XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 78 di Mercoledì 11 febbraio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 

Audizione del capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Santi Consolo:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 
Consolo Santi , capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ... 3 
Bindi Rosy , Presidente ... 4 
Consolo Santi , capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ... 4 
Bindi Rosy , Presidente ... 6 
Mattiello Davide (PD)  ... 6 
Mirabelli Franco  ... 7 
Buemi Enrico  ... 7 
Fava Claudio (Misto-PSI-PLI)  ... 8 
Sarti Giulia (M5S)  ... 9 
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 9 
Consolo Santi , capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ... 9 
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 9 
Moscardelli Claudio  ... 10 
Molinari Francesco  ... 10 
Lumia Giuseppe  ... 10 
Bindi Rosy , Presidente ... 11 
Consolo Santi , capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ... 11 
Bindi Rosy , Presidente ... 12 
Consolo Santi , capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ... 12 
Bindi Rosy , Presidente ... 12 
Gaetti Luigi  ... 12 
Bindi Rosy , Presidente ... 12 

Comunicazioni della presidente:
Bindi Rosy , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE ROSY BINDI

  La seduta comincia alle 14.15.
  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che se non vi sono obiezioni la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Santi Consolo.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP), dottor Santi Consolo. L'audizione rientra nel filone dell'inchiesta di cui all'articolo 1, lettera c), della legge istitutiva della Commissione, relativo all'applicazione del regime carcerario di cui all'articolo 41-bis della legge sull'ordinamento penitenziario 26 luglio 1975, n. 354, alle persone imputate o condannate per delitti di tipo mafioso.
  L'audizione fa seguito a quella del dottor Giovanni Tamburino, precedente capo del DAP, svoltasi l'8 gennaio 2014, nonché di altri magistrati e funzionari dell'amministrazione penitenziaria, anche con riferimento alla cosiddetta «operazione farfalla».
  Vorrei ricordare che, come di consueto, la seduta si svolge nelle forme dell'audizione libera e che, ove necessario, i lavori potranno proseguire in forma segreta.
  Nel ringraziarlo per la sua presenza, cedo la parola al dottor Consolo, al quale formulo gli auguri per la sua recente nomina a capo del DAP, aggiungendo che siamo molto interessati a quanto vorrà dirci.

  SANTI CONSOLO, capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Innanzitutto, ringrazio la presidente e tutti i componenti della Commissione per questo invito, che considero come un gesto di attenzione verso la funzione del DAP nell'ambito del contrasto alla criminalità organizzata. Quando si parla di ruolo del Dipartimento e soprattutto della direzione preposta alla cura dei detenuti ristretti a regime di 41-bis è evidente che dobbiamo conciliare due esigenze. La primaria è quella di recidere i rapporti con la criminalità organizzata da parte dei ristretti; l'altra è quella di rendere compatibile il trattamento penitenziario con le normative e le prescrizioni anche europee in materia di rispetto della dignità della persona e di regole minime che non devono essere violate affinché non si incappi in taluni rilievi anche a livello europeo. Per quel che riguarda il 41-bis, ho visto le precedenti audizioni fatte da altri capi dei dipartimenti, quindi mi sembra ultroneo fare una disamina della storia del 41-bis o di tutto quello che è stato fatto da allora a oggi. Ritengo, invece, più opportuno, anziché fare un cappello introduttivo sui ruoli e le funzioni del Dipartimento, mettermi a vostra disposizione per darvi delle risposte, nella misura in cui terrete conto che ho assunto le funzioni il 19 dicembre 2014, Pag. 4momento dal quale ho dovuto far fronte a molte altre emergenze, come la cessazione del servizio mensa che veniva prestato da 10 cooperative in 10 istituti penitenziari. Non dico questo a giustificazione delle mie limitate conoscenze, ma soltanto per chiarire che in questo periodo ho dovuto sopperire anche a molte altre necessità del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, quali la prossima entrata in vigore della legge che prevede la soppressione degli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) e quindi il trasferimento dei sottoposti a misura di sicurezza in strutture ospedaliere d'accoglienza per i disabili mentali, chiamate REMS.
  A ogni modo, ritengo che sia molto più opportuno orientarmi secondo le domande che i componenti della Commissione mi vorranno rivolgere, anziché fare il solito cappello illustrativo che penso sia di pochissima utilità in quanto, da quello che ho potuto verificare, le conoscenze che avete in materia sono abbastanza approfondite.

