XVII Legislatura

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 41 di Giovedì 10 settembre 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ravetto Laura , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI FLUSSI MIGRATORI IN EUROPA ATTRAVERSO L'ITALIA, NELLA PROSPETTIVA DELLA RIFORMA DEL SISTEMA EUROPEO COMUNE D'ASILO E DELLA REVISIONE DEI MODELLI DI ACCOGLIENZA

Audizione del dottor Calogero Ferrara, Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo.
Ravetto Laura , Presidente ... 3 
Ferrara Calogero , Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo ... 5 
Ravetto Laura , Presidente ... 7 
Ferrara Calogero , Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo ... 7 
Ravetto Laura , Presidente ... 7 
Ferrara Calogero , Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo ... 7 
Ravetto Laura , Presidente ... 8 
Ferrara Calogero , Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo ... 8 
Ravetto Laura , Presidente ... 10 
Ferrara Calogero , Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo ... 10 
Ravetto Laura , Presidente ... 10 
Ferrara Calogero , Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo ... 10 
Ravetto Laura , Presidente ... 12 
Ferrara Calogero , Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo ... 12 
Ravetto Laura , Presidente ... 13 
Ferrara Calogero , Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo ... 13 
Ravetto Laura , Presidente ... 14 
Ferrara Calogero , Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo ... 14 
Ravetto Laura , Presidente ... 15 
Mazzoni Riccardo  ... 15 
Arrigoni Paolo  ... 15 
Scibona Marco  ... 16 
Ginetti Nadia  ... 16 
Ravetto Laura , Presidente ... 16 
Orellana Luis Alberto  ... 16 
Ravetto Laura , Presidente ... 17 
Ferrara Calogero , Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo ... 17 
Ravetto Laura , Presidente ... 17 
Ferrara Calogero , Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo ... 17 
Ravetto Laura , Presidente ... 18 
Ferrara Calogero , Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo ... 18 
Ravetto Laura , Presidente ... 18 
Ferrara Calogero , Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo ... 18 
Ravetto Laura , Presidente ... 18 
Ferrara Calogero , Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo ... 18 
Ravetto Laura , Presidente ... 19 
Ferrara Calogero , Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo ... 19 
Ravetto Laura , Presidente ... 19 
Ferrara Calogero , Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo ... 19 
Ravetto Laura , Presidente ... 19 
Ferrara Calogero , Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo ... 19 
Ravetto Laura , Presidente ... 20 
Brandolin Giorgio (PD)  ... 20 
Ferrara Calogero , Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo ... 20 
Arrigoni Paolo  ... 20 
Ferrara Calogero , Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo ... 21 
Ravetto Laura , Presidente ... 22 
Ferrara Calogero , Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo ... 22 
Ravetto Laura , Presidente ... 22 
Arrigoni Paolo  ... 22 
Ferrara Calogero , Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo ... 22 
Ravetto Laura , Presidente ... 23 
Ferrara Calogero , Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo ... 23 
Ravetto Laura , Presidente ... 23 
Ferrara Calogero , Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo ... 23 
Ravetto Laura , Presidente ... 23 
Ferrara Calogero , Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo ... 23 
Ravetto Laura , Presidente ... 24 
Brandolin Giorgio (PD)  ... 24 
Ferrara Calogero , Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo ... 24 
Ravetto Laura , Presidente ... 24

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA RAVETTO

  La seduta comincia alle 9.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  (Così rimane stabilito)

Audizione del dottor Calogero Ferrara, Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo.

  PRESIDENTE. Buongiorno, colleghi. Bentornati. Buongiorno agli uffici.
  Dichiaro aperta la seduta. Oggi abbiamo un'audizione e a seguire una riunione dell'Ufficio di Presidenza. L'ordine del giorno reca l'audizione del dottor Calogero Ferrara, sostituto procuratore presso la procura della Repubblica di Palermo, che ringraziamo di essere intervenuto. Il procuratore è uno dei protagonisti, come abbiamo potuto apprendere dalla stampa, delle indagini in corso sulla tratta di esseri umani, quindi non soltanto relativamente all'arresto degli scafisti, ma anche all'individuazione di quella che possiamo definire la testa della gestione di quest'organizzazione criminale.
  Naturalmente, trattandosi di indagini in corso, non pretendiamo assolutamente dal procuratore che ci fornisca informazioni sensibili, ma lo ringrazieremo se vorrà fornirci informazioni relativamente a queste indagini. Procuratore, se vorrà dirci qualcosa che non deve essere nel circuito pubblico – questo è un circuito aperto, quindi sarà tutto verbalizzato e attualmente è ascoltato nel circuito della Camera – potrà chiedere la segretazione della parte interessata.
  Mi permetto, procuratore, di fare un breve discorso con alcuni punti che mi piacerebbe potesse seguire per fornirci delle informazioni. Naturalmente, si senta libero di parlare a ruota assolutamente libera e di fornirci tutte le informazioni che ritiene.
  Lo scorso 6 settembre, due organi dell'Unione europea, Europol, l'Agenzia per la lotta alla criminalità, e Frontex, l'Agenzia per il controllo delle frontiere, hanno diffuso nuovi dati estremamente allarmanti sul fenomeno del traffico di migranti. Secondo Europol, sono circa 30.000 i sospetti trafficanti di esseri umani. Il responsabile dell'unità crimine organizzato dell'Europol, Robert Crepinko, ha dichiarato – Adnkronos-Washington Post del 4 settembre 2015 che esiste un crescente numero di reti che in passato operava nel settore del traffico di droga e che ora si dedica, invece, al traffico di migranti.
  Il numero di attività criminali cresce di pari passo con quello dei migranti illegali. Secondo quanto risulta al Comitato da un'agenzia del 6 settembre 2015, Izabella Cooper, la portavoce di Frontex, ha dichiarato che i guadagni delle organizzazioni criminali derivanti dal traffico di migranti, combinato con quello di essere umani a fini di sfruttamento sessuale e lavorativo, hanno superato quelli derivanti dal traffico di armi e droga, ed è diventata l'attività illegale più redditizia del momento.
  In questo senso, naturalmente diventa ancor più importante ciò che risulta al Pag. 4Comitato, e cioè che la sua direzione distrettuale, la Direzione distrettuale antimafia di Palermo, abbia da tempo avviato un'indagine per il reato di associazione a delinquere finalizzata alla tratta e al traffico di esseri umani. In particolare, risulta al Comitato (agenzia AGI del 19 giugno 2015), che dopo il tragico naufragio di Lampedusa del 3 ottobre 2013, in cui perirono almeno 366 persone, la procura di Palermo avrebbe portato a termine le operazioni Glauco 1 e 2 contro i trafficanti.
  A giugno 2014, nell'ambito dell'operazione Glauco 1 la Polizia avrebbe eseguito una prima tranche di arresti tra Agrigento, Catania, Milano, Roma e Torino, ricostruendo le rotte e le tappe intermedie, caratterizzate spesso da stupri di massa e segregazioni, di numerosi terribili viaggi di centinaia di profughi, spinti e sfruttati durante le peregrinazioni dai componenti di un network malavitoso transnazionale composto da eritrei, etiopi e sudanesi.
  Inoltre, sempre secondo quanto risulta al Comitato (agenzia Adnkronos dell'8 settembre 2015), da intercettazioni registrate dalla procura di Palermo emergerebbero le preoccupazioni dei trafficanti per i numerosi arresti di scafisti in Sicilia, a causa dei quali avrebbero deciso di cambiare rotta e di tentare di far partire i migranti via terra attraverso la Macedonia, la Serbia e l'Ungheria. A parte farle i complimenti, quindi, procuratore, anche per questo risultato, le chiediamo se può fornirci elementi ulteriori rispetto a quest'indagine.
  Per ciò che riguarda il traffico di migranti in Libia, risulterebbe al Comitato che dalle ultime inchieste della procura di Palermo sarebbero anche emersi collegamenti tra scafisti e gruppi armati paramilitari operanti in Libia, che potrebbero essere riferibili all'ISIS. Nel corso della sua attività il Comitato ha accertato che vi è la possibilità che organizzazioni di tipo terroristico sfruttino l'instabilità della Libia per infiltrare propri appartenenti tra i migranti in partenza dalle coste libiche.
  Naturalmente nei limiti delle nostre competenze, abbiamo accertato che c’è uno sforzo investigativo che mira a evitare sia l'ingresso di estremisti islamici sul territorio nazionale sia che le organizzazioni terroristiche tentino di infiltrare militanti all'interno delle masse di migranti. Anche su questo le chiediamo un suo commento.
  Quanto alla mancanza di collaborazione da parte dei Paesi di origine dei traffici, risulta al Comitato (agenzia AGI del 22 giugno 2015), che intervenendo a Vienna a una riunione dell'UNODC, United Nations Office on Drugs and Crime, nel corso della quale si è discusso della realizzazione di una banca dati mondiale sui casi di traffico di esseri umani, lei abbia dichiarato che occorre sviluppare sempre di più forme di cooperazione internazionale che consentano di intervenire anche giudiziariamente. Lei ha dichiarato anche che «Conosciamo anche alcuni organizzatori della tratta, ma dobbiamo purtroppo evidenziare la quasi totale mancanza di collaborazione da parte dei Paesi di appartenenza». Le chiediamo di fornire al Comitato elementi di informazione sugli sviluppi di questa cooperazione internazionale e sulle perplessità da lei enunciate.
  Quanto all'assimilazione della posizione dei cosiddetti scafisti con quelle delle vittime, risulta al Comitato che alcune delle criticità nello svolgimento delle indagini nei confronti dei responsabili della tratta di persone migranti risiedano nell'assimilazione della posizione dei cosiddetti scafisti con quella delle vittime di tratta. In particolare, stante la vigente disciplina, risulta al Comitato che le vittime di tratta siano considerate responsabili del reato connesso a quello di tratta e non testimoni. In questo senso richiediamo un suo commento, se conferma questa cosa, se il Parlamento può aiutare migliorando la legislazione vigente.
  Quanto alle iniziative da intraprendere al fine di accelerare l'indagine della magistratura, nel corso dell'attività di indagine svolta dal Comitato è emersa la difficoltà di trattenere sul territorio nazionale migranti che decidano di collaborare con la giustizia. Risulta, infatti, che dopo le prime dichiarazioni rilasciate alla Pag. 5Polizia sia difficile acquisire in sede processuale le rispettive testimonianze. Anche in questo senso le chiediamo un commento e se in qualche modo il Parlamento o il Governo possono essere utili al miglioramento di questa situazione.
  Da ultimo, le chiedo un'informazione relativamente alle procedure seguite in relazione ai barconi abbandonati e sequestrati. Nel corso delle audizioni svolte presso il Comitato, rispettivamente, il 7 dicembre e il 20 maggio scorsi, l'ammiraglio Angrisano, comandante del Corpo delle capitanerie di porto, Guardia costiera, l'ammiraglio De Giorgi, capo di Stato maggiore della Marina militare, e il generale Capolupo, comandante generale della Guardia di finanza, hanno affrontato tra gli altri il tema delle destinazioni delle imbarcazioni sequestrate agli scafisti.
  Gli auditi hanno dichiarato, in particolare, che i barconi che non affondano a causa delle loro precarie condizioni di navigabilità durante il traino da parte delle unità italiane e arrivano nei nostri porti vengono sequestrati e messi a disposizione dell'autorità giudiziaria. Noi abbiamo difficoltà anche a reperire i numeri, quanti sono, se sono in stato di abbandono o meno, qual è la procedura, se secondo lei dovrebbe essere migliorata. Anche su questo le chiedo un commento.
  La ringrazio di nuovo, procuratore, e le do la parola. Alla fine del suo intervento i colleghi le rivolgeranno delle domande. Se lo riterrà, risponderà già in questa sede, altrimenti tornerà e ci farà piacere. Chieda la segretazione quando ritiene.

