XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 235 di Mercoledì 6 dicembre 2017

INDICE

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). ... 3 

Sulla pubblicità dei lavori:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 

(Così rimane stabilito). ... 3 

Audizione del Presidente del Consiglio dei Ministri, Paolo Gentiloni Silveri:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 
Gentiloni Silveri Paolo (PD) , Presidente del Consiglio dei Ministri ... 3 
Bindi Rosy , Presidente ... 6 
Mirabelli Franco  ... 7 
Bindi Rosy , Presidente ... 7 
Mattiello Davide (PD)  ... 7 
Lumia Giuseppe  ... 8 
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 8 
Bindi Rosy , Presidente ... 8 
Garavini Laura (PD)  ... 8 
Attaguile Angelo (LNA)  ... 9 
Bindi Rosy , Presidente ... 9 
Nuti Riccardo (Misto)  ... 10 
Bindi Rosy , Presidente ... 10 
Gentiloni Silveri Paolo (PD) , Presidente del Consiglio dei Ministri ... 10 
Bindi Rosy , Presidente ... 10 
Gentiloni Silveri Paolo (PD) , Presidente del Consiglio dei Ministri ... 10 
Bindi Rosy , Presidente ... 12 
Gentiloni Silveri Paolo (PD) , Presidente del Consiglio dei Ministri ... 12 
Bindi Rosy , Presidente ... 12 
Gentiloni Silveri Paolo (PD) , Presidente del Consiglio dei Ministri ... 12 
Bindi Rosy , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
ROSY BINDI

  La seduta comincia alle 19.40.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che se non vi sono obiezioni la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione del sistema televisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e successivamente sul canale satellitare della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del Presidente del Consiglio dei Ministri, Paolo Gentiloni Silveri.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Presidente del Consiglio dei Ministri, Paolo Gentiloni Silveri. È inoltre presente il direttore generale del dipartimento delle informazioni per la sicurezza, prefetto Alessandro Pansa, che accompagna il Presidente Gentiloni il quale, come è noto, ha trattenuto la delega per la sicurezza della Repubblica.
  L'audizione odierna è dedicata a una sorta di bilancio, nell'approssimarsi della conclusione della XVII legislatura, sulle politiche generali seguite dal Governo in tema di lotta alla mafia, a conclusione di un ciclo di audizioni di tutti i massimi vertici istituzionali, che trova oggi coronamento e completamento con il Presidente Paolo Gentiloni.
  È molto tempo che il Presidente del Consiglio dei Ministri non è ascoltato in Commissione parlamentare antimafia. Dopo i precedenti 1989-1990 Giulio Andreotti nella X legislatura, nel 1992 Giuliano Amato nella XI legislatura e nel 1994 Silvio Berlusconi nella XII legislatura, l'ultimo a essere ascoltato fu infatti Massimo D'Alema, il 16 novembre 1999, durante la XIII legislatura.
  Sono pertanto particolarmente lieta che il Presidente Gentiloni abbia ritenuto di accettare l'invito a intervenire in Commissione parlamentare antimafia, per illustrare l'attività del suo Governo nella materia di nostro interesse. Di questo lo ringrazio sentitamente a nome di tutta la Commissione e gli cedo volentieri la parola. Grazie, Presidente.

