XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 127 di Martedì 15 dicembre 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori.
Bindi Rosy , Presidente ... 3 

Audizione di Isaia Sales, professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli.
Bindi Rosy , Presidente ... 3 
Sales Isaia , professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli ... 3 
Vecchio Andrea (SCpI)  ... 10 
Sales Isaia , professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli ... 10 
Bindi Rosy , Presidente ... 11 
Vecchio Andrea (SCpI)  ... 11 
Sales Isaia , professore di storia delle mafie presso l'università suor Orsola Benincasa di Napoli ... 11 
Vecchio Andrea (SCpI)  ... 11 
Mattiello Davide (PD)  ... 12 
D'Uva Francesco (M5S)  ... 12 
Bindi Rosy , Presidente ... 12 
D'Uva Francesco (M5S)  ... 12 
Costantino Celeste (SI-SEL)  ... 12 
Bindi Rosy , Presidente ... 13 
Sales Isaia , professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli ... 13 
Bindi Rosy , Presidente ... 15 
Sales Isaia , professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli ... 15 
Bindi Rosy , Presidente ... 15 
Sales Isaia , professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli ... 15 
Bindi Rosy , Presidente ... 15 
Sales Isaia , professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli ... 15 
Bindi Rosy , Presidente ... 16 
Sales Isaia , professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli ... 16 
Mattiello Davide (PD)  ... 17 
Sales Isaia , professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli ... 17 
Vecchio Andrea (SCpI)  ... 18 
Sales Isaia , professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli ... 18 
Costantino Celeste (SI-SEL)  ... 18 
Sales Isaia , professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli ... 18 
Bindi Rosy , Presidente ... 18 
Sales Isaia , professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli ... 19 
Bindi Rosy , Presidente ... 19 
Sales Isaia , professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli ... 19 
Bindi Rosy , Presidente ... 19 
Sales Isaia , professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli ... 19 
Bindi Rosy , Presidente ... 20 
Sales Isaia , professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli ... 20 
Vecchio Andrea (SCpI)  ... 20 
Sales Isaia , professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli ... 20 
Costantino Celeste (SI-SEL)  ... 20 
Sales Isaia , professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli ... 20 
Mirabelli Franco  ... 20 
Sales Isaia , professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli ... 21 
Bindi Rosy , Presidente ... 21 
Sales Isaia , professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli ... 21 
Bindi Rosy , Presidente ... 21 
Sales Isaia , professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli ... 21 
Costantino Celeste (SI-SEL)  ... 21 
Sales Isaia , professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli ... 21 
Vecchio Andrea (SCpI)  ... 22 
Sales Isaia , professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli ... 22 
Bindi Rosy , Presidente ... 22 
Sales Isaia , professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli ... 23 
Bindi Rosy , Presidente ... 23

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE ROSY BINDI

  La seduta comincia alle 13.55.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che se non vi sono obiezioni la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di Isaia Sales, professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di Isaia Sales, professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli.
  L'audizione odierna del professor Isaia Sales, autorevole studioso della camorra – e di recente autore di un pregevole volume sulla storia dell'Italia mafiosa, appena pubblicato, che non solo consiglio ma in un certo senso obbligo a leggere – si svolge nell'ambito del filone di inchiesta avviato con l'audizione del professor Salvatore Lupo del primo dicembre scorso su mafia e antimafia, cioè sulle caratteristiche e sull'evoluzione non solo del fenomeno mafioso ma anche, al contempo, del movimento civile dell'antimafia, allo scopo di approfondire gli elementi contraddistintivi anche di quest'ultimo e di individuarne contestualmente alcuni limiti e contraddizioni, pure evidenziati da recenti fatti di cronaca.
  L'obiettivo è quello di svolgere una ricognizione degli strumenti culturali, sociali, associativi e istituzionali che hanno consentito e consentono di svolgere un presidio contro i condizionamenti della criminalità organizzata realmente efficace per salvaguardare e rilanciare un ricco patrimonio di esperienze e prassi che tanto ha dato alla storia civile di tutto il nostro Paese.
  A questo fine appare altresì necessario individuare in prospettiva anche eventuali elementi che in questo settore abbiano impropriamente e indebitamente utilizzato la categoria dell'antimafia per perseguire finalità diverse da quelle del contrasto ai poteri mafiosi.
  Do pertanto la parola al professor Sales che, ricordo, abbiamo ascoltato anche in occasione della missione dello scorso settembre a Napoli e che nella sede plenaria della Commissione antimafia torniamo a ringraziare per il contributo che da lungo tempo ha fornito con i suoi studi alla conoscenza della mafia e della camorra, e che oggi vorrà fornire anche in questa occasione.