  CALOGERO FERRARA, Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo. Le sollecitazioni che il Comitato pone sono numerose. Preliminarmente, vorrei consegnare ai membri del Comitato alcuni documenti che ho selezionato – ne ho fatta una decina di copie – perché penso siano utili per una successiva consultazione.
  Molto brevemente e in termini molto generali, è notizia di questi mesi l'incremento degli sbarchi, degli arrivi, soprattutto in Sicilia e in Europa attraverso le rotte di traffico tradizionali individuate in questi anni. Questo nasce proprio dal fenomeno del traffico di esseri umani, anche se in realtà parlerei più di tratta di esseri umani, sicuramente uno dei fenomeni più complessi dal punto di vista investigativo per varie ragioni che cercherò di enucleare a questo Comitato.
  In primo luogo, mi preme sottolineare la differenza tra i due fenomeni criminali, che spesso magari non è chiara sia nella legislazione sia nella considerazione sociale. Forse gli anglosassoni in questo sono molto più efficaci di noi e con lo smuggling, infatti, siamo in presenza di un'emergenza di cui parliamo ormai almeno da qualche anno, di un traffico di uomini caratterizzato non dal classico sfruttamento del migrante, del profugo o della vittima, ma dal fatto che interi gruppi, intere popolazioni vengono trasferiti da un posto all'altro dietro pagamento di somme di danaro.
  Questo fenomeno, tradizionalmente, a livello di fonti sia internazionali sia nazionali, è stato considerato secondario rispetto al trafficking. La legislazione per lungo tempo si è concentrata sullo sfruttamento della vittima. In realtà, le indagini giudiziarie dimostrano che si tratta di un'ipotesi ormai residuale rispetto al semplice trasferimento di uomini. Che cosa è successo nell'approccio che in procura a Palermo, alla Direzione distrettuale antimafia abbiamo cercato di dare proprio per questa ragione ?
  Il nostro legislatore ha stabilito la competenza delle direzioni distrettuali antimafia, quindi di un ufficio diverso da quello della procura cosiddetta ordinaria, quando o si ha un'ipotesi di tratta di persone, quindi di trafficking, per cui c’è uno sfruttamento della vittima, o nel caso di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina solo quando si ha un'associazione a delinquere finalizzata alla migrazione clandestina. Il singolo episodio di arrivo dei migranti, quindi, normalmente non è considerato di competenza della Direzione distrettuale antimafia.
  Per questo, per lunghi anni le indagini in tema di favoreggiamento dell'immigrazione Pag. 6clandestina sono state focalizzate più sull'arrivo dei barconi, sull'arresto degli scafisti individuati – in prima linea è stata in questo la procura di Agrigento per ovvie ragioni di competenza territoriale, poiché l'80 per cento degli sbarchi avveniva a Lampedusa – sulla condanna anche a pene elevate, spesso seguìta dall'espulsione, cui faceva seguito la ripresa dell'attività da parte di questo soggetto.
  Dopo la strage di Lampedusa – chiamiamola col suo nome, perché quando muoiono 366 persone tutte in una volta non è nient'altro che una strage, a poche miglia dalla costa, a poche miglia dall'Isola dei Conigli, una spiaggia che sicuramente tutti conosciamo – abbiamo deciso in procura a Palermo un approccio, che è poi quello proprio della criminalità organizzata: a fronte di fenomeni criminali così rilevanti non si poteva più guardare al singolo fenomeno di sbarco, come si era fatto fino allora, ma si doveva cercare di individuare le reti criminali che stanno dietro a un tale spostamento di uomini, applicando nient'altro che i protocolli investigativi, l'esperienza investigativa propria delle indagini di mafia, su cui la procura di Palermo, per ovvie ragioni, ha una tradizione storica e giudiziaria.
  In primo luogo, abbiamo creato un protocollo investigativo attraverso una riunione con tutte le Forze di polizia che potessero essere coinvolte nell'indagine – troverete nei documenti a vostra disposizione questo verbale – su come seguire queste direttrici investigative in maniera diversa che in passato, cioè raccogliendo sin dal momento dell'arrivo dei migranti, sin dalla presenza di ufficiali di polizia giudiziaria sulle barche di salvataggio per il recupero dei barconi, degli elementi probatori che potessero consentire a noi di avviare indagini mirate non solo sul singolo trafficante, sul singolo skipper o scafista, ma sulla rete criminale che vi stava dietro.
  Per far questo, ovviamente abbiamo dato delle direttive ben precise sull'audizione immediata dei sopravvissuti, perché spesso si tratta di sopravvissuti al viaggio, per acquisire nell'immediatezza le informazioni rilevanti che potessero condurci all'individuazione dei capi delle organizzazioni criminali: numeri telefonici, profili Facebook, profili di social network. Magari pensiamo che siano «pellegrini nel deserto», ma sono in realtà reti criminali organizzate e strutturate, esattamente come le organizzazioni criminali di casa nostra, se non di più, spesso armate e che, soprattutto, come ha già detto giustamente lei, sono coinvolte attualmente nel traffico illecito più redditizio del mondo.
  La caratteristica fondamentale di questo fenomeno criminale, infatti, è che è fondamentalmente a costo zero. Una partita di droga se viene persa, qualcuno alla fine dovrà pagarla in un modo o nell'altro – sono notorie le guerre tra trafficanti proprio per questa ragione – mentre se viene perso un barcone con 500 persone a bordo, non interessa a nessuno dal punto di vista criminale, perché il guadagno è tutto in anticipo, il costo del viaggio è pressoché irrisorio, lo skipper è spesso destinato a essere sacrificato, quindi stiamo parlando di attività criminali redditizie come poche al mondo.
  Abbiamo utilizzato gli strumenti tradizionali investigativi, creato innanzitutto un gruppo specializzato di magistrati che si occupasse anche di questa materia. Ovviamente, ci occupiamo anche di tutto il resto, ognuno continua a far parte della Direzione distrettuale antimafia o della procura ordinaria all'interno del nostro ufficio, ma ci occupiamo in maniera specifica di questa materia, proprio per dare dei protocolli comuni investigativi, un approccio unico al fenomeno.
  Abbiamo avuto la corrispondenza anche delle Forze di polizia, soprattutto la Polizia di Stato, per legge competente sull'immigrazione, nella creazione di gruppi specializzati gli investigatori che lavorassero su questo fenomeno, che erano già abituati a farlo sulle indagini di mafia, quindi con l'utilizzo di intercettazioni telefoniche, ambientali, telematiche, con l'applicazione delle norme sui collaboratori di giustizia esattamente come viene fatto nei processi di mafia.Pag. 7
  Per la prima volta – si può dirlo perché è un dato già pubblico, in quanto questo soggetto verrà giudicato a brevissimo, la prossima settimana c’è la discussione del suo processo – sta collaborando con la giustizia un soggetto che operava in Italia già da anni, residente a Roma da circa dieci anni se non di più, il primo insider dell'organizzazione, la prima persona inserita nell'organizzazione criminale per il traffico di uomini, e che ci sta svelando delle dinamiche interne dell'organizzazione che, come tutte le organizzazioni criminali, può essere conosciuta meglio solo attraverso le informazioni che provengono da chi ne ha fatto parte.
  Non è un caso che abbiamo registrato conversazioni telefoniche di cui una particolarmente rilevante, soprattutto dopo la strage di Lampedusa – io l'ho definita come il decalogo del perfetto trafficante – una conversione del 31 ottobre 2013...

  PRESIDENTE. Possiamo dirlo in pubblico ?

  CALOGERO FERRARA, Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo. Sì, perché è già depositata agli atti del processo, non c’è problema. È del 31 ottobre 2013, quindi 28 giorni dopo la tragedia, e uno dei più importanti trafficanti operanti in Libia parla con un suo complice che opera in Sudan.
  La rete criminale consiste, infatti, nell'invio di questi gruppi di profughi e migranti dal centro Africa, in genere, attraverso il deserto, il Sudan, fino al confine con la Libia; nell’«accoglienza» di queste persone al confine con la Libia da parte di soggetti incaricati dai capi dell'organizzazione criminale libica per portarli sulle coste libiche, dove vengono concentrati in compound, in genere nella zona di Tripoli o in quella vicino alle coste (Zuara, Sabratha o Misurata), da dove viene organizzato il loro traffico verso l'Italia. Infine è prevista anche una rete di accoglienza in Italia per il viaggio finale verso il nord Europa, che il 90 per cento di questi migranti vuole raggiungere.

  PRESIDENTE. Può dirci qualcosa sulla rete d'accoglienza italiana. È possibile che ci sia una rete d'accoglienza sul nostro territorio ?