  PRESIDENTE. In effetti, anche per aver sentito meno di un anno fa il suo predecessore e per la consuetudine da parte di questa Commissione di audire i responsabili del DAP, non manchiamo di informazioni di carattere generale. L'audizione del nuovo direttore del DAP è sicuramente legata al fatto di fare la sua conoscenza e di riflettere insieme sulle strategie per il futuro del suo Dipartimento, ma anche ad alcune urgenze e ad alcune inchieste che stiamo svolgendo. Tutti i commissari vorranno rivolgerle delle domande, tuttavia comincio con una questione di carattere generale che riguarda proprio la funzione del suo Dipartimento. Sarà, infatti, a conoscenza del fatto che qualcuno ne ipotizza persino la soppressione. Le domandiamo, quindi, cosa pensa di questa ipotesi. Passo immediatamente a un'altra domanda che forse è alla sua attenzione insieme alla prima. Questo Dipartimento ha bisogno di una riorganizzazione, ovvero di essere ripensato nelle sue funzioni e nelle sue strategie ? Da questo punto di vista, se lei ha già maturato alcune idee, ci piacerebbe condividerle anche in questa sede. Sappiamo che saranno soprattutto le commissioni giustizia quelle nelle quali si dovrà confrontare su questo tema, ma noi siamo molto interessati a questo aspetto. Le pongo un'altra domanda con la quale mi aggancio a quello che ci ha appena detto, ovvero all'emergenza legata al problema delle cooperative all'interno delle carceri. Come sta risolvendo questa questione ? Partiamo da queste domande, dopodiché diamo la parola ai colleghi che intendono intervenire. Tra l'altro, siccome questa audizione si concluderà intorno alle 15 perché ci sono riunioni di gruppo, vi informo che consegneremo al dottor Consolo tutte le nostre domande per poi risentirlo appena possibile.

