XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 116 di Mercoledì 7 ottobre 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori.
Bindi Rosy , Presidente ... 2 

Audizione del presidente della commissione speciale di inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia in Sicilia dell'Assemblea regionale siciliana, Nello Musumeci, e dell'onorevole Giovanni Burtone, deputato.
Bindi Rosy , Presidente ... 2 
Musumeci Nello , presidente della commissione speciale di inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia in Sicilia dell'Assemblea regionale siciliana ... 2 
Bindi Rosy , Presidente ... 4 
Burtone Giovanni , deputato ... 4 
Bindi Rosy , Presidente ... 5 
Giarrusso Mario Michele  ... 5 
Torrisi Salvatore  ... 6 
Vecchio Andrea (Misto)  ... 7 
Bindi Rosy , Presidente ... 7 
Falanga Ciro  ... 7 
Bindi Rosy , Presidente ... 8 
Giarrusso Mario Michele  ... 8 
Bindi Rosy , Presidente ... 8 
Giarrusso Mario Michele  ... 8 
Bindi Rosy , Presidente ... 8 
Falanga Ciro  ... 8 
Bindi Rosy , Presidente ... 8 
D'Uva Francesco (M5S)  ... 9 
Prestigiacomo Stefania (FI-PdL)  ... 9 
Fava Claudio (MDP)  ... 10 
Bindi Rosy , Presidente ... 11 
Musumeci Nello , presidente della commissione speciale di inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia in Sicilia dell'Assemblea regionale siciliana ... 12 
Burtone Giovanni , deputato ... 13 
Bindi Rosy , Presidente ... 14 
Burtone Giovanni , deputato ... 14 
Musumeci Nello , presidente della commissione speciale di inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia in Sicilia dell'Assemblea regionale siciliana ... 14 
Bindi Rosy , Presidente ... 14 15 
Giarrusso Mario Michele  ... 15 
Bindi Rosy , Presidente ... 15 
Giarrusso Mario Michele  ... 15 
Bindi Rosy , Presidente ... 15 
D'Uva Francesco (M5S)  ... 15 
Bindi Rosy , Presidente ... 15 

Comunicazioni della presidente.
Bindi Rosy , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE ROSY BINDI

  La seduta comincia alle 14.30.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del presidente della Commissione speciale di inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia in Sicilia dell'Assemblea regionale siciliana, Nello Musumeci, e dell'onorevole Giovanni Burtone, deputato.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente della commissione speciale di inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia in Sicilia dell'Assemblea regionale siciliana, Nello Musumeci, e dell'onorevole Giovanni Burtone, deputato.
  L'audizione ha a oggetto la vicenda della commemorazione del giudice Falcone e delle vittime della strage di Capaci avvenuta a Militello in Val di Catania lo scorso 23 maggio. Tale commemorazione è stata organizzata dalla consulta giovanile del comune di cui era presidente Scinardo Marco, figlio di Scinardo Mario, quest'ultimo condannato in primo grado, quale esponente di cosa nostra catanese, alla pena di dodici anni di reclusione.
  Ricordo che sulla vicenda ci ha riferito l'ex procuratore distrettuale di Catania, ora procuratore generale a Roma, Giovanni Salvi, con la nota del 22 giugno 2015, nonché in occasione della sua audizione in Commissione del 7 luglio 2015.
  A tale proposito emerse che erano presenti a tale commemorazione sia l'onorevole Giovanni Burtone, attualmente deputato e già membro in passate legislature della Commissione parlamentare antimafia, sia l'onorevole Nello Musumeci, deputato all'Assemblea regionale siciliana e presidente della Commissione regionale antimafia, nonché l'avvocato Enrico Trantino, presidente della camera penale di Catania.
  Ricordo che a seguito di tale audizione sono pervenute due lettere alla presidenza, una dell'onorevole Giovanni Burtone, del 6 agosto 2015, e l'altra dell'onorevole Musumeci, i quali chiedevano di essere ascoltati in Commissione. L'Ufficio di presidenza ha convenuto sull'opportunità di una loro audizione, che potrà svolgersi anche in forma congiunta, almeno in parte, perché credo che il presidente Musumeci, come più volte ci aveva sollecitato, intenda interloquire con la nostra Commissione anche su altri aspetti, che riguardano le indagini e le inchieste che lui e i suoi colleghi stanno svolgendo come commissione regionale.
  Dedichiamo subito questa prima parte dell'audizione al tema che ho appena annunciato. Do la parola al presidente Musumeci.