  ISAIA SALES, professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Grazie a voi per l'invito. Faccio innanzitutto una premessa: la storia dell'antimafia è recente, ma il movimento antimafia non è recente; anche la contrapposizione alla camorra storica non è recente. Noi abbiamo notizia e abbiamo preso in considerazione l'esistenza di un movimento antimafia solo dopo la morte di Pio La Torre, Dalla Chiesa e poi dopo l'uccisione di Falcone e Borsellino, ma è la stampa, è la televisione che scopre l'antimafia; Pag. 4non è che in quel periodo storico nasce l'antimafia.
  Anche per quanto riguarda la camorra, la contrapposizione alla camorra dal punto di vista politico e sociale si può dire cominci con la nascita della camorra, ma è una contrapposizione molto diversa da quella della mafia. Mentre la mafia intreccia la sua storia con la lotta per la terra e per l'emancipazione del movimento contadino, la camorra non ha queste caratteristiche, perché la camorra è criminalità urbana fin dal suo inizio. Essa nasce nella città di Napoli, nasce nelle carceri della città di Napoli, grosso modo attorno al 1820.
  Quando la camorra si estende nelle campagne, le campagne che circondano Napoli non hanno una presenza del latifondo, ma sono piccoli appezzamenti di terra, e dunque, quando nasce una camorra rurale – per dirla in questo modo, ma il termine non è preciso – insomma quando dalla città la camorra si sposta anche nei comuni attorno a Napoli, le caratteristiche dei camorristi sono caratteristiche di sensali, mediatori di merci agricole, di prodotti agricoli, non difensori della proprietà.
  In Sicilia, invece, il movimento antimafia è un movimento guidato politicamente e guidato sindacalmente, perché la rivendicazione dei contadini è la rivendicazione della terra e tra i difensori delle condizioni arretrate delle campagne siciliane, oltre ai politici, ci sono i mafiosi. Dunque, la mafia entra più della camorra nelle questioni sociali, nelle questioni della proprietà terriera, cosa che invece non succede per la camorra.
  Mentre nella repressione della mafia si può parlare storicamente di impunità fino al 1982, quindi fino al maxiprocesso di Falcone, per la camorra dobbiamo parlare di tolleranza delle istituzioni. Quindi, mentre l'atteggiamento dei ceti dirigenti – per questi dobbiamo intendere le istituzioni, le forze politiche e soprattutto la magistratura – nei confronti della mafia è di impunità, perché c’è una condivisione degli obiettivi sociali della mafia, cioè la difesa della proprietà e degli assetti sociali di quella realtà, per la camorra napoletana invece l'atteggiamento della magistratura è di contenimento del fenomeno sociale.
  In che modo avviene questo contenimento del fenomeno sociale ? La camorra napoletana è innanzitutto un fenomeno della plebe napoletana; non è un fenomeno dei ceti medi, non è un fenomeno dei ceti proprietari, è un fenomeno della plebe. Tale fenomeno è comune ad altre grandi città nell'Ottocento, è un fenomeno comune alle città sovraffollate. In maniera particolare Parigi e Londra hanno delle caratteristiche comuni con quella di Napoli città. La differenza è semplice: mentre la modernizzazione di Parigi e Londra riassorbe la plebe e consente un passaggio di classe – o verso la classe operaia o verso i ceti medi o verso la piccola borghesia – e relega in periferia una parte dei ceti che non vengono riassorbiti dalla modernità, a Napoli invece tutto ciò non avviene, per mancanza di risorse, per mancanza di possibilità, per mancanza di opportunità, per altre ragioni storiche.
  Ma è lo stesso fenomeno che registriamo a Parigi e a Londra e che la letteratura ci trasmette con diversi scrittori. Se si vuole approfondire la Napoli dell'Ottocento e si legge Mastriani, si troveranno cose molto simili a Balzac, molto simili a Hugo, molto simili a Dickens. Il mondo che loro raccontano, dei bassifondi della città, è abbastanza simile.
  A Napoli, dunque, resiste un blocco plebeo molto forte che deve la sua sopravvivenza alla tolleranza delle attività illegali. Se non ci fosse stata una tolleranza per le attività illegali, la plebe napoletana sarebbe esplosa. Una delle caratteristiche storiche di Napoli, nonostante molti storici ne vantino questa indisciplina, è che Napoli è una città che non è mai esplosa, nonostante le sue fortissime contraddizioni sociali, molto più forti di altre città europee. La non esplosione di Napoli – Napoli esplode solo con la rivolta di Masaniello e la stessa nascita dell'Unità d'Italia non si accompagna a grandissimi sommovimenti sociali e politici, poiché Pag. 5Napoli è una città che non esplode – è dovuta al fatto che i ceti che tradizionalmente dovrebbero essere i ceti più stanchi della situazione attuale, più polemici con la situazione che si viene a creare, invece, godendo della tolleranza delle classi dirigenti, riescono a sopravvivere.
  Quindi, si può quasi dire che storicamente la camorra napoletana concorre agli equilibri sociali della città e, concorrendo agli equilibri sociali della città, si determina un atteggiamento particolare tra classe dirigente della città – e in classe dirigente intendiamo anche la magistratura – e camorra. Qual è la linea che si ritiene la camorra non debba superare ? È di non dare fastidio alle classi dirigenti e alla loro proprietà; in secondo luogo, di non mettersi in testa sommovimenti sociali, ridurre il numero delle vittime. La camorra napoletana riesce in questa impresa che, pur essendo fortemente radicata e pur avendo un bacino sociale di riferimento molto alto, riesce a contenere e a limitare la violenza.
  Circa le forme in cui tutto ciò avviene, ne accenno qualcuna. Per esempio, i camorristi sono una setta segreta, ma tutti a Napoli sanno chi sono, perché si vestono in un certo modo. Napoli è una città sovraffollata, ha strade strettissime; se vieni dalla provincia, ti capita di passare per strada e di urtare una persona malavitosa e non sai chi è, quello, per ribadire il suo prestigio di fronte agli altri, deve offenderti. Ma se tu sai chi è e lo vedi da lontano, lo eviti; quindi, il mostrarsi è una forma di riduzione della violenza. Questa è una delle prime caratteristiche.
  A Napoli si contiene la violenza anche attraverso delle forme particolari, come l'uso del coltello. La camorra non ammazza, abitualmente, ma sfregia i propri avversari, le donne se le ritiene infedeli o gli avversari. Lo sfregio è più utile dell'assassinio, perché con lo sfregio si porta in maniera permanente l'offesa e quindi si può anche evitare l'assassinio.
  Napoli non è la città con il maggior numero di morti ammazzati a fine Ottocento. A fine Ottocento la regione che ha il maggior numero di morti ammazzati per delitti d'onore è la Romagna; non è Napoli, né tanto meno la Campania. La città in assoluto che ha il maggior numero di morti ammazzati per abitanti è la città di Ardea, nel Lazio, non in Campania né tanto meno in Sicilia. Quindi, le modalità di manifestarsi della camorra è un limitare la violenza gratuita. Le classi dirigenti in qualche modo favoriscono questa modalità. Tollerano fino a quando non c’è grande clamore su determinati delitti.
  Il caso più clamoroso di questo ordine nel disordine della camorra napoletana avviene quando Garibaldi sta per arrivare a Napoli. Quando Garibaldi arriva da Salerno a Napoli in treno non ha bisogno di nessun esercito attorno, non ha bisogno di niente in particolare, perché il prefetto dei Borbone, che si chiama Liborio Romano, di fronte al fatto che non sa come tutelare la città da eventuali disordini per la presenza di Garibaldi, decide di inquadrare nella Guardia nazionale – cioè nella polizia – tutti i capi camorra di Napoli. Li chiama, ne chiama il capo, che si chiama Tore'e Criscienzo (Salvatore De Crescenzo) e dice loro che hanno una possibilità di emanciparsi, in quanto intende affidare loro il controllo dell'ordine pubblico a Napoli. Quindi dà loro una fascia tricolore. Il passaggio dai Borbone a Garibaldi, quindi, avviene sotto l'egida dei camorristi.
  È un esempio storico, riportato nelle memorie. Se andate a Napoli, sotto il monumento a Garibaldi, in Piazza Garibaldi, vedrete che tra le persone ritratte sotto c’è la Marianna, che non si sa storicamente se fosse la moglie o la cugina di Tore'e Criscienzo, a fianco di Garibaldi quando arriva a Napoli.
  La prima iniziativa antimafia spetta a Silvio Spaventa. Silvio Spaventa è un napoletano non di origine, un napoletano che è stato per lunghi anni in esilio; arriva a Napoli, diventa prefetto di polizia e la prima cosa che vede è che i capi della camorra sono diventati tutti poliziotti. Quindi, la prima cosa che fa è reprimere; tutti i camorristi vanno sotto Pag. 6casa sua, ma si salva dal linciaggio perché riesce a scappare. Il suo è il primo provvedimento anticamorra che viene fatto e siamo nel 1862.
  Nel 1863 l'iniziativa repressiva nei confronti della camorra arriva in maniera più forte con la cosiddetta «legge Pica». La legge Pica è la legge contro il brigantaggio, ma se andate a vedere il titolo della legge trovate che è la legge per reprimere il brigantaggio e i camorristi. Dunque, già nel titolo della legge c’è la parola «camorrista», perché vengono unificati briganti urbani e camorristi.
  La legge Pica va messa all'interno di una delle tante iniziative per porre un limite, perché la strategia anticamorra è di contenimento del danno, non è mai di repressione, è di non far superare una certa soglia alle attività illegali. Quando le attività illegali superano una certa soglia, a discrezione delle classi dirigenti arriva la repressione.
  Se dovessimo fare un paragone, storicamente, tra mafiosi e camorristi, i camorristi sono stati di gran lunga più repressi dei mafiosi e degli ’ndranghetisti. Ma questa repressione ha degli alti e bassi, a volte incomprensibili. Nel 1863 migliaia di camorristi vengono presi e mandati nelle isole, fuori da Napoli.
  In questo periodo storico, la contrapposizione alla camorra è soprattutto di tipo politico. È la nascita del partito socialista a Napoli che determina una svolta nella considerazione della camorra come un elemento di pericolo pubblico, un elemento da eliminare.
  Insieme al partito socialista, a Napoli nasce un giornale che si chiama La propaganda. Questo giornale, che svolge una funzione notevolissima dal punto di vista della lotta alla camorra, prende di mira un parlamentare napoletano che si chiama Casale; lo considerano un camorrista e lo scrivono apertamente. Casale ha come punto di riferimento a Napoli il sindaco Summonte. I socialisti lo accusano di avere voti dalla camorra e Casale querela il giornale La propaganda. Vanno al processo e stranamente nel processo il Casale ha torto, quindi il magistrato riconosce che le accuse nei confronti di Casale sono giuste. A quel punto il Governo nazionale scioglie il consiglio comunale di Napoli e manda una commissione di un senatore dello Stato, che si chiama Saredo, quindi la commissione Saredo.
  Per chi ha voglia di leggere qualcosa – lo trovate anche qui alla Biblioteca della Camera – della commissione Saredo, potrebbe trovarla assolutamente attuale. Le cose che lì vengono scritte, nell'inchiesta Saredo, sulla vendita di posti al comune, sulla vendita di varie prebende, è impressionante. Stiamo parlando del 1900.
  Contemporaneamente allo scioglimento del consiglio comunale di Napoli viene sciolto anche il consiglio comunale di Palermo. Anche lì c’è una commissione che stabilisce come funziona il comune di Palermo, però se volete uno scioglimento prima del tempo di un consiglio comunale bisogna andare a Reggio Calabria: il primo consiglio comunale sciolto dopo l'Unità d'Italia, nel 1869. Chi dice che la ’ndrangheta è un fenomeno degli ultimi trent'anni dovrebbe riguardare lo scioglimento del 1869.
  L'iniziativa anticamorra in quel periodo storico è un'iniziativa di ordine politico: gli oppositori del sistema, cioè i socialisti dell'epoca, tra cui c’è un giovane Antonio Labriola, insieme con Arturo Labriola, altro personaggio politico di rilievo nella Napoli prima della prima guerra mondiale. È una contrapposizione di sistema; sono oppositori di sistema quelli che dicono che, in fondo, quel sistema si regge sull'intreccio con la criminalità.
