XVII Legislatura

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Resoconto stenografico



Seduta pomeridiana n. 55 di Mercoledì 2 agosto 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Brandolin Giorgio , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA GESTIONE DEL FENOMENO MIGRATORIO NELL'AREA SCHENGEN, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLE POLITICHE DEI PAESI ADERENTI RELATIVE AL CONTROLLO DELLE FRONTIERE ESTERNE E DEI CONFINI INTERNI

Audizione di rappresentanti
dell'Organizzazione «Save the Children».

Brandolin Giorgio , Presidente ... 3 
Neri Valerio , Direttore generale di Save the Children ... 5 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 6 
Neri Valerio , Direttore generale di Save the Children ... 6 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 6 
Neri Valerio , Direttore generale di Save the Children ... 6 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 7 
Neri Valerio , Direttore generale di Save the Children ... 7 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 8 
Neri Valerio , Direttore generale di Save the Children ... 8 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 8 
Neri Valerio , Direttore generale di Save the Children ... 8 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 8 
Neri Valerio , Direttore generale di Save the Children ... 9 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 9 
Neri Valerio , Direttore generale di Save the Children ... 9 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 9 
Neri Valerio , Direttore generale di Save the Children ... 9 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 9 
Neri Valerio , Direttore generale di Save the Children ... 9 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 10 
Neri Valerio , Direttore generale di Save the Children ... 10 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 10 
Neri Valerio , Direttore generale di Save the Children ... 10 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 10 
Neri Valerio , Direttore generale di Save the Children ... 10 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 11 
Neri Valerio , Direttore generale di Save the Children ... 11 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 11 
Neri Valerio , Direttore generale di Save the Children ... 11 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 11 
Neri Valerio , Direttore generale di Save the Children ... 11 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 12 
Campana Micaela (PD)  ... 12 
Neri Valerio , Direttore generale di Save the Children ... 12 
Campana Micaela (PD)  ... 12 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 13 
Neri Valerio , Direttore generale di Save the Children ... 13 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 13 
Neri Valerio , Direttore generale di Save the Children ... 13 
Campana Micaela (PD)  ... 14 
Neri Valerio , Direttore generale di Save the Children ... 14 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 14 
Neri Valerio , Direttore generale di Save the Children ... 14 
Campana Micaela (PD)  ... 14 
Neri Valerio , Direttore generale di Save the Children ... 14 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 14 
Neri Valerio , Direttore generale di Save the Children ... 14 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 15

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
GIORGIO BRANDOLIN

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, i processi verbali delle sedute precedenti si intendono approvati.
  Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante la trasmissione web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti
dell'Organizzazione «Save the Children».

