locale certamente importante e utile al Paese.
  Passiamo ai rapporti con l'ISPRA. Presidente, l'ISPRA fa un altro tipo di attività. Nel passato, poiché c'era poca fiducia nelle attività di Sogesid, molte cose sono state affidate un po’ random. Se non funziona Sogesid, si cambia Sogesid, ma deve funzionare. Questa è la struttura deputata a fare questo tipo di attività, la società di ingegneria. L'altro è un istituto di ricerche. Si possono e si devono benissimo coordinare e complementare. Questa è un'attività affidata ai singoli, ma anche a chi governa i singoli. In questo senso non c’è alcuna difficoltà e alcuna volontà di non essere propositivi e collaborativi.
  Mi chiedeva anche il presidente se nella convenzione quadro c’è un budget complessivo. La risposta è: no. La convenzione quadro prevede le regole e poi ciascun atto che viene eseguito ha in sé un massimale che rappresenta la previsione di spesa massima. In sé la convenzione quadro è vuota di contenuti economici. Viene arricchita progetto per progetto.
  Per quello che riguarda, infine, le indagini della magistratura, ci sono stati degli avvisi di garanzia largamente pubblicati sui giornali. L'indagine è in corso. Non ci sono aggiornamenti che io sia in grado di potervi riferire.
  Le risposte che mancano sono quelle sui prezzi di listino e i SIN di Pioltello e Mantova.

  PRESIDENTE. La collega voleva aggiungere qualcosa ?

  PAOLA NUGNES. Mi è sembrato di capire prima che lei abbia detto che non sono in possesso dell'azienda gli strumenti per il monitoraggio e che, quindi, ne fate un uso esterno. Questo in un bilancio è ritenuto positivo vantaggioso, o la vostra intenzione sarebbe diversa anche in questa riorganizzazione interna ?

  MARCO STADERINI, Presidente e amministratore delegato di Sogesid. Io credo che la capacità di saper guidare un'attività di monitoraggio ci debba essere in casa, così come c’è. Il fatto tecnico di chi preleva il campione e di chi lo esamina può essere affidato all'esterno. In questo senso...

  PAOLA NUGNES. Ripeto la domanda. In un bilancio di costi avere internamente queste attività può essere economicamente più vantaggioso ?

  MARCO STADERINI, Presidente e amministratore delegato di Sogesid. Non credo. Quando le società assumono una dimensione importante, cominciano a ragionare in termini di internalizzare alcune attività. Poi c’è il processo – lei mi capisce – inverso, ossia di esternalizzazione.Pag. 42
  In questo bilanciamento di costi, francamente, dovendo andare a toccare siti sparsi un po’ su tutto il territorio con realtà locali differenti, credo che sia molto più economico mantenerlo all'esterno. Tra l'altro, sono tutti fatti con gare pubbliche ai prezzi più bassi. Ci scontriamo anche con dei costi certamente molto vantaggiosi, in questo momento, per chi deve sostenerli.

  PRESIDENTE. Diamo la parola ai suoi collaboratori per le altre risposte.

  ENRICO BRUGIOTTI, Direttore settore bonifiche di Sogesid. Per le analisi di prezzo ha ragione. Noi quel lavoro lo facciamo per le voci di prezzo principali, quelle più complesse, che naturalmente non si trovano sul... Le faccio un esempio su una discarica. Con riferimento al costo di tutto il pacchetto dei teli che vanno dal grippante al geodrenante noi facciamo veramente l'analisi di prezzo.
  In altri esempi tecnici noi facciamo analisi di prezzo su alcuni progetti. Abbiamo 50-60 analisi di prezzo. C’è il progetto di Brindisi che, anche se non è in argomento, aveva circa 60 analisi di prezzo su 110-120 voci di prezzo.

  MARCO STADERINI, Presidente e amministratore delegato di Sogesid. Ha ragione lui.

  ENRICO BRUGIOTTI, Direttore settore bonifiche di Sogesid. Sì, ma sulle voci principali di prezzo, quelle più tecnologiche, vanno fatte le analisi di prezzo. È giusto quello che ha detto lei. Quello lo facciamo.
  Per quello che riguarda, invece, l'impianto di videosorveglianza, è stato assolutamente previsto quel sistema. Ci siamo interfacciati con la polizia e con i carabinieri. I comuni dell'area vesuviana hanno firmato un protocollo d'intesa con le forze dell'ordine. Altri comuni si sono dotati di impianti di videosorveglianza che devono colloquiare l'uno con altro. Ci è stato chiesto di rispettare determinati protocolli anche di comunicazione fra le telecamere e il sistema di comando e controllo. Soprattutto nelle zone più isolate, dove c’è anche il pericolo che si rubino la telecamera, sono state previste telecamere mobili, che girano a trecentosessanta gradi a infrarossi e che fotografano le targhe dei camion. Sono state messe in posizione tale che, se il camion entra da una parte ed esce dall'altra, viene comunque fotografato.

  PAOLO ARRIGONI. Scusi, ingegnere, hanno il sistema di rilevamento automatico ?

  ENRICO BRUGIOTTI, Direttore settore bonifiche di Sogesid. Sì.

  PAOLO ARRIGONI. Nel senso che si inserisce il numero di targa...

  ENRICO BRUGIOTTI, Direttore settore bonifiche di Sogesid. Registra H24.

  PAOLO ARRIGONI. Ma è in grado anche di segnalare il passaggio di un veicolo sospetto ?

  ENRICO BRUGIOTTI, Direttore settore bonifiche di Sogesid. Sì. Questo assolutamente. Tutte le specifiche tecniche sono pubblicate sul sito della Sogesid.
  Per quello che riguarda le gare che sono rimaste in piedi dal 2013, noi...

  LAURA PUPPATO. Ce ne sono parecchie.

  ENRICO BRUGIOTTI, Direttore settore bonifiche di Sogesid. Tutte le gare concluse noi le pubblichiamo sul sito della Sogesid. Oltretutto, come responsabili del procedimento, abbiamo l'obbligo di comunicarlo tempestivamente. Dobbiamo entrare nel sito dell'ANAC (AVCP) e registrare tutti gli affidamenti.
  È piuttosto complicato come sistema, ma noi lo facciamo sia per quello che riguarda la fase di gara, sia per quello che riguarda la fase dei lavori. Dobbiamo pubblicare gli stadi di avanzamento lavori, quando sono stati fatti, l'inizio, la fine dei Pag. 43lavori, le varianti, le perizie di variante e qualunque altro elemento. Comunque, abbiamo sempre pubblicato... Le gare che sono rimaste e che lei vede sul sito della Sogesid sono essenzialmente quelle di Terzigno, Novambiente e Masseria del Pozzo-Schiavi. Resit no, perché era stata aggiudicata definitivamente.
  Come ho spiegato, sono stati fatti i progetti preliminari ed è stato messo in gara il progetto preliminare. È stato fatto un affidamento provvisorio alla ditta. La ditta doveva produrre in sede di gara il progetto definitivo. È stato valutato il progetto definitivo, assegnando, come prevede la legge, un dato numero di punti al progetto, un dato numero di punti al prezzo e un dato numero di punti al tempo di realizzazione, prevedendo una premialità, come prevede la legge, sulla riduzione dei tempi.
  Abbiamo fatto, però, un po’ di più con il commissario De Biase. Abbiamo chiesto, come prevede l'articolo 168 del decreto n. 207, il quale dispone che la proposta sia insita nel fatto di fare una gara su un progetto preliminare e, quindi, di presentare una proposta che può essere anche migliorativa, che il progetto ripassasse un'altra volta per una Conferenza di servizi, in questo caso convocata dalla regione Campania, perché non si tratta più di un Sito di interesse nazionale, ma di un Sito di interesse regionale.

  LAURA PUPPATO. Si riferisce alla discarica di Novambiente ?

  ENRICO BRUGIOTTI, Direttore settore bonifiche di Sogesid. Tutte e tre le discariche non sono più in un sito di interesse nazionale, sono in un SIR. Nel primo caso avremmo chiesto la Conferenza dei servizi al ministero, invece l'abbiamo chiesta alla regione Campania. Il progetto è ritornato in Conferenza di servizi, a cui sono stati invitati tutti gli enti interessati, dall'ARPAC, alla ASL, al Genio civile, ai Vigili del fuoco, alla provincia. Ci siamo riservati di fare l'aggiudicazione definitiva, che per Masseria del Pozzo-Schiavi abbiamo fatto un mese fa, all'approvazione del progetto definitivo.
  Per Novambiente, per esempio, che è un'aggiudicazione provvisoria, siamo in fase di approvazione del progetto definitivo. Le chiuderemo, anche a tutela della stazione appaltante, quando avremo approvato. Laddove siamo stazione appaltante, siamo anche organismo di ispezione.

  LAURA PUPPATO. Mi scusi, ma io leggo dal vostro sito: «Affidamento della progettazione esecutiva ed esecuzione dei lavori di “Messa in sicurezza d'emergenza dell'area di discarica Novambiente” con codice CIG e CUP, importo a base di gara di 6.111.021 milioni di euro, trasmissione del bando 7 agosto e termine per la presentazione offerte il 12 novembre 2013». Tuttavia, non c’è l'aggiudicazione.

  ENRICO BRUGIOTTI, Direttore settore bonifiche di Sogesid. C’è l'aggiudicazione provvisoria.

  LAURA PUPPATO. No, non c’è l'aggiudicazione, né provvisoria, né definitiva.

  ENRICO BRUGIOTTI, Direttore settore bonifiche di Sogesid. Quella provvisoria c’è, ma non viene pubblicata. Viene pubblicata solo la definitiva. Questo non per scelta nostra, ma per una scelta di legge. Quando c’è l'aggiudicazione definitiva, si fa anche la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Dopo la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale l'aggiudicazione viene pubblicata sul sito istituzionale della Sogesid.

  LAURA PUPPATO. Mi colpiva il fatto che stiamo parlando di novembre 2013.
  Non è stato risposto a tutto, mi scusi. Ci sono le richieste...

  ENRICO BRUGIOTTI, Direttore settore bonifiche di Sogesid. Su Pianura le compensazioni ambientali prevedevano circa 109 milioni sulle attività, di cui una metà sulle bonifiche e una metà sul ciclo integrato delle acque.
  L'accordo di programma nasce con quattro elenchi. Il primo elenco è finanziato dal Ministero dell'ambiente, per i 109 milioni. In un secondo elenco sono previsti Pag. 44Pianura e Giugliano cave. Questi e altri interventi, che non sono di bonifica, sono fermi per i motivi che sono scritti sul... ma non fanno parte dei 109 milioni. Erano somme già stanziate precedentemente da convenzioni con il Ministero dell'ambiente.

  LAURA PUPPATO. Torno alla domanda di prima: di quei 109 quanti ne sono stati aggiudicati e utilizzati e quanti sono ancora fermi ?

