XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 203 di Martedì 9 maggio 2017

INDICE

Pubblicità dei lavori:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 

Audizione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania, Carmelo Zuccaro:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 
Zuccaro Carmelo , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania ... 4 
Bindi Rosy , Presidente ... 5 
Zuccaro Carmelo , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania ... 5 
Bindi Rosy , Presidente ... 8  ... 8 
Zuccaro Carmelo , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania ... 8 
Bindi Rosy , Presidente ... 8 
Zuccaro Carmelo  ... 8 
Bindi Rosy , Presidente ... 11 
Zuccaro Carmelo , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania ... 11 
Bindi Rosy , Presidente ... 11 
Zuccaro Carmelo , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania ... 11 
Bindi Rosy , Presidente ... 11  ... 11 
Zuccaro Carmelo , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania ... 11 
Bindi Rosy , Presidente ... 12 
Zuccaro Carmelo , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania ... 12 
Bindi Rosy , Presidente ... 12 
Dadone Fabiana (M5S)  ... 12 
Attaguile Angelo (LNA)  ... 12 
Zuccaro Carmelo , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania ... 12 
Attaguile Angelo (LNA)  ... 12 
Bindi Rosy , Presidente ... 12 
Fava Claudio (MDP)  ... 13 
Mirabelli Franco  ... 13 
Mattiello Davide (PD)  ... 13 
Piepoli Gaetano (DeS-CD)  ... 14 
Bindi Rosy , Presidente ... 14 
Piepoli Gaetano (DeS-CD)  ... 14 
D'Uva Francesco (M5S)  ... 14 
Lumia Giuseppe  ... 14 
Sarti Giulia (M5S)  ... 15 
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 16 
Bindi Rosy , Presidente ... 16 
Zuccaro Carmelo , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania ... 16 
Bindi Rosy , Presidente ... 18 
Zuccaro Carmelo , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania ... 18 
Fava Claudio (MDP)  ... 19 
Zuccaro Carmelo , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania ... 19 
Bindi Rosy , Presidente ... 19  ... 19

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
ROSY BINDI

  La seduta comincia alle 10.40.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania, Carmelo Zuccaro.

  PRESIDENTE. Cari colleghi, oggi è il 9 maggio e credo che insieme vogliamo ricordare il barbaro assassinio di Aldo Moro, che resta una delle pagine più tragiche e oscure della storia repubblicana. Il ricordo del sacrificio di Moro, che quest'anno cade a cento anni dalla sua nascita, unisce il Paese nella memoria di tutte le vittime del terrorismo politico.
  Quella stagione di cieca violenza non risparmiò nessuna categoria e segnò profondamente la coscienza degli italiani, che seppero respingere la sfida alla nostra democrazia senza cedere alla paura, ma facendo leva sui valori e i princìpi della Costituzione.
  Il 9 maggio del 1978, mentre l'Italia scopriva sgomenta la morte dello statista democristiano, a Cinisi la mafia ammazzava Peppino Impastato, inscenando un attentato suicida, cosa nostra metteva a tacere la voce scomoda di un giovane ribelle, che sbeffeggiava i capi e rompeva il muro dell'omertà che copriva i loro affari. Solo grazie alla tenacia della mamma e del fratello di Peppino è stato possibile dopo lunghissimi anni smascherare il tentativo di depistaggio e fare luce sulla verità.
  Peppino Impastato è un esempio di coraggio e di impegno per la buona politica e la democrazia, che ancora oggi come 38 anni fa sono le armi più potenti e temute dai poteri mafiosi.
  Vorrei anche dedicare questa seduta, nella quale audiremo il procuratore Zuccaro, a Stefano Fumarulo, che, come sapete, ci ha lasciato di recente. La sua morte improvvisa è stata una grave perdita per tutto il mondo dell'antimafia sociale, e non solo per la sua Puglia. In questi anni è stato un prezioso consulente della nostra Commissione, competente e appassionato, non ha mai fatto mancare il suo contributo, dimostrando sempre una grande capacità di interpretare le dinamiche criminali e individuare risposte efficaci per contrastare l'illegalità mafiosa.
  Anche nel suo ultimo, gravoso impegno come responsabile regionale per le politiche dell'immigrazione non si è mai risparmiato e ha fronteggiato con intelligenza e abnegazione la sfida del caporalato, lavorando per difendere la dignità delle persone immigrate e i diritti dei lavoratori. Lo scorso 11 aprile lo avevamo ascoltato in Commissione sul difficile percorso per il superamento del Gran ghetto tra San Severo e Rignano Garganico, lo abbiamo salutato nel Duomo di Bari il giovedì santo, quindi credo che sia giusto che tutta la Commissione, che è vicina con affetto e riconoscenza all'immenso dolore della famiglia e degli amici di Stefano, dedichi oggi una seduta dedicata Pag. 4anche al tema dell'immigrazione proprio a Stefano.
  Signor procuratore, grazie della sua presenza e della sua disponibilità. Il procuratore Zuccaro è procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania, noi l'abbiamo già audito come aggiunto del procuratore Salvi.
  L'audizione è dedicata ad un aggiornamento sulla situazione della criminalità organizzata nel distretto di Catania, con particolare riguardo alle tematiche di cui la Commissione si è già occupata in precedenti occasioni sia nella seduta plenaria, sia nei comitati, sia in missione. Ricordo tra queste le vicende del comune di Catania, la vicenda Ciancio, la società sportiva Calcio Catania, il mercato di Vittoria, e si aggiunge oggi il tema dello sfruttamento dei flussi migratori legali, ai quali sappiamo bene quanto impegno sta dedicando il procuratore Zuccaro, che peraltro in alcune delle sue dichiarazioni ha fatto esplicito riferimento a un coinvolgimento della mafia.
  La ringraziamo per la sua presenza e le cedo volentieri la parola, ricordandole che l'audizione si svolge in forma libera, ma che, ove necessario, potremo procedere in seduta segreta.

