XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta antimeridiana n. 70 di Giovedì 11 dicembre 2014

INDICE

Audizione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma, Giuseppe Pignatone:
Bindi Rosy , Presidente ... 2 
Pignatone Giuseppe , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 3 
Prestipino Michele , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 7 
Bindi Rosy , Presidente ... 11 
Prestipino Michele , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 11 
Bindi Rosy , Presidente ... 11 
Pignatone Giuseppe , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 11 
Prestipino Michele , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 11 
Pignatone Giuseppe , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 12 
Bindi Rosy , Presidente ... 12 
Di Maggio Salvatore Tito  ... 12 
Bindi Rosy , Presidente ... 12 
Garavini Laura (PD)  ... 12 
Bindi Rosy , Presidente ... 13 
Attaguile Angelo (LNA)  ... 14 
Bindi Rosy , Presidente ... 14 
Giarrusso Mario Michele  ... 14 
Pignatone Giuseppe , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 14 
Giarrusso Mario Michele  ... 14 
Bindi Rosy , Presidente ... 14 
Lumia Giuseppe  ... 14 
Bindi Rosy , Presidente ... 15 
Bianchi Dorina (NCD)  ... 15 
Bindi Rosy , Presidente ... 16 
Pignatone Giuseppe , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 16 
Prestipino Michele  ... 16 
Bindi Rosy , Presidente ... 17 
Fava Claudio (Misto-PSI-PLI)  ... 17 
Bindi Rosy , Presidente ... 17 
Mattiello Davide (PD)  ... 17 
Bindi Rosy , Presidente ... 17 
Sarti Giulia (M5S)  ... 17 
Bindi Rosy , Presidente ... 18 
Buemi Enrico  ... 18 
Bindi Rosy , Presidente ... 18 
Mineo Corradino  ... 18 
Bindi Rosy , Presidente ... 19 
Gaetti Luigi  ... 19 
Bindi Rosy , Presidente ... 19 
Gaetti Luigi  ... 19 
Bindi Rosy , Presidente ... 19 
D'Uva Francesco (M5S)  ... 19 
Bulgarelli Elisa  ... 20 
Bindi Rosy , Presidente ... 20 
Fazzone Claudio  ... 20 
Bindi Rosy , Presidente ... 20 
Pignatone Giuseppe  ... 20 
Buemi Enrico  ... 22 
Pignatone Giuseppe  ... 22 
Bindi Rosy , Presidente ... 23 
Pignatone Giuseppe , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 23 26 
Buemi Enrico  ... 27 
Pignatone Giuseppe , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 27 
Bindi Rosy , Presidente ... 27 
Prestipino Michele , Procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 28 
Bindi Rosy , Presidente ... 32

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE ROSY BINDI

  La seduta comincia alle 14.20.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Audizione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma, Giuseppe Pignatone.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma, Giuseppe Pignatone, insieme al procuratore aggiunto Michele Prestipino. L'audizione rientra nel filone di approfondimento concernente la recente operazione che ha condotto a numerosi arresti di esponenti appartenenti ad una vasta rete di criminalità organizzata a Roma. La seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera e, ove necessario, i lavori potranno proseguire in forma segreta.
  Ringrazio gli auditi per la loro presenza e penso di interpretare il sentimento di tutti nel ringraziarvi soprattutto per il lavoro che avete svolto e per queste prime conclusioni alle quali è arrivata la vostra inchiesta. Riteniamo di particolare interesse quella che lei, procuratore, già nella prima conferenza stampa definì una mafia originale e originaria, che ha, credo, consentito per la prima volta di prevedere l'applicazione del 416-bis a fronte di un'organizzazione mafiosa che non è riconducibile totalmente alle mafie tradizionali né rappresenta una riproduzione o clonazione delle stesse mafie in altri territori, come magari è avvenuto per le inchieste in alcune regioni del nord Italia.
  Riteniamo questo vostro lavoro di grande interesse e di grande importanza non solo perché questo ha portato all'individuazione di una criminale associazione nella capitale, ma anche perché questo potrà offrire per altre inchieste, per altre sedi giudiziarie, uno strumento importante per l'individuazione di organizzazioni mafiose anche in altre parti del territorio, avendo individuato in maniera particolare, appunto, l'applicazione del metodo mafioso, al di là delle sigle e dei territori. Vi ringraziamo per questo contributo.
  La Commissione vi aveva già ascoltati e in quella circostanza ponemmo alcune domande, alle quali la risposta è arrivata nella maniera più esauriente, anticipandoci già nella precedente audizione, una sorta di ricerca di una forma assolutamente originale. Le nostre domande erano nel senso che, se di mafia si trattava, doveva pur esserci anche il rapporto con la politica. In quella circostanza, il procuratore Pignatone chiese all'aggiunto di non rispondere, ma la risposta dopo qualche mese però è arrivata. Era, in particolare, il 12 febbraio.
  Vi siamo grati, quindi, anche di aver interloquito con la Commissione, perché riteniamo di poter svolgere con la nostra responsabilità istituzionale un lavoro che può non dico aiutare il vostro, ma sicuramente aiutare tutti a trarre delle conseguenze per combattere la mafia, ciascuno con i propri strumenti. Dopo di voi sentiremo stasera il prefetto, infatti, e poi Pag. 3il sindaco e concorderemo comunque con l'Ufficio di Presidenza e tutta la Commissione un percorso.
  Ringraziandolo ancora, do la parola al procuratore Pignatone, che deciderà quando interverrà l'aggiunto Prestipino.