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del dottor Valerio Neri, Direttore generale di Save the Children, accompagnato dalla dottoressa Egizia Petroccione, Capo Dipartimento Advocacy Internazionale e dalla dottoressa Fosca Nomis, Capo Dipartimento Relazioni istituzionali Italia-Europa, che ringrazio per la loro presenza.
  Mi scuso per aver, qualche settimana fa, rimandato e sconvocato (all'ultimo momento, tra l'altro) l'audizione, ma come ricordate avevamo una votazione sulla fiducia.
  Io farò alcune domande e alcune introduzioni rispetto alla vostra attività. Poi sarà lei, dottor Neri, insieme ai suoi collaboratori, a fare la relazione e a rispondere cortesemente alle domande. In seguito saranno i colleghi a porre le loro domande e alla fine ascolteremo la sua risposta.
  Come sapete, il tema di cui il Comitato si è occupato negli ultimi mesi è quello della definizione di un codice di comportamento con le ONG da voi sottoscritto proprio qualche giorno fa insieme all'altra organizzazione MOAS, con il consenso anche dell'altra organizzazione Proactiva Open Arms.
  L'Italia, a questo proposito, aveva chiesto a livello europeo di includere, su richiesta delle autorità competenti, una serie di misure che sarebbero state inserite nel codice di condotta. In particolare, tra le misure introdotte, il codice prevedrebbe il divieto di ingresso delle ONG nelle acque territoriali libiche; l'obbligo di non spegnere i transponder di bordo e di non effettuare comunicazioni telefoniche o segnalazioni luminose per agevolare la partenza e l'imbarco di natanti di migranti; l'obbligo di non effettuare trasbordi su altre navi italiane o appartenenti a dispositivi internazionali (Triton o EUNAVFOR MED), salvo una conclamata situazione di emergenza, ovviamente; l'obbligo di non ostacolare le operazioni SAR della Guardia costiera libica; l'obbligo di accogliere a bordo ufficiali di polizia giudiziaria per le indagini collegate al traffico degli esseri umani; l'obbligo di dichiarare le fonti di finanziamento delle attività di soccorso in mare; e altro.
  La mancata sottoscrizione del codice di condotta e il mancato rispetto degli obblighi in esso previsti comporterebbe l'adozione di misure, da parte dello Stato italiano, a carico delle ONG non firmatarie. A questo proposito, le chiedo se possa darci qualche informazione circa questo primo contatto con una ONG che non ha sottoscritto il codice in quel di Lampedusa.
  Risulta al Comitato, da notizie di stampa, che il vostro intento è quello di continuare ovviamente a salvare le vite in mare e che si tratta di regole di condotta, queste presenti nel codice, che già erano da voi seguite. Pag. 4 Vi chiediamo, comunque, per quanto di vostra competenza, di fornire al Comitato ulteriori informazioni con particolare riferimento all'accettazione da parte vostra della presenza di operatori di polizia giudiziaria. Sulla base della vostra esperienza, vi chiediamo infatti come valutate la presenza di operatori di polizia giudiziaria sulle vostre unità navali e quali sarebbero, a vostro giudizio, altre iniziative appropriate per ridurre e combattere il traffico dei migranti nel Mediterraneo.
  La seconda parte delle mie domande fa riferimento ai «presunti» contatti con i trafficanti sulle rotte migratorie tra la Libia e l'Italia di alcune ONG. A quanto ci risulta, la sezione italiana della vostra organizzazione internazionale opera nel Mediterraneo, nonostante sia principalmente impegnata nei Paesi di origine dei migranti, con la nave Vos Hestia, battente bandiera italiana, di circa 60 metri, con una capacità di 350-400 persone.
  Voi avete sempre dichiarato di non aver mai ricevuto chiamate né dalla Libia né direttamente dai natanti in difficoltà. Un altro tema, emerso nel corso delle attività del Comitato, riguarda proprio l'ipotesi di possibili contatti di alcune organizzazioni non governative con trafficanti di migranti. Si tratta di ipotesi già formulate dall'agenzia Frontex, oggi Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, in due rapporti interni della fine del 2016, sui quali sarebbero in corso – a proposito di quello che è successo oggi – indagini presso alcune procure italiane, in particolare quella di Trapani e Palermo, che abbiamo audito, e attività di indagine conoscitiva da parte di altre, come quella di Catania. Ci parlerà anche di questo, date le informazioni di cui lei è in possesso.
  Nel corso delle audizioni già svolte, rappresentanti di diverse ONG hanno dichiarato di aver contatti solo con il cosiddetto MRCC o Centro per il coordinamento di salvataggio marittimo della guardia costiera di Roma e che l'attività delle loro unità navali si è svolta sempre in stretto contatto con esso. Anche voi, nel corso delle vostre audizioni già rese in Parlamento, avete dichiarato che il coordinamento operativo delle vostre attività viene sempre effettuato in via esclusiva dal MRCC di Roma e che esistono contatti tra le varie organizzazioni impegnate, come nell'ambito delle operazioni EUNAVFOR MED e Sofia, oltre che Triton.
  Vi chiediamo di illustrare al Comitato come si svolge la vostra attività di soccorso, con particolare riferimento alle rotte seguite dalle vostre unità navali; con chi entrate in contatto prima di intervenire; quali sono le modalità di svolgimento degli interventi di soccorso e di trasporto dei migranti. Vi chiediamo, in specie, se vi è capitato di contattare altri centri di soccorso, ad esempio quello di Malta, quello di Tunisi, oltre a quello italiano, e quali siano stati in questi casi le successive decisioni assunte da voi e da loro.
  Vi saremmo grati, inoltre, se poteste indicare al Comitato le modalità di finanziamento e gli sponsor della vostra organizzazione. Risulta al Comitato infatti che i finanziamenti da voi ricevuti siano di natura privata (così nelle audizioni che avete fatto presso la Commissione difesa del Senato) e in Italia il Ministero dell'interno collaborerebbe ad alcuni progetti della vostra associazione.
  Vi chiediamo, quindi, se è possibile, di indicare questi vostri canali o finanziatori.
  Terzo argomento: sconfinamento di unità navali di ONG in acque territoriali libiche. Anche di questo si è parlato proprio in questi ultimi giorni. Risulta che vi sarebbero state intercettazioni di comunicazioni fra alcune unità navali appartenenti ad ONG tedesche, maltesi e spagnole, e persone sulla costa libica che stavano facendo partire i gommoni dei migranti. Grazie a tali intercettazioni si sarebbe venuti a conoscenza che dopo poche miglia di viaggio quei gommoni, in acque territoriali libiche, non fuori, sarebbero stati intercettati dalle imbarcazioni delle ONG, che nel frattempo avevano spento i cosiddetti transponder per non essere localizzabili dalla guardia costiera italiana.
  In questi casi i transponder verrebbero riaccesi successivamente. Una volta «salvati» i migranti in acque internazionali, a quel punto dall'imbarcazione delle ONG Pag. 5partirebbero le chiamate al System MRCC di Roma.
  Sappiamo che voi avete già escluso ogni collegamento. Vi chiediamo, se possibile, di riferire al Comitato se nel corso della vostra attività e da quando essa è iniziata avete potuto riscontrare direttamente dalle persone da voi soccorse o indirettamente da altri operatori testimonianze di pratiche di interventi di soccorso «pilotati» da terra, ovvero se siete mai stati contattati, come abbiamo chiesto prima, da persone che vi abbiano chiesto di svolgere interventi di soccorso prima che questi si verificassero.
  La quarta e ultima domanda riguarda il collegamento (anche questo lo abbiamo sempre chiesto, e ci è sempre stato smentito) tra sbarchi di migranti e organizzazioni terroristiche, che si finanzierebbero anche attraverso questo traffico. Come emerso nel corso delle audizioni svolte, non vi sarebbero prove di alcun collegamento diretto tra clandestini e terroristi, ovviamente, ma vi sarebbe ragione di ritenere che parte dei proventi del traffico delle migrazioni finisca in mano a organizzazioni terroristiche o para-terroristiche, anche sulla base dei racconti che fanno i migranti.
  Vi chiediamo, quindi, in conclusione di riferire, nei limiti delle vostre competenze, se è possibile avere maggiori e più dettagliate informazioni al riguardo, con specifico riferimento alle modalità che secondo voi potrebbero essere utilizzate per prevenire questo possibile – dico possibile – collegamento tra flussi migratori e potenziali infiltrati per attività di terrorismo.
  Io avrei finito il mio speech. Do la parola al direttore Neri, ribadendo che saranno anche i colleghi a fare delle domande. Direttore, le chiedo se può anche riferire – non è nello speech, ma le ho già fatto la domanda – su quanto è successo questa mattina a Lampedusa. Grazie.
  A lei la parola.