  CARMELO ZUCCARO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania. Sono io, presidente, che debbo ringraziare lei e i componenti della Commissione per avermi consentito di avere la possibilità di darvi un quadro aggiornato della situazione del distretto catanese nel contrasto alle organizzazioni mafiose.
  L'ultima audizione mi pare di ricordare che risalga al 2015, e da allora vari risultati sono stati ottenuti dalla nostra procura unitamente a tutti gli organi giudiziari catanesi, perché noi riteniamo (e lo stiamo dimostrando con i fatti) che il contrasto si possa fare e si possa vincere, ovviamente a determinate condizioni, la prima di tutte è quella di non sottovalutare quando è più debole il fenomeno che dobbiamo contrastare.
  La nostra direzione distrettuale continua, anche dopo il mio insediamento che è del giugno 2016, ad essere composta da dodici sostituti procuratori (ricordiamo che solo di recente l'organico della procura di Catania è stato aumentato di una unità ed è stato portato da 40 a 41), due procuratori aggiunti dei cinque che sono in organico nella procura distrettuale, e lo stesso procuratore che dirige la direzione distrettuale antimafia.
  La parola d'ordine che è stata data per quanto riguarda le indagini che vanno compiute in questo campo è «indagini serrate», che in pochi mesi debbano possibilmente essere concluse, per non consentire che i fenomeni illeciti gravissimi che noi monitoriamo attraverso servizi tecnici di intercettazione, di osservazione e dichiarazioni di collaboratori, si possano incancrenire e produrre ulteriori risultati nefasti.
  Altra conseguenza che vogliamo scongiurare attraverso queste indagini rapide e serrate è quella di avere tempi lunghi tra la conclusione delle indagini e la redazione dell'informativa, tempi lunghi poi tra la redazione dell'informativa e la richiesta di misure cautelari e tempi lunghi tra le richieste di misure cautelari e la risposta del GIP. Riteniamo che non ci possiamo permettere questi tempi lunghi, ma abbiamo constatato di fatto come, più si amplia il divario tra la chiusura delle indagini e l'informativa, più si ampliano tutti gli altri tempi, e la risposta a quel punto diventa inefficace.
  L'esigenza è una risposta rapida, che colga nel segno. Questa è la parola d'ordine e a questo stiamo ispirando le attività degli ultimi tempi della nostra procura distrettuale.
  Per quanto riguarda il quadro di carattere generale, iniziando dall'organizzazione criminale più insidiosa nel nostro territorio, cosa nostra, possiamo dire che delle tre famiglie storiche che tradizionalmente operano nel nostro distretto quella di Ramacca ormai può essere considerata un ramo secco, che non sta più producendo per fortuna alcuna manifestazione di illiceità. Ovviamente nei nostri territori il vuoto che si produce per effetto di una disarticolazione di un gruppo mafioso tende a essere colmato dall'espansione delle famiglie Pag. 5 limitrofe, e il territorio di Ramacca è diventato, insieme a quello di Palagonia che opera nell'ambito della stessa circoscrizione mafiosa, il terreno di conquista da parte della famiglia La Rocca di Caltagirone e, con risultati più efficaci, da parte della famiglia catanese di cosa nostra.
  Attualmente il gruppo fa capo a Fiammetta Alfonso e Olivia Febronio, che appartengono al gruppo di Palagonia, erano già stati interessati dall'indagine «Iblis», cui il mio predecessore aveva fatto riferimento, hanno cercato di assumere il controllo in quel territorio, ma sono stati di recente assicurati alla giustizia con l'operazione «Kronos», che nell'aprile del 2016 ha condotto all'arresto dei reggenti non solo della famiglia catanese di cosa nostra, ma anche di quella calatina, che in quel territorio tentava di operare.
  Su questa operazione, se mi consente, vorrei soffermarmi. È un'operazione che ha visto l'esecuzione di misure cautelari il 20 aprile del 2016, ha colpito il reggente di cosa nostra catanese, Santapaola Francesco del 1979, che non è il figlio minore di Nitto Santapaola, bensì il figlio di Salvatore Santapaola, cugino di Benedetto Santapaola.
  Santapaola Francesco era la guida operativa del sodalizio dal 2012 e si avvaleva della collaborazione di Angelo Marcello Magrì e di Vacante Roberto, un genero del defunto Santapaola Salvatore, questo fratello maggiore di Benedetto ed ex capo della commissione provinciale di cosa nostra a Catania.
  È stato tratto in arresto anche Amantea Francesco, che reggeva insieme a Santapaola Francesco quella famiglia. Era una reggenza che accanto a Santapaola Francesco vedeva la presenza delle persone che vi ho nominato, perché la famiglia La Rocca del Calatino non sopportava e non riconosceva la reggenza di Santapaola Francesco, quindi aveva preteso che nei rapporti con la famiglia La Rocca, rapporti che sono stati sempre caratterizzati da fasi alterne con la famiglia catanese, vi fossero affiancati al Santapaola Francesco anche altri personaggi mafiosi.
  La disarticolazione di questo gruppo, che ha condotto anche all'arresto di Seminara Salvatore, vecchio boss del Calatino, che aveva sostituito nella reggenza del clan La Rocca e La Rocca Francesco, fondatore di questa famiglia che da tempo è assicurato alla giustizia, ha colpito soltanto l'ala militare della famiglia catanese di cosa nostra, ovviamente un'ala militare particolarmente pericolosa ed operativa.
  È nostra ferma convinzione che gli affari più grossi, quelli che comportano maggiori flussi di denaro e soprattutto rapporti inconfessabili, li mantengono non i capi militari, ma gli appartenenti alla famiglia di sangue di Santapaola Ercolano. In particolare, se mi consentite di passare in secretazione...

  PRESIDENTE. Propongo di passare in seduta segreta.

(Così rimane stabilito. I lavori procedono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).