  Se vogliamo vedere la differenza profondissima tra una politica di impunità verso la mafia e una politica di tolleranza verso la camorra, sono due processi quasi contemporanei: il processo Cuocolo, dal 1904 fino al 1911, grosso modo, e il processo Notarbartolo. L'omicidio Notarbartolo è del 1893. Ebbene, nel processo Notarbartolo – sicuramente conoscete la storia, è l'ex sindaco della città, direttore del Banco di Sicilia – è Pag. 7accusato un parlamentare, il parlamentare di maggioranza Palizzolo. Arrivano diversi processi e alla fine Palizzolo viene ritenuto innocente, dal momento che all'epoca non esistevano formule così sofisticate come adesso. In ogni caso, al terzo processo Palizzolo viene considerato innocente e quando torna in Sicilia una grandissima folla lo accoglie, perché la Sicilia ha sentito il processo come un processo alla Sicilia, come un processo alle classi dirigenti. L'impunità di Palizzolo è l'impunità delle classi dirigenti e dei rapporti stretti che hanno con la criminalità.
  Succede il contrario, invece, nel processo Cuocolo. Tenete conto che all'epoca il Mattino di Napoli, nel processo Casale-Propaganda, si era schierato dalla parte di Casale, cioè aveva assunto la difesa totale della classe dirigente. La coppia Cuocolo erano due basisti di furti: lei viene uccisa nella sua casa, lui viene ucciso su una spiaggia a Torre del Greco. La polizia fa le indagini, dopodiché un capitano dei Carabinieri, un certo Fabroni, dice che il questore è inadeguato, che ha connivenze con la criminalità, e decide di occuparsi delle indagini.
  Il capitano Fabroni individua un pentito. Quindi, il primo pentito ufficiale della storia è nel processo Cuocolo: si chiama Abbatemaggio ed è importante perché è un falso pentito. Abbatemaggio non dice la verità; dice quello che gli suggerisce il capitano Fabroni. È uno dei processi, nella storia della criminalità, in cui le prove sono totalmente truccate. Lo scopo è reprimere tutti i capi della camorra, perché – questo racconta la storia dell'epoca – un parente del re era andato in un circolo che frequentava abitualmente e vi aveva trovato dei camorristi, quindi aveva chiesto a suo cugino il re come fosse possibile che nei loro ambienti dovessero vedere addirittura la presenza di camorristi arricchiti, che vestivano bene e – così disse – «ci contendono i nostri luoghi e le nostre donne».
  Quindi, ci fu una scelta di reprimere e questa repressione fu facile perché i rapporti, che pure esistevano, tra politica e camorra non erano così stretti come invece erano stretti in Sicilia. Erano rapporti esistenti, ma non erano stabili, non erano duraturi, le alleanze cambiavano di volta in volta.
  Pensate che tutti i capi della camorra di inizio Novecento finiscono in galera ingiustamente. Abbatemaggio ritratta sotto il fascismo e dice di essersi inventato tutto, ma il regime decide di non concedere la grazia e di fargli scontare qualche anno di carcere in meno senza riaprire il processo. Quando c’è il delitto per cui viene accusato il figlio di Piccioni, lui ritorna in campo e dice di essere al corrente di diversi fatti. Quindi, nel processo Cuocolo vi è questa particolare figura di pentito.
  Come vedete, tutti i capi camorra implicati vengono condannati con un falso pentito, perché la classe dirigente di Napoli ha deciso di mettere un freno. In Sicilia, c’è un parlamentare coinvolto, viene assolto e tutta la città in qualche modo lo difende. A Napoli, invece, tutta la stampa, compreso il Mattino, che prima si era ribellato all'idea che Napoli fosse una città di camorra, proprio il Mattino invece dà molte notizie sul fatto che bisogna liberarsi dei camorristi. Vedete come cambiano le posizioni a seconda delle circostanze.
  Dopo il processo Cuocolo comincia un periodo di difficoltà della camorra napoletana, perché il processo Cuocolo coincide con due operazioni straordinarie nella città di Napoli. La prima è il risanamento del centro storico di Napoli, dopo il colera che aveva colpito la città a fine Ottocento. La Napoli che vedete arrivando dalla stazione è la Napoli che viene trasformata in quel periodo storico, laddove una gran parte delle condizioni igieniche più disastrose della città, attorno al porto, vengono rimosse e comincia l'industrializzazione di Napoli. Naturalmente non voglio stabilire nessun nesso fra le due cose, ma contemporaneamente a una prima modernizzazione igienico-sanitaria di Napoli e alla prima industrializzazione di Napoli, che comincia nel 1904 con le leggi speciali di Pag. 8Nitti, la camorra che viene repressa non si riprende, ma si sposta molto più in periferia che a Napoli città.
  Quando arriva il fascismo – anche questo è un episodio poco conosciuto – insieme al prefetto Mori, che fa un'opera di «antimafia repressiva» in Sicilia, a Napoli Mussolini scioglie la provincia di Caserta, chiamando quella realtà una realtà di «latrones» abituati a non seguire le leggi, e manda il capitano dei Carabinieri Anceschi a fare una durissima repressione nei Mazzoni, cioè nella zona attualmente controllata dai casalesi.
  Quindi, il fascismo opera una repressione in Sicilia, ma opera una fortissima repressione nella terra dei Mazzoni. Quella dei Mazzoni è una terra di bufale; le persone camminano armate e sono abituate a camminare armate anche quando tornano nel loro paese, perché debbono controllare posti molto estesi; vanno a cavallo e sono abituati a girare armati. Dunque, anche quando arriva il fascismo, trova una camorra più presente nella provincia che a Napoli città. A Napoli città sembrano essersi scompaginati i vecchi meccanismi e pare che formalmente la camorra storica venga sciolta nel 1915 per ragioni patriottiche, si racconta. C’è la guerra in corso.
  Peraltro, i riti nella camorra, già nel processo Cuocolo, sono molto ridotti rispetto alla tradizione della mafia e della ’ndrangheta, perché la camorra urbana è meno strutturata dal punto di vista dei riti. Mentre la mafia ha toccato, anche se avversari del suo modo di intendere, una parte della classe dirigente con alcuni delitti, la camorra non ha mai toccato la classe dirigente con le sue attività e con i suoi delitti. Recentemente è stato pubblicato uno studio di un sociologo italiano che lavora negli Stati Uniti che ha dimostrato come le diverse strutture della mafia, della camorra e della ’ndrangheta – una struttura verticale e una struttura orizzontale – portino a questa conseguenza: le mafie che hanno una struttura verticale registrano un minor numero di morti e un maggior numero di morti politici, nel senso di obiettivi politici. Ciò avviene perché, potendo ragionare sugli avversari, loro limitano la violenza per quanto riguarda le persone comuni, ma la concentrano contro gli avversari delle istituzioni. Invece, le strutture orizzontali come la camorra hanno un altissimo numero di morti ammazzati tra la gente comune e un bassissimo numero di morti nei confronti delle istituzioni. Ecco perché la camorra fino agli anni Settanta non ha fatto una grandissima presa sull'opinione pubblica nazionale, perché non commetteva delitti politici. Non ha mai commesso delitti politici, tranne a livello locale.
  Se guardiamo al numero di magistrati in Sicilia e al numero di magistrati in Campania, noi possiamo registrare due tentati omicidi, uno nei confronti del giudice Lamberti (viene poi ammazzata la figlia Simonetta) e l'altro verso il giudice di Avellino Gagliardi nel 1981, tentativo che non va a buon fine. Quindi, non abbiamo nessun magistrato, non abbiamo nessun vertice delle istituzioni colpito dalla camorra. Abbiamo solo due sindacalisti locali ammazzati dalla camorra e un numero sterminato di imprenditori, di assessori, di consiglieri comunali e anche alcuni sindaci, e ciò avviene soprattutto dopo il terremoto.
  Nel secondo dopoguerra, la camorra si confonde con una serie di attività di sopravvivenza. Il motivo per cui non c’è una grandissima opera di repressione della camorra è perché nel dopoguerra il contrabbando si riteneva una struttura di equilibrio nella vita della città. Queste non sono analisi, ma sono dichiarazioni della Guardia di finanza e del mondo politico.
  Vi voglio ricordare che a Napoli a metà degli anni 1970 un sottosegretario di Stato incontrò le delegazioni dei contrabbandieri nella questura di Napoli, perché era in atto uno sciopero dei contrabbandieri e si ritenne giusto concordare con loro.
  I contrabbandieri si lamentavano della fortissima repressione, dopo decenni in cui lo Stato aveva lasciato fare. Loro ritenevano che il contrabbando fosse la Fiat di Pag. 9Napoli, come diceva il capo dei contrabbandieri, Michele Zaza, e quindi davano un colpo all'economia.
  Vi ricordo che a Napoli era possibile comprare le sigarette di contrabbando sotto la prefettura e sotto la questura e che spesso scendevano i poliziotti dalla questura e dalla prefettura a comprare le sigarette di contrabbando.
  Il contrabbando era considerato un'attività economica para-legale, che tutto sommato dava lavoro a migliaia di persone. Non si comprese allora – o forse non si volle comprendere – che era già un'attività di tipo mafioso. Infatti, è grazie al contrabbando di sigarette che la camorra stabilisce relazioni internazionali, sostituisce i marsigliesi e comincia a essere criminalità locale e globale.
  La differenza con il traffico della droga è che, mentre per il contrabbando c'era una grandissima tolleranza, perché prima dell'iscrizione dei teschi sulle sigarette si riteneva che non fosse un'attività dannosa, con la droga cambia il consenso sociale. Pertanto, il consenso sociale fortissimo verso la camorra si è interrotto dopo il contrabbando di sigarette.
  A quel punto, comincia un'altra storia, una storia di presenza fortissima della camorra. Anche qui si ripete la storia di fine 1800. La contrapposizione non avviene per via istituzionale, ma avviene per via politica. È il partito comunista in quegli anni a cominciare una battaglia frontale nei confronti della camorra, pagandone il prezzo, con alcuni consiglieri comunali, con alcuni assessori e con alcuni sindacalisti.
  Il primo convegno storico sulla camorra, dopo decenni, avviene nel 1981. È la prima volta che si torna a parlare di criminalità, perché c’è Cutolo, che è una novità assoluta nella storia della camorra. Infatti, Cutolo cerca di fare quella struttura verticale che la camorra non aveva. Lui era alleato degli ’ndranghetisti calabresi.
  Tuttavia, la nuova famiglia, il cartello che si contrappone a Cutolo, non accetta questa verticalizzazione e, quindi, tutti i tentativi di riportare la camorra a una struttura mafiosa verticale si infrangono, prima quello di Cutolo e successivamente quello dell'alleanza di Secondigliano. Ciò vale anche per la vicenda dei Casalesi, che hanno una funzione di verticalizzazione a Caserta, ma non riescono a diventare punto di riferimento.
  La contrapposizione alla camorra, quindi, è di ordine politico-sindacale. Qui non abbiamo i morti ammazzati che si hanno in Sicilia.
  Immagino che il professor Lupo abbia ricordato i cinquanta morti ammazzati nel secondo dopoguerra, tutti sindacalisti. Nessuno di quei delitti viene punito. A fine 1800 ci sono stati più di cento morti ammazzati per i Fasci siciliani. Questi avevano contro i padroni delle terre, la polizia e i mafiosi. Erano tre strutture che contemporaneamente erano contro. Quando si chiede se i meridionali abbiano reagito, verrebbe voglia di rispondere: «Provaci tu a contrapporti frontalmente, non solo alla polizia, non solo ai proprietari, ma anche ai mafiosi». Nessuno di quei delitti viene punito.
  Noi non abbiamo la stessa cosa. A eccezione di qualche scaramuccia fuori le fabbriche conserviere, la camorra non agisce in difesa dei proprietari terrieri, per le caratteristiche che vi ho illustrato pocanzi. Infatti, anche a Napoli città la camorra funge da mediazione per diritti che in quel momento la fiducia nello Stato non è tale da soddisfare. In qualche modo, la camorra svolge una funzione di giudice di pace in alcune realtà dei quartieri napoletani, mentre fuori ha un'attività di mediazione delle merci.
  Attenzione: se ad Amsterdam all'inizio del 1900 il mercato dei fiori è regolato da una figura pagata dallo Stato, che fa i prezzi, a Napoli i prezzi sono stabiliti da alcuni di questi guappi. Pascalone ’e Nola era colui che faceva il prezzo delle patate. Ogni giorno bisognava stabilire il prezzo: ad Amsterdam c'era un funzionario dello Stato che stabiliva a quanto si vendevano i fiori quel giorno; a Napoli c'era un uomo della malavita che stabiliva qual era quel giorno il prezzo delle patate.