  VALERIO NERI, Direttore generale di Save the Children. Grazie, presidente. Buongiorno a tutti e grazie di averci invitato a dare le nostre spiegazioni e le nostre valutazioni. Spero di risultare chiaro e rapido. Ho preso nota di quanto il presidente mi ha chiesto, ma credo adesso di poterlo comporre in un unico discorso e se mancherò di qualche cosa magari lei me lo ricorderà.
  Innanzitutto Save the Children. Mi auguro che, grosso modo, che cosa sia Save the Children lo sappiate. Però è importante che io sottolinei due aspetti: il primo, internazionalità ed indipendenza. Save the Children – spesso lo dico anche ad amici, a persone che incontro – è una UNICEF, ma privata, cioè non ha finanziamenti dai Governi in quanto organizzazione, come invece l'UNICEF riceve, ma se ha dei finanziamenti da Governi (e ne ha tanti) è sempre su specifiche operazioni o progetti. Immaginate la fame nel mondo: gli Stati Uniti danno parecchi soldi, tramite Save the Children ai territori più investiti da questi problemi, e così la Svezia, la Norvegia. Siamo presenti in 28 Paesi del mondo, quindi siamo a tutti gli effetti un'organizzazione mondiale e internazionale indipendente. Il Governo interviene solo se crede che Save the Children sia il partner adeguato per fare quello o quell'altro aiuto in giro per il mondo.
  In generale Save the Children ha una vocazione: per «children» ovviamente intendiamo tutti i bambini, ma noi abbiamo una vocazione particolare per i bambini hardest to reach, in inglese, cioè i più difficili da raggiungere nel mondo. Immaginate bambini in guerra, bambini dove le fazioni si combattono, quindi c'è un grosso pericolo, o bambini difficili da raggiungere anche nei territori, ad esempio in zone dell'Etiopia dove la siccità è tale per cui anche solo riuscire ad arrivare in certi luoghi è molto difficile. Quelli sono i bambini a cui Save the Children si dedica particolarmente: al di là della definizione in inglese, i bambini più a rischio nel mondo, quale che sia il rischio e quale che sia la zona del mondo.
  Questo ho voluto sottolinearlo subito perché fino al 2016 Save the Children lavorava in Italia con i minori migranti non accompagnati, cioè i ragazzi sotto i diciott'anni che arrivano senza un adulto di riferimento nel nostro Paese, dalle diverse frontiere. Adesso parliamo soprattutto di quella sud. Pag. 6
  Lavoravamo già dal 2008 con questi ragazzi in Italia, ma solo sul territorio italiano, senza avere nessuna unità navale.
  La seconda parte di questo lavoro, quindi negli ultimi anni, l'abbiamo fatto anche in parte con il finanziamento del Ministero dell'interno, perché sapete che il ministero gestiva, tramite cooperativa, il centro di Lampedusa e anche altri centri, quindi aveva fatto un accordo con Save the Children e anche con UNHCR e con IOM per la gestione di questi centri da un punto di vista umanitario. A noi stava l'identificazione dei ragazzi minorenni e l'informazione ad essi della legislazione italiana. Sapete quanto me che per il Regolamento di Dublino a quel punto questi erano ragazzi che dovevano stare in Italia. Il nostro compito era, ed è tuttora, per certi versi, informarli della legislazione italiana sicché la potessero usare sia come protezione sia anche come integrazione.
  La legislazione, come sapete, obbliga lo Stato – ovvero ahimè il comune che spesso ha qualche difficoltà economica – a mandare a scuola questi ragazzi fino al diciottesimo anno di età, a dargli assistenza sanitaria, quindi tanti vantaggi. Ma questi ragazzi non parlano italiano, spesso non parlano neanche inglese, quindi avevano bisogno di aiuto, di un traduttore, un mediatore culturale che comunicasse nelle loro lingue. Questo è stato per tanti anni il nostro compito a terra.
  Poi, indipendentemente dai finanziamenti del Ministero dell'interno, che peraltro venivano dall'Europa, finanziamenti che venivano dal progetto «Praesidium» finanziato dalla comunità europea, noi abbiamo aperto dei centri italiani del tutto finanziati in maniera privata per l'assistenza ulteriore di questi ragazzi. Dovete sapere che questi ragazzi, quando arrivano in Italia, dopo l'identificazione, dopo le procedure vengono affidati a dei centri di accoglienza, a volte finemente specializzati per minori (non sempre, però). Lì aspettano il tutore legale e dal momento che hanno il tutore legale – che può essere una persona ad hoc deputata dal giudice – a quel punto quel ragazzo (o quella ragazza, ma parliamo al 96 per cento di ragazzi) incomincia la sua vita italiana legale.
  Ma non basta, perché questo ragazzo spesso, anche se ha il tutore, continua a non sapere l'italiano, continua a non aver capito quali sono i suoi diritti e anche i suoi doveri, quindi noi abbiamo pensato che fosse molto utile aprire dei centri a Roma, Milano, Torino, e adesso lo stiamo aprendo a Catania, per intercettare nelle nostre città quei ragazzi che fuggono dai centri di accoglienza ufficiali, non avendo trovato lì qualcuno che sappia spiegare loro, nella loro lingua, che cosa stanno a fare in Italia. Oppure fuggivano – qui capirete la sfumatura del verbo all'imperfetto – perché volevano proseguire il viaggio oltre l'Italia, quasi tutti per il nord Europa.

  PRESIDENTE. In che percentuale?

  VALERIO NERI, Direttore generale di Save the Children. Prima era direi al 90 per cento. Solo il 10 per cento, e solo spesso per nostra convinzione su di loro, si fermavano in Italia. Il nostro ruolo era anche proteggerli (tuttora lo è), quindi gli chiedevamo perché dovessero andare in Norvegia. Se la risposta era «perché lì c'è mio cugino», allora va bene, è diverso; ma se la risposta era «perché mi hanno detto che lì si sta bene», quindi un'informazione vaga, a quel punto gli si diceva di pensarci bene, di imparare l'italiano, e che lo avremmo aiutato.
  Quindi qualcuno lo abbiamo convinto a fermarsi.

  PRESIDENTE. Adesso?

  VALERIO NERI, Direttore generale di Save the Children. Adesso stanno fermi, perché sapete che le frontiere sono veramente blindate. Qualcuno ce la fa, ma intanto è rischiosissimo, quindi noi stessi gli consigliamo di non farlo, e poi è veramente difficile. Rischiano poi di arrivare magari a Ventimiglia e bivaccare in quel modo terribile che avete visto sui giornali e via dicendo.
  Fino al 2016 la situazione era questa. Ovviamente siamo stati sempre molto preoccupati Pag. 7 di quello che avveniva in mare, perché la morte in mare c'era anche negli anni precedenti. Peraltro, c'è stato il problema della Grecia e anche Save the Children Italia si è molto occupato del problema Turchia-Grecia quando arrivavano dalla Turchia migranti siriani in Grecia. Però è successo che nel 2015 i morti in mare sono stati 2876, di cui – valutiamo, perché sui morti in mare è sempre difficile avere il numero – 661 minorenni. Nel 2016, i 661 sono diventati 1.260 (è sempre una valutazione).
  Quindi Save the Children Europa si è dovuta chiedere come poter guardare dalle nostre coste questi bambini e adolescenti che affogano, in questa numerosità crescente, davanti alle nostre coste. E così, d'accordo con tanti altri colleghi europei, abbiamo deciso di provare a dare una mano ulteriore.
  Io vado orgoglioso del fatto che prima di dare una mano, prima di decidere, siamo andati a parlare con la Guardia costiera, la quale ci ha detto che magari fossimo arrivati a dare una mano, perché la mortalità è funzione diretta di quanto naviglio io ho in zona SAR. Quindi, quante navi abbiamo grosso modo fuori dalle acque libiche, ma di fronte alla Tripolitania? Se ne ho due, la mortalità sarà x, se ne ho quattro sarà y e via dicendo: al crescere del naviglio decresceva la mortalità, perché questi migranti partono o vengono fatti partire dai trafficanti e più navi ci sono in zona più è facile raccoglierli; se invece si disperdono nelle acque affondano tutti e muoiono.
  Sentito che la Guardia costiera a quel tempo aveva grande difficoltà a riuscire a salvare tutti... Voi avrete sicuramente intervistato e incontrato la Guardia costiera. Tra l'altro abbiamo, secondo me, la Guardia costiera tra le migliori del mondo, e come italiani ci fa sempre piacere dirlo. La loro missione, tra le altre che hanno, una missione fondamentale, il loro core (sentimentale più che business) è il salvataggio. Quindi, per loro poter garantire un assetto navale migliore per il salvataggio è una cosa che corrisponde esattamente a una delle loro missioni, forse quella sentimentalmente più significativa.
  A quel punto, sentita la Guardia costiera, Save the Children prende la decisione, nel 2016, di mettere una nave in acqua. Lo fa con un certo ritardo, perché noi arriviamo soltanto nel settembre del 2016, quindi operiamo a settembre, ottobre e novembre 2016. Prima di andare in acqua chiediamo alla Guardia costiera di aiutarci a fare un training al nostro personale, per essere sicuri che fosse il più adatto a queste missioni così specializzate. Ci aiutano, facciamo i corsi, la nave parte e cominciamo a operare. Operiamo quindi, sin dall'inizio, sotto il diretto controllo della Guardia costiera.