  PAOLO GENTILONI SILVERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Grazie, Presidente. Grazie, onorevoli senatori e deputati. La mia presenza qui è anche un modo per testimoniare l'importanza che il Governo attribuisce all'attività della Commissione.
  La Commissione attuale ha lavorato intensamente nel corso di questi quattro anni. Penso che sia chiaro a tutti, anche se è un principio che poi non è sempre facile mettere in pratica, che la lotta alle mafie richiede un impegno unitario di tutte le forze politiche e parlamentari, e credo sia importante che dall'attività della Commissione parlamentare antimafia siano anche scaturiti spunti per delle iniziative legislative, che hanno avuto una certa importanza.
  Mi riferisco ad esempio alla revisione del codice antimafia che, come è noto, dopo il richiamo del Presidente della Repubblica è stato corretto con un emendamento in sede di conversione del decreto fiscale, penso anche alla nuova disciplina dei testimoni di giustizia che, dopo l'approvazione Pag. 4 della Camera, è attualmente in corso di esame al Senato.
  Vengo ora ad analizzare il quadro dell'impegno dello Stato nella lotta alla criminalità organizzata. Il punto di partenza è che le principali organizzazioni mafiose italiane, nonostante l'intensa attività repressiva, continuano ad avere una elevata capacità operativa e di inquinamento socioeconomico sia nelle aree di origine, sia in quelle di proiezione nazionale e all'estero.
  Per le mafie il traffico di sostanze stupefacenti resta la fonte primaria di finanziamento, che consente loro di imporsi sugli altri competitor nei mercati illegali e legali. La centralità del narcotraffico ha inoltre costituito un laboratorio per le collaborazioni tra mafie nazionali e mafie straniere, nonché per sinergie operative intermatrice fra ’ndrangheta, cosa nostra e i clan di camorra.
  Sopravvivono nel contempo modalità operative «tradizionali», come nel caso di clan camorristici che si contendono le piazze di spaccio di Napoli o di talune cosche ’ndranghetiste che ricorrono ancora a metodi cruenti per imporre l'obbedienza e affermare le proprie regole nell'ambito dei territori di influenza, o ancora di frange pugliesi di impronta banditesca.
  Per altro verso, l'elemento pure trasversale alle principali espressioni criminali di tipo mafioso è quello dell'indebolimento della leadership, dovuto alla continua efficace azione di contrasto. La carcerazione degli elementi di maggior profilo ha portato a un abbassamento del livello qualitativo dell'attuale «dirigenza», in grado oggi meramente di assicurare l'operatività dei clan, ma non sempre di garantire alle compagini criminali una visione strategica.
  Sul piano evolutivo si possono enucleare tre importanti aspetti. Il primo è il crescente divario tra i livelli di vertice, connotati in senso più prettamente affaristico, e quelli operativi sul territorio, più esposti all'azione dello Stato. In secondo luogo si segnala la costante ricerca di nuove modalità per aggirare i controlli di legalità (certificazioni antimafia, interdittive prefettizie, protocolli di legalità) e per aggirare i presìdi normativi antiriciclaggio, anche attraverso il ricorso ad evoluti strumenti di tecnofinanza.
  Il terzo elemento è la presenza on line degli affiliati alle cosche con finalità divulgative dei cosiddetti «valori mafiosi», ma anche con obiettivi tattici, come la gestione attraverso i social media delle piazze di spaccio, con lo scopo di garantire ai clan una minore esposizione all'azione repressiva.
  Il network relazionale delle cosche è favorito dalla persistente capacità di condizionamento di settori produttivi e di ingerenza nelle commesse pubbliche. Al sud, la mafia imprenditrice presidia significativamente, spesso direttamente, gli spazi economici offerti dal territorio, utilizzando le leve dell'intimidazione verso le imprese concorrenti e dell'imposizione di monopoli locali. In particolare, è significativa la spinta espansiva nel settore della grande distribuzione e nell'edilizia.
  Nel resto d'Italia, dove più sfumata risulta l'origine criminale dei patrimoni e della liquidità, è in corso da anni d'altro canto una penetrazione imprenditoriale soprattutto nel campo delle costruzioni. La contropartita per i servizi offerti è sempre la stessa, appalti e relazioni. In questo modo i gruppi mafiosi sono divenuti dei veri e propri prestatori di servizi, a vantaggio dei comitati d'affari.
  L'evidenza dei molteplici nessi tra mafia ed economia nell'evoluzione del capitalismo finanziario rende oggi ancora più urgente concepire la lotta alla mafia come una lotta per lo sviluppo sociale ed economico equilibrato e sostenibile. Quando si invoca la presenza dello Stato, lo si fa certamente con riferimento agli apparati repressivi e di sicurezza dello Stato, ma dobbiamo essere consapevoli che lo si fa invocando in generale una presenza dello Stato come garante di sviluppo, di sostenibilità, di educazione, di istruzione, di presenza nel territorio.
  In particolare, la finanza tende a sfuggire alla regolazione e per questo diventa inevitabilmente uno strumento tanto più innovativo quanto più appetibile per le mafie, che hanno un'imponente esigenza di rimettere denaro sul mercato. Si tratta tra l'altro di valutazioni che sono emerse anche Pag. 5 nell'ambito degli Stati Generali della lotta alle mafie, che si sono tenuti a Milano una decina di giorni fa.
  Entrando rapidamente nello specifico delle diverse dinamiche associative, l'organizzazione criminale siciliana cosa nostra è presumibilmente alla vigilia di una stagione di profonda incertezza e di possibili mutamenti, falcidiata dall'azione della magistratura e della polizia giudiziaria che ne ha minato la leadership e aggredito i beni, riducendo sensibilmente la capacità economica delle famiglie. Cosa nostra è alla perenne e – almeno per il momento – infruttuosa ricerca di nuovi modelli organizzativi, in grado di restituirle la capacità operativa e il respiro strategico di un tempo.
  La scomparsa di Riina potrà costituire, da questo punto di vista, un acceleratore dell'accennato processo di riorganizzazione, essendo venuto meno l'ostacolo formale rappresentato dalla presenza in vita del boss corleonese, che impediva di fatto l'assunzione di scelte strategiche in quel senso.
  Le cosche della ’ndrangheta restano l'espressione mafiosa maggiormente aggressiva e la minaccia criminale più evidente alla sicurezza nazionale. La primazia dell'organizzazione criminale calabrese rispetto alle altre mafie nazionali nasce dal connubio tra assoluto rispetto di un codice, fatto di tradizioni e riti arcaici, e spiccata capacità di cogliere il mutamento dei contesti con i quali interagisce.
  Le cosche calabresi sono così riuscite non solo a permeare il tessuto sociale ed economico della regione d'origine, ma anche ad allignare con facilità nelle aree di proiezione, tanto nel centro e nel nord del Paese che all'estero. Comprovate presenze ’ndranghetiste si registrano in diversi Paesi dell'Unione europea, nel Nord America e in Australia.
  Le consolidate relazioni con i narcos sudamericani, inoltre, hanno permesso ai broker espressione delle cosche calabresi di tessere le fila del traffico di sostanze stupefacenti verso l'Italia e il continente europeo, anche a favore delle altre mafie nazionali ed estere. Le cosche reggine, pur colpite dall'azione di contrasto, confermano la propria centralità all'interno della galassia ’ndranghetista.
  La situazione nel panorama criminale campano della camorra permane assolutamente magmatica. I vuoti di potere, provocati soprattutto nel capoluogo partenopeo dall'indebolimento dei clan storici colpiti da ripetuti arresti, non sono stati colmati. Ne è conseguita una crescente frammentazione, che alimenta tensioni competitive, continui cambi di schieramento, inedite alleanze.
  Le frange superstiti del clan dei casalesi, seppure ormai fortemente indebolite dall'attività repressiva che ha smantellato il clan come soggetto criminale unitario, sono a tutt'oggi le uniche in grado di esprimere un significativo livello di ingerenza nei processi decisionali pubblici e del libero mercato, non solo nei territori di matrice, ma anche nelle aree di vecchio e nuovo radicamento, come il basso Lazio e l'Emilia-Romagna, nonché all'estero.
  Infine, la criminalità organizzata pugliese si presenta frastagliata, con diverse gradazioni di competitività, dalle forme più evolute delle compagini salentine e di alcune espressioni baresi e tarantine, capaci di robuste progettualità anche di carattere infiltrativo, a quelle ancora predatorie e brutali del foggiano.
  La proiezione estera delle organizzazioni criminali rimanda sempre più a strategie di reinvestimento dei capitali illeciti, talora sostenute da sofisticate operazioni finanziarie attraverso triangolazioni con piazze offshore.
  La lotta alle organizzazioni criminali anche di tipo mafioso non è dunque una questione puramente nazionale, che può essere affrontata con gli strumenti di un singolo Paese. Ricostruire le istituzioni e lo Stato oggi è possibile, dandosi come orizzonte e come punto di riferimento continuo e imprescindibile l'Europa.
  L'Italia ha recentemente recuperato un ritardo accumulato sul terreno dell'attuazione delle misure europee per il consolidamento dello spazio di giustizia, libertà e sicurezza comune, e ci troviamo oggi sulla frontiera più avanzata della lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata, una Pag. 6frontiera sulla quale veniamo spesso interpellati da Paesi vicini ed amici, che vogliono condividere il know-how e l'esperienza maturata dalla nostra magistratura, dalle forze dell'ordine e dall’intelligence.
  In questo contesto si colloca l'impegno profuso per la procura europea, alla cui istituzione abbiamo contribuito, mentre risulta in fase di elaborazione una direttiva europea che recepisce la nostra normativa sul tema dei sequestri e delle confische.
  Per quanto riguarda infine l'attività di intelligence in direzione della criminalità organizzata di tipo mafioso, questa ha conosciuto negli anni una significativa evoluzione, in primo luogo in relazione alla riconosciuta valenza destabilizzante delle strategie mafiose, che ha indotto il legislatore a prevedere sin dal 1991 lo svolgimento da parte dei servizi di attività informative e di sicurezza da ogni pericolo o forma di eversione dei gruppi criminali organizzati che minacciano le istituzioni e lo sviluppo della convivenza civile. È inoltre più estesa la missione che la legge di riforma del 2007 ha affidato ai servizi, chiamati anche alla protezione degli interessi politici, militari, economici, scientifici e industriali dell'Italia.
  Contro le mafie, signora presidente e onorevoli colleghi, si è sviluppata un'azione efficace e crescente di contrasto da parte dello Stato, delle forze dell'ordine, della magistratura e delle altre articolazioni dello Stato con risultati notevoli. Nel 2017 (dati fino al 30 novembre) l'azione investigativa ha consentito di portare a termine numerose operazioni contro la criminalità organizzata di tipo mafioso, di cui 164 particolarmente rilevanti, con l'arresto di 1.574 persone, 296 appartenenti a cosa nostra, 414 alla ’ndrangheta, 645 alla camorra, 219 alla criminalità organizzata pugliese.
  Sono stati inoltre catturati 42 latitanti di particolare rilievo, dei quali due di massima pericolosità del programma speciale di ricerca, Giuseppe Giorgi e Rocco Morabito.
  L'attività finalizzata all'adozione delle misure ablative patrimoniali ha fatto registrare complessivamente (sempre sino al 30 novembre 2017) il sequestro di 8.199 beni, per un valore di 2 miliardi e 10 milioni di euro circa, e la confisca di 4.599 beni per un valore di 1 miliardo e 420 milioni di euro circa.
  Durante l'attuale Governo da me presieduto, sono stati disposti 22 nuovi scioglimenti di consigli comunali per motivi legati alle infiltrazioni mafiose. Quanto all'attività di prevenzione antimafia condotta dalle prefetture, si segnala che nel corso del 2017 sono state emesse 337 comunicazioni antimafia interdittive, basate sulle risultanze dei casellari giudiziari e delle banche dati delle forze di polizia, e 261 informazioni antimafia interdittive, basate su verifiche e attività di analisi e approfondimento svolte congiuntamente da prefetture e forze di polizia.
  Possiamo – credo – essere orgogliosi dei successi conseguiti in queste attività di contrasto, ma dobbiamo al tempo stesso essere consapevoli che questa attività deve proseguire e continuamente aggiornarsi, così come continuamente purtroppo si aggiorna la capacità delle organizzazioni mafiose, sia pure indebolite, ma in continua trasformazione. Grazie.