  CARMELO ZUCCARO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania. La struttura operativa del clan Santapaola Ercolano a Catania città continua ad articolarsi in squadre, che sono attualmente undici e operano in tutti i quartieri storici di Catania. Per quanto riguarda invece la provincia di Catania, si articola in gruppi (non si chiamano quindi squadre) e ve ne sono nove operanti nella provincia di Catania.
  Il settore più redditizio tra quelli illeciti a cui è dedito questo gruppo, la famiglia catanese di cosa nostra, è naturalmente il settore del traffico degli stupefacenti, su cui mi debbo soffermare anche per gli effetti e gli impatti sociali che i proventi di questo traffico esercitano nella città di Catania.
  Le piazze di spaccio più importanti a Catania sono state controllate negli ultimi tempi dalla famiglia Nizza. La famiglia Nizza è composta da vari fratelli, alcuni dei quali uomini d'onore di cosa nostra. Tra questi ricordiamo, quali autori di Pag. 6omicidi per i quali stanno subendo dei processi e alcuni hanno già riportato condanne definitive all'ergastolo, Daniele Nizza e Andrea Nizza.
  Posso dire con soddisfazione che Andrea Nizza è stato assicurato alla giustizia nel gennaio del 2017, dopo una latitanza che si protraeva da oltre due anni, cioè dal dicembre del 2014, era inserito nell'elenco dei latitanti più pericolosi del Ministero dell'interno.
  Nizza Daniele e Nizza Fabrizio, che da qualche tempo collabora, come è noto, con l'autorità giudiziaria, erano stati nominati uomini d'onore nel giugno del 2008 e gestivano il vero e proprio tesoro proveniente da attività illecite della famiglia catanese di cosa nostra, quindi intervenivano per finanziare le attività della famiglia e intervenivano per acquisire le armi, che servivano per il contrasto con gli altri gruppi, in cui la famiglia catanese di cosa nostra è impegnata.
  Grazie alle dichiarazioni di Fabrizio Nizza e di alcuni appartenenti al suo gruppo, la procura di Catania, coadiuvata brillantemente dalle forze di polizia (in questo caso parliamo dei Carabinieri del Nucleo investigativo del comando provinciale di Catania), ha disarticolato e reso inoperative le piazze di spaccio più importanti, che erano quella sita nel quartiere di Librino (nel luglio del 2016 con l'operazione «Cartago» sono state assicurate alla giustizia 35 persone che rispondono sia del delitto associativo, sia del delitto di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti; per avere un'idea di cosa stiamo parlando, nel quartiere di Librino il traffico di droga in mano al gruppo Nizza assicura proventi giornalieri di circa 80.000 euro), mentre nell'ottobre del 2016 un'altra operazione ha interessato 29 persone sempre del gruppo Nizza, tratte in arresto in relazione alla gestione della piazza di spaccio del quartiere San Cristoforo di Catania. Anche qui i proventi giornalieri vanno quantificati in alcune decine di migliaia di euro.
  Voglio sottolineare che, nel corso delle indagini compiute nei confronti di questo gruppo tra il dicembre del 2016 e i primi mesi del 2017, sono stati sequestrati più di 2 mila chili di marijuana provenienti dall'Albania, e parlo soltanto di quelli controllati dalla famiglia catanese di cosa nostra. Altri traffici ovviamente hanno interessato gli altri gruppi mafiosi che a Catania operano.
  Sempre per parlare degli ingenti quantitativi di droga che sono stati sequestrati ad opera delle indagini della procura di Catania, va ricordata, anche se non riconducibile a famiglie mafiose operanti a Catania, l'operazione che nel marzo del 2017 ha consentito a questa DDA, avvalendosi dei finanzieri del comando provinciale di Catania, di procedere al sequestro di ben 110 chili di cocaina purissima del valore stimato di circa 14 milioni di euro, che proveniva dal Sud America e veniva trasportata dalla motonave Bruxelles presso il porto di Salerno. Questi 110 chili di cocaina erano custoditi in borsoni, nascosti in un container carico di banane.
  Qui abbiamo potuto fermare tre soggetti, ma abbiamo contezza di un sodalizio criminoso, che si occupa dell'importazione di cocaina sulla rotta Sudamerica-Italia e che poi distribuisce la droga tra soggetti che operano in Sicilia, Campania, Lazio, Sardegna e, per quanto riguarda gli altri Paesi, la Spagna, la Colombia e l'Ecuador.
  Vi dicevo che il traffico della droga esercita un impatto nefasto sul nostro tessuto economico, perché i cospicui profitti che derivano da questi traffici criminali vengono spesso reinvestiti dall'organizzazione di cosa nostra in attività economiche apparentemente lecite, ma gestite con il metodo mafioso. Se tenete conto che nella città di Catania, come in varie città del sud, la crisi economica attanaglia le imprese e spesso le costringe a ricorrere all'indebitamento, vi rendete conto dell'illecita concorrenza che queste imprese invece colluse con la mafia e foraggiate dalla mafia esercitano sul nostro territorio, spazzando via... e noi assistiamo ad un venir meno di varie imprese che tradizionalmente a Catania operavano da tempo proprio sotto la concorrenza Pag. 7 insana della imprenditoria che ha deciso di venire a patti con la mafia.
  I settori economici in cui abbiamo potuto registrare un'infiltrazione veramente profonda della mafia di cosa nostra sono quelli caratterizzati nella nostra città e nel nostro distretto da bassa tecnologia, da ampio ricorso alla manodopera che spesso viene mal retribuita e non è coperta da assicurazioni previdenziali, né dal pagamento di contributi regolari, settori in cui vi è disponibilità di ingente liquidità perché gli utenti di questa imprenditoria pagano in contanti, e la possibilità di concorrere ai pubblici appalti.
  Si tratta quindi (rispondono a queste caratteristiche che abbiamo delineato) del settore edilizio delle costruzioni, che in Catania è stato sempre particolarmente importante, di quello del commercio all'ingrosso e del dettaglio, di quello agroalimentare, che tradizionalmente è stato spesso controllato dalle organizzazioni mafiose, del trasporto su gomma, altro settore nel quale tradizionalmente opera la famiglia catanese di cosa nostra, del settore della ristorazione, di quello delle scommesse clandestine e di quello (una novità di questi ultimi anni ma ormai non ne costituisce più un fattore di cui non si sia effettuato un attento monitoraggio) del trattamento dei rifiuti dalla raccolta al trasporto, e anche della gestione delle discariche.
  Proprio in questi giorni ho avuto occasione di riferire alla Commissione parlamentare che si occupa della gestione dei rifiuti di alcune infiltrazioni mafiose che si sono registrate in questo settore, provocate e agevolate dal fatto che ancora nella regione siciliana opera una situazione di emergenza rifiuti, perché non è stata effettuata la scelta che la stessa Commissione parlamentare in una fondamentale relazione del luglio del 2016 ha ritenuto essere necessaria, quella cioè del ricorso sempre più abbondante alla raccolta differenziata e della creazione di impianti che possano riciclare validamente i rifiuti.
  Un'altra tendenza che dura da tempo di queste cosche mafiose è quella a intrecciare perversi connubi con personaggi, amministratori locali, persone che operano nel campo politico. Ovviamente anche qui si tratta di fenomeni che devono essere con grande efficacia repressi, e l'operazione «Iblis» di cui siete a conoscenza ha costituito uno dei momenti più alti del contrasto a questo connubio tra cosca mafiosa cosa nostra (e non solo) e personaggi investiti di responsabilità nel settore della gestione della pubblica amministrazione.
  Per quanto riguarda un altro fenomeno che mi pare importante mettere in luce, un'indagine condotta di recente dalla nostra procura interessa la cosiddetta «mafia dei Nebrodi». Nell'ambito di questo settore che interessa anche il territorio catanese, perché i comuni di Bronte, di Cesarò e di Maniace rientrano nel nostro territorio e comunque anche nel comprensorio del Parco dei Nebrodi, ha consentito l'arresto nel febbraio del 2017 di nove persone.
  Questa indagine trae le mosse dall'attentato che si è verificato il 18 maggio del 2016 in località San Fratello di Messina ai danni del presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci. Antoci, come è noto, nel marzo del 2015 aveva stipulato un protocollo di legalità, che prevedeva che tra i requisiti delle aziende che dovevano partecipare ai bandi relativi all'affidamento dei terreni pubblici vi fosse il possesso della certificazione antimafia. Questo ovviamente ha reso più difficile, meno praticabile il concorso alla partecipazione a questi bandi dei terreni pubblici alle organizzazioni mafiose direttamente o indirettamente...
  Per eludere tali prescrizioni, come abbiamo accertato con l'indagine del febbraio del 2017, l'attenzione delle aziende agricole colluse con la mafia si è rivolta all'accaparramento dei terreni, quindi i proprietari di questi terreni o coloro che erano titolari di contratti preliminari di compravendita sono diventati vittime di forti intimidazioni, di vessazioni, che hanno gravemente intimidito questi soggetti per Pag. 8costringerli a cedere il controllo di questi terreni a imprese invece direttamente o indirettamente controllate dalla mafia. Anche qui abbiamo registrato una fortissima tendenza all'omertà da parte dei titolari di queste imprese.
  Ritengo che questo sia uno dei settori che merita maggiore attenzione da parte del nostro ufficio e credo anche da parte vostra.
  La scorsa settimana la nostra procura ha portato a termine una indagine con l'esecuzione di ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di 15 soggetti che facevano capo a una vecchia conoscenza dell'autorità giudiziaria catanese, Navarria Carmelo Aldo, uno storico esponente prima del clan del Malpassotu, completamente debellato da diversi anni, e poi inserito come articolazione della famiglia catanese di cosa nostra.
  Navarria Carmelo aveva riportato una condanna all'ergastolo, poi commutata in trenta anni di reclusione, dopo avere scontato ventisei anni e mezzo di carcere è tornato libero nel giugno del 2014, ma evidentemente quegli anni non erano stati sufficienti a fargli cambiare la propensione al crimine e si è reso autore, nel tempo in cui è stato necessario per noi acquisire gli elementi di prova, di varie estorsioni, di rapine e soprattutto di un efferato omicidio ai danni di un imprenditore, Caponnetto, che aveva avuto il coraggio di resistere alle sue richieste di consentirgli l'accesso ad alcuni dipendenti presso la sua azienda. Il povero Caponnetto è stato sequestrato, torturato e poi ucciso.
  Per questi episodi avevamo già avanzato delle richieste e l'autorità giudiziaria ha emesso delle misure cautelari, con l'operazione della settimana scorsa abbiamo completato il quadro e definitivamente smantellato questo clan malavitoso. Se mi consentite, vorrei passare in seduta segreta.

  PRESIDENTE. Propongo di passare in seduta segreta.

(Così rimane stabilito. I lavori procedono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).

  PRESIDENTE. A noi risulta che lei abbia un'audizione in Commissione migranti alle 12 e, siccome vedo che ha una relazione scritta molto ampia, gli argomenti da trattare sono molti, poi ci sono le domande dei commissari e le confesso che, sebbene gli altri temi non ci interessino meno, il coinvolgimento della mafia nel tema migratorio è per noi di particolare attualità, posso pregarla di fare un'esposizione sintetica sui vari punti, rimandando al testo scritto, in maniera tale da toccare tutti gli argomenti?

  CARMELO ZUCCARO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania. Senz'altro.

  PRESIDENTE. Mi scusi, è anche per rispettare gli orari dell'altra Commissione e poi le domande dei commissari.