  PRESIDENTE. Che lei sappia le altre organizzazioni hanno fatto questo percorso o no?

  VALERIO NERI, Direttore generale di Save the Children. Su questo non posso essere sicuro. Direi, di massima, no. Ma tutte le grandi – per esempio Medici o anche le altre – hanno sicuramente avuto diversi incontri con la Guardia Costiera.
  A me non risulta – ma non vorrei dire una cosa che non so – che qualcuno abbia fatto veri e propri corsi, vari incontri, l'incontro con il comandante, tutta la preparazione di dettaglio come ha fatto Save. Però, ripeto, non vorrei che fosse messo all'atto ufficiale perché non ne sono sicuro.
  In ogni caso, noi abbiamo fatto così. A quel punto siamo partiti e abbiamo operato nel 2016 sotto diretto controllo... Che cosa vuol dire diretto controllo? Vuol dire che la nostra nave intanto staziona in una zona di mare indicata dalla Guardia costiera. Quindi il nostro comandante non parte e va in giro per il mare come fosse un turista di questa estate calda, ma va già dove la Guardia costiera gli dice, quindi in una zona di controllo, che è fuori dalle acque libiche, in acque internazionali, e aspetta lì.
  Nel momento in cui il centro di Roma da lei ricordato riceve una chiamata, che può venire da una nave, da un comandante di marina di altre navi o dagli stessi barconi o gommoni, insomma quando riceve una chiamata di soccorso vede nello schermo dei transponder che mandano il segnale Pag. 8della zona navale che controlla qual è la nave più vicina, chiama quel comandante e gli dice di andare. Nel caso fosse la Vos Hestia, noi andiamo. Quindi, già andiamo nella zona su comando della Guardia costiera, entriamo nella zona SAR, proprio nella zona di soccorso, su comando della Guardia costiera.
  Devo dire che la Guardia costiera è sempre stata molto attenta a non farci entrare in acque libiche. Peraltro, lì c'è anche una responsabilità diretta del comandante; se avesse ricevuto un punto nave così interno alle acque libiche già il nostro comandante avrebbe chiamato la Guardia dicendo che qualcosa non andava.
  Quindi, la nave si ferma sempre appena fuori, magari, ma fuori dalle acque libiche. Solo una volta – tengo a dirlo perché è un'audizione formale e vogliamo essere precisi – qualcuno della nostra nave è entrato in acque libiche. Se la nave si ferma qui e il barcone sta qui, dentro le 12 miglia, anche di 100 metri, la nave sta fuori ma i gommoni di salvataggio dell'equipaggio entrano. Ce l'hanno chiesto una volta e una volta l'abbiamo fatto. Quindi, non la nave, ma i gommoni di soccorso che la nave usa per tirare a bordo la gente sono entrati una volta in acque libiche. Altre volte non è mai successo.
  Riprendiamo le persone a bordo e a quel punto è di nuovo la Guardia costiera che dice che cosa dobbiamo fare. Attenzione, qui tocchiamo un altro punto, presidente. Se la Guardia Costiera ci dice di andare a Trapani, noi andiamo a Trapani e lì finisce. A volte ci dice di non rientrare e di aspettare perché forse dobbiamo portare altri migranti. Questo è il problema dei trasbordi. Ci sono unità navali più piccole che quindi possono, in altre zone di mare ma sempre in quella zona, raccogliere qualche altro migrante, ma essendo piccole, fino adesso... Ecco, oppure, se rientrassero e rientrassero tutte le navi cariche si sguarnirebbe la zona di soccorso. Per non farla sguarnire, molto spesso l'unità piccola si accosta all'unità più grande, qualche volta alla nostra, scarica i migranti su noi (o su altri, ma adesso parlo di noi) e noi rientriamo, mentre la piccola rimane in zona SAR.
  Tengo a dire, però, che fino a oggi questa operatività è stata perfettamente gestita e controllata dalla Guardia costiera. A quel punto, noi rientriamo ed il gioco è fatto. Mi fermo qui perché lei prima ha toccato un punto importante. È l'unica imprecisione, se posso dirlo, che lei ha citato. Lei ha detto che nel nuovo codice di condotta c'è scritto che i trasbordi sono ammessi solo in condizioni di grave pericolo, eccezionali eccetera. Però questa era la prima versione. Le ONG hanno trattato col ministero su questi punti, anche i colleghi di Medici, e abbiamo ottenuto un testo un po’ differente. In sostanza si legge (ho qui il testo in inglese) che si ha impegno da parte dell'organizzazione a non trasferire su altre navi i propri, quindi a non operare trasbordi, eccetto in caso di una richiesta della competente MRCC, cioè Guardia Costiera.

  PRESIDENTE. Che è quello che aveva appena spiegato.