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  ANDREA VECCHIO. Ancora oggi ?

  ISAIA SALES, professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Oggi no. Sul pomodoro ci sono prezzi quotidiani, ma in gran parte i prezzi sono stabiliti dalla legge. Formalmente non possono andare oltre una certa soglia, però qualche volta ci vanno. Per fortuna, non siamo più in quella situazione.
  In quel periodo storico, negli anni 1980, la contrapposizione a Cutolo avviene per via politica e per via sindacale. Questo è il momento storico in cui si manifesta qualcosa di straordinario, che smentisce tutte le tesi secondo cui le mafie sono così forti perché hanno avuto un consenso popolare.
  Che cosa succede nel Sud ? Maturano le classi che si sono avviate con la scuola di massa. Matura quella cultura della scuola di massa che porterà generazioni nuove a occupare posti che nel passato venivano occupati dai figli dei proprietari terrieri o dei professionisti. Cambia radicalmente la situazione sociale.
  Aggiungo che c’è una novità assoluta nella magistratura: non si diventa magistrati perché figli di magistrati, ma si partecipa a dei concorsi pubblici. In genere, c’è un ricambio fortissimo. Non c’è lo stesso rispetto della magistratura verso il sistema politico che aveva caratterizzato tutto il periodo precedente.
  A Napoli c’è anche uno scontro tra chi ritiene ancora che occorra tollerare... «Perché bisogna condannare un contrabbandiere ? È meglio che contrabbandi e non vada a fare qualcosa di peggio»: questa era in qualche modo l'idea della magistratura.
  Nasce un movimento antimafia nelle scuole. È l'inizio degli anni 1980. Questo movimento antimafia coincide con la presenza a Napoli di un vescovo particolare, che era stato in Sicilia e aveva avuto un ruolo di primo piano nel terremoto del Belice: don Riboldi.
  Il sindacato nazionale, Lama in maniera particolare, decide di investire le proprie forze nel sostenere il movimento antimafia.
  Il movimento politico, in gran parte la sinistra, il sindacato nazionale, il mondo della scuola e don Riboldi sono i mondi che in qualche modo troveremo sempre presenti dagli anni 1980 in poi.
  A Ottaviano vengono ammazzati due consiglieri comunali, uno del partito comunista e uno del partito socialista, perché si erano permessi di criticare Cutolo in consiglio comunale. Immaginate che situazione sociale c'era.
  Oggi il movimento antimafia è in gran parte basato sulle scuole e su una minoranza di preti, soprattutto delle periferie. Dovete sapere che il centro storico di Napoli può essere considerato a tutti gli effetti una periferia. È una periferia al centro della città, ma è una periferia.
  La Chiesa, che ha delle sue responsabilità storiche nel successo delle mafie – non è il caso qui di insistere sull'argomento – ha delle minoranze che guidano il movimento antimafia.
  Oggi il movimento antimafia è un movimento alimentato nelle scuole da insegnanti che hanno considerato questo aspetto decisivo nella formazione dei ragazzi e da preti di periferia. Non ci sono più come protagonisti il sindacato e i partiti, compresi i partiti della sinistra.
  Oggi – diciamo la verità – non c’è nessun partito che potrebbe organizzare un convegno senza sentirsi dire: «Tu perché parli ? Non sei esattamente a posto su questa questione». Venti o trenta anni fa una cosa del genere non poteva succedere, perché alcuni partiti avevano preso i loro uomini migliori e avevano pagato un prezzo di sangue.
  Oggi il movimento antimafia segnala che, di fronte alle trasformazioni culturali del Sud, il consenso alla camorra non è quello di un tempo. Il consenso di un tempo era dovuto al fatto che l'economia illegale era un'economia di sopravvivenza. Oggi il consenso attorno alle mafie è unicamente nei settori che hanno attività economiche nelle mafie. Per esempio, tutti Pag. 11coloro che ruotano attorno al traffico della droga danno un consenso alla camorra. In passato nel contrabbando c'era lo stesso consenso da parte di coloro che vendevano e c'era una simpatia da parte di coloro che non erano di quel mondo. Oggi questa simpatia è persa.
  Se dicessimo che oggi l'ostacolo alla lotta alle mafie è il consenso della popolazione dei territori campani, diremmo una bugia, che non regge sul piano storico né sul piano dell'attualità. Il consenso culturale è ampiamente superato. Per fortuna, in Campania si ritiene che un mafioso sia un delinquente, mentre trenta anni fa non era esattamente così: si considerava che il mafioso fosse, forse, un delinquente, ma non del tutto delinquente. Oggi mafia, camorra e criminalità si identificano. Questa è la grande svolta culturale.
  Pertanto, mi permetto di dire che non è nella mentalità dei campani e dei meridionali l'elemento principale del successo delle mafie. Forse è venuto il momento di cercarlo altrove.

  PRESIDENTE. La ringrazio per il rispetto rigoroso dei tempi e per la sintesi molto chiara.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  ANDREA VECCHIO. Io credo, senza tema di essere smentito, che questa sia una delle migliori audizioni che noi abbiamo avuto in questa Commissione, e di questo vi rendiamo grazie. Voglio proporre alla presidente di invitare in altre occasioni il professore, perché ci sarebbero tanti elementi da approfondire. Io ne lancio qualcuno.
  Lei ha detto che il territorio dove c'era il maggior numero di morti era la Romagna.

  ISAIA SALES, professore di storia delle mafie presso l'università suor Orsola Benincasa di Napoli. Mi riferivo ai delitti d'onore.

  ANDREA VECCHIO. Il delitto d'onore è stato sempre identificato con la Sicilia, la coppola, i baffi. Ci farebbe piacere capire perché in Romagna c’è questa escalation.
  Inoltre, lei ha detto che la città dove c'era il maggior numero di morti ammazzati era Ardea. Anche su questo, avremmo piacere di capire qual è la motivazione. Io pensavo fosse Palermo, per esempio.
  Lei ha parlato dei posti venduti nei comuni. Mi pare di sentir parlare della storia odierna (la storia si ripete): l'uomo ha bisogno dello stipendio, ma non vuole impegnarsi per lavorare e, quindi, va a cercare tutte le scorciatoie possibili. Lei ha fatto una contrapposizione tra Napoli e la Sicilia. Non ha detto: «Napoli e Palermo». Io mi sarei aspettato che la contrapposizione fosse tra Napoli e Palermo. Lei ha caratterizzato Napoli e non la Campania, mentre ha caratterizzato la Sicilia. Io credo, invece, che, come a Napoli, il nuce sia Palermo. Vorrei capire perché lei ha utilizzato questa esemplificazione.
  Da quanto mi risulta, noi siamo venuti a conoscenza dell'esistenza della camorra per il lustro che gli ha dato Cutolo, per aver letto sui giornali tutte le avventure della nuova camorra organizzata. Prima la stampa non parlava della camorra e, quindi, noi che stavamo alle periferie di Napoli o della Campania neanche ne avevamo coscienza.
  Sul contrabbando ci sono dei film che sono proprio esemplari. Ne ricordo uno con Sophia Loren, che aveva il banchetto delle sigarette; lo portava dentro e usciva fuori, poi passavano i Carabinieri.
  Un giorno è venuto in Sicilia un mio amico che veniva dal Nord; è passato da Napoli e ha comprato due stecche di Marlboro. Le ha portate a un mio zio, che era fumatore, come omaggio. Aveva comprato queste sigarette al 5 per cento su un valore del 10 per cento (adesso non so esattamente quanto).
  La nostra meraviglia è stata che, nell'aprire il primo pacchetto di sigarette, abbiamo trovato polistirolo, e lo stesso nel secondo e nel terzo. Che fatica che facevano Pag. 12questi camorristi a fare stampare il pacchetto delle Marlboro, a metterci dentro il polistirolo ritagliato, perché il peso specifico grosso modo è uguale, e a confezionarle in maniera precisa ! Sembravano stecche originali di sigarette. La camorra aveva anche una certa inventiva, una certa fantasia.

  DAVIDE MATTIELLO. Ringrazio anch'io il professor Sales per questo contributo. Io ho due domande.
  Dal suo punto di vista, il cosiddetto «movimento antimafia», di cui lei ha parlato a partire da don Riboldi e altri e dalle scuole, perché è utile ? Qual è il contributo che porta concretamente alla destrutturazione del potere e del consenso ?
  Mi rifaccio al duplice omicidio Cuocolo e a quanto lei ci ha raccontato. Lo schema, se non ho capito male, può essere riassunto in questi termini: c’è un livello politico alto che decide che una certa situazione è insopportabile e, quindi, dà un mandato politico; c’è una forza di polizia che raccoglie questo mandato politico e approfitta di un terzo soggetto, che è il falso pentito, per scatenare delle ripercussioni giudiziarie, con ciò realizzando l'intento del livello politico.
  Le è capitato di ravvisare questo schema, così precisamente descritto, in altre fasi della storia repubblicana e in altri contesti ?

  FRANCESCO D'UVA. Rispondo al professor Sales riguardo ai partiti, che nessuno si sentirebbe... Io devo dire che come Movimento 5 Stelle non ci sentiamo in nessun modo...

  PRESIDENTE. Da quando siete un partito ? Questa è una notizia.

  FRANCESCO D'UVA. Se si riferiva a quello, allora siamo d'accordo. Se si riferiva ai movimenti politici, noi ci sentiamo tranquilli al momento, anche perché, qualora dovessero esserci problemi di quel tipo, saremmo pronti a buttar fuori chiunque mostrasse una qualche ombra di questo genere.
  Detto questo, io non vorrei porre una domanda sulla camorra, quanto piuttosto – ovviamente sappiamo quanto è informato il professore al riguardo – sul fenomeno dei rapporti tra criminalità organizzata e clero.
  Sappiamo che abbiamo un Papa, Papa Francesco, che è veramente in discontinuità. Voglio dire che quelli passati non hanno mai affrontato il problema come l'ha fatto Papa Francesco (mettiamola così). Mi chiedo se qualcosa è cambiato. Penso in particolare alla Calabria più che alla Campania, però ovviamente si può spaziare, perché è un problema comune in tutta Italia. C’è un cambio di fase, uno scontro tra clero e mafia oggi, oppure parliamo sempre dell'ossequio, delle manifestazioni e delle processioni ?