  SANTI CONSOLO, capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Credo che un'ipotesi di soppressione del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria non sia cosa buona perché esso ha una sua importanza anche per l'entità dei riferimenti di amministrazione. Vi riporto alcune cifre per chiarire meglio. Siamo in presenza di 40 mila poliziotti penitenziari, 6 mila dipendenti amministrativi, 54 mila detenuti, più 35 mila in esecuzione penale esterna. Vi è un patrimonio edilizio costituito da 202 istituti, con una superficie di oltre 400 mila metri quadri. Vi è poi una specificità del ruolo del personale penitenziario, che è anche di tipo trattamentale.
  Oggi abbiamo un DPCM in via di attuazione che prevede un riordino rispetto al quale ho alcune riserve. Per esempio, in ordine alla soppressione di uno dei due vice capi, credo che sarebbe stato più opportuno disimpegnare i due vice capi nelle presidenze dei due enti, ovvero l'ente cassa delle ammende e l'ente assistenza, che di per sé hanno degli oneri amministrativi e un'entità economica particolarmente notevole da gestire. Mettere tutte queste funzioni in capo a una sola persona, ossia al capo Pag. 5del Dipartimento, che è anche presidente di diritto di questi due enti, mi sembra molto. Il profilo di questa riorganizzazione che ritengo meno condivisibile riguarda la soppressione della Direzione generale beni e servizi, che andrebbe meglio riorganizzata nel senso di un'attività per il maggiore benessere dei detenuti, con una formula che ci metta al riparo da possibili corruttele, vale a dire con una politica gestionale, che sto cercando di attuare, completamente diversa da quella che c’è stata nel passato, ossia quella dell'amministrazione diretta in economia con utilizzo di manodopera detenuta. Mi spiego meglio. Il nostro patrimonio edilizio si sta completamente deteriorando per un'assenza di manutenzione ordinaria. Ora, per la conoscenza che ho degli istituti di pena, a volte si tralascia di riparare una piccola infiltrazione d'acqua proveniente dal tetto, che si può sistemare con manodopera detenuta e con poche centinaia di euro, ma poi, per effetto di questo malgoverno che si protrae per anni, bisogna intervenire con un contratto di appalto che costa milioni. Allora, ho riunito tutti i provveditori ed eliminato tutte le circolari che prevedevano che non si può comunicare direttamente con i direttori, che oggi possono parlare direttamente al vertice e io con loro. Ho poi invitato tutti i direttori a presentare progetti per la manutenzione e soprattutto per il recupero di tutti gli spazi detentivi in tutti i nostri istituti e attivato un sistema, che avevo impostato quando ero vice capo del Dipartimento, che si chiama «applicativo spazi detentivi», che sto curando personalmente perché al momento non ho un direttore dell'Ufficio ispettivo. Ho, quindi, sollecitato tutte le direzioni a indicarmi in questo applicativo tutti gli spazi che abbiamo disponibili per il pernottamento. Con questo sistema, a ieri sera sono riuscito a ottenere l'annullamento di detenuti allocati in spazi inferiori ai 3 metri quadri. Vi erano circa 69 detenuti in sofferenza. Tuttavia, facendo un porta a porta e chiamando gli istituti, abbiamo capito che – come comprenderete – a volte basta spostarne due per risolvere il problema di 10-15 detenuti, dal momento che si dilatano gli spazi. Facciamo tutto questo perché siamo sotto esame da parte di Strasburgo, per cui vorrei arrivare non del tutto impreparato, dicendo che non allochiamo più nessun detenuto al di sotto dei 3 metri quadri. Questa questione è direttamente connessa a quella relativa al 41-bis perché non è più tollerabile la circostanza per cui in Sardegna abbiamo due istituti, quello di Cagliari Uta e quello di Sassari, che sono costati moltissimi soldi allo Stato, ove possiamo allocare quasi 200 detenuti, mi pare che siano 98 in ciascun istituto, ma che non possono essere aperti. Scopro, infatti, che un istituto non può essere aperto perché non è stato ancora attivato il sistema delle multiconferenze, che dipende dal Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, per cui ho già avviato delle riunioni e scritto anche dei solleciti affinché si faccia. In merito a quello di Cagliari, invece, che è del Ministero delle infrastrutture, ho sollecitato il Ministero affinché dia delle risposte perché credo sia di pronta ultimazione, quindi i lavori vanno ulteriormente accelerati. Considerate che abbiamo circa 120 detenuti sottoposti al 41-bis, per cui decongestionando i 12 siti dove abbiamo allocato le persone al 41-bis e portandole in Sardegna, là dove possiamo ospitare 200 persone, riusciremo sicuramente a risolvere molte problematiche e a recuperare molti più spazi alla detenzione comune. Tenete, inoltre, presente che il problema dell'edilizia si va a sposare con quello delle esigenze di sicurezza e di isolamento del sottoposto al 41-bis perché le nuove strutture sono costituite a isola. Ciascuna alloca, infatti, 4 detenuti destinati a una socialità separata e garantisce l'assoluta incomunicabilità con tutti gli altri. Per contro, nelle strutture attuali abbiamo delle situazioni di sofferenza, laddove si potrebbe scoprire che due stanze si fronteggiano nello stesso corridoio, o peggio abbiamo una stanza sopra e una sotto con possibilità di comunicare da un piano all'altro o da pareti contigue. Pag. 6Credo che tutto questo non giovi alle esigenze di sicurezza, né a quelle di giustizia perché quando la magistratura dispone l'isolamento di una persona, se questa può comunque comunicare, può acquisire notizie che, trasfuse in un processo, costituiscono prova di innocenza difficilmente smontabile da parte di chi deve sostenere l'accusa. Per quanto riguarda le cooperative, vi dico subito quello che ho fatto e il perché mi sono concentrato su questo. Come sapete, dal 2003, 10 cooperative lavoravano al servizio mensa, cioè al confezionamento pasti, in 10 istituti, quali Torino, Padova, Milano Bollate, Trani e altri. Ora, per questa attività di confezionamento pasti, ovvero per un servizio di mensa per 10 mila detenuti, hanno fruito di tutti i benefici economici sia del PON, sia della legge Smuraglia, che comportano un notevolissimo abbattimento, per cui la manodopera viene a costare pressoché nulla. Dopo che è finito il PON, dal 2008-2009 in poi, queste stesse cooperative – qualcuna è cambiata, ma poco conta – hanno continuato a lavorare con un aiuto che veniva dalla Cassa delle ammende. Il servizio del solo confezionamento costava all'amministrazione penitenziaria circa 3,5-4 milioni di euro. A fine 2013, ci si rese conto che forse questa attività di aiuto che la Cassa della ammende continuava a prestare non era in linea con una buona contabilità e con le regole vigenti in Italia perché, essendo quello della mensa un servizio e ammontando a cifre superiori a 50 mila euro, si sarebbe dovuto fare una gara d'appalto a evidenza pubblica. Tuttavia, onde non farlo cessare subito, si fecero delle proroghe. In particolare, le proroghe furono tre, di cui l'ultima, che era indilazionabile, arrivò in coincidenza con il mio arrivo al Dipartimento. Per questo, il 19 dicembre ho trovato una discussione sui giornali sulla cessazione del servizio mensa, ma si trattava di una polemica strumentale sul nuovo indirizzo del Dipartimento che voleva, in buona sostanza, ritornare al passato e quant'altro. A ogni modo, ho subito convocato le direzioni interessate e avuto un primo confronto. Il 29 gennaio ho invitato tutte le cooperative. Il signor Ministro della giustizia ha gradito che quest'incontro avvenisse presso il Ministero della giustizia, ma successivamente ho nuovamente incontrato tutte le cooperative anche separatamente nell'arco di una giornata e abbiamo trovato soluzioni alternative che potessero definire la questione. Infatti, come avete visto, non ci sono state più polemiche. In sostanza, il servizio è tornato all'amministrazione penitenziaria. Ho vigilato affinché non succedessero incidenti, quali pasta scotta servita ai detenuti, con conseguenti sommosse. Inoltre, per le cooperative che hanno presentato progetti accettabili, ho già avviato le procedure di aiuto. Proprio domani andrò a deliberare un aiuto di 22 mila euro a una di queste cooperative per adeguare un servizio cucina con le attività di produzione parallele che si faranno.
  Credo di avere risposto a tutto.