  VALERIO NERI, Direttore generale di Save the Children. Esatto. No, ma prima era detto in un'altra maniera, perché sembrava che neanche la Guardia Costiera potesse farlo.

  PRESIDENTE. Posso leggerlo in italiano?

  VALERIO NERI, Direttore generale di Save the Children. Certo. Prego.

  PRESIDENTE. Allora: «l'impegno a non trasferire le persone soccorse su altre navi, eccetto in caso di richiesta del competente MRCC (il nostro di Roma) e sotto il suo coordinamento, anche sulla base delle informazioni fornite dal comandante della nave: dopo l'imbarco delle persone soccorse, le navi delle ONG dovrebbero di norma completare l'operazione sbarcando le medesime in un porto sicuro, sotto sempre il coordinamento del MRCC, salvo nelle situazioni sopra menzionate».

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  VALERIO NERI, Direttore generale di Save the Children. Quindi, per noi questa cosa è molto importante, dato che ci fidiamo veramente della Guardia Costiera, anche nella loro intenzione di salvataggio, oltre che nella loro capacità tecnica. Per noi era fondamentale dire che fosse la Guardia a decidere, non che decidessimo noi o semplicemente perché è scritto in un codice.
  Quindi, le operazioni avvengono in questo modo. Nel 2016 abbiamo interrotto perché la nostra nave...

  PRESIDENTE. Dura tre mesi la missione?

  VALERIO NERI, Direttore generale di Save the Children. Sì, ma è un problema di nave. Infatti Medici Senza Frontiere rimane in acqua più di noi, perché la nostra nave ha il ponte più basso di altre, quindi finché il mare non entra sul ponte, non è così grosso da poter frangere ed entrare sul ponte, noi possiamo operare; ma quando il comandante vede un mare tale che gli porterebbe via tutti i migranti che ha messo sul ponte, ovviamente c'è un caso di pericolo e la nave non opera più. Quindi, normalmente, l'anno scorso abbiamo chiuso a novembre e quest'anno tra ottobre e novembre, dipende dal mare.

  PRESIDENTE. E ripreso?

  VALERIO NERI, Direttore generale di Save the Children. Ripreso nell'aprile del 2017, anzi, mi ricordano, il giorno di Pasqua. Abbiamo ripreso e stiamo tuttora operando secondo le modalità, grosso modo, che vi ho detto.
  Tengo a precisare che Save ha deciso questo perché ha valutato che i morti stessero aumentando, quasi il doppio in un anno, e questo ci ha preoccupato perché se la tendenza fosse stata questa saremmo andati... e poi perché sotto tutti gli aspetti valutiamo che quei ragazzi, adolescenti e bambini, siano senz'altro i più esposti al rischio in Europa. Ragazzi e ragazzine abusate, violentate, torturate in Libia che prendono il mare, se non affogano arrivano spesso ustionati, soprattutto le ragazze, perché le mettono al centro, il motore perde benzina, con l'acqua di mare fa un'emulsione, diventa acida, il sole... Stare seduti, accucciati su quel gommone, vuol dire bruciarsi. Avrete visto delle fotografie, purtroppo noi ne abbiamo viste parecchie, insomma è una cosa veramente orrenda.
  Quindi, sono persone esposte a un rischio altissimo. Questo è stato il motivo per cui siamo intervenuti. Ed è il motivo per cui abbiamo anche firmato il codice. Cosa dice il codice? In realtà, mette su carta esattamente quello che avviene tutti i giorni, salvo due aspetti nuovi. Anche prima la Guardia Costiera non ti faceva entrare in acque libiche; anche prima la Guardia Costiera ti chiedeva di non spengere il transponder, e Save the Children non l'ha mai spento e non è mai entrata in acque libiche, salvo il caso che vi ho detto; anche prima chiedeva il coordinamento della Guardia Costiera. Quindi, tutte queste norme sono state messe su carta, ma erano – almeno per quello che riguarda Save the Children – già operative prima.

  PRESIDENTE. Quindi non è cambiato niente per voi, meno i due casi...

  VALERIO NERI, Direttore generale di Save the Children. Meno i due casi. Uno è quello dei trasbordi – e lo abbiamo già detto. L'altro caso, per noi in assoluto il più delicato, e che probabilmente ha costituito anche il vero unico motivo per cui Medici non ha firmato, è quello dell'autorità giudiziaria, che è polizia giudiziaria. Il testo dice chiaramente che se, a richiesta, ci viene chiesto di accoglierla a bordo, dobbiamo farla entrare a bordo. In realtà, questo è già avvenuto tante volte in porto. Qui si tratta di navigazione in acque internazionali, una cosa molto più complessa.
  Noi abbiamo tentato di mediare in tutti i modi – noi e i nostri colleghi di altre organizzazioni, sempre Medici perché, sinceramente, non conosco gli altri – che almeno la polizia non fosse armata, però questo non è stato possibile. Evidentemente il ministero ha reputato che non fosse possibile chiederlo alla polizia, forse per Pag. 10motivi di sicurezza personale, quindi il problema delle armi si pone. C'è stata una lunghissima discussione, per cui, alla fine, almeno noi siamo riusciti a cavarcela, quindi a trovare una soluzione che ci ha permesso di firmare.
  Nel mondo, Save the Children, come vi ho detto prima, lavora in tanti scenari molto duri: guerra, guerriglia o terrorismo. Lavoriamo in Siria, in Iraq e in Afghanistan. Insomma, in tutti i posti peggiori che vi vengono in mente, noi ci siamo.
  È chiaro che, in questi posti, dove tra l'altro abbiamo perso diversi colleghi, anche in maniera brutale, a volte, anche Save the Children ha dovuto chiedere scorte armate...

  PRESIDENTE. Protezione?