  CELESTE COSTANTINO. Anch'io la ringrazio per la sua presenza qui e per questo splendido intervento. Io ho tre cose da chiederle.
  Una riguarda il ruolo delle donne all'interno della camorra. Provo a spiegare un po’ qual è la parte che mi interessa di più, facendo un richiamo, come lei ha fatto in questo intervento, a come si è sviluppato il fenomeno in Calabria, in Sicilia e in Campania.
  Per quanto riguarda la Calabria – penso che questo sia stato un tratto comune a tutte e tre le regioni – le donne sono state utilizzate come elemento di delegittimazione dell'attività antimafia. Faccio riferimento, per esempio, a una serie di omicidi che si sono consumati, in cui la motivazione a essi legata il più delle volte veniva raccontata come un delitto d'onore. Le donne diventano lo strumento con cui poter dire che non è stata un'azione per opera della mafia o dell'antimafia, ma qualcosa che socialmente viene accettato di più, come appunto il delitto d'onore.
  Si capisce meglio, soprattutto in epoche più recenti, che le donne diventano invece l'oggetto di un atto di vendetta: si utilizzano le donne (madri, figli, mogli e sorelle) Pag. 13come la cosa più preziosa, quindi l'atto con cui consumare la vendetta più efferata.
  In ultimo, c’è un aspetto molto recente per la Calabria, che penso sia differente rispetto alla camorra. Questo è il tema che le vorrei sottoporre. C’è un percorso di liberazione personale che viene confuso come percorso antimafia. Penso a una serie di pentite, di donne che appartenevano a famiglie di ’ndrangheta, i cui percorsi, nel momento in cui decidono di raccontare, vengono interpretati come percorsi antimafia, mentre evidentemente sono percorsi di liberazione da una situazione di oppressione familiare.
  Mi sembra che la camorra, invece, abbia avuto, in tempi molto più lontani rispetto alla Calabria e anche alla Sicilia, un protagonismo femminile sia dentro al sistema criminale camorristico sia all'interno dell'antimafia. Vorrei che facesse un focus su questo.
  Lei pocanzi affermava che c’è stato un cambio di passo, che è stato individuato nel traffico di droga, rispetto al consenso sociale alla camorra da parte dei cittadini. Vorrei sapere se anche il traffico dei rifiuti ha pesato notevolmente su questo cambio di passo.
  In ultimo le pongo una domanda, più su un piano di opinione politica che da storico, sul ruolo dei partiti dentro ai percorsi antimafia.
  Lei giustamente faceva riferimento al ruolo del PCI in Campania. La stessa cosa vale per la Calabria e per la Sicilia, perché il Partito Comunista ha giocato un ruolo fondamentale nella battaglia antimafia negli anni 1960-1970 ?
  Mi sembra che oggi, per una questione di mancanza di credibilità da parte della politica da una parte e per una mancanza di analisi del fenomeno dall'altra, ci sia una tendenza a delegare ad alcune figure della società civile, del giornalismo e dell'associazionismo quello che dovrebbe essere il ruolo della politica.
  Per quanto riguarda la Campania, anche se proprio in questi giorni non gode di fama soprattutto da parte del Governo, sicuramente un'espressione come quella di Saviano è stata per molto tempo la figura a cui delegare il pensiero anticamorra, anche per la politica. Oggi Cantone rappresenta anche questo passaggio.
  Vorrei sapere da lei se non vede in questo una regressione forte da parte delle istituzioni, nell'aver abdicato al proprio ruolo, rinunciando a una corresponsabilità e all'individuazione dell'antimafia come precondizione dell'agire politico.

  PRESIDENTE. Io vorrei porre due domande. Vorrei un chiarimento sul consenso sociale attuale della camorra. Mi sembra di aver letto – forse l'ho interpretato male – che la presenza della camorra a tutt'oggi persista nella città e nel centro storico, che è la periferia della città, non tanto perché ha rapporti con la politica quanto perché ha un radicamento sociale.
  Vorrei capire come si fa ad avere un radicamento sociale, se non si è circondati da un certo consenso sociale.
  L'altra domanda riguarda il movimento antimafia. Mi ricollego anche a quello che diceva pocanzi la collega Costantino. Questo movimento è giovane; anche quello sociale, legato alle associazioni, ha una storia abbastanza recente. Eppure sembra essere in qualche modo già attraversato da qualche ambiguità e da qualche contraddizione.
  Che spiegazioni si dà di questo utilizzo che le mafie fanno dello stesso marchio antimafia ? Questo forse si può in qualche modo spiegare attraverso le loro abilità. Le contraddizioni e le ambiguità che invece hanno attraversato il movimento dell'antimafia civile e sociale in che cosa trovano le loro origini e la loro causa, secondo lei ? Do la parola al professor Sales per la replica.

  ISAIA SALES, professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Grazie per le domande che mi ponete, che segnalano attenzione.
  Chiedo scusa. Non avendo dimestichezza con le città laziali, non ricordo se ho detto «Ardea» o «Artena». Artena è la Pag. 14città. Perché Artena ? In genere nei luoghi dove c'era stato un forte brigantaggio l'abitudine al delitto permane, salvo poi dimostrare che, cambiate alcune condizioni storiche, cambia anche il numero di omicidi. In alcune di queste realtà c'era una tradizione banditesca e brigantesca, una facilità dell'omicidio come composizione dei conflitti sociali, che via via nel tempo cambia. Ciò dimostra che le condizioni cambiano.
  La stessa cosa avveniva in Romagna. Per esempio, quando nel Parlamento italiano ci sono dei dibattiti sulla camorra e sulla mafia, si alza sempre un parlamentare romagnolo che ricorda che anche la Romagna andrebbe vista con attenzione, perché lì il numero dei morti ammazzati è notevole. Vedete come alcune situazioni sono cambiate nel corso del tempo.
  Voglio ricordare che, nonostante tutto quello che si è detto della Sicilia, quella di Franca Viola, la prima che rifiuta il matrimonio riparatore negli anni 1960, è una pagina di storia civile italiana straordinaria. Voi sapete che la ragazza aveva accettato di mettersi con il figlio di un mafioso, a condizione che questo cambiasse. Il padre non voleva. Alla fine, invece, è il padre che spinge la figlia a lasciare quest'uomo. Quest'ultimo si offende, la rapisce, la violenta eccetera, e lei decide di non sposarlo.
  Io vorrei che per un attimo si riflettesse su cosa voleva dire, negli anni 1960 in Sicilia, una donna che non accetta il matrimonio riparatore. Tenete conto che in quegli anni non era reato; è grazie a questa vicenda che sono cambiate le cose. Pertanto, quando si parla di Sicilia e di atteggiamenti arretrati...
  Io ho dimenticato di dirvi un altro degli aspetti significativi del movimento antimafia. Naturalmente, so di parlare in un'assemblea composta di persone appartenenti a partiti, quindi non voglio fare nessuna considerazione di questo tipo.
  Ricordiamoci che quando, con la nuova legge dei sindaci, cambiano alcune cose, mentre nel Nord il cambiamento avviene sull'impressione di Tangentopoli, nel Sud il cambiamento avviene sulla base della lotta antimafia. In gran parte dei comuni vengono scelti coloro che hanno combattuto contro la mafia.
  Voglio ricordarvi che la Sicilia tra il 1993 e il 1994 ha avuto il più alto numero di donne che sono diventate sindaci di quelle realtà. Immaginate come cambia la situazione nel giro di venti-trenta anni.
  La Sicilia, con tutte le proprie contraddizioni, in alcuni campi ha anticipato alcune delle cose più interessanti dal punto di vista del costume.
  A proposito di tolleranza dell'illegalità, il film a cui lei si riferisce è magnifico, ma non corrisponde al vero. Infatti, la Sophia Loren che fa figli a ripetizione per non finire in carcere nella storia vera è la suocera di Mario Savio, un boss dei quartieri; quindi, la sua attività era strettamente legata a un'attività di camorra nel contrabbando. La rappresentazione che viene fatta di quegli anni è autoassolvente, nel senso che noi ridiamo e stiamo dalla sua parte. Come si fa a non stare dalla parte di Sophia Loren in quel film ?
  Voglio ricordarvi che, quando dovette girare alcune scene di altri film nel porto di Napoli, Vittorio De Sica si fece raccomandare da un guappo del rione Sanità per poter girare alcune di quelle scene.
  La cultura napoletana in qualche modo ha investito sulla tolleranza dell'illegalità. Debbo dirvi che anche noi in qualche modo ne siamo attratti.
  Io mi permetto di dire questa cosa, che non ha fondamenti scientifici (mi scuserete). Nel senso comune dei napoletani si è introitata una specie di etica dell'illegalità, cioè di morale dell'illegale. Qual è il confine tra una morale che non fa male e una morale che può creare problemi ? I napoletani hanno tre motivazioni. La prima è: «Tutto è lecito pur di sopravvivere». Questo è un elemento di fondo della realtà napoletana, della storia di Napoli.

Pag. 15

  PRESIDENTE. Questo spiega la sopravvivenza della città.

  ISAIA SALES, professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Esatto. Se avessero avuto una soglia molto alta, ci sarebbero stati dei problemi seri.
  Ricordiamoci che Napoli è l'unica città in cui c’è un'alleanza monarchia-plebe, contrariamente a tutte le grandi città europee, dove c’è un'alleanza monarchia-aristocrazia illuminata e parte della borghesia. A Napoli i reali dovevano occuparsi di tenere buona la plebe, perché quando la plebe esplodeva erano guai.
  Ricordiamoci che la rivolta di Masaniello fece impressione in tutta Europa. Ci sono delle monete in Europa dove è raffigurato Masaniello, perché è la prima rivolta popolare che avviene. I regnanti europei erano preoccupati: «Se esplode il popolo, come facciamo ?»
  Napoli riuscì a trovare una modalità per cui questa bomba a orologeria nel cuore della città non esplodesse: la tolleranza per l'illegalità. La prima regola è: «Tutto è lecito pur di sopravvivere».
  La seconda è: «Tutto è lecito pur di sopravvivere, a condizione che non ammazzi nessun altro». Quando noi napoletani dobbiamo dire che non abbiamo commesso una cosa grave, diciamo: «Che ti ho fatto ? Non ti ho ammazzato». Questo è il limite nella nostra realtà e credo anche in altre: purché io non attento alla tua vita, tutto il resto è lecito.
  La terza regola dell'illegalità è questa: «Se io sottraggo illegalmente delle cose a chi le ha accumulate illegalmente, non è immorale».