  PRESIDENTE. Con il consenso del dottor Consolo, procederei in questo modo. Dal momento che abbiamo già otto iscritti, vi chiederei di formulare le domande, che raccoglieremo e faremo arrivare al nostro audito insieme ad altre che avevo predisposto, in maniera che alla prossima audizione cominceremo direttamente con le risposte.
  Do, quindi, la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  DAVIDE MATTIELLO. Dottor Consolo, mi associo agli auguri per il suo nuovo incarico. Mi interessa molto il suo punto di vista sulla chiusura degli OPG perché è materia che dobbiamo affrontare. Ugualmente, mi interessa molto il suo punto di vista – credo che avremo modo di ritrovarci anche in Commissione giustizia – sulle nuove norme annunciate nel pacchetto antiterrorismo, in particolare quelle che prevedrebbero una maggiore «interferenza» dei servizi all'interno delle carceri. Tuttavia, per brevità, la domanda che le faccio è un'altra.Pag. 7
  Essendo stato informato del trasferimento di Carminati dal carcere di Tolmezzo a quello di Parma, il 30 dicembre 2014 ho deciso una visita ispettiva al carcere di Parma, durante la quale i responsabili del carcere mi hanno informato che il sistema di videosorveglianza e di videoregistrazione funzionava, ma era costantemente a rischio blackout. La spiegazione datami dai responsabili durante la visita era che il sistema elettrico non sarebbe stato costruito in maniera adeguata a sopportare l'assorbimento elettrico di tutta la strumentazione.
  Anche in ragione dei suoi precedenti incarichi e responsabilità, lei capisce cosa significhi in una struttura come quella avere la videosorveglianza e la videoregistrazione non che non funzionino, ma che siano costantemente a rischio blackout. Peraltro, nei casi di blackout che mi sono stati segnalati, a volte di alcuni minuti, altre volte di decine di minuti, la sorveglianza viene fatta a vista dal personale penitenziario, in particolare dal GOM che poi fa verbale. Nelle settimane successive ho seguito la vicenda, telefonando ai direttori del carcere per sapere se dopo quell'incontro fosse successo qualcosa. Nell'ultima telefonata, che risale alla prima quindicina di gennaio del 2015, il direttore mi ha rassicurato che si sarebbe provveduto, rimandandomi però a decisioni che avrebbe dovuto prendere il provveditorato regionale. Alla mia puntuale domanda se ci fossero delle procedure d'urgenza su un tema così sensibile, il direttore del carcere ha detto che non ci sono procedure d'urgenza, ma occorre fare una gara d'appalto per capire chi e come interverrà su questa problematica. Peraltro, mi avevano detto fin dal primo incontro che avevano fatto richiesta di otto gruppi di continuità, ovvero gruppi elettrogeni che vengono adoperati anche gli ospedali, che però non erano arrivati. Va, tuttavia, da sé che piuttosto che intervenire con dei gruppi di continuità, bisognerebbe potenziare l'impianto elettrico per impedire il blackout. Se la presidente è d'accordo, credo che sarebbe opportuno, oltre alla risposta a questa domanda, chiedere all'amministrazione del DAP, quindi al suo direttore, il censimento puntuale di questi blackout per renderci conto di che cosa è successo, quanti ce ne sono stati, quanto sono stati lunghi, quando e chi fossero i responsabili in servizio in quei momenti.

  FRANCO MIRABELLI. Le rivolgo anch'io il mio augurio di buon lavoro e di buona collaborazione. Vorrei porle due domande velocissime. La prima è relativa al fatto che apprendiamo in queste ore dalle cronache rispetto all'operazione di ieri o dell'altro ieri a Roma, ovvero che un intero pezzo di organizzazione criminale romana era diretta da un boss al 41-bis. Sarebbe, quindi, molto interessante capire quali sono i meccanismi che consentono a un boss al 41-bis di continuare a operare, nonostante l'isolamento, come appare dalle notizie che sono trapelate. Non mi riferisco a Carminati, ma al boss della camorra Pagnozzi. È stato detto da giornali e televisioni che stando al 41-bis comandava l'organizzazione di impronta camorristica che controllava la criminalità organizzata nel sud di Roma. Pertanto, sarebbe interessante capire, se era effettivamente al 41-bis, come è stato possibile che continuasse a svolgere questo ruolo, tra l'altro mi pare da 4-5 anni.
  In relazione all'altra questione, prendo atto della scelta di non rinnovare alle cooperative di detenuti l'appalto per le mense. So che sono state fatte alcune scelte in questi giorni. Prendo, quindi, spunto da questo per chiarire un punto. Infatti, a me interessa capire se rispetto agli importantissimi contributi che le associazioni, a diverso titolo, danno alla vita del carcere, vi sia anche, da parte del suo ufficio, la percezione che possano diventare un veicolo per cose meno belle, solidali e nobili, ovvero che siano diventate strumenti anche per l'infiltrazione all'interno del carcere di persone animate da ben altri interessi rispetto a quelli che appaiono.