  CARMELO ZUCCARO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania. Procederò soltanto per titoli. Un altro titolo che ritengo interessante è quello relativo al clan Mazzei, storico alleato di cosa nostra, che si sta espandendo anche nel territorio di Siracusa e Ragusa e anch'esso sta incominciando a esercitare la sua pressione sui settori commerciali, cercando di ingerirsi in questi settori.
  Un altro titolo è rappresentato dall'altro clan che si contrappone fortemente a quello di cosa nostra, il clan Cappello. Anche questo clan si sta espandendo non solo nella provincia catanese, ma anche nella provincia siracusana, approfittando della situazione di debolezza in cui versano i clan che operano in quella provincia, nella provincia aretusea.
  L'operazione più importante nei confronti del clan Cappello è stata posta in essere nel gennaio del 2017 con l'arresto di trentuno soggetti, tutti i vertici del clan Cappello che erano ancora in stato di libertà, e dobbiamo registrare con dispiacere come lo stesso Cappello Salvatore, nonostante il regime del 41-bis, sia stato ritenuto dal giudice essere ancora in condizioni di dettare ordini tramite la moglie o meglio la convivente, che è stata assicurata Pag. 9 alla giustizia, Campagna Maria Rosaria, storica convivente del Cappello. Anche il clan Cappello controlla delle piazze di spaccio.
  Una figura estremamente inquietante di imprenditore in questo campo è quella di Guglielmino Giuseppe, che opera nel settore della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti attraverso varie società, che hanno ottenuto vari appalti nelle province di Catania, Siracusa e Ragusa, quindi stiamo entrando sempre in quel campo.
  Con l'operazione di cui vi ho parlato abbiamo sequestrato queste aziende, che quindi adesso sono sotto il controllo dell'amministrazione giudiziaria.
  Il clan Laudani è un altro clan operativo nella nostra provincia. Nel mese di febbraio di quest'anno abbiamo assicurato alla giustizia 109 appartenenti al clan Laudani con l'operazione «Vicerè». Segnalo un'altra indagine che ha interessato questo clan, quella denominata «Potere mafioso», con cui abbiamo potuto accertare che si costituivano aziende fantasma giusto per il tempo di assicurare a fittizi lavoratori i contributi agricoli, e un appartenente al clan Laudani gestiva la raccolta delle indennità che venivano versate grazie alla collusione con un funzionario dell'INPS che li informava di quando venivano erogati questi contributi, e attraverso questo si assicuravano circa la metà dei proventi.
  La provincia di Ragusa in questo momento è meno operativa, il settore prevalente è quello del traffico di droga. Nel settore della provincia di Ragusa vi sono fenomeni particolarmente inquietanti che vedono operativo un gruppo riferibile a cosa nostra operante nella zona di Comiso e un altro gruppo riferibile invece alla Stidda operante nella zona di Vittoria. A Vittoria alcuni settori sono profondamente infiltrati dalle organizzazioni mafiose, dal mercato ortofrutticolo ai trasporti, al trattamento del materiale plastico dismesso dalle serre, situazione che sta producendo gravissimi danni al territorio e alle falde acquifere, alla produzione di imballaggio di prodotti ortofrutticoli.
  Qui abbiamo il ritorno di un vecchio esponente dei clan mafiosi della Stidda, Carbonaro Claudio, che sta cercando di riassumere il controllo di questi settori. Procedo per titoli ed eventualmente mi riservo a domanda di dare ulteriori risposte su questi aspetti.
  Il settore dell'autotrasporto soprattutto nell'ambito del mercato agricolo vede pesanti infiltrazioni. Oggi nel mercato ortofrutticolo di Vittoria, che è secondo in Italia per grandezza, il carico e lo scarico delle merci avviene attraverso il controllo monopolistico di alcune organizzazioni mafiose riconducibili alla Stidda. Anche qui abbiamo operato dei sequestri.
  Si registra inquietudine anche per l'operatività nella zona di Vittoria della famiglia Ventura, alcuni di questi membri sono stati di recente assicurati alla giustizia, in particolare Ventura Giambattista di recente è stato condannato alla pena di un anno e otto mesi di reclusione per il reato di tentata violenza privata nei confronti di un giornalista, Borrometi. Noi avevamo contestato il reato di violenza privata consumata, ma è stato ritenuto quello di tentata violenza con esclusione dell'aggravante di cui all'articolo 7, che noi abbiamo contestato. Ci riserviamo di conoscere le motivazioni della sentenza, per valutare l'opportunità di proporre appello.
  Nelle altre zone della provincia, dopo la disarticolazione del clan Mormino che opera nel territorio di Scicli, registriamo una situazione abbastanza tranquillizzante.
  Un fenomeno che vi segnalo per la sua particolare incidenza a Catania e che è strettamente connesso con l'immigrazione clandestina è il fenomeno della tratta. La tratta di donne e in particolare di minori provenienti soprattutto dalle regioni subsahariane ha interessato il nostro ufficio di procura, che nell'ultimo triennio è l'ufficio in Italia che conta il maggior numero di procedimenti per questo delitto di tratta e il maggior numero di persone che sono state tratte in arresto.
  In particolare, desidero ricordare che nel solo 2016 abbiamo tratto in arresto Pag. 10trenta soggetti per questo odioso crimine, in particolare nell'ottobre del 2016 sono state arrestate dodici persone responsabili a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata alla tratta di persone.
  Le caratteristiche di questo fenomeno della tratta sono le seguenti. Vi è un'organizzazione che opera tra la Libia, il Ghana e la Nigeria, queste organizzazioni si occupano del trasferimento delle minori dalla Nigeria sino alla Libia, questi trasferimenti avvengono o per iniziativa dello stesso gruppo criminale ovvero su richiesta di committenti che operano in Italia, che però sono sempre di nazionalità straniera, in particolare nigeriana, che richiedono nuovi reclutamenti.
  Questi minori vengono accompagnati da soggetti chiamati in gergo loro trolley, i quali li fanno viaggiare attraverso il continente da Benin City, Kanu, Agades, Sabratha, Tripoli fino alla città in cui avviene l'imbarco, e durante il viaggio sono sottoposti ad angherie e vessazioni veramente efferate.
  Quando giungono nelle connection house subiscono violenze sessuali, le più renitenti vengono umiliate attraverso le percosse, viene loro rasato il capo, vengono sottoposte a riti esoterici con lo yuyu, equivalente del voodoo, più noto in altri Paesi del mondo, per piegare la loro volontà, tanto che alcune delle committenti in Italia a volte si lamentavano del fatto che le minori di cui era stato richiesto l'arrivo fossero giunte maltrattate, e poi arrivate in Italia vengono immesse in questo circuito illegale da madame che spesso hanno iniziato anche loro come donne dedite alla prostituzione e poi, dopo avere riscattato le spese del viaggio, hanno potuto diventare a loro volta negriere e sfruttatrici di nuove vittime.
  Tra i fenomeni più inquietanti di collusione tra mafia e settori della società civile devo registrare quanto è emerso dall'operazione «Diaverum». Qui abbiamo il tentativo di monopolizzare in Sicilia il settore dell'emodialisi. Lo cito con una particolare enfasi, in quanto tra le persone che abbiamo arrestato nel corso di quella operazione vi è il procuratore speciale della Diaverum in Sicilia, Francesco Messina Denaro, che è cugino alla lontana di Matteo Messina Denaro, in quanto i loro nonni erano fratelli, quindi hanno un bisnonno in comune.
  Abbiamo registrato che non solo vi era la compiacenza di funzionari pubblici, i quali dirottavano dalle strutture pubbliche alle strutture private le persone bisognose del trattamento di emodialisi, ma anche che due società in particolare, la Diaverum Italia e Le Ciminiere Srl stavano acquisendo il monopolio di questo trattamento in Sicilia, perché si stavano impadronendo delle altre ditte che operavano nel settore. Abbiamo potuto procedere al sequestro di queste aziende e le indagini, dopo questo momento di ostensione probatoria, stanno proseguendo.
  Abbiamo registrato l'episodio di un soggetto, Maurizio Galletta, uno storico esponente di cosa nostra il quale, condannato all'ergastolo, da anni è riuscito a non scontare il carcere grazie a dei certificati medici falsi, che attestavano una paraplegia e una broncopatia talmente grave da essere incompatibile con il carcere, salvo che poi lo abbiamo filmato mentre si muoveva normalmente comodamente all'interno delle zone in cui si sentiva tranquillo.
  Questo Maurizio Galletta è cugino di Zucchero Maurizio, esponente di spicco del clan Santapaola Ercolano, e non solo così è riuscito ad evitare il carcere, ma percepiva anche un'indennità INPS.
  Un ultimo fenomeno di cui vorrei parlarvi è quello del dilagare dell'usura da strada. L'usura da strada è un fenomeno per cui adesso, a causa della crisi economica che ha caratterizzato ormai da troppi anni la nostra Sicilia e il nostro distretto, vi sono molte persone che non svolgono attività imprenditoriale, hanno uno stipendio fisso, spesso non riescono ad arrivare a fine mese, ricorrono quindi ai prestiti usurari che sono controllati da clan mafiosi.
  Con un'operazione effettuata di recente abbiamo arrestato soggetti appartenenti al clan Bonaccorsi, cosiddetti Caratelli, organico al clan Cappello, i quali con Pag. 11brutalità e spietatezza esigevano il pagamento di interessi usurari da queste vittime, povere persone che percepivano soltanto compensi fissi mensili e che tuttavia, assoggettate all'intimidazione, non hanno ammesso l'esistenza di queste attività usurarie.
  Questo è il quadro generale della situazione. Lei mi accennava ad alcune inchieste, in particolare quella che emergeva dalla relazione della commissione regionale antimafia in relazione ad alcuni personaggi vicini al mondo dell'amministrazione pubblica catanese. Se vuole ne parlo direttamente o altrimenti aspetto le domande sul punto.