  VALERIO NERI, Direttore generale di Save the Children. Esatto. Abbiamo chiesto protezione. In casi eccezionali, anche Save the Children, che, per definizione, come Medici Senza Frontiere o come le grandi ONG, è senz'altro pacifista in questo senso, ha dovuto ammettere cose di questo genere, quindi che cosa è stato fatto? Save the Children ha scritto una policy internazionale, che si chiama «Safety and Security» e che dobbiamo seguire nei casi in cui ci fosse l'esigenza di una sicurezza armata.
  Abbiamo chiesto al ministero: «nel codice che firmeremo (e non in quello degli altri), nel caso ci venisse chiesto di far salire a bordo la polizia giudiziaria armata, nel modo in cui la polizia stessa voglia esserlo, possiamo chiedere che venga applicato il nostro codice internazionale, che ci permette di discutere come e quanto esporre le armi e soprattutto se esporle o portarle, eccetera?». Ci hanno risposto di sì, per cui ho inserito, nel testo del codice che ho firmato a riguardo di Save the Children, questo codicillo in più, dicendo che, in quel caso, ci riferiremo alla policy consegnata al ministero, che il ministero aveva visto e che ci ha permesso di bypassare uno scoglio che, altrimenti, sarebbe stato impossibile superare.
  Ho paura – anche in questo caso, dico qualcosa che non dovrei sapere direttamente – che Medici Senza Frontiere non abbia potuto farlo perché non ha potuto avere questa possibilità. Questo e solo questo ci ha permesso di firmare perché, altrimenti, non avremmo potuto farlo.
  A questo punto, ove la magistratura o la polizia giudiziaria ci chiedesse di salire a bordo, noi potremmo farlo, ma siamo autorizzati a parlare con le persone mandate dalla polizia giudiziaria, che immagino possano essere un magistrato o un comandante di Polizia, per gestire l'operatività.
  Questi sono gli unici due punti critici perché per il resto il codice a noi andava benissimo, quindi, superati i punti critici, lo abbiamo firmato.
  Tra l'altro, volevamo firmarlo perché è evidente che questo codice aiuta i salvataggi, se applicato nella sua correttezza, e che il problema si presenta per quelli che non lo hanno firmato. Abbiamo pensato che, se volevamo veramente raggiungere lo scopo di salvare bambini e adolescenti dall'affogamento, era meglio tentare di firmarlo, se avessimo potuto farlo, cioè risolti quei casi, piuttosto che non firmarlo. Questa è stata la nostra valutazione...

  PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo. Sui giornali si legge: «le altre organizzazioni dicono che questo codice renderà più difficile il salvataggio». Lei, invece, ci sta dicendo...

  VALERIO NERI, Direttore generale di Save the Children. Si tratta di un'interpretazione, ma bisogna vedere come il codice verrà applicato dalla Guardia costiera perché questo è il punto.
  Vi faccio un esempio: se a tutte le navi che soccorrono, piccole o grandi, verrà richiesto di andare ciascuna a un porto, vuol dire che per un lungo periodo di giorni quella zona di mare non avrà nessun equipaggio pronto al salvataggio.

  PRESIDENTE. Prima ci ha detto che l'MRCC nei rapporti con voi aveva come evidenza quella di non sguarnire, quindi continuerà a farlo...

  VALERIO NERI, Direttore generale di Save the Children. Presidente, non lo so. Pag. 11Allora, se l'MRCC lo continuerà a fare, penso che, grosso modo, nulla di impattante dovrebbe cambiare sulle operazioni di soccorso. Tuttavia, se l'MRCC dovesse chiedere a ogni nave di tornare in porto, ogni volta che viene preso un migrante, si sguarnirebbe la zona SAR e obiettivamente la situazione peggiorerebbe di gran lunga sul profilo dei salvataggi.
  Lei ci ha chiesto del codice in cui si dice che, su richiesta, l'Organizzazione deve anche far sapere quali sono le fonti di finanziamento. Noi non abbiamo difficoltà a farlo. Le nostre fonti di finanziamento sono tutte private perché, come ho detto prima, abbiamo percepito soldi dal Ministero dell'interno per uno specifico progetto che con la nave non c'entra niente. Tutti i fondi che permettono a una nave di navigare sono fondi privati, non solo italiani, anche perché la nave non è un'attività di Save the Children Italia, ma è un'attività Save the Children International.
  Per fare un esempio, nel 2016, parte dei fondi che hanno permesso la navigazione della nave sono stati di un grosso donatore importante di Hong Kong o degli Stati Uniti (Save the Children USA) e ancora quest'anno, nel 2017, la componente è fatta da: Italy; Switzerland; Spain; United States; Germany. Queste sono le Organizzazioni di Save the Children.

  PRESIDENTE. Quanto vale o costa quest'attività?

  VALERIO NERI, Direttore generale di Save the Children. A noi costa circa 14.000 euro al giorno la nave in navigazione, per il consumo eccetera, comprensivo di tutto, anche dell'equipaggio, perché ci sono persone di Save the Children e ci sono persone, come il comandante e l'equipaggio, che sono marinai di professione.
  Sui fondi, non abbiamo nessun problema perché quelli sono tutti fondi privati destinati. Il fatto che, per i fondi privati, io dica «destinati» vuol dire che un Valerio Neri di qualsiasi parte d'Europa, su richiesta di Save the Children o anche spontaneamente, va sul sito e dice «voglio aiutare quest'azione, quindi voglio che i miei soldi vadano lì». Questi sono i soldi che ci permettono di tenere la nave in acqua.
  Sul codice, mi pare che lei non mi abbia chiesto altre cose, mentre mi ha chiesto delle cose su cui io non posso rispondere. Mi ha chiesto se sappiamo di contatti diretti tra equipaggi...

  PRESIDENTE. Attraverso i poveretti che salvate...

  VALERIO NERI, Direttore generale di Save the Children. Sui poveretti che salviamo sappiamo di tante torture che hanno subìto. Qualche volta, anche se a noi questo non è mai successo, come sapete, si è cercato anche di identificare il trafficante tra quelli sbarcati. Questo non è mai successo sulla nave di Save the Children, ma sono successe delle cose bellissime, come la nascita di un bambino o diversi parti.
  Ultimamente, il 25 luglio, un barcone è affondato e sono morte tutte le donne a bordo, ma sono rimasti sei bambini di pochi mesi. Ecco, in quel caso, è importante il fatto che noi siamo Save the Children e che la nostra nave sia attrezzata per bambini, in quanto abbiamo a disposizione psicologi e soprattutto i colleghi a terra. Abbiamo immediatamente chiamato dalla nave, per cui, appena la nave è arrivata, questi bambini sono subito stati portati a un centro dedicato a loro e non hanno dovuto aspettare perché c'era il nostro personale che li ha subito prelevati. Insomma, questo fa la differenza tra chiamarsi Save the Children o essere un'ottima nave che non ha la specializzazione sul nostro lavoro.
  Purtroppo, non abbiamo evidenza di contatti in merito ad altri, quindi su questo non posso riferire in nessun modo. Certo, non c'è nessun contatto tra Save the Children e i trafficanti, che sono persone che noi detestiamo quanto voi perché sono veramente degli assassini e fanno parte delle feccia umana.