  PRESIDENTE. Ritiene che il prefetto Pansa debba aggiungere qualcosa? Ringrazio il Presidente del Consiglio. Se posso permettermi, considerando importante tutto quello che ci ha comunicato, a partire dal riconoscimento del lavoro svolto dalla nostra Commissione, sottolineo volentieri due aspetti, nei quali penso la nostra Commissione si riconosca per il lavoro svolto e per la consapevolezza che abbiamo maturato nella conoscenza del fenomeno mafioso.
  Da una parte il fatto che l'attività repressiva, che ha dato grandi risultati in questi anni, non è certamente sufficiente rispetto alla capacità di trasformazione che hanno avuto le organizzazioni mafiose in questi anni, che quindi richiedono una presenza dello Stato, delle istituzioni e della politica capace di assicurare democrazia, qualità dello sviluppo e quindi anche la promozione di una società capace di resistere alla capacità delle mafie di stabilire relazioni e di infiltrarsi in ogni settore della nostra società.
  Dall'altra vorrei sottolineare il riferimento al quadro europeo e internazionale Pag. 7per combattere il fenomeno mafioso, proprio perché lo scenario nel quale loro operano non è più da tempo soltanto quello delle regioni di origine storica, ma, oltre che il resto d'Italia, tutta l'Europa e tutto il mondo.
  Questo l'abbiamo constatato molto spesso nelle nostre missioni all'estero e anche in Europa, dove non abbiamo percepito questa consapevolezza da parte anche degli altri Paesi, e anche il riconoscimento della validità degli strumenti che noi ci siamo dati e che gli altri Paesi non hanno per combattere le mafie.
  Grazie, quindi, convinti che l'azione del Governo per il tempo che resta in questa legislatura proseguirà in questo senso, avvalendosi, oltre che del lavoro della nostra Commissione, anche dei preziosi contributi venuti da un'altra sede governativa, gli Stati Generali che si sono tenuti a Milano, dove sono state fatte riflessioni molto ricche e avanzate anche proposte molto importanti.
  Grazie anche per questa presenza che per noi è molto importante. Abbiamo sempre voluto interloquire con tutte le istituzioni e quindi la presenza del Capo del Governo per noi è ancora più importante.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire.