  GIUSEPPE PIGNATONE, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. Anzitutto, ringrazio la presidente e la Commissione tutta per l'attenzione costante al nostro lavoro. Vi ringrazio per i ringraziamenti, che a mia volta esprimo anche, se non soprattutto, ai miei colleghi sostituti Ielo, Tescaroli e Cascini, che sarebbero stati oggi qua, ma sono impegnati nella prima sessione di udienza del tribunale del riesame, quindi ovviamente c’è un'esigenza processuale assolutamente prioritaria. È, infatti, il secondo, perché c’è un provvedimento del giudice per le indagini preliminari, ma indubbiamente c’è un vaglio in contraddittorio con le difese sulle nostre tesi d'accusa.
  Ringrazio altrettanto, in maniera non rituale, come ogni volta ripeto, la polizia giudiziaria in generale e, in questo caso, in particolare il ROS, che ha svolto un'indagine secondo me straordinaria nell'arco di circa due anni. Ormai moltissimi sono sui giornali, ma abbiamo trasmesso immediatamente alla Commissione i provvedimenti, poi i giornali si sono preoccupati di dare ampia divulgazione.
  Approfitto di questa specie di mini introduzione per sottolineare che tutto quello che si legge sui giornali è già stato, ovviamente prima che fosse pubblicato, messo a disposizione delle difese secondo i meccanismi del codice, e quindi comprende sia le posizioni su cui noi procura abbiamo ritenuto di formulare, e il gip di accogliere, misure cautelari, sia le posizioni su cui abbiamo fatto delle perquisizioni, considerando quelle persone come indagati di reati, tranne l'appartenente alla segreteria del sindaco, dottor Mattia Stella, perquisito in qualità di «terzo», senza essere indagato, sia una marea di fatti per noi o penalmente rilevanti o che necessitano di approfondimenti e valutazioni successive. Le regole del procedimento sono queste, quindi moltissimo materiale a disposizione va vagliato. Peraltro, questa è una sede anche giudiziaria, ma prima di tutto politica, e i due criteri di valutazione ovviamente non si equivalgono.
  Un plauso va anche alla Guardia di finanza in questo caso, che ha eseguito, come credo ancora questa mattina, provvedimenti di sequestri disposti dal tribunale della prevenzione di Roma. Siamo oltre i 220 milioni di euro di valore, ma credo che siano destinati a crescere. Siamo riusciti per merito un po’ di tutti, anche del giudice e del presidente della sezione misure di prevenzione, a fare coincidere temporalmente, cosa non sempre facilissima, le misure cautelari con i sequestri di prevenzione. Questa era una premessa della premessa.
  Cercherò di essere breve perché, in realtà, già la presidente ha detto l'essenziale. Ripeto che la Commissione conosce sia i provvedimenti sia quello che è stato riportato dalla stampa e dalla televisione.
  Ci eravamo lasciati, come ha ricordato la presidente, sempre con la domanda se ci fosse la mafia a Roma e, nel caso in cui ci fosse, cosa fosse. Credo che con questa seconda grande operazione e con alcune cose fatte nel frattempo e altre che saranno fatte a breve su questo tema, possiamo cominciare a dare una risposta più articolata e completa.
  Innanzitutto, dico una volta sola all'inizio e non dirò più che la mafia non è l'unico problema di Roma. L'ho detto l'altra volta e lo ripeto questa volta, senza approfondire. Ovviamente, parlo dal punto di vista della procura della Repubblica, poi ci sono punti di vista ulteriori e diversi, ma per fortuna faccio solo il procuratore della Repubblica e mi basta.
  Dicevo che non è neanche detto che sia il principale problema della città di Roma. Credo di avere detto l'altra volta, dieci mesi fa, che ci sono centomila altri aspetti, che poi corrispondono anche ai tanti dipartimenti della procura.
  Non c’è dubbio, però, che il nodo mafia-corruzione, intendendo per corruzione non soltanto il reato di cui all'articolo 319 del codice di procedura penale, Pag. 4ma in genere quelli contro la pubblica amministrazione, è di importanza vitale, sempre dal nostro angolo visuale. La risposta che, secondo me, si può già dare a questo punto ed è giusto per me sottolineare, è che anzitutto non c’è un'unica associazione mafiosa che controlli la città di Roma, nonostante quello che può essere sembrato da alcuni titoli di giornale.
  L'ho detto in tante occasioni e lo ripeto oggi brevemente. Non è così. Non siamo a Palermo con cosa nostra, né tanto meno a Reggio Calabria con la ’ndrangheta, neanche a Napoli con la miriade di clan camorristici.
  Roma è troppo grande per essere controllata da un'unica associazione, come diceva a proposito di Napoli quaranta anni fa il pentito Calderone, figuriamoci Roma, e non c’è un'unica associazione che sia presente in modo esclusivo su Roma. Non ripeto quello che abbiamo detto dieci mesi fa, ma c’è una serie di investimenti mafiosi, di cui però credo che oggi possiamo evitare di parlare, che presentano problematiche diverse e su cui stiamo agendo per quanto possibile. Ci sono anche, invece – questa è la risposta alla domanda che ci siamo fatti fin dall'inizio – alcune specifiche associazioni di tipo mafioso presenti nel territorio cittadino metropolitano.
  Dieci mesi fa, abbiamo parlato delle due associazioni presenti a Ostia, una collegata a cosa nostra, quindi ancora con l'aggancio a una mafia tradizionale, per così dire, e una ai Fasciani, per cui la sentenza credo sia slittata ai primi di gennaio, che erano un'associazione di tipo mafioso autoctona, sostanzialmente presente soltanto nel territorio di Ostia, ma in cui era più facile accettare l'idea, se così si può dire – peraltro, veniamo da una serie di assoluzioni in passato ed è giusto ricordarlo – perché comunque esercitavano una forma di violenza, secondo la nostra ricostruzione, abbastanza aperta sul territorio (danneggiamenti, incendi, usura, anche aggressioni di tipo personale).
  Oggi, riteniamo di avere fatto un passo avanti con questa che abbiamo definito «mafia capitale», mentre l'espressione «mondo di mezzo», come ormai è noto, è usata dallo stesso Carminati ed è veramente pregnante.
  La presidente ha ricordato che l'abbiamo definita originaria e originale: originaria, perché è romana. Mi pare che il giudice abbia emesso 36 provvedimenti cautelari, più della metà per reati di cui all'articolo 416-bis, gli altri per l'articolo 7. Non ci sono né calabresi né siciliani né campani, sono tutti romani o, comunque, del centro Italia. Non c’è, quindi, un collegamento con le mafie classiche. È originale perché ha caratteri suoi propri proprio perché è una mafia romana, quindi rispecchia in qualche modo la società.
  Poiché questa è una sede qualificata, in cui non ce n’è certamente necessità, ma per una coerenza del discorso e perché è oggetto di tesi difensive e di polemiche giornalistiche, accenno soltanto alla domanda sulla ragione per cui avremmo una mafia che non controlla il territorio, che non ha i morti per strada, perché pare che sia necessario anche questo.
  Siamo andati all'articolo di legge – non ho qui il codice, ma non credo abbia importanza – e l'articolo 416-bis nasce dalla legge cosiddetta Rognoni-La Torre, avendo in mente il legislatore dell'epoca l'elaborazione dottrinale e, soprattutto, giurisprudenziale della magistratura palermitana – lo rivendico a merito non mio, naturalmente, ma di Falcone, Chinnici, Borsellino e di tanti altri – sulla realtà sociologica e criminale della Sicilia e di Palermo in particolare, che era la più conosciuta, se non l'unica conosciuta in quel momento. C'erano: un numero molto elevato di persone, componenti di un gruppo, strettamente legati tra loro, tra l'altro con quella struttura di tipo piramidale di cosa nostra siciliana, fortemente gerarchizzata, con un controllo quasi militare del territorio ed una manifestazione non episodica, ma frequente e manifesta della violenza. Naturalmente, spesso e volentieri non si sapeva chi avesse posto in essere i singoli atti di violenza, ma si sapeva che era la mafia. L'espressione «cosa nostra» nascerà due anni dopo con Buscetta.Pag. 5
  Il legislatore dell'epoca aveva in mente questo fenomeno, ma in realtà l'articolato legislativo non prevede né il controllo del territorio, né un numero infinito di affiliati, né una quotidiana e continua manifestazione di atti di violenza. Peraltro, se mi permettete una citazione che ho fatto molte volte, non ricordo se anche in questa sede: nulla di nuovo sotto il sole. Nel 1876, l'ottimo Leopoldo Franchetti nella sua inchiesta in Sicilia diceva e scriveva che ormai la mafia non aveva bisogno – cito più o meno a memoria – di ricorrere alla violenza perché tale era la sua rete di relazioni che la violenza è l’extrema ratio, perché tutti sanno che potrebbe ricorrere alla violenza, quindi non c’è neanche bisogno di usarla. Parliamo del 1876.
  Torniamo a noi. Anzitutto, come dimostrano le inchieste delle varie parti d'Italia, si sono evolute anche le mafie tradizionali. Se andiamo a fare le statistiche degli omicidi non solo in Sicilia, ma anche in Calabria, dove pure certamente la violenza non manca, sono vertiginosamente abbassate rispetto a dieci, quindici o vent'anni fa. Non vi affliggo con i numeri, che avete certamente meglio di me. La Campania è un po’ diversa, ma lì entrano in ballo altri fattori. Si sono evolute le mafie tradizionali, ma parliamo di una mafia originale e originaria.
  Cosa dice il 416-bis ? Ci vuole un numero minimo di tre persone, e lì ci siamo. Non parla di controllo del territorio. Le stesse armi sono un'aggravante, quindi possono esserci o meno. In cosa consiste, allora, l'essenza del reato di associazione mafiosa ? Come ha detto la presidente poco fa, quindi ovviamente salto le citazioni che ho usato in altre circostanze meno qualificate, è il metodo mafioso, cioè la capacità di ricorrere alla violenza per creare assoggettamento, intimidazione, omertà, per il raggiungimento di fini sia leciti sia illeciti, e la consapevolezza in un certo ambiente circostante, che non deve necessariamente essere geografico, cioè il territorio, ma può essere sociale, come quello di cui crediamo di avere trovato le tracce in quest'indagine, per creare omertà e soggezione nell'interlocutore e nell'ambiente circostante.
  Questa, secondo noi, è l'associazione mafiosa, che è quello che poi dice il 416-bis sia nella parte definitoria sia, dopo aver fatto riferimento con le varie aggiunte (mafia, camorra; nel 2010, è stata inserita la ’ndrangheta) le altre associazioni comunque localmente determinate. Il legislatore, quindi, già nel 1982 aveva chiaro che possono esserci mafie locali, che ovviamente non hanno una refluenza nazionale, ma locale. Che quello che avviene a Roma possa avere una refluenza nazionale è un altro discorso, che appartiene più alla Commissione che al procuratore della Repubblica.
  Francamente, qualcosa forse dirà, se la Commissione consente che si continui a parlare dopo di me, ed evito gli esempi specifici ormai nell'ordinanza, che sono stati ancora resi pubblici dai mezzi di informazione sia sull'uso della violenza sia, soprattutto, sulla capacità di intimidazione che ne deriva. Insisto un attimo su questi caratteri di originalità.
  Abbiamo detto che non c’è una struttura rigida, anche se abbiamo certamente identificato un capo, che è Carminati, e due, che hanno anch'essi un ruolo direttivo specifico, uno sul lato «militare», Brugia, e uno sul lato economico e dei rapporti con la pubblica amministrazione, Buzzi. Tra parentesi, sono tutti, come avete visto, ampiamente detenuti in passato, condannati per reati gravissimi e nuovamente presenti sulla scena.
  Non c’è, quindi, un territorio specifico che diventi oggetto di controllo, ma quest'associazione ha una capacità di intimidazione, di elaborare equilibri e creare sinergie illecite tra mondi diversi tra loro, criminali, economici e anche istituzionali. Evito la citazione di «mondo di mezzo», che ormai mi pare inutile dopo dieci giorni di bombardamento mediatico.
  La caratteristica fondamentale di quest'associazione mafiosa è che è romana, come ho detto prima. Torniamo a quello che ha detto la presidente: se è romana, non può non avere rapporti con la politica Pag. 6e, in particolare, con la pubblica amministrazione, come abbiamo riscontrato, della città di Roma capitale. Questo rapporto alterna, nelle mille pagine e oltre dell'ordinanza con infiniti esempi, l'uso della minaccia e della violenza e l'uso – ripeto che usiamo il termine in senso lato – di corruzione.
  Ancora una volta, come abbiamo detto e hanno detto tutti gli esperti che hanno studiato il fenomeno, sempre più le mafie tradizionali e, a maggior ragione, questa mafia capitale privilegiano la corruzione alla violenza per i motivi che sappiamo benissimo, evitare di avere l'attenzione dei media, della magistratura, dell'opinione pubblica e così via. L'unica citazione che mi permetto è quella di una conversazione, anche questa ormai nota, tra Brugia e Carminati, in cui il secondo descrive il suo rapporto con Mancini, che era quello che gli assicurava gli appalti: «Gli davi le stecche ?» – «Sì, poi però una volta gli ho menato», perché evidentemente le esitazioni gli hanno fatto perdere la pazienza.
  Sul metodo mafioso non mi soffermo ulteriormente. Altra caratteristica di quest'associazione mafiosa, che secondo me merita un attimo di attenzione, ovvia in questa sede, è la sua trasversalità, interna innanzitutto all'associazione mafiosa stessa. Basta fare riferimento ai trascorsi politici dei tre protagonisti che ho citato: Carminati e tutta la sua filiera vengono dall'estrema destra; Buzzi dall'estremo opposto. A fare la sintesi di queste due pericolosità, per ricordare altra storia siciliana, è – mi consentirete anche quest'altra citazione – lo stesso Buzzi, che a un suo amico, compagno, che gli chiede come mai abbia rapporti con un fascista come Carminati, risponde che la politica è una cosa e gli affari sono affari. Qui ci vorrebbe l'accento romano che già mi hanno rimproverato di non avere, ma nessuno è perfetto. Questa è la trasversalità che ho definito interna all'associazione.
  Poi c’è una trasversalità esterna all'associazione. Peraltro, quest'indagine è durata circa due anni, quindi la fotografiamo, ma in realtà preferisco dire che la filmiamo. È una cosa dinamica, che copre un periodo di tempo che, in assoluto, rispetto a una storia criminale, è breve, ma non dal punto di vista del tempo processualmente minimo per far emergere una storia di mafia. Essa si rapporta in modo completamente diverso con le due giunte che si sono succedute – questo è un dato di fatto – con la giunta di cui è stato sindaco Alemanno, a sua volta indagato in questo procedimento.
  In quella giunta abbiamo a coprire cariche amministrative di vertice tre delle persone cui abbiamo contestato con la misura cautelare anche il reato del 416-bis, e cioè Testa, Mancini e Panzironi. Coprono incarichi di vertice nell'ambito della struttura e sono certamente persone vicinissime anche al sindaco.
  Con l'amministrazione successiva, questa presenza di vertice non c’è, perché il nuovo sindaco con la nuova amministrazione cambia anche i vertici delle varie società, ma non c’è dubbio che rimanga, ed è l'oggetto anche del dibattito politico di questi giorni, questa presenza estremamente pesante di Buzzi e del mondo delle cooperative che ruota attorno a lui, che si caratterizza secondo noi con una continuazione del fenomeno corruttivo o tentativi di corruzione anche con la nuova amministrazione. Per amministrazione, forse è bene specificare che si tratta non sono solo di assessori e consiglieri, ma di tutta la burocrazia comunale, che ovviamente a Roma ha dimensioni enormi, come tutte le altre manifestazioni della città di Roma.
  Con questa nuova consiliatura, quindi, è diverso, ma è anche vero, come abbiamo sottolineato nel provvedimento e ripeto in questa sede, che tutto sommato Carminati e Buzzi erano tranquilli sull'esito delle elezioni. Naturalmente, la loro prima preferenza andava alla continuazione della giunta precedente, ma non si aspettavano sfracelli e sconquassi qualunque fosse stato l'esito e vantavano – sottolineo che vantavano, perché non li abbiamo identificati, non sappiamo neanche se poi siano stati eletti o meno – agganci sia nell'uno sia nell'altro schieramento.Pag. 7
  Del resto, in una delle centomila intercettazioni interessanti che ci sono state, a un certo punto Carminati dice a Buzzi che con questi ora devono trattare, che devono ricevere appalti, incarichi e così via. Si parla di cavalli e poi c’è la frase, anche questa ampiamente pubblicizzata, «Mettiti la minigonna e va’ a battere con questi, amico mio». Questo è il quadro che abbiamo delineato.
  Vorrei aggiungere, per poi lasciare la parola al dottor Prestipino, un effetto virtuoso. Sottolineo sempre che svolgiamo indagini per fare processi e ottenere sentenze; dopodiché, se dal nostro lavoro emergono conoscenze utili alla società, alla politica, ne siamo lietissimi. In un processo, specie quando si cerca di fare un capo d'imputazione, si deve avere la prova della promessa o dazione di denaro, si deve specificare l'oggetto che si chiede in cambio: ovviamente, si colgono frammenti, fotogrammi dell'intero film che va ricostruito.
  Dico tra parentesi che alcune delle contestazioni si riferiscono a fenomeni anche economicamente significativi, non migliaia di miliardi, ovviamente, ma anche solo miliardi di euro sono fenomeni già significativi, e vi è anche il valore, che permettetemi di definire etico, di tutta la vicenda della speculazione sul fenomeno degli immigrati, del disagio e così via. Chiudo la parentesi.
  Non rivelo nessun segreto d'ufficio se indico un fatto che ritengo positivo, comunicato alla procura, ma giustamente anche ai giornali: in questa settimana trascorsa dagli arresti, il presidente della regione ha ritenuto di revocare – credo proprio revocare, spero di non sbagliare – un appalto per il CUP, il Centro unico prenotazioni regionali, del valore di non meno di 60 milioni di euro. Questo era in stato avanzatissimo, credo che mancasse pochissimo all'aggiudicazione e tra i beneficiari ci sarebbe stato, in tutto o in parte, il solito Buzzi, non so con quale delle varie etichette con cui agiva.
  Proprio ieri, il comune ha informato noi, ma ovviamente l'informazione non è segreta, che per l'ATER (Azienda territoriale per l'edilizia residenziale del comune di Roma), quindi gli alloggi popolari, c'era una gara in corso per 25 milioni di euro: anche questa è stata non so se annullata, credo sospesa, in attesa di informazioni anche da parte nostra, che ovviamente daremo, perché anche in questo caso si profilava un'aggiudicazione, non saprei dire se in tutto o in parte, al solito Buzzi, alle solite cooperative.
  Mi fermerei qua e, se la presidente permette, lascerei la parola al dottor Prestipino.