  PRESIDENTE. È un'anticipazione delle confische.

  ISAIA SALES, professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Esatto. Guardate che i primi colpiti dai camorristi erano i tenutari di bordelli, i contrabbandieri e soprattutto a Napoli coloro che portavano le carrozze, perché erano quelli che organizzavano il contrabbando. Su tutti i ceti che già si procuravano un vantaggio attraverso l'illegalità era lecito prendersi la tangente.
  La tangente a Napoli, rispetto alla Sicilia, nasce con questa finalità sociale di ridistribuzione del vantaggio illegale, non nasce come forma di sicurezza come in Sicilia o con altre modalità. Naturalmente nel tempo la situazione è cambiata.
  Questo vi dice che la tolleranza per l'illegalità è una forma di governo. Se una realtà deve ricorrere alla tolleranza per l'illegalità per governare, c’è qualche problema grosso nella storia di Napoli che forse dobbiamo mettere sul tappeto.
  Pertanto, quando la presidente Bindi mi chiede che consenso c’è, io rispondo che è un consenso che ruota sempre attorno alle possibilità di sopravvivenza. Mentre prima era un consenso economico, che aveva anche questa presa sociale e culturale, adesso il consenso...
  Quanta gente vive attorno alle estorsioni, ai furti, alle rapine e al traffico della droga nella città di Napoli ? Che parte ha l'economia illegale nell'economia di Napoli ? Ha una parte consistente. Quando parliamo di consenso, ci riferiamo a ceti a cui oggi, nella città di Napoli, dà molto di più il lavoro illegale, come riuscita nella vita, che il lavoro legale.

  PRESIDENTE. C’è ancora quell'alleanza che c'era in passato, con la divisione in classi di oggi, tra ceti popolari e ceto medio napoletano ?

  ISAIA SALES, professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Io penso che non sia forte come in Sicilia. Il rapporto tra borghesia e plebe nella storia di Napoli è stato sempre conflittuale. Non è un rapporto organico; non possiamo parlare di un'alleanza piena.
  Il problema è che la plebe può vivere a Napoli e la camorra può essere forte senza avere rapporti quotidiani fortissimi con la classe dirigente della città. Non è un rapporto stabile e organico. Oggi uno che ha la piazza di Scampia...

Pag. 16

  PRESIDENTE. È una sorta di tacita convivenza.

  ISAIA SALES, professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Assolutamente. I napoletani di un certo ceto sociale, se non vengono toccati dalle attività della camorra con fastidio, lasciano stare. Quando invece, per esempio, con la nascita della metropolitana a Napoli, il rapporto tra Scampia e il Vomero era diventato velocissimo – andavi da Scampia al Vomero in pochissimo tempo – è cominciata una campagna.
  Torniamo alla vecchia questione: tolleranza e ignoranza del fenomeno fino a quando non mi toccano; quando cominciano a toccarmi, diventa un problema politico della città.
  Questo riguarda molti ceti perché a Napoli puoi vivere in due mondi distinti; io la chiamo «auto-apartheid». A Scampia, tu puoi vivere senza toccare le altre parti della città perché hai un mondo che ti porta i soldi, ti puoi chiudere nelle abitazioni, puoi controllare il territorio.
  In merito, diciamo la verità: per anni, almeno una decina d'anni, le forze dell'ordine hanno lasciato fare con le stesse modalità nei confronti del contrabbando, per cui anche se trafficano la droga, va bene. Tuttavia, se togliamo la piazza di Scampia, socialmente che succede ? È un problema per tutti. Tuttavia, questo è; per cui, se i soggetti che hanno una grandissima attività economica illegale restano a Scampia, li lasciamo stare. Questa è la stessa logica secondo me che da due secoli riguarda il rapporto con la criminalità.
  Per quanto riguarda la Romagna, ci sono i dati di Canosa, un criminologo importante, divisi per regioni, quindi anch'io sono rimasto un po’ sorpreso. Certo, sapevo de La cavallina storna di Pascoli e che il padre di Pascoli qualche problema dovette avere con qualche delinquente, anche se non si sa di che tipo. In Romagna, c'era il delitto d'onore, per cui i problemi si risolvevano con l'uccisione, a Napoli con lo sfregio. Questa era la differenza profondissima tra quelle due realtà; poi le cose sono cambiate.
  Per quanto riguarda Napoli e Palermo, parlo di Napoli e della Sicilia perché so che è venuto il professor Lupo che è uno dei sostenitori del ruolo della Conca d'oro e di Palermo nella mafia, però secondo me non accade la stessa cosa nella camorra napoletana. La camorra comincia a Napoli città, in Sicilia dove comincia ? Comincia, secondo me, nel latifondo e poi ha immediate ripercussioni su Palermo perché dal latifondo bisognava esportare e bisogna avere qualcuno nel porto, qualcuno sulle navi, qualcuno che portava il grano e avere altre possibilità, quindi è un rapporto tra città e campagna.
  A Napoli, per diversi decenni la camorra è stata monopolio della città ed era costituita dalla plebe napoletana e dalle sue modalità. Poi, soprattutto dopo l'Unità d'Italia, la camorra si sposta verso Aversa e si sposta verso l'Agro nocerino, ma con queste caratteristiche di mediazione, per cui io penso che storicamente abbia cominciato prima la camorra. Mi dispiace per i siciliani, ma ha cominciato prima la camorra.
  Inoltre, tutta la struttura del rituale è la struttura della camorra che è quella dei carbonari, della massoneria. In merito, se vi dovessi dire perché i criminali di Parigi e di Londra non resistono, vi direi che è così perché sono la maggior parte mendicanti che non ritualizzano la violenza, mentre a Napoli, in Sicilia e in Calabria ritualizzano la violenza. Questa è una delle condizioni per il successo delle mafie, cioè la violenza viene nobilitata attraverso i riti, per cui non è una cosa volgare, ma è qualcosa di nobile.
  La camorra e la mafia nei riti copiano le classi dirigenti, copiano i riti della massoneria e i riti della carboneria. La camorra si struttura addirittura in dodici quartieri, quali erano i quartieri di Napoli, e in dodici sedili, quali erano i sedili dei nobili napoletani. Inoltre, il quartiere che più contava perché a capo della camorra era quello di Vicaria che era il capo dei sedili dei nobili napoletani. I camorristi Pag. 17napoletani seguono il duello dei nobili, vestono come i nobili, in maniera molto spagnolesca, sono una copia un po’ ridicola, anche fisicamente, dei nobili napoletani.
  Poi, anche nelle carceri io ho trovato delle cose singolari, infatti alcune parole sono napoletane e non siciliane, come «picciotto» che è una parola napoletana. Oggi, nella ’ndrangheta ci usa ancora la parola «picciotto» come uno dei gradi e si usa la parola «camorrista» nel 2015 come uno dei gradi, anche se sono state prese dalla camorra napoletana. È una parola napoletana anche «omertà» che viene da «umiltà» non da «ominità», quindi non è il mostrarsi uomo, ma il mostrarsi obbediente e umile, quando si fa parte di una organizzazione segreta. Il brand è stato dato dalla camorra, anche se poi ha perso questa ritualizzazione della violenza perché a Napoli, in città, non ne aveva bisogno, mentre in altre realtà l'ha mantenuta.
  Per quanto riguarda lo schema del processo Cuocolo, questo si ripete nella storia di Napoli, per cui improvvisamente, quando superano la soglia, li si va a prendere. Si ripete per esempio nel 1983-1984, quando c’è una repressione di massa fortissima contro la camorra di Cutolo e nel 1984 contro la nuova famiglia.
  Nel processo contro la camorra di Cutolo c’è un gravissimo errore dei magistrati perché viene coinvolto Tortora che non c'entrava niente. Anche in quel caso c’è stata una repressione di massa a dimostrazione che, quando tu reprimi la camorra, non puoi reprimere dieci persone.
  Lo dico perché la camorra è un movimento criminale di massa, rispetto alla mafia che è più elitaria, e perché nella camorra possono entrare tutti, quindi, quando fai repressione di massa, a volte succedono cose come quella che è successa con Abbatemaggio.
  Tuttavia, in quel caso tale repressione era voluta, anche se io non credo che fosse assolutamente voluta, perché, quando si prendono 800 persone tutte in una volta, si da l'idea di fare la retata; tant’è vero che la struttura associativa di reato nella mafia nasce dalla camorra napoletana, dai primi provvedimenti contro la camorra, se andate a vedere, dal primo movimento contro il brigantaggio che è appunto la legge Pica.

  DAVIDE MATTIELLO. Le è capitato di applicare questo schema interpretativo alla vicenda Scarantino ?

