XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 178 di Mercoledì 9 novembre 2016

INDICE

Audizione del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 
Roberti Franco , Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo ... 4 
Del Gaudio Marco , sostituto procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo ... 5 
Dolce Salvatore , sostituto procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo ... 6 
Sirignano Cesare , sostituto procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo ... 8 
Bindi Rosy , Presidente ... 10 
Roberti Franco , Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo ... 10 
Bindi Rosy , Presidente ... 10 
Mirabelli Franco  ... 11 
D'Uva Francesco (M5S)  ... 12 
Lumia Giuseppe  ... 12 
Bindi Rosy , Presidente ... 14 
Lumia Giuseppe  ... 14 
Garavini Laura (PD)  ... 14 
Mattiello Davide (PD)  ... 15 
Bindi Rosy , Presidente ... 15 
Roberti Franco , Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo ... 16 
Del Gaudio Marco , sostituto procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo ... 19 
Roberti Franco , Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo ... 21 
Lumia Giuseppe  ... 21 
Roberti Franco , Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo ... 21 
Bindi Rosy , Presidente ... 22

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
ROSY BINDI

  La seduta inizia alle 20.20.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Audizione del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti.
  L'audizione odierna è dedicata alle risultanze delle missioni recentemente svolte in Canada prima dalla Commissione e poi dal Procuratore nazionale antimafia nell'ambito dei compiti previsti dall'articolo 1, lettere d), e), i) della legge istitutiva, con riferimento ai processi di internazionalizzazione delle mafie, alla lotta al riciclaggio e soprattutto alle azioni per rendere più adeguate le intese internazionali concernenti la prevenzione delle attività criminali, l'assistenza e la cooperazione giudiziaria, anche al fine di costruire uno spazio giuridico antimafia a livello dell'Unione europea e di promuovere accordi in sede internazionale.
  Ritengo, infatti, anche alla luce della risoluzione recentemente adottata dal Parlamento europeo il 25 ottobre 2016 sulla lotta contro la corruzione e il follow up della risoluzione CRIM del 2015 che vadano sempre più sviluppate le azioni di contrasto alle mafie in sede nazionale, europea e internazionale, attraverso una costante iniziativa politica che accompagni la cooperazione e l'assistenza giudiziaria e che si giovi dell'esperienza maturata nel nostro Paese, il cui sistema di prevenzione e contrasto alla criminalità organizzata, come spesso abbiamo detto, si pone legittimamente come punto di riferimento anche per tutti gli altri Paesi europei e non solo, che stanno maturando la necessaria consapevolezza su questa cruciale tematica.
  L'impegno profuso dalla Commissione parlamentare antimafia su questo versante ha infatti già dato dei frutti, anzitutto in sede di Parlamento europeo, dove siamo stati invitati ad intervenire due volte anche per iniziativa del presidente Schulz e abbiamo probabilmente concorso ad ispirare alcuni dei punti innovativi contenuti nella risoluzione del 25 ottobre scorso, a partire dall'affermazione della necessità di rivedere in ambito europeo il concetto di criminalità organizzata in direzione dell'introduzione di un reato associativo sul modello dell'articolo 416-bis del codice penale italiano, nato (non mi stancherò mai di ricordarlo) anche e soprattutto grazie al lavoro di Pio La Torre in seno alla Commissione parlamentare antimafia.
  Il Parlamento europeo ha poi condiviso l'esigenza di estendere il riconoscimento dei provvedimenti di confisca anche a quelli di prevenzione antimafia, e ha formulato l'auspicio che venga prontamente istituita una Procura europea, che in prospettiva si possa occupare della criminalità organizzata transnazionale.
  Tra i contenuti della risoluzione giova altresì ricordare anche quello relativo all'esigenza di contrastare a livello europeo l'infiltrazione delle mafie nel gioco d'azzardo legale e illegale, così come proposto nella risoluzione con cui la Camera e il Senato hanno fatto propria la relazione Garavini, approvata dalla nostra Commissione nel giugno 2014, Il contrasto alle mafie in sede europea ed extra europea, poi ripresa anche dalla relazione Vaccari sui Pag. 4giochi, approvata nel luglio 2016, in attesa di approvazione di Camera e Senato.
  Per tale ragione ho ritenuto opportuno invitare il Procuratore nazionale Roberti per discutere della situazione in Canada, anche in vista di analoghe iniziative di confronto in sede internazionale che la Commissione potrà svolgere nei prossimi mesi in alcuni Paesi di particolare rilevanza strategica in Europa, come la Spagna, la Svizzera, l'Olanda, i Paesi balcanici, e nel resto del mondo, come ad esempio in Australia, dove si profila una situazione simile a quella canadese.
  A tal proposito ricordo tra le iniziative adottate in quest'ambito dalla nostra Commissione sin dall'inizio dei lavori quella che ha recentemente portato, grazie all'impulso dato al Ministro degli esteri pro tempore e all'impegno dell'ambasciata italiana in Spagna, alla revoca del marchio europeo per una catena di ristoranti spagnoli denominata La mafia si siede a tavola, di recente ripresa da vari organi di stampa nazionali.
  Ritengo pertanto importante proseguire su questo filone di attività, che ha consentito altresì di sviluppare utili sinergie con tutte le forze di polizia e con la Procura nazionale sia in sede di preparazione, sia in sede di condivisione delle risultanze, sia in sede di elaborazione di modelli di analisi e di proposte di intervento da rimettere, per quanto di competenza, al Parlamento e al Governo.
  Nel ricordare che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera e che, ove necessario, i lavori della Commissione potranno proseguire in seduta segreta, cedo la parola al Procuratore Roberti, il quale è accompagnato dai sostituti procuratori nazionali antimafia e antiterrorismo Salvatore Dolce, Cesare Sirignano e Marco Del Gaudio. Successivamente ai loro interventi gli altri componenti della Commissione che erano in delegazione in Canada potranno integrare e riferire gli esiti della nostra missione.
  Cedo quindi la parola al Procuratore, che ringrazio per la disponibilità che ancora una volta ha dimostrato nei confronti della nostra Commissione.

  FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Grazie, presidente, buonasera a tutti. Come preannunciato nella precedente audizione che tenemmo qui in vista della nostra missione in Canada, nei giorni 19 e 20 ottobre scorsi ci siamo recati a Ottawa, ero accompagnato dai tre colleghi qui presenti, ciascuno dei quali aveva ed ha compiti ben precisi nella interlocuzione con il Canada, nonché dalle colleghe Paolucci e Amendola del Ministero della giustizia, quindi eravamo una delegazione nutrita.
  Ci siamo recati presso il Ministero della giustizia canadese per confrontarci con i colleghi canadesi sulla situazione della criminalità organizzata italiana in Canada, e segnatamente nel Quebec e nella zona di Toronto, e per confrontarci altresì sugli strumenti e sulle tematiche della cooperazione dell'assistenza giudiziaria, atteso che le nostre rogatorie, le nostre richieste di assistenza giudiziaria anche per quanto riguarda l'estradizione di soggetti italiani latitanti in Canada stentavano ad essere accolte, per cui avevamo interesse a capire cosa si potesse fare di più e di meglio reciprocamente per favorire l'accoglimento delle nostre rogatorie e delle nostre richieste di estradizione.
  Devo dire subito che è stato un incontro proficuo, la interlocuzione è intervenuta tra noi e la delegazione canadese capeggiata (almeno il primo giorno, perché il secondo giorno non lo abbiamo più ritrovato) dal dottor Geoffrey Bickert, Assistant Deputy Attorney National Litigation Sector del Dipartimento della giustizia canadese, cioè un funzionario che si occupa prevalentemente, se non esclusivamente, del settore della litigation, dell'assistenza giudiziaria della cooperazione internazionale.
  Non abbiamo avuto incontri di vertice di livello superiore a questo, perché questo programma ci è stato offerto e devo dire che l'ambasciatore italiano in Canada ha svolto uno splendido lavoro di supporto, di assistenza e di sostegno a questa nostra missione.
  Ho portato ed esibisco alla Commissione l'agenda dei lavori, dalla quale sono ricavabili le tematiche che abbiamo affrontato. Pag. 5 All'esito del confronto abbiamo sottoscritto un documento di linee guida in triplice lingua (italiana, inglese e francese), che dovrà offrire un quadro di riferimento di criteri ai quali ispirare la nostra futura cooperazione con il Canada.
  Sono linee guida elaborate da noi e dai colleghi canadesi, in particolare dal collega Sirignano che ve le illustrerà più in dettaglio (è qui per questo), così come il collega Del Gaudio vi parlerà più specificamente delle tematiche oggetto del confronto, e, se volete, come accennava prima la presidente Bindi, delle altre attività sul piano della cooperazione internazionale che abbiamo con altri Paesi dell'Unione europea ed extra Unione europea, e infine il collega Dolce, che si occupa specificamente della ’ndrangheta calabrese, potrà fare un quadro di attualità per quanto riguarda la presenza calabrese in Canada e negli altri Paesi in cui risultano insediate le cosche di ’ndrangheta.
  Il giudizio complessivo della nostra missione non può che essere positivo, perché qualcosa si è mosso, rispetto alle previsioni dell'andata, che sembravano più pessimistiche, qualcosa si muove, abbiamo finalmente condiviso con i colleghi canadesi la necessità di agevolare l'accoglimento delle rogatorie attraverso anche una maggiore precisione e dettaglio sui fatti oggetto delle nostre indagini, abbiamo capito che è necessario essere più espliciti, più dettagliati, più puntuali nelle nostre richieste.
  Ha altresì fatto presente ai colleghi canadesi che, come peraltro già individuato dalla commissione Charbonneau istituita in Canada alla fine del 2015, di cui codesta Commissione ha perfetta conoscenza, il vero problema non è soltanto la catena di omicidi (purtroppo sono stati registrati venti gravissimi episodi delittuosi fra il 2009 e il 2016 nello scontro fra organizzazioni mafiose, in prevalenza ’ndranghetisti contro siciliani, ma anche fazioni di ’ndrangheta in contrasto tra loro per il controllo delle attività illecite e delle attività apparentemente lecite), quanto l'infiltrazione profonda della criminalità organizzata italiana, in particolare, come già evidenziato dalla commissione Charbonneau nella sua relazione, nel settore degli appalti pubblici, delle attività apparentemente legali, dei giochi, delle scommesse, del riciclaggio dei capitali illeciti.
  Quello che abbiamo percepito per quanto riguarda la gravità della situazione è che apparentemente non vi è ancora una sensibilità da parte delle istituzioni canadesi rispetto al fenomeno dell'infiltrazione di capitali illeciti nell'economia lecita del Canada, che è l'aspetto secondo noi più preoccupante.
  Detto ciò, rimanendo a disposizione per quanto riguarda le ulteriori attività che abbiamo nello scacchiere internazionale, darei a questo punto la parola al collega Del Gaudio, poi al collega Dolce e infine al collega Sirignano per quanto riguarda le linee guida sottoscritte in Canada.