  NELLO MUSUMECI, presidente della commissione speciale di inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia in Sicilia Pag. 3dell'Assemblea regionale siciliana. Grazie, signora presidente. Rivolgo un saluto agli onorevoli commissari e la ringrazio per aver voluto aderire all'invito che le ho formalmente inoltrato di essere ascoltato dalla Commissione, dopo aver letto, attraverso la stampa, della dichiarazione resa dinanzi a questa Commissione dal signor procuratore di Catania, anzi ex procuratore, Salvi.
  Io ritengo che i rappresentanti delle istituzioni debbano lavorare per evitare strumentalizzazioni di basso profilo, perché ognuno di noi obbedisce alla sensibilità alla quale attinge nella sua esperienza quotidiana. Mi consentano, signora presidente e onorevoli commissari, di dirvi che chi parla per la prima volta è stato eletto presidente della commissione antimafia della Regione siciliana all'unanimità. In trent'anni di presidenza di quella commissione ciò non era mai accaduto. Lo dico non con superbia, ma con un pizzico di orgoglio, perché credo che alla fine ciascuno di noi porti a consuntivo la propria esperienza e il proprio vissuto.
  Questo mi consente di affermare che ho chiesto alla presidente di essere ascoltato proprio perché avverto per intero il peso della mia responsabilità istituzionale e del mio ruolo e intendo sottrarre l'organismo che anche qui rappresento da ogni tentativo di condizionamento politico.
  Veniamo alla vicenda. Io condivido la preoccupazione del procuratore Salvi, il quale fa riferimento a una vicenda accaduta nella mia città natale, Militello in Val di Catania, che è anche la città natale dell'onorevole Giovanni Burtone, in occasione dell'anniversario della commemorazione della strage di Capaci e, quindi, del giudice Giovanni Falcone.
  In verità, in quei giorni io sono stato invitato da tre consulte giovanili, quella di Militello, quella di Capaci, la città nella quale è avvenuta la strage, e quella di Villafranca Tirrena, in provincia di Messina. Le consulte giovanili, lo ricordo a me stesso, sono strumenti pubblici, articolazioni create dal comune, che obbediscono a norme statutarie votate dal consiglio comunale. Il presidente della consulta viene eletto autonomamente dai giovani che aderiscono, dopo un bando a evidenza pubblica, alla consulta giovanile.
  Come presidente dell'antimafia siciliana, io ho ritenuto di dover incontrare i ragazzi della scuola di Villafranca, i ragazzi della scuola di Capaci e, il venerdì 22, i ragazzi della scuola di Militello in Val Catania. Certo, sapevo che il presidente della Consulta giovanile si chiamava Scinardo. L'ho letto sul giornale. Un comune di 7 mila anime non ha nulla da nascondere. Persino la morte della gallina del vicino di casa fa notizia.
  Peraltro, gli Scinardo sono gli unici a Militello. Si tratta di una famiglia non locale, trapiantatasi in quella città – tradizionalmente estranea a ogni fenomeno mafioso – credo negli anni Settanta. È una famiglia che io non ho mai conosciuto, né tanto meno frequentato, così come non conoscevo e non frequentavo il giovane presidente della consulta giovanile, di vent'anni, iscritto alla facoltà di giurisprudenza e incensurato.
  Credo di poter dire – ci ho riflettuto dopo – che questo è uno dei casi rari in cui il figlio di un condannato per mafia, seppure in primo grado, non ha mai assunto un atteggiamento che possa lasciar prevedere l'intenzione di seguire la carriera del padre, ma questo c'entra poco. Io non mi sono posto il problema nel momento in cui ho aderito all'invito della consulta giovanile di Militello.
  Peraltro, se non fossi andato in quella manifestazione, il messaggio che avrei trasmesso sarebbe stato di discredito e di sfiducia da parte dei ragazzi nei confronti della commissione regionale antimafia.
  In verità, il signor procuratore, nella sua dichiarazione resa dinanzi alla Commissione, non dice esattamente come sono andate le cose. Mi permetto di poter integrare. La commemorazione non è stata fatta dal giovane Scinardo. La commemorazione è stata fatta dal presidente della camera penale, dal deputato Burtone e dal presidente della commissione antimafia regionale.
  Non si tratta di un'integrazione di scarso valore, credo. Il presidente della Pag. 4consulta giovanile si è limitato a parlare per due o tre minuti, giusto per salutare la platea e presentare i relatori. Siamo stati noi a parlare per diversi minuti – io ho parlato per venti minuti e lo stesso ha fatto il collega Burtone – con una straordinaria attenzione da parte dei ragazzi. Siamo andati perché ritenevamo che la nostra assenza avrebbe legittimato la presenza di un giovane che, benché incensurato, porta sempre un cognome pesante.
  La presenza del giovane Scinardo non ha per nulla condizionato il mio intervento. Io ho parlato di lotta alla mafia, ho esortato i ragazzi e i giovani ad affrontare la criticità della vita e, per la prima volta, credo di aver avuto il coraggio di dichiarare che a Militello si fa uso di droga e che, se c’è la droga, c’è anche la mafia.
  Io mi rendo conto che ci può essere un problema di opportunità, come dice il procuratore Salvi, ma so con assoluta serenità che quel problema non riguarda la mia presenza a quella cerimonia. Riguarda, al limite, la presenza del figlio di un mafioso alla guida di un organismo pubblico. Il problema non avrebbe dovuto rimuoverlo quella mattina il presidente dell'antimafia regionale. Se non l'ha rimosso il sindaco, se non l'ha rimosso il prefetto, se non l'ha rimosso il procuratore della Repubblica competente per territorio, vuol dire che Scinardo può presiedere una consulta giovanile pubblica. Era mio dovere andare a parlare a quei ragazzi, ai ragazzi della mia città.
  Io credo, signora presidente – lo dico, naturalmente, offrendomi alle eventuali domande dei signori commissari – che il problema vada affrontato a monte, perché la manifestazione di quella mattina è soltanto la conseguenza. La causa è appunto l'elezione, che mi ha sbalordito per alcuni aspetti, del giovane Scinardo alla guida di una consulta.
  Certo, le garanzie costituzionali non glielo impediscono, ma le istituzioni, quelle che vigilano sugli enti locali, avrebbero dovuto verificare l'opportunità politica. Poiché la stessa opportunità politica, come sanno gli onorevoli commissari, è affidata alle valutazioni soggettive di ciascuno di noi e, quindi, rimane un ambito discrezionale all'interno del quale ognuno può decidere in maniera diversa da un altro, io credo, signora presidente e signori commissari, che forse si renderebbe necessaria l'adozione di un codice etico che possa indicare agli enti locali le ragioni di opportunità, al di là dei diritti costituzionali, entro le quali bisogna consentire l'assunzione di cariche pubbliche o di cariche di rilevanza pubblica, come nel caso della consulta giovanile.
  Io credo di aver fatto solo il mio dovere, quello di predicare il vangelo fuori dal convento, come ci insegnano i sacerdoti. Se avessi potuto parlare davanti a cento figli di mafiosi, l'avrei fatto con maggiore soddisfazione.

  PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Burtone.

  GIOVANNI BURTONE, deputato. Io aggiungerò poche cose alle considerazioni fatte dal collega Musumeci, anche perché mi ritrovo in alcune sue riflessioni. Inoltre, ho scritto una lettera dettagliata a lei, presidente, in cui ho dato ampia motivazione alla mia partecipazione a quella riunione.
  Presidente, come lei sa, io sono un parlamentare molto presente nel proprio territorio, che riceve molti inviti e che, quando può, spesso partecipa a riunioni politiche e culturali e a iniziative che vengono dal proprio partito, dalla propria parte, ma anche da associazioni non propriamente in campo nella politica, ossia associazioni culturali.
  La mia presenza è motivata anche da questo. Io non sono un parlamentare che opera soltanto con il computer e che mette un «mi piace» o un post... Cerco di incontrare i cittadini. Anche in quell'occasione sono stato spinto da questa motivazione a essere presente, tra l'altro nel mio paese, nel paese in cui sono nato.
  Ho sentito, quindi, forte il richiamo a una partecipazione a un'iniziativa che è stata promossa dal comune di Militello, dalla consulta e dalla pro loco, un'iniziativa che aveva l'obiettivo di inaugurare Pag. 5prima un murales in una scuola, voluto dai giovani, che richiamasse questa tragedia, che ha vissuto la Sicilia, della presenza pervasiva della mafia, con uno specifico riferimento alla tragedia di Falcone e Borsellino. Poi c’è stato un convegno, cui abbiamo partecipato.
  Il procuratore ha segnalato la presenza del presidente della consulta giovanile. Io potrei qui dire che in una società democratica non c’è la proprietà transitiva. Non c'erano suo nonno o suo padre, ma c'era un giovane, come dice Nello Musumeci, incensurato. Potrei dire che anche a un ragazzo che ha vissuto in una famiglia la tragedia di avere la presenza di un mafioso si deve riservare il diritto di poter esprimere la propria idea, ma non sono queste le motivazioni. Io ribadisco il mio impegno di parlamentare che è presente nel territorio. Volevo partecipare a una manifestazione che veniva fatta per ricordare Falcone e Borsellino nella mia città. Sono queste le motivazioni.
  Tra l'altro, a chi mi conosce io non debbo dire molte cose. Io ho iniziato giovanissimo. Io e Nello siamo stati consiglieri comunali a diciotto anni nel nostro paese, eletti nel 1975 entrambi, lui per il Movimento Sociale e io per la Democrazia Cristiana, allora. Quindi, abbiamo iniziato insieme. Io ho avuto parecchi ruoli, alcuni recentemente, soprattutto di opposizione, ma sono stato anche in maggioranza e al governo della nostra Sicilia. Alcuni miei atti sono stati atti significativi, di lotta vera alla mafia. Proprio in questi giorni ho avuto il verbale di un tribunale in cui ci sono state delle dichiarazioni chiare e nette di alcuni esponenti dell'organizzazione criminale che fa riferimento a Santapaola. Il progetto è di eliminare chi ostacolava gli interessi della mafia nella gestione dei rifiuti e chi ostacolava era il sottoscritto.
  Un pentito, Malvagna, che alcuni esponenti qui conoscono, faceva riferimento al pensiero, al tentativo, alla proposta che si muoveva all'interno di quell'organizzazione per colpire un obiettivo che si era messo in contrapposizione con questi interessi. Eppure io non ho mai cercato la scena in questo campo. Ho fatto tutto con grande impegno e, credo, facendo il mio dovere. Per questa vicenda io non credo di aver operato non tenendo conto dei miei doveri.
  Tra l'altro, mi si permetta, ma io prendo le distanze dalle valutazioni che sono state fatte. Questa iniziativa non può portare neanche un procuratore impegnato come il procuratore Salvi a dire che c’è un'incapacità a comprendere cosa nostra catanese. Mi si permetta. Noi abbiamo fatto politica con grande rigore in questi anni, con grande rigore, ragion per cui non permettiamo a nessuno di fare queste valutazioni.