  PRESIDENTE. Se vuole esporre prima la vicenda immigrazione...

  CARMELO ZUCCARO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania. Quello che ho affermato nel corso della mia audizione alla Commissione difesa è stato che ovviamente la massa di denaro finalizzata a questo settore, quello dell'accoglienza, è estremamente ampia per non fagocitare e attirare gli interessi delle organizzazioni mafiose.
  Ritengo che sia importante dire una cosa: è sbagliato ritenere che la mafia operi dovunque, che la mafia sia dappertutto e che quindi, se qualcosa viene in Sicilia, non possa che essere controllato dalla mafia. Così facendo noi commettiamo non solo un errore di prospettiva, ma anche un grave errore di sopravvalutazione del fenomeno mafioso, che è un fenomeno importante, come dicevo prima, che va contrastato con la massima efficacia fino al momento in cui dovrà essere interamente debellato, e nei confronti di questo fenomeno è sbagliato giocare in difesa, bisogna giocare in attacco anche quando sembra essere in crisi.
  Tuttavia debbo dire che noi rischiamo di aumentare l'aura di onnipotenza che circola nelle organizzazioni mafiose se riteniamo che esse siano presenti dovunque e operino comunque, quindi se io ho affermato che in questo campo gli appetiti mafiosi vi sono comunque, l'ho fatto sulla base di alcune risultanze investigative e, se mi consentite la secretazione...

  PRESIDENTE. Propongo di passare in seduta segreta.

(Così rimane stabilito. I lavori procedono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).

  CARMELO ZUCCARO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania. L'obiettivo dell'indagine della procura di Catania non sono mai state le ONG come ONG, il nostro obiettivo sono i trafficanti, e sono alcune delle più recenti modalità del traffico che abbiamo registrato a Catania che stanno obiettivamente favorendo alcune ONG, su cui quindi dobbiamo svolgere alcuni tipi di indagine, ma – ripeto – il nostro obiettivo vero sono i trafficanti.
  A Catania sabato scorso, il 5, è successo un fatto molto grave: sono arrivate 494 persone e una salma di un giovane che è stato ucciso poco prima di essere tratto in salvo, mentre ancora era nel barcone dei migranti, da un trafficante che, essendosi accorto della presenza di un aereo, ha invitato tutti gli occupanti del barcone a togliersi il cappello, questo ordine non è stato prontamente recepito da questo giovane, su cui questo trafficante ha sparato a freddo, uccidendolo.
  Mi consenta di andare in secretazione.

  PRESIDENTE. Propongo di passare in seduta segreta.

(Così rimane stabilito. I lavori procedono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).

  PRESIDENTE. Con gli strumenti, ai quali lei ha accennato più volte, che sarebbero necessari per le vostre indagini a cosa faceva riferimento?

  CARMELO ZUCCARO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania. Io faccio riferimento al fatto che, se anziché una nave privata in quel momento vi fosse stata, grazie alla presenza più Pag. 12avanzata di unità della nostra Polizia giudiziaria, unità attrezzate per intervenire, a quest'ora avremmo già assicurato alla giustizia quei trafficanti che hanno ucciso quella persona, queste persone non sarebbero tornate impunemente in Libia, le avremmo già nelle nostre galere. Mi riferisco a questo, a un'azione più incisiva nei confronti dei trafficanti, che si stanno rendendo veramente autori di violenze inaudite e del tutto gratuite, come lo è stata quella nei confronti di quel giovane ucciso.

  PRESIDENTE. Io ho iscritti i colleghi Dadone, coordinatrice del Comitato della tratta, Attaguile, Fava, Mirabelli, D'Uva, Mattiello, Lumia, Piepoli, Sarti e Bruno Bossio. Se il procuratore ce lo consente, noi potremmo fare prima tutte le domande (vi pregherei di essere sintetici, le considerazioni le facciamo successivamente) e poi il procuratore sarà così gentile da darci le risposte.

  CARMELO ZUCCARO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania. Lo ritengo ovviamente doveroso, ma, se vi posso chiedere un aiuto perché ovviamente sono abituato a prendere degli appunti ma non sono certo di poter rispondere a tutte le domande, perché mentre sento le domande devo anche consultare degli atti, quindi potrei distrarmi, ma vorrei rispondere a tutti, quindi mi potete aiutare in questo caso?

  PRESIDENTE. La aiutiamo sicuramente sia io che la segreteria.

  FABIANA DADONE. Grazie, presidente. Molto velocemente, delle domande che ci servono per il Comitato della tratta. Se ci può illustrare qualcosa in merito ai flussi finanziari, visto che è la parte più complessa da ricostruire, rispetto anche al fatto che avete concluso moltissimi procedimenti in merito. Se esistono dei rapporti (i pareri in Comitato sono stati discordanti) tra le mafie «nostrane» e quelle straniere in merito alla tratta di persone, quindi a come vengono gestite e smistate sul territorio, se le nostre mafie ricevano una sorta di (mi passi il termine) «pizzo» rispetto alle persone che esercitano questo tipo di lavoro sui territori.
  Cosa intendeva rispetto alle dichiarazioni rilasciate quando ha parlato di «ONG finanziate dai trafficanti» e ci sono dei consigli per migliorare la legislazione italiana in tema di lotta alla tratta? So che è molto complessa da ricostruire anche a livello giudiziario, quindi se emergessero dei profili positivi sarebbe ottimo. Grazie.

  ANGELO ATTAGUILE. Sarò brevissimo, erano tante le domande da fare al procuratore, ma vorrei concentrarle in alcuni punti, sicuramente altri colleghi li centreranno e li chiederanno. Innanzitutto ringrazio il procuratore perché Catania ha un'attenzione enorme e con alta professionalità nella magistratura (lo dico non soltanto io, ma tutta Catania), e questo mi serve perché ci sono degli elementi molto importanti.
  Come lei evidenziava, signor procuratore, specialmente la zona del Calatino è da attenzionare, perché Santapaola è stato arrestato a Mazzarrone nel Calatino (Palagonia, Grammichele e Caltagirone). Vorrei sapere quindi se al CARA di Mineo la mafia sia interessata a questa tratta di immigrati. Non ci dimentichiamo infatti che il 10 ottobre ci saranno i processi di tanti amministratori, tra i quali un sottosegretario di Stato anche lui sotto processo, persona vicina ad Alfano. Mi pare che le indagini siano state fatte dal ROS dei Carabinieri...

  CARMELO ZUCCARO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania. È così.

  ANGELO ATTAGUILE. Ma c'è qualche incompatibilità per cui non sono state fatte proprio dal Ministero dell'interno? Vorrei segretare la prossima domanda.

  PRESIDENTE. Propongo di passare in seduta segreta.

(Così rimane stabilito. I lavori procedono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).