  ISAIA SALES, professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli. No, non ci ho mai pensato. Mi ci sta facendo pensare lei, ma credo che qualcosa di affine ci sia. Lei mi dice che non è solo la camorra napoletana ed è così. Tuttavia, mentre per la camorra è strategico sempre, in quel caso evidentemente si seguono diverse procedure.
  Nella camorra napoletana l'impressione è che quello è il metodo, cioè stabilire un confine oltre cui non devi andare. Nella mafia siciliana, questo confine non c’è. Inoltre, vi ripeto che storicamente c’è l'impunità. In merito, io non so se il professor Lupo vi ha dato i dati, ma vorrei sottolineare che nel distretto di Palermo fino al processo Falcone ci sono stati dieci ergastoli per mafia, dopo il processo siamo arrivati a 500-600 ergastoli. Non accade lo stesso nella storia napoletana perché noi abbiamo repressione di massa sempre, ogni trenta o quarant'anni. Questa è la modalità.
  Per quanto riguarda la questione per cui nessun partito è in grado di contrapporsi, io non facevo riferimento al fatto che i partiti non potevano contrapporsi perché al loro interno semplicemente hanno dei problemi. Io penso che oggi il perno della lotta antimafia non siano i partiti, per varie ragioni storiche, e non siano più i sindacati. Per me è una debolezza fortissima perché succede quello che lei ha detto.
  Io sono molto amico di Saviano di cui ho grandissimo rispetto, però vi consiglio anche di leggere il libro Eroi di carta, scritto su di lui, in cui tutto sommato si sostiene quello che diceva Brecht: «quando un popolo ha bisogno di eroi, Pag. 18qualcosa non funziona». Intendo dire che i movimenti storici di contrapposizione sono finiti e si sono esauriti o non hanno la legittimazione. Certo, spetta a voi stabilirlo, ma non è un fatto positivo.
  Per quanto riguarda il traffico di rifiuti, posso dire che tale traffico ha tolto consenso ai casalesi e ne sono profondamente convinto. Intendo dire che i casalesi hanno avuto un grandissimo consenso perché si diceva che a Casale non si chiudevano le porte a chiave e che i casalesi non facevano male agli abitanti dei loro territori. Tuttavia, quando si è scoperto che sotto la città di Casale c'erano i rifiuti tossici, secondo me c’è stata la più grande delegittimazione della camorra casalese, quindi è stato un errore commesso per cupidigia economica, cioè non si è riflettuto e fino alla fine si è cercato, compreso Carmine Schiavone, di non dire che loro avevano sotterrato i rifiuti anche lì. Poi, grazie a lui e ad altri è stato dimostrato che esistevano.
  Io penso che la vicenda dei rifiuti abbia tolto qualsiasi consenso alla camorra casalese, tranne che per quelli che ci vivono per ragioni economiche.
  Il discorso su «donna e camorra» sarebbe lunghissimo perché la camorra napoletana ha una tradizione di presenza femminile fin dall'Ottocento. Le donne nella camorra napoletana facevano in gran parte le usuraie perché era loro delegato questo compito e facevano il lotto clandestino; erano «donne di strada» e, scusate l'espressione, sono sempre state «donne di guai», nel senso che erano donne urbanizzate, non avevano nessun timore reverenziale verso gli uomini e nessuna sottomissione, anche se gli uomini...

  ANDREA VECCHIO. Parità di diritti.

  ISAIA SALES, professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Non propriamente.
  La struttura della camorra è una struttura in cui, rispetto alla mafia dove non si vogliono le amanti nel clan perché disturbano la segretezza, non c’è questo limite perché più si estende la famiglia, comprendendo i familiari delle amanti, meglio è.
  Noi abbiamo il caso clamoroso della moglie di Misso che mantiene l'amante del marito cui dà il mensile perché ritiene che nella struttura allargata della camorra napoletana tutto andava bene.
  Noi abbiamo alcune donne killer che vengono chiamate, con un atteggiamento spregiativo, «masculoni», come se chi fosse in grado di sparare avrebbe qualche caratteristica maschile e non femminile. Le donne danno ordini di morte, ma non abbiamo casi di persone che direttamente sono state killer tranne che alcune di queste che compaiono in vari clan.
  Come entrano nella camorra le donne ? Le donne entrano attraverso i matrimoni, non attraverso un'affiliazione, e, una volta entrate, sono in grado di difendere l'attività in maniera straordinaria.
  Quando le donne hanno avuto un peso maggiore nella camorra ? È successo, dopo l'articolo 416-bis, ma soprattutto dopo il 41-bis, quando in carcere è solo la moglie che può andare a trattare col marito e che è portatrice di informazioni, per cui aumenta il suo potere. Dall'entrata in vigore dell'articolo 41-bis abbiamo avuto molte donne a capo dei clan.
  Quello sull'emancipazione sarebbe un discorso lunghissimo. Certo è che le donne sono presenti nella camorra che è una struttura più sciolta, dal punto di vista organizzativo, della mafia e della ’ndrangheta e lo è molto più della mafia e della ’ndrangheta, quindi secondo me è la caratteristica urbana della camorra che porta...

  CELESTE COSTANTINO. Anche l'omosessualità è più accettata entro...

  ISAIA SALES, professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Sì, perché è una struttura urbana un po’ più tollerante anche in queste...

  PRESIDENTE. È nata in città, non in campagna, quindi anche questo si giustifica...

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  ISAIA SALES, professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Sì...

  PRESIDENTE. È nata in un contesto urbano, nel quale l'approccio culturale ed etico, anche a certi problemi, è già diverso.

  ISAIA SALES, professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Anche i «femminielli» sono accettati nella struttura della camorra. Certo, lo sono con diversi ruoli, ma sono accettati senza nessun problema.
  Per quanto riguarda la Chiesa, l'ultimo Papa ha fatto una cosa che nessun Papa aveva fatto precedentemente, cioè la scomunica ufficiale. Tuttavia, non sappiamo, perché la Chiesa non ne ha dato conto, se alla scomunica è seguita un'indicazione al clero. Pare di no, per cui formalmente...

  PRESIDENTE. Vorrei, però, aggiungere un fatto. Dovrebbero essere le singole chiese locali e le conferenze episcopali, nazionali e regionali, che, accogliendo la direttiva papale, la trasformano in indicazioni pastorali. Certo, qualche cosa si è mosso. Per esempio, i due documenti della regione Calabria sono documenti molto belli. Anche l'ultimo, quello sulla pietà popolare e sull'uso delle processioni eccetera, è stato approvato dalla conferenza episcopale calabrese, dopo le parole del Papa a Cassano allo Ionio. Da quei due documenti sono nate le indicazioni pastorali. Certo, al parroco dei fatti di quest'estate a Roma non erano arrivati...

  ISAIA SALES, professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli. In merito, non sappiamo molto. Tuttavia, nel mio paese mio padre mi diceva che c'era una persona che era un assassino e che io vedevo in chiesa, infatti era il primo a confessarsi. Inoltre, quando questa persona morì, arrivò il vescovo. Nella mia concezione, mi dicevo: «come mai papà mi dice che quello è un assassino e arriva il vescovo a fare la messa ?».
  Certo, sono cambiate molte cose. Attenzione, mentre prima c'era una Chiesa che legittimava le mafie, oggi stanno attenti a farlo. In segreto in qualche modo c’è una parte della Chiesa che ha una cultura ancora non dico di solidarietà, ma di qualche affinità con alcuni di questi.
  Noi abbiamo avuto a Casapesenna il parroco che, come si è capito, andava a dare la comunione a Zagaria che stava lì sotto. Inoltre, nelle processioni continuano cose di questo tipo.
  Tuttavia, devo dirvi la verità: sono minoranze i preti che si danno da fare, ma sono una minoranza che si fa molto ascoltare e che ha molta opinione, e in alcune realtà, se non ci fossero loro, sarebbero guai. Questo è fuori dubbio. È un mondo complesso, quello lì.
  A volte, attenzione, il riconoscimento della Chiesa corrisponde a un modello nobiliare, cioè, quando il nobile andava nella chiesa e tutti lo riverivano, il potere spirituale omaggiava il potere temporale, per cui è una tradizione dei ceti nobiliari e i camorristi vogliono la stessa cosa, quindi c’è un modello molto simile.
  L'ultima domanda riguardava il movimento antimafia. In Campania non abbiamo avuto degenerazioni, come in altre parti. Certo, c’è il rischio del professionismo, ma, quando vengono meno i sindacati e i partiti politici, è una lotta che in qualche modo va anche organizzata. Io nel professionismo in questo campo, non ci vedo un segnale negativo perché mancano le strutture. Ai miei tempi avrei detto «no, che c'entra ?», cioè quando i partiti e i sindacati erano forti. Adesso il professionismo non credo che sia in qualche modo una degenerazione.
  Quello che noto è che ci vorrebbero ancora più soggetti perché, quando c’è un monopolio di un solo soggetto su una tematica, dei problemi si creano. Tuttavia, hanno il monopolio alcuni perché non ci sono altri soggetti, ossia non è stato imposto e in qualche modo è stato detto: «non dovete venire». Io noto un'assenza clamorosa di quei partiti e di quei sindacati che un tempo animavano il movimento antimafia. Inoltre, escluso il Movimento Pag. 205 Stelle che non si ritiene un partito, io ritengo che oggi nessun partito possa dire di sé tranquillamente di essere un partito antimafia o anticamorra o anti ’ndrangheta, con tutto ciò che questo comporta.
  Non so se ho dimenticato qualcosa.

  PRESIDENTE. Vorrei fare un'altra domanda. La camorra imprenditrice non è quella urbana, ma quella casalese ?

  ISAIA SALES, professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Sì. Anche qui la camorra imprenditrice, se la intendiamo come impresa «legale», è quella casalese perché quelli sono i primi che hanno investito in alcune attività legali.
  I casalesi hanno investito, per esempio, nel cemento moltissimo, infatti avevano il monopolio del cemento, e hanno costruito molti impianti in questo campo e molte imprese edili. Ultimamente i casalesi si sono affidati al terziario con i centri commerciali.
  Insomma, la camorra casalese è una camorra imprenditrice dal punto di vista legale. Tuttavia, chi fa il traffico di droga lo possiamo definire un imprenditore o no ? Certo, è un imprenditore illegale, ma è pur sempre un imprenditore. Voglio dire che l'uso del termine «legale» o del termine «illegale» non ci deve confondere perché quelli prendono un'attività, la trasformano e fanno girare la ricchezza.
  Per me è imprenditore – mi scuserete il termine restrittivo – colui che fa girare la ricchezza. Poi, che questa ricchezza sia legale o illegale è certamente un problema. Tuttavia, come fai a dire che non è un imprenditore uno che va in Bolivia, prende l'aereo, porta i soldi, prende un prodotto e contratta per questo prodotto che poi dà ad altri che lo danno ad altri.
  Per i casalesi, se dovessimo dire se sono legali o illegali, diremmo che i casalesi sono imprenditori di attività legali. Quelli di Napoli città sono imprenditori in gran parte di attività illegali. Dove reinvestono quelli a Napoli città ? Lì, quegli imprenditori reinvestono soprattutto nei negozi, quindi nel commercio e nelle attività, come bar, ristoranti, eccetera, che rappresentano il principale reinvestimento dei capitali illegali a Napoli. Per i casalesi sono, invece, moltissime le attività imprenditoriali e ultimamente i centri commerciali.