  ENRICO BRUGIOTTI, Direttore settore bonifiche di Sogesid. Sulle bonifiche, tranne per le gare in corso, che abbiamo elencato nel documento che vi abbiamo allegato, credo che adesso abbiamo più o meno una quarantina di milioni di euro, su circa la metà. Sulle bonifiche sono una cinquantina. Gli altri 50 milioni sono sul ciclo, ossia su collettori fognari, depuratori e via elencando. Non sono tutti sulle bonifiche. Circa il 50 per cento dei 109 milioni vanno sulle bonifiche. Di questi 50 milioni un 80 per cento sono stati... Le altre sono in via di aggiudicazione, come da elenco che le abbiamo allegato.
  Quanto alle difficoltà sull'ARPAC, c'era anche quest'altra domanda. Non ci sono difficoltà di rapporti con l'ARPAC. Ci sono i tempi di risposta dell'ARPAC. L'ARPAC ha personale non dipendente, ragion per cui in alcuni momenti il personale non c’è stato. Il Centro siti contaminati, quello che fa le analisi, a volte ha 100 persone e a volte ne ha 20. Quando scadono i contratti, c’è un periodo di rinnovo dei contratti.
  Comunque l'ARPAC non fa soltanto attività con noi. Fa un'attività di controllo su tutta la regione Campania, ragion per cui il personale è impegnato anche in altre attività.
  Nei rapporti durante le attività di indagine loro sono sempre presenti. Ci mettono un po’ di più sulla restituzione dei risultati delle analisi.

  SILVIA CARECCHIO, Dirigente settore rifiuti di Sogesid. Per quanto riguarda il sito di Mantova, a valle dell'approvazione in Conferenza dei servizi dello stralcio funzionale del progetto, che, come chiedevate, riguardava l'area a valle idrogeologico dell'azienda IES, è stato emanato dal Ministero dell'ambiente un decreto ingiuntivo all'azienda per l'attuazione del progetto. In alternativa, si fissava una deadline terminata la quale il pubblico avrebbe potuto procedere in danno. Era stata già predisposta anche una bozza di convenzione attuativa che vedeva la Sogesid soggetto attuatore di questo intervento.
  La IES ha fatto ricorso. Non vorrei fornirvi informazioni errate, ma credo – ovviamente, in questo momento noi non siamo parte in causa – che si stia valutando l'opportunità di dare attuazione a un progetto alternativo che l'impresa ha presentato.
  In questo momento, ovviamente, la convenzione con la Sogesid non è stata sottoscritta. Il ministero sta valutando e verificando se effettivamente il progetto presentato dall'impresa sia condivisibile e, pertanto, se dare all'impresa la facoltà di agire direttamente per quanto di sua competenza.
  Per quanto riguarda, invece, Pioltello, rapidissimamente, a valle della consegna del progetto, le ulteriori analisi hanno evidenziato, o comunque hanno fatto venire il ragionevole dubbio, che gran parte della contaminazione di origine diffusa avvenisse a monte idrogeologico del SIN. Pertanto, ci si è posto il ragionevole dubbio che forse fare un intervento a valle con un'intercettazione di tutta la falda, un pompaggio e un trattamento fosse di fatto non idoneo, perché comunque la contaminazione veniva a monte del SIN. Si è ritenuto, quindi, che fosse più utile intervenire localmente, laddove fosse riscontrata una contaminazione puntuale ascrivibile ai soggetti interni al SIN.
  A fronte di queste valutazioni, gli enti locali – il tavolo dei sottoscrittori – hanno richiesto ulteriori indagini per verificare questo ragionevole dubbio e decidere le scelte progettuali più adeguate.

  PIERGIORGIO CARRESCIA. Vorrei un chiarimento. Ritorno sulla domanda che aveva fatto la senatrice Puppato relativamente Pag. 45all'impianto Novambiente. Non ho capito, per colpa mia probabilmente, il motivo del ritardo che c’è tra l'aggiudicazione provvisoria e quella definitiva. Quali sono state le cause e perché non si è ancora provveduto ?
  Inoltre, chiedo se sia possibile avere, per tutte le gare che sono state esperite, l'esito, l'oggetto e i tempi di completamento dei lavori previsti.

  ENRICO BRUGIOTTI, Direttore settore bonifiche di Sogesid. Novambiente è una gara che è stata aggiudicata in modo provvisorio. Il progetto è stato realizzato da TreErre. La decisione che verrà assunta in relazione alla gara Resit avrà un impatto uno a uno su questa situazione. In questa condizione non approvo il progetto definitivo in attesa di definire qual è la soluzione che si deve dare al problema. Più di questo...
  Resit è quella situazione che vi ho descritto all'esame dell'ANAC e oggi al parere dell'Avvocatura dello Stato. Ci impegna in una soluzione che, inevitabilmente, se c’è un problema, avrà un impatto anche sull'altra gara. Se il problema non c’è, ovviamente, non ci sarà problema nemmeno per questo.

  PAOLO ARRIGONI. Pongo un'ultima domanda. Nella missione di Sogesid ci sono anche i progetti in materia di assetto idrogeologico. Volevo sapere se state svolgendo dei progetti in tal senso e come vi rapportate con la struttura di missione contro il dissesto idrogeologico che dipende dalla Presidenza del Consiglio dei ministri. Ci sono delle sovrapposizioni di attività tra Sogesid e la struttura di missione ?

  MARCO STADERINI, Presidente e amministratore delegato di Sogesid. Sovrapposizioni certamente non ce ne sono. La struttura di progetto oggi è su Palazzo Chigi. Leggendo i giornali, risulta che domani andrà sulle infrastrutture, o che forse ritornerà all'ambiente. Non lo so. È una struttura che governa complessivamente il fenomeno. Noi siamo uno degli attori e, come si diceva prima, siamo una pedina che il Governo può utilizzare o no.
  Certamente noi abbiamo delle competenze importanti. La storia di Sogesid è nata su temi del settore idrico, ma si è sviluppata sul dissesto idrogeologico. Attività se ne sono fatte. Rapporti con le regioni in questo settore ci sono. Noi siamo a disposizione. La volontà governativa è quella che deve poi affidarci o no dei ruoli.

  PAOLO ARRIGONI. State facendo dei progetti, delle opere ?

  MARCO STADERINI, Presidente e amministratore delegato di Sogesid. Noi stiamo su un paio di convenzioni con le regioni, seguendo attività già avviate in passato sul tema. Questa non è la risposta alla sua domanda, perché la risposta alla sua domanda è che il ruolo che si prefigurava ampio e forte, in base allo Sblocca Italia, deve esserci affidato, sostanzialmente. Ancora non lo è. C’è una speranza da parte mia di poter essere utile.

  STEFANO VIGNAROLI. Cercherò di essere breve, anche se l'argomento è un po’ complesso. Mi riferisco al SIN di Priolo, di cui non abbiamo parlato.
  Noi siamo stati in Sicilia in missione. Riguardo all'accordo di programma del 2009 voi siete soggetti attuatori. Abbiamo trovato, nelle lungaggini, anche un po’... Vogliamo capire dove stanno i problemi. Di fatto il ministero dice che aspetta la regione. In regione abbiamo trovato il Commissario, che adesso è ad acta. La provincia dice che lei controlla. Addirittura ha detto che il ministero è anche poco presente, perché ha tempi lunghi, tempi biblici. Secondo voi, visto che siete tra i protagonisti, dove sta l'intoppo ?

  MARCO STADERINI, Presidente e amministratore delegato di Sogesid. L'intoppo, da quello che abbiamo capito noi, è sulla mancata sottoscrizione, a tutt'oggi, dell'accordo di programma quadro rafforzato. Questo è quello che ci dicono...

Pag. 46

  STEFANO VIGNAROLI. Da parte di chi ?

  MARCO STADERINI, Presidente e amministratore delegato di Sogesid. Da parte della regione e, credo, del ministero. Noi non facciamo parte di questo processo. Noi interveniamo dopo.
  Nel passato c'era un accordo di programma quadro, mi pare nel 2009, che incaricava alcuni soggetti. C'era anche un Commissario all'epoca. La Sogesid ha fatto il progetto preliminare. Naturalmente, la società lavora sugli input che le dà il ministero. Se le priorità sono quelle, le priorità ce le detta il ministero.
  C'erano alcune attività, che andavano dalla bonifica del porto di Siracusa, ad altre attività, comprese quelle della fascia che va a nord e a sud della rada di Augusta e della penisola Magnisi. In quel progetto noi abbiamo fatto non le indagini, perché le indagini erano state già fatte dal commissario, ma il progetto preliminare e definitivo della zona nord della penisola Magnisi e il progetto preliminare della zona sud della penisola Magnisi.
  Il progetto preliminare a sud della penisola Magnisi è rimasto un progetto preliminare e prevedeva una barriera idraulica, perché lì la falda era molto profonda.
  Il progetto a nord della penisola Magnisi, che è stato sia il preliminare, sia il definitivo, era un progetto che andava a integrare una barriera già fatta dalla IES, o dalla Syndial. Non mi ricordo quale delle due fosse. Era un progetto misto di barriere fisiche e barriere idrauliche, prevalentemente idrauliche. Quelle fisiche erano sui due torrenti che passano in quella fascia, che erano un elemento di trasporto a mare dei contaminanti.
  Nel 2013 è intervenuta poi la legge sull'uso delle barriere fisiche e, quindi, noi ci siamo resi disponibili a rivedere, per quanto possibile, il progetto, anche in collaborazione con le società insediate nell'area.
  Dalla consegna di quel progetto noi non abbiamo più fatto alcuna attività su Priolo. Avevamo addirittura fatto questo APQ rafforzato. Pare che una delle attività più urgenti da fare sia quella della rimozione dei sedimenti della rada di Augusta e del rifluimento di questi sedimenti...

  STEFANO VIGNAROLI. Il mercurio soprattutto.

  ENRICO BRUGIOTTI, Direttore settore bonifiche di Sogesid. Soprattutto il mercurio. Quel sedimento è molto ricco di mercurio. È un po’ diverso dalla cassa di colmata di Taranto. Lì c'era un hot spot di 15.000 metri cubi di sedimento viola. Quei sedimenti sono molto contaminati. Andavano prima decontaminati e poi rifluiti in una cassa di colmata.
  Nel frattempo, il comune di Priolo ha adottato un Piano regolatore che prevede un hub portuale per l'implementazione delle attività portuali, oltre che per quelle vecchie, storiche di scalo di impianti petrolchimici, e anche di transhipment, ossia di deposito di container e ripartenza di container, approfittando forse anche del dragaggio per abbassare i fondali per le nuove porta-container, che pescano 16 metri.
  Onestamente, la Sogesid aveva anche fatto a titolo gratuito tre quarti del progetto della cassa di colmata. Siamo in attesa dalla regione siciliana e dal ministero di sapere se questo APQ rafforzato sia stato poi firmato o meno.

  STEFANO VIGNAROLI. Purtroppo, il problema è sempre il rimpallo di responsabilità che abbiamo visto giù in Sicilia.

  MARCO STADERINI, Presidente e amministratore delegato di Sogesid. Noi il progetto ce l'abbiamo per tre quarti pronto nel cassetto.

  LAURA PUPPATO. Io ho una richiesta che non necessita di risposte. Vorrei avere, se possibile, tutti i progetti che sono in corso, con lo stadio e con il vostro impegno. D'accordo ?

  MARCO STADERINI, Presidente e amministratore delegato di Sogesid. I progetti o un elenco ?

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  LAURA PUPPATO. Tutto l'elenco dei progetti. Non ogni singolo progetto. Vorrei l'elenco dei progetti aggiudicati, con lo stadio preliminare, se aggiudicato o non aggiudicato, il valore economico, naturalmente, e il vostro impegno, in termini di numero di persone per singolo progetto. Grazie.