  MARCO DEL GAUDIO, sostituto procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Buonasera a tutti, sono Marco Del Gaudio e all'interno della Direzione nazionale antimafia sono il responsabile del servizio Cooperazione internazionale.
  Esprimerei un giudizio moderatamente positivo sulla nostra missione, soprattutto se confrontata con il punto di partenza, perché quando abbiamo iniziato a preoccuparci seriamente della necessità di effettuare un incontro bilaterale con i colleghi canadesi, i nostri rapporti di cooperazione bilaterale erano abbastanza problematici. Per noi è stata una priorità, perché spinti a semplificare i nostri rapporti di cooperazione sulla base delle richieste tendenzialmente provenienti dagli uffici che si occupano di ’ndrangheta.
  Abbiamo poi scoperto che in realtà un grosso problema canadese è rappresentato anche dalle infiltrazioni di cosa nostra, tradizionalmente presente più a Montreal che a Toronto, dove invece vi è una grossissima presenza della ’ndrangheta.
  I rapporti erano complessi per una serie di ragioni, riassumibili nelle differenze di ordinamento giuridico, nella percezione molto più complessa del nostro sistema di indagini, che prevede una direzione delle investigazioni da parte del pubblico ministero, figura che non esiste in quel Paese, dove le indagini sono svolte dalla polizia Pag. 6giudiziaria, differenze anche dal punto di vista estradizionale, problemi anche per i reati, in particolare per il reato base, il nostro 416-bis, associazione mafiosa, che soltanto a certe condizioni è esportabile (utilizzerei questo termine) nell'ordinamento canadese.
  Ci trovavamo e ci troviamo di fronte ad una situazione abbastanza complessa, perché abbiamo tredici latitanti dei quali stentiamo a ottenere l'estradizione, ed avevamo una serie nutrita di richieste rogatoriali, provenienti dalle procure che si occupano di ’ndrangheta e principalmente da Reggio Calabria, relative a fenomeni criminali molto importanti, in estrema sintesi e anche considerando la pubblicità della seduta, relative alla presenza di scenari strategici globali della ’ndrangheta, gestiti anche in Toronto. Erano infatti emerse indicazioni da riunioni di soggetti appartenenti alla ’ndrangheta che non riguardavano esclusivamente le infiltrazioni canadesi, ma più in generale le dinamiche globali dell'organizzazione.
  Dove siamo e a cosa sono servite. Va detto che la nostra missione segue una prima parte che si è tenuta qui in Italia e che è stata un po’ il primo contatto per cercare di smuovere lo stato dei rapporti bilaterali, si è svolto prima dell'estate e abbiamo tenuto a formalizzare questa rinnovata fiducia, che è un obiettivo raggiunto, attraverso un documento formale, che generalmente noi stipuliamo nelle forme del memorandum of understanding, ma che per ragioni di possibilità per i nostri interlocutori canadesi di firmare un documento siffatto, si è dovuto limitare alle guidelines, perché non avrebbero avuto la rappresentanza da parte del Ministero degli esteri a stipulare un atto che avesse le forme del memorandum of understanding.
  Non è soltanto un documento formale, come vi spiegherà meglio il collega Sirignano, ma è un passo importante verso una semplificazione dei rapporti, che rimangono complicati perché gli ordinamenti sono distanti tra loro e anche per una difficoltà dei nostri pubblici ministeri (come Direzione nazionale antimafia ci impegneremo a sensibilizzarli su questo punto) nello stipulare richieste di cooperazione che tengano conto dell'interlocutore che le deve leggere e le deve eseguire.
  Non è infatti la stessa cosa formulare una richiesta di assistenza giudiziaria alla Spagna o al Canada, perché gli ordinamenti giuridici, la cultura investigativa e i soggetti attori del procedimento sono molto diversi.
  Siamo quindi a un buon punto (questo vi sarà riferito con maggiore precisione dal collega Dolce), perché, a seguito del primo incontro, ma ancor più dopo questo incontro, alcune attività di richiesta di atti riguardanti indagini compiute in territorio canadese sono state assolte e i colleghi canadesi ci hanno mandato gli atti, hanno dimostrato grande disponibilità nel mandare in Italia un investigatore che ha seguito le indagini sul territorio canadese, per illustrare gli esiti a cui sono giunti.
  Ci hanno anche chiesto di inviare un nostro investigatore perché possa testimoniare nei processi, allo scopo di ottenere delle sentenze che poi possano far circolare tra le corti, per poter dimostrare (sembra quasi una battuta) che la ’ndrangheta esiste e che ha delle caratteristiche fondamentali. Chi ha una buona memoria ricorderà che agli albori del nostro contrasto antimafia anche noi abbiamo avuto l'esigenza di un plafond di sentenze e di pronunce, che facessero diventare inoppugnabile l'esistenza di una struttura con determinate caratteristiche.
  Questo per noi è molto importante, quindi manderemo queste sentenze, loro cercheranno di produrre in giudizio delle sentenze pilota, che comunicheranno a tutti gli altri giudici incaricati di eseguire le nostre rogatorie.
  Non vi rubo altro tempo, sono ovviamente a disposizione per qualunque domanda vogliate rivolgermi, anche relativamente a rapporti con altri Paesi europei ed extraeuropei e per illustrarvi il nostro programma di sensibilizzazione degli altri Paesi sulle nostre mafie all'estero.