  MICHELE PRESTIPINO, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma. Vorrei completare il ragionamento iniziato dal procuratore su alcuni aspetti che ci preme sottolineare e che riguardano quello che è stato definito il metodo mafioso che connota la mafiosità di quest'organizzazione che abbiamo individuato.
  Da questo punto di vista, non mancano sorprese davvero interessanti. Se è vero che quest'organizzazione, che chiamiamo mafia capitale per comodità di sintesi, ha quei caratteri di originalità, di originarietà senza alcun dubbio, presenta tuttavia con le mafie tradizionali, con le mafie storiche, alcuni connotati, segni distintivi che, come spesso abbiamo detto e ripetuto anche in altre occasioni, costituiscono la sostanza, danno corpo al vero e proprio DNA mafioso. Qui, ovviamente, non intendo riferirmi agli episodi e agli atti di violenza e di intimidazione riconoscibili, di cui pure le indagini ci hanno consegnato numerosi esempi, ben al di là di quella che poi è stata sotto questo profilo l'evidenziazione e la rappresentazione mediatica.
  A me interessa, invece, cogliere altri due segni distintivi della mafiosità, di quest'organizzazione, che sono sempre caratteristiche di estrema pericolosità della capacità di penetrazione delle mafie nel mondo non mafioso, ma che esercitate in un contesto, in una città come quella di Roma, sono ancor più pericolose proprio per le caratteristiche della città, del contesto, di quello che Roma rappresenta.Pag. 8
  È chiarissimo che mi riferisco a due aspetti apparentemente in contraddizione o antinomici, ma che in realtà si completano vicendevolmente: da un lato, al sistema di relazioni delle mafie, che non manca, e anzi per quest'organizzazione è ancor più raffinato, elaborato e penetrante di quello che conosciamo e riconosciamo alle organizzazioni mafiose tradizionali dell'altro, alle capacità di rapportarsi anche con altri gruppi malavitosi non soltanto in sede locale, ma anche in sede nazionale, con mafie particolarmente agguerrite e forti. In particolare, faccio riferimento alla ’ndrangheta.
  Dal primo punto di vista del sistema relazionale, vorrei sottolineare che all'organizzazione mafia capitale non manca nulla, perché c’è tutto quello che conosciamo delle mafie tradizionali, sia nel rapporto con gli apparati amministrativi burocratici e con il mondo delle professioni, che in questo caso si specifica nel rapporto con alcuni manager di enti di primaria rilevanza; sia nella creazione di rapporti e relazioni col mondo dell'imprenditoria, cioè con gli imprenditori.
  Il primo punto, quello del rapporto con la pubblica amministrazione, è articolato. Carminati e i suoi utilizzano, infatti, un sistema estremamente raffinato di penetrazione nei vari apparati, in particolare nell'apparato comunale – registriamo vicende che partono dal 2008-2009, quindi con la giunta precedente – in cui, soprattutto, Carminati fa il regista, ma i suoi uomini diventano protagonisti di una vera e propria attività di lobbying illecita particolarmente pressante, evidenziata dalle indagini attraverso le moltissime intercettazioni di comunicazioni telefoniche e conversazioni tra presenti.
  Tale attività di lobbying ha due finalità: da un lato, di imporre in posizioni apicali di rami dell'amministrazione o di vertici di aziende sensibili per gli interessi di quell'organizzazione personaggi che l'organizzazione ritiene a essa vicini e che lavorano nell'interesse e per realizzare le finalità dell'organizzazione.
  Qui mi riferisco, innanzitutto, ad alcune nomine cui si è fatto cenno. Le indagini ci danno conto in modo assolutamente lineare di vicende, da questo punto di vista, estremamente dimostrative: abbiamo la nomina di Berti nel consiglio d'amministrazione di AMA; la nomina di Fiscon quale direttore generale di AMA; la nomina di Limiti quale dirigente di AMA; la nomina di Quarzo alla presidenza della commissione trasparenza del comune di Roma. Abbiamo ancora il sostegno ben riuscito a un candidato nella corsa a sindaco del comune di Sacrofano, che nella testa di Carminati è non soltanto il luogo in cui lui risiede: quest'appoggio è finalizzato, anche in quel caso, a ottenere una serie di vantaggi dal punto di vista di lavori, appalti e così via.
  Da questo punto di vista, mi preme sottolineare un'altra vicenda, perché non c’è soltanto un'attività di lobbying finalizzata a imporre nomine in positivo, ma anche in negativo, cioè finalizzata a rimuovere o a ostacolare la nomina di funzionari e dirigenti in determinati rami anch'essi ritenuti sensibili, di soggetti con i quali l'organizzazione ritiene di non poter intavolare i rapporti giusti.
  Una vicenda, a mio avviso particolarmente allarmante, riguarda il V dipartimento del comune di Roma, diretto da un funzionario che l'organizzazione e Carminati in persona ritenevano, a torto o a ragione – saranno poi le indagini a dirlo, ma in questo momento non interessa – persona a loro molto vicina, funzionale agli interessi dell'organizzazione: nel cambio di giunta questa persona, che ovviamente è indagata, è sostituita ed è indicata come persona che doveva sostituirlo altro funzionario e immediatamente si coglie l'allarme nell'organizzazione, in particolare di Carminati e dei suoi, per la nomina di questa persona.
  È assolutamente indicativo quello che dice Buzzi di questa persona, al di là dell'aspetto folcloristico, perché è una frase tipicamente mafiosa, utilizzata cioè dai mafiosi siciliani, da quelli calabresi, per indicare la persona che non è affidabile. Buzzi dice di questa persona che non riceve, che non ci si può nemmeno parlare. Non poter parlare con una persona, Pag. 9nel linguaggio e nella comunicazione mafiosa, significa che è una persona non disponibile a mediare affari e interessi. Allora, immediatamente inizia quest'attività di lobbying per impedire che la persona designata dalla nuova giunta occupi quel determinato posto. Lì si mette in moto quel sistema di contatti e relazioni anche con personaggi e soggetti inseriti nell'assemblea capitolina.
  Un'altra ancora significativa, sempre sotto lo stesso profilo, è una vicenda particolare che riguarda un manager importante in una precedente vicenda processuale. Mi riferisco a Testa, che era nel consiglio d'amministrazione di ENAV Spa, poi indicato e designato anche come componente del consiglio d'amministrazione di una società controllata da ENAV, Techno Sky Spa.
  Testa è imputato in un procedimento piuttosto importante, già in parte definito dall'autorità giudiziaria romana, per corruzione insieme a Milanese e a una serie di altri soggetti. Nel corso delle indagini, Testa ritiene di definire la propria posizione attraverso un patteggiamento. Ovviamente, in questo nostro procedimento è destinatario di misura cautelare quale componente di quest'associazione.
  Già da allora emerge, su una scelta processuale che attiene al singolo indagato, cioè al manager Testa, la definizione della propria posizione processuale con un rito alternativo, in quel caso il patteggiamento, seguìto passo dopo passo, in modo assolutamente pressante, direttamente da Carminati, il quale alla fine si compiace di questa soluzione con Testa. Si telefonano: «Allora, quindici giorni» – «Sì, un anno e quindici giorni» – «Benissimo, tra quattro anni ci sarà anche la non menzione, va benissimo. Tra quattro anni – dice Carminati a Testa – tu potrai anche andartene alla Camera, volendo».
  C’è, quindi, la penetrazione negli apparati amministrativi, questa cura dei rapporti con il manager. In questo caso, il rapporto è diretto tra Carminati e Testa; nell'altro caso, era uno dei suoi, Buzzi, che mediava l'attività di lobbying, di pressione per guidare la nomina di soggetti affidabili nelle posizioni decisionali. Dicevo che c’è poi il sistema relazionale con gli imprenditori.
  Anche analizzando le conversazioni, le emergenze processuali che abbiamo raccolto durante le indagini sotto questo particolare specifico profilo, c’è più di una sorpresa. Davvero nel rapporto con gli imprenditori Carminati e i suoi si pongono con un obiettivo, con un'ottica, con un approccio che registriamo in modo assolutamente identico, addirittura dal punto di vista della terminologia, a quelli delle mafie tradizionali. In questo sistema c’è proprio un'evidente espressione della mafiosità di questo gruppo.
  Non credo di sorprendere nessuno, sono cose ormai molto note e molto conosciute da tutti, dicendo che il rapporto con gli imprenditori origina dall'incontro tra l'imprenditore e il gruppo mafioso sul tema della protezione. Così nasce a Palermo, così origina a Reggio Calabria, così si alimenta a Napoli. L'imprenditore si rivolge al mafioso di solito per ottenere «protezione» per poter lavorare senza problemi.
  Questo stesso schema si ripete anche a Roma con gli imprenditori romani, i quali, quando hanno un problema, qualcuno – c’è più di un caso – si rivolge a Carminati per ottenere protezione dagli altri gruppi malavitosi, dalla malavita spiccia, da tutto quello che sul fronte delle attività criminali si muove in una città come questa. Il meccanismo, però, è lo stesso. L'imprenditore chiede protezione e Carminati, nel momento in cui concede la sua protezione, chiede qualcosa, che va a ben al di là del pagamento di una somma di denaro o di un'utilità immediatamente valutabile in termini economici spiccioli.
  È Carminati stesso che, nel corso di una conversazione – sono davvero poche righe, ma sono significative – usa parole che, come chi ha lavorato su queste cose sa benissimo, si potrebbero leggere in un'intercettazione captata a Palermo o a Reggio Calabria in modo assolutamente indifferente. Spiega ai suoi la sua filosofia col mondo dell'impresa ed è proprio la quintessenza della filosofia mafiosa.Pag. 10
   «A me mi puoi anche dire che mi dai un milione di euro per guardarmi da tutta questa gentaglia. È normale, ma è normale anche che dall'amicizia deve nascere un discorso che facciamo affari insieme. Io gli faccio guadagnare i soldi a lui e questo è un discorso che io ho fatto a tutti questi. Loro devono essere nostri esecutori, devono lavorare per noi».
  Questo rapporto tra gruppo organizzato, tra struttura organizzata e imprenditoria è secondo me uno dei tratti distintivi maggiormente significativi per riconoscere la mafiosità di un gruppo, che va ben al di là del fatto di rivolgere verso il sistema impresa un interesse di natura predatoria, per capirci, il pizzo. Questi vogliono le imprese, così come le vuole la ’ndrangheta quando arriva al nord, così come le ha volute e le ha ottenute cosa nostra dove era presente.
  Vengo rapidissimamente all'altro profilo. Dicevo che sembrano due profili antinomici, ma in realtà non lo sono perché si completano vicendevolmente. L'accumulazione del potere criminale, quando è accumulazione di potere criminale mafioso – non sempre, ovviamente, lo è, perché c’è un potere criminale che a volte non ha queste caratteristiche – ottiene la riconoscibilità in stato di parità dalle altre organizzazioni mafiose. Le organizzazioni mafiose si riconoscono reciprocamente. A volte, si riconoscono per farsi la guerra a volte, invece, per convivere su affari o su porzioni di territorio.
  Qui vi segnalo una vicenda per la quale abbiamo eseguito proprio questa mattina un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di ulteriori due indagati, che è altamente dimostrativa, sotto questo profilo, ancora una volta della mafiosità di questo gruppo. Ovviamente, già nel corso delle indagini erano emersi rapporti di Carminati e del suo gruppo con tutto quello che si muove di organizzato e di serio sul territorio capitolino. Ovviamente, avevamo registrato rapporti con i gruppi mafiosi che operano a Ostia, con i Fasciani, con il gruppo di matrice camorristica che opera nella zona sud della città di Roma capeggiato, per capirci, da Michele Senese, già con il gruppo, che in questo momento non ha importanza definire mafioso o meno, ma certamente importante e significativo nella geografia criminale romana, dei Casamonica di Tor Bella Monaca.
  Abbiamo rapporti anche con gruppi molto forti, rigidamente organizzati e che sono più dediti ad attività di tipo criminale come il narcotraffico in alcune zone anche importanti di Roma. Sono emersi rapporti con la ’ndrangheta, in cui, per capirci, pezzi di ’ndrangheta importanti e Roma capitale si sono vicendevolmente riconosciuti e – consentitemi il termine – reciprocamente rispettati.
  Faccio riferimento a quest'ordinanza del gip di Roma, che ha accolto totalmente in questo senso una richiesta che abbiamo avanzato come Direzione distrettuale antimafia a seguito della richiesta principale, in cui abbiamo sintetizzato le risultanze di un'ulteriore attività del ROS, che ci ha depositato la sua annotazione soltanto il 21 novembre 2014, quindi nemmeno un mese fa. È una vicenda importante e significativa, ma trattabile in breve termine e in breve termine l'abbiamo trattata noi, in breve termine abbiamo avuto una risposta positiva dal gip.
  È una vicenda davvero interessante. Parte nel 2008 con l'accreditamento da parte di Buzzi, con la regia esplicita, riconoscibile, riconosciuta ed evidenziata dalle intercettazioni di Carminati, di due persone, formalmente soltanto dipendenti della famosa cooperativa di Buzzi «29 giugno», presso la famiglia Mancuso di Limbadi, un pezzo molto importante della ’ndrangheta vibonese, attraverso il canale giusto, quello dei Piromalli di Gioia Tauro.
  Questi due soggetti accreditati sono, infatti, originari di Gioia Tauro, quindi il canale è quello ufficiale, perché i Piromalli sul versante tirrenico della provincia di Reggio sono il gruppo, insieme ai Pesce, più vicino a quello dei Mancuso, che invece sono nella provincia confinante. Per noi, c’è la provincia, che per loro non c’è, perché Mancuso, Piromalli e Pesce hanno un'interazione sulla stessa parte del territorio e, purtroppo, dico tra parentesi che Pag. 11lì approfittano anche del fatto che ci sono due province e due procure diverse, per cui c’è una zona che ha tutta l'aria di essere una no-fly zone, ma soltanto per lo Stato, purtroppo, e non per la ’ndrangheta.
  Queste due persone ottengono questa sorta di riconoscimento presso i Mancuso. Si costituisce un ente che in territorio calabrese, sul territorio dei Mancuso, gestisce un'attività presso un centro collegato al CPT (centro di permanenza temporanea) di Crotone, centro importante perché gestisce l'accoglienza di 240 immigrati per il valore 1.300.000 euro, per il quale all'epoca erano corrisposti dal Ministero dell'interno 35 euro al giorno per immigrato.

  PRESIDENTE. Parliamo del centro S. Anna ?

  MICHELE PRESTIPINO, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma. Il CPT è di Crotone. Questo centro si trova a Cropani Marina, in provincia di Catanzaro, ed è un CARA (centro di accoglienza per richiedenti asilo), per capirci.
  Per cinque anni, quest'ente gestisce questo centro di appoggio al CPT di Crotone e, come dice Buzzi in un'intercettazione, «Siamo stati là cinque anni e non ci ha toccato nessuno». Nel 2013, ovviamente c’è la contropartita, lo scambio dell'utilità: questa volta, sono i Mancuso che mandano un imprenditore molto vicino, organico alla famiglia in territorio romano, lo affidano alle cure di Carminati e di Buzzi. Questo signore ottiene in subappalto dei lavori sul territorio di Roma da Buzzi, ovviamente alcuni lavori che riguardano le pulizie nel mercato dell'Esquilino.
  C’è questo scambio di utilità reciproca, in cui le due organizzazioni, da un lato Mancuso e dall'altro Carminati, si riconoscono vicendevolmente e, ovviamente, si rispettano, si ausiliano reciprocamente. Mi scuso con voi per aver impiegato diversi minuti per descrivervi questa situazione e per farvi comprendere, ma lo capite benissimo, il significato di questa cosa, quanto questa vicenda sia indice di mafiosità di questo gruppo.
  Ovviamente, loro sono molto più bravi di me e in due righe, in una battuta, sanno descriverlo molto meglio. Anche qui, ancora una volta sono i diretti interessati che in un'intercettazione riassumono questa vicenda e dicono: «In quella rete là – e si riferiscono al vibonese – comandano loro. In questa rete qua, comandiamo noi».
  Vorrei aggiungere una cosa, ma il procuratore me l'ha proibito, quindi mi fermo qui.