  PRESIDENTE. Non esageriamo. Noi continuiamo a chiedere tonnellate di materiale. Poi vorrei andare a vedere in quanti l'andiamo a visionare. Cerchiamo di verificare e di chiedere...

  LAURA PUPPATO. Presidente, io non ho mai chiesto nulla. È la prima volta che chiedo esattamente di avere qualcosa.

  PRESIDENTE. Non ho contestato la richiesta. Ho detto che l'elenco dei progetti in corso, con lo stato d'avanzamento e i costi, credo sia fondamentale e importantissimo averlo e, quindi, va benissimo. Io vedo i documenti che stiamo raccogliendo. Fra un po’ avremo bisogno di quattro stanze. Bisognerà anche cercare di capire quanto la documentazione sarà utile verificarla.

  LAURA PUPPATO. Inviatela solo via mail. Grazie.

  PRESIDENTE. Vi ringraziamo. L'audizione è stata lunga. Come dicevo prima, su Sogesid ci sono state delle vicende che magari hanno avuto a che fare poco con i contenuti e che magari hanno anche coperto, come spesso capita, la qualità tecnica e professionale del personale.
  D'altronde, come sapete, siamo passati in fasi politiche un po’ schizofreniche. Io ho fatto un mestiere in cui ero in un'agenzia ambientale e avevo una struttura di ricerche ingegneristica forse in Emilia-Romagna tra le più qualificate. Non abbiamo mai fatto progetti per l'esterno perché con gli ordini professionali si è sempre detto: «Voi vi occupate dei progetti che riguardano istituzionalmente la regione, ma guai a voi se mettete il naso fuori». Anche nel passato ci sono state alcune situazioni, soprattutto nel settore idrico, che hanno coinvolto anche contenziosi con Sogesid.
  Se le società in house sono importanti, dovrebbero essere importanti sempre. Sono importanti per gli enti locali, sono importanti per le regioni e sono importanti per lo Stato. Purtroppo, in questo Paese abbiamo assistito a un processo fortissimo di fatto verso l'accantonamento dell’in house dicendo che non ce n'era bisogno e di andare sul mercato. Da una parte, lo Stato imponeva alle regioni e ai comuni di dismettere le proprie società, ma, nel contempo, ha mantenuto di fatto le sue società in house, perché ogni ministero di fatto ne ha una. Diciamo che la coerenza, a volte, non è propria della politica, ma questo non lo scopriamo oggi. Grazie.
  Ringraziando nuovamente l'ingegner Staderini per la sua presenza, dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione del Direttore generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Maurizio Pernice.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del direttore generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Maurizio Pernice, che ringrazio per la sua presenza.
  Il dottor Pernice ha seguito e segue da tempo tutta una serie di situazioni legate ai Siti di interesse nazionale. Come ho detto prima, però, a noi oggi interessa focalizzare la nostra audizione, se ci saranno delle domande in merito, sulla questione del SIN di Bussi. Abbiamo sentito questa mattina l'Istituto superiore di sanità e il commissario Goio. Ci interessa capire qual è lo stato dell'arte e soprattutto come si intende andare avanti.
  Esiste un processo in atto che avrà un suo sviluppo e c’è una sentenza che, in realtà, come ci spiegava il Commissario, sta creando un sacco di problemi. Anche Pag. 48in quelle situazioni in cui si era iniziata ad avere un'interlocuzione – diciamo così – positiva con alcuni soggetti, questa sentenza, ovviamente, sposta un po’ gli equilibri, nel senso che chi prima si riteneva in una posizione di debolezza oggi probabilmente non ritiene più di esserlo.
  Il riferimento è alla prima sentenza del processo emessa recentemente. Ci diceva il commissario che prima c'era un'interlocuzione anche con la società che gestisce le risorse idriche. Oggi i rapporti, alla luce anche di quella sentenza, si sono un po’ raffreddati.
  Ci interessa anche capire come si procederà. In merito c'erano due punti importanti. Uno riguarda la discarica Tre Monti, con le problematiche relative alla messa in sicurezza e a come risolverla. L'altro è la cosiddetta area reindustrializzazione, per cui sono stati dati fondi sulla legge n. 10 per cercare di rendere quelle aree appetibili per processi di reindustrializzazione. In realtà, di tratta di due percorsi diversi. Noi chiederemmo al dottor Pernice, a questo riguardo, di fare un approfondimento sull'argomento.
  Avverto il nostro ospite che della presente audizione viene redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterrà opportuno, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta – questo nel caso ci siano cose particolarmente gravi, che non si possono conoscere – invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata nella parte finale della seduta.
  Do, quindi, la parola al dottor Pernice per lo svolgimento della relazione, per i chiarimenti sul tema e per le notizie che lui ci potrà fornire su Bussi.

  MAURIZIO PERNICE, Direttore generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Come immagino avrà detto il commissario Goio, il sito di Bussi originariamente ha interessato la sua attività per la parte della discarica Tre Monti. Nel 2008 è stato poi perimetrato come Sito di interesse nazionale e, quindi, la titolarità dei procedimenti di bonifica sono passati dalla regione in capo al Ministero dell'ambiente. Questo fermo restando che il Commissario aveva la possibilità di derogare, per le attività relative all'oggetto del suo incarico, alle norme che disciplinano la bonifica dei siti contaminati, in particolare alle procedure dettate dall'articolo 242 e dall'articolo 252 del Codice civile.
  Successivamente, nel 2011, con apposita ordinanza di Protezione civile è stato precisato che entro il 30 giugno 2011 il Commissario avrebbe dovuto procedere alla bonifica del Sito di interesse nazionale di Bussi come individuato dal decreto di perimetrazione.
  Il sito di Bussi, tanto per fare una precisazione seppure nel modo più semplice possibile, non è costituito soltanto dalla discarica Tre Monti e dall'area industriale di Bussi. Ci sono anche alcune aree al di fuori del polo chimico di Bussi. C’è l'area di pertinenza della stazione ferroviaria. C’è il problema del fondovalle, dove si incrociano il fiume Pescara e il fiume Tirino. Sono comprese l'area del sito dismesso ex Montecatini, l'area dell'invaso diga di Alanno, l'area centrale presa ENEL 4o salto e l'area centrale rilascio ENEL 4o salto.
  Rispetto al complesso di queste aree incluse nel Sito di interesse nazionale il 27 ottobre 2014 la regione Abruzzo ha chiesto una ridefinizione del perimetro ai sensi della legge n. 134 del 2012, che prevede, laddove non sussistano più i presupposti perché un sito sia qualificato di interesse nazionale, o per quelle aree che non presentano i requisiti previsti dalla legge, con particolare riferimento a determinate attività previste dalla legge stessa, la possibilità o escluderle dai SIN, o di ridefinirne il perimetro.
  Questa richiesta è stata esaminata, ma è stato evidenziato che ci vuole una delibera di Giunta, ci vuole un'istruttoria con i comuni e bisogna motivare perché non sussistano più le ragioni che avevano determinato l'inserimento di quell'area nel SIN. Da questo punto di vista, per la parte che riguarda la riperimetrazione, l'istruttoria è ancora in corso.Pag. 49
  Con riferimento all’iter istruttorio – immagino che questo sia l'elemento che interessa maggiormente – le aree sulle quali si è concentrata l'attenzione delle attività del commissario Goio, immagino che a queste vi riferiate, sono la discarica Tre Monti, l'area del polo chimico di Bussi sul Tirino e le aree esterne allo stabilimento poste a nord dello stabilimento stesso.
  Per quanto riguarda l'area del polo chimico di Bussi, c’è l'area della centrale Edison. Quest'area è stata caratterizzata a suo tempo. I risultati, che sono stati validati dalla Conferenza dei servizi nel 2010, hanno evidenziato che per il suolo non ci sono problemi. Ci sono dei problemi, invece, per le acque, perché sono stati evidenziati superamenti delle concentrazioni soglia di contaminazione. In relazione a questi superamenti Edison ha in atto delle misure di prevenzione e periodicamente ci aggiorna sul monitoraggio e sul sistema di messa in sicurezza d'emergenza.
  C’è poi l'area della Nuova Saica, che ha un'estensione di circa 33.700 metri quadrati. È stato approvato il Piano di caratterizzazione del 2012, ma ancora ad oggi Nuova Saica non ci ha inviato i dati della caratterizzazione. Proprio per questo, dopo inutili solleciti, il 14 novembre l'ARTA ha effettuato una riunione con la società proprio per definire come accelerare le modalità e le attività di caratterizzazione.
  Dopodiché, c’è la parte più critica, ossia lo stabilimento chimico di Bussi sul Tirino, ex Montedison e Ausimont, oggi di proprietà Solvay. Su questo sito tutte le attività di caratterizzazione sono state effettuate dalla Solvay. Tutti i dati che noi abbiamo hanno evidenziato una criticità significativa sia per le acque, sia per i suoli.
  La contaminazione del suolo è riferita a metalli, quali mercurio, piombo, arsenico, cromo 6, piombo, tetraetile, tetrametile, rame e zinco, e idrocarburi, quali BTEX, alifatici clorurati e alifatici alogenati.
  Essenzialmente, troviamo i medesimi contaminanti in falda e precisamente mercurio, piombo, arsenico, cromo 6, cromo totale, piombo tetraetile, nichel, boro, idrocarburi totali, n-esano, benzene, IPA, alifatici clorurati, cancerogeni e non, e alifatici alogenati.
  Questa corrispondenza tra inquinanti del suolo e inquinanti della falda mostra che esiste un nesso di causalità evidente. Lo si vede anche in base ai princìpi stabiliti dalla Corte di giustizia per individuare in via presuntiva, con presunzioni efficaci e concordanti, il nesso di causalità tra una determinata attività nell'ambito della quale sono stati utilizzati delle sostanze e dei prodotti e i prodotti che si trovano in prossimità dei punti in cui è svolta l'attività nel suolo. Laddove c’è coincidenza tra inquinanti del suolo e inquinanti della falda, è chiaro che c’è un nesso eziologico abbastanza evidente tra l'attività causa e l'effetto inquinamento.
  Per quanto riguarda lo stabilimento di Bussi, tutti questi risultati hanno determinato l'imposizione a Solvay di misure di prevenzione. Ricordo la sentenza della Corte di giustizia che recentemente ha detto che non può essere imposta la bonifica a soggetti che non sono responsabili della contaminazione se non è provata la contaminazione. La sentenza ha detto, quindi, che l'ordinamento nazionale è conforme all'ordinamento comunitario laddove prevede che, se c’è un soggetto non responsabile, gli interventi devono essere fatti in sostituzione dello Stato, che poi si può rivalere con le misure di garanzia (onere reale e privilegio speciale immobiliare) sul terreno oggetto di interventi di bonifica. Questo può avere un risultato quando c’è un terreno che ha un determinato valore, altrimenti non ha risultati effettivi.
  Tuttavia – questo lo stiamo scrivendo in tutti i ricorsi che pendono e nelle richieste di chiarimento avanzate dalla magistratura amministrativa – noi abbiamo precisato che nell'ordinamento nazionale l'articolo 245, comma 2, impone al proprietario e al gestore dell'area, non per ragioni di ripristino ambientale, ma per Pag. 50esigenze di eliminazione e di prevenzione dei rischi sanitari e ambientali, di dover adottare misure di prevenzione, ossia tutte quelle misure che servono per prevenire l'ulteriore diffusione nell'ambiente di sostanze contaminanti e per evitare che questa contaminazione metta a rischio le persone che operano nel sito o intorno al sito.
  Indipendentemente dalla necessità di fare una riparazione ambientale o una bonifica, c’è la questione per cui, se io ho un sito e da questo sito deriva un rischio per l'ambiente e per la salute, io non posso stare fermo. Devo intervenire. Nel momento in cui la norma impone l'adozione delle misure di prevenzione, stabilisce un obbligo di garanzia a carico del proprietario, obbligo di garanzia che comporta l'applicazione del famoso principio per cui non impedire un evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo.
  Il soggetto proprietario o gestore di un'area, ancorché non responsabile della contaminazione, che non si attiva per prevenire i rischi sanitari e ambientali e, quindi, per prevenire l'ulteriore diffusione della contaminazione e la possibilità che questa contaminazione colpisca ulteriori bersagli, nel momento in cui omette di fare questo, si trova a concorrere nell'attività di contaminazione e nella determinazione del rischio, ragion per cui viene a essere corresponsabile della contaminazione.
  Proprio grazie a questo meccanismo, seppure legittimamente i soggetti rispetto ai quali noi non siamo ancora riusciti a dimostrare in tutto e per tutta la responsabilità, o che non sono effettivamente responsabili, non siano tenuti e non provvedano agli interventi di bonifica, noi siamo comunque riusciti a far adottare le misure di prevenzione, proprio perché la mancata adozione delle misure di prevenzione comporta come conseguenza una responsabilità in concorso nell'inquinamento.
  Misure di prevenzione o misure di messa in sicurezza d'emergenza, secondo me, sono la stessa cosa. Noi siamo riusciti anche a far passare questa tesi al TAR. C’è una sentenza del TAR che ha detto che le misure di messa in sicurezza ed emergenza altro non sono che una specie particolare del genus più ampio delle misure di prevenzione.
  Sulla base di questi elementi giuridici la Solvay, proprio perché teme di poter essere chiamata a responsabilità, ha adottato e sta adottando tutte le misure di prevenzione che le sono state richieste. Nel caso dello stabilimento...