  SALVATORE DOLCE, sostituto procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Buonasera, come vi ha detto il procuratore il problema più serio che avevamo era rappresentato da una serie di richieste di Pag. 7assistenza giudiziaria in atto dalla procura di Reggio Calabria, che erano legate a indagini attuali, in particolare all'indagine Acero-Krupy, che nel settembre del 2015 ha portato all'arresto di una serie di soggetti affiliati alla ’ndrangheta reggina, in particolare alle cosche di Gioiosa Ionica e dell'intera fascia ionica reggina, arresti eseguiti anche in Olanda, dove si trovava la centrale operativa di questa organizzazione.
  Solo grazie all'indagine eseguita in Olanda abbiamo peraltro avuto modo di comprendere alcune dinamiche in atto in Canada, che hanno condotto a un omicidio nel 2014 e ad un duplice omicidio nel 2015, entrambi a Toronto.
  Dall'altro lato avevamo ben tredici richieste di estradizione di latitanti rispetto a ordinanze addirittura risalenti al 2010. La risposta che fino ad ora abbiamo avuto rispetto a tutti questi latitanti è stata che sostanzialmente il 416-bis è un reato non contemplato dalla legislazione canadese ed essendo necessario il requisito della doppia incriminabilità non era possibile procedere con l'estradizione.
  Anche su questo (concordo con la valutazione del collega Del Gaudio) questa missione ci ha consentito di fare dei passi avanti, quindi vorrei iniziare dalle richieste di assistenza, sulle quali è più tangibile il grosso passo avanti realizzato negli ultimi mesi.
  Dico negli ultimi mesi perché in realtà avevamo già avuto una svolta positiva nei rapporti con il Canada nel mese di aprile, allorché due magistrati canadesi sono venuti in Italia e con loro ci siamo confrontati in maniera più completa anche su tematiche più strettamente giuridiche, perché fino a quel momento i nostri interlocutori erano sempre stati solo organi di polizia.
  All'indomani di questo incontro presso il Ministero della giustizia in aprile, la procura di Reggio Calabria ha ricevuto le prime, importanti risposte. Qual era il punto? Nel 2015 per la prima volta in Canada vi è stata una risposta giudiziaria al problema della presenza della ’ndrangheta, nel senso che nel giugno del 2015 per la prima volta in Canada vengono arrestate venti persone vicine alla famiglia Ursino di Gioiosa Ionica per traffico di stupefacenti.
  Va detto subito che il Canada sa benissimo della presenza di ben quattordici locali di ’ndrangheta nella sola zona di Toronto, in particolare nella Baia di Thunder Bay, lo sa almeno dal 2008 perché nel 2008, quando viene arrestato Coluccio Giuseppe in Canada, la polizia canadese riferisce già alla polizia giudiziaria italiana di essere perfettamente consapevole di una presenza che si ramifica nel controllo di una serie di attività, però non spiega il motivo, non ha fatto nulla e continua a non fare nulla fino al giugno del 2015.
  Teniamo conto però che, oltre agli omicidi che riguardavano cosa nostra, ciò che li allarma è l'omicidio di Verducci Carmine, che avviene a maggio del 2014, perché loro sanno benissimo che è un esponente di spicco della ’ndrangheta, perché già nella notissima operazione Crimine di Reggio Calabria, che ormai è definitiva per buona parte, il Verducci Carmine che compariva tra i soggetti per i quali era stata richiesta l'estradizione, veniva indicato come uno dei maggiori referenti in Canada delle cosche di Gioiosa Ionica.
  L'omicidio di Verducci Carmine, che avviene in una pubblica via il 25 aprile del 2014, a cui peraltro farà seguito come risposta un duplice omicidio all'interno di un bar il 25 giugno del 2015, fa scattare un campanello d'allarme. Viene fatta questa operazione e dalla lettura dell'ordinanza canadese si comprende che vi sono delle importanti intercettazioni, utili anche all'Italia.
  Tenete conto che l'Italia comprende quanto avviene in Canada perché, come vi ho detto prima, da alcune intercettazioni fatte in Olanda viene intercettato questo Krupy che era stato in Canada, torna in Olanda e racconta tutto ciò che era successo, e capiamo anche quale potrebbe essere la verosimile causa dei due omicidi a cui ho fatto cenno.
  Subito Reggio Calabria, all'indomani dell'operazione Acero-Krupy, fa richiesta di assistenza giudiziaria e chiede l'esito dell'attività intercettiva. Sappiamo poi, a seguito Pag. 8 di una seconda riunione, che il materiale intercettivo è molto più ampio e alla data di agosto 2016 viene completata la trasmissione alla procura di Reggio Calabria di buona parte del patrimonio investigativo attualmente in possesso dell'autorità giudiziaria canadese, un materiale investigativo molto ricco perché si tratta di colloqui intercorsi tra alcuni esponenti di primo piano del crimine organizzato calabrese e degli undercover, degli agenti infiltrati.
  Si tratta di una figura diversa da quella che abbiamo in Italia, perché sono privati (spesso anche con trascorsi criminali) con cui i canadesi stipulano un contratto, privati che si infiltrano e quindi registrano le conversazioni. Molte conversazioni in questo momento sono nella disponibilità della procura reggina.
  All'esito dell'incontro in Canada noi abbiamo chiesto altre due cose: innanzitutto una informativa che costituisce una sorta di linea guida rispetto a tutto questo materiale, perché, per tornare a quanto già detto dal collega Del Gaudio, poiché l'intervento del pubblico ministero è soltanto nella fase processuale, non c'era stato un rapporto della polizia giudiziaria al PM dell'esito di queste indagini, quindi c'è stata la necessità di richiedere una relazione di questo tipo, e in più abbiamo chiaramente chiesto tutti i provvedimenti autorizzativi, condizione indispensabile per un utilizzo processuale.
  Sotto questo profilo, la rogatoria relativa al processo Acero-Krupy è quasi completata, abbiamo altre rogatorie che riguardano sempre la presenza della ’ndrangheta in Canada, rispetto alle quali le richieste di chiarimenti che sono arrivate a Reggio Calabria effettivamente sono richieste che rappresentano lo specchio di quanto detto a voce, cioè vogliono che gli si spieghi passo passo una serie di cose che per noi sono ormai scontate.
  Anche noi siamo arrivati al 416-bis cinquant'anni dopo il codice Rocco, loro sono ben lontani dal comprendere i connotati del 416-bis, quindi una delle cose che abbiamo fatto in occasione di questo incontro in Canada è stato spiegare loro cos'è il 416-bis, lasciando anche una lunga relazione nella loro lingua per essere il più chiari possibile su questo.
  Devo dire che c'è stata una immediata reazione positiva, perché forse questo reato non gli era mai stato spiegato fino in fondo, tanto che il giorno successivo ci hanno chiesto di mandargli la sentenza Crimine, che è definitiva, per consegnarla ai giudici con riguardo sia alle richieste di rogatoria, sia alle richieste di estradizione, perché la potessero studiare fino in fondo e avere contezza delle prove poste a sostegno di questa ricostruzione della ’ndrangheta con i tre mandamenti e della presenza capillare con vere e proprie locali, che rispecchiano fedelmente in Canada le strutture presenti in Calabria.
  Questo per quanto riguarda il profilo delle richieste di assistenza. Con riguardo al problema delle estradizioni, rispetto ai soggetti che hanno soltanto il 416-bis loro si riservano di valutare la sentenza Crimine non appena gliela daremo, anche se ci hanno chiesto di cercare di esporre in maniera più chiara possibile i fatti, cioè la condotta fattuale di questi soggetti, in maniera tale che possano ricondurre questi fatti a delle fattispecie giuridiche anche di carattere associativo, che loro per la verità hanno, quindi farebbero uno sforzo in questo senso, ma mi pare che siano stati molto sensibilizzati. Rispetto ad altre posizioni che hanno anche alcuni reati fine la risposta dovrebbe essere più immediata.
  Questo è il quadro generale della situazione, ma rimango a disposizione per rispondere a qualsiasi domanda.

  CESARE SIRIGNANO, sostituto procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Buonasera a tutti, il mio compito è molto più semplice anche perché alcuni aspetti della missione in Canada sono stati già ben evidenziati dal Procuratore nazionale e dai colleghi, come anche la finalità dell'incontro con i canadesi e le parti più significative delle linee guida, quindi mi limiterò a indicare soltanto le parti più importanti del nostro lavoro in Canada.
  Tale lavoro è stato preceduto da un incontro ad aprile, in cui ci siamo confrontati con i colleghi canadesi e abbiamo compreso Pag. 9 che le più significative criticità riscontrate in materia sia estradizionale che rogatoriale dipendevano non soltanto dalla diversità degli ordinamenti giuridici, ma anche dalla mancanza di un rapporto diretto tra i soggetti richiedenti e i soggetti a cui venivano richieste le attività rogatoriali o estradizionali, rapporti che abbiamo cercato di creare evidenziando i punti di criticità da superare insieme nel rispetto degli ordinamenti e della loro diversità che non è compito dell'autorità giudiziaria risolvere, sebbene siano stati affrontati anche in maniera dettagliata.
  Nelle linee guida oggi consegnate al presidente ritroverete trasfusi tutti gli sforzi che sono stati fatti in circa un anno nei rapporti con le autorità canadesi e soprattutto alcuni livelli di rapporti, che sono stati ben disciplinati. Una volta compreso che le criticità dipendevano solo in parte dalla diversità degli ordinamenti, ma in larga parte anche da un difetto di comunicazione e di redazione delle richieste di assistenza, si è mirato ad agevolare le cosiddette «consultazioni preventive» tra chi chiede e chi deve soddisfare la richiesta, per assicurare che le richieste siano formulate nel rispetto dei requisiti legali.
  In altre parole, come è stato detto, bisogna avere cura di individuare bene la fattispecie in fatto, perché un'ipotesi di reato che è configurata nel nostro ordinamento sotto una determinata rubrica potrebbe non esserlo con la stessa rubrica, ma configurare un'altra ipotesi di reato e quindi in ogni caso consentire l'accoglimento della richiesta.
  Nelle linee guida, quindi, soprattutto al punto 3 e al punto 5 sono stati disciplinati i rapporti attraverso un ruolo, che è stato assunto dalla Direzione nazionale antimafia, di consultazione con l'obiettivo di chiarire le finalità delle rogatorie e quindi delle attività estradizionali, attività che deve precedere la richiesta delle direzioni distrettuali antimafia e deve permettere sia al collega che riceve la richiesta in Canada che al collega che richiede assistenza giudiziaria di avere ben chiaro cosa sia possibile ottenere e con quali modalità.
  Per fare un esempio, ci siamo resi conto che molte delle richieste anche estradizionali, soprattutto quelle che riguardano la cattura dei latitanti, sono state bloccate per un problema di identificazione del soggetto. Nelle loro linee guida, quelle già trasmesse a noi nell'incontro di aprile, c'è un paragrafo dedicato all'identificazione: per loro una sentenza di condanna di una persona identificata in Italia con nome, cognome e generalità, non è sufficiente per poter arrestare una persona in Canada, perché bisogna avere la certezza che la persona indicata nella sentenza di condanna sia proprio quella che risiede in Canada e deve essere tratta in arresto sulla base di quel provvedimento.
  Per fare questo è chiaro che l'autorità centrale italiana deve farsi carico di trasmettere all'autorità canadese quantomeno una annotazione con la fotografia del soggetto, l'identificazione del soggetto, che possa essere in qualche modo collegata alla sentenza che deve essere poi eseguita nel territorio canadese.
  Questa cosa, che a noi sembrava quasi scontata perché si tratta di soggetto identificato perfettamente con nome e cognome, per loro non conta, è un documento formale a cui deve necessariamente associarsi un elemento identificativo che possa essere valutato da loro. Si tratta non dell'affidabilità del dato, ma di un riscontro di cui necessitano per essere certi che il soggetto da ricercare sia proprio quello che vive nel loro territorio.
  Nelle linee guida vi è quindi un'esaltazione di questo momento preliminare a tutti i rapporti con le autorità centrali canadesi, con uno scambio anche informale via mail di tutte le richieste, in modo tale da assicurare che la richiesta sia formulata dall'Italia, sia fatta dopo un'interlocuzione su quello che può essere fatto e su quello che non può essere fatto o deve essere fatto in un certo modo.
  Nelle linee guida c'è anche un altro passaggio importante: ci sono state indicate già ad aprile alcune attività che non necessitano di un intervento dell'autorità centrale canadese, ma possono essere svolte su richiesta dell'autorità giudiziaria italiana Pag. 10direttamente dalla polizia che opera nel territorio canadese. Noi abbiamo spiegato all'autorità centrale canadese che in realtà, per essere utilizzate queste prove raccolte attraverso l'intervento della polizia canadese nel nostro ordinamento giuridico, è necessario che vi sia una trasmissione formale da parte dell'autorità giudiziaria canadese.
  In questo abbiamo visto un'apertura e una forte collaborazione da parte dell'autorità centrale, perché si sono accollati l'onere di trasmettere tutte le attività e le prove acquisite dalla polizia, che potrebbero essere trasmesse solo dalla polizia alla polizia italiana o all'autorità giudiziaria, facendole passare per il canale istituzionale del Ministero della giustizia, di modo che per noi in Italia quelle prove raccolte dalla polizia senza intervento della magistratura canadese siano pienamente utilizzabili nell'ambito del nostro processo penale.
  Si tratta, in altre parole, di un passaggio che snellisce molte delle nostre richieste rogatoriali, che quindi potranno essere svolte nel rispetto della procedura rogatoriale nei numerosi casi in cui non è necessario l'intervento della magistratura dell'ordinamento canadese.
  Nelle linee guida dunque è stato disciplinato l'intervento preventivo della Direzione nazionale antimafia nella redazione delle richieste di assistenza, che ricade inevitabilmente anche sui rapporti tra direzioni distrettuali e autorità canadesi, perché questo è un onere e un ruolo che la Direzione nazionale si è assunta d'accordo anche le autorità canadesi, che vedono nella Direzione nazionale antimafia un unico riferimento per ottenere chiarimenti e sviluppare quell'attività preliminare, propedeutica all'accoglimento delle richieste.
  Il dato importante è che da questo momento in poi (questo chiaramente rientra nei rapporti tra la Procura nazionale e le procure distrettuali e va anche lasciato un po’ al buonsenso di chi deve decidere dell'accoglimento delle richieste) le procure distrettuali possono utilizzare il canale della Direzione nazionale antimafia per comunicare direttamente con le autorità centrali, ancor prima di richiedere l'assistenza giudiziaria, innanzitutto per valutare se debbano necessariamente agire in quel modo con l'attività rogatoriale, ma soprattutto per avere un chiarimento su come devono essere redatte per poter essere accolte.
  Al di là delle differenze sostanziali di ordinamento, molto spesso alcune attività rogatoriali sono state bloccate proprio da un'incomprensione, derivante dalla difficoltà di far capire al Canada alcune cose che per noi sono scontate, ma che per loro non lo sono affatto, quindi l'impegno che è stato assunto dalla Direzione nazionale nell'incontro prima ad aprile e poi ad ottobre è stato quello di facilitare questi rapporti attraverso un intervento diretto e puntuale in tutte le pratiche rogatoriali, in tutte le richieste che transiteranno per la Direzione nazionale antimafia.
  Anch'io rimango a disposizione per eventuali chiarimenti.