  ANDREA VECCHIO. Io credo che imprenditore sia colui capace di organizzare un'impresa. Poi, se questo imprenditore organizza l'impresa all'interno di regole legali, è un fatto, ma, se la organizza modificando e adattando le regole ai suoi interessi, è un altro fatto. Certo, questo può avvenire in qualunque settore dell'economia perché l'economia non vuole lacciuoli, ma vuole regole molto elastiche e molto flessibili, quindi sono tutti imprenditori e tutti contravvengono alle regole.

  ISAIA SALES, professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Sono d'accordo.

  CELESTE COSTANTINO. Io ritorno sulla sua affermazione che condivido, cioè sul fatto che oggi nessun partito politico possa considerarsi il partito dell'antimafia. Tuttavia, vorrei capire da lei quando è avvenuta questa trasformazione, cioè quando i sindacati e i partiti secondo lei hanno smesso di avere questo come elemento di precondizione del proprio agire politico.

  ISAIA SALES, professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Sicuramente tra prima e seconda Repubblica si è rotto qualcosa nella storia dei partiti, però quest'aspetto riguarda l'inizio degli anni Duemila. La mia idea personale è che, quando la politica viene considerata un'impresa di ventura, ti puoi trovare chiunque dentro. Ritengo che sia questa concezione della politica che non funziona. La politica non è un'impresa di ventura.

  FRANCO MIRABELLI. Non può essere l'elezione diretta dei sindaci e dei presidenti di regione che ha cambiato il rapporto ?

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  ISAIA SALES, professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Assolutamente, quando ci sono state le elezioni per i nuovi sindaci, cioè nel 1993-1994, le posso assicurare che fuori dai seggi, per la prima volta nella mia vita, nel paese dove abito non ho visto i camorristi. Sto parlando del 1993-1994, cioè dell'epoca in cui stavano alla larga perché sapevano che erano un bersaglio. In merito al fatto che l'elezione dei sindaci abbia cambiato i partiti, ho qualche dubbio perché ritengo sia una conseguenza non la causa.

  PRESIDENTE. Vorrei dare un'interpretazione anch'io su questo intreccio un po’ strumentale tra politica e lotta alla mafia.
  C’è da una parte la responsabilità di un partito che, pur di combattere il comunismo, accettava anche di allearsi con la mafia, come è scritto nel suo libro, e che considerava il comunismo un pericolo più grande della mafia, quindi si poteva fare anche questo, dall'altra parte si può leggere che la lotta alla mafia diventava anche un fatto strumentale per attaccare l'avversario politico. Una volta che c’è stata una sorta di legittimazione reciproca, paradossalmente non è stata più oggetto di lotta politica, ma ora bisognerebbe fargli fare il salto per diventare un accordo politico di lotta alla mafia, il che forse è mancato.

  ISAIA SALES, professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Spiegazione convincente.

  PRESIDENTE. Io non ho mai nascosto il fatto che il partito del quale ho fatto parte per molti anni avesse, soprattutto in alcune zone del Paese ma anche a livello nazionale, accettato di convivere in queste situazioni e addirittura averle usate in qualche modo strumentale. Certo, bisogna anche leggere la storia da un altro punto di vista, secondo me.

  ISAIA SALES, professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Vorrei dire, se posso esprimere una modesta opinione, che io sono cresciuto e vissuto per la maggior parte della mia vita in un piccolo paese e ho visto la trasformazione della politica nel mio piccolo paese, quando hanno cominciato ad avere emolumenti i consiglieri comunali. Da quel momento c’è stata la corruzione nella politica perché i disoccupati e i nullafacenti si sono precipitati per ottenere una piccola prebenda economica. Quello è stato uno dei momenti peggiori per lo sviluppo della nostra società e della politica, cioè quando è stata mercificata la partecipazione politica. Questa è la mia opinione.

  CELESTE COSTANTINO. È stato veramente interessante il suo intervento, per cui voglio approfittare per dire che io penso che ci sia anche un problema di analisi e di lettura delle mafie da parte della politica.
  In merito, ci sono delle teorie – penso anche al professor Sciarrone – che incominciano a mettere in discussione quella che noi abbiamo sempre definito «l'area grigia». Inoltre, si incomincia a pensare che ci sia un'organicità ormai totale da parte delle mafie dentro le istituzioni, quindi non c’è nemmeno più quell'idea di delega e di costruzione attraverso «l'area grigia». Vorrei sapere che ne pensa lei perché secondo me in tal senso forse la Campania oggi potrebbe rappresentare questo modello nuovo di passaggio.

  ISAIA SALES, professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Non le so dire se la Campania può rappresentarlo, ma che è un modello che la ’ndrangheta ha usato. Per esempio, l'ndrangheta a un certo punto decide di dismettere la vecchia struttura per formare «la santa», cioè una struttura in cui gli ’ndranghetisti si mettono insieme con massoni o rappresentanti delle istituzioni, quindi in qualche modo estende il proprio bacino fuori dal proprio mondo tradizionale.
  Per quanto riguarda la «zona grigia» e la mafia, io non credo che siano esattamente Pag. 22la stessa cosa perché c’è ancora un margine di distinzione.
  Attenzione, i mafiosi sono persone intelligenti, per cui non li sottovalutiamo, anche quando sono ignoranti. I mafiosi si intendono di persone corrotte e si intendono di persone in qualche modo fragili e di persone disponibili, anzi ne vanno alla ricerca. Il problema è che ne trovano tantissimi. Questo è il punto perché anche fuori dal loro mondo trovano tantissime persone in grado di fare accordi con il loro mondo. Si tratta ancora di due mondi distinti che hanno, però, relazioni strettissime perché chi fa clientele e chi corrompe hanno un'idea privatistica della cosa pubblica. La mafia ha la stessa concezione, cioè ciò che è pubblico gli appartiene e gli appartiene attraverso la violenza.
  Vorrei ricordare la frase di Sciascia che dice che un uomo onesto danneggia la propria famiglia. In alcune concezioni che avevano i siciliani, se tu sei onesto, stai facendo un danno alla tua famiglia, cioè, se tu non rubi le cose dello Stato, non stai facendo una cosa nobile, ma stai danneggiando la tua famiglia.
  In politica c’è questa idea che chi non ha il coraggio di aggirare la legge non merita considerazione. Questo non esisteva trent'anni fa perché chi rispettava la legge aveva ammirazione, mentre oggi chi aggira la legge ha più ammirazione di chi la rispetta. Certo, per non generalizzare, dovrei anche dire che questo accadeva in alcuni partiti.

  ANDREA VECCHIO. Lamentano in tanti che c’è scarsa volontà di denuncia da parte del cittadino, di chi è estorto e di chi è sotto pressione, perché la mafia ha una grande capacità di convincerti che ti conviene sopportare il suo peso che è meno grave del peso della legalità e del peso che tu dovresti affrontare, se dovessi combattere la mafia. Ti prospettano questo discorso come una polizza assicurativa per la tua tranquillità che ti viene venduta per un prezzo modesto che tu puoi accettare e che è continuo nel tempo.
  Ora, qual è il gradino da superare ? È il gradino della coscienza perché la coscienza deve a un certo punto capire perché io devo dare questo piccolo obolo di cui sentirò sempre il peso. Ritengo che, se l'uomo non è capace di vincere questo piccolo gradino, non ne usciamo.

  ISAIA SALES, professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Io apprezzo la sua considerazione perché facciamo sempre bene a riconsiderare la parte che ognuno deve fare. Tuttavia, quando lo Stato americano ha deciso di combattere Al Capone, lei ricorda se ci sono state denunce di massa dei cittadini contro Al Capone ? Al Capone non aveva avuto mai nessuna denuncia ed è stato incastrato. Inoltre, quando lo Stato francese ha deciso di dare un colpo al clan dei marsigliesi, lei sa che quel colpo è stato dato perché migliaia di marsigliesi hanno denunciato il clan dei marsigliesi ? Non lo sa.
  La lotta alle mafie non è compito dei cittadini, ma è compito dello Stato, per cui, se lo Stato fa la sua parte, anche i cittadini incoraggiati fanno la loro. I cittadini devono essere incoraggiati perché la paura è un sentimento umano, mentre il coraggio è un sentimento collettivo, quindi non mettiamo sulle spalle dei cittadini il compito di combattere le mafie.
  Il compito di combattere le mafie è dello Stato, per cui, se lo Stato fa la sua parte, incoraggia il cittadino alla denuncia, ma, se lo Stato non fa la sua parte, il cittadino si terrà lontano dalla denuncia. Tant’è vero che dopo la morte di Falcone e di Borsellino, lo Stato si è visto, per cui ci sono stati i pentiti, ci sono state le associazioni dei familiari delle vittime e ci sono stati i movimenti nelle scuole. Il movimento antimafia moderno è nato quando lo Stato ha reagito e la gente si è sentita incoraggiata perché, quando lo Stato non reagisce, nessun movimento antimafia può sopperire...

  PRESIDENTE. È anche vero che in quella circostanza lo Stato si è organizzato anche perché i cittadini si sono ribellati. Io Pag. 23non so se sono nati prima i vespri siciliani o le lenzuola alle finestre. Pensiamoci bene perché in quella circostanza c’è stata sicuramente una reazione che poi ha dato i suoi risultati. Tuttavia, secondo me, prima di quella dello Stato, è stata rabbia popolare di Palermo che...

  ISAIA SALES, professore di Storia delle mafie presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Sì, ma la presenza stessa di Falcone, cioè di un magistrato che rompe tutti i vincoli precedenti, incoraggia.

  PRESIDENTE. Tuttavia, Falcone era uno ed era stato lasciato da solo. Possiamo dire che ce ne sono sempre stati tanti di isolati, ma anche qualche errore delle mafie rappresenta una circostanza.
  Io la ringrazio e ricordo ai commissari che domani alle 13.30 ci rivediamo per gli auguri di Natale – dovrebbe essere arrivato l'avviso a tutti – e per presentare il disegno di legge sui testimoni di giustizia che ha la firma di tutti i partiti.
  Dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.40.

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