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  CLAUDIO FAVA. Quattro domande molto rapide. Per tre omicidi da nove anni agli arresti domiciliari, medici compiacenti gli hanno permesso tutto questo (non un medico, ma medici compiacenti). Vorrei sapere cosa la procura ha disposto a carico di questi medici, se ci può fornire in segreta anche i nomi e se ci può soprattutto dire se sono attualmente in servizio o meno, e dove lavoravano, se in strutture pubbliche o private.
  Seconda domanda. Nell'ultimo rapporto la DIA dice che la mafia tenta di condizionare l'operato della pubblica amministrazione, lei fa riferimento a un dossier della commissione antimafia regionale che questa Commissione nazionale ha acquisito ascoltando il sindaco e il prefetto di Catania più volte, due consiglieri imparentati con personaggi di spicco delle organizzazioni criminali, ma di tutto questo ci sfuggono le conseguenze sul piano politico, amministrativo e giudiziario.
  Mi piacerebbe sapere se la procura abbia approfondito questo passaggio, se, come riteneva il vecchio prefetto, ritenga che sia soltanto una casualità parentale o se ci siano elementi per ritenere, considerata la storia di queste famiglie e anche episodi successivi di intimidazione nei confronti di alcuni giornalisti catanesi, che ci sia qualcosa in più di una semplice coincidenza.
  Terza domanda sulla famiglia Ercolano, inchiesta Brotherhood, massoneria e famiglia Ercolano, si scopre che c'è un legame significativo, operativo tra una loggia massonica, il primo diacono della Federico II, e la famiglia Ercolano nella gestione di appalti, estorsioni. Episodio o si ritiene che ci sia un collante specifico e non casuale tra settori della massoneria e cosa nostra catanese?
  L'ultima domanda riguarda il signor Aldo Ercolano. Lei diceva che Salvatore Cappello, nonostante sia al 41-bis, comanda. Aldo Ercolano, il cugino giovane, è considerato il reggente di cosa nostra, Aldo Ercolano, il cugino meno giovane, è stato recentemente sottratto al regime carcerario del 41-bis, contro l'opinione (se non ricordo male) della DIA e anche della procura della Repubblica di Catania.
  Vorrei sapere che valutazione attualmente fa la procura della Repubblica del fatto che la persona considerata il capo di cosa nostra in sostituzione di Nitto Santapaola, cioè Aldo Ercolano, si trovi oggi in un regime carcerario normale, visto che in un regime carcerario speciale i capimafia continuano ad essere tali. Grazie.

  FRANCO MIRABELLI. Brevissimo, per capire meglio due cose, se la sensazione della procura, avendo un quadro molto più approfondito rispetto alla gestione del traffico di esseri umani e del trasporto dei migranti, è che sia una gestione con una regia unitaria oppure vi siano più organizzazioni criminali e ognuno faccia per sé, se queste organizzazioni straniere abbiano rapporti con le organizzazioni criminali italiane, in particolare la mafia.
  Credo che sia importante capire questo, anche rispetto alle indagini aperte dal procuratore rispetto a possibili «infiltrazioni» all'interno di qualche ONG (mi pare che questo sia quello che viene ipotizzato), quindi capire se esista una regia unitaria e quali siano i rapporti con le organizzazioni italiane è importante.
  All'inizio di quest'anno la procura di Milano ha compiuto una serie di arresti di trafficanti, che hanno disvelato un quadro molto violento della gestione non solo della tratta, ma di tutti i passaggi del trasporto di esseri umani sia in Libia, sia durante la traversata, come adesso ricordava.
  Vorrei capire se le procure stiano lavorando insieme su queste inchieste, su chi è già stato preso e quindi può dare un contributo per capire meglio cosa succede.

  DAVIDE MATTIELLO. Lei ha detto molto bene che nella gestione dell'accoglienza la mafia c'è, ma non è tutto mafia e dire che sia tutto mafia è scorretto, però la mafia c'è e, se abbiamo imparato qualcosa, è che si distingue dalle altre organizzazioni criminali proprio per la Pag. 14sua capacità di occupare abusivamente lo spazio pubblico, il potere pubblico.
  In questo senso le chiedo di aggiornarci sull'inchiesta che riguarda il CARA di Mineo, di aggiornarci in particolare sulla posizione del sottosegretario Castiglione e di aggiornarci sui capi di imputazione, cioè sulla valutazione che la procura fa della condotta di questa persona in particolare (poi ci dica lei quello che ritiene opportuno).
  Visto che questa è anche l'occasione per capirci meglio e per offrirle la possibilità di chiarire meglio alcuni passaggi di quanto abbiamo letto o sentito rispetto alle ONG, alcune affermazioni sulla possibilità che alcune ONG fossero in contatto con i trafficanti mi hanno allarmato per la possibilità che non in quanto tali, ma da parte di altri fossero adoperate per delegittimare il ruolo delle ONG, un po’ come è avvenuto in passato con i collaboratori di giustizia.
  Anche i collaboratori di giustizia sono strumenti fondamentali e, mutatis mutandis, anche tra i collaboratori di giustizia c'è qualche farabutto, il rischio che abbiamo vissuto storicamente è che, a partire da qualche mela marcia, qualcuno abbia tentato di delegittimare l'intero sistema. Immagino che non sia questo il suo pensiero, infatti ho cercato di precisare non le sue parole, ma l'utilizzo delle sue parole da parte di chi. Grazie.

  GAETANO PIEPOLI. Volevo farle una domanda molto semplice. Sulla base della sua esperienza lei cosa si attende dal nostro punto di vista? Lei è in una sorta di giro non propagandistico della sua iniziativa e della sua competenza, quanto piuttosto...

  PRESIDENTE. Lo abbiamo invitato noi...

  GAETANO PIEPOLI. Mi pare assolutamente scontato e, se posso concludere il mio pensiero, chiarirò quello che volevo dire. Quanto piuttosto per porre anche domande e moral suasion rispetto a possibili nostri compiti, perché le sue competenze istituzionali sono assolutamente nelle mani della magistratura, invece c'è sicuramente un'attesa di cosa potremmo migliorare noi per creare, più che nuovi strumenti legislativi, forse un clima di consenso alla serietà del suo lavoro.

  FRANCESCO D'UVA. Ringrazio il procuratore Zuccaro per la sua presenza e anche per il lavoro che svolge, e pongo una domanda sul traffico di migranti che parte da Libia, Ghana, Nigeria. Mi chiedevo se il procuratore ritenesse che il business del traffico dei migranti in Italia sia assicurato dalla protezione garantita dalla milizia dei trafficanti al terminal petrolifero di Mellitah, che è gestito da una joint venture dell'ENI (oggi un articolo sul giornale affrontava la questione). Mi chiedevo se ci fosse qualche collegamento al riguardo. Grazie.

  GIUSEPPE LUMIA. Anche io ringrazio il procuratore Zuccaro soprattutto per la sistematicità con cui ci ha presentato l'aggressione alle varie famiglie mafiose nel territorio di sua competenza. Naturalmente in questi giorni, procuratore, il tema dei temi è quello degli immigrati, la questione che è stata sollevata e anche le parole che sono state (a torto o a ragione) usate e strumentalizzate.
  Lei ha fatto qui una distinzione sul fenomeno tra l'accoglienza, la tratta intesa come violenza e prostituzione, e poi il traffico di esseri umani nel canale del Mediterraneo. Sull'accoglienza le chiedo come il clan La Rocca, che nel Calatino è un clan potente, invasivo, storico, ben radicato abbia interagito con quella miniera di risorse che è il CARA di Mineo.
  Lei ci ha spiegato bene il percorso per quanto riguarda la tratta violenza/prostituzione, ci ha spiegato bene qual è il giro che dal Ghana e dalla Nigeria approda alla Libia, quindi ha delle informazioni frutto di un lavoro investigativo approfondito tale da presentarci questo circuito.
  Sarebbe interessante individuare quali difficoltà si incontrano quando si parla del terzo settore, quello del traffico di esseri umani, cioè una visione globale dei Pag. 15percorsi che fanno, dei lager presenti in Libia dove sono detenuti e schiavizzati, e poi dell'approdo, quindi del traffico, con parole finalmente chiare sulle ONG, perché per la mia cultura guai a chi le tocca, però penso anche che dobbiamo avere la lucidità di capire se all'interno ci siano dei farabutti.
  In questo modo potremo avere un quadro chiaro e completo e la Commissione antimafia potrà essere il luogo dove si chiarisce questa questione che è stata oggetto di tante discussioni nel Paese e anche a livello internazionale.
  Lei ci ha detto sul Parco dei Nebrodi che dopo l'attentato ad Antoci avete agito e ha chiuso dicendo che c'è materiale per voi procura e per noi, quindi vorrei chiederle di approfondire questo aspetto che è molto interessante. L'altra cosa su cui vorrei un approfondimento è la vicenda Vittoria, perché il vostro lavoro e anche le denunce di Paolo Borrometi fanno emergere da quel contesto un quadro preoccupante, il giro intorno al mercato fa paura, quindi anche questo è interessante per voi ma penso anche per la Commissione.
  L'ultima cosa di nostro interesse è la Diaverum, perché lì c'è traccia di Matteo Messina Denaro, attualmente latitante. Vorrei sapere se in questa indagine sia coinvolto anche un rappresentante delle forze dell'ordine oggi in pensione della Guardia di finanza, perché sarebbe interessante anche da questo punto di vista capire in questo grande affare il ruolo anche di uomini delle istituzioni.