  PRESIDENTE. Grazie. Per introdurre gli interventi di Mirabelli e D'Uva che facevano parte della delegazione, e poi a seguire Lumia e Garavini come coordinatrice del Comitato «Lotta alla criminalità mafiosa su base europea e internazionale», mi limito a ricordare che nella nostra missione, grazie anche all'ottimo lavoro svolto dalla nostra ambasciata – colgo l'occasione per ringraziare nuovamente l'ambasciatore Cornado, per esprimere apprezzamento per il suo lavoro e anche per sottolineare che si è davvero appassionato a questo tema, che forse per la prima volta è stato posto all'attenzione in maniera così precisa e puntuale da parte dell'ambasciata italiana in Canada – abbiamo incontrato il Ministro della sicurezza pubblica, Ralph Goodale, che corrisponde al nostro Ministro dell'interno e non a caso era accompagnato dal capo della polizia, le «Giubbe rosse», abbiamo incontrato il senior assistant deputy del Ministro della giustizia, Donald Piragoff, che credo sia stato il capo delegazione...

  FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Per noi era Dicker.

  PRESIDENTE. Benissimo. Abbiamo poi incontrato presso il Ministero degli affari Pag. 11esteri il direttore generale della sicurezza, David Drake, ed è stato molto importante anche l'incontro nella sede del Parlamento con i membri delle commissioni parlamentari canadesi di giustizia, sicurezza pubblica e sicurezza nazionale.
  A Montreal abbiamo incontrato il procuratore per le indagini criminali e penali, direzione per gli orientamenti e per le politiche del Ministero della giustizia del Québec, responsabile ispezioni e inchieste, una sorta di nostra Autorità anticorruzione.
  Le impressioni che abbiamo ricavato dal nostro incontro è che si sconta – voi lo confermate con quanto ci avete detto – la difficoltà, che noi stessi abbiamo sperimentato in regioni italiane diverse da quelle di tradizionale insediamento delle organizzazioni mafiose, ad ammettere la presenza delle mafie, ma si paga molto anche la differenza degli ordinamenti, e, da quello che ci avete detto, per avere le risposte che ci interessano bisogna fare le domande giuste o almeno capirsi nelle domande. Credo che questi rapporti siano utili soprattutto per questo, e non a caso anche i vostri risultati sono stati il frutto non solo di uno ma di due incontri.
  Abbiamo percepito una sorta di resistenza culturale ad ammettere la vera pericolosità delle organizzazioni mafiose in Canada, nonostante i fatti di sangue che si sono verificati in passato e che continuano a verificarsi soprattutto ad opera di cosiddette «bande di motociclisti», usate come nuovo braccio armato delle organizzazioni mafiose. Ci è sembrato di cogliere una sorta di inconsapevolezza sul rischio vero che le organizzazioni mafiose rappresentano per quanto riguarda l'infiltrazione negli appalti, i giochi, il riciclaggio.
  Ha fatto eccezione l'incontro con il Québec, dove abbiamo trovato in questa sorta di Authority anticorruzione il tentativo di darsi degli strumenti efficaci proprio in relazione al lavoro svolto dalla commissione Charbonneau istituita dal Parlamento del Québec, commissione d'inchiesta non formata da parlamentari, presieduta da un magistrato, ma voluta dalla politica.
  È il motivo per il quale ritengo che l'incontro più franco che abbiamo avuto sia stato quello con i nostri colleghi parlamentari, ai quali abbiamo potuto parlare in maniera molto più diretta di quanto non abbiamo potuto fare sia con il ministro che con gli altri, e ci auguriamo che ci sia una sensibilizzazione della politica che produca effetti nella concretezza degli atti ai quali voi avete fatto riferimento e che a livello della vostra interlocuzione avete in un certo senso già ottenuto.
  Noi dovremmo anche curare i rapporti con i parlamentari di origine italiana che siedono nel Parlamento federale, proprio perché in loro potremmo trovare degli interlocutori nei quali la comprensione iniziale è tutt'altro che scontata, ma con i quali si dovrebbe usare la stessa franchezza che abbiamo usato con tutti gli altri parlamentari.
  Un altro aspetto che abbiamo notato è la differenza tra le competenze dello Stato federale e le competenze delle singole province, perché c'è un intreccio tra competenze per le inchieste che è sicuramente una differenza con la quale fare i conti.
  Darei la parola al senatore Mirabelli, che ha fatto parte della delegazione, poi all'onorevole D'Uva, al senatore Lumia e all'onorevole Garavini.

  FRANCO MIRABELLI. Vi ringrazio e sottolineo con piacere il fatto che si sia arrivati a definire un accordo sulle rogatorie. Lo dico davvero con soddisfazione, perché il quadro che abbiamo constatato, andando poco prima di voi, era di una reale difficoltà, data da due sistemi giudiziari completamente diversi e dalla mancanza di strumenti sia in Québec e sia in Canada in generale.
  Il reato di associazione criminale è un reato utilizzato in maniera strana, non ci sono misure patrimoniali, c'è un uso molto ridotto delle intercettazioni, anzi propendono a non utilizzarle, privilegiando l'idea che tutte le inchieste partano perché prima o poi i pentiti spiegano, tant'è vero che l'inchiesta che provocò quella commissione politica nacque da due episodi di pentitismo, però non viene fatto nulla per incentivarlo. Pag. 12
  Non ci sono quindi gli strumenti, come diceva adesso la presidente; c'è una percezione e una consapevolezza del problema molto bassa non solo tra l'opinione pubblica. Lo abbiamo constatato tra i parlamentari, in molti incontri: sono molto più preoccupati degli Hell's Angels, che comunque sono violenti, di quanto siano preoccupati della criminalità organizzata.
  Complimenti, quindi, perché siamo riusciti a fare un buon lavoro e anche perché – mi permetta, procuratore – un po’ d'orgoglio di essere italiani lì l'abbiamo avuto. Abbiamo infatti strumenti, capacità investigative, una consapevolezza del problema e una capacità di affrontarlo straordinaria rispetto a quello che abbiamo visto lì. Tra l'altro, lì ci sono 37 agenzie federali e non, perché la commissione Charbonneau alla fine ha prodotto solo un moltiplicarsi di agenzie poco coordinate tra di loro, quindi davvero una difficoltà nel mettere in campo attività di contrasto.
  Vorrei però puntare su una questione che è già stata accennata, so bene che non è una questione che può portare avanti la Direzione nazionale antimafia, anche se può dare una mano a sottolineare che il problema c'è. A me pare che il problema più evidente sia la permeabilità di quel Paese all'ingresso di capitali senza alcun controllo, sembrerebbe quasi che ci sia una qualche soddisfazione a vedere entrare tanti soldi, non è una novità che, mentre nel mondo gli investimenti immobiliari calavano vertiginosamente con la crisi, a Toronto si ricostruiva mezza città. Questo è un problema serio che va posto.
  Ci raccontavano di meccanismi preoccupanti delle agenzie delle banche canadesi nei paradisi fiscali e dei depositi usati nella banca canadese come garanzia per avere i soldi da investire. Su questo c'è un livello molto preoccupante che credo non possa non essere un problema per la comunità internazionale e credo che un richiamo alle responsabilità ci debba essere.
  Nel nostro piccolo abbiamo provato a spiegare che un'economia inquinata da così tanti soldi di provenienza malavitosa è un'economia che condiziona un intero Stato. Abbiamo già percepito che ci sono problemi di rapporti tra ’ndrangheta e politica e che sono abbastanza consolidati. Ho capito che questo è il tema principale, poi c'è un tema di contrasto.

  FRANCESCO D'UVA. Buonasera, grazie per essere qui. Diciamo che siete tornati in un certo senso vittoriosi rispetto a noi che siamo tornati quasi amareggiati, perché la sensazione che avevamo avuto, in sintesi era: sì, la mafia c'è, ma tutto sommato non è un problema.
  Soltanto in Québec abbiamo potuto rilevare una maggiore consapevolezza e addirittura ci spiegavano che, nel momento in cui hanno ammesso di avere un problema, gli altri distretti li prendevano in giro perché avevano la mafia mentre loro no. Questo meccanismo lo abbiamo riscontrato anche nel Parlamento europeo, dove si fa finta che la mafia non esista.
  Visto che con voi sono stati più attenti, vorrei rivendicare il fatto che forse – visto che con noi non lo sono stati – li abbiamo aiutati a prendere consapevolezza e a farli arrivare più preparati al vostro incontro. Mi piace pensare che la nostra missione sia servita a far capire che il problema c'è. Vedremo quali saranno i tempi delle rogatorie, ma qualcosa si è sbloccato, quindi è una cosa importante.
  Se, tutto sommato, in Canada sono stati attenti e con voi si sono comportati bene, mi chiedo come sia la situazione altrove, nelle altre nazioni a rischio quale sia la situazione di collaborazione con la DNAA e con i procuratori italiani, in Europa e non solo.
  Non è oggetto dell'odierna audizione, però, se possibile, vorrei conoscere la situazione del Parco dei Nebrodi, perché ricorderete l'attentato al presidente Antoci e la conseguente, grande attenzione mediatica, ma mi sembra di capire che adesso la situazione sia abbastanza ferma, quindi vorrei chiedervi se la situazione del Parco dei Nebrodi e delle «agromafie» sia sempre attenzionata.

