XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza

Resoconto stenografico



Seduta n. 11 di Martedì 17 marzo 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA PROSTITUZIONE MINORILE

Audizione di rappresentanti della Fondazione Exodus.
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 3 
Taverna Franco , coordinatore nazionale del settore accoglienza della Fondazione Exodus ... 3 4 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 8 
Maccaro Luigi , coordinatore della comunicazione della Fondazione Exodus ... 8 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 8 
Mattesini Donella  ... 8 
Taverna Franco , coordinatore nazionale del settore accoglienza della Fondazione Exodus ... 9 
Bertorotta Ornella  ... 10 
Taverna Franco , coordinatore nazionale del settore accoglienza della Fondazione Exodus ... 10 
Maccaro Luigi , coordinatore della comunicazione della Fondazione Exodus ... 10 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 10 
Taverna Franco , coordinatore nazionale del settore accoglienza della Fondazione Exodus ... 10 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 11

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE MICHELA VITTORIA BRAMBILLA

  La seduta comincia alle 14.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che se non vi sono obiezioni la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti della Fondazione Exodus.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla prostituzione minorile, l'audizione di rappresentanti della Fondazione Exodus, fondata da don Mazzi. Sono presenti all'odierna audizione il dottor Franco Taverna, coordinatore nazionale del settore accoglienza della Fondazione Exodus, e il dottor Luigi Maccaro, coordinatore della comunicazione della Fondazione Exodus. Segnalo ai nostri ospiti che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che quindi i commissari eventualmente assenti oggi potranno in seguito leggere il contenuto della vostra relazione. Nel ringraziare ancora i nostri ospiti per la loro presenza, do quindi la parola al dottor Taverna, la cui relazione sarà preceduta dalla proiezione di un video.

  FRANCO TAVERNA, coordinatore nazionale del settore accoglienza della Fondazione Exodus. Dirò solo alcune parole introduttive prima di lanciare il video. A noi preme che restino, alla fine di quest'incontro, due elementi: anzitutto, esiste in Italia una rete di servizi residenziali in grado di accogliere le persone ferite da varie situazioni. Insieme ad altri abbiamo iniziato quest'esperienza sulla scorta del problema della droga tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli anni Ottanta. Ora, però, questi luoghi sono dedicati a persone che hanno a che fare certamente con la tossicodipendenza, ma con radici, come emergerà dall'incontro di oggi, anche in altri problemi, tra cui la violenza sui minori è uno dei più significativi. Credo che la valorizzazione di questa risorsa sia importante, perché non esistono altre possibilità, salvo gli incontri sporadici con una figura specialista e non sempre è sufficiente.
  Sul secondo elemento c’è una grande carenza oggi in Italia, che noi avvertiamo molto pesantemente e drammaticamente: c’è un bisogno di ascolto. Oggi le famiglie, gli adulti, i ragazzi e le ragazze non hanno interlocutori che abbiano la pazienza, lo spazio, la competenza e il tempo di ascoltare. C’è, quindi, la necessità di creare quest'infrastruttura di ascolto educativa, perché probabilmente in essa sarebbe possibile affrontare molte delle problematiche esistenti, risolvendo anche molte delle criticità in atto. L'abbandono, la superficialità, la solitudine nella quale sono lasciati gli adulti, determina, a volte, non solamente la deriva ma anche la catastrofe all'interno della famiglia. Per quello che Pag. 4riguarda il problema della prostituzione o, comunque, della violenza sui minori, il problema è anche la non capacità di cogliere i segnali preoccupanti in tal senso. Fatta questa breve introduzione, lancerei il video e poi presenteremo due ulteriori segmenti, basati sulla nostra esperienza. Vi è una rete di una quarantina di servizi in Italia, con cui ci occupiamo degli abusi sui minori: vi è la parte residenziale della cura, cioè quando queste persone arrivano distrutte dal loro problema; vi è, inoltre, la parte della prevenzione primaria, degli espedienti, degli elementi necessari che all'interno delle istituzioni, come la scuola, i luoghi dell'animazione nel tempo libero, devono essere resi disponibili per affrontare questo problema. Partirei ora con il video.

  (Si procede alla videoproiezione di un breve filmato).