  PRESIDENTE. Abbiamo, però, un precedente. Anche l'altra volta proibì di rispondere, poi abbiamo visto gli sviluppi. Facciamo un affidamento anche questa volta.

  GIUSEPPE PIGNATONE, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. Non è di questo genere...

  MICHELE PRESTIPINO, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma. Questa vicenda calabrese dei rapporti con la ’ndrangheta a me pare che sia anche significativa perché illumina quello che è uscito sulle agenzie ieri pomeriggio e che poteva sembrare semplicemente una battuta folcloristica, una vanteria di Carminati, registrata il 27 gennaio 2012, ormai quasi tre anni fa, quando il dottor Pignatone era stato appena nominato dal CSM procuratore di Roma e non aveva ancora nemmeno preso possesso dell'ufficio.
  Il Carminati commentava la nomina con una persona dicendo «Questa è una persona che non gioca. Tira brutta aria. Questo butta all'aria Roma. Ha cappottato tutto in Calabria. Non si fa ingloba’ dalla politica». Uno può pensare che queste siano battute di Carminati, che ha letto i giornali, ma se vediamo che dal 2008 ha rapporti con i Mancuso e questo riconoscimento da fonte calabrese, quest'episodio si può leggere anche in un'altra chiave, ancora una volta anch'essa ulteriormente sintomatica della mafiosità del gruppo. Pag. 12Un'organizzazione mafiosa che si rispetti, tra i primi posti della propria strategia, mette l’intelligence, che vuol dire conoscere anche con chi si presume si avrà a che fare.

  GIUSEPPE PIGNATONE, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. Intervengo solo per dire che mettiamo a disposizione della Commissione l'informativa del ROS in data 21 novembre, che è un po’ più ampia, e l'ordinanza del gip di Roma, che credo sia in data di ieri, 9 dicembre, che ha disposto la cosa. Sono state eseguite due misure di prevenzione che, eventualmente, potremo trasmettere.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio.
  C’è un folto numero di iscritti, ai quali do la parola perché pongano quesiti o formulino osservazioni.
  Cominciamo con il senatore Di Maggio.

  SALVATORE TITO DI MAGGIO. Ringrazio i procuratori anche per questa dovizia d'informazione che hanno portato oggi alla Commissione.
  Vorrei fare qualche domanda, anche perché attraverso le notizie di stampa sembra che al momento nessuno conosca più alcuno. C’è un aspetto particolare che mi ha colpito ed è quello, soprattutto, che ha a che fare con tutto quanto riguarda il mondo dell'immigrazione. Lo dico per il motivo molto semplice che questa Commissione ha avuto già modo di occuparsi di questa materia e in un certo qual modo avete aperto uno squarcio in questo velo estremamente nebuloso. Tra l'altro, siccome è molto vicino ad ambienti istituzionali, sarebbe per noi molto importante chiarire alcuni argomenti.
  Vengo al CARA di Mineo. Fornisco una cornice per poi formulare la domanda. Siamo a conoscenza del fatto che il soggetto attuatore del CARA di Mineo fu la presidenza della provincia di Catania; che quel soggetto attuatore riconobbe un'unica società in grado di partecipare alla gara; che quella società si presentò alla gara e che la prefettura – faccio un inciso del tutto personale, visto che qualcosa di Sicilia conosco – non ebbe assolutamente nulla da eccepire che a una gara si presentasse una sola società.
  Questa società, peraltro, è un consorzio di aziende, sulle quali non so se abbiate qualche riferimento, Pizzarotti, Sisifo, ma l'aspetto che diventa più inquietante, a mio avviso, è una delle figure che avete individuato e su cui vi chiederei se risultino veri questi passaggi: la figura di cerniera di tutto questo è un certo signore Odevaine.
  È vero che era consulente del Viminale per i centri di accoglienza ? Sembra una storiella direi quasi stupida. È vero che il signor Odevaine è stato consulente per il CARA di Mineo della presidenza della provincia di Catania soggetto attuatore ? È vero che è stato membro della commissione aggiudicatrice della gara per il CARA di Mineo ? È vero che è stato consulente della società aggiudicatrice della gara che ha assegnato il CARA di Mineo ? Se tutte queste circostanze fossero vere, allora gli organi di controllo delegati ad assicurarci la legalità nel nostro Paese dovrebbero forse da parte nostra essere messi a loro volta sotto controllo.

  PRESIDENTE. Raccogliamo almeno un po’ di domande. Do ora la parola alla collega Garavini.

  LAURA GARAVINI. Anch'io, a nome di tutto il gruppo del Partito Democratico, mi aggiungo alle parole di apprezzamento e di ringraziamento per il lavoro svolto già espresse dalla presidente Bindi. A mia volta, mi preme porre alcuni quesiti. Tra l'altro, l'apprezzamento è anche per il fatto che vi siate resi disponibili a essere qui in tempi brevi all'interno della nostra Commissione, ma è importante che l'interlocuzione sia precisa, vada nel dettaglio, anche per aiutarci a intraprendere e a prendere decisioni politiche anche inerenti allo stesso potenziale scioglimento del comune di Roma.
  Procuratore Pignatone, innanzitutto chiediamo il suo aiuto in una giusta interpretazione degli elementi che ci ha Pag. 13fornito. Se ho capito bene, laddove ci parlava di una trasversalità esterna all'associazione, individuava quasi uno spartiacque chiaro tra l'amministrazione precedente e quella attuale. Se ho ben capito, come mi preme sottolineare, se nella precedente amministrazione c'erano anche incontri apicali al vertice con il Carminati, e dunque con un esponente chiaro della criminalità organizzata, nell'amministrazione attuale invece questi rapporti non ci sarebbero. Ci sarebbero, semmai, se parliamo di corruzione, ma non se parliamo di veri e propri rapporti di criminalità organizzata.
  Mi pare che questo sia un elemento chiaro, da sottolineare. Per quanto condannabile, infatti, e per quanto la corruzione sia essa stessa una porta per espressioni anche di crimine organizzato, mi pare di capire che, però, questo possa essere un elemento da sottolineare proprio in vista di eventuali passi successivi da assumere.
  Inoltre, procuratore, il suo ragionamento era molto chiaro in relazione a un'impronta tipicamente romana di quest'associazione, di cui appunto ci avete fornito una serie di elementi descrittivi e quant'altro. Queste radici romane non tolgono, però, il fatto, come anche gli arresti di stamane confermano, che ci siano rapporti stretti con crimine organizzato di altra natura, in particolare anche della ’ndrangheta. In particolare, tra le richieste di custodia cautelare, compare anche Gennaro Mokbel, ritenuto anche elemento di congiunzione, di cerniera, proprio e soprattutto con la ’ndrangheta.
  Erano già state compiute inchieste recenti, come in particolare quella del 2010, in cui era indagato lo stesso Mokbel, e che fecero luce su una serie di aspetti. Penso, in particolare, a quella del 2010, in cui non fu soltanto indagato, ma si arrivò anche all'arresto e poi alla condanna di Di Girolamo, all'epoca eletto come esponente del PdL, e nella quale emersero, appunto, vari trucchi rispetto alle elezioni che lo portarono in Parlamento nel 2008. Si era anche attivato per una serie di affari criminali che, dunque, non vertevano soltanto su questioni di riciclaggio qui a Roma, ma appunto avevano anche altra connotazione.
  In quell'inchiesta non emersero elementi legati al Carminati. Nonostante, appunto, non foste all'epoca procuratori, dunque mi rendo conto che è una fase preliminare, precedente, sono però emersi elementi che possano indurre a capire come mai già in quella fase non ci furono tracce dei rapporti che, invece, il Carminati evidentemente già stava avendo anche con altri inquisiti dell'inchiesta dell'epoca ?
  Inoltre, nel 2012 l'ex sindaco di Roma Alemanno, senza essere indagato, fu però coinvolto in un'inchiesta che si riferiva al consigliere regionale Morelli e toccava, in particolare, tutta quella serie di rapporti che mettevano in contatto l'Alemanno con la famiglia Lampada, e dunque metteva in risalto una serie di interessi che vertevano, appunto, sul settore del gioco. A questo proposito, nell'attuale inchiesta sono emersi interessi che dimostrino eventuali esplicazioni anche sul gioco d'azzardo o, più in generale, facendo riferimento anche all'altra inchiesta di cui parlavo, anche sulla raccolta di voti ?
  Infine, ho un ultimo quesito, presidente. In particolare, l'inchiesta in questione tocca anche la provincia di Latina: il Lazio è l'unica regione in cui si giunse alla richiesta, da parte dell'allora Ministro dell'interno Maroni, dello scioglimento del comune di Fondi, appunto in provincia di Latina, che fu rifiutato dal Consiglio dei ministri, unico caso nel nostro Paese.
  Contro quello scioglimento all'epoca si schierò una serie di esponenti politici facenti parte dello stesso schieramento politico dell'allora sindaco Alemanno: mi chiedo se sia emerso dall'attuale inchiesta o se presumiate che già all'epoca ci fosse una camera di collegamento tra interessi criminali, esponenti dell'estremismo di destra ed esponenti del mondo politico.

  PRESIDENTE. Ringraziamo l'onorevole Garavini. Siete in tanti iscritti, quindi invito alla sintesi. Do ora la parola all'onorevole Attaguile.

Pag. 14

  ANGELO ATTAGUILE. Spero di essere breve. Innanzitutto, ringrazio i magistrati, che hanno illustrato in modo chiaro tutta la vicenda a Roma, questo «sacco di Roma», ma vorrei ricollegarmi alla domanda rivolta poc'anzi dal mio collega proprio sul CARA di Mineo. Alcune cose mi lasciano perplesso e molto preoccupato, essendo siciliano, perché si dice che dietro il CARA di Mineo ci sia parecchia attenzione da parte di una certa mafia anche nel calatino.
  Il contratto di Odevaine è stato firmato prima dal presidente della provincia, sottosegretario Castiglione, e poi anche dal sindaco di Mineo, che addirittura solo due giorni fa ha licenziato l'Odevaine. È un po’ curioso che, appena viene fuori un nome, si licenzi il tecnico, un esperto che i giornali dicono che percepisse 10.000 euro al mese e che, solo perché si allargava, aumentavano gli ospiti, al CARA di Mineo, è arrivato a 20.000 euro al mese.
  Queste sono le cose che lasciano tanto perplessi. In modo particolare, si dice che tutti i finanziamenti partivano dal CARA di Mineo sulla gestione per i vari centri di accoglienza: perché non è stato dato seguito, non dico da voi, ma dalla magistratura di Catania... Ride, ma purtroppo bisogna piangere in queste cose. Non è stato dato seguito alla denuncia di alcuni concorrenti per una gara d'appalto vinta con il ribasso dell'1 per cento con un solo concorrente per 100 milioni di euro.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Attaguile e do la parola al collega Giarrusso.

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. Innanzitutto, procuratore, rinnoviamo, anche a nome del Movimento 5 Stelle, i complimenti a lei, alla sua procura e a tutti quelli coinvolti nell'inchiesta per l'eccezionale lavoro svolto.
  Parto da una riflessione, procuratore. Dalle intercettazioni sembrerebbe che, appena arrivate ovviamente dalla Calabria le sue referenze, si siano preoccupati di non sparare più a Roma. Evidentemente, temevano, come è stato ben specificato dal magistrato che ha parlato di quest'intercettazione, la capacità e la conoscenza del fenomeno.
  Le pongo una questione, procuratore, di cui penso che, per quanto spinosa e antipatica, sia anche collegata alla possibilità che quest'inchiesta arrivi fino in fondo. Carminati e altri hanno avuto grandissimi benefici. Personalmente, pensavo che Carminati fosse ancora in galera, non che avesse ricevuto addirittura la grazia.

  GIUSEPPE PIGNATONE, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. L'ha ricevuta Buzzi.

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. L'ha ricevuta Buzzi.
  Sappiamo che una caratteristica per la quale le mafie sono collegate alle amministrazioni pubbliche, non è soltanto l'intercettazione dei flussi di denaro degli appalti o di altro, ma i rapporti con la politica sono per avere copertura e impunità.
  Procuratore, perché prima che lei arrivasse a Roma si poteva sparare e dopo che è arrivato a Roma non si può più sparare ? Chi ha coperto fino adesso queste cosche mafiose ? Penso che prima tutti noi diamo risposta a questa domanda e più probabilmente il vostro lavoro non sarà disfatto da quanti hanno garantito, nelle file dello Stato, l'impunità a queste persone.
  Su questo punto, vorremmo anche delle delucidazioni su quello che mi sembra uno dei nomi più interessanti e angoscianti di questa vicenda, che è quello dell'avvocato Dell'Anno.

  PRESIDENTE. Do ora la parola al collega Lumia.