  GIUSEPPE LUMIA. Anch'io ringrazio e so quanto è complesso il lavoro che avete svolto per avere la possibilità di estradare Pag. 13questi importanti esponenti della ’ndrangheta, compito difficilissimo, direi mission: impossible, quindi il fatto che ci stiate provando e siate riusciti a gettare un ponte è un ottimo successo. Speriamo che questo ponte possa essere attraversato per far tornare in Italia questi importanti boss.
  L'esperienza mi dice che forse è giunto il momento di riproporre una seconda edizione del famoso incontro dell'ONU del dicembre del 2000 a Palermo, dove per la prima volta nella storia dell'ONU si gettarono le basi minime per far circolare la legislazione italiana e un po’ americana nel contesto internazionale, perché, mentre sul campo della lotta al terrorismo questa cultura ha cominciato a fare passi avanti, nella lotta alle mafie ci siamo fermati, quindi una ripresa, una seconda edizione della Palermo del dicembre del 2000 ci potrebbe servire.
  Cito un esempio molto concreto: voi state soffrendo le pene dell'inferno insieme alla Commissione perché lì non avete una struttura parallela in grado di dialogare con voi, così come siete organizzati oggi in Italia, ma nella lotta al terrorismo una centralizzazione è stata chiesta dalla comunità internazionale a tutti i Paesi, nella lotta alle mafie non c'è la stessa attenzione. Se quindi riuscissimo in una seconda edizione della conferenza ONU, da fare sempre in Italia, ad ottenere lo stesso risultato raggiunto nella lotta al terrorismo, già questo sarebbe un enorme successo.
  Se riuscissimo anche ad ottenere le stesse misure che i vari Paesi si stanno dando per la lotta al riciclaggio, questo sarebbe un passo avanti notevolissimo. Questi due risultati potrebbero essere di portata storica per fare un salto di qualità ed evitare di lavorare con enorme fatica e con risultati che rischiano di essere scarsi.
  Questo è un primo profilo importante, ma c'è un secondo profilo di cui non ci avete parlato e che sarebbe importante curare, e prendo in prestito la vicenda della famosa «Pizza Connection», dove si riuscì non solo a creare un ponte per l'estradizione, ma anche a fare indagini di investigazione comune. Cito l'esperienza fatta negli Stati Uniti con la «Pizza Connection», dove fino a quel momento non era stato fatto un lavoro comune, ma Giovanni Falcone ci riuscì e si ottennero dei risultati storici; furono inferti colpi importanti, di cui ancora si godono i benefici. Uno degli effetti collaterali fu l'attenzione delle famiglie newyorchesi verso il Canada.
  Mi avvio ad un secondo filone di lavoro, perché bisogna provare in tutti i modi a trovare una pista di lavoro comune per indagini in comune con squadre investigative comuni, così da venire a capo di quanto sta succedendo in Canada, perché ci sono diverse ipotesi di lavoro, ma ancora si brancola nel buio. Si dice che la famiglia Rizzuto sia la «sesta famiglia»; probabilmente non è una cosa giornalisticamente campata in aria, ma è una cosa seria.
  Sono convinto che nel 1978, quando si spostarono da New York in Canada, si spostarono per la vicenda immobiliare, perché allora c'erano le Olimpiadi di Montreal e si dovette costruire il famoso villaggio olimpico, che è plausibile – ci sono tracce investigative molto solide – che sia stato costruito dai Rizzuto. Lì si scatenò il famoso conflitto con la ’ndrangheta e nel 1978 i fratelli Paolo e Francesco Violi furono uccisi e la ’ndrangheta fu allontanata e prevalse questo ramo di cosa nostra.
  Ho l'impressione che questa seconda guerra di mafia non sia legata solo alla cocaina, che c'è stata sempre, ha causato chissà quanti conflitti e omicidi e chissà quanti ancora ne causerà in futuro, ma che si stia giocando anche sullo sviluppo immobiliare, che nella crisi internazionale ha fatto raggiungere al Canada vertici di PIL e di crescita in controtendenza rispetto a tutti gli altri Paesi avanzati.
  Questo è un profilo interessante che dovremmo capire anche attraverso la valutazione di due fatti avvenuti in Italia, che non hanno visto sviluppi investigativi comuni. Il primo è il famoso arresto di Zappia Giuseppe, legato ai Rizzuto, in merito alla vicenda della costruzione del ponte sullo Stretto.
  Dovete pensare che questi avevano ben 5 miliardi di euro pronti da investire in questa attività, naturalmente non sono d'accordo con chi ritiene opportuno non realizzarlo Pag. 14 solo per questa ragione, però quella fu un'importante intuizione (tra i nostri consulenti c'è qualcuno che ci ha lavorato) e si sventò una grande operazione di riciclaggio internazionale della portata di ben 5 miliardi di euro.
  Quel lavoro non fu sviluppato successivamente, ma era una bella pista di lavoro che secondo me andava sviluppata e non fu fatta per difficoltà oggettive, ma forse perché non crediamo molto a questo lavoro che l'antesignana Pizza connection ci ha insegnato.
  Il secondo fatto che è avvenuto in Italia e che secondo me è stato sottovalutato è rappresentato dagli omicidi a Bagheria nel 2013 di Juan Ramon Fernandez e di Fernando Pimentel, soggetti sempre legati ai Rizzuto. Non so se voi come DNA abbiate attivato dei ponti di investigazione comune per giungere alla radice di questi omicidi attraverso forme di collegamento.
  Anche questi due fatti importanti, che sono avvenuti in Italia, si collegano alle dinamiche canadesi, quindi sarebbe importante capire quanto sta avvenendo attraverso l'attività immobiliare, il traffico di cocaina, questa implosione della famiglia Rizzuto, la ’ndrangheta che forse si riprende la rivincita del 1978, quindi ritorna in pista per essere egemone anche in Canada, dove ha 15 locali, quindi una base operativa...

  PRESIDENTE. A Toronto pare siano 20.

  GIUSEPPE LUMIA. Che sono una base operativa di notevole portata. Abbiamo gli ultimi epigoni della famiglia Rizzuto: il figlio di Sollecito, Stefano, che è stato ucciso, l'altro nipote, avvocato a Montreal, Leonardo, poi abbiamo i due rimasti in carcere altrimenti sarebbero stati facilmente eliminati, Balzo e Arcadi.
  Visto che quelli sono in una condizione di estrema difficoltà, non è escluso che la ’ndrangheta si stia prendendo la rivincita del 1978, quando intorno al primo sviluppo immobiliare della costruzione del villaggio olimpico furono buttati fuori e massacrati.
  Per fare questo lavoro è necessaria però un'attività internazionale, e, con i limiti e le difficoltà che si hanno, bisogna valutare l'ipotesi di un lavoro investigativo comune, partendo dai fatti italiani di Zappia e Bagheria, entrando sul piano investigativo in relazione con loro per capire quanto sta succedendo in Canada.

  LAURA GARAVINI. Io approfitto del fatto che il Procuratore Roberti e i procuratori aggiunti ci hanno abbastanza tranquillizzato per quanto riguarda la situazione relativa al Canada, per sondare altri ambiti di particolare interesse del Comitato che ho il piacere di coordinare.
  In particolare, in questa fase di massicci arrivi via mare di profughi, l'Europa sta predisponendo una serie di misure atte a contrastare il crimine organizzato impegnato nella tratta di esseri umani. In base alla preziosa esperienza delle procure italiane, in particolare anche alle recenti condanne di scafisti che si sono rivelati essere non soltanto semplice manodopera a livello di scafista, ma a livello maggiore organizzatori di questi traffici, vorrei avere una vostra valutazione in merito. L'Europa si sta dotando di strumenti idonei a contrastare questo tipo di fenomeno e gli intrecci del crimine organizzato, non necessariamente di natura italiana o di origini italiane? Dalle audizioni che abbiamo fatto finora mi pare infatti di poter escludere il fatto che criminalità organizzata di origine italiana sia interessata a questi traffici, perlomeno in questa fase di traffico di esseri umani, semmai in fasi successive.
  Sto parlando quindi di tratta di esseri umani organizzata da organizzazioni di origini non italiane. L'esperienza delle nostre procure, della nostra magistratura può essere di supporto a livello europeo per mettere in campo misure e interventi che vadano oltre quelli già predisposti fino ad oggi? La valutazione della DNAA rispetto a quanto predisposto oggi a livello europeo qual è?
  Una vostra valutazione su quella che è la direttiva antiriciclaggio in discussione alla Commissione europea. Truffe a danno dell'Unione europea: anch'io faccio seguito alla richiesta del collega D'Uva rispetto al fatto che sarebbe per noi prezioso se da parte della DNAA ci potesse essere un'attenzione Pag. 15 specifica a questa partita, quindi connessioni del crimine organizzato in ambito di truffe a danno dell'Unione europea o di singoli Paesi appartenenti. Quali sono le procure interessate da inchieste in questa direzione e quali sono le inchieste stesse che possono essere di particolare interesse della nostra Commissione?
  Più in generale, al di là del Canada, soprattutto a livello europeo siete incappati in gap normativi che secondo voi andrebbero urgentemente superati? Mi rendo conto, presidente, che oggi all'ordine del giorno c'era il Canada, però la vostra presenza è talmente utile e preziosa che ne approfitto per allargare l'ambito di interesse.
  Diceva giustamente il collega Lumia delle squadre investigative comuni, proprio grazie all'attuale Governo abbiamo finalmente colmato questo gap, che ci vedeva ormai lucciola delle lucciole a livello europeo, prevedendo anche noi tutti gli strumenti normativi e regolamentari idonei all'istituzione delle squadre investigative comuni. Già si inizia a vederne gli effetti?