  FRANCO TAVERNA, coordinatore nazionale del settore accoglienza della Fondazione Exodus. Da due punti di vista, si potrebbe suggerire ciò che vorremmo portare come contributo a questa Commissione. Ripeto: una parte riguarda la proposta che stiamo facendo alle persone devastate che arrivano a bussare alla nostra porta, come nel caso delle due testimonianze che abbiamo visto; l'altra riguarda il modo per evitare che ciò succeda. Almeno dal nostro punto di vista, approcciamo questo fenomeno dell'abuso sui minori dal punto di vista dell'educazione. Il primo aspetto è quello della difficoltà della cura delle persone in età minorile.
  Come è stato anche detto nel video, infatti, non è immediatamente evidente che si tratta di questo. È proprio su questo versante, cioè della cura, che la Fondazione Exodus opera con maggiore costanza da molti anni, dedicando una parte consistente delle proprie energie. Dal punto di osservazione delle nostre comunità di accoglienza, il fenomeno delle persone che in età minorile hanno subìto abusi sessuali da parte di adulti è molto consistente. Possiamo stimare che oltre la metà delle persone che ricevono accoglienza presso le nostre case e che affrontano un percorso riabilitativo, abbiano avuto nella loro storia uno o più episodi gravi di violenza.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE ROSETTA ENZA BLUNDO