  ENRICO BUEMI. Invece di farle gli auguri, le rivolgo un apprezzamento personale Pag. 8per la sua valutazione iniziale. Infatti, per chi ha un minimo di frequentazione e una capacità di analisi della situazione, nel carcere emerge un'incuria da impotenza, dovuta molto spesso non all'assenza completa di risorse, che pure c’è, ma all'assenza di una possibilità normativa oppure di un'impostazione di direzione che non consente alle direzioni degli istituti di intervenire su quelle piccole realtà che, se trascurate, determinano nel tempo un'alterazione sostanziale delle condizioni degli edifici e dei luoghi di ospitalità. Pertanto, condivido pienamente la scelta di ribaltare la situazione. Anzi, mi chiedevo perché non veniva fatta, dal momento che con pochissime risorse si possono affrontare problemi che nel lungo periodo hanno bisogno di grandi risorse che non si trovano. Quindi, il mio apprezzamento è sincero. Tuttavia, vorrei farle alcune domande. In primo luogo, penso che il lavoro in carcere debba essere attività trattamentale e come tale si debba svolgere nelle condizioni in cui questa possa essere effettuata nel suo complesso. La cooperativa, di per sé, è uno strumento imprenditoriale e come tale ha una finalità primaria nel raggiungimento dell'obiettivo dell'impresa, cioè un reddito, seppure redistribuito con le modalità della normativa cooperativa. Quindi, la decisione di fondo di riportare all'amministrazione tutte le responsabilità mi pare sia una posizione da condividere e da sostenere, fatta eccezione per quelle attività che, invece, hanno l'obiettivo imprenditoriale. Da tempo sostengo che si debbano portare dentro il carcere attività di impresa per dare risposte di carattere sia formativo sia sociale ed economico. Vorrei, dunque, sapere se è d'accordo con questa impostazione e quali sono le misure che intende introdurre per implementare queste due finalità, che, però, presentano quelle problematiche che alcuni colleghi, intervenendo, hanno già evidenziato. Penso, innanzitutto, all'assoluta garanzia che queste attività non diventino strumento di altre finalità, in particolare di carattere criminale. Da questo punto di vista, mi chiedo, dunque, quali sono le misure che intende introdurre per evitare che questa contiguità possa alimentare fenomeni criminali.
  Un'altra domanda è se i trasferimenti del 41-bis rispondono a criteri predeterminati. Mi riferisco agli accorpamenti e quant'altro. Inoltre, quali verifiche vengono fatte dopo che questi trasferimenti sono stati effettuati per un ulteriore controllo ? Infatti, come spesso accade, successivamente ci si accorge di qualche falla. Allora, è vero che si individua una metodologia, ma poi bisogna anche individuare un controllo. A questo riguardo, introduco il criterio, che mi pare abbia già enunciato, dell'ufficio ispettivo, cioè tutte le attività che hanno criticità devono essere verificate. Ecco, ha intenzione di impiantare questo sistema organizzativo nel Dipartimento ?

  CLAUDIO FAVA. Faccio gli auguri al dottor Consolo, che svolge un utile lavoro per tutti noi. Una prima domanda è stata anticipata dal collega Mattiello, in relazione al decreto del Governo sull'allargamento di competenze funzionali all'ambito operativo dei servizi di sicurezza. Vorrei conoscere una sua valutazione, soprattutto alla luce della legge del 2007, e sapere se si sente di poter escludere che queste norme non modificano il divieto di contatti tra personale che opera per conto dei servizi di sicurezza e i detenuti, soprattutto quelli in condizione di 41-bis. La seconda richiesta riguarda un check-up sul 41-bis. Da più fonti abbiamo avuto valutazioni su un sistema che ha alcune criticità e non sempre è equilibrato. Avremmo, quindi, bisogno di capire qual è la sua valutazione, non tanto in termini numerici. Si tratta, insomma, di capire dove vanno collocate esattamente queste criticità, che cosa producono, come possono essere risolte e come fino adesso l'amministrazione vi ha fatto fronte. Faccio mia anche la domanda del collega sui trasferimenti e gli accorpamenti. Si tratta di criteri gestiti dal DAP in autonomia ? Con quale tipo di condivisione sul piano operativo con la DNA o con altri uffici giudiziari ? Chiedo questo per capire meglio Pag. 9il modo in cui questi soggetti vengono dislocati nell'universo carcerario.