  PAOLA NUGNES. Cosa intende per messa in sicurezza e prevenzione a che non si diffonda ?

  MAURIZIO PERNICE, Direttore generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Sono misure di messa in sicurezza d'emergenza, ossia le misure essenziali per impedire la diffusione della contaminazione o i rischi per la salute e per l'ambiente.
  Le faccio un esempio. Se io sto su un terreno che è pulito, ragion per cui non c’è contaminazione e non c’è un collegamento tra la contaminazione delle acque e il terreno, ma purtroppo ho la sfortuna di avere acque inquinate che mi passano sotto, con sostanze volatili che possono venire sopra e danneggiare le persone che lavorano sul sito, il proprietario non ha alcuna responsabilità, ma è evidente che deve adottare delle misure per fare in modo che le persone siano in una situazione di sicurezza sanitaria.
  Queste misure poi varieranno a seconda se si tratti di un'area industriale o di un'area urbanizzata. In un'area residenziale, per esempio, c’è il presupposto che ci siano i bambini che giocano e che sono più bassi. È chiaro che ci sarà un problema maggiore rispetto ad aree industriali che magari sono solette di cemento, dove la gente sta in piedi. Ci sono delle misure diverse.
  Per quanto riguarda lo stabilimento chimico Bussi, le misure di prevenzione e di messa in sicurezza d'emergenza consistono in un sistema di barrieramento Pag. 51idraulico per impedire la fuoriuscita dei contaminanti. È ovvio che il problema di quest'area non andrebbe affrontato semplicemente con la messa in sicurezza di questo tipo. È evidente, infatti, che chiunque dovesse entrare in quel sito si verrebbe a trovare sulle spalle, sul groppone – diciamo così – un obbligo di continuare a mantenere per non si sa quanto tempo (trent'anni, cinquant'anni, cent'anni) queste misure di messa in sicurezza, che valgono circa 1,5 milioni di euro l'anno.
  Voi potete immaginare se il comune o un'amministrazione si possa far carico di un problema del genere. Pertanto, il primo problema in questo sito è intervenire laddove c’è una maggiore evidenza di contaminanti e operare lì per evitare e limitare la diffusione degli stessi.
  Come mi hanno spiegato i tecnici – io non sono un tecnico, ma cerco di capire – quando si interviene nel sito dove ci sono queste concentrazioni e contaminazioni, bisogna tenere conto che a valle e a monte ci sono delle aree, dei posti in cui le concentrazioni di contaminanti sono altissime, mentre, quando si arriva giù alla barriera idraulica, che pure ha un effetto di risucchio, sono notevolmente più bassi.
  Molto probabilmente, se si intervenisse bene su queste zone, che sono individuate e ben individuabili – così mi hanno spiegato – per la conformazione idraulica, si potrebbe arrivare a un sistema di controllo a valle, al posto di un barrieramento attivo, con misure di contenimento passive, accompagnate ovviamente da monitoraggi che consentirebbero di intervenire laddove si evidenziasse contaminazione e di avere una fruizione e un recupero industriale dell'area in modo più rapido, con costi che sarebbero assolutamente sostenibili. Teniamo conto che quella è un'area a vocazione industriale. Mi sembra che nessuno immagini di attribuirle un'altra vocazione.
  Io credo che questo sia un punto fondamentale rispetto alla possibilità anche di fare accordi con la proprietà, in modo tale che qualcun altro subentri e poi si trovi a operare in un sito senza troppi oneri insostenibili.
  Poi ci sono le aree esterne allo stabilimento. Per le aree esterne allo stabilimento c’è tutta una situazione che ultimamente è piuttosto articolata. In queste aree esterne sono presenti due discariche. Queste due discariche sono state regolarmente autorizzate nel 1988 e nel 1983 dalla regione Abruzzo. Ci sono una discarica 2A per rifiuti urbani e speciali non tossici e nocivi autorizzata per 12.000 metri quadrati e una discarica 2B per rifiuti speciali tossici e nocivi di 8.000 metri quadrati.
  Non so se voi siete stati a Bussi. Io sono stato nell'area, perché tra l'altro ero stato nominato custode giudiziario e, quindi, sono andato a vedere dove mi trovavo.
  Praticamente dovete immaginare che c’è un'area abbastanza pianeggiante, dove si trova la discarica 2A. Poi incomincia la collina, dove c’è questa piccola discarica 2B per rifiuti speciali tossici e nocivi. In mezzo c’è la strada.
  Intorno alla discarica 2A pian piano nel tempo sono state accumulate ingenti quantità di rifiuti. Non si è certi, peraltro, che i rifiuti siano stati messi in questa discarica 2A. Proprio perché era una discarica per rifiuti non pericolosi, non era fatta con tutte quelle precauzioni, che peraltro sono state definite con la normativa successiva in materia di discariche.
  Tenete presente che nelle aree limitrofe alla discarica 2A i rifiuti sono circa 255.000 metri cubi. La discarica 2A è di 12.000 metri cubi. Intorno e sopra la discarica 2A ci sono circa 88.000 metri cubi di rifiuti. Infatti, si va da un'altezza di 6 metri fino a un metro sul piano campagna.
  La discarica 2B era di 8.000 metri cubi e ci sono circa 2.000 metri cubi in più intorno alla discarica. Complessivamente, quindi, nelle aree limitrofe abbiamo circa 165.000 metri cubi di rifiuti. Si tratta di un'enorme area di deposito incontrollato, che, più che interessare la discarica 2B tossici e nocivi, interessa la discarica 2A, in cui era più facile sversare.
  Dalle caratterizzazioni che sono state effettuate – anche qui le indagini sono state effettuate nel 2003, 2004, 2007, 2009 Pag. 52e poi sono state raccolte in un Piano di caratterizzazione integrativo predisposto nel 2011 da Environ – risulta che le maggiori evidenze di contaminazione siano proprio in prossimità o derivino da queste due discariche. In una perché evidentemente i rifiuti di 2A sono stati abbancati sia dentro, sia fuori in modo incontrollato; nella discarica 2B tossici e nocivi perché evidentemente quella discarica non tiene bene.
  In particolare, le indagini di caratterizzazione hanno evidenziato che il suolo risulta contaminato sempre da metalli (mercurio, piombo, arsenico, cromo 6, rame e zinco). Come vedete, sono quasi le stesse sostanze che si trovano all'interno dello stabilimento. Poi ci sono idrocarburi C»12 e C2 e tetracloroetilene.
  Nella matrice acque abbiamo gli stessi contaminanti, con un elevato livello di corrispondenza, perché abbiamo il mercurio, che corrisponde, il piombo, che corrisponde, l'arsenico, che corrisponde, il cromo 6, che corrisponde, gli alifati clorurati e alogenati, che corrispondono.
  Tutti questi dati sono stati validati da ARTA. Questa è la situazione dell'area nord.
  Il Ministero dell'ambiente aveva adottato una diffida, non solo per le aree a nord, ma anche per la discarica Tre Monti, sulla quale poi mi soffermerò, nei confronti di Edison, con la quale ordinava a Edison di provvedere alla rimozione di tutti i rifiuti e al ripristino dello stato dei luoghi.
  Questa ordinanza non è stata adottata ai sensi della parte sesta del decreto legislativo n. 152, in primo luogo perché il decreto n. 152 dice che le disposizioni nella parte sesta, per espressa previsione di legge, non si applicano ai fatti antecedenti. In secondo luogo, la stessa parte sesta prevede che, in ogni caso, l'ordinanza del ministero per imporre il ripristino dello stato dei luoghi debba essere adottata, a pena di decadenza, entro due anni dalla conoscenza del fatto. È evidente, quindi, che, in questo caso, eravamo fuori, perché i fatti sono antecedenti e anche perché erano previsti i due anni.
  Questa diffida è stata effettuata ai sensi della legge n. 349 del 1985, che ha istituito il tributo per il conferimento dei rifiuti in discarica anche per i rifiuti illecitamente smaltiti. La norma prevede che, in presenza di una discarica abusiva, laddove il proprietario non abbia comunicato l'esistenza di questa discarica prima che le pubbliche autorità ne rinvenissero l'esistenza, il proprietario non solo sia obbligato al ripristino dello stato dei luoghi, ma sia tenuto anche al pagamento del tributo in discarica. Questo, ossia l'obbligo di pagare il tributo in discarica e di procedere al ripristino, vale a maggior ragione per i soggetti responsabili della discarica abusiva.

  PRESIDENTE. Lei ha detto che tutto, sia la discarica 2A, sia la discarica 2B, sia questa discarica abusiva scoperta è stato imputato a Edison. Dico bene ? La 2A non era al servizio del pubblico ?

  MAURIZIO PERNICE, Direttore generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. No, è anche per speciali. Il problema è che, pur essendo state autorizzate, dalle evidenze che ci sono risulta chiaro che una non è fatta sicuramente a regola d'arte, mentre nell'altra sono stati conferiti rifiuti diversi da quelli per i quali era stata autorizzata. Comunque ci troviamo di fronte a una discarica non autorizzata.