  PRESIDENTE. Sull'episodio di oggi a Lampedusa...

  VALERIO NERI, Direttore generale di Save the Children. Dell'episodio di oggi, Pag. 12conosco solo quello che ho letto su Repubblica.it, quindi non sono un testimone diretto. È stata fermata Juventa, la nave di un'organizzazione fatta di giovani studenti tedeschi, che, tra l'altro, era in audizione con me presso il prefetto Morcone l'altro giorno e che non ha firmato.
  Inizialmente la notizia ha riferito il fatto che la Guardia costiera in acque territoriali italiane aveva chiesto al comandante di seguirli nell'isola di Lampedusa per accertamenti, quindi, in un primo momento, anche i giornalisti hanno pensato che gli accertamenti fossero, in conseguenza del codice, sui documenti della nave, sull'equipaggio eccetera.
  Tuttavia, una volta che la nave si è fermata a Lampedusa, è entrata a bordo la polizia giudiziaria mandata dal procuratore di Trapani. In questo momento, risulta un'indagine in corso su questa nave, forse per contatti precedenti. Era già uscita la notizia, per cui, come ipotesi, qualcuno di questa nave avesse avuto contatti diretti.
  A oggi, in fondo, abbiamo capito che la nave è stata fermata più per un motivo di magistratura che per una questione di applicazione del codice, sempre da quello che ho letto e che potete trovare anche voi su Repubblica.it.

  PRESIDENTE. Direttore, grazie.
  Do la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni, cui lei poi risponderà.

  MICAELA CAMPANA. Per iniziare, vorrei fare un ringraziamento perché quella di Save the Children è una realtà internazionale che, come diceva il direttore – lo dico per rapporto diretto con l'organizzazione – grazie alla professionalità e al know-how acquisito in questi anni, si è spinta davvero in luoghi impossibili.
  In particolare, negli ultimi mesi siete arrivati alla ribalta della pubblicità nazionale più che altro sulla questione dei migranti ma, in realtà, le vostre operazioni in giro per il mondo sono soprattutto sui bambini mal nutriti e in posti dove ci sono guerre in corso o dove ci sono calamità naturali molto forti, quindi la vostra attività è assolutamente fondamentale e preziosa. Inoltre, vi occupate del recupero degli adolescenti. Si parla tanto in questi anni di recupero in loco e della possibilità di insegnare a molte popolazioni il rispetto della buona alimentazione eccetera e voi siete sicuramente una delle organizzazioni più capaci in questi anni di farlo.
  Inoltre, la vostra organizzazione è stata uno dei protagonisti in Aula – io sono un deputato – per il voto sulla legge dei minori non accompagnati.

  VALERIO NERI, Direttore generale di Save the Children. Ho dimenticato di dirlo prima, quindi ha fatto bene a ricordarlo.

  MICAELA CAMPANA. Gli interventi della vostra organizzazione sul testo sono stati assolutamente preziosi per arrivare alla legge di cui oggi il nostro Paese dispone.
  Ascoltando le parole del direttore, mi sono venute in mente tante domande. Lei ha raccontato precisamente come avviene l'operazione di recupero e salvataggio. Mi chiedo se già sulla vostra nave esista anche la possibilità di avere delle cure. So che Medici Senza Frontiere lo fa e vorrei verificare se anche la vostra imbarcazione lo fa. In particolare, vorrei sapere, nella vostra esperienza di questi mesi di navigazione, quali sono le cure immediate che i richiedenti asilo politico e i migranti chiedono o di cui hanno bisogno, per quanto riguarda i minori e soprattutto le ragazze. Le chiedo se si fa subito un test di gravidanza o se si avviano delle procedure mediche immediate già sull'imbarcazione.
  L'altra domanda è: rispetto sempre all'esperienza in mare di questi mesi, che cosa è cambiato nella tipologia dei minori che arrivano nel nostro Paese? Lo chiedo perché anche quest'aspetto, nel corso degli ultimi dieci anni, è cambiato: prima c'è stata l'ondata dagli egiziani e, poi, sono arrivate le altre realtà. Vorrei sapere, soprattutto nel corso dell'ultimo anno e mezzo, in cui gli arrivi sono aumentati in maniera drastica, com'è cambiata la tipologia dei minori che arrivano sul nostro territorio.
  Infine, ho una curiosità, di cui, anche stamattina, abbiamo discusso in Commissione, Pag. 13 sull'ipotesi di riforma del Trattato di Dublino. Vorrei sapere che cosa pensa Save the Children su due aspetti in particolare: quello dei corridoi legalizzati, uno degli elementi su cui anche l'Italia si era battuta durante il semestre di presidenza, e quello dell'ipotesi di asilo politico europeo. Lo chiedo perché ci ritroviamo nella condizione, spesso anche di dibattito politico, in cui l'autorizzazione delle richieste di asilo politico in Italia sono differenziate, tra quella umanitaria e quella propriamente di asilo politico internazionale. Le chiedo se un'omogeneizzazione di questa realtà può essere utile anche a organizzazioni che, come la vostra, operano in questo campo.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Non essendoci altre domande da parte dei commissari, prima di dare la parola al direttore Neri per la replica, vorrei precisare che, tra le domande che ho fatto, non ho ricevuto risposta sul discorso dei contatti con il MRCC e se avete contatti con quello di Malta o della Tunisia o soltanto con quello di Roma.

  VALERIO NERI, Direttore generale di Save the Children. Soltanto con quello di Roma.

  PRESIDENTE. Perfetto.