  PRESIDENTE. Era doveroso da parte nostra dare la possibilità al presidente Musumeci e all'onorevole Burtone di spiegare a questa Commissione. Io credo che l'abbiano fatto, naturalmente nella maniera in cui l'hanno ritenuto opportuno. Le loro parole sono assolutamente chiare.
  Personalmente posso dire che le domande che volevo rivolgere hanno già avuto risposta nelle parole sia del presidente Musumeci, sia dell'onorevole Burtone. Mi interessava capire la consapevolezza dell'invito che avevano accettato e mi pare che questa sia risultata assolutamente evidente, al punto tale che, come è stato affermato, si è deciso di partecipare. Si poteva decidere di non accettare, ma si è accettato l'invito proprio per poter avere la possibilità di parlare a dei giovani di lotta alla mafia e di commemorare Falcone e Borsellino.
  Come al solito farei, prima tutte le domande e poi gli auditi forniranno le risposte. I tempi sono molto contenuti per i lavori delle due Camere, ragion per cui prego tutti di fare uso del tempo in maniera parsimoniosa.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. Vorrei soltanto fare chiarezza su una serie di punti di domanda che sorgono da questa vicenda.Pag. 6
  Dalle sue parole, presidente Musumeci, sembra che lei prenda le distanze dal sindaco di Militello in Val di Catania. Eppure, quando è stato eletto, la stampa diceva che aveva vinto l'asse politico fra il senatore Enzo Oliva e l'onorevole Nello Musumeci, indicando chiaramente il sindaco come un esponente della sua area. Vorremmo sapere se è vera o non è vera questa circostanza, cioè che il sindaco del suo paese d'origine, della sua terra, come lei la chiama molto spesso, è un esponente del suo gruppo politico.
  Passo alla seconda domanda. La stampa aveva già evidenziato questo fatto prima del procuratore Salvi, in particolare La Sicilia, e lei aveva detto che non era a conoscenza della circostanza che ci fosse questo Scinardo o di chi fosse questo Scinardo. Vorremmo sapere se ha mentito La Sicilia oppure se c’è stato un equivoco.
  L'altra questione riguarda la presenza dell'avvocato Enrico Trantino, che, come noi ben sappiamo, lei avrà visto nascere, essendo il figlio del ben noto parlamentare Enzo Trantino, ma che ha una peculiarità. Oltre a essere avvocato penalista e oltre a far parte della sua stessa area politica, fa parte anche dello studio che difende gli Scinardo. Sembrerebbe dalla documentazione che ci sia un'area politica ben precisa che si è mossa a Militello in Val di Catania e che era ben consapevole della situazione.
  Ricordiamo che in tre grosse inchieste di mafia sono coinvolti il nonno e gli zii di Scinardo e che il padre è stato condannato a dodici anni. Abbiamo – lo dico perché resti agli atti – un sequestro definitivo con sentenza della Cassazione di beni per 200 milioni di euro e un sequestro parziale per beni per 50 milioni di euro, ma la cosa ancora più sconcertante è che tutti questi rapporti di mafia che nascono dal paese di origine derivano anche, secondo le procure che hanno indagato, dai rapporti di mafiosi con uno degli artefici della strage di Capaci, anzi con l'armiere della strage di Capaci. È una particolare circostanza ancora più grave in questo caso.
  Lei dice che il giovane Scinardo – non so se lo assolve preventivamente o se ha una visione del futuro – non ha intenzione di seguire le orme del padre. Eppure questo giovane Scinardo il 31 ottobre 2014 rilascia la seguente dichiarazione, in occasione di uno dei tanti sequestri che hanno colpito la sua famiglia: «Per la giustizia siciliana il settore imprenditoriale è tutto in odor di mafia. È ormai consuetudine per la procura siciliana sottoporre a confisca interi patrimoni appartenenti a umili imprenditori. Questa – conclude – io la chiamo la mafia dell'antimafia».
  In questa dichiarazione riportata dalla stampa certamente non si riconosce alcun elemento che possa condurre anche al minimo riconoscimento dell'autorevolezza dello Stato. Non è altro che un attacco frontale a chi ha aggredito i beni della propria famiglia.
  Quindi, noi abbiamo un organismo comunale elettivo con a capo il figlio di un capomafia, secondo la procura di Catania, condannato a dodici anni, che rilascia queste dichiarazioni contro la magistratura, i cui membri vengono considerati sodali di Rampulla, e che sembra anche sia lanciato in politica con un bel preciso gruppo di riferimento. Vorremmo anche sapere se il gruppo di riferimento di Scinardo giovane sia il suo.

  SALVATORE TORRISI. presidente, io prendo la parola perché sento il dovere di dare atto in quest'occasione che con i parlamentari Burtone e Musumeci, in diverse circostanze in cui io mi sono ritrovato anche in posizione di colleganza in istituzioni differenti, ho condiviso un impegno politico e civile in cui il tema della lotta alla mafia era una priorità. Voglio confutare ogni sorta di dubbio. Secondo me, nella visione dei siciliani e di coloro che conoscono l'esperienza politica e di impegno politico degli auditi c’è il riconoscimento che essi sono sempre stati in prima fila nelle diverse esperienze che hanno rappresentato nel contrasto alla mafia, nella lotta alla mafia e nell'affermazione dei princìpi di legalità. Dico questo perché mi sembrava opportuno fare questo riconoscimento. Lo dovevo loro per amore della verità.Pag. 7
  In relazione all'episodio contestato e alle argomentazioni che hanno fornito, che io considero convincenti, il tema di fondo, secondo me, è innanzitutto che questa era un'iniziativa che dava forza alla lotta alla mafia. Tutti i partecipanti, compreso questo giovane, in ogni caso assumevano una posizione, visibile anche rispetto all'opinione pubblica, di contrasto alla mafia.
  La presenza di questo Scinardo era un trucco ? A me sembra difficile arrivare a queste conclusioni per le considerazioni che sono state fatte. Si tratta di un soggetto che ha tutti i diritti civili e non ha precedenti penali, a meno che non vengano fuori altre questioni, ma a oggi questo dato non c’è.
  In ogni caso, pur provenendo da una famiglia malavitosa e criminale di cui sono state ricordate le vicende giudiziarie, egli assumeva in quell'occasione una posizione di differenziazione rispetto alla sua famiglia. Se membri della sua famiglia, in particolare il padre e il nonno, hanno commesso reati per i quali lo Stato li ha ritenuti colpevoli, il giovane Scinardo – lo dico asetticamente – assumeva una posizione pubblica nella quale si differenziava rispetto a quello che era stato il trascorso della propria famiglia.
  Questa è una riflessione che dobbiamo fare. Io credo che ci siano altri casi di familiari di soggetti malavitosi che nel corso del tempo hanno preso le distanze dall'atteggiamento che hanno tenuto la propria famiglia o un proprio congiunto. Se questi atteggiamenti sono veri, se sono veritieri, anzi, andrebbero incoraggiati. Noi sappiamo di mogli, figli, fratelli e sorelle di mafiosi che, in molti casi, hanno fornito un contributo molto forte nell'azione di contrasto alla criminalità organizzata.
  Forse l'unica domanda è la seguente: nel contesto della manifestazione, nell'immagine della città di Militello, che è un piccolo comune, quale significato hanno avuto la presenza e l'essere nell'organizzazione dell'evento di un familiare dello Scinardo ? Che impatto ha avuto questo nella comunità ?