  GIUSEPPE LUMIA. Presidente, anch'io devo ringraziare il procuratore Pignatone, il dottor Prestipino e gli altri procuratori, Tescaroli, Ielo e Cascini, che hanno lavorato a quest'importante inchiesta. Li ringrazio perché finalmente hanno spezzato la catena, prima, del negazionismo e, adesso, del cosiddetto minimalismo, una Pag. 15catena lunga, che dura da decenni, che ha fatto solo del male al nostro Paese e ai territori in cui questa catena è stata utilizzata.
  È stata utilizzata nel centro nord, con in testa Milano, anche qui nel Lazio, ieri abbiamo sentito anche nell'Umbria, insomma una catena molto lunga che, se spezzata a Roma, è importante. Naturalmente, non nascondo anch'io le difficoltà perché, spezzata la catena del negazionismo, quella del minimalismo gioca un ruolo insinuante, innanzitutto aggredendo il 416-bis.
  È di queste ore, di questi giorni, un'insinuante campagna proprio intorno a questo punto fondamentale ed è importante qui in Commissione parlamentare antimafia il confronto, perché da questo confronto può emergere anche quella nostra responsabilità politico-istituzionale che aiuta, appunto, a evitare che si possa su questo giocare una partita di fioretto, ma altrettanto devastante e altrettanto pericolosa. Mi interessa che possiate esporci qui che è importante l'origine di quest'indagine, proprio perché tocca un punto fondamentale del negazionismo e del minimalismo. Sarebbe importante da parte vostra raccontarci la strategia e il rilievo che avete dato.
  La seconda questione importante è la parte che riguarda, procuratore, il riciclaggio. È una parte sempre complicata, difficile, che in ogni parte del territorio non trova la stessa forza nel campo indiziario delle prove, che hanno altri elementi importanti che anche voi finalmente qui siete riusciti a tirar fuori. Avete trovato, ad esempio, il libro paga di Buzzi, un importante libro paga: avete elementi per aiutare a far fare anche un salto di qualità nel campo del riciclaggio, soprattutto di quella parte che va fuori ? Si sta molto discutendo, per quanto riguarda l'ex sindaco, di dove siano finiti i soldi, se in Argentina o meno: su questo nodo c’è un impegno in grado anche di far emergere quest'altra parte importante ?
  Vorrei porvi altre due questioni: la vicenda Carminati in relazione a quell'altro troncone della banda della Magliana rappresentato da Diotallevi, un'altra figura importante che, con il figlio, o almeno, ho letto dai quotidiani che c'era una relazione, una interrelazione: potete darci delle notizie importanti anche a questo proposito ?
  L'ultima cosa che ha colpito positivamente anche me da siciliano è la ricostruzione del dottor Prestipino del rapporto tra le varie mafie e del rapporto indicativo del metodo mafioso, accanto a quello della pubblica amministrazione e del rapporto con le imprese, ad esempio, con il clan Mancuso, che tutti conosciamo e che è strategico, importante, nel contesto della ’ndrangheta calabrese. La questione è in relazione con l'utilizzo, anche in questo caso, dell'affare immigrati.
  Sul CARA di Mineo è stato detto. Abbiamo lì due gare: una fatta nel 2011 e un'altra nel 2014. Mi risulta che anche nel 2014 la gara sia di 100 milioni, quindi una somma notevole, importante.
  Odevaine, come è stato scritto anche dai nostri colleghi, aveva un ruolo importante e strategico a livello sia ministeriale sia locale, e vorrei sapere se anche lì siano emersi dei contatti mafiosi. Mi chiedo, poiché in Calabria quell'affare immigrati naturalmente si intrecciava con la presenza della ’ndrangheta e con quel rapporto con Carminati e con Buzzi, se anche in Sicilia, relativamente al rapporto con cosa nostra, abbiate trovato delle tracce o se esistano delle piste intorno a cui state lavorando.

  PRESIDENTE. L'onorevole Bianchi ci chiede di poter intervenire subito perché, come componente della Commissione affari istituzionali, deve recarsi in Commissione.

  DORINA BIANCHI. Mi scuso con i colleghi per aver chiesto di intervenire prima e spero di riuscire ad ascoltare le risposte sia del procuratore Pignatone sia del dottor Prestipino, che ringrazio naturalmente non soltanto per quello che stanno facendo a Roma, ma anche per quello che hanno fatto in Calabria, per il lavoro che hanno svolto.Pag. 16
  Proprio la parte sulla Calabria mi ha sollecitato maggiormente le domande, un po’ perché ne sappiamo di meno, visto che i giornali se ne sono occupati in maniera minore e sta venendo alla luce in questo momento, un po’ perché sappiamo che la Calabria è molto presente, sicuramente una delle comunità più presenti nella capitale, e perché sappiamo che una delle caratteristiche della ’ndrangheta calabrese è di riciclare non soltanto in Italia, ma anche all'estero.
  Voi vi riferite a tredici anni indietro addirittura, nel senso che ci sarebbe, se non ho capito male, in Calabria la presenza di Carminati e Buzzi attraverso queste due persone... [voci fuori microfono] Cinque anni, 2008, perfetto: c’è la loro presenza, cioè di una parte romana che va in Calabria, o un incrocio di ruoli tra la Calabria e Roma ?
  Penso che lei si riferisse comunque sempre al CARA di S. Anna. Forse non lo conosco, ma non credo sia a Cropani, forse si tratta del CARA di Isola Capo Rizzuto, sempre lo stesso.
  Soprattutto, credo sia sicuramente espressione di una collaborazione tra diverse parti della Calabria la presenza nel CARA di S. Anna, annesso a Isola Capo Rizzuto, di cosche di Vibo: vorrei capire qual è, secondo voi, la geografia da questo punto di vista.
  Eviterò di fare altre domande sia su Roma sia su Mineo, perché i colleghi ne hanno fatte parecchie. Vorrei solo capire relativamente a Roma quanto vadano indietro negli anni le vostre indagini e se si limitino all'amministrazione Alemanno o se vadano più indietro.

  PRESIDENTE. Facciamo rispondere a queste domande. Concediamo questa soluzione privilegiata per le domande dell'onorevole Bianchi.

  GIUSEPPE PIGNATONE, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. Su queste credo che le risposte siano veloci, per metà da me e per metà dal dottor Prestipino.
  Per quanto riguarda l'ultima parte, la nostra indagine va indietro molto poco. Io sono arrivato il 19 marzo 2012 – così rispondo anche a una delle domande precedenti – e quando sono arrivato a Roma ho trovato vari procedimenti affidati a vari sostituti, a varie Forze di polizia, su aspetti diversi in qualche modo ricollegabili a Carminati, alcuni direttamente e alcuni no.
  Nell'ambito della mia attività di coordinatore della DDA e di procuratore della Repubblica – alcuni procedimenti erano di DDA e alcuni, invece, di cosiddetta procura ordinaria – li ho riuniti, ho pregato la Polizia di Stato di fare un passo indietro e di dedicarsi all'indagine Fasciani a Ostia, di cui approfitto ancora una volta per ringraziare la Polizia di Stato, in particolare la squadra mobile del dottor Cortese, di avere avuto la sensibilità di fare un passo indietro, per un verso, e di farne molti in avanti su Ostia e Fasciani. Ne abbiamo parlato l'altra volta. Guardia di finanza e ROS dei Carabinieri hanno lavorato, invece, su questa galassia di cui l'ordinanza di cui parliamo oggi costituisce, come mi auguro, soltanto il primo frutto, e sulle misure di prevenzione seguite contemporaneamente.
  Le indagini sono di circa due anni fa. Naturalmente, può esserci l'intercettazione che rimanda indietro su qualche singolo aspetto, ma anche soltanto guardando i capi di imputazione, i fatti specifici, le corruzioni, le turbative d'asta e così via, sono stati tutti del 2012, 2013 e 2014. Sulla Calabria, col permesso della presidente, cedo la parola al dottor Prestipino.

  MICHELE PRESTIPINO, Procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma. C’è un reciproco scambio tra i due gruppi. Nel 2008, Carminati fa accreditare due suoi uomini, formalmente dipendenti della cooperativa «29 giugno» di Buzzi, presso i Mancuso. Finalità è questo centro CARA ubicato nel villaggio turistico Alenia di Cropani Marina. È una struttura turistica alberghiera presso la quale, col sovraffollamento del CPT di Crotone, è avvenuto lo spostamento di 240 immigrati, nell'ambito della quale viene realizzato questo CARA. Si chiama villaggio Pag. 17turistico Alenia di Cropani Marina, provincia di Catanzaro. Non l'avevo detto prima.
  Il «favore» viene restituito cinque anni dopo, nel 2013, quando sono i Mancuso a mandare un personaggio legato a filo doppio alla cosca Mancuso a Roma, sotto l'ombrello protettivo questa volta di Carminati e Buzzi, che cedono a questo soggetto, un imprenditore, una parte dei lavori del mercato Esquilino, cioè lavori di pulizia e manutenzione.
  Questo avviene, però, nel 2013. Cogliamo «in diretta» la questione del 2013. Loro la raccontano e, nel frattempo, raccontano anche il pregresso, cioè il termine della reciprocità, perché Buzzi si lamenta un po’ della presenza di questo soggetto e Carminati, da buon capo mafioso, gli ricorda che Buzzi è stato lì per cinque anni e nessuno lo ha toccato, lo hanno rispettato, quindi loro ora devono rispettare.

  PRESIDENTE. Do ora la parola all'onorevole Fava.

  CLAUDIO FAVA. Porto al procuratore e al procuratore aggiunto i ringraziamenti solo miei, perché potrei portare quelli del Gruppo Misto, ma credo che non faccia storia.
  Ho una domanda sulla stampa. Ci avete detto che quest'operazione di lobbying è importante, che è stata condotta con attenzione, che aveva bisogno di creare sacche di consenso. Ho visto nel rapporto dei ROS che si faceva riferimento a una campagna mediatica favorevole. Poi c’è la vicenda del direttore de Il Tempo, diversi incontri con Buzzi, con Carminati, addirittura un incontro con Carminati nello studio di un avvocato, che sorveglia la discrezione dell'incontro fuori dal suo studio.
  Vorrei una vostra valutazione, cioè vorrei capire se siano fatti isolati e folcloristici o se dietro ci sia, da una parte, l'intelligenza criminale di chi ha bisogno di costruire consenso anche intervenendo sui media e, dall'altra, se ci siano a giudizio vostro delle disponibilità, delle aperture offerte e se tutto questo riguardi soltanto le vicende che conosciamo e anche quella de Il Tempo.

  PRESIDENTE. Do ora la parola al collega Mattiello. Mi affido alla vostra capacità di sintesi.

  DAVIDE MATTIELLO. Farò del mio meglio, come al solito.
  Mi permetto solo questa breve riflessione, poi le domande saranno asciutte. È apprezzabile in maniera particolare la declinazione che avete dato del 416-bis e, in particolare, del significato che avete attribuito al rapporto tra violenza compiuta e violenza minacciata. L'intimidazione è il fulcro del metodo mafioso e mi sembra che l'abbiate messo molto ben in evidenza.
  Vengo alle domande il più asciuttamente possibile. Con quello che ci avete raccontato del rapporto con la ’ndrangheta, emergono elementi significativi relativi alla vicenda Matacena e alla sua attuale latitanza ? Emergono elementi significativi rispetto alla cosca Aracri di Cutro, coinvolta in una vicenda che ha avuto a oggetto, oggetto mancato, l'acquisizione di un resort alberghiero turistico, che avrebbe potuto fare al caso proprio della gestione della partita immigrati ? Emergono elementi significativi che riguardano la gestione giudiziaria di beni sequestrati e confiscati alla mafia a Roma ?
  Concludo. Quando c’è mafia, c’è voto di scambio. Voi avete applicato il 416-bis: vi chiedo se abbiate contestato il 416-ter, che è la condotta che caratterizza il rapporto tra il politico e il mafioso. Diversamente, c’è corruzione elettorale, concussione elettorale, ma non 416-ter.

  PRESIDENTE. Do ora la parola alla collega Sarti.

  GIULIA SARTI. Ovviamente, mi associo anch'io ai ringraziamenti e ai complimenti per il vostro lavoro. Vado subito un po’ al cuore delle mie domande.
  Avete parlato di trasversalità dei rapporti, ovviamente di collegamenti con il Pag. 18mondo della pubblica amministrazione e con il mondo dell'imprenditoria. Una delle questioni che penso tutti ci poniamo è fin dove arrivino questi rapporti anche nel mondo della politica.
  Lo chiedo perché ci si sta concentrando moltissimo sul comune di Roma e sulle varie giunte che si sono succedute, cercando di rimarcare le differenze: la Regione in tutto questo che ruolo ha avuto ? Come è emerso anche dalle intercettazioni, ci sono stati dei finanziamenti da parte del presidente della Regione alle cooperative di Buzzi e ad altre società e cooperative a lui collegate con dei decreti presidenziali e con un meccanismo che sembra sia servito proprio per aggirare il passaggio dall'assestamento di bilancio, quindi finanziamenti fatti direttamente dal presidente della Regione.
  Ci sono stati anche un'interrogazione da parte di consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle a questo proposito e tre esposti. Chiedo proprio a voi se vi siano indagini in corso per le nomine avvenute praticamente con un concorso fantasma di dieci dirigenti senza requisiti e anche di una ventina di avvocati dell'avvocatura regionale, a loro volta senza requisiti. Vi è anche un esposto su un appalto di oltre 20 milioni di euro al Policlinico Umberto I. Sono in corso indagini su questo ? E su un coinvolgimento di dirigenti, funzionari o, comunque, persone che operano all'interno della regione Lazio e anche – tocco un altro punto – su collegamenti con il Viminale ?
  Se Odevaine è persona che faceva anche parte di questo tavolo di coordinamento nazionale per gestire l'emergenza emigranti e se ci sono intercettazioni in cui si millanta da parte di Buzzi di aver comprato già mezza prefettura, che fondamenti hanno ? Ci sono elementi a supporto di queste affermazioni ? Sono solo millanterie ? Sono in corso anche indagini nei confronti di esponenti o di persone che operano all'interno del Viminale ?
  Vengo all'ultima questione: ci sono indagini in corso sulla Metro C di Roma e, eventualmente, possono essere in qualche modo collegate alla cupola ? Oltre che alla Metro C, chiedo anche con riferimento al nuovo stadio ? Credo che tutti, infatti, si facciano un'altra domanda: se questa cupola è arrivata ad avere rapporti per ottenere dalle pubbliche amministrazioni atti per gestire appalti pubblici e centri immigrazione CARA, CIA (centri di identificazione ed espulsione) e simili, è finita qui ? Vi sono addirittura rapporti con la ’ndrangheta. Ci si interroga anche sui rifiuti, sull'AMA, sul trasporto pubblico. È possibile che ci siano sviluppi ulteriori o il grosso è finito ?