  GIULIA SARTI. Cercherò di essere breve. Vorrei chiederle innanzitutto quanto conti secondo lei il controllo di gas e petrolio in Libia nella vicenda del traffico dei migranti, perché noi dobbiamo interrogarci sui legami tra le mafie nostrane e tutto quello che ne concerne, prima si parlava di gestione unitaria, ma io vorrei allargare il ragionamento, perché è indubbio che il guadagno non possa essere semplicemente per qualche trafficante o per qualche clan catanese o qualche mafia straniera, quindi è importante chiarire quali interessi siano in gioco.
  Riguardo a tante inchieste giornalistiche emerge chiaramente come purtroppo la Guardia costiera libica spesso non sia stata così solerte o interessata al contrasto serio, quindi abbiamo avuto delle inchieste giornalistiche che hanno dato conto delle difficoltà che ci sono anche in questo, vorrei capire da lei i rapporti con la Guardia costiera libica, se anche voi nelle vostre indagini abbiate incontrato questo tipo di fenomeno.
  Parlavamo prima dei tempi lunghi della giustizia, credo che il modo migliore per chiarire tutte le vicende legate alle dichiarazioni fatte nei confronti di alcune organizzazioni non governative (non certo di tutte) sia quello di consentire a voi di svolgere le vostre indagini nel minor tempo e nel miglior modo possibile.
  A questo proposito si è parlato dell'eventuale ampliamento dei poteri di indagine in mare e alcuni come Legnini hanno addirittura ipotizzato di dotare la Capitaneria di Porto di determinati poteri di polizia giudiziaria, noi abbiamo fatto un'altra proposta che attiene invece al fatto di dotare la Guardia costiera italiana e le navi già presenti in mare di ulteriori poteri propri della polizia giudiziaria per consentire di effettuare intercettazioni, dall'altra parte noi abbiamo ora questa riforma penale, che è già stata approvata al Senato e di cui oggi inizia l'esame in Commissione giustizia, che prevede (cito due cose fra le tante) di dare alle procure un termine di tre mesi dopo la conclusione delle indagini per rinviare a giudizio o archiviare, pensando così di risolvere il problema e accelerare i tempi, o stabilire tagli cospicui alle intercettazioni.
  Le chiederei quindi una valutazione anche in questo senso, per capire che vantaggi possano derivare da questa disposizione che lascia tre mesi di tempo dopo la conclusione delle indagini per chiedere il rinvio a giudizio o l'archiviazione, e sul budget delle intercettazioni, su cui sembra che si stia andando nella direzione contraria a quello che viene prospettato quotidianamente dagli auditi in questa Commissione (non è certo la Pag. 16prima persona che chiede ulteriori poteri in questo senso). Grazie.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Volevo ringraziare il procuratore anche perché abbiamo avuto l'opportunità di verificare che spesso la comunicazione complica le cose, invece di migliorarle, e credo che la frase importante che lei ha detto sia «il nostro obiettivo non sono le ONG, ma i trafficanti», quindi questo tema della tratta è il tema sul quale bisognerebbe concentrarsi dal punto di vista non solo giudiziario, ma anche della comunicazione.
  Esiste questa organizzazione tra Libia, Ghana e Nigeria, essendo un parlamentare calabrese conosco gli sbarchi di minori di Corigliano e di Reggio Calabria, conosco le ragazze che arrivano al porto di Corigliano, minorenni tutte violentate e molte incinte, quindi abbiamo una situazione veramente al limite dei livelli umanitari. Con quali strumenti la magistratura italiana e quella soprattutto dei posti di frontiera può intervenire su questo che è il punto di partenza, cioè l'organizzazione che porta dall'entroterra africano alle coste della Libia e poi in Italia?
  Che tipo di indagine si sta facendo sul fatto che, sia che si chiamino ONG o si chiamino in un altro modo, ci potrebbe essere qualcuno che in Italia viene avvisato dell'arrivo non per fatti umanitari, ma per altri elementi?
  Non si parla di cosa sia l'accoglienza oggi in Italia, ma magari ci poniamo il problema di come far finta di riportare in Africa quelli che hanno affrontato tutte queste peripezie, tutto il mare, mentre i soldi sono sul centro di accoglienza. Non so se ci sia un'autonoma organizzazione in Sicilia, però il CARA di Mineo era controllato dalla prefettura, cioè sono le prefetture che controllano anche i centri non solo della regione, ma per quanto riguarda la Calabria anche quelli dei comuni. Fino a che punto le prefetture controllano i soggetti a cui vengono affidati gli immigrati in questi centri di accoglienza?

  PRESIDENTE. Per rispetto dei nostri colleghi della Commissione migranti dovremmo interrompere qui i nostri lavori, però, considerando che c'è sempre un quarto d'ora accademico che può anche allargarsi a venti minuti, ci affidiamo alla sua capacità di sintesi.