  FRANCO TAVERNA, coordinatore nazionale del settore accoglienza della Fondazione Exodus. La storia di abusi in età minorile subìti da ragazzi e ragazze che arrivano nelle nostre comunità sono, purtroppo, molto frequenti. In una comunità esclusivamente maschile, dopo anni, abbiamo svolto anche un'indagine: anche se si trattava di maschi – questo è stato un pregiudizio anche nostro – il numero degli abusi era di più del 50 per cento.
  I racconti delle ragazze affiorano con modalità diverse, a volte in un colloquio dopo mesi di conoscenza, quando si è instaurato un legame di alleanza terapeutica, oppure nell'ambito di uno sfogo emotivo, con un'esplosione dirompente durante un momento di gruppo, con racconti frammentari o precisissimi da parte di un genitore, di un familiare, di un amico di famiglia – solo raramente di uno sconosciuto – che ha violato la loro innocenza. Tante volte si tratta dei compagni delle loro madri, madri che non vedono; tante altre volte è una persona indefinita, che nasconde il volto di chi avrebbe dovuto proteggerle. Sono storie legate a vite familiari già problematiche, dove questo travalicamento del limite della decenza, prima ancora che della legge, è vissuto come normalità.
  Possiamo constatare che il danno causato dalla violenza subita è enorme, difficilmente affrontabile o superabile con le sole forze delle persone interessate. Soprattutto, questo genera derive pesanti, come dipendenze da alcol, droghe, comportamenti autolesionisti, gravi disturbi alimentari e così via, che poco alla volta si scoprono essere solo una sorta di auto-rimedio messo in atto per coprire la vergogna, attutire il dolore, spostare l'attenzione su altro.Pag. 5
  Sono ferite che hanno creato danni irreparabili e si esplicano in molteplici manifestazioni: procurandosi sofferenza per far scorrere questo dolore fuori di sé, con il desiderio inconscio di autopunirsi; con atteggiamenti aggressivi per difendersi da un perenne nemico; proiettando sugli altri cattive intenzioni per stare sempre allerta; con rapporti sentimentali spezzati e sempre sbagliati; con la fatica e la certezza di essere inadeguati come genitori; con il rischio di perpetuare queste violenze su altri minori. Parlando di abusi, siamo abituati a pensare a quelli sessuali, ma un bambino abusato è anche un bambino maltrattato, trascurato, non ascoltato, non protetto, lasciato solo, lasciato senza regole: è un bambino non visto, non pensato, talvolta non voluto. È un bambino che vorrebbe gridare il suo dolore, ma sa che non sarà sentito.
  La violenza subita, quasi sempre, è tenuta nascosta, non viene raccontata normalmente all'inizio della conoscenza con le persone che entrano in comunità. Succede quasi sempre che nei primi colloqui non si racconti questo fatto: emerge solo con il tempo, addirittura non sempre, non in tutti i casi e solo grazie a un rapporto di fiducia che viene a instaurarsi all'interno della comunità.
  Alcune storie riescono a essere espresse, ma ci colpisce il numero dei casi sommersi che non vengono alla luce in ricordi verbali, che rimangono nelle pieghe della memoria, il cui unico svelamento è dato dal dolore, dagli atteggiamenti, da molte psicopatologie individuate negli anni di valutazione all'interno delle comunità (ma anche con i servizi esterni di psichiatri e psicologi che hanno incontrato nelle comunità, nei SERT, nei centri di salute mentale). Gli abusi sui ragazzi sono leggermente inferiori di numero e sicuramente più difficili da svelare, ma alcuni casi ci sono e creano nodi di rabbia e aggressività difficili da sbloccare. Qui ci sono alcuni esempi di storie, ma li abbiamo già visti nel video, quindi li salterei. La parte che vedrete nella pagina successiva è specifica sull'intervento svolto all'interno del gruppo casa della comunità. Ciò resta fondamentale perché venga a galla una problematica del genere, perché la si possa affrontare e affinché si possa anche prenderne le distanze: fondamentale è la qualità della relazione con le persone. È per questo, forse, che va detto come, evidentemente, non tutte le persone che hanno subìto questi problemi vengono in comunità, laddove, forse, sono proprio queste ad essere quelle più gravemente compromesse. Quelle che hanno già delle risorse personali, delle energie residue, probabilmente, possono anche affrontare dei percorsi meno invasivi della comunità, come un supporto psicologico, psichiatrico, mantenendo anche il loro lavoro. In alcuni casi, come questi che abbiamo visto nel video, si tratta di situazioni che avevano imboccato una deriva distruttiva per la quale era proprio necessario un tempo, un momento, un luogo con persone che dedicassero loro proprio quello spazio di tranquillità necessario.
  Questo è la specificità della proposta che la nostra comunità vi porta. Questo è il primo punto, sul quale vorrei dirvi che esiste davvero una rete di strutture assolutamente poco sostenuta. Dovrebbe esserci una normativa che inquadri l'esperienza storica, oramai più che trentennale, delle comunità, non solo nell'ambito del recupero delle tossicodipendenze ma della relazione positiva, della capacità di riconoscere se stessi. Questi luoghi sono preziosi e vanno salvaguardati. Sarebbe veramente un guaio buttare dalla finestra questa ricchissima esperienza tipicamente italiana. Vi è, inoltre, il tema della prevenzione del fenomeno presso gli adolescenti e presso le agenzie educative. Volentieri partiamo da una breve citazione del procuratore aggiunto Monteleone, ascoltato proprio da questa Commissione nel mese di febbraio scorso. Leggiamo da un'agenzia di stampa, che si riferiva al suo intervento in questa sede: «Il mio intervento ha voluto ribadire la necessità non di ulteriori interventi legislativi sul fronte della repressione, ma di misure preventive. Si sente la mancanza di misure e strutture Pag. 6che tutelino efficacemente il minore, dalle indagini preliminari al faticoso percorso di recupero».
  Anche in questo settore, del quale ci stiamo occupando qui ora, analogamente a tutti gli ambiti che toccano i gravi problemi sociali, l'approccio preventivo è quello meno sostenuto nei fatti, quello che riceve un'attenzione episodica da parte degli apparati delle istituzioni pubbliche ai vari livelli, come anche dall'opinione pubblica. Se succede il fattaccio, se ne parla: se non succede il fattaccio, è difficile che se ne parli.
  Sono un'eccezione, come ci è sembrato di vedere proprio preparandoci a quest'incontro, anche i lavori svolti da questa Commissione negli anni. Si tratterebbe di capire se si riesca a essere efficaci anche al di fuori di quest'aula. A fronte dell'unanime condivisione circa la necessità di un'azione sistematica, alla fine, nel momento in cui si stilano i bilanci per destinare le risorse, comprensibilmente si preferiscono quelle azioni dirette che intendono rispondere immediatamente all'emergenza dei bisogni. Si privilegiano decisamente gli interventi rivolti alle persone concrete, che manifestano il loro dramma, piuttosto che quelli volti ad impegnarsi in un campo dai confini poco precisi, nel quale è assai difficile una pianificazione che intenda dimostrare la sua efficacia.