  CALOGERO FERRARA, Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo. Questo è stato esattamente l'oggetto delle nostre indagini. Con le operazioni che ha citato, Glauco 1 e Glauco 2, riteniamo di avere smantellato almeno due grossi gruppi criminali. Nella prima operazione sono state arrestate nove persone, di cui tre sono rimaste latitanti, perché ovviamente molti di questi soggetti si trovano all'estero ed è anche difficile rintracciarli. Torneremo sul punto della cooperazione giudiziaria.
  Nella seconda operazione sono stati individuati 27 soggetti che operano in Italia, di cui il «collaboratore di giustizia» di cui vi ho parlato era uno dei principali referenti che lavora a stretto contatto con i trafficanti in Africa per raccogliere queste persone e organizzarne l'ultima parte del viaggio verso il nord Europa.
  Su quello che avevamo sempre ipotizzato a livello di workshop, convegni e seminari ora abbiamo un accertamento giudiziario ben preciso: queste rotte del traffico non sono una ricostruzione sociale, ma giudiziaria. I migranti vengono concentrati in genere nei Paesi del centro Africa, principalmente Sudan, in partenza l'Eritrea e l'Etiopia; da lì iniziano una prima parte del loro viaggio attraverso il deserto, per cui pagano una prima somma di denaro; spesso durante questo viaggio attraverso il deserto vengono intercettati da altri gruppi paramilitari, che li rapiscono e ne chiedono un ulteriore riscatto.
  Ripeto che questo è un accertamento giudiziario, perché uno di questi componenti di questi gruppi paramilitari è stato da noi personalmente individuato, in quanto è arrivato a Lampedusa, arrestato e condannato alla Corte d'assise Agrigento a 30 anni di reclusione per sequestro di persona. Non è, quindi, un'idea accusatoria generica o una ricostruzione. È fondata su dati giudiziari, le testimonianze dei migranti, che ho personalmente interrogato Pag. 8a Lampedusa, chiare, precise e concordanti nella loro ricostruzione e confermate in sede di Corte d'assise, e che hanno portato alla condanna di questa persona a 30 anni di reclusione.
  Questi migranti devono riuscire a superare il viaggio nel deserto e possibili rapimenti e sequestri. Nel caso di questo somalo, molti di questi migranti erano comunque stati uccisi, le donne erano state quasi tutte stuprate, e la condanna è stata anche per violenza carnale. Raggiunto il confine tra il Sudan e la Libia, vengono materialmente consegnati ai referenti di quest'organizzazione – descrivevano questo passaggio anche tra sette o otto diversi mezzi di trasporto – che li portano sulla costa libica.
  A quel punto, devono pagare per la seconda parte del viaggio, cioè quella via mare. Il pagamento avviene in contanti, se ne hanno ancora e che spesso ci raccontavano essere il frutto di interi villaggi che raccolgono una somma di denaro per consentire anche a uno solo di lasciare l'Eritrea, l'Etiopia o il Sudan, che poi consentirà magari agli altri di raggiungerlo dopo qualche anno, o vengono pagati direttamente da parenti e familiari che vivono già in Europa, in Israele o in altre zone più ricche del mondo attraverso il sistema «hawala».
  Mi permetto di dire che questo è un aspetto molto interessante, perché è un sistema di pagamento che risale a centinaia di anni fa: è il classico sistema di pagamento che avveniva tra i commercianti arabi. È basato sulla fiducia. Credo che haw significhi «fiducia» in arabo, ma non sono un esperto di arabo, anche se mi piacerebbe esserlo.
  Il problema è che, di fatto, non c’è passaggio di denaro tra colui che paga e colui che riceve un servizio, perché è basato su una sorta di sistema di compensazione attraverso i cosiddetti hawaladars, soggetti incaricati di svolgere questo sistema di compensazione, difficilissimo da tracciare, tanto che dopo l'11 settembre 2001 negli Stati Uniti viene vietato e indicato tra i possibili mezzi di finanziamento del terrorismo. Nella seconda operazione Glauco, per la prima volta in Italia abbiamo contestato ai 25 indagati, tra le altre cose, anche la violazione della normativa in materia di riciclaggio e di raccolta del risparmio, perché siamo riusciti a ricostruire dalle attività di intercettazione l'utilizzo del sistema hawala per il pagamento dei viaggi dei migranti.
  Abbiamo, quindi, ricostruito il traffico: dalle coste della Libia, una volta avvenuto il pagamento inizia la seconda parte del viaggio. In passato venivano raggiunti principalmente Lampedusa o Porto Empedocle. Da Mare Nostrum e Triton in poi ovviamente i luoghi di sbarco sono individuati in maniera diversa. Lì abbiamo una rete criminale in genere composta da soggetti della stessa nazionalità, anche per ragioni di lingua, di comunicazione, che si occupa della terza parte del viaggio, cioè di organizzare per esempio la fuga dei migranti dai centri di accoglienza per consentire loro di raggiungere il nord Europa.

  PRESIDENTE. Mi scusi, la domanda probabilmente è ingenua: esistono organizzazioni sul territorio, scusi la banalità, tollerate dalle altre organizzazioni criminali italiane ? Questo è più un «lancio» per la Commissione antimafia del Parlamento. Ci sono dei collegamenti per la Commissione antimafia, che da questo punto di vista dovrebbe fare delle audizioni o delle indagini.

  CALOGERO FERRARA, Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo. Chiaramente, questo è un problema che ci siamo posti immediatamente, cioè se vi fossero dei gruppi criminali tollerati in delle realtà, soprattutto ad alta densità criminale, come sono sicuramente quelle siciliane. Devo dire, però, che finora non sono emersi contatti diretti tra queste organizzazioni criminali, a mio parere per due ragioni, ma questa è più un'idea che un dato processuale acquisito.
  Anzitutto, le ragioni sono strettamente connesse alla comunicazione. Già noi abbiamo delle difficoltà enormi – è una delle Pag. 9criticità che rappresento – nello svolgere queste indagini. Indagando su un gruppo eritreo ho scoperto che in Eritrea esistono qualcosa come poco meno di cento dialetti diversi, ed è già difficilissimo per noi trovare gli interpreti. Si possono effettuare tutte le intercettazioni che si vuole, trovare i numeri giusti per le indagini, ma se non si capisce che cosa dicono, ovviamente tutto questo si rivela inutile. Spesso ci è capitato di avere degli interpreti eritrei che non riuscivano a capire altri soggetti che parlavano esattamente in eritreo, quindi già vi è un problema di comunicazione tra questi gruppi criminali. Spesso il mafioso siciliano – chiamiamolo così – non è in grado di interloquire direttamente con il criminale eritreo.
  Il secondo problema, a mio parere, è che la criminalità organizzata «nostrana» ha a tutt'oggi un po’ di ritardo culturale nel percepire i guadagni che possono derivare da quest'attività criminale. Probabilmente, sono ancora legati a sistemi criminali diversi, come il traffico di droga, l'estorsione e così via, non rendendosi conto – per fortuna, poi vedremo se se ne renderanno conto – che secondo i nostri calcoli un solo barcone con 600 migranti significa circa un milione di dollari a costi ridottissimi.
  Anche secondo acquisizioni investigative, infatti, normalmente il barcone vale poche migliaia di euro, perché sono barche in genere fatiscenti. Tantissime sono state le morti ad agosto. Entrambe le imbarcazioni sono arrivate a Palermo, una con oltre 200 morti, di cui solo 26 cadaveri sono stati rinvenuti, e l'altra con 52 morti schiacciati nella stiva. Ebbene, abbiamo già contestato l'omicidio plurimo volontario, ritenendo, come dice giustamente la giurisprudenza della nostra Corte di cassazione, che il fatto stesso che si stracarichi un barcone in condizioni fatiscenti, lo si mandi in mezzo al mare senza cibo né acqua, senza giubbotti di salvataggio e così via, può costituire una precisa responsabilità penale anche per omicidio doloso, ovviamente a titolo di dolo eventuale. Gli organi giudicanti, il giudice delle indagini preliminari e il tribunale del riesame di Palermo, ci hanno dato ragione in questa nostra configurazione.
  Abbiamo ritenuto di individuare due grossi gruppi criminali nelle operazioni Glauco 1 e Glauco 2. Soprattutto, sono state migliaia le conversazioni intercettate. Stiamo parlando di numeri enormi per ragioni anche molto semplici: mentre un trafficante di droga deve nascondere l'oggetto della sua conversazione, usa un linguaggio criptico o comunque sa che può essere arrestato se opera sul territorio nazionale, queste persone non hanno alcun timore, parlano tranquillamente al telefono per decine e centinaia di conversazioni al giorno, senza remore dell'oggetto del loro traffico, questi gruppi di uomini indicati esattamente come quelli mandati da Muadin, da Aziz, quelli che vengono dal Marocco, quindi proprio anche «categorizzati», che devono stare insieme tra loro.
  Nelle ultime indagini – anche questo mi pare molto interessante – si è accertato che vi è anche una distinzione nella collocazione a bordo dei barconi. A uno degli ultimi sopravvissuti, che ho interrogato personalmente quando è arrivato sulla banchina a Palermo, ho chiesto perché fossero nel sotto-stiva. Stiamo parlando del vano motore di un peschereccio, dove c’è anche il motore. In quest'ultimo barcone si trattava di un vano alto circa 1,50 metri nelle parti più elevate, largo 4, in cui erano stipate più di cento persone con due piccoli fori per l'aria, di 70 centimetri per 70 centimetri, due soli.
  Il comandante svedese che aveva dato soccorso e che abbiamo interrogato ha raccontato che ha dovuto tagliare con la fiamma ossidrica il ponte – c'erano le sue foto mentre compiva quest'operazione – perché i cadaveri non potevano essere portati fuori in quanto il buco era semplicemente troppo stretto. Di questo si tratta. Magari non ci rendiamo conto. Altro è leggere sulla carta, altro vedere in concreto di che cosa stiamo materialmente parlando.
  Alcuni sopravvissuti che erano in questo vano inferiore hanno detto semplicemente Pag. 10che erano sotto, mentre altri erano sopra, per il colore, «for the color of my skin and of my blood», «per il colore della mia pelle e del mio sangue». Nella parte inferiore vi erano tutti i subsahariani (eritrei, ghanesi, senegalesi), nella parte superiore del ponte vi erano invece i magrebini. Loro, infatti, dicevano che nella parte di sopra c'erano i bianchi e in quella di sotto i neri, come hanno detto peraltro a verbale.
  Di queste due grosse indagini, per riallacciarmi a questo discorso, il merito va anche al procuratore della Repubblica, col quale ci siamo recati insieme a Eurojust, a L'Aja, per sollecitare tutte le autorità giudiziarie europee di destinazione dei flussi migratori. Abbiamo cercato di far capire che in Italia abbiamo condotto le nostre indagini, individuato le reti criminali operanti nel nostro territorio, ma anche che abbiamo elementi probatori che questi soggetti non solo vogliono arrivare nei vostri territori, ma che lì da voi ci sono reti criminali pronte ad accoglierli esattamente come ci sono da noi.
  Confesso che inizialmente c'era un po’ di diffidenza da parte dei colleghi europei. Noi abbiamo convocato questo meeting di coordinamento a L'Aja, a Eurojust, dove per la prima volta erano rappresentati otto diversi Paesi e 50 persone tra procuratori e poliziotti.

  PRESIDENTE. Può indicarci i Paesi ?

  CALOGERO FERRARA, Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo. Sì: sono Svezia, Norvegia, Olanda, Regno Unito, Germania, Francia, mi pare Belgio.

  PRESIDENTE. All'inizio erano diffidenti.

  CALOGERO FERRARA, Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo. All'inizio erano diffidenti, dicevano di essere disposti ad aiutare l'Italia in questo problema. La terza volta che hanno detto di essere disposti ad aiutare abbiamo spiegato loro che forse il concetto non era chiaro, che abbiamo già arrestato in due diverse operazioni circa 35 componenti di organizzazioni criminali, che abbiamo i mandati d'arresto internazionali spiccati per i soggetti operanti in Libia e in Sudan, che, per quello che diceva, probabilmente non verranno eseguiti, ma li abbiamo.
  Abbiamo spiegato che eravamo lì per dire loro che abbiamo materiale probatorio che loro possono utilizzare per svolgere le indagini sul loro territorio. In Italia le indagini sono e possono essere svolte in relazione alla Libia, anche su quello che opera da loro, ma considerando che siamo in uno spazio comune europeo non sarebbe il caso.
  Quando abbiamo messo a disposizione queste migliaia di conversazioni telefoniche, dati enormi... Chiederei la segretazione, perché si tratta di documenti riservati.