  ANDREA VECCHIO. Io voglio dire una cosa brevissima. Nella mia passata vita di imprenditore ho subìto a Bronte un violento attacco da parte della mafia. Sono arrivati in cantiere con pistole e bastoni e hanno malmenato tutti i miei dipendenti. Il lavoro che stavo eseguendo era appaltato dalla provincia regionale di Catania. Io sono andato dal presidente Musumeci, che si è messo a disposizione e voglio dargli atto di questo. È stato molto consequenziale. Questa è la testimonianza che io volevo dare.
  Per quanto riguarda la vicenda, invece, io uso una metafora molto leggera: se tu sosti in una cucina nella quale si sono fritte delle melanzane, uscendo dalla cucina e andando in giro non puoi dire di non avere fritto melanzane, perché il vapore delle melanzane ha impregnato tutto il tuo corpo, i tuoi capelli e i tuoi vestiti.

  PRESIDENTE. Le attitudini gastronomiche e culinarie dell'onorevole Vecchio sono note a tutti.

  CIRO FALANGA. Presidente, io non ho domande da fare. Ho soltanto due brevi considerazioni e spero che il senatore Giarrusso non me ne voglia.
  Io sento l'esigenza di dire che la divulgazione da parte di un ufficio giudiziario di un fatto che riguarda un soggetto, ancorché familiare o componente di una famiglia notoriamente malavitosa, costituisce e rappresenta l'espressione di un'inciviltà giuridica, per quanto mi riguarda, da operatore del diritto. Sto esprimendo un concetto giuridico che attiene all'incensuratezza di una persona, la quale può essere sicuramente attenzionata, controllata e sezionata. Certamente, però, non si può da parte di un ufficio giudiziario far uscire fuori una notizia che attiene alla partecipazione di un giovane, coinvolgendo, peraltro, tutti gli altri componenti.
  È una mia posizione, un mio convincimento giuridico. Io ritengo che l'innocente, colui che non ha subìto condanne... Signori, il casellario giudiziario penale non si trasferisce da padre in figlio. Non so se mi sono spiegato. Sicuramente, essendo lui Pag. 8inserito in quel contesto familiare, la sua è una famiglia che va attenzionata, ma che va attenzionata nella fase riservatissima delle indagini, non già con notizie che in qualche modo già sottintendono sentenze di condanna.
  Questa è una mia posizione, un mio convincimento scientifico per quanto attiene al profilo squisitamente tecnico che si accompagna, per quanto mi riguarda, a un'inciviltà politica, ovvero a un'utilizzazione strumentale della politica, ovvero a uno spaccio di convenienza della politica, quando un soggetto che sia fratello, padre o figlio di una vittima della mafia riceve poi tutti gli onori che un paese gli può dare. Io trovo nel primo caso una devianza della giustizia e nel secondo caso una devianza della politica.
  Senatore Musumeci, io non conosco lei, non conosco questo signor Scinardo, non conosco la sua terra, se non da lontano. Io ritengo che lei, partecipando a questa manifestazione, a prescindere da chi fossero i componenti... il fatto che poi io combatta l'antimafia e la mafia nell'antimafia e sia convinto che in quella direzione lo Stato inquirente debba andare per individuare i meccanismi perfidi che la mafia ha messo su attraverso l'antimafia è un altro discorso. Lo dobbiamo fare, però, non sulla base di un episodio che ha il carattere della pubblicità, come quello al quale lei ha partecipato. Io sono sereno e al posto suo sarei sereno, come lo sono io.

  PRESIDENTE. Senatore Giarrusso, nel caso la parola gliela darò alla fine, quando tutti avranno completato gli interventi.

  MARIO MICHELE GIARRUSSO (fuori microfono). Voglio chiedere se si può segretare un attimo.

  PRESIDENTE. Possiamo prima sentire gli altri ? Poi lei potrà parlare. Concludiamo prima gli interventi.

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. Si tratta di un fatto di cui sono personalmente a conoscenza.

  PRESIDENTE. Concluderei con gli interventi, poiché la segretazione è sempre un momento che interrompe...

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. Poiché ha detto che questa notizia l'ha fatta uscire il procuratore Salvi, se andiamo in seduta segreta, io vi dico com’è andata.

  PRESIDENTE. Senatore Giarrusso, a lei darò la parola alla fine. Prima sentiamo gli interventi. Se deve riferirci un fatto, gliela darò, ma non adesso. Se un collega richiede la parola, normalmente la diamo, ma dopo che si sono espressi gli altri.
  Per quanto riguarda le parole del procuratore Salvi, io invito il senatore Falanga a rileggere attentamente l'audizione e la lettera che il procuratore ha inviato alla Commissione.

  CIRO FALANGA. Io non ho parlato del procuratore Tizio o Caio. Io ho espresso un concetto politico e giuridico. Ho detto che, quando un ufficio giudiziario ha elementi, allora agisce. Quando gli elementi non li ha, non può esprimersi. Non mi riferisco a ciò che ha detto allora il procuratore Salvi.