  FRANCO MIRABELLI. Grazie, Presidente Gentiloni, di essere qui. Intervengo intanto per ringraziarla dell'attenzione e della sensibilità. Penso che sia importante la sua presenza qui, credo sia un riconoscimento importante per la Commissione, ma soprattutto sia un riconoscimento importante della necessità che le istituzioni mettano in campo tutto ciò che è possibile per contrastare le mafie, e le cose che ci ha detto sono una testimonianza in questo senso.
  Al di là delle scelte che ha fatto qualche Gruppo oggi, penso che la sua relazione, ma anche il lavoro di questa Commissione in questi anni abbia teso a guardare alla lotta alla mafia come ad una questione non di parte, su cui fare propaganda, ma ad una questione su cui è importante che tutte le istituzioni dimostrino unità e volontà comune.
  Credo che lei ci abbia oggi presentato questo impegno e ricordato, come credo sia giusto, che c'è ancora molto da fare, però in questa legislatura si è fatto molto, il Parlamento ha fatto molto. Secondo Avviso Pubblico sono attuati 24 provvedimenti importanti per contrastare le mafie, la criminalità, la corruzione, il codice antimafia che lei citava, ma siamo partiti dal voto di scambio politico-mafioso, siamo passati per gli ecoreati, il falso in bilancio.
  Credo che, da questo punto di vista, sia stata una legislatura importante e che sia giusto rivendicare, come lei ha fatto, che si può fare sempre meglio, ma anche dal punto di vista repressivo questi ultimi mesi sono stati segnati da risultati importanti rispetto alla cattura di latitanti.
  Una cosa che deve dare grande soddisfazione a tutti: lo Stato è tornato a farsi vedere in posti da cui sembrava allontanato. Quando abbiamo visto i latitanti arrestati a San Luca e a Platì o sulla costa jonica, dove sembrava che lo Stato non potesse mettere piede, abbiamo dato il segno che non esistono zone franche in questo Paese, e credo che questo sia un riconoscimento importante al lavoro di tutte le istituzioni, perché così dobbiamo ragionare.
  Le chiedo solo una cosa, Presidente. Lei ha citato giustamente una questione importante, che è forse l'ultima riforma su cui abbiamo lavorato che manca all'appello, quella sui testimoni di giustizia. Sarebbe utile e importante se il Governo ci desse una mano a calendarizzare in questo scorcio di legislatura (non credo ci voglia tanto tempo per approvarlo) il testo dei testimoni di giustizia, per completare un'opera di riforme che il Parlamento ha compiuto su questi temi in questa legislatura. Grazie.