  Il Comitato delibera quindi all'unanimità di procedere in seduta segreta.
  (I lavori proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).

  CALOGERO FERRARA, Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo. Da alcune centinaia di registrazioni che avevamo, all'inizio di questo cross check è emerso qualcosa come 7.200 contatti con soggetti diversi operanti su quel territorio e così via.
  A questo punto, i vari colleghi – siamo particolarmente orgogliosi come procura di avere spinto gli altri Paesi – hanno avviato recentemente quasi tutti delle indagini sul loro territorio – parlavo ieri con la collega olandese e la scorsa settimana con quella svedese – che nascono proprio dal materiale probatorio che abbiamo acquisito. Hanno chiesto a noi delle attività rogatoriali da svolgere sul territorio italiano, come interrogare i collaboratori di giustizia, per approfondire. Per la prima volta, abbiamo un'indagine a livello europeo, tanto che addirittura ora è allo studio di Eurojust proprio che le indagini Glauco 1 e Glauco 2 diventino quello che loro Pag. 11definiscono uno strategic study, ossia un caso pilota delle indagini in materia di reti criminali.
  Ovviamente, il problema della cooperazione giudiziaria internazionale non si pone tanto in Europa, per carità. Chiaramente, si ha ancora ora un problema di differenti legislazioni. Come dicevo all'inizio di questo mio lungo discorso, mentre il trafficking, lo sfruttamento della vittima, è da sempre considerato un crimine grave in quasi tutti i Paesi europei, in molti Paesi europei il semplice favoreggiamento di immigrazione clandestina, il cosiddetto smuggling, non è considerato un crimine grave. Abbiamo legislazioni diverse. La collega svedese mi spiegava che di fatto in Svezia non possono fare attività di intercettazione telefonica sul semplice favoreggiamento all'immigrazione clandestina perché è considerato un reato minore.
  Chiaramente, sarebbe necessaria anzitutto un'armonizzazione delle legislazioni, rendendosi conto che i due protocolli di Palermo sul trafficking e sullo smuggling sono addizionali rispetto alla convenzione di Palermo sul crimine transnazionale del 2000. All'epoca, circa quindici anni fa ormai, si pensava che il fenomeno criminale più grave fosse la tratta. In realtà, ormai il paradosso è che quello che si pensava essere il fenomeno criminale più lieve si è sviluppato come quello più pericoloso.
  Ora, la cooperazione con i Paesi europei c’è sempre stata – due di queste persone sono state arrestate in sede di esecuzione di mandato d'arresto europeo, una in Germania e una in Svezia, immediatamente e senza alcun problema – ma, come diceva giustamente lei, il problema che dobbiamo registrare serissimo è la totale mancanza di collaborazione dei Paesi di origine. Di fatto, abbiamo acquisizioni investigative sulla localizzazione di questi latitanti, dei grossi trafficanti, che abbiamo individuato e per i quali abbiamo emesso mandati d'arresto internazionali, ma ovviamente chiedere una cooperazione alla Libia o al Sudan è praticamente inutile.
  Abbiamo provato, ad esempio, a far attivare l'Interpol, ma senza strutture istituzionali cui rivolgersi è abbastanza inutile, tanto che i mandati d'arresto sono rimasti ineseguiti. Pensiamo di aver individuato anche i luoghi in cui vengono detenuti questi migranti all'esito di queste attività tecniche, ma anche in quel caso non c’è una Forza di polizia cui rappresentare l'importanza di quest'informazione.
  Vorrei concludere, magari vi sto annoiando un po’ troppo. Vengo solo ad alcune criticità delle indagini. Il presidente me ne aveva rappresentate alcune.
  Quello dell'assimilazione tra scafisti e vittime è un problema giudiziario enorme. Come sapete, in Italia, a differenza che in altri Paesi, ci sono varie categorie di persone che possono essere interrogate da un magistrato nella fase delle indagini o nel processo: abbiamo l'imputato, l'indagato per l'ipotesi normale, il testimone, per l'ipotesi altrettanto normale, ma in Italia abbiamo il cosiddetto indagato di reato connesso o collegato, cioè una persona che è stata indagata per un altro reato, in questo caso l'immigrazione clandestina.
  Il migrante che arriva, infatti, commette il reato di cui all'articolo 10-bis o -ter del testo unico immigrazione: sebbene reato minore, punito con una pena pecuniaria di qualche migliaio di euro, comunque è un reato. In questo caso, per il nostro sistema processuale deve essere sentito non come testimone, ma come indagato di reato connesso o collegato. Questo pone due grossi problemi.
  Il primo problema riguarda il tipo di modalità dell'audizione. Innanzitutto, può avvalersi della facoltà di non rispondere, come il testimone non può fare. Questo è già un primo grosso problema. In secondo luogo, ha diritto all'assistenza dell'avvocato, ma questo potrebbe non essere un grosso problema. Tuttavia, giusto per raccontarvi qualcosa di reale, quando c’è stata la tragedia dei 366 a Lampedusa, la Polizia dopo qualche giorno individua alcuni migranti che avevano individuato uno dei possibili scafisti e, ovviamente, nell'immediatezza Pag. 12li interroga, li sente come persone informate sui fatti, senza avvocato.
  Viene chiamata la procura per informarla dell'individuazione del soggetto e per dire che potrebbe essere arrestato, ma la procura chiede come siano avvenuti gli interrogatori. Alla risposta che non era presente l'avvocato risponde che gli interrogatori non potevano essere utilizzati. Il problema è che a Lampedusa non c'era un altro avvocato oltre a quello che difendeva l'indagato. Sembra una cosa stupida, ma vi assicuro che non lo è.
  Ho proposto di trovare un avvocato che da Palermo potesse recarsi sul posto. Abbiamo dovuto anche decidere come trasportarlo, alla fine con un elicottero della Polizia. La realtà dei fatti e delle indagini è questa. A quel punto, abbiamo chiesto a un avvocato, che è stato molto disponibile e che conosciamo personalmente, di venire a svolgere un'attività sociale, di servizio. Ci siamo recati insieme a Lampedusa, abbiamo di nuovo interrogato i migranti con l'ausilio del difensore, come è giusto che fosse secondo il nostro sistema processuale. Hanno confermato quanto avevano già detto alla Polizia. Abbiamo raccolto elementi di prova e abbiamo arrestato questa persona, condannata poi a 30 anni di reclusione.
  Un terzo grosso problema era il diverso sistema di valutazione delle dichiarazioni di questi soggetti. Secondo il sistema processuale italiano, le dichiarazioni del testimone non richiedono un cosiddetto riscontro esterno. Se sono vittima di una rapina, per il solo fatto che descrivo il rapinatore, che il mio racconto è comunque concordante con la dinamica dei fatti e così via, il colpevole può essere condannato sulla base delle mie sole dichiarazioni. Nel caso di un indagato di reato connesso o collegato, invece, secondo la giurisprudenza della Cassazione e il nostro sistema processuale, articolo 192 e così via, occorre un'attività di corroborazione esterna, cioè un riscontro esterno a quello che è stato detto, che può essere dato dalle dichiarazioni di altri, ma che in genere dovrebbe essere qualcosa di diverso.
  Vi renderete conto che in eventi di questo tipo questa circostanza è difficilissima da trovare, perché la maggior parte dei crimini è commessa all'estero, o comunque inizia all'estero. Quando si ha la descrizione di questi barconi con centinaia di persone non è neanche facile capire che cosa è successo. Chiaramente, il livello probatorio richiesto è molto più elevato, con il rischio che le indagini finiscano nel nulla.
  A mio parere, sull'altro piatto della bilancia, benché non sia compito del magistrato porsi questo problema – i magistrati applicano le regole che ci sono – abbiamo un reato di immigrazione clandestina, di fatto punito con mi pare 5.000 o 10.000 euro di multa, il cui effetto deterrente per soggetti che hanno visto torture inenarrabili nel loro viaggio, che sono stati in viaggio per anni dal centro Africa attraverso il deserto, attraverso i barconi stivati di persone, pagando migliaia di euro o di dollari per questo loro viaggio, è assolutamente irrisorio.
  Il carico per gli uffici giudiziari, invece, è enorme. Ovviamente, infatti, queste persone devono essere iscritte nel registro degli indagati, perché hanno commesso un reato entrando clandestinamente in Italia. Addirittura, altro aspetto interessante, è stato sostenuto in un processo non a Palermo, ma mi sembra a Catania, relativamente a barconi abbandonati in mezzo al mare, quindi in acque extraterritoriali, non ancora entrati nel territorio nazionale e recuperati dalla Marina militare per salvarli, la difesa, facendo il suo lavoro anche con una certa...

  PRESIDENTE. ...creatività.

  CALOGERO FERRARA, Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo. Ecco, creatività. Il difensore ha sostenuto che il reato è stato commesso dal responsabile della Marina militare che ha preso queste persone e le ha portate in Italia, mentre non è detto che lo scafista o il trafficante volesse... Ovviamente, la Cassazione ha sostenuto che non era una tesi particolarmente... Questo dà anche, Pag. 13però, l'idea della complessità dei casi. Ha comunque dovuto motivare sul principio dell'autore mediato, dunque una questione giuridica molto complessa. Una delle criticità è sicuramente questa della modalità di escussione di questi soggetti.
  Un secondo problema, come dicevo, è quello delle traduzioni. In tutte le sedi sembra che io sia un sostenitore – l'ho detto alla Direzione nazionale antimafia, in sede di Eurojust, e così via... Ci appoggiamo a soggetti che non dico fanno volontariato, ma quasi. Secondo le tariffe giudiziarie, mi pare che un traduttore sia pagato 10 o 8 euro l'ora, cioè meno della mia baby-sitter per un lavoro molto complesso e delicato. In questo tipo di indagini fondiamo le nostre risultanze su quello che ci dicono i traduttori. C’è anche spesso la difficoltà di reperirli.
  Due giorni fa si è scoperto interrogando uno di questi testimoni che parlava solo la lingua urdu, che ho scoperto ieri che esisteva. Penso sia un dialetto del Pakistan o qualcosa di simile. Si è scoperto che in Sicilia solo due soggetti che per fortuna parlavano urdu, ma quel giorno erano stati convocati dal prefetto di Trapani per non so quale commissione, per cui abbiamo dovuto chiedere al prefetto di darcene almeno uno per il processo.
  È una sciocchezza, ma dà l'idea della difficoltà di questa tipologia di indagini. Dico sempre che, anziché poliziotti, il Ministero dell'interno dovrebbe assumere dei traduttori, in questo modo facilmente reperibili. Si saprebbe a chi rivolgersi nell'immediato, non ci sarebbe il problema dei pagamenti, perché sono come consulenze tecniche agli uffici giudiziari, per cui i pagamenti arrivano a distanza di mesi o di anni. Se per un commercialista o un avvocato che svolge questo lavoro non è un problema, lo è per un soggetto di nazionalità urdu, che chiaramente guadagna quel poco che riesce con l'attività di mediazione culturale, stare intere giornate alla squadra mobile ad ascoltare intercettazioni senza essere pagato.