  GIULIA SARTI. Mi associo anch'io agli auguri per il suo nuovo incarico e alle richieste di check-up dell'istituto del 41-bis. Riprendendo ciò che ha detto in precedenza l'onorevole Mattiello, anch'io sono stata a Parma mesi fa, nel settembre 2014, e in quell'occasione ho riscontrato delle cose che non andavano, cioè che le prescrizioni, le procedure e protocolli che devono essere seguiti spesso non venivano rispettati proprio perché c’è una situazione in cui i detenuti al 41-bis si trovano a stare tutti vicini e quindi non c’è per tutti l'isolamento. Condivido la soluzione che ha prospettato, nel momento in cui saranno operative le carceri di Cagliari e Sassari, di spostare molti detenuti in quelle strutture. Tuttavia, finché questo non potrà avvenire, cosa si intende fare ? Questa del trasferimento potrà essere una soluzione, ma attualmente come possono essere affrontate le problematiche di gestione del 41-bis ? Inoltre, in relazione a «Mafia capitale», sappiamo che molte delle cooperative di Salvatore Buzzi gestivano anche dei programmi di rieducazione nelle carceri, che sono stati sospesi. Tuttavia, se chi ha sbagliato è Buzzi, i detenuti non dovrebbero pagare gli errori di qualcun altro. Pertanto, vorrei capire se rispetto al programma di queste cooperative si può fare qualcosa. Un'altra richiesta riguarda, invece, Raffaele Cutolo. Vorrei sapere se attualmente si trova nel carcere di Parma. Infine, in questi giorni sta emergendo l'idea della nomina del difensore dei parenti dei detenuti. Vorrei conoscere la sua opinione in proposito per capire se è una buona proposta o meno, perché a nostro parere va in contrasto con l'obiettivo di spezzare i legami e la rete criminale tra i mafiosi e l'esterno del carcere.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Mi associo anch'io all'augurio, anche perché penso che ne abbia bisogno, dal momento che conosco la situazione delle carceri italiane, avendo iniziato la mia attività di parlamentare visitando i detenuti in carcere soprattutto nella mia regione, in Calabria. Attraverso queste visite, si ha, infatti, lo spaccato della situazione nazionale. È sicuramente importante il tema che ha posto nella sua introduzione, ovvero di mettere insieme la necessità di punire il colpevole con quella di far vivere queste persone dentro le carceri in maniera dignitosa e conforme alla stessa condanna e alla stessa sentenza. Ebbene, le dico che nella maggior parte dei casi questo non avviene. Quando si persegue il reato e giustamente si condanna chi è colpevole, bisogna poi fondare molto l'iniziativa all'interno del carcere sul fatto che queste persone devono essere messe non solo nelle condizioni di vivere in maniera dignitosa, ma anche di non vedere calpestati ulteriormente dei diritti. Mi sono occupata di una vicenda nel carcere di Rossano, che era a livello di terzo mondo per come si viveva. Nonostante sia stata immediatamente e positivamente affrontata con delle iniziative che hanno migliorato la condizione soprattutto logistica, questa vicenda ha, però, provocato degli elementi di persecuzione da parte dei dirigenti del carcere nei confronti di alcuni detenuti, in particolare di quelli di cui più mi occupavo.

  SANTI CONSOLO, capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Questo quando ?

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. La prima visita è avvenuta ad agosto, ma poi è proseguita fino all'altro giorno. In particolare, c’è la vicenda del detenuto Rucci, che è stato trasferito dalla sera alla mattina da Catanzaro a Rossano e poi da Rossano a Spoleto. Questo è giusto, fino a quando la legge impone questo tipo di pena, cioè un ergastolo ostativo da 26 anni. Tuttavia, insieme a questa pena – per quanto giusta in base alla legge – il detenuto è costretto a subire l'impossibilità di avere riconosciuto un minimo di diritti. Ha fatto più volte lo sciopero della fame, ma viene ulteriormente perseguitato da quando mi occupo di questa faccenda, Pag. 10cosa che mi crea parecchi problemi. Ho parlato di questo anche con il direttore Piscitello. A ogni modo, secondo la mia idea, c’è una situazione complicata all'interno delle direzioni delle carceri, al di là di quello che riusciamo a fare a livello legislativo o di denuncia. L'altro giorno nel carcere di Reggio Calabria è morto un detenuto che aveva più volte sollecitato l'esigenza di una visita medica. Ho fatto un'interrogazione anche su questo, in cui è tutto scritto, ma del resto tutte le interrogazioni che ho fatto da quando seguo queste vicende – saranno state 4 o 5 – non hanno mai avuto risposta. Noi, come Commissione antimafia, ci occupiamo giustamente di come colpire e punire quei boss mafiosi che sono il problema fondamentale in alcune situazioni, come quella meridionale, anche per lo sviluppo della nostra terra. Nello stesso tempo, però, dobbiamo essere in grado di riuscire a comprendere che a questi soggetti, specialmente dopo 26 o 30 anni, va riconosciuta la possibilità di poter usufruire di quel minimo di diritti che hanno per legge.