  PRESIDENTE. Erano pervenute alcune domande anche da parte dell'onorevole Mattiello, dell'onorevole Lumia, dell'onorevole Garavini e dell'onorevole Bruno Bossio.
  Pregherei la sintesi nella formulazione delle domande, perché anche il Presidente non ha molto tempo, quindi vi pregherei di fare la domanda e di evitare lunghe premesse.

  DAVIDE MATTIELLO. Grazie, Presidente Gentiloni. La mia domanda è sul trattato di cooperazione giudiziaria e di Pag. 8estradizione con gli Emirati Arabi Uniti, che manca all'appello, producendo conseguenze molto spiacevoli e preoccupanti.

  GIUSEPPE LUMIA. Grazie, Presidente. Le mafie sono globalizzate, le antimafie sono ancora troppo localizzate. Nel dicembre del 2000 l'Italia ospitò la prima Convenzione ONU, dove si presero degli impegni molto importanti. Tra poco saremo a vent'anni da questo storico appuntamento, le chiedo se ritiene che il suo Governo in questi giorni debba suggerire in quella sede un'altra convenzione di verifica, proprio per sfidare, soprattutto nella fase del riciclaggio, le mafie transnazionali, ospitando qui in Italia di nuovo un importante appuntamento come quello del dicembre 2000.
  L'altra domanda, Presidente, è quella sulle stragi e la trattativa, approfittando anche della presenza del dottor Pansa. Sarebbe importante un segnale di rottura con l'idea collusiva con la politica, con gli apparati, e consentire un accesso diretto, dottor Pansa, delle procure di Palermo, Caltanissetta, Firenze, coordinate dalla Procura nazionale antimafia, direttamente negli archivi dei nostri servizi, senza nessuna mediazione degli apparati e consentendo loro di accedere direttamente a questi archivi, in modo tale che il nostro Paese possa anche su questo aspetto dare un segnale di novità assoluta, di trasparenza su una stagione delle stragi 1992-1993 che è una ferita ancora aperta nella vita della nostra democrazia.
  L'ultima domanda riguarda Corleone. È morto Provenzano, di recente anche Riina. Presidente, sarebbe importante una sua presenza lì a Corleone, per proporre un progetto di sviluppo sulle scuole, sulle infrastrutture, su altre attività, per dimostrare che, come lei ha detto in premessa, la più avanzata lotta alla mafia si fa coniugando legalità e sviluppo.
  Una scelta di questo tipo, Presidente, potrebbe far capire che lo Stato è pronto in quella comunità a sradicare la presenza delle mafie e a dire che adesso lo Stato fa sul serio per impedire che si possano riorganizzare.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Grazie, Presidente, vorrei approfittare dell'audizione di oggi per sottoporle una questione molto specifica che riguarda il tema dello scioglimento dei comuni per mafia.
  In particolare, considerato che le norme vigenti in materia sono contenute negli articoli 143 e seguenti del TUEL o Testo Unico e che avrebbero (uso il condizionale) un carattere di natura preventiva e sicuramente non sanzionatorio, ma amministrativo, tant'è che il ricorso si fa al TAR, vorrei sapere se si intenda arrivare già in questo scorcio di legislatura a qualche modifica, visto che invece l'attuale attuazione del provvedimento vede invece una indicazione nei fatti di carattere sanzionatorio senza il contraddittorio e non coinvolge il livello dirigenziale, ma porta allo scioglimento di assise elette in maniera democratica.
  Credo che questo e la ripetuta attuazione in questi termini del provvedimento stia generando non pochi problemi.
  Una seconda questione riguarda le prefetture e il tema dei tempi lunghi entro cui si riescono ad avere i certificati antimafia, tempi che creano problemi anche nelle gare di appalto. Un'ultima cosa: la questione della prefettura di Crotone e dell'indagine sulla vicenda del CARA. Grazie.

  PRESIDENTE. Io ho ancora iscritta l'onorevole Garavini, però, siccome il riferimento all'Europa il Presidente l'ha fatto...