  Per questi motivi, non esistono unità di offerta accreditate specifiche per la prevenzione e cura degli abusi sui minori. La più titolata a livello di base potrebbe essere, probabilmente, quella dei consultori, ma nella stragrande maggioranza dei casi non si trovano al loro interno competenze adeguate e un'offerta di servizi appropriata. Oramai penso che un po’ in tutta Italia i consultori siano un po’ specializzati sul tema dell'accompagnamento alle gravidanze, ma nei loro compiti potrebbe anche esserci, a buon titolo, questo tema di cui parliamo oggi.
  L'attività di prevenzione, così, è svolta dalle tradizionali agenzie educative, in particolar modo le famiglie e la scuola, affidandosi alle loro capacità e competenze. Proprio la capillare diffusione delle scuole e la supposta presenza delle famiglie dovrebbe generare un valido sistema protettivo, ma purtroppo proprio questo fatto costituisce, al contrario, l'anello debole della prevenzione nel nostro Paese.
  Le famiglie e la scuola, infatti, sono mediamente impreparate di fronte alle minacce che, da più parti e con canali sempre diversi e sofisticati, insidiano i bambini e i ragazzi che crescono. Ciò è drammaticamente testimoniato dai numeri di questi ultimi anni. Il fenomeno della prostituzione minorile in Italia ha subìto un aumento vorticoso negli ultimi anni, vedendo moltiplicare fino a cinque volte il numero degli adolescenti coinvolti, ma sono numeri che conoscete sicuramente. Si rende necessario recuperare, dunque, questo deficit educativo sempre più presente tra i ragazzi, attraverso percorsi di prevenzione all'interno delle scuole, ma anche nei contesti di educazione non formale, con l'obiettivo di rendere i ragazzi più consapevoli.
  È proprio qui, in questo preciso momento storico, che si inserisce la funzione che cercano di svolgere le agenzie educative come la nostra, all'interno di una rete di servizi che vanno da quelli tradizionali sociali locali, alle articolazioni delle aziende socio sanitarie, agli uffici della giustizia minorile e della magistratura, finanche, dove necessario, ai centri specializzati.
  È proprio in questi posti – nel nostro caso anche avendo una rete di centri di ascolto – che, nel corso degli ultimi anni, abbiamo avuto svariate segnalazioni che vedevano coinvolti minori, casi differenti per modalità e con reati correlati di pedopornografia, diffamazione, calunnia, estorsione, cyberstalking, adescamento, hacking del profilo, sostituzione della persona, lesione della privacy, prostituzione e molestie. Il target che vediamo a maggior rischio, per le segnalazioni che ci arrivano, è quello dei primi anni della scuola secondaria di secondo grado.
  Il servizio probabilmente più importante da mettere a disposizione di adolescenti, famiglie, scuole, agenzie e realtà Pag. 7educative è quello di un luogo di ascolto. Sembra una banalità, ma è così. Questo deve essere un luogo facilmente accessibile, che non abbia dei filtri, alla portata di tutti, che usi un linguaggio e delle modalità di approccio semplici: un luogo, un telefono, un’e-mail che si mettano a disposizione subito. Un'altra caratteristica è che non si interponga sempre del tempo: un appuntamento tra due settimane è troppo tardi ! Non servono sempre e ancora nuovi indirizzi, nuovi numeri di telefono. Ancora, non serve solo un ascolto passivo, cioè uno sportello che dia informazioni, ma attivo, capace di intervenire con azioni di supporto, aiutando a individuare l'insorgere dei problemi, mediante una corretta osservazione. Questo è un tema indispensabile. Non è pensabile, per esempio, che in una scuola – è capitato a me, che oltre ad avere quattro figli, ne ho anche adottati tre – che un piccolo brasiliano sia arrivato in condizioni pietose, laddove erano già due anni che andava a scuola. Ci andava regolarmente pieno di lividi e non è pensabile che una scuola non faccia una segnalazione quando un bambino arriva pieno di lividi tutti i giorni. Sono, queste, osservazioni banali. Evidentemente, ci sono poi osservazioni più sofisticate: bisogna infatti distinguere i segnali che stanno all'interno di un quadro normale di evoluzione da quelli che, invece, meritano preoccupazione.
  Ancora, servirebbe un centro aperto e competente su tutti i canali e le piattaforme comunicative. È evidente che in questo momento la piazza non è solamente quella della città, ma quella di Facebook, dei vari blog e tutte quelle del mondo variegato di Internet. Servirebbe, dunque, una rete di persone e servizi in grado di accogliere, orientare, accompagnare chi presenta il problema – minore e adulto – ma anche una rete di persone in grado di offrire consulenze e informazioni a genitori e insegnanti.
  Proprio per quello che sta succedendo adesso, va fatta una sottolineatura relativa al gioco d'azzardo, un tema che, rispetto ai minori, è di straordinaria attualità. Sapete che adesso è possibile utilizzare le schede telefoniche per giocare d'azzardo, quindi, anche con il contratto del telefono dei genitori. Nelle ultime ore stiamo conducendo un'indagine insieme ad altre realtà in Italia: è molto facile per il minore solo a casa giocare d'azzardo, ma anche entrare in contatto con l'adulto «orco».
  Ci preme, quindi, sottolineare questo, come anche ci preme fare relativamente alla specifica capacità di educare, informare e responsabilizzare gli adolescenti all'utilizzo della rete e dei social network: ciò è fondamentale. Davanti alle nuove tecnologie il minore ha un ruolo attivo, un modo personale di pensare, sentire, comportarsi, ma soprattutto ha un ruolo decisionale nei tentativi di adescamento.
  In secondo luogo, questo centro deve avere la specifica competenza per educare i genitori e anche gli insegnanti all'uso delle moderne tecnologie, nonché alla formazione adeguata per valutare eventuali pericoli, strumenti ed espedienti per un giusto controllo diretto.
  Compito delle istituzioni pensiamo possa essere quello di creare le condizioni affinché, in ogni territorio, possa essere garantito e possa svolgere il suo servizio un sensore di questo tipo, in modo da dotare il nostro Paese di questa necessaria infrastruttura educativa di ascolto, con le caratteristiche qui sopra appena tratteggiate, con dei compiti di prevenzione, con progetti territoriali di sviluppo di comunità rispetto a questo tema, con alleanze tra scuole e comunità locali. Crediamo che, da questo punto di vista, il ruolo dei comuni sia straordinario, importante, così come il ripristino dei servizi sociali (la legge n. 328). Ci sono degli spazi sui quali è necessario intervenire.
  Sono fondamentali anche la promozione di programmi di ascolto, l'orientamento, la consulenza e la formazione per i genitori e le persone direttamente interessate; la formazione e il sostegno alla genitorialità, la costruzione di reti di genitori e la formazione di operatori educativi, come insegnanti e allenatori, in chiave preventiva. Bisogna migliorare le competenze di osservazione dei segnali Pag. 8predittivi. Infine, è importante co-promuovere interventi diretti ai ragazzi e alle ragazze.