  CARMELO ZUCCARO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania. Tenterò, anche se certo la sintesi in questi casi è fondamentale, ma rischia di provocare dei fraintendimenti, e mi muovo tra Scilla e Cariddi quindi da questo punto di vista. Vediamo di rispondere a tutte le domande, ma non so se riuscirò a farlo tenendo conto di questi tempi.
  Non ritengo che vi siano rapporti diretti tra i gruppi di criminalità organizzata che controllano il traffico dei migranti e le nostre mafie locali, non ritengo che vi siano. Le indagini non ci danno alcuna contezza di questo in questo momento storico, ricordo soltanto che alcuni anni fa, quando le modalità del traffico si svolgevano mediante le navi madri, che accompagnavano i migranti fino quasi a ridosso delle coste italiane e poi vi era bisogno di imbarcazioni più piccole per portare a riva i migranti, in una indagine abbiamo accertato che un componente dell'organizzazione mafiosa riconducibile a cosa nostra, che operava nel territorio di Giarre, ebbe a mettere a disposizione alcune sue piccole imbarcazioni per prendere questi soggetti e portarli sulle nostre coste siciliane.
  Si tratta della prima modalità del traffico, da allora le modalità del traffico sono profondamente cambiate, anche perché la procura di Catania per prima ha sequestrato una nave madre, affermando la giurisdizione italiana anche nelle acque internazionali, fatto che è stato poi riconosciuto dalla Corte di cassazione come corretto, e da allora da altre indagini non emerge più questo tipo di collegamento, quindi, dovendo parlare sulla base di ciò che emerge dalla mia attività di lavoro, debbo ritenere che questo legame oggi non ci sia o, se c'è, non è emerso.
  Per quanto riguarda il discorso delle ONG finanziate dai trafficanti, domanda che mi è stata rivolta, e le indicazioni che ho fornito ai giornali immediatamente a ridosso dell'audizione innanzi alla Commissione Pag. 17 preposta alla verifica degli accordi di Schengen e successivamente alla Commissione europea che si occupava delle libertà civili, ebbi a fare delle dichiarazioni, il cui testo è ormai disponibile in fonte ufficiale, in cui evidenziavo come, a fronte di alcune indicazioni che venivano da Frontex e dalla nostra Marina, che ci parlavano di travalicamenti delle linee di confine tra le acque internazionali e le acque libiche, e altre comunicazioni via internet o via radio tra alcune persone operanti su navi di alcune ONG e persone che si trovavano invece nella terraferma libica, vi fosse stato un motivo da parte della nostra procura di sospettare che vi potessero essere (qualunque fosse la finalità) dei contatti e dei rapporti tra queste organizzazioni.
  Ebbi allora a dire: «è necessario consentire a questo ufficio di fare delle indagini per dare corpo ai sospetti o definitivamente smentirli», perché di sospetti nascenti da queste circostanze che invece non costituiscono materia di sospetto, ma sono dati non utilizzabili processualmente poteva dedursi o una obiettiva collusione, al di là delle vere finalità tra come i trafficanti vogliono sviluppare e massimizzare il loro traffico e come alcune organizzazioni vogliono invece intendere il soccorso anche a costo di valicare alcuni limiti, o invece qualcosa di diverso.
  Per cercare di chiarire questa mia indicazione, che è stata fortemente equivocata dai mezzi di informazione, ho rilasciato alcune interviste, che – mi sono reso conto – non solo non hanno chiarito questo aspetto, ma lo hanno ulteriormente complicato.
  Ho ribadito sempre che soltanto un'ipotesi di lavoro mi consente di dire che qualche ONG possa essere finanziata dai trafficanti. Ipotesi di lavoro significa che la nostra procura chiede di poter chiarire questo argomento perché lo ritiene importante, ma importante per reprimere il traffico, per impedire obiettive situazioni di facilitazione di questo traffico, perché non c'è dubbio che i trafficanti stanno in qualche modo ricattando chi agisce per interventi umanitari, li stanno ricattando esponendo le persone a situazioni di esposizione al rischio che sono veramente incredibili.
  Per cercare (è quello che feci al Comitato Schengen) di ottenere l'aiuto di tutte le forze parlamentari per contrastare più efficacemente questo traffico, dissi che un'ipotesi di lavoro che andava fatta, ma mera ipotesi di lavoro, era quella che vi potesse essere persino un finanziamento, ma – ripeto – ipotesi di lavoro che, come dissi chiaramente anche allora, non ha nessun... ritengo di essere rimasto coerente, al di là dei tagli effettuati da alcuni organi di stampa o televisivi a parte delle mie dichiarazioni, mai ho detto che avevo un solo elemento probatorio in questo senso.
  Vi chiedo di poterci aiutare a fare chiarezza anche su questo punto, e come ci si aiuta a fare chiarezza, per rispondere alla domanda secondo me più qualificante che mi viene da varie parti su questo aspetto? Dicevo prima che è fondamentale disporre (l'ho ripetuto anche alla Commissione difesa del Senato) del pronto intervento di unità di polizia giudiziaria nelle zone in cui si verifica l'accompagnamento dei trafficanti rispetto alle imbarcazioni dei migranti.
  Se tutte le ONG, salvo che vi siano situazioni di pericolo conclamato, stanno al di là del confine delle acque territoriali libiche, noi costringiamo questi assassini a uscire allo scoperto, e, se invece delle ONG, lì trovano personale della polizia giudiziaria che li riprende, vede chi sono e può intervenire, noi rendiamo molto più difficile questo traffico, non diamo loro la certezza dell'impunità che in questo momento hanno.
  Se noi riusciamo a fare delle intercettazioni... non chiediamo particolari modifiche legislative, certo sarebbe utile che venisse modificata la legislazione o meglio resa più esplicita la possibilità che anche la Guardia costiera italiana possa svolgere attività di polizia giudiziaria sui teatri di queste operazioni, e ritengo peraltro che la Guardia costiera non possa essere lasciata sola nello svolgere questa attività, ma occorra una presenza più massiccia e incisiva da parte di organi che questo lavoro lo Pag. 18fanno da tempo e, se messi in condizione, lo fanno benissimo.
  Mi riferisco in particolare al Servizio centrale operativo e alla Guardia di finanza, che hanno le competenze, le esperienze e la professionalità maturata nel corso degli anni, perché certe esperienze non si improvvisano, se glielo consentiamo, quindi non chiediamo e non vogliamo poteri che vadano al di là dei limiti che giustamente il legislatore pone alle intercettazioni.
  Ritengo che questo, che è veramente un fenomeno devastante, si fronteggi non comprimendo le nostre libertà, ma rendendo più efficiente una macchina che secondo me in questo momento sta funzionando a mezzo regime. Desidererei che funzionasse a pieno regime e noi avremmo le forze per poterlo fare.
  Ribadisco che tutte quelle che sono state le «esternazioni» mediatiche si pongono a margine delle indicazioni che nella mia responsabilità di procuratore della Repubblica ho sentito di rassegnare alle forze politiche che ho visto, a partire dal Comitato Schengen, sensibili a questo problema che ritengo essere uno dei problemi più importanti che oggi deve affrontare l'Italia e – ribadisco con grande forza – non solo l'Italia, ma tutta l'Europa.
  Per quanto riguarda la situazione che attiene al CARA di Mineo nel Calatino, vi chiedo di andare in secretazione.

  PRESIDENTE. Propongo di passare in seduta segreta.

(Così rimane stabilito. I lavori procedono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).

  CARMELO ZUCCARO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania. Come vi è noto, per tutti i soggetti per i quali abbiamo esercitato l'azione penale vi è stato il rinvio a giudizio, l'udienza è stata fissata per il 22 ottobre del 2017, quindi per tutti il giudice ha ritenuto di dover disporre il rinvio a giudizio, tranne che nei confronti dell'onorevole Castiglione, per il quale, avendo egli fatto richiesta di giudizio immediato, si procederà nell'ambito dello stesso processo, perché la data di fissazione dell'udienza è il 22 ottobre del 2017, a giudizio, e lì sarà il banco di prova della validità delle nostre indagini e delle nostre ipotesi accusatorie, perché solo in giudizio e in processo si verificano le fondatezze delle ipotesi accusatorie.
  Per quanto riguarda tre imputati abbiamo patteggiato e questi imputati sono Odevaine, Menolascina e Cammisa, per i quali sono state patteggiate delle pene in continuazione con quelle che già erano state irrogate dalla magistratura romana.
  È stato scelto il ROS perché in quella zona il ROS ha svolto delle indagini di grande approfondimento investigativo, è una linea continua che parte da «Iblis», passa attraverso la cosiddetta operazione «Efesto» e arriva all'operazione «Kronos», il ROS aveva competenze specifiche per fare un'indagine di lungo respiro in questo campo. È per questo che abbiamo scelto il ROS, e non certamente per sfiducia nei confronti delle altre forze dell'ordine, che anzi debbo qui pubblicamente ringraziare, perché senza il loro lavoro noi non avremmo potuto oggi colpire senza fare alcuna differenza tutte le organizzazioni mafiose che operano a Catania.
  Per quanto riguarda Maurizio Galletta, abbiamo richiesto misure cautelari nei confronti di Galletta e anche di alcuni dei medici che avevano rilasciato certificati compiacenti, o meglio che non rispondevano alla verità oggettiva dei fatti. Il GIP è giunto a valutazioni diverse degli elementi di prova, partendo dal fatto che era da talmente tanto tempo che da parte anche di medici non operanti in Sicilia questa situazione clinica del Galletta era stata attenzionata che ormai non si riusciva più a comprendere, soprattutto per quanto concerne il fenomeno della broncopatia, in cui molti dei sintomi non sono oggettivamente rilevabili, ma possono essere rilevati soltanto attraverso i sintomi che dichiara il paziente.
  Si è quindi ritenuto che si potesse parlare di scarsa attenzione piuttosto che di collusione, quindi il giudice non ha ritenuto Pag. 19di accogliere la nostra richiesta, abbiamo interposto gravame innanzi al tribunale del riesame, che ha ritenuto corretta la valutazione del giudice, quindi abbiamo delle pronunce di magistrati che sul punto hanno valutato diversamente dalla procura.

  CLAUDIO FAVA. Sono sospesi dal servizio?

  CARMELO ZUCCARO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania. Dal punto di vista penale ovviamente no, perché non è stata fatta questa valutazione di una loro responsabilità.
  Conseguenze giudiziarie dell'inchiesta effettuata dalla commissione regionale antimafia: vi chiedo di tornare in secretazione.

  PRESIDENTE. Propongo di passare in seduta segreta.

(Così rimane stabilito. I lavori procedono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).

  PRESIDENTE. Nel ringraziare il procuratore Zuccaro, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 12.30.