  PRESIDENTE. Il procuratore ha compiuto gli atti che doveva compiere come procuratore. Audito in questa Commissione, ha fatto riferimento a un preciso episodio, tra l'altro segnalandocelo come uno di quei casi nei quali la lotta alla mafia può rischiare di essere in qualche modo inquinata da presenze e comportamenti. Ci ha segnalato la presenza di due autorevoli esponenti delle istituzioni siciliane e nazionali. Loro sono qui per spiegare perché fossero presenti in quella circostanza.
  Io credo che un magistrato debba comportarsi così e mi risulta che peraltro l'abbia fatto. Ha dato corso, prima di lasciare la sede di Catania, con atti giudiziari e con altre sollecitazioni che ha ritenuto opportuno fare, a quella che lui ritiene la vicenda. Io credo che abbia fatto bene a farlo, perché per tutti vale la domanda che si è posto il presidente Pag. 9Musumeci e alla quale noi dovremmo dare una risposta: com’è possibile che il figlio di un mafioso diventi presidente della consulta giovanile ?
  Questo è il punto sul quale forse vale la pena di soffermarsi. Su quel ragazzo non ricadono le colpe del padre, ma queste sono parole sue: «la mafia dell'antimafia», nel momento in cui sequestrano i beni di famiglia, sono parole sue. Le responsabilità penali sono dei suoi genitori, ma le parole con le quali lui bolla come mafiosa l'antimafia sono parole sue.
  Questo ragazzo di vent'anni, che noi ci auguriamo, proprio perché organizza le manifestazioni per commemorare Falcone, segua una strada diversa da quella della sua famiglia, comunque è stato eletto presidente di una consulta giovanile. Una procura non può non interrogarsi. Investe la Commissione antimafia e la Commissione antimafia, naturalmente, su questo punto farà i suoi accertamenti. Intanto, però, dà la parola a due rappresentanti delle istituzioni che hanno accolto quell'invito e che in quella circostanza hanno fatto la commemorazione. Ci sono state fornite le loro spiegazioni e io penso che noi possiamo procedere, non ritenendo inopportuni gli atti di nessuno, con nome o senza nome.

  FRANCESCO D'UVA. Prima svolgo un intervento e poi pongo una domanda che esula da questa vicenda. Per quanto riguarda l'intervento, devo dire che a livello personale riesco a comprendere l'ignoranza, nel senso di ignorare le persone che sono lì. Non sapere chi siano gli Scinardo per me potrebbe anche essere una cosa lecita.
  Vorrei mettere agli atti, però, che, per quanto riguarda me, se uno sa chi sono gli Scinardo – è una visione diversa, però, presidente; per me è la presenza che legittima e non l'assenza, io ragiono in questo modo – se io avessi saputo chi era quella persona, non ci sarei andato. Volevo soltanto mettere agli atti questo mio diverso punto di vista e questo mio diverso modo di agire.
  Mi riservo di fare una domanda nella seconda parte al presidente Musumeci.

  STEFANIA PRESTIGIACOMO. Voglio ringraziare il presidente Musumeci e anche l'onorevole Burtone per il loro intervento. Io non ho assistito all'audizione del procuratore Salvi perché non facevo parte della Commissione antimafia, ma ho appreso di questa vicenda dalla stampa regionale.
  Io credo che con i loro interventi gli auditi abbiano fugato ogni dubbio circa il loro impegno, innanzitutto quello del presidente Musumeci quale presidente della commissione antimafia regionale, nella direzione della lotta alla mafia, ma anche quello del collega Burtone, che personalmente conosco e che, anche se non appartiene al mio schieramento politico, stimo e rispetto perché conosco il suo modo di operare sul territorio.
  Pertanto, non ritengo accettabili alcuni interventi che ho ascoltato e che possono gettare ombre su eventuali collegamenti dell'uno o dell'altro. Peraltro, erano entrambi presenti. Non capisco perché il collega Giarrusso indirizzi eventuali collegamenti solo con la parte politica di riferimento del presidente Musumeci ed eventualmente non con l'altra. A mio avviso, questi sono tutti collegamenti che appartengono a una visione un po’ di fantapolitica e nulla di più.
  Certamente la questione che può porre degli interrogativi è come un ragazzo, ancorché incensurato, ma comunque collegato a una famiglia coinvolta in vicende gravi – anche se non ancora in via definitiva, perché il padre è condannato in primo grado – possa avere avuto la fiducia dei giovani iscritti alla consulta giovanile. Forse bisognerebbe conoscere un po’ di più il territorio per dare queste risposte.
  A volte vittime della mafia non sono soltanto coloro i quali vengono ammazzati. A volte possono essere vittime della mafia anche i familiari di mafiosi che si ritrovano a vivere una vita da marchiati. Magari nel caso di questo ragazzo appena ventenne il suo impegno e la sua volontà di partecipare alla vita sociale pubblica Pag. 10potrebbero essere stati interpretati come un riscatto della sua persona. Io credo che questa opportunità vada riconosciuta a tutti.
  Al presidente Musumeci voglio chiedere cos’è accaduto circa il consiglio comunale di Catania. In verità, è una domanda che esula da questa vicenda, ma che potrebbe anche spiegare meglio il contesto nel quale possono essere maturate delle polemiche.
  Quando io ho letto le dichiarazioni del procuratore Salvi, persona che stimo moltissimo e di cui conosco l'operato nella città di Catania in questi cinque anni in cui è stato presente, sono rimasta molto colpita dalla veemenza che traspariva anche dal resoconto parlamentare. Alla fine, peraltro, aggiunge: «Mi scuso del modo in cui...» Io vorrei comprendere un po’ di più cosa è accaduto tra la commissione antimafia regionale e la realtà della procura di Catania circa la presenza nel consiglio comunale di Catania di figure anch'esse legate da parentele a soggetti discutibili. Anche di questo noi abbiamo appreso dalla stampa in relazione a una polemica che si è svolta.
  Per quanto riguarda l'operato della commissione antimafia regionale, da parlamentare siciliana e da cittadina io esprimo tutta la mia fiducia al presidente Musumeci e all'operato della sua commissione e invito il presidente e tutta la commissione ad andare avanti con sempre maggiore impegno.

  CLAUDIO FAVA. Riservandomi di fare alcune domande al presidente Musumeci nella sua funzione nella seconda parte, ho due brevi considerazioni da fare.
  La prima è che l'onorevole Burtone e l'onorevole Musumeci sono tra i pochi, forse pochissimi, dirigenti politici siciliani sui quali io mi sentirei di mettere la mano sul fuoco. Credo che, per la sensibilità dell'argomento che qui trattiamo, forse sia bene che alcune cose vengano lasciate a verbale, per evitare anche proprietà transitive di altro tipo sui comportamenti e sulle intenzioni dei comportamenti.
  Detto questo, proprio per quelle valutazioni di opportunità di cui parlava il presidente Musumeci, io probabilmente avrei declinato l'invito, ma l'avrei fatto non tanto per il figlio di Scinardo. Io penso che rispetto a un ragazzo di vent'anni – probabilmente la responsabilità di chi l'ha esposto è più grave – si possa cogliere la possibilità di andare a discutere per spiegargli che ha torto quando tre settimane prima ha detto che 11 imprese, 229 immobili e 90 automezzi sono il legittimo patrimonio costruito da un padre che faceva l'allevatore dieci anni prima e che forse essere arrivati al sequestro di questo patrimonio non è la mafia dell'antimafia, ma è un provvedimento giudiziario che ha una sua logica e una sua necessità. Rispetto a chi con buona volontà intende ricordare Giovanni Falcone con questo convegno io avrei innanzitutto sentito il dovere non di prendere le difese della procura, ma di contestare un atteggiamento di difesa troppo frettolosa che questo ragazzo, pur avendo vent'anni, ha avuto nei confronti della famiglia.
  Il problema di opportunità avrebbe riguardato soprattutto la presenza dell'avvocato Trantino, che naturalmente, come presidente della camera penale, è un interlocutore che io vorrei trovare in tutte le occasioni in cui si parla di mafia. Tuttavia, nel paese di Scinardo, di cui l'avvocato Trantino è difensore, con Scinardo che organizzativamente, militarmente e criminalmente è collegato a uno degli artificieri, dei bombaroli, di coloro che hanno materialmente messo in piedi la bomba che ha fatto saltare in aria Falcone, la moglie e gli uomini della sua scorta, mi sembra che l'occasione per quella discussione non fosse il ricordo di quella persona ammazzata. Sarebbe come se noi andassimo a discutere utilmente di mafia e delle misure di contrasto alla mafia con l'avvocato di Riina, con l'avvocato di Brusca o con l'avvocato di Provenzano a Palermo nel giorno in cui si ricordano Borsellino e Falcone. Con loro lo faccio sempre, ma nel giorno in cui andiamo a celebrare il ricordo di una strage di mafia, pretendendo che quell'avvocato finisca per essere anche il difensore della persona che quel paese esprime come maggiore personalità di caratura Pag. 11criminale, io probabilmente avrei evitato l'imbarazzo a me e all'avvocato Trantino. È questa la ragione di opportunità che mi avrebbe distolto.
  Resta la domanda, alla quale forse il presidente Musumeci e l'onorevole Burtone possono rispondere, se questo incidente, questa vicenda abbia almeno provocato qualche elemento di consapevolezza in quella comunità e anche nelle reazioni e nei comportamenti che ne sono seguiti.