  PRESIDENTE. La ringraziamo moltissimo perché ci ha offerto tanti spunti di riflessione, ma la cosa importante è che ci ha portato davvero delle proposte progettuali molto interessanti.
  Sento di dire, anzitutto, anche a nome della Commissione, che per noi la prevenzione è fondamentale, avendo sempre riconosciuto questo fattore come determinante, importantissimo, proprio per non arrivare a dover intervenire quando le cose sono già gravemente avvenute.
  In merito a quello che diceva riguardo al procuratore Monteleone, effettivamente, un aspetto preoccupante era quello per cui la stessa autorità si è mossa a svolgere le indagini quando i dati sono arrivati a livelli ormai preoccupanti. Forse questo dovrebbe allarmarci e mettere anche noi nella direzione che voi ci state indicando, cioè di non fare arrivare questi dati a posizioni così allarmanti. Do ora la parola a Luigi Vaccaro, coordinatore della comunicazione della Fondazione Exodus.

  LUIGI MACCARO, coordinatore della comunicazione della Fondazione Exodus. Bisogna fare prevenzione per aumentare la consapevolezza tra i ragazzi, ma anche intervenire per la riduzione della domanda di prostituzione minorile contro gli adulti orchi. Oggi, infatti, il fenomeno della prostituzione minorile è un po’ sdoppiato. C’è l'area della schiavitù delle ragazze, ma anche dei maschi, come anche quella della messa a disposizione del proprio corpo per denaro, per motivi consumistici. Questo attiene veramente a una mancanza di educazione globale all'affettività, a una sessualità consapevole, al rispetto per il proprio corpo, alla qualità delle relazioni. Servono, quindi, anche delle campagne informative. È importante che i ragazzi abbiano dei punti di riferimento all'interno della scuola e nei luoghi che frequentano, ma anche che ci siano delle campagne informative che promuovano tra i ragazzi alcuni stili di vita sani.
  A fianco a tutto questo, anche se non è certamente una nostra specifica competenza, vorrei sottolineare il fatto che a volte si parla di minorenni fino a 18 anni, laddove, invece, c’è una fragilità, un'immaturità a un'età anche più avanzata. I ragionamenti che si fanno sulla prostituzione minorile si dovrebbero fare non solo fino a 18 anni, ma fino a 21, se non fino a 25 ! Ribadendo che non è una nostra competenza specifica, più che guardare all'età anagrafica per definire la minore età, bisognerebbe guardare alla fragilità delle persone, all'incapacità di reagire di fronte agli adulti orchi.