  PRESIDENTE. Il Ministro dell'interno ascolta le nostre audizioni, quindi speriamo colga la sua sollecitazione.

  CALOGERO FERRARA, Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo.
  Un altro problema è legato, come ha sottolineato lei, alla velocità dei processi. Si tratta di processi in cui i testimoni, una volta reperiti, devono essere sentiti immediatamente. Come dicevo, infatti, il 90 per cento di queste persone, anche di più, vuole lasciare l'Italia per raggiungere il nord Europa, generalmente la Germania o la Scandinavia. Il problema, però, è come contemperare le due esigenze del diritto umano, di libertà di movimento di queste persone di recarsi dove vogliono e quella pubblica della loro testimonianza. Diversamente, avremmo il paradosso che testimonino in fase di indagini, facciano arrestare una persona per crimini puniti fino a 25 anni e più di reclusione, fino all'ergastolo, e poi in sede di processo si sia magari costretti ad avere una sentenza assolutoria perché non c’è la ripetizione davanti al giudice di queste dichiarazioni.
  Non vi dico che cosa succede. Noi chiediamo l'incidente probatorio immediato, una sorta di anticipazione del dibattimento, ma con la necessità di tradurre tutti gli atti, e anche in quel caso c’è spesso il problema di reperire traduttori che nell'immediato ci traducano gli avvisi di incidente probatorio, le notifiche, oltre al processo. Questo significa che un processo che normalmente dura anni – per questo l'Italia è famosa – va celebrato in quindici giorni. Di fatto, da quando arriva il barcone a quando si esegue la misura cautelare e si arrestano immediatamente le persone, a quando vengono interrogate e si procede con questa sorta di anticipazione di dibattimento, è necessario un lavoro concentratissimo, peraltro in una o più lingue straniere.
  Nell'ultimo sbarco abbiamo cinque lingue diverse. Più che un'aula giudiziaria, sembra uno di quei convegni internazionali in cui occorrerebbero le cabine di traduzione, ma non siamo attrezzati per Pag. 14questo. Chiaramente, si pone questo problema di contemperare queste esigenze. Normalmente, dagli otto o dieci testimoni iniziali della fase delle indagini, a dibattimento se ne hanno, quando va bene, la metà.

  PRESIDENTE. Scusi, non sono un'esperta, e quindi forse dirò una sciocchezza, ma il Comitato si è soffermato molto sul tema dei ricorsi dei migranti in fase di diniego dello status di rifugiato: è emerso – anche il Ministro della giustizia ci ascolta, e quindi lo risollecitiamo – che forse sarebbe il caso di prevedere «sezioni» specializzate, magari con un iter processuale specializzato su questo. Ritiene che questo potrebbe essere pensato anche per questo genere di processi o sta parlando semplicemente di personale in più ?

  CALOGERO FERRARA, Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo. Questo è sicuramente un apporto importante, visto che la pratica per il diritto d'asilo in Italia dura 18 mesi, mentre negli altri Paesi dura pochi mesi o poche settimane. Chiaramente, è una spinta a lasciare il territorio nazionale non solo perché si vuole andare in Germania, ma anche perché si trovano in una sorta di limbo per un periodo di tempo anche abbastanza lungo.
  Proprio ieri la collega olandese mi diceva che è rimasta stupita, parlando con un giudice italiano, di scoprire che si occupa di contratti, di divorzi e di diritto d'asilo. Le ho chiesto come funziona in Olanda: mi ha risposto che hanno il giudice penale, quello civile e quello che si occupa del diritto d'asilo. Hanno una terza categoria, stante l'enorme complessità della materia. Quella del diritto d'asilo, infatti, è sicuramente una delle materie più complesse.
  Non voglio dire che il modo olandese sia quello giusto. È un'esperienza che mi veniva raccontata, dove esiste un giudice speciale che si occupa esclusivamente di quella materia, perché lei mi rappresentava giustamente la differenza di valutare il Paese di provenienza, le legislazioni, accertamenti difficili da contemperare quando si hanno altre cento cause sul ruolo di contratti, di istanze di divorzio o di problemi di affidamento dei figli.
  Sicuramente un altro problema potrebbe essere, ma questo è più rivolto al Ministero della giustizia, la modifica della regola processuale sulla valutazione di queste dichiarazioni. Il pubblico ministero interroga queste persone con tutte le garanzie del caso – abbiamo visto i testimoni – fa le acquisizioni in fase di indagini, «corre» il più possibile per interrogarle di nuovo davanti a un giudice in incidente probatorio, ma per una qualche ragione le persone possono scappare. Io ho richiesto l'incidente probatorio al giudice, che ha abbreviato i termini della metà, al massimo, come stabilisce il codice, ma ciononostante uno o due testimoni sono stati persi.
  In questo caso, a mio parere vi è anche un problema di valutazione di queste dichiarazioni, relativamente cioè alla possibilità che in un futuro dibattimento possano essere acquisite agli atti del dibattimento come atti irripetibili – è una normativa particolare del nostro processo penale – perché comunque tutto quello che era umanamente possibile è stato fatto.
  Dico davvero umanamente, perché diamo questi atti al traduttore dell'incidente probatorio dicendogli che deve tradurli in un'ora, pagine e pagine in arabo, urdu o in tigrino, e così via; il giudice per le indagini preliminari in mezzo a mille altre cose fissa l'udienza per le ricognizioni di queste persone, che durano dieci, dodici, quindici ore. Nel frattempo «perdo» uno o due testimoni. Penso ci sia necessità di una regola processuale diversa, che stabilisca che, se tutto quello che era possibile umanamente fare è stato fatto, la valutazione di queste dichiarazioni dovrebbe essere possibile da parte del giudice del futuro giudizio, chiaramente contemperando con altri princìpi propri.
  Penso di aver detto tutto.

Pag. 15

  PRESIDENTE. Io lascio la parola ai colleghi, poi magari in replica può aggiungere qualcosa sui barconi. La ringrazio per la disponibilità, ma siccome hanno il problema del numero legale al Senato, do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  RICCARDO MAZZONI. Intervengo molto brevemente e mi scuso se dovrò assentarmi, ma da mezz'ora è cominciata l'Aula al Senato.
  A un certo punto, ha citato la conversazione del 31 ottobre 2013, che poi è rimasta in sospeso, ma mi aveva piuttosto incuriosito.
  In secondo luogo, dal quadro che ci ha delineato mi sembra che la sussistenza, anche se con portata minore rispetto al passato, del reato di clandestinità sia diventata più un intralcio, un appesantimento, che non una deterrenza rispetto all'arrivo dei migranti. Oltretutto, rispetto a dieci anni fa l'80 per cento di chi arriva ha diritto d'asilo più o meno, perché arriva da zone di guerra. Secondo lei, che fine deve fare il reato di clandestinità ? Si torna a inasprirlo o si elimina definitivamente ?
  Inoltre, si è affermata in questi mesi la sussistenza della giurisdizione italiana anche per fatti di naufragio o di omicidio commessi interamente in acque internazionali: dal punto di vista proprio tecnico, del nostro diritto penale e del diritto internazionale, che basi ha questo tipo di nostra giurisdizione anche al di fuori delle nostre competenze ?

  PAOLO ARRIGONI. Io ho diverse domande da porle.
  Il fenomeno della migrazione è dettato in parte da coloro che scappano da guerre e da persecuzioni, ma in gran parte da motivazioni di tipo economico sia da parte di coloro che vogliono emigrare in Paesi in cui cercare più fortuna sia perché sostenuto da una certa criminalità organizzata: secondo lei, la crescita del numero degli scafisti segue l'aumento degli immigrati o viceversa, viene disegnato un mondo europeo da parte della criminalità organizzata, un Eldorado che incentiva la fuga e la partenza dai Paesi di origine per alimentare il business economico di questa criminalità organizzata ?
  Inoltre, lei ha parlato ovviamente di criticità nel sistema europeo, in particolare italiano. Ha sottolineato, in particolare, la carenza di traduttori. Voi, che lavorate sul fronte per contrastare questo fenomeno, avete risorse adeguate, uomini adeguati, strutture adeguate, norme adeguate ?
  Ancora, ho una domanda specifica: per contrastare questa criminalità portata avanti da scafisti ritiene che debbano essere introdotte delle nuove fattispecie di reato nel nostro codice di procedura penale ?
  Quando è stata istituita l'operazione Mare Nostrum il 17 ottobre, dopo la strage del 3 ottobre, il Ministro dell'interno Alfano aveva detto che l'operazione avrebbe costituito una deterrenza per gli scafisti. I numeri da allora hanno dimostrato un'impennata degli sbarchi: Mare Nostrum e poi Triton per gli scafisti rappresentano una deterrenza o un incentivo per l'organizzazione delle tratte della morte ?
  Infine, ha parlato di una criminalità organizzata che opera nel nostro Paese costituita dai soggetti dell'Africa e del Medio Oriente che si dedicano all'organizzazione del nuovo viaggio dall'Italia verso i Paesi del nord Europa e Scandinavia: esiste una criminalità organizzata locale per lo sfruttamento di queste persone nel mondo del caporalato o per lavori illegali ?
  Come procura avete condotto indagini nell'ambito di coloro che operano per erogare i servizi dell'accoglienza nel nostro Paese ?
  Ho l'ultima domanda. Il presidente Ravetto ha accennato al problema di come affrontare nel modo più efficace la questione dei ricorsi per i dinieghi maturati nei procedimenti delle commissioni territoriali: avete accertato dei fenomeni illegali in ordine alla produzione di ricorsi ? Spesso si sente parlare di ricorsi fotocopia, quindi ci sono delle organizzazioni dedite a favorire questi ricorsi, posto che nel Pag. 16momento in cui uno fa ricorso rimane nel sistema di accoglienza per altri due, tre, quattro anni, quindi va a ingrossare il sistema di accoglienza, e quindi aumenta il business di coloro che erogano i servizi di accoglienza.

  MARCO SCIBONA. Faccio solo una domanda breve, visto che ce ne sono state già tante. Parlava di un'organizzazione intermedia in Italia per fare il rilancio verso il nord Europa. Guardando anche l'atto di fermo, ci sono parecchi fermati che risiedono nel CARA: siete riusciti o avete modo di condurre un'indagine all'interno del CARA per riuscire a distinguere le persone che sono lì a pieno titolo da quelli che sono lì per un'azione di questo tipo ?