  GIUSEPPE PAGANO. Presidente, io ho preso la parola solo per dare una mia testimonianza. Io ho avuto modo di essere consigliere provinciale durante la presidenza del presidente Musumeci e devo dire che testimonio proprio la sua enorme correttezza e il suo modo di agire per come ha saputo combattere anche la delinquenza. Di questo posso essere testimone, così come sono convinto della sua trasparenza e della sua correttezza su tutto.
  Dico la stessa cosa anche per l'onorevole Burtone. Con l'onorevole Burtone abbiamo fatto tante battaglie politiche, ma devo dire che lui si è sempre espresso nel senso della correttezza, nel senso dell'essere persona perbene ed è stato uno degli alfieri che hanno combattuto sempre la delinquenza.
  Voglio lasciare una traccia anche di questo mio intervento, perché io non ho alcun dubbio sulle due persone e sulla loro correttezza. Mi hanno convinto abbondantemente le risposte che hanno fornito. Da parte mia c’è sempre la stima e la considerazione di quello che voi avete fatto per la Sicilia, ma anche per quello che farete ancora.

  PRESIDENTE. Temo, purtroppo, presidente Musumeci, che la possibilità di fare la seconda parte non ci sia. Troveremo un'altra occasione, anche perché, soprattutto sulla questione dei consiglieri comunali del comune di Catania, noi siamo molto interessati a una collaborazione, così come sui rifiuti e su altri dossier aperti, compreso quello che sarà uno dei nostri capitoli dell'inchiesta sull'antimafia.

  Su richiesta del senatore Giarrusso propongo di proseguire in seduta segreta.

  (Così rimane stabilito. La Commissione procede in seduta segreta indi riprende in seduta pubblica).

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola al presidente Musumeci e all'onorevole Burtone per le risposte alle vostre domande, poiché non l'ho fatto all'inizio, lo faccio adesso, prima che senatori e deputati siano restituiti alle rispettive Aule. Noi abbiamo accolto la richiesta di essere sentiti del presidente Musumeci e dell'onorevole Burtone non solo perché ciò era dovuto nei loro confronti, come abbiamo sempre fatto nei confronti di tutti coloro che sono stati chiamati in causa durante le audizioni. Qualche volta l'abbiamo sollecitato noi stessi, perché non vogliamo che restino accuse o encomi che non hanno fondamento.
  Io personalmente ho accolto la loro richiesta con particolare convinzione proprio perché conosciamo la chiara e limpida azione di lotta alla mafia nei loro territori del presidente Musumeci e dell'onorevole Burtone. Su questo punto non c’è alcun dubbio. Non credo che il procuratore Salvi intendesse, con le sue parole, gettare un'ombra sul presidente Musumeci e sull'onorevole Burtone.
  Tuttavia, proprio perché loro sono due persone così e con questa storia, la loro partecipazione a una manifestazione che può presentare obiettivamente alcuni interrogativi rischiava di essere legittimante quella stessa manifestazione. Pertanto, il rilievo posto dal procuratore e la loro testimonianza oggi ci possono aiutare, come ha detto anche il vicepresidente Fava, a compiere un'azione positiva.
  Intanto ci sono state le dimissioni di Scinardo da presidente della consulta. Forse questa può essere un'occasione con la quale si fa in quel territorio una sensibilizzazione che porti a una maggiore consapevolezza da parte di tutti e anche a un percorso più lineare da parte dello stesso giovane Scinardo, al quale tutti noi Pag. 12auguriamo un futuro coerente con quella manifestazione e non con le parole che ha usato nei confronti delle misure di prevenzione.
  Questo era lo spirito e l'intento di quest'audizione. Io ritengo che la chiamata in causa del presidente Musumeci e dell'onorevole Burtone da parte del procuratore Salvi fosse finalizzata esattamente a questo: una manifestazione che presenta delle ambiguità rischia di essere ancora più ambigua se c’è la presenza di due persone irreprensibili come il presidente Musumeci e l'onorevole Burtone. Loro hanno chiarito la propria scelta. Questa può essere discutibile. Uno poteva andare, l'altro poteva non andare. Il motivo per cui sono andati a me sembra altrettanto limpido e chiaro. Diamo loro la parola per la replica finale.