  PRESIDENTE. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  DONELLA MATTESINI. Ho una riflessione. Quando avete iniziato, mi sono trovata per un attimo come persa, perché ci avete offerto un quadro straordinario, all'interno del quale, sia nel suo intervento, sia nel video proposto si parlava di violenza sui minori – un tema altrettanto importante – e, più specificamente, della prostituzione. In relazione alla sua ultima riflessione, penso che non si debba dividere in due tra l'area della schiavitù per i minorenni da un lato e le minorenni che fanno parte della tratta degli esseri umani da un lato e quella che lei ha chiamato area della messa a disposizione del proprio corpo. Comunque, siamo sempre in un certo ambito. È vero che la tratta rappresenta un fenomeno preciso, ma siamo anche nell'ambito di una cultura che induce. Stiamo parlando di minorenni e penso che dobbiamo ritenere tali soggetti, comunque, dentro un'area di schiavitù, anche se sono diverse le origini. Non ricordo esattamente quale procuratore – mi pare che fosse quello di Bari – ci ha riferito il fatto secondo cui si è creato un clima culturale tale per cui queste ragazzine o ragazzini che si prostituiscono per l'orologio o per il vestito firmato, subiscono una sorta di stigma sociale, venendo visti come soggetti avidi. Credo, invece, che Pag. 9soprattutto su questi temi dovremmo ragionare in modo diverso. Mi farebbe piacere condividere con lei questa riflessione. Parliamo di ragazzi e sempre invochiamo campagne informative che aiutino i ragazzi a trovare il giusto stile di vita. Va bene, ma accanto a questo e prima di questo c’è un tema che riguarda gli adulti. Sappiamo che si cresce: si impara, per esempio, non per prediche. La vita che si incontra è fatta in un certo modo: non basta lo spot televisivo o il passaggio a scuola, perché comunque si ha il confronto e lo scontro tra le parole e la vita concreta, che è altra cosa.
  Penso che su questi temi, anche in questa Commissione, in considerazione delle cose che dovremmo fare in stretta sinergia con chi si occupa della materia da tanto tempo, il tema vada ricondotto agli adulti, i quali vanno ricondotti a responsabilità: si impara e si cresce per esempi. Diversamente, continueremo a scaricare sui ragazzi, sui minori ciò che non chiediamo a noi stessi. Non so come, ma penso che l'approccio debba essere questo, altrimenti, lo ripeto, continueremo a scaricare sui ragazzi una responsabilità che non è loro !
  È anche la loro, perché è chiaro che bisogna esigere il rispetto di certi diritti, ma c’è anche un'altra responsabilità, altrimenti, se si pensa di avere solo diritti e non doveri, non siamo buoni cittadini, non ci si vuol bene, non si vuol bene alle relazioni sociali. Penso, però, che questo debba essere l'ambito nel quale collocare anche tutto quello che dobbiamo fare, dalla forza della rete della comunità, a tutti i servizi e le attività che vanno attivati.
  Mi convince, ad esempio, moltissimo la proposta che si avanzava sulla formazione degli operatori educativi: si tratta esattamente di questo. Non basta pensare di scegliere un contenitore come quello della scuola, all'interno del quale, giustamente, gli insegnanti vanno formati. Ormai nella scuola tutti mettiamo qualcosa. Dobbiamo però formare i ragazzi a essere capaci di leggere i segni della violenza, il seme del bullismo: cosa devono fare questi insegnanti, stare 90 ore a scuola ?
  Anche in questo caso, si rischia di far ricadere sulla scuola responsabilità che, invece, appartengono a tutti ! Costruire una rete costituita dalle persone che ruotano intorno alla vita quotidiana dei ragazzi (genitori, allenatori di calcio o altro), è particolarmente importante, perché vuol dire costruire una rete di protezione, di dialogo, ma al contempo una cultura della responsabilità degli adulti, che in qualche modo sono in questo caso figure più significative di altre.
  Concludo il mio intervento rivolgendole una domanda. Ci avete parlato di comunità: rispetto alla rete delle comunità, quanto è importante nella vostra esperienza che in casi di violenza, ma soprattutto di prostituzione minorile, ci sia il più possibile la vicinanza territoriale della comunità al luogo di residenza ? Avete trovato una rispondenza su questo ?