  PRESIDENTE. L’imprinting della 2A dimostra che anche lì la tipologia dei rifiuti andata non era quella dei rifiuti urbani della città, ma di Edison.

  MAURIZIO PERNICE, Direttore generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. In primo grado il TAR ci ha dato ragione, in secondo grado no. Su questa seconda sentenza noi stiamo valutando possibili iniziative, perché le sentenze del Consiglio di Stato sono impugnabili in Cassazione per eccesso di giurisdizione.Pag. 53
  Sinceramente, il Consiglio di Stato se l’è cavata dicendo che quelle norme sono state implicitamente abrogate, perché le norme sulle bonifiche dettano una disciplina diversa incompatibile con quella. In realtà, questo non è vero, perché, tralasciando la responsabilità per danno ambientale, che anche qui avrebbe potuto essere evocata, la disciplina delle bonifiche prevede la rimozione delle fonti di contaminazione, o l'isolamento, o il trattamento delle fonti di contaminazione.
  Il ripristino dello stato dei luoghi in presenza di una discarica non è altro che la rimozione della fonte di contaminazione primaria. Io questa incompatibilità sinceramente non la vedo. Il profilo di giurisdizione io lo vedo in quanto, nel dire che quella norma è stata implicitamente abrogata, ciò viene a incidere anche sulla norma che prevedeva il pagamento del tributo.
  L'altro aspetto è che Edison, nel fare ricorso al TAR, non aveva notificato il ricorso, per la parte delle aree a nord, a Solvay. È evidente che Solvay, che ha acquistato da Edison, se trova un sito inquinato, è naturalmente controinteressata rispetto al mantenimento di un provvedimento che impone a Edison di pulire tutto. Nel momento in cui Edison pulisce tutto, infatti, anche Solvay ha un beneficio e risolve il problema per le aree a nord.
  Il TAR in primo grado, infatti, aveva dichiarato l'inammissibilità per quella parte del ricorso proprio perché Edison non aveva notificato al controinteressato. Il Consiglio di Stato, invece, ha obiettato che il controinteressato non era individuato e che, quindi, non c’è inammissibilità e ha risolto così il problema.
  Dal mio punto di vista la questione mi ha lasciato molto perplesso. Stiamo valutando adesso, in generale, come affrontare questo problema.
  Nel frattempo, poiché io ero stato nominato come custode giudiziario, mi ero posto il problema di come risolvere la situazione, perché immaginavo che anche dare un piccolo segnale – lì ci sono 5 ettari di terreno – ossia riuscire a risolvere il problema dell'inquinamento, rimuovere i rifiuti da questi 5 ettari e rendere l'area fruibile, sarebbe stata una cosa utile.
  Ho parlato con la procura, con il comune, con Legambiente e poi col WWF, prospettando una situazione ragionevole, che teneva conto anche delle previsioni del Piano regionale di gestione dei rifiuti per la parte Piano di bonifica dei siti contaminati. Visto che a Solvay avevamo chiesto di adottare le misure di prevenzione consistenti in una copertura leggera dell'area, per evitare l'infiltrazione delle acque nei rifiuti e, quindi, il dilavamento in falda, e di fare un monitoraggio con l'eventuale trattamento delle acque in uscita dall'area, il ragionamento era stato il seguente: se procediamo subito con un intervento di rimozione di rifiuti, in cui Solvay ne fa una parte e il Commissario ne fa un'altra, invece di spendere tutti i soldi pubblici, io ottimizzo le risorse pubbliche utilizzando in parte le risorse di Solvay.
  Solvay era disponibile. L'idea e lo studio di fattibilità che ha presentato Solvay consistevano nel rimuovere tutti i rifiuti da circa un ettaro e mezzo dell'area – in capo al Commissario sarebbero rimasti, quindi, 3 ettari – rimuovere i rifiuti dalla discarica 2C, fare laddove è localizzata la discarica 2B, con un leggero ampliamento, una nuova discarica a regola, ai sensi del decreto legislativo n. 36 del 2003, e riconferire i rifiuti che stavano già lì e una parte dei rifiuti che venivano rimossi dall'area.
  Questa ipotesi è stata comunicata al commissario, il quale non solo non era d'accordo, ma ha deciso di procedere e di fare tutto. Gli è stato chiesto di aspettare e di concordare. Perché io dovevo spendere tutti i soldi pubblici, quando potevo ottimizzare le risorse pubbliche, e quindi, invece di spendere 40 milioni, ne potevo spendere 20-25 e tenere gli altri per fare altri interventi ?
  All'inizio si diceva prima di fare la discarica per non pericolosi. A livello locale, invece, c’è stata una spinta per cui dovevano essere portati via tutti i rifiuti. Vi ricordo che la norma prevede che il Piano di bonifica della Regione debba Pag. 54prevedere dove vanno i rifiuti che provengono dalle bonifiche. A tal fine, la priorità è proprio quella di utilizzare parte del sito per evitare che questi rifiuti circolino.
  A un certo punto, al Commissario, che è pur sempre il Commissario, gli era stato chiesto di coordinare l'attività con Solvay, posto che Solvay era sempre rimasta disponibile a fare la sua parte. I rifiuti sarebbero stati portati fuori, ma per una parte di questi Solvay avrebbe provveduto.
  Nella riunione dell'11 giugno 2014, dopo vari rimpalli, il Commissario ha accettato di fare questo intervento, ossia di rimuovere i rifiuti. Ha accettato di fare questo progetto e di coordinarsi con Solvay, che era interessata. Se si fa un intervento in tempi rapidi, si evita anche di spendere inutilmente soldi per la prevenzione. Quindi, c'era anche un interesse da parte della Solvay. È vero che avrebbe speso di più, ma avrebbe risolto il problema senza dover stare a monitorare l'area.
  Questo l'11 giugno del 2014. Il Commissario ha presentato un progetto il 24 novembre 2014. Il progetto è stato mandato all'ISPRA e sottoposto alla nostra Unità di assistenza tecnica. L'ISPRA ha rilasciato il parere il 28 gennaio e la nostra Unità di assistenza tecnica il 22 gennaio. Il progetto del Commissario è stato portato in Conferenza di servizi il 16 febbraio ed è stato esaminato.
  Il problema è che, quando si fa un progetto preliminare, non ci si può limitare a dire che si portano via i rifiuti, a individuare le discariche e a ipotizzare un prezzo. Se si deve approvare un progetto, è chiaro che il quadro economico è importante, anche perché stiamo parlando di risorse pubbliche. Uno deve poi rispondere dell'utilizzo delle risorse pubbliche. Ancora oggi non si conoscono i quantitativi di rifiuti pericolosi da smaltire, né i quantitativi di rifiuti non pericolosi. Non sono state fatte indagini preliminari all'elaborazione del progetto. Non c’è alcun impegno di queste discariche indicate a ricevere i rifiuti, né si conosce il relativo prezzo. Non si sa come sono state.
  È un'idea. Noi abbiamo chiesto delle integrazioni. Abbiamo chiesto di presentare un progetto preliminare che rispondesse ai criteri dei progetti preliminari previsti dalla legge n. 163, ossia dalla normativa sugli appalti, proprio per avere tutti i dati che consentano una valutazione. Già a livello di studio di fattibilità si dovrebbero avere i dati essenziali che consentono di elaborare un progetto e, quindi, aver fatto delle indagini e delle verifiche, a maggior ragione nel preliminare.
  Questi riscontri noi non li abbiamo avuti. Pertanto, c’è stata una riunione, alla quale il ministro, sollecitato da alcuni parlamentari, ha convocato il Commissario e ha chiesto la presentazione di quel progetto integrato. Inoltre, ha chiesto la presentazione del progetto dell'area ex Medavox, che il Commissario si era impegnato a produrre, scrivendolo con nota, sin dal 14 agosto 2014.
  Questo avveniva a fine marzo, il 23-24 marzo del 2015. Il 13 aprile 2015 sono stati presentati questi elaborati, già illustrati in un'apposita riunione che c’è stata l'altra settimana, in cui i progettisti incaricati dal Commissario hanno descritto e spiegato i contenuti del progetto Medavox e fornito una spiegazione delle integrazioni.
  Le integrazioni sul progetto dell'area a nord sono state tutte rinviate al progetto esecutivo. Non mi risulta che ci sia più alcun coordinamento con Solvay, la quale sta procedendo con le misure di prevenzione, perché non può stare ferma. Nessuno, peraltro, le può dire di stare ferma.
  Del resto, parliamoci chiaro: essendoci un progetto già predisposto e da realizzare, si può fare un discorso e dire a Solvay che, visto che i rifiuti, da qui a 6-7 mesi si rimuovono, invece di spendere i soldi per la prevenzione, potrebbe tenere sotto controllo, fare monitoraggio, mettere in funzione dei pozzi, che siano pronti a essere attivati come barriera idraulica, se vede qualche situazione di criticità. Ho, però, la certezza che ci sia un progetto e che questo progetto verrà eseguito in tempi brevi.Pag. 55
  Ad oggi io non so quando verrà presentato un progetto che può essere approvato – se vuole, se lo approvi lui, che ha i poteri; non vedo perché non se lo approva – e, quindi, non conosco i tempi di realizzazione del progetto. Obiettivamente, il ministero, io in particolare, non si può assumere la responsabilità di imporre a Solvay l'interruzione delle misure di prevenzione senza avere la certezza che quell'intervento si farà, sarà completato e in quanto tempo si farà.
  Sull'area Medavox c’è un ulteriore problema, che in parte è di carattere amministrativo, ma fondamentalmente è di natura tecnica. L'area Medavox è quella che sta all'interno del SIN di Bussi, proprio in prossimità del barrieramento idraulico. I terreni sono in buone condizioni, in quell'area. Non c’è un collegamento fra l'inquinamento della falda e la qualità e la situazione dei terreni.
  Il problema è che l'area è in prossimità del barrieramento idraulico e, quindi, c’è il problema della prevenzione per i rischi di chi sta sopra. Inoltre, si trova vicino a un'area altamente contaminata. La soluzione proposta è quella di fare una soletta di cemento per mettere dei capannoni leggeri e utilizzare l'area.
  Sono state fatte delle osservazioni e delle valutazioni tecniche preliminari. Appena avrò le valutazioni definitive, sia di ISPRA, sia dell'Unità di assistenza tecnica, le comunicherò al Commissario.
  Poi c’è anche il problema che quell'area comunque è di proprietà di Solvay. Perché sia utilizzata ci vuole comunque un accordo con la proprietà.
  Il sito su cui veramente il Commissario è intervenuto è l'area Tre Monti, dov’è localizzata la discarica Tre Monti. È stato fatto un intervento di messa in sicurezza definitiva, con una copertura e un isolamento. Il problema, però, è che i rifiuti stanno a bagno. Nella confluenza tra il Tirino e il Pescara ci sono critiche evidenze di inquinamento, che molto probabilmente vengono dalla discarica Tre Monti.
  In un parere ISPRA muove una serie di osservazioni e, giustamente, dice che la discarica Tre Monti non si può considerare come una black box, che sta là e di cui nessuno si occupa, perché ci sono dei rifiuti tali che, anche se c’è la copertura e la palancolata, stanno dentro l'acqua.
  Forse sono stato troppo prolisso, ma sono queste le situazioni.