  NELLO MUSUMECI, presidente della commissione speciale di inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia in Sicilia dell'Assemblea regionale siciliana. Grazie, signora presidente. Mi consenta intanto di rivolgere un sincero ringraziamento agli onorevoli commissari che hanno voluto esprimere apprezzamenti nei confronti del mio operato presente e passato. Proprio da questa considerazione muovo per rispondere intanto al senatore Giarrusso. Egli sa, per essere stato cittadino ed essere cittadino attento e professionista apprezzato, che il mio impegno antimafia non è occasionale e non è di ieri.
  È di cattivo gusto citarsi, ma io credo che in questa circostanza sia bene che ognuno offra le proprie credenziali. Già la stima espressa da alcuni colleghi deputati è sufficiente e mi ha davvero riempito di gioia. Io sono stato condannato a morte dalla mafia nel 1995 per aver revocato un appalto di 52 miliardi nelle attenzioni delle organizzazioni mafiose e per sette anni sono stato condannato a vivere e a muovermi con una macchina blindata notte e giorno con due poliziotti.
  Da parlamentare europeo non sono mai venuto meno agli impegni che richiedevano una seria e concreta lotta alla mafia. Ecco perché parlo a voi con profonda amarezza. Escludo che da parte del senatore Giarrusso, lo stesso che ha sollevato il caso, possa esserci malafede, ma, mi creda, in chi, come noi, ha un passato improntato ai doveri costanti quest'audizione produce tanta amarezza.
  Desidero dire al senatore Giarrusso, signora presidente, che io non ho da prendere alcuna distanza dal sindaco della mia città. Egli non appartiene alla mia parte politica. Non vi apparteneva ieri e non vi appartiene oggi. È un sindaco espresso da una coalizione di centrodestra in alternativa al candidato che aveva espresso la coalizione che faceva capo all'onorevole Burtone, con il quale siamo concittadini, ma quasi da sempre avversari.
  Il sindaco, ho detto, non ha sollevato alcun problema di opportunità politica dopo l'elezione – non nomina – di Scinardo a presidente della consulta. Non l'ha sollevata il prefetto, che dai servizi è costantemente tenuto informato, e non l'ha sollevata il procuratore della Repubblica competente per territorio. Ciò mi ha autorizzato a considerare l'invito della consulta giovanile esattamente alla stessa stregua degli inviti che avevo ricevuto da Villafranca Tirrena e dal comune di Capaci.
  Mi permetto di correggere il senatore Giarrusso quando dice che io su La Sicilia ho detto che non sapevo che Scinardo fosse Scinardo. Assolutamente, io la invito a portarmi e a portare alla Commissione il ritaglio di stampa. Peraltro, le ricordo che, quando lei sollevò il caso con un'agenzia di stampa, nessun organo giornalistico ha ripreso la notizia, non ritenendola – lo dico da giornalista da quarant'anni iscritto all'albo, seppure pubblicista e non professionista come il collega Fava – essere una notizia. L'ha pubblicata soltanto un sito, Sudpress, per ragioni che lei e io ben conosciamo e che non è il caso qui di evidenziare.
  Io sapevo che Scinardo – c’è una sola famiglia Scinardo – apparteneva a quella famiglia. Certo non conoscevo i capi di imputazione o le condanne del padre o del nonno, perché non ho mai avuto frequentazione Pag. 13con quella famiglia, che non è mai appartenuta al mio patrimonio, né umano di amicizie, né politico.
  Rispondo, quindi, alla sua terza domanda, ossia se Scinardo faccia capo al mio gruppo politico. No, Scinardo non ha mai frequentato gli ambienti della destra o del centrodestra e non appartiene in ogni caso al movimento politico al quale io appartengo. Oggi io non ho più partito, come sa la presidente Bindi, ma ognuno ha i suoi problemi.
  Detto questo, mi ha chiesto il senatore Torrisi se la presenza di Scinardo in quella manifestazione avesse per un attimo condizionato il dire del collega Burtone – mi permetto di poterlo citare – e del sottoscritto. Ho detto già all'inizio che noi non abbiamo risparmiato critiche e aggettivi alla mafia ed esortazioni ai giovani perché non si arrendano alle contrarietà della vita in una città in cui il tasso di disoccupazione è assolutamente elevato, ma che, lo ripeto, è estranea ai processi tradizionali e ai fenomeni mafiosi. Se si esclude la presenza della famiglia Scinardo, Militello non è mai citata in alcun atto di relazioni antimafia.
  Io ho parlato, quindi, di lotta alla mafia davanti al sindaco, davanti al presidente del consiglio comunale, davanti al parroco della città, davanti al preside, davanti al corpo docente e davanti a 200 ragazzi. Se non fossi andato, onorevole Fava – la scelta è stata meditata e sofferta, glielo confesso – mi sarebbe parsa una diserzione nei confronti della mia Commissione. Avrei alimentato un atto di discredito fra i ragazzi nei confronti del loro concittadino che sanno essere presidente dell'antimafia.
  Certo, si poteva anche dire di no. Me lo sono posto il problema e ho fatto quella scelta, proprio perché l'opportunità è affidata alla valutazione dei singoli, senza alcun riferimento codificato, neppure di un codice etico.
  Vado alla conclusione, signora presidente. L'onorevole Vecchio usa la metafora dell'odore della melanzana. Si rassegni, onorevole Vecchio: non temo contaminazioni. La mia vita è così chiara che non temo contaminazioni. Io potrei stare accanto a migliaia di mafiosi. Loro dovrebbero preoccuparsi della mia vicinanza, ma non io della loro.
  Voglio sottolineare come quell'episodio abbia sortito qualche effetto, certo: lo Scinardo si è dimesso. Con una nota garbatissima, credo rivolta al sindaco, ha detto: «Per evitare che la mia presenza alla guida della consulta possa suscitare ulteriori polemiche e danni di immagine, io rassegno le dimissioni». Se qualcuno gliel'avesse suggerito fra il sindaco, il prefetto o un magistrato, e gliel'avesse suggerito subito dopo la sua elezione, che resta comunque un fatto che invita alla riflessione, forse avremmo evitato quest'audizione, che avremmo potuto dedicare ad altri argomenti.
  Io sono convinto – e concludo, signora presidente, anche per lanciare una proposta – che, se non fossimo andati a quella cerimonia, Scinardo dopo una settimana ne avrebbe organizzata un'altra e dopo quindici giorni un'altra ancora. Sarebbe andato fra i banchi di scuola, avrebbe parlato ai ragazzi e avrebbe incontrato altri operatori della città. Il problema non sarebbe stato rimosso.
  La mia presenza e quella dell'onorevole Burtone sono la conseguenza. Quanto alla causa, il figlio, il fratello, un familiare o un parente di un condannato per mafia possono ricoprire cariche pubbliche ? La Costituzione dice di sì, ma io credo che possiamo anche valutare l'opportunità di codificare alcune norme morali alle quali ogni rappresentante delle pubbliche istituzioni, io per primo, potrebbe improntare e informare la sua azione.

  GIOVANNI BURTONE, deputato. Presidente, il collega D'Uva diceva che lui in una manifestazione in cui c'erano gli Scinardo non sarebbe andato. Mi permetta, collega, ma io sono andato col presidente Musumeci in una manifestazione organizzata dal comune, dalla pro loco e dalla consulta giovanile. Io non ho mai conosciuto gli Scinardo. So chi sono, ma non Pag. 14ho mai avuto alcun rapporto. Lo stesso giovane l'ho visto per la prima volta fisicamente in quell'occasione.
  La consulta giovanile nei mesi precedenti alla riunione si era caratterizzata per una serie di iniziative che io avevo considerato positive nella nostra comunità. Io ho partecipato a un'iniziativa che aveva come obiettivo quello di commemorare Falcone e Borsellino. Mi permetto di sottolineare questo aspetto.
  Aggiungo, proprio per completare quello che diceva il collega Musumeci, che, se noi non fossimo andati, avremmo sicuramente deluso i ragazzi che aspettavano la presenza anche delle istituzioni. Avremmo lasciato tutta l'iniziativa all'interno di coloro i quali l'avevano organizzata. Io mi sono sentito – lo ribadisco – di partecipare perché c'era un tema fortemente avvertito nella nostra comunità e non volevo far venir meno anche la mia partecipazione.
  Non voglio polemizzare, presidente, ma ribadisco che nella mia condotta politica io ho saputo distinguere in questi anni zone grigie, zone nere e zone chiare. Dico questo con rammarico, perché conosco il lavoro che è stato fatto dalla procura. Credo, però, che l'impegno di ognuno di noi vada rispettato.

  PRESIDENTE. Io penso che non vi dobbiate rammaricare del motivo che ha reso necessaria, su vostra richiesta, quest'audizione, perché è stata un'ulteriore occasione con la quale avete dimostrato la vostra estraneità e la vostra non disponibilità a qualunque forma di cedimento.