  LAURA GARAVINI. È giustissimo, Presidente. Io non posso che fare mie le sue parole in merito alla sua presenza e a quanto abbiamo avuto modo di rilevare sia nelle missioni a cui lei faceva riferimento, sia nel Comitato che ho avuto il piacere di coordinare relativo alla presenza delle mafie di origine italiana anche in campo internazionale.
  Faccio mie però anche le considerazioni del senatore Mirabelli nel sottolineare quanto in questa legislatura, Presidente, anche grazie alle politiche da lei messe in atto, si sia raggiunto, si sia fatto, tra l'altro anche nel contrasto alle mafie a livello internazionale. Le varie decisioni quadro, direttive che sono state recepite, il contributo che l'Italia Pag. 9ha dato anche all'implementazione della procura europea di recente dimostrano come quanto si è fatto possa avere un riscontro estremamente importante.
  In questo senso non posso che attirare l'attenzione su alcune problematicità che si sono poste però in modo particolarmente evidente anche in un'Europa molto vicina. Proprio alla luce dei risultati conseguiti e alla luce anche degli ottimi rapporti di amicizia che contraddistinguono il nostro Paese, ad esempio, con una realtà come quella maltese per quanto riguarda l'Europa oppure a livello internazionale per quanto riguarda invece la presenza di mafie in Canada, i rapporti di ottima sintonia tra l'Italia e Paesi di questo tipo e il know-how che l'Italia può spendere possono essere anche in questo scorcio di legislatura un importante contributo per un contrasto alle mafie di maggiore successo.
  Tra l'altro, esperienze anche a livello internazionale quali la collaborazione con la Germania dimostrano che una sensibilizzazione a livello istituzionale, a livello di Governi può sortire effetti davvero importanti. La Germania ad esempio si è appena dedicata all'implementazione di norme importanti come l'introduzione delle confische preventive, proprio alla luce del know-how trasmesso dal nostro Paese.
  Concludo chiedendo ciò che nella mia lettera, nella mia email avevo presentato, cioè che i risultati conseguiti alla luce delle ottime leggi che siamo andati ad introdurre, dal voto di scambio all'autoriciclaggio, dalle squadre investigative comuni al falso in bilancio, anche risultati effettivi che si possano elencare e quantificare possano a loro volta dare un contributo importante, per stimolare anche altri Paesi ad adottare rispettivi interventi normativi. Grazie.

  ANGELO ATTAGUILE. Ringrazio il Presidente del Consiglio per l'ottima relazione convincente, però volevo attenzionare, se possibile, il problema della mafia nel corso delle elezioni, specialmente in Sicilia, dove sono state svolte di recente e dove ci sono situazioni da attenzionare, specialmente in quartieri popolari come Librino, e doveva esserci l'accesso agli atti che il prefetto non ha fatto, dove si sono ottenuti risultati elettorali molto sospetti e presi in esame da televisioni e giornali.
  Ci sono delle indagini in corso, ma se il Presidente lo ritiene opportuno potrebbe istituire con i ministeri interessati, con magistrati, prefetti e Carabinieri un pool che possa verificare risultanze e situazioni da bloccare, poiché ci sono candidati che hanno ottenuto decine di migliaia di voti che io ritengo sospetti. Credo, inoltre, che la politica debba intervenire anche nella presentazione della lista, a prescindere dagli «impresentabili». Grazie.

  PRESIDENTE. Collegandomi anche a quest'ultimo intervento, Presidente, dalla nostra analisi della qualità delle candidature che abbiamo svolto sia per le elezioni regionali che per le elezioni dei comuni che tornavano al voto dopo lo scioglimento, abbiamo incontrato molte criticità, alcune delle quali sarebbero risolvibili soprattutto se le forze politiche si assumessero maggiore responsabilità nella selezione della classe dirigente, ma forse alcune criticità potrebbero anche essere superate se ci fosse la possibilità di intervento legislativo forse anche prima delle prossime elezioni politiche.
  Ci riferiamo in particolare ai tempi che hanno a disposizione le commissioni elettorali per prendere in esame l'autocertificazione dei candidati in base alla legge Severino. Abbiamo constatato che le autocertificazioni non sono uno strumento adeguato, perché spesso sono risultate false, quindi almeno da questo punto di vista, sarebbe opportuno precedere la possibilità di verifica sulle autocertificazioni o la presentazione dei certificati, con espresse sanzioni previste per i candidati che dichiarino il falso o si sottraggano a quest'obbligo previsto dalla legge.
  Noi abbiamo formulato anche altre proposte, che potremmo far pervenire. Se ci fosse l'intenzione da parte del Governo, come qualche volta è accaduto prima delle elezioni politiche, di fare dei provvedimenti legislativi che intervengano sul procedimento elettorale, dalla raccolta delle firme piuttosto che altri strumenti, noi ci permetteremmo di richiamare all'attenzione per le prossime elezioni politiche queste criticità, che noi abbiamo rilevato a partire Pag. 10dalla Severino, ma anche a partire da precedenti normative che riguardano il procedimento elettorale.

  RICCARDO NUTI. Grazie, Presidente, capisco che la mia richiesta di intervenire è arrivata all'ultimo momento. La mia domanda riguarda uno dei tanti scandali che si verificano in questo momento, e la presidente Bindi si è già espressa al riguardo.
  Riguardo lo scioglimento dei comuni, in questo momento per legge se un sindaco viene dichiarato incandidabile, in un comune sciolto per mafia, perché ritenuto responsabile dell'infiltrazione mafiosa, la legge prevede che se salta un turno elettorale, ad esempio le regionali, possa ricandidarsi successivamente anche nello stesso comune che ha contribuito a far infiltrare dalla mafia con le sue condotte.
  Nella vicenda dello scioglimento dei comuni ci sono tanti aspetti, Presidente, che andrebbero migliorati e rafforzati, e non solo a mio modesto parere, però penso che quantomeno su questa assurdità di un sindaco reso incandidabile se salta un turno, correggere questo errore, visti i tempi, con un decreto-legge probabilmente, sia una cosa doverosa, altrimenti si dà un segnale da parte dello Stato non di non voler affrontare il problema, di non aver capito l'assurdità della situazione.
  Su questo si è espressa anche la presidente Bindi in passato, quindi chiedo se nei tempi della legislatura si voglia fare un decreto-legge.