  NADIA GINETTI. Ringrazio il procuratore anche per l'attività che stanno svolgendo, che non è semplice perché comunque richiederebbe collaborazione tra Paesi di partenza e di destinazione. Non c’è questa consapevolezza e, probabilmente, come spesso è emerso dall'attività del Comitato, una procura europea di indagine non solo mirata alle frodi sulle risorse comunitarie, ma proprio di indagine penale, in questo caso sarebbe utile oltre Eurojust ed Europol. Su questo, però, se ritiene, possiamo fare un'azione di pressing anche rispetto all'appartenenza di alcuni di noi alla Commissione politiche europee che esprime pareri anche in questa direzione.
  È evidente che comunque queste persone dedite al traffico di esseri umani devono rispondere di una pluralità di reati individuabili, al di là del problema della normativa sull'immigrazione, ma mi sembra che si possa configurare all'interno del famoso articolo 51 una pluralità di reati gravi, non dico il sequestro, ma comunque reati gravi nel momento in cui per esempio i migranti sono chiusi in una stiva, al di là dell'ipotesi di omicidio colposo qualora si tratti di cadaveri.
  Quello che mi interessa più capire è l'articolo 416, l'ipotesi di associazione, e se questa rete locale effettivamente non esista. È possibile pensare soltanto a una loro rete di collegamento anche per etnia per lo smistamento, dall'accoglienza al trasferimento una volta approdati nel nostro territorio, o effettivamente esiste comunque una rete di relazione anche con la criminalità locale ai fini della manodopera clandestina e dello sfruttamento, della messa a disposizione di mezzi di trasporto ? Abbiamo visto che i mezzi di trasporto spesso sono nostri, locali, anche occasionali, perché devono nascondersi.
  Ancora – in questo senso ho presentato anche un'interrogazione – quanto incide la difficoltà nella nostra organizzazione del Ministero dell'interno fino al sistema di prima accoglienza ad arrivare a una precisa identificazione, nel senso di puntuale nei confronti di tutti, ai sensi del regolamento Eurodac per una banca dati comune ? Questa ci consentirebbe, in realtà, di sviluppare indagini, pensando al futuro, anche in maniera più compiuta. Non so se questa difficoltà danneggi l'attività investigativa presente e futura. Che cosa si può fare ?

  PRESIDENTE. Sulla prima domanda, che avevo già rivolto anch'io, credo che il procuratore abbia un po’ già risposto. Ha escluso di fatto connessioni per ragioni di conoscenza della lingua e anche per la non comprensione del business che c’è dietro. Ho rivolto la domanda apposta perché vedo la sua perplessità. Sembra strano che le organizzazioni locali consentano anche un movimento sulle coste senza dir nulla, ma obiettivamente ci ha fornito degli elementi: può dirci di più e ancor meglio ?

  LUIS ALBERTO ORELLANA. Sarò velocissimo. Innanzitutto, faccio i complimenti per l'attività che sta svolgendo e per i risultati già ottenuti, che speriamo siano forieri di maggiori risultati, soprattutto non solo a livello italiano ma anche europeo.
  Lei ha parlato molto di Eritrea, Etiopia e Sudan: i flussi dell'Africa occidentale rispecchiano gli stessi meccanismi ? Può aggiungere qualcosa ?
  Sul discorso dei barconi la domanda era sul numero dei rimasti in Italia: dall'indagine Pag. 17è emerso come si procurano i barconi, ma anche i gommoni, che sono una tecnologia un po’ diversa. Si può immaginare che i barconi sono vecchi pescherecci riciclati, mentre i gommoni sembrano fatti apposta anche da quel poco che si riesce a vedere in televisione: è in corso qualche indagine per capire chi li fabbrica, quelli come anche i motori e tutto quello che serve ?
  Inoltre, ci sono evidenze su reti criminali collegate direttamente a ISIS ? Stiamo sempre parlando di varie fonti di informazione, molto spesso giornalisti, mentre sono più importanti quelle vostre, delle indagini.
  Ho capito che il coinvolgimento di Eurojust è recente e che sta partendo anche in maniera positiva: quello di Interpol ed Europol è conseguente ed è allo stesso adeguato livello ?
  L'ultima, più che una domanda, è quasi una considerazione. Lei ci ha detto che il 90 per cento dei migranti che sbarcano in Italia vogliono andare in nord Europa: possiamo dedurne, relativamente alle nostre strutture di accoglienza, che il costo è marginale ? Se sono giusti i dati, per il 2015 parliamo di poco più di 100.000 sbarchi in Italia: se il 90 per cento scappa subito verso il nord Europa con queste organizzazioni, in Italia ne restano ben pochi, quelli che chiedono veramente asilo all'Italia, e quindi utilizzano i nostri CARA, i nostri SPRAR e tutta la struttura che abbiamo organizzato. È giusto per capire quanto ci colpisce quest'ultimo aspetto.

  PRESIDENTE. Do la parola al procuratore Ferrara per la replica.

  CALOGERO FERRARA, Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo. Cominciamo da quello che diceva il senatore che doveva allontanarsi. In effetti, sulla conversazione del 31 ottobre 2013 il discorso è rimasto un po’ a metà. Si trattava della conversazione tra questi due soggetti, uno in Libia e l'altro in Sudan. Uno raccoglie le persone in Sudan e le invia al trafficante in Libia, che le invia in Italia.
  Commentando quello che era accaduto a Lampedusa... Possiamo sospendere un attimo il circuito chiuso ?

  Il Comitato delibera quindi all'unanimità di procedere in seduta segreta.
  (I lavori proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).

  PRESIDENTE. Torniamo alla seduta pubblica.
  (I lavori proseguono in seduta pubblica).

  CALOGERO FERRARA, Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo. Parlano tra loro al telefono e uno dice all'altro che deve cercare di comportarsi bene perché, se commette un errore, può danneggiare il business di tante altre persone, che è importante che si prenda cura di quello che trasporta – quindi non di chi – e che deve seguire delle semplici regole.
  Premetto che il trasporto avviene dalla costa fino al peschereccio con dei gommoni in genere, perché i pescherecci non si possono avvicinare troppo alla costa libica, a Zuara. Il primo trasporto, quindi, avviene con questi piccoli gommoncini sulla barca più grande, a 5-6 miglia dalla costa, da dove comincia il viaggio.
  Gli dice che sui gommoni deve metterne 50 alla volta e non di più e che deve ricorrere a una persona che li assista durante questa prima fase; che sulla barca grande deve mettere una o due persone ogni cento persone che imbarca; di ricordarsi di raccogliere il denaro prima – glielo dice espressamente – di ascoltare le lamentele dei migranti, ma comunque di picchiarli, precisando che va bene sia per loro sia per lui, cosa che non ho capito mai, perché loro si tranquillizzano e poi seguiranno le istruzioni che lui darà.
  Gli dice anche di ricordarsi di avere un telefono satellitare per l'immediata comunicazione in mare; in caso di bisogno, di ricordare al «comandante» della nave che deve chiamare solo in caso di estrema urgenza e così via; di ricordarsi di dare una certa quantità di acqua. Gli dava tutte Pag. 18le regole. Se volete, posso anche mettere l'intercettazione a disposizione della Commissione.

  PRESIDENTE. Sì, grazie.

  CALOGERO FERRARA, Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo. Purtroppo, non credo sia tra questi documenti, ma posso mandarla via e-mail. È tradotta anche in inglese, è una conversazione in arabo. Dava esattamente tutte le regole.
  Quello che a mio avviso è più significativo è che gli dice di seguire tutte le regole ma che, se ciononostante le persone muoiono, il barcone affonda, allora si vede che, inshAllah, Dio ha voluto così, che questo era il loro destino, e concluse ripetendo inshAllah. Dà così l'idea della considerazione della merce umana. È amaro dirlo, ma per coloro che fanno questo traffico – spesso gli anglosassoni sono più efficaci di noi, come nel caso dell'espressione human good trafficking – si tratta di traffico di merce umana, ripeto molto più redditizio della droga e di tante altre attività criminali.
  Quanto al reato di immigrazione clandestina, non è mio compio prendere posizioni politiche o meno, come neanche mi interessa fare. Dico solo qual è attualmente il problema del reato di immigrazione clandestina: l'effetto deterrente è fondamentalmente irrisorio, l'effetto problematico sulle attività investigative, sulle attività processuali è enorme.
  È molto interessante la domanda sulla giurisdizione italiana. È stata una questione molto dibattuta anche a livello di giurisprudenza della Corte di cassazione. Innanzitutto, anche se il reato è interamente commesso all'estero, la giurisprudenza della Cassazione è concorde nel dire che, se gli effetti criminali si dispiegano in Italia – se vengo recuperato in acque internazionali, siccome l'organizzazione criminale ha l'intenzione di mandarmi in Italia, l'effetto criminale si sarebbe dispiegato sul territorio nazionale – la competenza del giudice italiano è prevista.
  In ogni caso, però, per essere sicuro chiedo sempre, quando dobbiamo procedere all'arresto di persone che individuiamo, l'autorizzazione a procedere al Ministero della giustizia prevista all'articolo 10 del codice penale, che stabilisce che, nel caso di reato commesso all'estero anche da cittadino straniero, nel momento in cui il cittadino si trova sul territorio dello Stato, se l'autorità giudiziaria vuole procedere chiede l'autorizzazione al Ministro della giustizia, che la concede se sussistono reati puniti con una serie di condizioni che non ricordo a memoria. In ogni caso, quindi, chiedo sempre quest'autorizzazione. Ormai c’è un filo diretto con il Ministero della giustizia, perché spesso quest'autorizzazione deve pervenire a stretto giro di posta prima di procedere materialmente al fermo di queste persone.
  Ci sono state numerose pronunce della Corte di cassazione anche sulle cosiddette navi madri, una delle questioni più complicate, soprattutto sul versante catanese del traffico. Il versante occidentale (Palermo, Agrigento) è molto vicino alla Libia, quindi la rotta...

  PRESIDENTE. Mi scuso, senza creare confusione, non penso che il procuratore possa tornare da Palermo domani. Cerchiamo sempre di fissare le audizioni compatibilmente con i lavori dell'Aula, ma non possiamo chiedere troppo agli auditi. I senatori si allontanano, leggeranno a verbale le risposte.
  Quando gli auditi possono, facciamo anche alle 8.30, non ci sono problemi, così magari riusciamo ad anticipare.

  CALOGERO FERRARA, Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo. Si è riusciti a radicare, quindi, questa competenza.

  PRESIDENTE. Risponderà a me, ma loro ascolteranno dopo.