  PRESIDENTE. Do ora la parola al senatore Buemi per una domanda, al quale seguirà l'intervento del senatore Mineo.

  ENRICO BUEMI. Ho più di una domanda, ma molto lapidarie.
  Non faccio ringraziamenti formali, ma quelli sostanziali, che ci sono, mettono in risalto un grosso problema, ossia l'eccezionalità dell'azione. Mi riallaccio alla considerazione delle intercettazioni che l'avvento del procuratore Pignatone rappresenta un problema: prima il problema non c'era ?
  Questo è un prologo, ma la domanda vera è: questa è mafia di derivazione politica ? Sono riconoscibili delle aree, quanto meno di provenienza, ma che solidarizzano anche nel momento contemporaneo e non soltanto rispetto al passato: non rappresentano un elemento di novità rispetto alle mafie tradizionali che abbiamo preso in considerazione ? Penso ai furti al Banco di Roma, alle cassette di sicurezza, al caveau, all'elenco delle cassette dei derubati e, eventualmente, a una qualche interazione con gli organigrammi da qualche parte, alla disponibilità di armi, ai capi, che sono soggetti pregiudicati. I giornali parlano di presenze di uomini dei Servizi: è vero ?

  PRESIDENTE. Do ora la parola al senatore Mineo.

  CORRADINO MINEO. Decliniamo in altro modo i complimenti e i ringraziamenti. Pag. 19Diciamo che la spiegazione che oggi, procuratore, avete dato della necessità di intervenire per mafia mi pare molto importante, perché, come ella sa, è in corso già su questo un'offensiva che caratterizzerà lo scontro politico, giudiziario e giornalistico nel prossimo periodo. Questo, quindi, è dovuto e mi sembra molto convincente.
  Tuttavia, vorrei che avesse la possibilità di chiarire meglio cosa sia questo fenomeno originario – il termine è molto intrigante e può significare tante cose – e, legato a questo, quale sia secondo loro, se si può dire, la ragione per cui il capo si chiama Carminati, se derivi dalla caratura criminale del soggetto precedente. Sappiamo che nelle mafie il soggetto criminale ha una capacità di intimidazione all'interno della stessa organizzazione che ne giustifica lo spicco, il solo fatto che abbia una funzione di capo. In alternativa, come era ventilato anche nella domanda del senatore Buemi, c’è una disponibilità di rapporti con pezzi dello Stato di questo Carminati di cui si sta molto parlando ?
  Ieri, un esponente della banda della Magliana ha detto che gli hanno fatto fare il colpo nel caveau sotto piazzale Clodio. Non so se si possa dire, ma se ci fosse qualcosa su questo, siccome la Commissione si sta molto occupando di rapporti tra organizzazioni mafiose e pezzi di Stato, per noi sarebbe importante avere la risposta.

  PRESIDENTE. Do ora la parola al collega Gaetti, cui seguiranno gli interventi dei colleghi D'Uva, Bulgarelli e Fazzone.

  LUIGI GAETTI. Anch'io mi associo ai ringraziamenti.
  Semplicemente, non credo che questa situazione di corruzione sia arrivata al punto in cui vi siete fermati, nel senso che, secondo me, è molto più ampia.

  PRESIDENTE. Fermati ? Non mi sembrano fermi.

  LUIGI GAETTI. Come commissario della Commissione agricoltura, ho analizzato un po’ di cose nell'ultimo anno e mezzo e proprio martedì ho presentato questo esposto alla procura, perché secondo me lì molte cose non funzionano. L'atto è il 69997. Ne ho fatta una copia anche per lei. Vorrei chiederle se questo fenomeno di corruzione può interessare anche i ministeri.

  PRESIDENTE. Siate più brevi. Do ora la parola al collega D'Uva.

  FRANCESCO D'UVA. Ringrazio i procuratori per essere qui, per il lavoro che hanno svolto e che continueranno a svolgere nelle indagini, nelle aule di tribunale, perché ricordiamo che i ROS devono portare a termine e l'esperienza ci dice che hanno avuto grande successo in passato.
  Le domande sono riguardanti il fatto che questa, a livello investigativo, per capire il fenomeno come Commissione antimafia, non è una cupola. Non è stata definita tale. Relativamente ai rapporti con la ’ndrangheta e con altre cosche, per aprire un locale – faccio un esempio pratico – una pizzeria in pieno centro, la ’ndrangheta doveva chiedere il permesso a qualcuno, doveva accordarsi o no ? Questa situazione degli arresti sta creando un eventuale vuoto di potere a Roma ? Si può pensare che questo vuoto di potere sia occupato da qualcun altro o che la situazione sia debellata e basta ?
  Capisco, inoltre, che non è certo la procura a dover rispondere, ma faccio appello alla vostra rinomata esperienza per capire meglio riguardo allo scioglimento del comune di Roma. Sempre il dottor Pignatone ha detto che rimane comunque una presenza pesante di cooperative con la giunta attuale, diversa da quella di Alemanno, ma comunque pesante: mi chiedo se la situazione attuale sia più o meno grave rispetto alla situazione di altri comuni che hanno avuto lo scioglimento in passato, per fare un confronto con gli altri comuni.
  Sul rapporto con i servizi segreti la domanda è già stata fatta.
  Vorrei anche dei chiarimenti sul furto del pc che c’è stato al comune di Roma, come riportano notizie di stampa.

Pag. 20

  ELISA BULGARELLI. Sarò brevissima, anche perché molte delle domande sono già state fatte.
  Mi associo, ovviamente, anch'io a tutti i ringraziamenti e ringrazio anche perché siete riusciti in una cosa quasi incredibile, nel senso che oggi ci siamo praticamente tutti in Commissione antimafia, come non è mai successo. Credo che questo sia l'obiettivo più grande che avete raggiunto: li avete fatti venire tutti qui in Commissione.
  Al di là delle battute, ho una domanda seria. Per quanto riguarda l'ATAC e la questione della stampa dei biglietti non ufficiali, falsi. Non si capisce se tutta questa vicenda sia solo un tentacolo che avete scoperto ora o se, invece, siccome sembra che avessero potere su tutto quello che succedeva a Roma, non possa essere collegata anche alla vicenda dei biglietti falsi, di cui tra l'altro non si è più saputo nulla. Se aveste notizie, al di là che le questioni siano collegate o meno, sarebbero gradite.

  PRESIDENTE. Do ora la parola al senatore Fazzone.

  CLAUDIO FAZZONE. Mi associo ai ringraziamenti. La mia è un semplice riflessione. Credo che tutte le domande rivolte siano importanti. Credo, però, che non dobbiamo commettere l'errore di utilizzare, noi politici, quest'indagine per cercare di scaricare addosso all'una o all'altra parte politica qualcosa di cui, invece, tutti siamo responsabili. Dovremmo intervenire affinché queste cose non avvengano più. Intendo tutti nel senso legislativo, di fare atti che possano evitare queste cose e che le persone che fanno queste cose possano realmente pagare in maniera forte.
  Bisogna andare fino in fondo, che la politica ci metta del suo e dia tutto il sostegno necessario per potervi consentire di andare avanti fino in fondo e fare chiarezza su queste situazioni, che non depongono bene per il nostro Paese e per il futuro dei nostri figli.

  PRESIDENTE. A conclusione delle domande, ne ho una da porre che può sembrare non centratissima. Siccome, però, domani saremo in missione a Latina, non vi chiediamo adesso di parlarcene, ma vorremmo capire se per caso esista un collegamento tra «mafia capitale» e i problemi, non piccoli, della provincia di Latina.
  Domani, esprimeremo anche la nostra solidarietà alla magistrata che è stata fatta oggetto di minacce. Vorremmo capire, però, se esista un'influenza anche in altre parti del Lazio o se ci sia un collegamento tra le mafie nella provincia di Latina e questa vicenda.
  Do ora la parola ai nostri ospiti per la replica.

  GIUSEPPE PIGNATONE, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. Nuovamente grazie a tutti per l'apprezzamento del lavoro che, ripeto e sottolineo sempre, è dell'intero ufficio, non solo dei magistrati, ma anche del personale amministrativo che, come in tutta Italia, presenta dei vuoti di organico assolutamente intollerabili, e quindi ogni mattina il primo problema è quello di far bastare quello che non basta.
  Vengo a una premessa di tipo generale che taglia in qualche modo alcune domande. Ovviamente, anzitutto questa è un'indagine parziale della procura di Roma, che episodicamente ha toccato, per esempio, vicende calabresi o siciliane. Aggiungo e ripeto che mi auguro sia un primo provvedimento giudiziario, certamente più importante nella misura in cui è stato contestato il 416-bis.
  Ho detto prima che oggi c’è il riesame, poi ci sarà un'altra udienza giovedì prossimo: è chiaro che aspettiamo con assoluta convinzione delle nostre ragioni, ma con attenzione, la decisione del riesame. Poi ci sarà certamente da una parte o dall'altra il ricorso per Cassazione, ma la novità della contestazione esige un ulteriore vaglio giurisdizionale anzitutto dal riesame. Ribadisco che siamo assolutamente convinti che l'episodio che ha originato l'ordinanza eseguita questa mattina è solo una conferma che non era neanche necessaria, ma la decisione spetta ai giudici.Pag. 21
  Questo serve a dire che, per esempio, sul CARA di Mineo non siamo in grado di dire assolutamente nulla. Noi avevamo letto nelle carte e voi sui giornali una serie di indicazioni che, appena riusciremo a fermarci cinque minuti, saranno oggetto di scambio formale con il procuratore Salvi della procura di Catania, ma più di questo allo stato non possiamo dire.
  Tornerà utile forse anche per qualche altra domanda dire che una parte, come ho detto all'inizio, è palesemente irrilevante – per semplificare, la vicenda di Rossi, Belen e così via, che mi pare siamo tutti d'accordo che non riguardi la procura e neanche la Commissione antimafia – mentre su un'altra bisogna fare accertamenti ulteriori per stabilire cosa sia reato, cosa non lo sia, cosa possa essere di interesse di altre autorità diverse dalla procura o meno.
  Come sempre in indagini di quest'ampiezza e con intercettazioni in corso, non ci si dovrebbe fermare mai in teoria, ma allora non si farebbero mai né misure cautelari né tantomeno processi. C’è, quindi, un momento in cui bisogna tagliare, chiudere. Abbiamo ritenuto che questo fosse il momento. Questa è la nostra richiesta ed è della fine di luglio, perché ormai riteniamo di avere sufficienti elementi per richiedere la cattura di questi e mettere uno stop perlomeno al vertice di quest'associazione, che non è una cupola.
  Bisogna capirsi, inoltre, con le parole. È un'associazione di tipo mafioso e non lo ripeto, ma ripeto che né questa né altre sono associazioni di tipo mafioso che possono controllare tutta Roma o anche spezzoni infiniti di Roma.
  Abbiamo individuato la presenza di quest'associazione in quei settori che sappiamo. Secondo me, è stata estremamente drammatica la presenza di appartenenti all'associazione e, comunque, di persone collegate in modo così stretto a Carminati e agli altri, ai vertici dell'apparato burocratico e amministrativo del comune di Roma per alcuni anni. Questo è cessato con il cambio di giunta.
  Ho definito pesante la presenza di Buzzi, perché è l'aspetto imprenditoriale dell'associazione, ma non è detto che debbano trarsi conseguenze su tutti quelli che hanno avuto a che fare con Buzzi. Mi pare che le sue cooperative raccolgano circa 1.200 persone, che saranno nella quasi totalità persone per bene, lavoratori seri. Molti sono detenuti che hanno compiuto un percorso di emenda, e quindi di riabilitazione sostanziale e non solo formale, poi però gli amministratori, Buzzi in primo luogo, secondo me sono dei delinquenti.
  Dal punto di vista penale, dobbiamo stabilire se l'amministratore «x», lasciando perdere di quale giunta sia, a quale partito appartenga, fosse consapevole di trattare con un criminale o meno; se abbia preso soldi o meno per svolgere il suo compito e le sue funzioni; se abbia turbato gare, perché ci sono diverse contestazioni. Ovviamente, le valutazioni politiche sono altre. Credo di avere così risposto anche alla prima domanda dell'onorevole Garavini sullo spartiacque Alemanno-Marino per tutto quello che avevo detto.
  In questo procedimento, Mokbel è indagato per intestazione fittizia di beni, quindi l'articolo 12-quinquies della legge 7 agosto 1992, n. 356. La procura aveva chiesto la misura cautelare, il giudice ha rigettato solo questa e un'altra misura, non perché abbia ritenuto carenti gli indizi di colpevolezza, bensì perché ha ritenuto carenti le esigenze cautelari perché il fatto risaliva ad alcuni anni fa. Per altro verso, Mokbel è stato condannato a una pesante pena detentiva – non ricordo precisamente, forse nove anni o anche di più – per riciclaggio, con l'aggravante dell'articolo 7, per il processo cosiddetto Fastweb.
  Se ci fossero tracce di Carminati nel processo Fastweb non sono in grado di dirlo con certezza perché non c'ero. Comunque, evidentemente, se c’è stata qualche traccia, è rimasta lì, e evidentemente da chi a suo tempo indagava è stata ritenuta irrilevante e non meritevole di sviluppo.Pag. 22
  Non ci sono in quest'indagine riferimenti particolarmente significativi al settore del gioco.
  Per quanto riguarda la raccolta di voti, invece, ci sono degli spunti che credo abbiamo messo anche nell'ordinanza, poi certamente nelle informative del ROS. Non sono stati tali secondo noi da contestare il reato di 416-ter. Dei «rapporti» Alemanno-Morelli potremmo parlare come ex procuratore e aggiunto di Reggio Calabria, ma sono carte che la Commissione certamente...