  GIOVANNI BURTONE, deputato. Chiedo scusa, ma voglio aggiungere che io non sapevo di questa dichiarazione di Scinardo e in quale giornale fosse apparsa. Non possiamo seguire tutti i siti. Io non sapevo. Se avessi letto una dichiarazione in cui si diceva chiaramente che veniva contestato in quel modo il sequestro, non avrei partecipato. Io non faccio nulla con superficialità. Il mio ruolo politico cerco di salvaguardarlo. Se ho partecipato, è perché non ero a conoscenza di una dichiarazione che non è uscita in un'ANSA o su una testata giornalistica. Se è uscita in un sito di Facebook o all'interno della rete, io non posso seguire tutte le dichiarazioni. Riconfermo che, se avessi letto quella dichiarazione, non avrei partecipato.

  NELLO MUSUMECI, presidente della commissione speciale di inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia in Sicilia dell'Assemblea regionale siciliana. Anch'io, signora presidente – chiedo scusa per averlo tralasciato poco fa – desideravo precisare che non conoscevo una dichiarazione così grave resa dal giovane Scinardo. Non la conoscevo perché credo che non sia mai uscita sui giornali. Non è mai uscita sui giornali. Di solito io ho una rassegna stampa che la commissione mi fornisce ogni giorno. È chiaro che quella dichiarazione, per quanto possa trovare spiegazione nel suo risentimento di figlio, non può trovare giustificazione per chi rappresenta le istituzioni. Anche in quel caso la mia scelta sarebbe stata improntata ad altri criteri e non avrei accettato l'invito, ma ciò sarebbe stato motivato per quella ragione.

  PRESIDENTE. Tengo a precisare che questa dichiarazione del figlio sulla confisca dei beni della famiglia a noi è stata riferita dallo stesso procuratore. Se voi leggete l'audizione del procuratore, c’è un esplicito riferimento. Avete fatto bene a precisarlo, perché questo chiarisce anche meglio. Io vi invito alla massima tranquillità da questo punto di vista.
  La mia interlocuzione prima su questo punto non era con voi, ma con il senatore Falanga, che mi dispiace sia uscito. Io resto convinta di una cosa: non è in discussione ciò che è a tutti noto e che tutti hanno sottolineato, ossia la vostra chiara e limpida lotta alle mafie. Quella non è messa minimamente in discussione per quanto mi riguarda, neanche dalla partecipazione a quella manifestazione. Questo è il motivo per il quale io credo che sia stato giusto che la Commissione vi abbia ascoltati. Resta fermo, però, il fatto che questo è un terreno molto minato, nel Pag. 15quale uno basta che non conosca una dichiarazione o la biografia di qualcuno o non sappia chi ha organizzato qualcosa per trovarsi in circostanze che sono... Assolutamente sì, senatore Giarrusso. Questa cosa può capitare a tutti. Abbiamo sentito che loro sapevano chi fosse Scinardo, ma hanno ritenuto di doverci andare ugualmente, perché hanno ritenuto che in quella circostanza a quei 200 giovani e a quella comunità dovesse essere data una parola vera di lotta alla mafia, che non è stata minimamente imbarazzata dalla presenza di figli di Scinardo.
  Hanno anche aggiunto, però, che, se fossero stati a conoscenza di questa frase, non avrebbero partecipato, o quantomeno che in quella circostanza avrebbero stigmatizzato anche questa frase.
  Questo può capitare a tutti, senatore Giarrusso. Una cosa di questo genere può capitare a tutti, perché non tutti possono conoscere fino in fondo come stanno le cose.

  MARIO MICHELE GIARRUSSO (fuori microfono) Sicuramente l'avvocato li conosceva.

  PRESIDENTE. Sì, l'hanno chiaramente detto. Dopodiché, ognuno giudica personalmente le proprie opportunità. Non sta a me dire come mi sarei comportata. Alcuni di voi l'hanno detto. Loro sono venuti qui a spiegare perché si sono comportati in un dato modo e a me pare che dalla spiegazione che ci hanno fornito si possa – questo era l'obiettivo di quest'audizione – fugare ogni dubbio possibile sul loro operato, nonostante la partecipazione a quella manifestazione, o in virtù anche della partecipazione a quella manifestazione. Né credo – lo ripeto – che il procuratore Salvi intendesse, citando la loro presenza, far addebitare a loro alcune responsabilità, ma, indicando la loro presenza, richiamarci alla gravità di quella manifestazione e del ruolo dello Scinardo, nonché al fatto che ci si trova in una situazione...
  Non le ridò la parola adesso, senatore Giarrusso.

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. Presidente, questa è una Commissione d'inchiesta. Lei non può saltare alle conclusioni dopo una semplice audizione. Alla fine delle attività di questa Commissione vedremo che peso ha anche questo fatto. Lei qui parla come presidente della Commissione.

  PRESIDENTE. Senatore Giarrusso, queste sono le mie conclusioni da presidente. Sono libera di farle.

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. Sì, ma non a nome della Commissione. Non sono certo le conclusioni della Commissione. Noi non siamo soddisfatti, presidente.

  PRESIDENTE. Voi non siete soddisfatti ? Va bene. Io personalmente ho detto quello che ho detto e non lo ritiro, chiaramente, perché ritengo che questo fosse l'obiettivo dell'audizione. Per quanto mi riguarda, i chiarimenti che sono stati forniti sono sufficienti, né ritengo che il procuratore antimafia di Catania intendesse fare altrimenti su questo punto. Dopodiché, seguiranno altre considerazioni. D'altra parte, noi abbiamo aperto un'inchiesta sull'antimafia e, quindi, è chiaro che su questi temi ritorneremo. Tutto ciò ce ne conferma l'opportunità.

  FRANCESCO D'UVA. Presidente, molto velocemente vorrei lasciare agli atti la domanda che avrei voluto fare nella seconda parte al presidente Musumeci, così la prossima volta saremo già preparati su ciò di cui dobbiamo parlare. Vorrei chiederle se la commissione antimafia regionale sta lavorando sul caso Montante e, in generale, se si è arrivati a qualche conclusione o a qualche informazione che può interessare la Commissione e se si sta già pensando a come affrontare la questione riguardante la dottoressa Saguto sulla gestione dei beni sequestrati.

  PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi e, a causa del concomitante avvio dei lavori Pag. 16dell'Assemblea del Senato, rinvio il seguito dell'audizione del presidente Musumeci ad un'altra seduta.

Comunicazioni della presidente.

  PRESIDENTE. Comunico che l'Ufficio di presidenza integrato dei rappresentanti dei Gruppi, nella riunione dello scorso 1o ottobre, ha convenuto di calendarizzare per domani, 8 ottobre, una proposta di deliberazione di trasmissione di atti all'autorità giudiziaria.
  Comunico altresì che la Commissione è stata invitata a partecipare, il prossimo 26 ottobre 2015, ad un convegno sul ruolo delle università e del mondo accademico per la legalità, organizzato a Cosenza dal rettore dell'università della Calabria (UNICAL), insieme ai rettori delle principali università del Meridione. Per tale missione auspico una significativa presenza, insieme alla presidente, dei membri della Commissione, che sono pertanto tutti invitati a partecipare.
  Avverto, infine, che la riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della Commissione, già prevista per la giornata odierna, avrà luogo domani alle 13,45.

  La seduta termina alle 15.45.