  CALOGERO FERRARA, Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo. Leggeranno dopo.
  Chiaramente, per alcune di queste sue domande posso rispondere su dati processuali e investigativi. Quanto alle motivazioni, Pag. 19sicuramente la crescita degli scafisti corrisponde all'aumento dei migranti. Ho qui delle statistiche, ma pare ci siano anche lì: tra il 2013 e il 2015 gli arrivi sono quasi quadruplicati in Italia. L'ultimo dato di Frontex era meno di 40.000 arrivi in Italia nel 2013, se non sbaglio, poi diventati 160.000 nel 2014, e ora già siamo a 110.000 se non sbaglio. Sono numeri sempre un po’ ballerini.
  Tra i documenti che ho consegnato troverete anche le statistiche giudiziarie del mio ufficio. Vedete anche i procedimenti che, per quello che vi dicevo, sono schizzati verso l'alto per ovvie ragioni: più arrivi corrispondono a più processi, e ovviamente a più scafisti. Non è un caso che dalle ultime acquisizioni investigative risulta che prima lo scafista veniva comunque pagato, soprattutto – avviene anche questa cosa un po’ singolare – se lo scafista è bianco, quindi magrebino, con una bella somma di denaro; se è nero, sahariano, eritreo, viene pagato solo con il viaggio gratis.
  Ricollegandomi alla vicenda dei barconi, c’è la circostanza se lo scafista riesca a riportare indietro o meno il barcone, che ha comunque un suo valore, ma tutto ha un valore, per la difficoltà nel reperimento. Dalle ultime indagini i numeri sono talmente elevati che è difficile anche avere un numero di barconi sufficiente. Se lo scafista riesce a portarlo indietro, oltre a essersi salvato dall'arresto o quant'altro, riceve anche un compenso per quest'attività.
  Non tutti i barconi possono essere trainati dalle navi di soccorso, perché alcuni sono fatiscenti, per cui affondano subito dopo che i migranti vengono prelevati, alcuni vengono trasportati sulla terraferma, dove di fatto – è amaro dirlo – vengono abbandonati. Sarebbe assolutamente non redditizio recuperarli. Si pongono certamente dei problemi enormi di costo dello smaltimento.
  Nell'ultima riunione della Direzione nazionale antimafia si è discusso di questa problematica, di una sorta di conflitto tra il Ministero dell'ambiente e il Ministero dell'interno su quale dovesse essere il destino di questi barconi. Mi pare di aver capito che si sostiene da parte del Ministero dell'interno che sarebbe preferibile affondarli in mare, mentre il Ministero dell'ambiente dice che non è possibile, che c’è una serie di convenzioni internazionali, oltre al problema...

  PRESIDENTE. Li abbiamo auditi entrambi per questo problema, cercando di farli parlare.

  CALOGERO FERRARA, Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo. Se vi capiterà di sbarcare a Lampedusa, dove ormai sbarchi non ce ne sono più tantissimi, vedrete il famoso cimitero dei barconi abbandonati, messi lì vicino al molo che non ricordo come si chiami. È anche abbastanza triste e dà l'idea della quantità di vite umane buttate.
  Il problema dei barconi, quindi, esiste, ma è anche vero che dalla Capitaneria di porto, dalla Marina, con cui ho parlato tante volte, mi dicono giustamente che aggiungere già a un rischio di navigazione – spesso abbiamo piccole motovedette che hanno a bordo 100-200 persone, non abilitate al trasporto, che però devono farlo per esigenze di soccorso in mare – anche il problema di trainare un vecchio barcone magari in condizioni di mare pericoloso è sicuramente non sostenibile.

  PRESIDENTE. Tra i ministeri, quindi, non hanno ancora risolto e sono ancora lì ? Richiameremo quello dell'ambiente o dell'interno per capire...

  CALOGERO FERRARA, Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo. Magari hanno risolto e io non lo so.

  PRESIDENTE. Va bene.
  Si può già agganciare alla domanda su gommoni di Orellana, così non ci torna ?

  CALOGERO FERRARA, Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo. Sui gommoni quello che diceva il senatore Orellana è vero. Nelle ultime Pag. 20attività investigative è emerso che, proprio per la difficoltà a reperire questi barconi, ora vengono trasportati dei gonfiabili, quindi anche dei piccoli gommoni, reperiti attraverso gruppi criminali sempre locali, soprattutto tunisini e marocchini. Questa è una nuova pista. Sono in condizioni migliori, ma chiaramente non consentono grossi viaggi, perché per un viaggio dalla Libia alla Sicilia, per quanto sia vicino a Lampedusa, parliamo sempre di svariate ore, qualche decina e forse anche di più. Su questo stiamo lavorando.
  Allo stesso modo, sempre per riagganciarmi al senatore Orellana sulla rotta dell'Africa occidentale, è una delle ultime indagini: è una rotta, finora poco monitorata, che va attraverso il Marocco, la Tunisia e poi la Libia. È recentissima. Anche in quel caso, il vero cuore del problema è il fatto che la Libia è una terra di nessuno. È amaro dirlo, ma è questa la situazione.
  Di fatto, la Libia è un Paese con 8.000 chilometri di frontiere accessibile da svariate parti, che non vengono controllate, in cui ci sono anche diverse strutture che controllano diverse parti del territorio. Sappiamo che c’è la parte del Governo di Tobruk, quella controllata dall'ISIS, la terza controllata dai cosiddetti ribelli. Chiaramente, questo fa sì che non sia facile controllare queste dinamiche. Proprio dai sopravvissuti di questi due ultimi sbarchi di agosto – è notizia di pochissimo – ci è stata descritta questa nuova rotta attraverso Marocco, Tunisia, confine con la Libia. Questa parte tunisina del confine con la Libia non era stata oggetto d'attenzione rispetto a quella Libia-Sudan...

  PRESIDENTE. Tra l'altro, mi permetto di suggerire di richiamare in audizione l'ambasciatore di Tunisia in Italia. La Tunisia dovrebbe essere un Paese che ha sottoscritto la Carta dei migranti ONU, che dovrebbe avere un atteggiamento di grande collaborazione col nostro Paese. Segnerei di richiamarlo per fare proprio riferimento...

  GIORGIO BRANDOLIN. Voglio ricordare che c’è un accordo di libero scambio di persone tra i Paesi del nord Africa, tra cui Tunisia e Libia. Lo scambio esiste, praticamente uno Schengen del nord Africa, per capirsi. Con due milioni di profughi in Tunisia, forse di più adesso – abbiamo dati di un anno – presenti sui 10 milioni di abitanti, è un va e vieni tra Libia e Tunisia, se ricordo bene, di centinaia di migliaia di persone incontrollato, perché c’è il libero scambio, ancorché non ci sia niente in Libia, tranne delle bande.

  CALOGERO FERRARA, Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo. Sì, ci sono delle bande che controllano delle parti del territorio. Queste sono acquisizioni di questi ultimi due sbarchi di agosto, tragicamente finiti. Siccome, stranamente, rispetto a prima vi erano tantissime persone di nazionalità marocchina, che non era molto comune, per cercare anche un po’ di capire, si è acquisito questo dato, peraltro anche questo un dato processuale. Non voglio abbandonare le domande del senatore Arrigoni.
  Quanto alla carenza di traduttori, ribadisco che questo è un problema sentitissimo per quanto mi riguarda, perché buone indagini richiedono tanti traduttori, anche di buona qualità, anche per evitare possibili rischi. Non sempre si può ricorrere a traduttori iscritti negli albi del tribunale. Quando si ha bisogno nell'immediato, magari ci si rivolge a un centro culturale, ma di fatto non si ha neanche delle certezze su chi sono queste persone, che vengono coinvolte però in attività investigative delicate. Del resto, qual è l'alternativa ? Quella di trovare un urdu, uno che parla una lingua del Mali, che ho appena scoperto, e che forse parleranno in dieci ? Questo, quindi, è un problema sentitissimo.
  Mare Nostrum e Triton...

  PAOLO ARRIGONI. Scusi, procuratore, sull'adeguatezza prendiamo atto che mancano i traduttori, ma in ordine a procuratori per le indagini investigative, norme adeguate, forze economiche, soprattutto norme e fattispecie di reato per gli scafisti...

Pag. 21

  CALOGERO FERRARA, Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo. Sicuramente, una decisione del procuratore della Repubblica della scorsa settimana ha rinforzato ulteriormente il nostro gruppo specializzato Tratta e immigrazione clandestina con altri due colleghi, sempre nella stessa procura. Siamo nove sostituti: la Direzione distrettuale antimafia di Palermo è divisa in quattro aree e, sommando le due che si occupano di mafia a Palermo, siamo un numero superiore, perché lì sono otto sostituti, mentre noi siamo nove, che ci occupiamo anche di altro, per dire che stiamo cercando di dare la risposta giudiziaria.
  Più volte ho cercato di coinvolgere il Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, abbiamo condotto queste indagini, infatti, con la squadra mobile di Agrigento e quella di Palermo, ma con la collaborazione del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, col direttore del Servizio centrale operativo della Polizia dell'epoca, precedente a quello che c’è ora, il dottor Cortese, che conosciamo anche a Palermo.
  Abbiamo chiesto che vi fosse un supporto della Polizia di Stato in termini proprio di uomini e risorse per fare fronte a questo fenomeno. Devo dire che il supporto c’è stato, ma sicuramente, parlando con chi è materialmente sul campo, queste risorse avrebbero bisogno di un ulteriore potenziamento.
  Sinceramente, le fattispecie di reato in Italia sono abbastanza adeguate. Se si somma il solo articolo 12 del testo unico sull'immigrazione, per favoreggiamento dell'immigrazione, con le varie aggravanti possibili, più di tre persone trasportate, più il pericolo di vita, il trattamento inumano e così via, si può arrivare a sanzioni fino a 30 anni se ne deriva la morte del migrante. In uno dei processi che ho celebrato per un solo sbarco, un palestinese aveva imbarcato 150 persone e per quel singolo episodio è stato condannato in sede di giudizio abbreviato, quindi con uno sconto di pena di un terzo, alla pena finale di 14 anni di reclusione e 5 milioni di euro di multa.
  È sicuramente importante, come aveva chiesto la senatrice Ginetti, l'aspetto del rapporto con l'associazione a delinquere. Come dicevo all'inizio, come DDA, come Direzione distrettuale antimafia, siamo competenti se vi è un'associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, come peraltro prevede l'articolo 51, comma 3-bis. Per quanto riguarda, però, i rapporti con le mafie locali, una domanda che mi rivolgono spesso, ripeto che non voglio difendere le mafie locali, tutt'altro, ma allo stato non ci sono evidenze probatorie.
  Ovviamente, ci sono dei rapporti in termini di attività criminale. È ovvio che il ghanese che comunque riesce ad arrivare a Palermo e comincia a spacciare denaro falso o droga o a svolgere attività di sfruttamento della prostituzione, si raccorda con le organizzazioni mafiose locali. Dico che non c’è un diretto interesse delle organizzazioni mafiose locali nell'organizzazione del traffico dei migranti per farli arrivare in Italia, cosa diversa.
  All'opposto, anche se posso dire veramente poco perché sono indagini appena all'inizio, oltre alla famosa indagine di Mafia capitale, che sta svolgendo egregiamente la procura di Roma, anche noi abbiamo delle indagini su infiltrazioni mafiose sui sistemi di accoglienza, non sul CARA di Mineo, come aveva chiesto qualcuno che non ricordo. Oltretutto, il CARA di Mineo è appunto a Mineo, quindi non è competenza della procura di Palermo, perché lo è della procura distrettuale di Catania, quindi chiaramente non so rispondere.
  Per quanto riguarda il nostro territorio, abbiamo delle indagini appena all'inizio, su cui ovviamente speriamo ci siano degli sviluppi.
  Personalmente, non ho notizia di indagini sui fenomeni illegali per la produzione di ricorsi per l'accoglienza. All'opposto, alcune di queste indagini sulle reti criminali hanno evidenziato un sistema di falsi matrimoni per i ricongiungimenti familiari. È una cosa un po’ diversa, con produzione di documenti fittizi per certificare matrimoni appunto fittizi, in modo Pag. 22da consentire l'arrivo di migranti attraverso canali di arrivo diversi dai barconi. Si arriva, infatti, direttamente con l'aereo nel momento in cui ci si presta a un matrimonio fittizio. Di fatto, però, anche quella può essere considerata una forma di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.
  La cosa un po’ singolare è che mi pare di avere scoperto – ripeto che anche quest'indagine è appena dall'inizio – che non esiste un sistema unico di controllo tra tutte le prefetture. Ripeto che il sistema non è ancora chiaro perché l'indagine è ancora all'inizio. Sembra che si possa presentare una domanda di ricongiungimento familiare in prefetture diverse in Italia senza che esista un data base unico in cui si scopre che la domanda è stata già presentata alla prefettura di Prato, per cui nel momento in cui arriva alla pretura di Palermo una stessa domanda spunta un alert.
  Sembrerebbe – lo stiamo accertando – che non vi sia un sistema unico nazionale per evitare che si presentino cinque, sei, dieci domande diverse in dieci prefetture diverse.
  Mi sembra di aver risposto a tutto.