  ENRICO BUEMI. Era stata notificata a qualcuno ?

  GIUSEPPE PIGNATONE, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. Il processo, in realtà, è della DDA di Milano, con carte acquisite a suo tempo sia dalla DDA di Milano sia trasmesse da noi come procura di Reggio all'epoca, nell'ambito di una collaborazione che continua a essere per me motivo di orgoglio.
  Non ci risultano in quest'indagine contatti dei nostri indagati attuali con le vicende connesse alla proposta di scioglimento del comune di Fondi. Peraltro, torna ancora una volta il problema dello stacco temporale. Quella è una vicenda di diversi anni fa. Abbiamo detto che le indagini sono cominciate a fine 2011 e quelle più incisive in epoca successiva.
  Il senatore Giarrusso accredita troppo la mia persona e il mio arrivo. Non è vero che si sia deciso di non sparare più a Roma. A Roma, in realtà, c’è un numero di omicidi commessi sostanzialmente basso, che negli ultimi anni è obiettivamente diminuito, perché i numeri sono numeri. Con circa 30-32 omicidi all'anno, come era nel 2010, nel 2011, su una città di oltre tre milioni di abitanti, secondo me siamo a livelli statisticamente quasi insignificanti.
  Aggiungo che di questi circa 30 o 32 omicidi, anche dove non è stato scoperto giudiziariamente l'autore, che comunque in molti casi è stato denunciato, di cui è stato individuato il contesto, la grandissima parte non è riconducibile alla criminalità organizzata, ma piuttosto a contrasti di tipo individuale.
  Sono, invece, convinto, come ho dichiarato in varie sedi, e possiamo citare qualche intercettazione anche antecedente al mio arrivo a conferma di questo, di una consapevolezza diffusa di tutte le organizzazioni criminali, mafiose e non, in primo luogo quelle dedite al traffico degli stupefacenti e a fenomeni di estorsione o usura, dell'opportunità, se non necessità, di evitare di richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica, quindi delle Forze di polizia, quindi della magistratura, commettendo omicidi o, in genere, delitti eclatanti. Credo che ormai questo appartenga al patrimonio comune di tutte le mafie e di tutte le organizzazioni criminali. È chiaro – non perché voglia contraddirla, tutt'altro – che, se c’è un'attività già più pressante di indagine, questa condizione, come spero, si rafforza ulteriormente.
  Per quanto riguarda la domanda del senatore Lumia sul 416-bis, ho appena detto che pensiamo di avere ricostruito in fatto una serie di condotte che rientrano perfettamente nella fattispecie. Su questo siamo stati anche confortati in questi giorni da una serie di interventi di dottrina autorevole – il professor Fiandaca, il professore Visconti e il professor Musco, tutti di origine siciliana, il che da siciliano mi rallegra – a sostegno di questa ricostruzione, a parte altre opinioni che, venendo da magistrati, non voglio neanche citare, ma il procuratore nazionale antimafia, il dottor Cantone nella sua nuova veste. Di questo siamo convinti. Ripeto con tutta sincerità che credo sia anche importante proprio per la Commissione, più che per noi, l'esito di questa contestazione. Mi permetto di aggiungere che ho avuto l'onore di far parte proprio della cosiddetta Commissione Fiandaca un paio d'anni fa – istituita dall'allora Ministro Cancellieri, che all'inizio ha continuato i suoi lavori anche con il Ministro Orlando – che si è posta, tra i suoi temi e problemi, se proporre una riformulazione del 416-bis, anche alla luce delle esperienze milanesi, piemontesi, del nord Italia, e di quel poco che allora ero in grado di Pag. 23sapere, prima, e di dire, poi, delle indagini in quel momento appena abbozzate. Allora la Commissione fece la scelta, che ho assolutamente condiviso, di lasciare tutto com'era e di vedere cosa la giurisprudenza avrebbe maturato in questi anni su questi nuovi fenomeni, obiettivamente diversi dalla mafia del 1982 o dalla ’ndrangheta anche attuale. Penso che sia stata una scelta saggia. Non sono uno entusiasta sempre di nuove leggi. Cerchiamo soprattutto di capire i fatti, perché fino a una settimana fa per tutti, per noi fino a un anno fa, per esempio un fenomeno come questo che abbiamo battezzato «mafia capitale», che ha caratteristiche assolutamente originali, certamente da nessuno poteva essere immaginato e tanto meno dimostrato. Sull'avvocato Dell'Anno siamo rimasti d'accordo che risponde il collega. Per quanto riguarda la vicenda Alemanno, abbiamo in qualche modo anche detto, perché ci è sembrato giusto per la rilevanza della questione, che c’è quella conversazione in cui si parla di denaro portato con le borse in Argentina, ma non c’è alcun riscontro su questo. Rientra anche questo in quel vasto mare di cose su cui, se possibile, bisogna acquisire più elementi pro o contro l'indagato, perché l'ex sindaco Alemanno è, come è noto, indagato in questo procedimento. Per quanto riguarda il riciclaggio, approfitto di quest'occasione per spezzare una lancia a favore di noi stessi, intendendo per noi stessi tutti noi. Vero è che i processi di riciclaggio sono molto pochi. In un convegno di un anno fa, un mio collega particolarmente esperto di questa materia, aveva fatto una ricerca che credo parlasse di una settantina di sentenze della Cassazione, di cui almeno la metà relative a un riciclaggio inesistente, il cosiddetto taroccamento delle auto e dei motorini. È anche vero, però, che una parte di questa assenza di processi per riciclaggio dipende dalla mancata incriminazione fino a questo momento dell'autoriciclaggio e non intendo parlare di questo, credo anche per il bene della Commissione...

  PRESIDENTE. (fuori microfono) Un'altra volta...

  GIUSEPPE PIGNATONE, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. Appunto. Vorrei fare una riflessione di tipo diverso...la mancanza di processi e di condanne per riciclaggio non significa che non c’è un'aggressione ai beni mafiosi. In realtà, la legislazione italiana, su questo molto sofisticata, consente, come tutti sappiamo – voglio solo ricordarlo per accenni – di aggredire i beni mafiosi in tanti altri modi, indipendentemente dal riciclaggio, che è difficile da provare, da un lato, per il problema dell'autoriciclaggio, dall'altro, per un problema oggettivo di prova, di distanza nel tempo, di elemento soggettivo. Con le confische, che sono tantissime, di cui avete i dati aggiornati, persino Roma è arrivata a 1,2 miliardi di euro in un anno, quindi figuriamoci le grandi procure del sud. Abbiamo vari strumenti, l'articolo 12-sexies della legge n. 356 del 1992, la confisca per equivalente per una serie di reati paralleli all'associazione mafiosa o di «mera» criminalità economica e amministrativa. Abbiamo le misure di prevenzione, sia quelle mafiose in senso stretto, sia quelle di cui rivendico di averle, come procura di Roma, messe in atto in modo significativo e importante in quest'anno e mezzo, pur essendo state introdotte – su questo il legislatore è stato più solerte di noi – fin dal 2008. Per i patrimoni illeciti, quindi, e quelli mafiosi in particolare, credo che obiettivamente dobbiamo dire che la legislazione ci offre gli strumenti per l'aggressione e credo che i risultati ci siano, dopodiché il riciclaggio ha tutte quelle difficoltà che sappiamo. Diotallevi – che ho visto che fa pure le interviste... c’è un'intervista su uno dei giornali di oggi – Diotallevi è stato sfiorato in qualche modo da quest'indagine, c’è la conversazione che tutti conosciamo in cui dice che il boss di cosa nostra è Totò Riina, secondo le regole auree di cosa nostra, che a Roma sarebbe lui, ovviamente con riferimento alle vicende di Calò, ma di fatto il vero capo a Roma è Di Carlo. Proprio per quello Pag. 24scrupolo di raccolta degli elementi probatori che abbiamo rivendicato nella richiesta, e che il gip ha accolto di fatto nella sua ordinanza, abbiamo ritenuto di dover adottare una valutazione particolarmente severa degli elementi di accusa. Crediamo, cioè, di essere stati estremamente rigorosi noi stessi. Pur avendo, quindi, un'intercettazione di questo tipo, abbiamo ritenuto che non esistessero gli elementi di prova sufficienti – ovviamente, non parlo di Totò Riina – né per Di Carlo stesso, con riferimento al 416-bis, né per Diotallevi. Secondo la nostra ricostruzione, esposta in trenta secondi, Di Carlo ha orbitato attorno a Carminati per un breve periodo di tempo, ma poi se ne è distaccato e ha continuato a fare affari e a intestarsi beni a prestanome per conto suo. Questo ha fatto sì che Diotallevi non è stato oggetto di misura cautelare in questo procedimento, mentre a Di Carlo è stato contestato ed è stato arrestato per intestazione fittizia di beni, aggravata dall'articolo 7. Ricordo, però, anche se andando a memoria non posso essere precisissimo, che Diotallevi è stato oggetto di misure cautelari l'anno scorso e anche di numerosi sequestri di beni che in passato aveva accumulato. Ci è sembrato giusto ricordarci di lui anche sotto questo profilo. Per quanto riguarda le domande dell'onorevole Fava... lei ha letto molto attentamente le carte: c’è la vicenda della giudice Sandulli, che è emblematica e che fornisce gli elementi per una parziale risposta alle sue domande. Buzzi ha un problema con la prefettura, deve fare ricorso, c’è questa dottoressa Sandulli e, in sostanza, sul quotidiano cittadino Il Tempo sono pubblicati degli articoli con cui è attaccata la Sandulli per un ipotetico contrasto di interessi. Non ci interessa il dettaglio. Non so se questo sia nelle carte che ha avuto occasione di leggere, ma è certamente nel mio ricordo che subito dopo lo stesso quotidiano pubblica una lettera, molto divertente seconde me, di Buzzi, il quale proprio su questa vicenda, evidentemente pubblicando su un quotidiano come Il Tempo di orientamento politico diverso dal suo, dice: «Premetto che io sono uno iscritto al PD e che rivendico la mia appartenenza alla sinistra, ciononostante [...]» e parla della vicenda Sandulli dal suo punto di vista, il che riconferma tutte le cose che abbiamo detto sui trasversalismi di questa vicenda e quindi della realtà che le indagini in qualche modo rispettano. Risponderei, quindi, alla sua domanda se ci sia una ricerca del consenso da parte di Carminati, e quindi del mondo criminale attorno a lui, una strategia di utilizzazione dei mezzi di comunicazione, che torna peraltro in qualche altra parte delle varie migliaia di pagine processuali, la risposta ovviamente è sì. La disponibilità del giornalista, per quanto riguarda noi, allo stato è soltanto un esercizio del diritto di cronaca; anzi, in questo caso, era una vicenda interessante, che peraltro è costata al giornale delle querele per diffamazione, perché la dottoressa Sandulli – lo ricordo perché è passata dal mio ufficio – ha presentato querela per diffamazione. Come ha ricordato lei, c’è poi un contatto attuato anche con modalità che i ROS descrivono dettagliatamente, abbastanza improntate alla massima cautela, e questo appartiene a quel magma su cui ancora dobbiamo fare accertamenti. Onorevole Mattiello, Matacena e Aracri in questo processo, che io sappia, non spuntano proprio. Per quanto riguarda la gestione di beni giudiziari a Roma, mi pare che in questo procedimento non ci sia qualcosa di specifico. Non rivendico di conoscere le 70 mila pagine...ma non mi pare che ci sia qualcosa di significativo. È, invece, significativo della pervasività, cioè della capacità di quest'associazione di pervadere gli ambienti più vari anche, come si direbbe in linguaggio giornalistico, insospettabili, il fatto che abbiamo disposto la perquisizione quale indagato di reato di un commercialista, tale Lausi, il cui nome di battesimo non ricordo, che ha avuto affidato da giudici e anche da sostituti della procura per quanto di competenza, cioè dall'autorità giudiziaria romana, numerosi incarichi in questi anni, ovviamente ritengo nella più totale buona fede. Gli incarichi sono stati revocati o sono in corso di revoca, com’è ovvio, ma sottolineo Pag. 25che è indagato, e quindi anche per lui la puntata prossima sapremo se ci sarà un'archiviazione o una definizione, invece, in termini più pesanti. Per quanto riguarda le numerose domande dell'onorevole Sarti, a una buona parte ho già risposto. Ha chiesto fin dove arrivassero i rapporti con il comune, con la politica, con la regione: allo stato, possiamo dire quello che è scritto nell'ordinanza, più le valutazioni che la Commissione può fare sulla base, invece, di tutte le carte a disposizione. Onestamente, non so dire nulla sui finanziamenti della regione cui ha alluso per raggirare l'assestamento di bilancio. Per quanto riguarda gli esposti, se siano stati fatti degli esposti, sono in corso indagini. Non sono in grado, ovviamente, di rispondere. Quanto a indagini su prefetture e Ministero dell'interno con riferimento a questo procedimento e alle vicende di questo procedimento, è chiaro che abbiamo chiesto e ottenuto la misura cautelare nei confronti di Odevaine per un'imputazione specifica, che è quella scritta. È chiaro, altresì, ed è evidente da tutto quello che è stato pubblicato dai giornali, dalle informative a disposizione dei difensori e, sostanzialmente, dell'opinione pubblica, che nella vicenda di Odevaine abbiamo preso proprio la punta dell’iceberg con quella contestazione di corruzione e forse di turbativa d'asta. Non ricordo con precisione, ma non credo che abbia importanza, visto che è agli atti. È nostra intenzione approfondire non dico l’iceberg, ma le parti del fenomeno che saranno di nostra competenza. Si ricollega a quello che ho detto all'inizio sul collegamento con Catania, che faremo appena avremo il tempo materiale. Sulla Metro C posso rispondere che c’è un'indagine in corso, che ha preso le mosse dagli accertamenti della Guardia di finanza, ma non soltanto da quelli, anche su incarico della Corte dei conti, ma prima ancora da esposti – forse non è esatta la definizione – del collegio sindacale. In ogni caso, c’è un'indagine approfondita sulla Metro C, che allo stato non ha collegamenti con questa. È un'altra indagine, però c’è ed è in pieno svolgimento. Per quanto riguarda lo stadio, invece, non c’è un'attività di indagine. La procura di Roma, perlomeno come mia scelta direttiva, non solo in precedenza, non apre fascicoli su base di notizie di stampa e di articoli di giornale, perché riteniamo che, come è stato detto forse già l'altra volta, ci faremmo strumentalizzare da Tizio o da Caio, da destra o da sinistra, dall'alto o dal basso. Chi vuole che ci sia un'indagine, fa un esposto. Per quanto riguarda i rifiuti, cito soltanto l'indagine di Malagrotta, che credo tutti conoscano in qualche modo in questa Commissione. Ci sono tracce soltanto, ma sono agli atti di questa ordinanza, perché ci sono stati appalti, gare dell'AMA, che formano oggetto di specifiche imputazioni e specifiche contestazioni che hanno determinato l'emissione di misure cautelari, e quindi non indugio. Il senatore Buemi dice che la mafia di derivazione politica è una novità. Anche in questo caso bisogna intendersi sulle parole e su cosa significhi derivazione politica. È certo che i capi di quest'associazione di tipo mafioso hanno tutti un passato politico significativo, naturalmente alcuni decenni fa. Con riferimento, invece, alla scelta di dialogare con una parte politica o con altre, ci appelliamo – parlo sicuramente anche a nome del dottore Prestipino – alle nostre esperienze: la mafia non ha particolari colori... Forse ne avevano molti decenni fa, ma da trent'anni a questa parte è diverso. Provenzano e Buzzi sono d'accordo. Di Buzzi ho citato poco fa che una cosa è la politica, una cosa sono gli affari. Provenzano non aveva problemi a trattare a Bagheria né con l'amministrazione democristiana né con le cooperative rosse. Di disponibilità di armi abbiamo le tracce nelle intercettazioni telefoniche o ambientali. Si parla di acquisto di armi, soprattutto destinate probabilmente ad attività di rapine; poi si parla di un piccolo arsenale di armi estremamente pericolose in possesso di Brugia, il quale in un'intercettazione dice anche di averlo nascosto in un determinato vano della sua villa. Naturalmente, nel momento in cui è stato arrestato Brugia, che ha una villa a Sacrofano accanto a quella di Carminati, è stata fatta Pag. 26un'accurata perquisizione ed è stato ritrovato il vano, ma non le armi. La cosa non meraviglia perché l'esistenza di queste indagini in un modo o nell'altro comunque era abbastanza nota da tempo...