  DAVIDE MATTIELLO. Molto brevemente e in scia con le questioni poste dalla collega Garavini, solo per chiedervi se dal vostro punto di vista stia cambiando qualcosa, possibilmente in meglio, nel rapporto con gli Emirati Arabi Uniti, rapporto che relativamente alla cooperazione giudiziaria e all'estradizione sappiamo essere altrettanto faticoso.
  A livello parlamentare (penso ai lavori della Camera dei deputati) ultimamente ci sono state alcune iniziative, tra queste segnalo alcune risoluzioni votate in Commissione giustizia che sono state impegnative per il Governo, votate sia dalla maggioranza che dall'opposizione, a sollecitare ulteriormente il Governo perché il Trattato di cooperazione giudiziaria e di estradizione con gli Emirati Arabi sia finalmente perfezionato, e ad usare proprio quella Convenzione di Palermo a cui faceva riferimento il senatore Lumia, cioè quei trattati internazionali già approvati bilateralmente dai Paesi interessati, in questo caso da Italia ed Emirati, oltre che alla mai troppo lodata cortesia diplomatica per venire a capo di quelle significative latitanze che da lungo tempo si protraggono.

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola al Procuratore Roberti e ai suoi sostituti colgo l'occasione per ringraziarli già da adesso. Vorrei però precisare che credo che dobbiamo mettere meglio a fuoco i giudizi, perché io penso che – come giustamente anche loro hanno sottolineato – si è avviato un percorso nel quale si incomincia a parlare la stessa lingua, e questo credo che sia un fatto assolutamente positivo da sottolineare.
  Noi abbiamo ripetutamente fatto presente durante i nostri incontri in Canada che sarebbe seguito l'incontro del Procuratore nazionale che aveva rogatorie, cattura di latitanti. Siccome ci guardavano con gli occhi sbarrati, è evidente che qualcosa si sta muovendo, e questo per noi è molto importante. Non siamo ancora alla consegna dei latitanti – vorrei che fosse chiaro – però si è intrapresa la strada per arrivarci.
  Al tempo stesso io credo che per i nostri incontri si possa sottolineare che anche per noi è iniziato un percorso che considero positivo, perché l'interlocuzione soprattutto ad alcuni livelli è stata molto diretta, da parte nostra qualche volta forse abbiamo anche fatto un po’ male, perché nessuno ama sentirsi dire che non bisogna sottovalutare, perché loro ti dicono che non stanno sottovalutando, però il caso del Québec lo dimostra, è stata la politica che ha aperto la strada, e anche qui credo che sarà la stessa cosa, anche perché il Canada non è la stessa cosa degli Stati Uniti.
  Negli Stati Uniti l'esperienza della mafia e di cosa nostra era un fatto storico assodato, che ha consentito ad una persona come Falcone... ma i Falcone adesso non mancano, anche se magari c'è un «Falcone collettivo» nel nostro Paese in questo momento. La situazione del Canada è un po’ diversa da quella degli Stati Uniti, e credo che anche la sensibilità sia molto diversa; intanto siamo pronti ad avere un'interlocuzione con il Ministero degli esteri, se può servire a rinnovare un appuntamento in sede di Nazioni Unite per esportare il modello italiano, che credo sia uno dei prodotti Pag. 16 del made in Italy da non sottovalutare.
  Grazie, procuratore, a lei la parola.

  FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Passerò la parola al collega Del Gaudio per l'approfondimento degli aspetti internazionali, in particolare per quanto riguarda gli Emirati Arabi Uniti.
  Nessuno – men che mai io – ha usato toni trionfalistici e nemmeno tanto ottimistici nel giudicare e valutare la nostra missione in Canada. Abbiamo detto che sul piano dei rapporti è stato fatto qualche timido passo avanti, che poi attende di essere concretizzato sul piano degli apporti che ci verranno dal Canada.
  Abbiamo sottoscritto un documento, vi ho detto e ribadisco che siamo insoddisfatti del livello della interlocuzione che ci è stato proposto. Debbo ribadirlo: quando un capo delegazione viene il primo giorno e il secondo giorno non si presenta senza giustificare l'assenza e lascia che la sottoscrizione del documento sia fatta da un altro rappresentante di livello minore del suo mi sembra un fatto un po’ deludente, che può lasciare adito a qualche perplessità per quanto riguarda l'assunzione di responsabilità che quella sottoscrizione al documento comporta per le autorità canadesi.
  Già Del Gaudio vi ha spiegato che non abbiamo potuto fare, come sempre facciamo, il memorandum of understanding e ci siamo dovuti limitare alle linee guida, perché il memorandum avrebbe comportato un'assunzione di responsabilità che i canadesi non hanno voluto assumersi. Questo quindi è lo stato dell'arte.
  Detto questo, però, certamente un piccolo passo avanti è stato fatto. Io sono totalmente d'accordo con la valutazione del senatore Mirabelli e del resto ho già detto all'inizio che l'aspetto più grave e rilevante non sono i pur gravissimi fatti di sangue che stanno reiterando la faida del 1978. Tra l'altro, ritengo, senatore Lumia, che il duplice omicidio Violi del 1978 sia ancora oggetto di regolamento di conti oggi per gli omicidi in danno dei Violi o dei Violi in danno degli avversari interni alla loro cosca che si sono verificati recentemente: quindi c'è una continuità tra i vecchi fatti e quelli attuali. L'aspetto sicuramente più allarmante è l'investimento di capitali di provenienza illecita nelle attività apparentemente lecite, soprattutto nel settore degli appalti e nel settore pubblico, senza alcun controllo.
  Come dicemmo già l'altra volta, i capitali mafiosi, come i mafiosi stessi quando fuggono, vanno a rifugiarsi dove non c'è controllo, dove non c'è pressione investigativa, dove non ci sono normative adeguate alla prevenzione e alla repressione. Il Canada è uno di questi Paesi e dunque (con questo rispondo anche a una delle domande del senatore Lumia): certo, la vecchia Pizza Connection si fondava su personalità straordinarie come Giovanni Falcone e Louis Freeh, interlocutore americano di Falcone, cioè soggetti che decisero prima di tutti – guardavano molto più lontano degli altri – che bisognava fare indagini insieme.
  Mi ha fatto molto piacere quando lei, senatore Lumia, ha parlato di ponti gettati, perché è stata la stessa espressione che ho usato ieri a Belgrado nel concludere i lavori della Conferenza balcanica, alla quale abbiamo partecipato dopo avere nel maggio scorso sottoscritto un documento insieme a tutti i procuratori dell'area balcanica. Se volete, ve ne parlo, è un documento fondamentale ed è un memorandum che ha visto la sottoscrizione di rappresentanti di tutti i Paesi dell'area balcanica, ai quali si è aggiunta ieri la Romania, tredici Paesi compresa l'Italia che hanno sottoscritto il memorandum di intesa che sta funzionando.
  In quell'occasione, nella conclusione del mio intervento, ieri ho detto: «me ne vado da Belgrado con un senso di grande orgoglio – in quel caso sì – e di senso di responsabilità, perché constato che, mentre in Europa e anche fuori dall'Europa (purtroppo abbiamo visto come sono andate le elezioni americane) ci sono personalità politiche che pensano di alzare muri materiali, ideologici e politici, noi magistrati italiani e dell'area balcanica qui stiamo aprendo strade, stiamo gettando ponti tra i vari ordinamenti giuridici, per superare le Pag. 17difficoltà, e teniamo a sottolineare la necessità che queste nuove strade, questi nuovi ponti siano percorsi insieme, siano attraversati insieme da tutti coloro che hanno a cuore lo sviluppo democratico dell'Europa in una cornice di sicurezza e di giustizia».
  Questo non lo possiamo ancora dire con i canadesi, perché le distanze sono ancora troppo grandi, possiamo soltanto sperare di avviare un processo che porterà domani alle squadre investigative comuni, ma la strada è lunga.
  Sulle squadre investigative comuni magari interverrà Del Gaudio per illustrare quanto stiamo facendo con la Spagna e con l'Olanda, con le quali abbiamo già in corso attività di investigazione comune. Vogliamo farlo anche con quei Paesi dell'area balcanica che non sono ancora entrati nell'Unione europea, perché la disciplina delle squadre investigative comuni riguarda i Paesi dell'Unione europea, ma nulla ci impedisce di farlo anche con Paesi extra Unione europea.
  Forse sono pessimista, ma credo che con il Canada la strada da percorrere sia ancora lunga. Con i Paesi dell'area balcanica, anche non ancora appartenenti alla UE, noi lo faremo; faremo le indagini insieme, perché l'obiettivo è superare il modello rogatoriale, che non funziona e tantomeno funziona con Paesi di common law come il Canada, i quali non hanno i nostri modelli ordinamentali, non hanno le nostre prassi operative, non credono nella possibilità che una rogatoria o una richiesta di assistenza giudiziaria consista nello svolgere indagini insieme o anche da soli nel loro territorio.
  Loro vogliono rispondere a domande quanto più chiare, precise e puntuali sia possibile, perché non ritengono di poter fare altro, mentre noi con i nostri schemi investigativi continuiamo, specie i procuratori calabresi, a chiedere ai canadesi di fare indagini sulle possidenze immobiliari di Franco Roberti che risiede nel Québec, ma non lo faranno mai.
  Per questo sono ferme le rogatorie, perché non è questo il modo che loro accettano per chiedere assistenza giudiziaria, quindi dobbiamo adeguarci, e adeguandoci dobbiamo anche, se è possibile, proporre in un futuro non lontano di poter mandare nostri investigatori ad affiancare investigatori canadesi per fare insieme le indagini sul riciclaggio patrimoniale, che sta già avvenendo nelle attività economiche in Canada. Questo è il punto.
  Com'è la situazione negli altri Paesi? Noi abbiamo un Servizio cooperazione internazionale che abbiamo molto sviluppato nel tempo, abbiamo relazioni e memorandum di intesa con decine (forse una cinquantina) di Paesi, tra i più importanti c'è per esempio la Russia, con la quale abbiamo già sottoscritto un memorandum di intesa nel 2013-2014 sia con la Procura federale russa che con il Comitato investigativo russo, costituito dal Presidente Putin per contrastare la criminalità organizzata e il riciclaggio.
  I russi oggi ci invitano (stiamo valutando l'opportunità di aderire, ma aderiremo) a sottoscrivere un memorandum aggiornato, e lo faremo probabilmente il 12 gennaio andando in Russia. Con la Spagna abbiamo in corso un memorandum di intesa con l'Audiencia Nacional per la cooperazione nel contrasto al terrorismo e alla criminalità organizzata, ma con la Spagna le cose funzionano già molto bene. Faremo un memorandum di intesa con Andorra, che ci tiene moltissimo. Tra l'altro Andorra, che è sempre stato un paradiso fiscale, sta aggiornando la propria legislazione per contrastare i reati fiscali e il riciclaggio, quindi andremo a gennaio anche ad Andorra per sottoscrivere il memorandum.
  La proiezione dell'area balcanica è quella di costituire (di fatto è già costituita) una Conferenza permanente, sulla base della dichiarazione d'intenti che vi ho portato in copia e che vi lascio. Sulla base di questa dichiarazione d'intenti del maggio scorso e del nuovo incontro tenutosi il 7 e 8 di questo mese abbiamo deciso all'unanimità di dare un carattere di permanenza a questa conferenza, che prevede però che ci si incontri almeno una se non due volte all'anno nelle diverse località, con oneri organizzativi e finanziari che bisognerà vedere la disponibilità dei Paesi a sostenere. Pag. 18
  I magistrati fanno infatti una dichiarazione di intenti e si ripromettono di dare natura permanente alla conferenza, ma poi gli oneri organizzativi e finanziari non possono essere affrontati dai magistrati, quindi ci vorrà il supporto politico da parte di tutti i nostri Paesi per dare continuità e carattere di permanenza a questa conferenza.
  Questa è essenziale, perché sapete quanto passa di tutto e di più dall'area balcanica, sia per quanto riguarda i fenomeni migratori che per quanto riguarda i traffici di esseri umani, traffici di armi, contrabbando di merci, traffici di stupefacenti e terrorismo, quindi l'area balcanica è cruciale, così come è fondamentale (qui rispondo all'onorevole Garavini) per quanto riguarda i traffici di migranti.
  Dopo la tragedia di Lampedusa dell'ottobre 2013 noi alla Procura nazionale ci ponemmo il dovere morale, prima ancora che giuridico, di fare qualcosa per organizzare e coordinare il contrasto ai trafficanti di esseri umani e ai trafficanti di migranti, organizziamo riunioni e continueremo a organizzarle, alle quali abbiamo invitato le procure italiane interessate, le procure siciliane innanzitutto, Palermo, Catania e Caltanissetta, ma anche le procure siciliane non distrettuali come Siracusa, le procure calabresi, la procura di Lecce, la procura di Bari, queste sono le procure più impegnate non solo per quanto riguarda i reati connessi all'accoglienza dei migranti, compreso il reato di clandestinità che a nostro sommesso avviso avrebbe dovuto essere abrogato e non lo è stato, ma si occupano anche di contrastare i traffici e i trafficanti di esseri umani.
  Lo scorso anno sono stati arrestati 50 scafisti, si procede nei confronti di oltre 500 persone nelle varie procure, però io sono il primo a dire che il coordinamento che stiamo facendo, invitando anche procure straniere interessate, ancora non funziona bene, perché non funziona ancora bene la cooperazione internazionale con i Paesi di provenienza.
  Noi abbiamo provato e stiamo provando a stabilire un rapporto con la Tunisia di cui parlerà Del Gaudio che lo sta curando direttamente, un rapporto con l'Egitto, e abbiamo sottoscritto due anni fa un memorandum d'intesa con il Procuratore generale egiziano, Hashem Barakat, che fu poi vittima di un attentato ad opera dei Fratelli Musulmani, ma era venuto a Roma a sottoscrivere un accordo per la cooperazione in materia di contrasto ai trafficanti di esseri umani.
  Ci aspettiamo collaborazione dagli altri Paesi europei, anche perché sappiamo che le basi logistiche dei flussi migratori sono anche qui in Europa, cioè ci sono soggetti provenienti dalla Libia, dai Paesi africani che sono stanziati non necessariamente nel nostro Paese, ma in altri Paesi europei per assicurare il supporto logistico a coloro che trafficano e fanno arrivare i migranti in Europa, soprattutto per quanto riguarda i Paesi che rifiutano di accogliere i migranti.
  Questi soggetti che emergono dalle nostre indagini cercano in qualche modo di introdurre in questi Paesi, proprio nei Paesi che non vogliono i migranti, coloro che arrivano e non sanno come entrare nei Paesi dove vorrebbero arrivare. Ci sono anche basi logistiche verosimilmente legate o comunque vicine al mondo del terrorismo internazionale di matrice jihadista.
  Per quanto riguarda gli aspetti internazionali, prego il collega Del Gaudio di rispondere a quello a cui non ho risposto. Anche per quanto riguarda le truffe in danno dell'Unione europea, altra domanda dell'onorevole Garavini, c'è stato un coordinamento promosso da noi con l'OLAF e con le procure siciliane, con la procura di Bari e con la procura di Reggio per coordinare le indagini in materia di truffe all'Unione europea.
  Sulla direttiva antiriciclaggio presso l'Unione europea siamo alle prese con la trasposizione nel nostro ordinamento della Quarta direttiva antiriciclaggio e proprio domani si svolgerà presso il nostro ufficio una riunione per valutare eventuali proposte di integrazione della elaborazione che si sta facendo dell'introduzione della Quarta direttiva nel nostro ordinamento, proposte che a nostro avviso dovrebbero prevedere a livello normativo prassi operative che sono già attuate dalla Procura nazionale antimafia, Pag. 19 soprattutto per quanto riguarda la elaborazione delle segnalazioni di operazioni sospette.
  Oggi, a differenza che nel passato, la segnalazione di operazioni sospette che provengono dal mondo bancario e finanziario sia per quanto riguarda il riciclaggio che per quanto riguarda il contrasto al finanziamento del terrorismo avviene in tempo reale rispetto al momento in cui l'Unità di informazione finanziaria la trasmette agli organi di polizia giudiziaria, che, come sapete, sono la DIA per il riciclaggio mafioso e il Nucleo speciale di polizia valutaria per quanto riguarda il finanziamento del terrorismo.
  Noi abbiamo attivato un sistema per cui i dati trasmessi alle forze di polizia dall'UIF vengono da noi immediatamente elaborati con riferimento alla nostra base dati, quindi da questa elaborazione e dall'incrocio delle segnalazioni con la nostra base dati ricaviamo un accrescimento della conoscenza in ordine ai soggetti segnalati come operatori sospetti e conseguentemente siamo in grado di trasmettere (è avvenuto già molte volte) alle procure competenti queste informazioni come atti di impulso investigativo.
  Oggi, quindi, si è attuato un ciclo virtuoso, per cui le segnalazioni di operazioni sospette vengono immediatamente lavorate, mentre in passato trascorrevano mesi o anni prima che venissero lavorate, ma oggi con il nostro sistema informatico possiamo incrociarle con la nostra base dati e trasmetterle sotto forma di atti d'impulso alle procure distrettuali competenti. È un sistema che sta funzionando bene, certamente per il riciclaggio mafioso, ma anche in alcuni casi per quanto riguarda il finanziamento del terrorismo. Su questo punto vorremmo approfondire, ma forse è il caso di fermarmi qui, salvo vostro diverso avviso.