  CLAUDIO MOSCARDELLI. Mi unisco anch'io agli auguri al dottor Santi Consolo. Cerco di essere molto veloce sulle domande. In primo luogo, si è appreso dai giornali che Salvatore Riina sarebbe stato ricoverato presso l'ospedale di Parma. Vorrei sapere qual è la sua condizione e quali sono i controlli. Lo stesso vale per il detenuto Bernardo Provenzano. Vengo alla seconda domanda. I giornali si sono occupati molto della dislocazione dei vari esponenti di punta arrestati nell'ambito dell'inchiesta «Mafia capitale», anche in ordine alla loro capacità di infiltrazione nell'amministrazione penitenziaria, quindi vorrei avere delle sue valutazioni in merito. Un altro elemento che vorrei sottoporre alla sua attenzione è la questione evasioni. Sembra che a gennaio sia stato sventato un tentativo di evasione dal carcere di Viterbo. Anche nel corso del 2014 abbiamo avuto alcuni episodi molto clamorosi, quindi vorrei capire quale tipo di misure si sono approntate al riguardo. Un'ultima domanda riguarda la questione dei suicidi in carcere. Apprendiamo che sarebbero cinque dall'inizio dell'anno. In particolare, vi sono state anche situazioni che hanno riguardato esponenti di primissimo piano della criminalità organizzata – penso al caso Gioè – quindi vorrei sapere se rispetto alla situazione dei suicidi in carcere, per quanto riguarda coloro che sono a regime di 41-bis, ci sono specifiche attività di prevenzione.

  FRANCESCO MOLINARI. Le rivolgo anch'io gli auguri per la sua attività, peraltro, da quello che ho potuto intuire, ispirata al buonsenso, che è quello che serve in una buona amministrazione, specialmente in un campo così delicato. Credo che le indicazioni che ci ha fatto già percepire porteranno dei benefici molto maggiori rispetto a quelle di quei rivoluzionari che tutto cambiano per non cambiare nulla.
  Le faccio una domanda specifica perché alcuni magistrati sono venuti a riferire qui di non avere fiducia in alcune strutture carcerarie perché, secondo loro, sono permeabili nei confronti sia della criminalità organizzata sia di una certa attività investigativa, che è fuori dal controllo dell'autorità giudiziaria. Mi riferisco in special modo a Parma e vorrei sapere se lei è a conoscenza di questi episodi, se ci sono indagini interne in corso e se ha intenzione di riorganizzare tutta la struttura. Inoltre, non posso che associarmi alle richieste che le ha rivolto la mia collega e corregionale Bruno Bossio perché la situazione carceraria nella mia regione, come tutto il resto, fa veramente pena. Non so se avrà la possibilità di intervenire anche in questo settore specifico.

  GIUSEPPE LUMIA. Vorrei chiederle se ha affrontato la vicenda, che abbiamo già toccato in diverse occasioni, dei rapporti con i servizi. C’è un punto critico che rimane sempre aperto, al di là delle diverse valutazioni che si possono fare – a mio avviso molto critiche – della comunicazione all'autorità giudiziaria. Le chiedo se questo punto le è chiaro e se ritiene che vada integrato nell'ultima convenzione Pag. 11che è stata stilata. Inoltre, intorno al 41-bis ho intuito che intende finalmente procedere – per questo le faccio i complimenti – alla riapertura delle sezioni speciali di Cagliari e Sassari. Vorrei, quindi, porle una domanda in termini di indagine, ovvero se intende fare un'indagine interna per capire cosa ha impedito in questi mesi, o forse in questi due anni, la riapertura di queste due sezioni speciali. La mia, quindi, è una richiesta più ispettiva che conoscitiva. Sempre nell'ambito della verifica sul 41-bis, le chiedo le seguenti attenzioni. Il 41-bis non è cella a fronte; ciò significa che se abbiamo reparti dove ci sono tanti 41-bis con le celle a fronte, non è un vero reparto di 41-bis, ma un'assemblea di boss al 41-bis, che possono comunicare e decidere facilmente la comunicazione esterna. Le chiedo, dunque, se intende eliminare questo sconcio, che era uno dei temi a cui teneva in modo particolare Falcone quando mise mano al «grand hotel» delle carceri. Inoltre, le vorrei chiedere se intende prendere in considerazione la riapertura di Pianosa, che sarebbe una cosa buona e giusta per la salute dell'isola, ma anche un segnale di rigore, rompendo l'ipocrisia che ci possano essere in isole minori dei detenuti comuni e, guarda caso, non ci possono essere quelli al 41-bis. Sulla socialità, le chiedo se ci può fare il punto per evitare in futuro altri casi Bagarella-Riina. Vorrei, poi, chiedere notizie sulla socialità di Bagarella negli ultimi tre anni perché sarebbe importante monitorare anche questo aspetto. Infine, le domando una risposta specifica su Secondigliano. Ho fatto un'interrogazione parlamentare perché risulta che su 1.300 detenuti esistono sei boss mafiosi che, guarda caso, hanno la possibilità di accedere al lavoro all'orto del carcere di Secondigliano. Le faccio i nomi: Pennisi Gaetano del clan Santapaola, Concetto Bonaccorsi e Raffaele Galatolo di cosa nostra di Palermo, Alfonso Molinetti della ’ndrangheta di Reggio Calabria, Santo Asciutta della ’ndrangheta Taurianova e Salvatore Bucarella della sacra corona unita. Ecco, vorrei sapere qual è l'arcana motivazione che porta alla selezione di questi boss. Le chiedo, ancora, come viene gestita la cassa delle ammende e se c’è una relazione con le famose cooperative romane e con le altre che sono state sollevate. A ogni modo, sulla cassa della ammende sarebbe importante capire con quali criteri si gestiscono le risorse importanti per i fini rieducativi. Come sappiamo, i boss mafiosi possono nominare, attraverso l'interdizione che spesso loro stessi utilizzano, dei tutor esterni. Qual è la disciplina e il controllo che si ha nel rapporto con questi tutor ? Ad esempio, nel caso di Bagarella – ecco perché lo citavo – mi risulta che utilizzava anche un tutor particolare per poter comunicare messaggi «inquietanti» all'esterno. Infine, sul piano carceri, direi che si faccia, se necessario, ma vorrei sapere quali misure sono previste per evitare che diventi un'occasione per corruzione e collusioni mafiose.