  PRESIDENTE. Credo che il quadro che ha fatto sia piuttosto chiaro. Prima abbiamo sentito il Commissario. Il problema è che non si riesce a comprendere come andare avanti. Chiaramente il Commissario l'ha raccontata diversamente, o meglio, l'ha raccontata in modo uguale, ma dicendo che la soluzione lui sta portando avanti. Stasera credo che debba concordare con SOGIN – ci diceva che ha questo rapporto con SOGIN – e con Solvay per cercare di capire come chiudere questa situazione.
  Mi chiedo, però, una cosa. Visto che sono stati fatti tanti accordi di programma, all'interno del ministero... Non vorrei fare riferimento ad un altro sito che ci sta particolarmente a cuore e che abbiamo visto di recente: Cogoleto. Lo farò a livello personale, ma credo che sarò seguito anche da altri colleghi, per cercare di capire quali sono le intenzioni del ministero. È una situazione in cui tutti gli anni si fa il rinnovo del Commissario, ma che, secondo me, va affrontata una volta per tutte.

  MAURIZIO PERNICE, Direttore generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il Commissario, però, ha un anno per...

  PRESIDENTE. Sì, ma in un anno a chiudere quella partita, secondo me, non è possibile. Inoltre, lì ci sono dei problemi analoghi. Per esempio, vorrei capire, con riferimento al trattamento delle acque di falda e al costo del trattamento per le acque di falda dell'impianto di Cogoleto, e che costa più o meno quella cifra, se il comune di Cogoleto riesce a pagarla per trent'anni. Tanto è la durata di quel tipo di attività.Pag. 56
  Questo non è un problema del dirigente, credo che sia anche un indirizzo politico. Bisognerà capire come il ministero – porremo il quesito al ministro – intenda affrontare questi problemi. Se non si raggiunge un accordo di programma, almeno con la regione, sarà difficile per i comuni gestire la situazione.
  Oggi ci diceva il commissario Goio che esiste un problema, a cui anche lei a fatto riferimento, ossia che comunque la messa in sicurezza di Tre Monti ha, per i motivi detti, dei limiti. In più, se sul trattamento delle acque di falda non si raggiunge un accordo, chi si porta a casa il trattamento delle acque di falda oltre che la reindustrializzazione del sito ? Deve essere una sorta di benefattore, che oggi si fa fatica a trovare. O esiste un interesse da parte di chi si interessa alla reindustrializzazione dell'area, oppure rimarrà così per altri trent'anni.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  STEFANO VIGNAROLI. Speriamo innanzitutto che stasera questa cena tra il Commissario e Solvay sia proficua. Passo alle domande. Innanzitutto, per quanto riguarda i SIN in generale, ma soprattutto questo, mi rifaccio alla convenzione di Aarhus e mi domando se il ministero pubblichi, oltre alla convocazione della Conferenza dei servizi, anche tutta la documentazione agli atti. Spesso i comitati e i cittadini hanno difficoltà ad avere informazioni per quanto riguarda queste vicende.
  Nello specifico, ho una domanda, perché vorrei capire bene: che attività sta facendo adesso Solvay che, se fosse approvato il progetto definitivo, potrebbe sospendere, per risparmiare dei soldi e investirli in questo progetto ? Forse mi sono perso io e non l'ho capito.

  MAURIZIO PERNICE, Direttore generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Con riferimento all'area industriale, non all'area esterna ?

  STEFANO VIGNAROLI. Esatto.

  MAURIZIO PERNICE, Direttore generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Le tecnologie per fare un intervento diverso ci sono. In quell'area il problema non si risolve con una semplice messa in sicurezza dell'area com’è adesso. Non si può immaginare di pompare l'acqua per cinquant'anni, a 1,5 milioni...

  STEFANO VIGNAROLI. Attualmente sta pompando acqua ?

  MAURIZIO PERNICE, Direttore generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Certo, perché c’è. Per evitare la diffusione della contaminazione, a valle dello stabilimento, in limine con le aree Medavox, c’è un sistema di pozzi che fanno una barriera idraulica. Si pompa l'acqua, si manda al depuratore e si rilascia. Questo, essenzialmente, fra corrente, manutenzione e via discorrendo, costa 1-1,5 milioni l'anno.
  Il comune dice che Solvay gli dà 10 milioni per fare questo trattamento per dieci anni. Va bene, ma poi ? Se non si risolve il problema andando ad aggredire le fonti di contaminazione... Mi hanno spiegato che la situazione è complicata. Io non dico che possano essere rimosse tutte le fonti di contaminazione completamente, ma per incidere pesantemente sulla concentrazione e sulla consistenza di queste fonti di contaminazione si potrebbero utilizzare come sistemi di barrieramento dei sistemi passivi – così mi hanno spiegato, ma forse lei lo sa meglio di me – che costano molto di meno, di ordini di grandezza inferiore.
  Tali sistemi consentirebbero, quindi, a un consorzio che si insedia nell'area di mantenere il monitoraggio e questo controllo, in attesa che, progressivamente una volta che sono state eliminate le fonti di contaminazione più pesanti, la situazione si normalizzi fino, dopo venti o trent'anni, a risolverla.Pag. 57
  È ovvio, però, che, se questo io non lo faccio, dovrò continuare a pompare. Peraltro, là sotto mi hanno spiegato che c’è una falda con volumi d'acqua notevolissimi.

  STEFANO VIGNAROLI. Questa frizione di vedute di avanzamento dei progetti fra ministero e Commissario mi sorprende e vorrei capirla. Il Commissario è stato nominato da chi ?

  MAURIZIO PERNICE, Direttore generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Dalla Protezione civile.

  STEFANO VIGNAROLI. Quindi non dal ministero.

  MAURIZIO PERNICE, Direttore generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Quell'iniziativa sull'area nord io l'ho presa dopo che sono stato nominato custode giudiziario. Una volta che sono stato nominato custode giudiziario, io mi sono preoccupato di fare qualcosa. Sono andato, quindi, a parlare con la procura, col comune, con il WWF, prospettando una soluzione che a me sembrava ragionevole, anche perché consentiva di fare un intervento rapido e di risolvere il problema. Lo ribadisco, oggi c’è una discarica che non va bene. Rimetterla a norma e, così facendo, risolvere l'80 per cento dei problemi, senza far girare i rifiuti, secondo me era una situazione...
  Dopodiché, si dice che devono essere portati via tutti i rifiuti ? A me va benissimo. Mi limito a osservare che Solvay si è dimostrata disponibile – io l'ho sollecitata e la società si è dimostrata a risolvere il problema – ma è dall'11 giugno del 2014 che, una volta definita la soluzione di portare via tutto, bisognava fare un intervento coordinato con Solvay. A me sembra che questo fino a oggi non sia avvenuto.
  Almeno a me Solvay ha sempre dato la disponibilità. Abbiamo fatto incontri e hanno dichiarato di essere disposti a vederci. La mia idea, quand'ero custode giudiziario, era quella di smuovere un po’ le acque e, col minimo utilizzo di risorse pubbliche, liberare cinque aree e dare il senso di aver fatto qualche cosa.

  STEFANO VIGNAROLI. Per quanto riguarda i rifiuti, lei prima ha chiedeva ovviamente dove andranno a finire, visto che non si vuole fare la discarica di rifiuti pericolosi...

  MAURIZIO PERNICE, Direttore generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. La discarica era diventata per non pericolosi.

  STEFANO VIGNAROLI. Lei dice, quindi, che era diventata una discarica di rifiuti non pericolosi. Oggi il Commissario ci ha detto che i rifiuti verranno portati in Calabria, in Puglia, se non sbaglio, e nelle Marche sicuramente. Lei attualmente conferma, però, che non c’è un preventivo, un prezzo, un contratto, un'intesa. È tutto campato in aria ?

  MAURIZIO PERNICE, Direttore generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Non c’è niente. Infatti, è questo il nostro problema. Non si sa nemmeno quanti sono i rifiuti pericolosi, quanti sono quelli non pericolosi, che caratteristiche hanno. Non è stata fatta alcuna prova di lisciviazione. Non sono state fatte indagini preliminari.
  Quando si fa un progetto preliminare, ma già quando si fa lo studio di fattibilità – il progetto preliminare, infatti, è tanto più affidabile quanto meglio è fatto lo studio di fattibilità – ci si basa su tutta una serie di dati che consentono di elaborare il progetto. Il progetto non è portare via tutto, altrimenti ho fatto il progetto: porto via tutto e lo porto in discarica. Magari vado a vedere dove stanno le discariche.
  Quanto alla Calabria, voi sapete qual è la situazione dello smaltimento dei rifiuti in Calabria ?

Pag. 58

  PRESIDENTE. Direi che la conosciamo piuttosto bene. Non credo che la Calabria possa essere un luogo dove andare a portare dei rifiuti, anche se durante l'emergenza campana le discariche lì si erano rese disponibili.

  STEFANO VIGNAROLI. Se non ricordo male, ha detto che il trasporto e la gestione saranno fatti con vigilanza della Polizia giudiziaria, affinché non sia fatta confusione fra pericolosi e non e sulla destinazione, se non ricordo male.

  MAURIZIO PERNICE, Direttore generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Sì, ma il problema è che un progetto preliminare prevede anche un quadro economico. Se non so quali sono le quantità in gioco, sia dei rifiuti pericolosi, sia dei non pericolosi, se non so quali sono le quantità in gioco di materiale che io, attraverso un'attività di recupero, posso riutilizzare, se non indico di preciso i macchinari che utilizzo per il recupero, se non fornisco delle indicazioni, in sostanza, non posso fare il quadro economico. Non so quanto mi costa. Se io non ho un minimo di intesa con delle discariche, anche sui prezzi, non lo posso fare. È questa la criticità.

  PRESIDENTE. Abbiamo sviscerato abbastanza bene il problema. Chiederemo anche al ministro, quando viene, che cosa vuole fare.
  Se non ci sono altre domande, ringrazio il nostro ospite e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione del responsabile del servizio emergenza ambientale dell'ISPRA, Leonardo Arru.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del responsabile del servizio emergenza ambientale dell'ISPRA, ingegnere Leonardo Arru, che ringrazio per la presenza. L'ingegnere Arru è accompagnato dall'ingegnere Paola Di Toppa, sempre dell'ISPRA.
  Noi stiamo conducendo un approfondimento specifico su Bussi e dovremmo a breve effettuare anche un sopralluogo in loco, pertanto oggi ci interessava con voi focalizzare la questione relativa al SIN, anche se sappiamo che voi vi occupate del danno ambientale in generale. Abbiamo sentito, in proposito, il commissario delegato Goio e il direttore Pernice, per il Ministero. Abbiamo visto che ci sono visioni anche molto differenti riguardo a quello che succederà dopo.
  Nel vostro caso il tema è quello di capire, riguardo alla questione del danno ambientale, qual è lo stato dell'arte e qual è la situazione. Abbiamo visto che il processo di primo grado è finito in un dato modo; vedremo che cosa succederà in Cassazione. Al di là degli aspetti, che stamattina abbiamo anche verificato, di carattere sanitario, che non sono stati considerati più di tanto in fase di emissione della sentenza, ci è sembrato di capire che gli estremi per procedere riguardo al danno ambientale ci siano tutti. Si tratta, quindi, oggi con voi, di focalizzare l'attenzione sul tema. Poi, chiaramente, potranno seguire delle domande. Do quindi la parola all'ingegnere Arru perché ci spieghi le questioni specifiche legate al tema della bonifica del sito di Bussi.