  FRANCO TAVERNA, coordinatore nazionale del settore accoglienza della Fondazione Exodus. No. Nonostante le nostre percentuali non siano significative e bisognerebbe avere un campione più significativo per parlarne, nella maggior parte dei casi, queste sono violenze che si realizzano all'interno della famiglia. Peraltro, a volte sbagliamo anche: siccome il fenomeno emerge dopo, all'inizio prendiamo i genitori come alleati, perché questo è naturale.
  A volte avvertiamo il disagio dei ragazzi e delle ragazze. Ho in mente la situazione particolare di una ragazza di Trieste, venuta da noi perché aveva dei problemi di anoressia e di tossicodipendenza; dopo molti mesi è emerso che il problema non era quello, ma che quella era semplicemente una copertura. Parlavamo con i genitori, ma poi abbiamo capito, pur non avendo alcun elemento. A volte, quindi, la distanza serve. Come nel caso specifico di questa ragazza, un'adeguata separazione è stata la condizione indispensabile per poter Pag. 10dire cosa fosse successo. Se fosse stata troppo vicina, non avrebbe avuto mai il coraggio.

  ORNELLA BERTOROTTA. Mi farebbe piacere sapere come siete organizzati, se siete una fondazione a livello nazionale, quante comunità ci sono, se sono diurne, di chi vi avvalete, se di volontari o di educatori già formati.

  FRANCO TAVERNA, coordinatore nazionale del settore accoglienza della Fondazione Exodus. Ci sono 14 comunità accreditate presso i servizi sanitari regionali in sette regioni italiane. Poi ci sono altri servizi, i centri di ascolto, di cui abbiamo un po’ parlato anche nella relazione.
  Mentre i servizi delle comunità sono regolarmente convenzionati con l'ente pubblico e hanno delle miserrime rette, ad esempio 42 euro al giorno in Lombardia – vale la pena dirlo – e 32 nel Lazio, meno che una pensione di quinto grado. Per quello che riguarda i centri di ascolto, non c’è nulla. Circa dieci anni, fa nella regione Lombardia, nella quale da questo punto di vista c’è una maggiore riflessione, si è tentato di regolamentare anche questo servizio che, come si diceva nella relazione, è una cosa po’ difficile. Non è facile, infatti, trovare i confini. Per il momento, però, non ci sono servizi accreditati, quindi i nostri centri di ascolto sono tutti fatti da persone che stipendiamo noi; ci sono molti volontari, come gli psicologi tirocinanti delle scuole di specializzazione in attesa di esame di Stato e così via.
  Per citare un numero: in tutta Italia abbiamo, più o meno, a che fare con 5.000 domande all'anno. La nostra preoccupazione è di non riuscire ad essere sempre pronti e capaci. Vorremmo essere un po’ più pronti.