  PRESIDENTE. Prima di dare nuovamente la parola al Presidente, vorrei fare una piccola premessa. Noi in questi anni siamo diventati un po’ specialisti di questa materia, nel senso che forse alcune domande sono anche molto particolari, non abbiamo mai richiesto ai nostri interlocutori delle risposte immediate in seduta su aspetti tecnici, perché abbiamo fatto fatica ad apprenderli anche noi e ancora non li abbiamo appresi tutti. Magari in questa Commissione c'è qualche professionista, ma per molti di noi iniziato è stato un percorso nuovo.
  Non pretendiamo quindi dal Presidente del Consiglio risposte su alcuni aspetti più tecnici, molti dei quali, peraltro, faranno parte di proposte che saranno contenute nella relazione finale. Come siamo riusciti a presentare riforme sul codice antimafia o sui testimoni di giustizia, ci sarebbe piaciuto molto fare anche una proposta organica di riforma dello scioglimento dei comuni. Non ci siamo riusciti, ma lo lasceremo a futura memoria nella relazione finale.
  Se però, per le prossime elezioni in particolare, fosse possibile inserire una modifica dei tempi a disposizione delle commissioni elettorali per valutare le candidature in qualche provvedimento, saremmo grati a questo Governo più di quanto già lo siamo per il lavoro fatto in questi anni. Grazie, Presidente.

  PAOLO GENTILONI SILVERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Grazie alla presidente Bindi e a tutti voi. Il senatore Mirabelli, al di là di alcune considerazioni che condivido, ricordava la questione dei testimoni di giustizia, auspicando la possibilità di procedere con l'approvazione finale della legge, calendarizzandola al Senato, ma, come sapete, il calendario del Senato non è la cosa più semplice di queste settimane.

  PRESIDENTE. Quella legge però non presenta tanti problemi.