  LEONARDO ARRU, Responsabile del servizio emergenza ambientale dell'ISPRA. Molto sinteticamente, l'ISPRA effettua un'azione di supporto al Ministero dell'ambiente per la valutazione del danno ambientale. In questo quadro l'ISPRA è stato incaricato di effettuare la valutazione del danno ambientale per il sito di Bussi sul Tirino nell'ambito del procedimento penale n. 1602, instaurato presso il tribunale di Chieti. Successivamente il sottoscritto è stato nominato consulente tecnico di parte del Ministero dell'ambiente nel procedimento.
  Visto che il tempo è poco, pur avendo preparato una presentazione al computerPag. 59vi sintetizzo i punti essenziali molto rapidamente. La relazione fa una descrizione del sito dal punto di vista sia geografico, sia storico delle produzioni che venivano effettuate nel sito. Descrive, poi, le attività che hanno prodotto i danni ambientali, fa la valutazione dei danni ambientali; infine individua gli interventi di riparazione necessari per porre un rimedio al danno ambientale.
  La valutazione del danno ambientale si basa, ovviamente, sui fatti contestati nel procedimento penale. La normativa di riferimento, in questo caso specifico, riferendosi a fatti antecedenti al 30 aprile 2006, si basa sulle disposizioni dell'articolo 18 della legge 8 luglio 1986 n. 349, la legge istitutiva del Ministero dell'ambiente.
  È interessante l'inquadramento territoriale. Il sito produttivo si trova sulle sponde del fiume Tirino, la maggior parte sulla destra idrografica e una piccola parte sulla sinistra idrografica. A monte del sito produttivo ci sono due discariche autorizzate, chiamate 2A e 2B, e una discarica abusiva, che è adiacente a queste due discariche.

  PRESIDENTE. La Tre Monti ?

  LEONARDO ARRU, Responsabile del servizio emergenza ambientale dell'ISPRA. La Tre Monti sta da un'altra parte. Questa sta sempre lungo il corso del fiume Tirino. Peraltro, sono oggetto della valutazione del danno ambientale anche le discariche 2A e 2B, che erano autorizzate, ma per rifiuti completamente diversi rispetto a quelli che sono stati poi realmente smaltiti nelle discariche stesse.
  La discarica Tre Monti, invece, si trova alla confluenza tra il fiume Tirino e il fiume Pescara – sta proprio in quel punto – ed è soggetta di più all'azione del fiume Pescara, quindi, alla falda. A valle della confluenza tra il fiume Tirino e il Pescara, lungo le gole del fiume Popoli, c’è il campo pozzi di Colle Sant'Angelo, che è ugualmente importante ai fini della Valutazione del danno ambientale, in quanto lì vi erano – vi sono ancora ma non sono più utilizzati – 8 pozzi dai quali veniva emunta l'acqua che veniva distribuita dalla rete acquedottistica della Val Pescara.
  Gli impianti fondamentali, quelli principali, del sito produttivo sono tre: c’è l'impianto cloro-soda, in cui si producevano la soda caustica e il cloro tramite delle celle elettrolitiche; questo fatto è importante perché in queste 50 celle elettrolitiche c'erano degli anodi di mercurio al calomelano (il mercurio è uno degli inquinanti principali del sito di Bussi sul Tirino); poi c’è l'impianto cloro-metani, che si trova al centro dell'impianto, dove venivano prodotti solventi clorurati organici, in particolare di clorometano, tricloroetano e tetracloroetano e acido cloridrico utilizzando varie sorgenti come materie prime; l'impianto che si trova, invece, alla sinistra idrografica del fiume Tirino è l'impianto cosiddetto SIAC, dove si producevano antidetonanti per la benzina, ossia piombo tetraetile e piombo tetrametile.
  Come ho già detto prima e come ripeto, perché è una delle questioni fondamentali, l'inquinamento è dovuto a tre tipologie di sostanze: il mercurio, i composti organici clorurati e il piombo. Gli impianti da cui provenivano ve li ho descritti prima.
  Quali sono le attività che hanno prodotto il danno ambientale ? Fondamentalmente sono i rilasci dagli impianti non controllati e una scorretta gestione dei rifiuti dello stabilimento. Parlo di scorretta gestione dei rifiuti sia in termini di allocazione dei rifiuti in discariche che non erano attrezzate per ricevere tali rifiuti, sia in termini di utilizzo di rifiuti per rimodellamenti all'interno del sito produttivo.
  Praticamente, la contaminazione è stata distribuita in tutto il perimetro aziendale. I rilasci di sostanze inquinanti, in particolare, hanno causato in alcuni punti, sempre all'interno dello stabilimento, delle aree in cui vi sono concentrazioni delle sostanze contaminanti di cui vi ho parlato prima di oltre 10 volte. Questi punti sono chiamati hot spot ed è su questi che è principalmente incentrata l'attività di bonifica della Solvay. Per quanto riguarda la gestione di rifiuti, la Pag. 60ometto per stringere. Ritornando alle discariche, che oltre al sito produttivo sono i punti fondamentali, a monte del sito produttivo ci sono due discariche autorizzate. In queste ultime, però venivano smaltiti rifiuti che non potevano essere ammessi in quelle discariche, in quanto esse non avevano tutti i presìdi ambientali necessari per impedire che le sostanze contaminanti passassero dalle discariche alle matrici ambientali, ossia suolo, sottosuolo, falda sotterranea e acque superficiali.
  Accanto a queste due discariche vi è una discarica abusiva. Poi vi è un'altra discarica abusiva, come ho detto prima, la discarica Tre Monti. Sulle sostanze inquinanti non mi soffermo. Sono tutte, più o meno, secondo la classificazione IARC o anche secondo quella dell'Unione europea, probabili cancerogeni, letali e dannose per l'ambiente acquatico. Si tratta di sostanze pericolosissime.
  Per fare la valutazione del danno ambientale ci siamo concentrati sui suoli delle aree aziendali, sui suoli delle aree esterne, sulle acque sotterranee e sulle acque superficiali. La contaminazione è stata accertata con varie caratterizzazioni eseguite nel 2004 dalla Solvay e nel 2007 nell'ambito del procedimento penale in cui si inquadra questa valutazione del danno ambientale.
  Per quanto riguarda, invece, il campo pozzi, che comunque è sempre la falda, è stata accertata fin dal 2002, mentre per quanto riguarda i corpi idrici superficiali, cioè il Tirino e il Pescara, è stato accertato dalle indagini eseguite dall'ARTA nel 2012.
  Al riguardo vorrei mettere in evidenza un punto fondamentale, che spesso viene trascurato. I rifiuti sono stati posati nelle discariche in un periodo che va dagli anni settanta fino agli anni ottanta e oltre. Alcuni impianti, tra cui l'impianto che produceva le sostanze antidetonanti, hanno lavorato fino al 1990.
  Quando i rifiuti sono stati depositati in queste discariche e soggetti alle acque meteoriche, avevano la massima concentrazione di sostanze contaminanti e, quindi, la massima potenzialità di essere rilasciati all'ambiente. Il fatto che nel 2012 ancora risulti contaminazione delle acque superficiali e dei sedimenti, almeno nel fiume Tirino, indica che nel passato il velo di contaminazione, benché non sia stato scoperto e non sia stato monitorato, fosse sicuramente a livelli molto molto superiori, proprio perché c'era questa potenzialità enormemente più elevata da parte di rifiuti freschi di rilasciare le sostanze contaminanti.
  Per quanto riguarda i suoli aziendali, noi abbiamo suddiviso l'area in quattro zone a seconda della contaminazione. Come ho detto prima, i contaminanti sono mercurio, composti clorurati organici e piombo.
  Come abbiamo valutato il danno ? Stabilendo la quantità di terreno che è risultata contaminata, calcolandola molto semplicemente moltiplicando la superficie di contaminazione accertata per la profondità a cui sono stati effettuati i saggi. Tra l'altro, fino al fondo dei saggi il terreno risultava ancora contaminato. In realtà, quindi, la contaminazione si estende a profondità superiori rispetto ai saggi effettuati.
  Non entro nel merito delle quantità, ma comunque si tratta di centinaia di migliaia di tonnellate di terreno contaminato che bisognerebbe estrarre dalle aree di stabilimento e conferire a discariche autorizzate. Ovviamente, facendo le caratterizzazioni, potrebbe venir fuori che buona parte di questi rifiuti sia costituita da rifiuti pericolosi.
  Poi vi è il danno ai suoli delle aree esterne. Anche qui vi sono quattro aree, quelle che vi ho detto prima: ci sono le due discariche, che erano autorizzate, ma in cui venivano smaltiti rifiuti non consentiti, la discarica adiacenti alle due discariche autorizzate e la discarica Tre Monti, che sta a valle dello stabilimento, nella congiunzione tra il fiume Tirino e il fiume Pescara. Perché bisogna intervenire su queste discariche ? Perché le discariche non avevano i dovuti presìdi ambientali per impedire che la contaminazione andasse sulle varie matrici ambientali.Pag. 61
  Sui suoli non mi soffermo ulteriormente. Noi abbiamo fatto sempre il calcolo delle quantità di rifiuti da smaltire da queste discariche allo stesso modo, ossia calcolando l'area e la profondità fino alla quale arriva il corpo dei rifiuti. Anche in questo caso parliamo di centinaia di migliaia di tonnellate: arriveremo almeno a 500.000 tonnellate.
  Mi soffermerei, invece, un po’ sul danno alla falda: perché si è contaminata la falda ? La falda si è contaminata perché le acque meteoriche penetravano nel corpo dei rifiuti, scioglievano le sostanze contaminanti e le portavano in profondità alla falda. Non solo, questa è un'area ricca di acque, perché ci sono il fiume Pescara e il fiume Tirino e c’è un passaggio continuo a seconda dei periodi. Quando vi sono più o meno piogge e precipitazioni e, quindi, quando è più o meno alto il livello dei fiumi, c’è un travaso continuo tra la falda e i fiumi.
  Per esempio, secondo il mio giudizio personale, la discarica Tre Monti è interessata dalla falda che è alimentata dal fiume Pescara, quando il fiume Pescara si alza. Quel lavoro di impermeabilizzazione fatto dal commissario all'emergenza è sicuramente molto utile, perché impedisce la penetrazione le acque meteoriche e, quindi, il dilavamento da parte delle acque meteoriche, ma non viene eliminato questo ulteriore elemento, tant’è vero che risulta nel 2012 che le acque superficiali del fiume Pescara e del fiume Tirino fossero contaminate, oltre ai sedimenti che si sono accumulati sul fiume Tirino nel tempo.
  Questo è il punto per quanto riguarda la falda. Non entro nel merito, visto che il tempo è poco, ma per darvi un'idea, le sostanze contaminanti sono sempre quelle, con l'aggiunta di qualcun altra, che però è ancillare rispetto a quelle tre categorie di sostanze contaminanti.
  Andiamo sulla contaminazione. Come vi ho detto prima, a proposito del modo in cui abbiamo fatto il calcolo per quanto riguarda la quantificazione del danno ambientale al suolo, vi parlo anche della quantificazione del danno alla falda: com’è stato fatto ? Abbiamo individuato la direzione di flusso della falda, abbiamo individuato la sezione di massima lunghezza delle discariche attraverso la quale passa la falda e abbiamo identificato uno spessore di falda. Avendo la velocità della falda, calcolata in 2,5 metri al giorno, abbiamo valutato i volumi di acqua che sono passati attraverso queste sezioni e, quindi, i volumi di acqua che i soggetti obbligati avrebbero dovuto trattare per impedire la contaminazione della falda.
  La velocità è di 2,5 metri al giorno: va veloce, perché è molto permeabile. Tra l'altro, non ve l'ho detto, ma ve lo dico ora, vi sono in alcune aree sia falda superficiale, sia falda profonda, che però sono in collegamento. In particolare, per quanto riguarda la discarica Tre Monti, non esiste differenziazione fra falda superficiale e falda sotterranea. Praticamente è un unico corpo di falda.
  Calcolando in questo modo, come vi ho detto prima, i volumi di acqua contaminata per quanto riguarda la falda, arriviamo, per quanto concerne la discarica Tre Monti, a circa 300 milioni di metri cubi di acqua contaminata che il soggetto obbligato avrebbe dovuto trattare. Per quanto concerne, invece, la discarica abusiva che sta a monte del sito produttivo, parliamo di circa 3 milioni di metri cubi.
  Il calcolo è stato fatto, ovviamente, in maniera cautelativa per il soggetto obbligato, partendo dal momento in cui è finita la coltivazione della discarica, ammettendo che la contaminazione sia cominciata da quel momento, mentre, ovviamente, era in corso dal momento in cui si è cominciato a utilizzare le discariche.
  Per quanto riguarda gli anni da considerare, sono stati considerati i periodi nel corso dei quali vi è stata contaminazione della falda a causa del mancato intervento. Nel caso in cui è stata attivata la barriera idraulica, abbiamo valutato il tempo fino all'attivazione della barriera idraulica senza considerare se poi questa barriera idraulica fosse effettivamente efficace o meno. Secondo il mio giudizio, almeno nelle prime configurazioni, essa non era assolutamente efficace: ecco perché vi ho parlato di calcoli cautelativi.Pag. 62
  La falda ha un'altra funzione fondamentale, quella di alimentare il campo pozzi dell'acquedotto di Colle Sant'Angelo. In quel caso ci sono delle grosse responsabilità, perché già nel 2002 si è visto che venivano superati, per almeno due pozzi, alcuni parametri per le acque di consumo umano ai sensi del decreto legislativo n. 31 del 2001. A ciò si è ovviato in vari modi, addirittura con diluizioni; poi si è passati a filtri. Purtroppo, i filtri non venivano cambiati in tempo opportuno e succedeva che addirittura l'acqua a valle dei filtri in taluni periodi fosse più contaminata dell'acqua che entrava nei filtri proprio per questo motivo. C’è stata, quindi, una gestione proprio sconsiderata.
  Noi abbiamo fatto il calcolo anche della perdita di acqua idropotabile; l'abbiamo calcolata sulla base della portata della rete del campo pozzi, che mi sembra fosse di 440 litri al secondo. Partendo da quel dato, per tutto il periodo per il quale non si è potuto utilizzare il campo pozzi, si ottiene un volume di acqua che abbiamo perso ai fini idropotabili.
  Per quanto riguarda, invece, i corpi idrici superficiali, vi ho spiegato prima come avviene ancora la contaminazione. Si alza il livello dei fiumi, quindi, a seconda dei vari periodi dell'anno, c’è un passaggio dalla falda ai fiumi, oppure un passaggio dai fiumi alla falda. Purtroppo, alzandosi questo livello, la falda interessa pure il corpo dei rifiuti, soprattutto per quanto riguarda la discarica Tre Monti.
  Come sono stati accertati la contaminazione e il legame diretto tra la discarica Tre Monti e le sostanze inquinanti che sono state rinvenute nella falda e poi nel campo pozzi ? Sono stati accertati attraverso l'analisi delle sostanze, che sono le stesse. Quella è una zona selvaggia e bellissima; non ci sono sicuramente altre fonti di produzione di queste sostanze inquinanti.
  Soprattutto, però, è stata effettuata un'indagine isotopica, il cosiddetto fingerprinting, che in maniera inequivocabile, come se fosse l'analisi del DNA, ha accertato che i contaminanti che si trovano nel campo pozzi di Colle Sant'Angelo sono esattamente gli stessi che si trovano nella discarica Tre Monti.
  Come abbiamo fatto la valutazione del danno ? Abbiamo calcolato la superficie dei due corpi idrici superficiali interessati dalla contaminazione. Per quanto riguarda il fiume Tirino, abbiamo 0,87 ettari; per quanto riguarda il fiume Pescara, abbiamo 5 ettari. La distanza tra i piezometri di monte e di valle per quanto riguarda il fiume Tirino è di 1,75 chilometri, ossia di poco più di 1,5 chilometri. Per quanto riguarda, invece, il fiume Pescara, ossia ciò che sta a valle della confluenza tra il fiume Tirino e il fiume Pescara fino al campo pozzi Colle Sant'Angelo, la distanza è di 2,5 chilometri. Nel caso del fiume Tirino, quindi, l'area interessata è di 0,87 ettari; per quanto riguarda il fiume Pescara, è di 5 ettari.
  Dopo aver fatto questa valutazione del danno, siamo passati alla riparazione. Vi dico soltanto che, per quanto riguarda i suoli, tutti i suoli, sia interni all'area di stabilimento, sia esterni, si è scelta una soluzione. Poi, ovviamente, il soggetto obbligato che dovrebbe intervenire potrebbe utilizzare altri metodi. Il metodo che abbiamo utilizzato noi, però, è quello della rimozione, perché si tratta di rifiuti pericolosi e non si sa come sistemarli, del trasporto e dello smaltimento di tutti i terreni contaminati. Il costo complessivo dell'intervento relativo alle sole aree dello stabilimento è pari a oltre 221 milioni di euro.
  Per quanto riguarda, invece, la riparazione del danno alle acque di falda, basandoci su dei dati di letteratura per quanto riguarda i costi di investimento per la costruzione di impianti di trattamento acque per quegli inquinanti e il costo di esercizio, abbiamo calcolato che, per quanto riguarda l'acquifero del fiume Tirino, abbiamo un valore di oltre 78 milioni di euro. Per quanto riguarda, invece, l'acquifero del fiume Pescara, abbiamo un valore che va oltre i 900 milioni di euro. Per quanto riguarda la riparazione del danno alla fruizione delle acque di falda, cioè l'impossibilità di utilizzazione a fini Pag. 63idropotabili delle acque emunte dal campo pozzi di Colle Sant'Angelo, arriviamo a 168 milioni di euro.
  Per quanto riguarda, invece, le acque superficiali ci siamo rifatti a dati di letteratura. In questo caso abbiamo trovato che i benefici ambientali netti assicurati in quarant'anni dal recupero ambientale di un ettaro di fiume possono essere tradotti in costi pari a 69.700 dollari. Per quarant'anni, per ogni ettaro, considerando gli ettari che abbiamo determinato prima e il tempo, che è pari a 34 anni, siamo arrivati a circa 254.000 euro.
  Questo valore è trascurabile rispetto ai precedenti, ma l'abbiamo voluto inserire perché l'aspetto ecosistemico ha una sua importanza, che secondo noi bisogna mettere in evidenza.
  Avendovi fornito i valori parziali, riferisco che il valore totale stimato come costo delle misure di riparazione ammonta a 1.377.000.000 euro. Questo valore è estremamente cautelativo, perché non comprende gli interventi di riparazione relativi ad altri profili di danno, che vi accenno. Per esempio, c’è il danno alla salubrità delle acque, con l'effetto che poi si è tradotto in un danno sanitario. Questo non l'abbiamo valutato perché, purtroppo, ci mancavano gli elementi.
  Un altro danno si riferisce ai servizi che quelle aree e le acque di quelle aree forniscono dal punto di vista antropico, ossia il danno al valore di attrattiva culturale, estetica e turistica che è stato recato all'intero territorio della Val Pescara.
  Si aggiungono il danno ai sedimenti dei corpi idrici che sono contaminati nel fiume Tirino – la cui valutazione non abbiamo potuto sviluppare per mancanza di dati completi – e il danno dovuto ai soldi che lo Stato ha stanziato e speso, soldi che, ovviamente, occorre recuperare, perché in maniera indebita lo Stato ha speso risorse che avrebbe dovuto spendere il soggetto obbligato. Ho cercato di venire incontro ai vostri tempi in maniera estremamente sintetica. Spero che la presentazione sia stata chiara.