  MARCO DEL GAUDIO, sostituto procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Cercherò di rispondere per capitoli perché è complicato rispondere segnatamente a tutte le domande.
  Sulle relazioni internazionali il procuratore ha fatto un quadro, noi stiamo procedendo secondo un progetto abbastanza ambizioso ad esaminare gli ostacoli principali che intervengono nella realizzazione delle richieste che provengono dalle direzioni distrettuali, soprattutto con ambiti di disciplina che riguardino le criminalità organizzate di volta in volta considerate. Ecco perché la ’ndrangheta, ecco perché il primo nodo che è venuto al pettine è stato il Canada.
  In questa direzione abbiamo in programma di replicare una sorta di sensibilizzazione a più fasi da un punto di vista culturale sulla presenza, con fornitura degli elementi di indagine che riguardano la ’ndrangheta anche in Australia, di verificare quali sono i livelli di intervento da parte dell'Australia, di cercare di esportare per quanto possibile il sistema italiano, di porre la Direzione nazionale al centro di una sorta di expertise per semplificare le relazioni internazionali.
  In questa prospettiva l'esperienza del Canada ci servirà, perché paradossalmente (in questo rispondo alla sollecitazione del senatore Lumia) forse siamo più avanti nella collaborazione da un punto di vista investigativo piuttosto che sulle estradizioni. È vero che la nostra missione deve essere riempita di contenuti, ma nel frattempo abbiamo stretto un buon rapporto con gli investigatori canadesi, ci hanno mandato le loro indagini, noi manderemo le nostre e le abbiamo già mandate, non è una squadra investigativa comune, e – sono d'accordo con il Procuratore – sarà complicato e sarà molto complicato con tutti con tutti i Paesi di common law effettuare squadre investigative comuni, e verrà anche qui in Italia un investigatore del Canada.
  Per quanto riguarda i Paesi arabi è in corso di preparazione, anche grazie all'iniziativa del Ministero degli esteri, una conferenza analoga a quella che abbiamo effettuato nei Paesi balcanici. Saranno invitati tutti i Paesi nordafricani, Libia compresa, e sarà con ogni probabilità una conferenza che dovrebbe condurre alla sottoscrizione di una dichiarazione di intenti analoga a quella stipulata a Belgrado. Il nostro partner principale in questo lavoro Pag. 20dovrebbe essere la Tunisia, che si è offerta di rappresentare il punto di riferimento anche da un punto di vista organizzativo e finanziario, per quanto il nostro Ministero ha dato la sua disponibilità anche per questo aspetto.
  Abbiamo in corso di stipulazione un memorandum aggiuntivo con la Federazione russa, con l'Argentina, e all'ambasciatore argentino è stata inviata una bozza di memorandum per la valutazione da parte della Procura generale dello Stato argentino, con la Romania.
  È molto importante segnalare che dall'inizio del nostro intervento, peraltro previsto legislativamente in fase di coordinamento, sono state già sottoscritte alcune squadre investigative, due dalla procura di Napoli con la Spagna, una dalla procura di Reggio Calabria con Olanda e Germania, ed è in corso di conclusione (questo è un dato molto importante perché siamo fuori Schengen e fuori Europa) una con l'Albania, perché il nostro memorandum of understanding con l'Albania è molto avanzato e ci consente di effettuare squadre investigative comuni pur essendo fuori dalla legislazione europea. Lo ha chiesto la procura di Lecce e proprio ieri abbiamo ottenuto l'ok della Procura generale di Tirana.
  Il rapporto con gli Emirati Arabi Uniti. Qui il problema è essenzialmente di natura legislativa, nel senso che gli sforzi possono essere effettuati (rispondo anche alla domanda del senatore Lumia sui rapporti sviluppati in passato con gli Stati Uniti e forse non abbastanza con il Canada) e viaggiano sulla buona volontà e le gambe dei soggetti che interpretano le funzioni giudiziarie, ma ovviamente sono necessari i trattati, è necessario avere una base giuridica comune sulla quale poter innestare le richieste di rogatoria.
  Noi abbiamo una forte sofferenza con gli Emirati Arabi, abbiamo un latitante molto importante della camorra napoletana che è certamente rifugiato negli Emirati Arabi, ma abbiamo l'assoluta assenza di un rapporto bilaterale, non ci sono trattati con gli Emirati Arabi e so perché mi è stato confidato al Ministero che è stata lungamente in corso una trattativa per la stipula di un trattato bilaterale, che consenta la mutua assistenza legale anche in materia estradizionale, ma che si è arenata per una serie di problemi oggettivi di natura politica che ovviamente non spetta ai magistrati valutare.
  Abbiamo formulato delle richieste e abbiamo anche la individuazione di un magistrato, un esponente importante della Procura degli Emirati Arabi Uniti, con cui siamo in contatto, che è molto disponibile a fornire informazioni e a dare una mano, ma ovviamente manca un fondamento giuridico sulla base del quale poter avanzare le richieste.
  Per quanto riguarda le truffe in ambito Unione europea abbiamo fatto una riunione molto importante con OLAF relativamente alla infiltrazione della criminalità organizzata nella materia delle truffe in ambito contributi agricoltura, perché si trattava di una sofferenza, evidenziata da un rapporto dell'OLAF, che coinvolgeva molte indagini italiane che rappresentavano la presenza della criminalità organizzata siciliana e calabrese in particolar modo dietro l'organizzazione di grosse truffe per i contributi all'agricoltura, che avevano arrecato danni enormi all'Unione europea.
  Abbiamo evidenziato l'esistenza di un bug rappresentato sostanzialmente dalle agenzie, che istruiscono le pratiche per ottenere i finanziamenti e che spesso sono nelle mani della criminalità organizzata, che spesso fa ottenere contributi per l'agricoltura a soggetti del tutto inventati o privi dei requisiti perché ad esempio non hanno il terreno per ottenere questi contributi, causando un danno notevolissimo.
  Sono state coinvolte tutte le procure anche non distrettuali, perché spesso questo fenomeno emerge a livello unicamente di truffa e non si percepisce l'esistenza della criminalità organizzata alle spalle di questa attività, e abbiamo coinvolto alcune procure siciliane (anche Palmi che non è una procura distrettuale), la procura di Reggio Calabria, la procura di Palermo, sono state fatte delle relazioni e in questo settore abbiamo ottenuto un rapporto da parte dell'OLAF e cercheremo di seguire Pag. 21ulteriormente gli sviluppi anche attraverso un nuovo memorandum con l'OLAF.
  Per le squadre investigative comuni abbiamo delle esperienze positive, non sempre esportabili, soprattutto nei Paesi in cui non esistono strutture investigative di livello giudiziario con le quali avere un rapporto. La legge italiana ipotizza la possibilità di effettuare una squadra investigativa comune con la presenza del pubblico ministero, che in questa circostanza assume il ruolo di direttore della squadra investigativa comune, ma spesso questo problema si pone con organizzazioni investigative prive di questa figura, per cui è più complicato modularle, non che non si possa farle, ma è semplicemente più complicato.
  L'ultima annotazione sulla questione della tratta di esseri umani e dei profughi. La Procura nazionale si è assunta un onere di coordinamento delle attività, spingendosi fino a rendersi interlocutore giuridico privilegiato per la missione Eunavfor Med, che, come saprete, non ha assolutamente funzioni di polizia giudiziaria, abbiamo cercato di coordinare le attività gestendo il flusso di informazioni che derivano da questa missione multilaterale, quindi non italiana, per cui ovviamente fino a un certo punto era possibile alla Direzione nazionale porsi come interlocutore rispetto ad assetti operativi appartenenti ad altre nazioni.
  Il flusso informativo non è stato insoddisfacente da un punto di vista numerico, ma qualitativamente sì, nel senso che non si può spingere la direttiva della Direzione nazionale a far fare la polizia giudiziaria chi polizia giudiziaria non è, ma abbiamo raccolto moltissime informazioni e abbiamo pensato di modificare le richieste che ci vengono dalle procure distrettuali per ottenere in maniera rapida alcuni elementi chiave, che possono essere accolti dagli scafisti e dai soggetti vittime della tratta, che possono descrivere alcuni profili.
  Siamo in corso di valutazione, anche perché la missione Eunavfor Med ha spesso cambiato la catena di comando, per cui stiamo valutando questa ulteriore direttiva.

  FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Fatemi aggiungere un'ultima cosa, perché mi sono accorto di aver eluso la domanda dell'onorevole D'Uva sul Parco dei Nebrodi e sulle agromafie.
  Sul Parco dei Nebrodi stiamo seguendo molto da vicino le indagini sull'attentato a Giuseppe Antoci, che sono ancora in corso e sulle quali allo stato non si può ovviamente dire niente. Immagino che, essendo in corso indagini, ci sia anche un elevato livello di attenzione sul fenomeno delle infiltrazioni in quel settore, anzi me lo auguro ma credo assolutamente di sì, non le posso dare la certezza, ma ritengo di sì.
  Più interessante in questo momento è il tema delle agromafie. Come ho detto recentemente al convegno organizzato dalla Coldiretti a Villa D'Este, ritengo che parlare di agromafie sia riduttivo rispetto a questo fenomeno, così come parlare di ecomafie rispetto ai reati ambientali è riduttivo, perché non è soltanto un fatto di criminalità organizzata di tipo mafioso, è un fatto di criminalità in quel caso ambientale e in questo caso agroalimentare, che vede coinvolti innanzitutto gli imprenditori e i produttori senza scrupoli, i quali mettono in commercio prodotti contraffatti o non rispondenti alle componenti dichiarate e li affidano – a volte, non sempre – a circuiti criminali per la loro distribuzione.
  Pensate per esempio alle indagini – per noi napoletani famose, ma che hanno avuto risonanza anche a livello nazionale – sulla Parmalat di Tanzi che si affidò al clan dei casalesi per la distribuzione dei prodotti Parmalat nella provincia di Napoli e Caserta.

  GIUSEPPE LUMIA. Mi scusi, procuratore, si collegarono anche a Palermo...

  FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Sì, certo. Il problema delle agromafie è però anche un problema di cooperazione internazionale, perché spesso i prodotti contraffatti che arrivano sui banconi di vendita del nostro Paese provengono dall'estero, quindi, avendo una legislazione adeguata quale non abbiamo Pag. 22 ancora, sarebbe necessaria una stretta cooperazione internazionale.
  Qui c'è il progetto di legge della commissione Caselli (la chiamo così perché è presieduta da Giancarlo Caselli), che, come abbiamo scritto anche nella nostra relazione dell'anno scorso, presenta delle soluzioni normative molto avanzate e sicuramente condivisibili, si tratta soltanto di prenderle in esame da parte del Parlamento e auspico che il Parlamento le prenda quanto prima in esame.
  In aggiunta a quello che ha detto Del Gaudio a proposito dei rapporti di Eunavfor Med, forse il mio discorso di prima è rimasto in sospeso, ma quando, dopo la tragedia di Lampedusa, decidemmo di fare qualcosa di concreto per favorire il contrasto ai trafficanti di esseri umani e ai trafficanti di migranti ponemmo al centro della nostra operatività la redazione di linee guida, che abbiamo trasmesso a tutte le procure interessate e a tutte le forze che operavano in mare.
  Tali linee guida si ponevano come primo obiettivo la salvaguardia delle vite umane in mare e in secondo luogo il contrasto ai trafficanti di esseri umani nel rispetto delle convenzioni e della normativa sovranazionale per quanto riguarda soprattutto il contrasto in acque internazionali.
  Da qui c'è stata tutta una produzione giurisprudenziale molto avanzata, che anche a livello di Corte di cassazione ha confermato le nostre linee guida operative. Purtroppo, però, devo ribadire che da quando esiste la missione Eunafor Med si è rarefatto il rapporto tra le forze che operano in mare e le autorità giudiziarie territorialmente competenti, nel senso che non arrivano informazioni qualitativamente utili per quanto riguarda le attività di coordinamento e di impulso investigativo.
  Non mi chiedete da cosa dipenda, perché potrei fare soltanto ipotesi che non interessano a nessuno, però il dato di fatto è questo. Oggi ci poniamo il tema del rilancio del coordinamento dell'azione di contrasto ai trafficanti di migranti attraverso un maggiore coordinamento e un migliore scambio informativo a livello internazionale. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a tutti. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 22.10.