  PRESIDENTE. Non ricordo: Scibona che cosa aveva chiesto ?

  CALOGERO FERRARA, Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo. Scibona aveva chiesto di possibili indagini sul CARA di Mineo: sicuramente non sono io...

  PRESIDENTE. Direi che è stato veramente generoso anche nelle risposte.
  Ti do la parola, Arrigoni, se mi giuri che è l'ultima domanda, perché il procuratore lo abbiamo sfinito.

  PAOLO ARRIGONI. L'avevo posta prima, sulla deterrenza di Mare Nostrum.

  CALOGERO FERRARA, Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo. Le dico che cosa abbiamo riscontrato. È chiaro che negli ultimi due anni abbiamo assistito a un incremento degli arrivi. Quelle sono statistiche. Sicuramente vi è stato un incremento degli arrivi in questo periodo. Non so se sia connesso al fatto che vi sono delle operazioni militari nel Canale di Sicilia o al fatto che la situazione è comunque degenerata negli ultimi due anni nei Paesi di origine. Sono stato in Libano recentemente a una missione per conto dell'Unione europea, dove mi dicevano che, su un Paese di 4 milioni di abitanti, ci sono 1,5 milioni di profughi siriani e mezzo milione sempre dei famosi campi palestinesi. Peraltro, mi dicevano le autorità libanesi che l'ultimo anno ha visto un incremento in misura esponenziale.
  È chiaro, quindi, che da un lato abbiamo avuto le situazioni dei Paesi di origine che sono peggiorate, dall'altro ovviamente, come ho detto all'inizio, gli scafisti, questi criminali hanno un accesso alle fonti di informazione anche in misura maggiore di quanto crediamo, quindi sanno che vi è la possibilità di un salvataggio molto più immediato che non in passato. Dieci anni fa o anche meno le navi arrivavano proprio a Lampedusa. Ripeto che la tragedia di Lampedusa è avvenuta a 3 miglia dall'Isola dei Conigli. Era di fatto un barcone arrivato praticamente in Italia.
  È chiaro che l'intercettazione di questi barconi avviene a poche miglia dalle coste libiche, ma là vi è l'esigenza della salvezza in mare di vite umane, che, come hanno detto tutte le Capitanerie di porto, gli ammiragli e avete sentito anche voi, è prevalente su qualunque altra esigenza.
  Non penso che Mare Nostrum e Triton abbiano un effetto deterrente. Non penso, però, neanche che abbiano un effetto incentivante, per un motivo semplice. Fondamentalmente, all'organizzatore del traffico, come ho detto più volte, del destino finale della merce non importa niente. Mentre mi importa se perdo un carico di droga, perché il guadagno deriva da quello, dal successivo smercio, dal tagliare la droga e così via, di questo perdo solo alla fine una parte finale del guadagno, cioè l'ultimo pezzo del viaggio, che è anche Pag. 23quello però meno costoso, quello in Europa. Quello che mi interessava l'ho già percepito.
  L'ultima domanda è quella sull'infiltrazione dell'ISIS sui barconi. È una domanda che mi rivolgono spesso nell'ambito del nostro ufficio: finora non vi sono evidenze in tal senso. Vi è stata qualche informazione, è stato individuato qualche video interessante in qualche telefonino, ma a mio parere fino a questo momento era più a livello di documenti che non comprovavano l'appartenenza alla rete criminale terroristica.
  Oltretutto, imbarcarsi in un barcone con 500 persone, dove ho anche elevate possibilità di perdere la vita, non penso sia la strada migliore per un terrorista. Nulla esclude, questo mi pare evidente...

  PRESIDENTE. Come elemento di pressione.

  CALOGERO FERRARA, Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo. Esattamente.
  Nulla esclude che comunque tra le migliaia di persone che arrivano, ma vale per tutti i grandi numeri, chi arriva possa avere delle sue convinzioni estremiste, entrare in contatto con reti estremiste. Che venga mandato un terrorista attraverso il barcone sinceramente finora mi sembra difficile, o almeno non ci sono evidenze.

  PRESIDENTE. Procuratore, ma come elemento di pressione ? Lei può pensare che le organizzazioni ISIS possano avere dei contatti con le organizzazioni criminali per creare delle forme di pressione sull'Occidente ?

  CALOGERO FERRARA, Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo. La questione è questa. Quando in Libia vi era il regime di Gheddafi era noto che qualunque tipo di questi traffici richiedeva il pagamento di «tangenti», somme di denaro, alle diverse strutture statali che vi erano. Questo non è sicuramente cambiato ora che Gheddafi non c’è più. Di fatto, la partenza richiede il pagamento delle diverse strutture che ci sono nei diversi settori del territorio libico. Come venivano pagati i poliziotti di Gheddafi, viene ora pagato chi controlla la parte di territorio del Governo di Tobruk, dalla Libia e così via.

  PRESIDENTE. Mi scusi dottor Ferrara. Stiamo finendo la seduta, i colleghi sono già andati via: se la troupe televisiva vuole riprendere il procuratore, va benissimo. Vedo due colleghi, ma ce n'erano di più. Abbiamo finito e i componenti sono già andati in Aula. Prego dottor Ferrara continui pure.

  CALOGERO FERRARA, Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo. È chiaro che, tuttavia, l'elemento di pressione è molto forte, soprattutto su queste nuove rotte terrestri. Si mette la pressione dell'arrivo di centinaia di migliaia di persone direttamente in Europa attraverso soprattutto una rotta terrestre, che secondo me sta suscitando anche molta più considerazione perché più visibile. Vedere dei barconi in mare probabilmente fa meno impressione che vedere queste colonne di persone a questi confini tra la Serbia e l'Ungheria o tra la Macedonia e la Serbia affollati di persone.
  Un'ultima domanda, secondo me interessante, è stata rivolta dalla senatrice Ginetti sulla procura europea. La versione dell'EPPO, della procura europea, prevede più che altro la tutela degli interessi in sede europea. Potrebbe essere interessante che per determinati crimini che hanno una valenza transnazionale si attribuisse una competenza anche alla procura europea.
  In alternativa, altra delle mie idee, forse per la mia esperienza al tribunale dei crimini di guerra dell'ex Jugoslavia, dove mi sono occupato di crimini simili, la deportazione di individui è considerata già, sebbene in un periodo di guerra, un crimine contro l'umanità, per cui è possibile anche una competenza teoricamente della Corte penale internazionale, o addirittura la possibile istituzione di un tribunale ad hoc, come ce ne sono tanti. Ormai Pag. 24è una nuova moda istituire tribunali ad hoc, come quello per l'omicidio Hariri in Libano, quello per il processo a Charles Taylor, quello per la ex Jugoslavia, il Ruanda e così via.
  Per questi fenomeni criminali che riguardano grandi numeri o che interessano più territori una risposta internazionale potrebbe essere o attraverso le strutture già esistenti, come la Corte penale internazionale, che in teoria potrebbe avere una competenza in tema di deportazione, messa in schiavitù di persone: in determinate condizioni, come nella giurisprudenza del tribunale per la ex Jugoslavia, erano considerate anche dei crimini di guerra o contro l'umanità. Potrebbe essere un'idea da sviluppare.

  PRESIDENTE. Davvero grazie, procuratore.

  GIORGIO BRANDOLIN. La ringrazio e le faccio i complimenti anche per le puntuali risposte. Ho una sola domanda.
  Mi sembra di aver capito un po’ dalla mia esperienza che le varie rotte di questo criminale traffico varia a seconda anche delle misure prese in una tratta. Adesso è di moda, e abbiamo su tutti i giornali del mese di agosto, la tratta dei Balcani: esattamente un anno fa il responsabile di Sarajevo ci aveva detto che era bloccata, inesistente, mentre un anno dopo abbiamo visto un flusso che mi sembra importante.
  Sta rilevando un flusso inferiore dalla Libia ? Meglio, non ci sono più siriani che passano da lì ? Passano tutti per i Balcani ? Il traffico è soltanto da quelle zone che ha illustrato, Africa subsahariana, Africa occidentale ? Se sì, è diminuita anche questa pressione ?
  Credo che in qualche maniera anche l'attenzione che si è verificata tramite Mare Nostrum, Triton e tutto il battage comunicativo fatto su questo forse ha spostato su qualche altra rotta: ha questa sensazione ?

  CALOGERO FERRARA, Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Palermo. In termini di numeri, abbiamo visto che, mentre l'anno scorso era invertito il rapporto tra la rotta italiana e la rotta greca – alla fine è questo, chiamiamola così in soldoni – quest'anno il rapporto è invertito: su quel territorio vi è un numero di arrivi superiore.
  Abbiamo qualche acquisizione investigativa che induce a ritenere che arrivino i messaggi per cui in Italia li arrestiamo, si prendono 30 anni di carcere, e così via. Arriva il messaggio che la situazione non è più tale per cui si arriva, si celebra il processo, si è espulsi e si torna indietro. Sicuramente l'effetto c’è.
  In effetti, i siriani negli ultimi sbarchi non sono più presenti, se non in piccoli numeri di persone che probabilmente già vivevano in Libia. Ricordo che anche prima, quando c’è stata la tragedia di Lampedusa, un folto gruppo di siriani mi raccontava, quando li abbiamo interrogati, che si erano già trasferiti in Libia anni prima perché in Siria c'era la guerra e tutto si potevano aspettare, tranne che di trovare la guerra in Libia. Sotto quest'aspetto, vi è sicuramente una diminuzione.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il procuratore e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.45.