  PRESIDENTE. La presentazione è chiara. La domanda che vorrei porle è la seguente: questa è la quantificazione, ma concretamente adesso cosa succede ? Una volta che voi avete quantificato, con questo studio, 1,600 miliardi, più o meno...

  LEONARDO ARRU, Responsabile del servizio emergenza ambientale dell'ISPRA. Si tratta di 1,300 miliardi.

  PRESIDENTE. Come procede l’iter ?

  LEONARDO ARRU, Responsabile del servizio emergenza ambientale dell'ISPRA. A questo punto, se gli imputati fossero stati condannati, sarebbero stati condannati anche a risarcire il danno ambientale. Il giudice avrebbe stabilito se le nostre valutazioni siano state eseguite correttamente e, quindi, avrebbe condannato il soggetto obbligato a rifondere il Ministero dell'ambiente per quella somma.
  Nella situazione in cui ci troviamo ci sono due possibilità: o va avanti il processo penale e, quindi, c’è sempre questa possibilità, oppure il Ministero dell'ambiente – ma questa è una decisione del Ministero dall'ambiente – dovrebbe aprire una causa civile contro i soggetti obbligati per danno ambientale, basandosi su questa valutazione che noi abbiamo fatto. Questa è la risposta sintetica e tecnica.

  PRESIDENTE. Credo che lei sia stato abbastanza esaustivo. Quando incontreremo il Ministero e il Ministro, cercheremo di capire se il Ministero intenterà la causa civile o meno rispetto a questa situazione, visto che il processo di primo grado è andato a finire in un dato modo. È un po’ la stessa situazione che c’è a Pieve Vergonte. Sono tutte situazioni in piedi.

  LEONARDO ARRU, Responsabile del servizio emergenza ambientale dell'ISPRA. Abbiamo in piedi 200 casi di valutazione del danno ambientale, tra cui Costa Concordia e chi più ne ha più ne metta. Se Pag. 64volete, vi faccio un breve elenco di casi enormi. Basti pensare all'Ilva di Taranto, o a quello che volete.

  PRESIDENTE. Oggi noi volevamo svolgere un focus sull'Ilva, ma se ci fa avere un elenco delle dieci casistiche più importanti su cui voi avete fatto le valutazioni di stima del danno che interessano noi, ossia nel settore dei rifiuti e delle bonifiche, credo che questo possa essere un patrimonio per noi utile e che potremo utilizzare.

  LEONARDO ARRU, Responsabile del servizio emergenza ambientale dell'ISPRA. Senz'altro, ve le farò avere sicuramente.

  PRESIDENTE. Ringrazio il nostro ospite e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.50.