  LUIGI MACCARO, coordinatore della comunicazione della Fondazione Exodus. Vorrei aggiungere che non appena diamo un minimo di disponibilità alle scuole per fare attività di prevenzione, veniamo fagocitati e gli operatori tolgono alla comunità metà del loro tempo per andare nelle scuole a fare progetti di prevenzione, che regolarmente non paga nessuno. È solo una questione di responsabilità.

  PRESIDENTE. Vorrei aggiungere due piccole domande che mi vengono alla mente. Una riguarda il ruolo della scuola, che adesso stiamo anche rivedendo con questa riforma molto particolare che ci è stata presentata: il ruolo della scuola come luogo di vita aperto anche nel tempo pomeridiano può essere utile ? Può essere utile affidare alla scuola proprio la missione di ambiente educativo esteso, più ampio, che non si esaurisce nell'ora di insegnamento vera e propria, per diventare un punto di riferimento anche sul territorio ? Può la scuola essere in posizione di rete con tutte le realtà che operano e vivono sul territorio, e quindi realizzare questa sorta di rete di aiuto ai giovani in crescita ?
  L'altra domanda riguarda il tema specifico della nostra indagine, cioè la prostituzione minorile. Su questo vorrei porle una questione che ho già anticipato in altri interventi e audizioni e su cui continuo a interrogarmi. Chiedo a voi, proprio in qualità di operatori che stanno a contatto con le vite umane devastate di coloro che hanno subito queste violenze e che appunto vi trasmettono tutto il loro vissuto: è giusto parlare di minore consenziente nel caso della prostituzione ? Si può mai considerare realmente consenziente un minore ?
  A mio avviso, è un problema insito nella definizione stessa. L'adulto non deve mai considerare pienamente consenziente un essere in crescita, in sviluppo, non ancora nel pieno delle sue facoltà, della sua piena autonomia, della sua maturazione psicologica, affettiva ed emotiva. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  FRANCO TAVERNA, coordinatore nazionale del settore accoglienza della Fondazione Exodus. Sapete che è di oggi la notizia della condanna a 11 anni di quell'insegnante, ma anche del suo stupore per la pena. Si riportavano i commenti degli avvocati dopo la condanna, i quali obiettavano Pag. 11che non erano bambini ed erano tutti consenzienti. È evidente che la figura dell'adulto ha una funzione di plagio, soprattutto nelle coscienze in crescita. Certamente, il tema non è risolvibile semplicemente con una risposta come questa, ma direi che anch'io sono più orientato a una riflessione come la sua. Credo che, tra le due persone, il minore sia sicuramente la persona più fragile.
  Vorrei aggiungere che, certamente, non semplificherei il discorso classificandolo o rubricandolo come plagio, perché alcuni atteggiamenti da parte di minori sono veramente di tale aggressività, ai limiti dell'età adulta, da essere inquadrati all'interno del profilo di una cultura dominante che li ha investiti, mettendo loro addosso questi panni.
  Certamente è difficile intervenire sullo smascheramento di questa cultura del bambino che fa anche la parte dell'adulto in alcuni casi, ma penso sia proprio il compito della politica, delle istituzioni, le quali hanno la necessità di intervenire e di agire sui cittadini, dando un giudizio su questa materia.
  Quanto al tema della scuola, abbiamo partecipato a tutti i primi movimenti: alla prima manifestazione che si è creata a Milano, alla seconda che adesso si sta preparando qua a Roma. È fondamentale che non si spezzettino le competenze all'interno della scuola sul tema del disagio dei ragazzi, altrimenti domani mattina un'altra Commissione farà un'audizione sul bullismo, un'altra sull'alimentare e così via.
  Qui il punto è che, all'interno di un plesso scolastico, deve esserci una figura – che potrebbe essere il referente dell'educazione – con il compito attivo – non solamente passivo – di raccolta, cioè con un compito di osservazione anche nei confronti degli insegnanti, i quali se sono sempre preparati, a volte si rivelano anche un po’ inerti, cioè fermi su questi temi. Penso a una funzione apicale che possa intervenire anche in maniera decisiva e che abbia confronti diretti anche con la magistratura.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il dottor Franco Taverna e il dottor Luigi Maccaro. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.55.