  VALERIO NERI, Direttore generale di Save the Children. Grazie delle parole di stima rivolte all'organizzazione.
  A bordo ci sono un medico e due infermieri, specializzati in medicina d'urgenza, che ruotano, quindi questi fanno mediamente un mese ciascuno. Abbiamo avuto dodici casi gravi, per i quali ci sono state evacuazioni rapide o con trasbordi su navi che rientravano, mentre noi restavamo lì, o su elicottero. Anche in quei casi, è molto importante poter parlare immediatamente a terra per avvertire, anche da un punto di vista medico, l'autoambulanza o della necessità di un intervento chirurgico. Per quanto riguarda le gravidanze, mentre lei parlava, ho visto che abbiamo dovuto gestire 84 gravidanze di cui alcune erano a rischio, cosa che facilmente accade a una donna che ha subìto quello che ha subìto.
  Solitamente, appena i migranti arrivano a bordo, si fa un primo check generale, in cui è importante la capacità del medico che deve identificare al volo la situazione.
  Quasi sempre i migranti sono tutti in uno stato di denutrizione e di disidratazione molto grave e, a volte, gravissimo, come nei casi di intervento immediato. Quasi sempre siamo di fronte a ferite, a segni di tortura, a disidratazione e malnutrizione molto forte.
  In particolare, le donne possono avere anche i tipici problemi di una donna che ha subìto violenza. Per fortuna, nel nostro staff medico c'è sempre un'infermiera. Insomma, il problema maschio-femmina è abbastanza delicato, anche perché, molto spesso, si tratta di religioni e culture diverse dalla nostra. Il nostro intervento, quindi, è molto utile.
  Il discorso sui bambini è un po’ diverso perché i bambini presentano soprattutto ferite psicologiche. Mi riferisco ai bambini e non agli adolescenti o agli adulti, che, in quel senso, sono uguali, perché gli adolescenti hanno subìto torture e violenze come se fossero adulti. Nel caso dei bambini, il problema – almeno per quello che ricordo o ho saputo – non è tanto fisico, ma psicologico. Quello è terribile e non so se si tratta di una ferita meno grave.
  Abbiamo avuto anche casi di orfani. I bambini raccolti ultimamente erano di pochi mesi ma abbiamo avuto bambini, anche di otto o nove anni, orfani di madre e di padre, quindi, in quel caso, il problema è pesantissimo ma, per fortuna, la psicologa è intervenuta immediatamente.
  Insomma, in quel caso, il lavoro deve essere fatto a terra: questi ragazzini non dovrebbero essere abbandonati e bisognerebbe seguirli. Ora, noi lo stiamo facendo, però lo facciamo, in realtà, soprattutto per i bambini che identifichiamo noi perché non è semplicissimo farlo quando c'è una diffusione più ampia. Siamo in contatto anche con altri colleghi, con la IOM e tutto il sistema.
  I bambini, quindi, riportano soprattutto danni psicologici. Pag. 14
  Per risponderle a quanto mi chiedeva sul Trattato di Dublino, le dico di sì e non potrei dire diversamente perché è uno scandalo che il Trattato di Dublino sia quello che è ancora.
  Ci abbiamo provato in tutti i modi con i colleghi europei e continuiamo a provarci ma sembra che cambiarlo sia la cosa più difficile del mondo. Certamente sarebbero opportuni corridoi umanitari e sarebbe anche bellissimo ripensare al concetto di asilo, dalle fondamenta.
  Tra l'altro, è curioso che, poche ore prima di venire qui, per un altro motivo, ho chiesto alla collega Egizia un aggiornamento sul concetto d'asilo.
  Tale concetto dovrebbe essere riformato e reso europeo ma andrebbe anche visto con gli occhi di oggi.

  MICAELA CAMPANA. E di domani, soprattutto...

  VALERIO NERI, Direttore generale di Save the Children. Certo, anche con gli occhi di domani.
  Lo dico perché, quando è nato, il concetto di asilo era soprattutto sul profilo politico e del diritto politico, quindi guerre, ma anche discriminazione razziale o religiosa.
  Oggi, siamo di fronte a un mondo che sta per arrivare e che sta già arrivando, dove ci sono delle situazioni del tutto nuove.
  Faccio un esempio per farmi capire. Il cambiamento climatico sta avvenendo a una velocità doppia rispetto a quella che gli scienziati prevedevano; ciò vuol dire che ci sono milioni di persone che oggi vivono di agricoltura, quindi non sono poveri, ma persone normalissime con un lavoro agricolo, e che non lo avranno più.
  Ci sono milioni di persone che stanno su rivierasche, cioè vivono sulle coste. Non pensate solo al Bangladesh, ma anche all'India e a tutta la fascia asiatica o del Sudamerica. Quelle persone vivono oggi in una situazione di economia accettabile perché, anche se non sono ricche, hanno la loro economia di sussistenza, che non avranno più.
  Già solo questo elemento cambierà in maniera drastica il concetto di povertà. Oggi noi pensiamo che il povero sia soltanto una persona che vive in uno stato di disagio alimentare, come nella fascia subsahariana, con un dollaro al giorno, eccetera. Prossimamente, avremo milioni di migranti economici, dovuti a cataclismi mondiali, che – non faccio politica, ma consentitemi di dirlo – sono stati promossi soprattutto dal mondo più industrializzato.

  PRESIDENTE. La Cina e l'India si stanno industrializzando...

  VALERIO NERI, Direttore generale di Save the Children. Mi chiedo: quando quelle persone chiederanno di muoversi per arrivare in altri Paesi, anche dell'Europa, saranno da considerarsi meramente migranti economici, come oggi li consideriamo, quindi non degni di visto, o – ho usato questo caso solo come esempio – piuttosto non dovremmo osservare i nuovi fenomeni del futuro, quindi i nuovi diritti negati, che non saranno più solo, come una volta, il diritto politico, retaggio di una Europa antica che si è salvata dalla Seconda guerra mondiale, e dovremmo osservare i diritti negati che stanno per arrivare e che sono conseguenza di un mondo completamente diverso?

  MICAELA CAMPANA. In un'Europa a natalità zero, bisogna ripensare il sistema per mantenere lo status sociale, il welfare e la sanità nei prossimi trent'anni?

  VALERIO NERI, Direttore generale di Save the Children. Ho letto un'indagine di cui adesso non ricordo, spagnola, per cui solo in Spagna – che, come lei sa, non è molto gentile – i migranti che sono arrivati hanno costituito 5 miliardi di PIL in più negli ultimi due anni. Questo riguarda solo quelli spagnoli, per cui possiamo immaginare quale sia la situazione della Germania che ne ha presi molto di più.

  PRESIDENTE. Un milione e cento nel dicembre 2015.

  VALERIO NERI, Direttore generale di Save the Children. È un balance, oltre un Pag. 15certo numero non si potrà andare, quindi è un problema.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Prima di chiudere l'audizione, vorrei precisare che avevo sbagliato all'inizio. Confermo tutti i ringraziamenti della mia collega per quello che avete fatto, fate e farete.
  Ringrazio il dottor Neri e ringrazio la dottoressa Egizia Petroccione e la dottoressa Fosca Nomis. Vi ringrazio anche per i due volumi che avete lasciato per la nostra biblioteca e per la relazione.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.05.