  PRESIDENTE. Ringrazio i colleghi per le domande. Purtroppo, dobbiamo concludere, chiederemo al dottor Consolo di tornare. Nel frattempo, ci faremo carico di fare un verbale delle domande. Ha preso appunti, ma, avendo la registrazione, le faremo pervenire il resoconto di questa prima parte dell'audizione, insieme ad altre domande che avevo predisposto e che riguardano prevalentemente il regime di 41-bis, sul quale abbiamo aperto una nostra inchiesta. Peraltro, è nostra intenzione visitare le sedi nelle quali si applica il 41-bis. Vi sono anche domande che riguardano la formazione dei gruppi di socialità; i rapporti tra il DAP e l'AISI, con particolare riferimento anche alla vicenda «farfalla» e «rientro» e alla convenzione del 10 giugno 2010; il nucleo investigativo centrale, il cosiddetto NIC; il caso Riina-Lorusso. Le faremo pervenire tutte queste domande, dopodiché spero che presto – anche la prossima settimana, se è disponibile – possiamo fare la seconda parte dell'audizione.

  SANTI CONSOLO, capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Mi dispiace non avere il tempo perché Pag. 12avrei già potuto rispondere a quasi tutte le domande. Mi sono interessato proprio perché capisco quale delicatezza hanno questi profili.

  PRESIDENTE. È chiaro che non è la sua impreparazione la causa del rinvio, bensì i tempi dei lavori parlamentari.

  SANTI CONSOLO, capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Si perdono, però, quella spontaneità e immediatezza che sicuramente avrebbe giovato.

  PRESIDENTE. La recupereremo perché, come sa, a ogni sua risposta si legano altre domande. Troveremo il modo per stare insieme. La ringrazio per la presenza e per il contributo fornito.

  LUIGI GAETTI. Visto che è presente anche l'onorevole Mattiello, mi sembra giusto aggiungere una cosa. Siccome avevo chiesto di audire il sottosegretario Bubbico per alcune problematiche che abbiamo con i testimoni di giustizia, chiedo che tale audizione si svolga presso il V Comitato in modo da poter accelerare i tempi.

  PRESIDENTE. Va bene. Speriamo di ricevere, anche in giornata, alcune risposte ad alcune domande che sicuramente intendete porre al Vice Ministro perché, come sapete, la commissione centrale dovrebbe essere riunita. Siamo in attesa di alcune risposte che stanno particolarmente a cuore ai testimoni di giustizia, in particolare a quelli legati alla vicenda della legge regionale siciliana.

Comunicazioni della Presidente.

  PRESIDENTE. Con riferimento ai collaboratori della Commissione, comunico che l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella seduta del 3 febbraio 2015, ha adottato una deliberazione, disponibile in segreteria, con cui si confermano per il 2015 tutte le collaborazioni in essere e ha convenuto che la Commissione si avvalga della collaborazione a tempo parziale dei seguenti esperti e ufficiali dei Carabinieri: dottor Silvano Scelzo, dottor Giulio Vasaturo, colonnello Francesco Ferace, capitano Mario Giacona, luogotenente Cosimo Sframeli. Si tratta di collaborazioni a titolo gratuito e a tempo parziale, che come tali prevedono la presenza in Commissione solo su espressa convocazione.
  Comunico inoltre che una delegazione della Commissione effettuerà una missione a Reggio Emilia e Modena dal 16 al 17 febbraio 2015.
  Dichiaro conclusa la seduta.

  La seduta termina alle 15.10.