  PAOLO GENTILONI SILVERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Noi sicuramente siamo favorevoli, anche ad altre iniziative ipotizzate, ma il tempo della legislatura è quello che più o meno immaginate. Comunque sarà il Presidente della Repubblica a definire le priorità.
  Per quanto riguarda la questione sollevata dall'onorevole Mattiello, è un tema effettivamente importante, perché al trattato con gli Emirati Arabi si sta lavorando da molto tempo, e, come sapete, consentirebbe anche di sbloccare alcune questioni che riguardano persone inquisite.
  Io me ne sono occupato direttamente alcuni anni fa da Ministro degli esteri. Nel 2016 c'è stato un blocco dovuto alla disciplina più stringente che si è elaborata per quanto riguarda l'applicazione della pena di morte Pag. 11nei Paesi con i quali si fanno trattati internazionali. Mi pare di ricordare che sia stato il Quirinale a osservare un anno e mezzo fa che il testo di questa ratifica, da questo punto di vista, cioè della necessità di una più esplicita e più chiara esclusione della pena di morte, andava precisato.
  È in corso di definizione uno scambio di note diplomatiche per una interpretazione più restrittive e più chiara di questo punto, che si conforma alla nuova norma del codice e che dovrebbe diventare parte integrante della nostra legge di ratifica e quindi consentire di sbloccare la questione che, come giustamente diceva l'onorevole Mattiello, è piuttosto risalente nel tempo purtroppo.
  Per quanto riguarda le questioni che poneva l'onorevole Lumia, è vero che l'attuazione della Convenzione di Palermo e dei suoi protocolli è andata molto a rilento, il numero di ratifiche che sono necessarie per dare attenzione ai protocolli è ancora insufficiente. Mi dicono (avendo ricevuto la domanda, ho chiesto elementi per rispondere), e penso che sia vero, che nell'ultimo anno ci sono stati sforzi diplomatici che hanno raggiunto risultati significativi, dunque il negoziato, dopo anni di stallo, sta compiendo molti passi avanti.
  Si tratta adesso di un obiettivo tuttora non semplice, ma non più irrealistico. Questa è la formula diplomatica che mi è stata consegnata, che sono certo voglia dire che, essendo tutti consapevoli dell'importanza della Convenzione di Palermo e dei protocolli ad essa connessi, c'è stato un impulso della Farnesina a moltiplicare gli sforzi, che sta dando alcuni risultati.
  Per quanto riguarda la questione di Corleone che l'onorevole Lumia mi aveva anche sollevato con una lettera indirizzata a fine novembre, mi vorrei prendere del tempo per ragionare, nel senso che l'esigenza è molto chiara e sacrosanta, quella di dire, far sentire come ci siamo detti anche nel corso di questa riunione, facciamo pesare la presenza dello Stato anche con iniziative di tipo politico-sociale. Bisogna però pensare bene, l'iniziativa perché l'ultima cosa che serve, obiettivamente, è fare una passerella a Corleone.
  Prendo quindi lo spunto, però penso che dobbiamo ragionare insieme, per evitare di essere male interpretati.
  Per quanto riguarda il rapporto tra procure e servizi, ovviamente è un tema delicato, nel quale bisogna contemperare le esigenze dell'accertamento giudiziario con quelle della sicurezza della Repubblica. Nella riforma dei servizi del 2007 è stata introdotta una specifica disciplina del codice di procedura penale che regola, attraverso una serie di cautele, l'accesso della magistratura alla documentazione custodita presso gli archivi dell’intelligence. In generale, la collaborazione istituzionale tra intelligence e procure è buona, nel comune obiettivo di ricercare la verità anche rispetto alla stagione delle stragi e contrastare le nuove minacce del crimine organizzato.
  Per citare un esempio che non sia più vincolato dalla riservatezza delle indagini, si possono rammentare gli ordini di esibizione emessi dalle procure di Palermo e Caltanissetta nel novembre 2009 per i fatti del 1992, che portarono all'acquisizione di centinaia di atti estratti dagli archivi del DIS, dell'AISE e dell'AISI.
  Sintetizzando quello che ho appena detto, il tema va gestito con una certa cautela, perché stiamo mettendo sulla bilancia due esigenze molto importanti. L'esperienza che ho avuto in questo anno di responsabilità diretta anche rispetto all’intelligence è che mi sembra che la collaborazione con la magistratura sia eccellente.
  Per quanto riguarda la questione degli scioglimenti sollevata dall'onorevole Bruno Bossio e dall'onorevole Nuti, sulla richiesta dell'onorevole Nuti mi riservo di farvi avere degli elementi, perché non sono in grado di dare risposte all'altezza della funzione che svolgo. Non posso esprimere un'opinione troppo vaga sul tema, quindi chiederò anche al direttore di farsi tramite di una risposta.
  Per quanto riguarda invece il tema degli scioglimenti, credo che in generale (in questo forse la mia opinione non coincide del tutto con quella dell'onorevole che poneva la domanda) il procedimento previsto dall'articolo 143 del Testo Unico degli Enti locali fornisca delle garanzie idonee. Pag. 12
  È chiaro che c'è un problema che mi è stato segnalato e che riporto, cioè che questa misura era stata pensata 30 anni fa e rivolta ai comuni di piccole dimensioni. Sappiamo invece che ci troviamo di fronte alla costante crescita delle dimensioni di realtà amministrative sciolte per mafia, da Ostia a Battipaglia, da Augusta a Giugliano, a Reggio Calabria che è stato il primo caso di comune capoluogo sciolto per mafia nel 2012.
  È emersa quindi – mi dicono – anche nel corso della recente riunione degli Stati Generali, la necessità di potenziare l'efficacia dell'azione commissariale e di individuare modalità ancora più efficaci per un effettivo sostegno e monitoraggio dell'attività dell'amministrazione, funzionale al ripristino della legalità. In sostanza, se viene sciolta una realtà amministrativa di dimensioni molto rilevanti, probabilmente il semplice meccanismo che attualmente è previsto, che comunque è giuridicamente idoneo, può essere rafforzato.
  Mi riservo, onorevole Bruno Bossio, di fornire elementi invece più precisi sul tema dei tempi di risposta delle prefetture con riferimento ai certificati antimafia ad al caso specifico relativo a Crotone e al CARA.

  PRESIDENTE. Qui abbiamo avuto il Ministro dell'interno sul tema Crotone e CARA, quindi ci abbiamo lavorato.

  PAOLO GENTILONI SILVERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Meglio di così! Comunque noi siamo in condizione di darvi, se ci sono, elementi ulteriori.
  Infine, per le questioni di diversa natura, poste innanzitutto dalla Presidente e poi dall'onorevole Attaguile, relative alle attività preventive e repressive per quanto riguarda le candidature, io farei due osservazioni distinte. La prima è che penso che ci siano attorno a questa questione giocatori diversi, che hanno tutto sommato ruoli abbastanza definiti, e che è bene che il Governo non interferisca troppo con il ruolo che possono avere la Commissione parlamentare antimafia, la magistratura o gli altri organi dello Stato.
  Per quanto riguarda le normative vigenti vale la norma di prudenza, che la stessa presidente Bindi, nel sollevare la questione, segnalava. Siamo in un contesto di conclusione dei lavori di questa legislatura, verificheremo naturalmente se ci sono condizioni per rispondere alle questioni che sono state poste, in particolare sulle autocertificazioni. Vi forniremo delle risposte, ma vi prego di essere tutti quanti consapevoli del contesto in cui operiamo.

  PRESIDENTE. Infatti noi ci limiteremo a farle pervenire e poi voi, se avete la possibilità, valuterete che cosa prendere in considerazione.

  PAOLO GENTILONI SILVERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, Presidente, e buon lavoro. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 20.40.