  [voce fuori microfono].

  GIUSEPPE PIGNATONE, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. No. Ci sono state numerose indiscrezioni al contrario. Indubbiamente, ci sono anche appartenenti alle forze di polizia indagati. Qualcuno di questi episodi è stato ampiamente pubblicizzato dalla stampa. Qualcuno è andato a dire a Carminati, qualcun altro ad altri che erano sotto intercettazione. Per fortuna, questo stesso è stato intercettato, quindi dobbiamo desumere che l'informazione fosse quantomeno incompleta. Un'indagine di questo tipo, per esempio, ha inglobato procedimenti o pezzi di procedimento diversi. Tutto il procedimento che ha portato all'arresto di Mancini, quindi sulla vicenda Breda Menarini, è inglobato qua. Molte delle cose che oggi travasiamo in quest'ordinanza risalgono a quella storia, compreso il ruolo dell'avvocato Dell'Anno, su cui tornerà il collega. Siamo convinti, quindi, di avere la prova della disponibilità di armi, ma non le abbiamo fisicamente trovate fino a questo minuto. Speriamo di rimediare. Quanto ai servizi segreti, nel procedimento non abbiamo la prova di un contatto attuale di Carminati o di altri con i servizi italiani. C’è ed è stata ampiamente pubblicizzata anche questa, peraltro ritengo riportata nella richiesta nell'ordinanza, una lunga conversazione tra Carminati e una persona non identificata con certezza, in cui Carminati si abbandona un po’ ai ricordi e narra al suo interlocutore di quando, sicuramente alla fine degli anni Settanta, primi anni Ottanta, è andato in Libano, dice lui mandato da qualcuno – se è vero, non potrebbero essere che i servizi – a svolgere attività di vario tipo e natura, ma null'altro al di là di questo. Abbiamo questa traccia, che mi pare comunque insignificante. Poi c’è una serie di conversazioni qua e là nelle 70 mila pagine, in cui c’è una convinzione diffusa degli interlocutori di Carminati che lui mantenga questi contatti, ma questo è e questo abbiamo. Per quanto riguarda il Ministero, ho detto che non abbiamo esplorato i misteri di Roma con quest'indagine, ma tengo a dire che, per esempio, sul Ministero dell'agricoltura in particolare – poi prenderò conoscenza di quest'ulteriore risposta – abbiamo completato la fase delle indagini per l'AGEA, o meglio un frammento dell'attività dell'AGEA, con un'attività di indagine che ha avuto eco relativa sulla stampa, la quale ha accertato secondo noi, peraltro svolta in collaborazione con l'OLAF, e quindi con l'Unione europea, la falsità delle certificazioni anche informatiche di una parte consistente delle registrazioni relative ai contributi effettivamente erogati, a quelli che avrebbero dovuto essere recuperati e che non lo sono stati. Abbiamo contestato un importo di circa 20-22 – vado a memoria – milioni di euro. Naturalmente, abbiamo fatto la contestazione solo per gli anni per cui non è già decorsa la prescrizione. La cifra complessiva, secondo l'OLAF – ripeto che andare al di là della prescrizione è un lusso che non ci possiamo permettere – temo che sia molto più ampia e temo che l'Unione europea non terrà conto della nostra prescrizione. Una domanda interessante è quella sul vuoto di potere. Credo che questa tocchi al dottor Prestipino, altrimenti parlo io soltanto. Per quanto riguarda il confronto con gli altri comuni, è chiaro che non possiamo farlo su quello che c’è a Roma e quello che c’è altrove. Per quanto riguarda il furto di un personal computer il giorno stesso o all'indomani dell'esecuzione delle misure cautelari, abbiamo iniziato le indagini e, onestamente, non credo che abbiamo ancora le idee chiare. Per quanto riguarda l'ATAC, è in corso un'indagine che tocca vari aspetti, grazie a Dio tutti già largamente pubblicizzati. C’è un aspetto che spero possa essere definito abbastanza a breve, ossia la vicenda relativa all'ipotesi di responsabilità di alcuni amministratori in relazione ad alcune consulenze affidate e alla presenza di cospicui, significativi Pag. 27depositi di denaro a San Marino. La vicenda dei biglietti falsi, al di là di quello che può sembrare da notizie stampa, è di notevole complessità e la Guardia di finanza ancora non ha riferito. Della penultima questione, l'osservazione della presidente su Latina, parlerà il collega. Voglio solo ricordare le difficoltà enormi che comporta lavorare genericamente su Latina. Abbiamo ottenuto significativi risultati in materia di misure di prevenzione. Non vado alle citazioni a memoria, ma sono certamente significativi e serve anche un po’ di tempo, perché le indagini di mafia, anche se non sono su «mafia capitale», esigono il loro tempo. Mi permetto un'ultima osservazione, questa volta andando io al di fuori delle domande e delle sollecitazioni.

  ENRICO BUEMI. [voci fuori microfono]

  GIUSEPPE PIGNATONE, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. Ha ragione, è saltato nel mio elenco: del furto al caveau è stata acquisita agli atti la sentenza. I fatti sono, come lei sa, remoti. Tra l'altro, il processo fu curato allora nella fase delle indagini da un collega bravissimo oggi in servizio alla procura di Roma, il dottor Palazzi, ma fu trasferito e non seguì gli sviluppi successivi. La parte più suggestiva è il fatto che fu aperta non una colonna di cassetti, ma si aprì a scacchiera. Per questo, come si sa, Carminati è stato condannato con sentenza definitiva. Direi che tutte le suggestioni sono legittime. Alcune sono state espresse anche nell'informativa del ROS e, ovviamente in modo più velato, nei provvedimenti giudiziari. Non abbiamo trovato tracce nel corso delle attuali perquisizioni. È chiaro che teniamo conto della suggestione. Quello che mi permettevo di dire fuori dalle sollecitazioni ricevute è che questo è un processo di mafia, da un lato, e di corruzione, dall'altro. Di mafia abbiamo parlato, vista la sede, fino a ora. Quanto alla corruzione, naturalmente non mi permetto di parlare delle misure che il Presidente del Consiglio ha preannunziato e che peraltro non sono ancora varate, ma mi permetto di dire una cosa che ho detto già in altre occasioni, ma questa è una sede particolarmente autorevole. La mia non è assolutamente un'opinione particolarmente originale né isolata: insieme alle iniziative sulla prescrizione, sulla misura delle pene e così via, molti di noi ritengono che sarebbe estremamente utile una qualche forma di sistema premiale anche in questo campo. Il ragionamento, se volete banale, cioè banalizzato, data l'ora e la stanchezza – mia, perché parlo, e vostra, perché mi ascoltate – è che, se diciamo che la corruzione per l'Italia è un problema tanto quanto le mafie; se, come credo, si debba ammettere, nel contrasto alle mafie grandi risultati sono stati possibili grazie ai sistemi premiali, che semplifichiamo con l'indicazione di collaboratori di giustizia, forse una riflessione attenta, perché ovviamente è un tema delicato, ma anche qualche opportuno provvedimento legislativo, benché non sia per le nuove leggi à gogo, sono necessari. Se lasciamo intatto l'interesse comune e convergente di corrotto e corruttore di difendersi a vicenda, è tutto molto più difficile. Mi permetto, altresì, di dire in questa sede autorevole che, insieme alle norme di diritto sostanziale, per esempio l'aumento delle pene, variazione e così via, bisogna pensare, se si vogliono ottenere i risultati, che credo tutti auspichiamo, anche alle norme processuali. C’è un disegno di legge in fase avanzatissima in Parlamento sulle misure cautelari. Io non mi permetto minimamente di criticare. Già ho mosso una critica, che è stata in buona parte recepita dal Parlamento, cosa di cui ringrazio, ammesso che abbia un senso ringraziare l'organo supremo della legislazione. Dobbiamo, però, essere pure coerenti. Se, da un lato, si dice che non bisogna ricorrere alle misure cautelari e, dall'altro, si alzano le pene, è difficile mettere tutte e due le cose assieme. Chiedo scusa per l’ invasione di campo e, col permesso della presidente, lascio la parola al dottor Prestipino.

  PRESIDENTE. Prego, dottor Prestipino.

Pag. 28

  MICHELE PRESTIPINO, Procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma. In maniera rapidissima, vorrei ripartire dalle osservazioni che prospettavano il senatore Buemi e il senatore Mineo, che mi sembrano estremamente stimolanti sulle ragioni per cui definiamo questa mafia originaria oltre che originale. Credo che l'originarietà sia nel fattore di accumulazione del metodo mafioso. È lì l'originarietà. Siamo abituati a ragionare con le mafie che accumulano il potere di intimidazione sulla base del controllo del territorio e del controllo sociale, tanto che, se ragioniamo sulle cose siciliane e sulle cose calabresi, ci stupisce quando ci si trova di fronte a una famiglia mafiosa o a una cosca di ’ndrangheta che ha uno scarso legame col territorio, che non esercita un potere sul territorio o, addirittura, che non ha un suo territorio, ma che deriva il proprio potere criminale da altro che è il controllo sul territorio e il controllo sociale. Credo che l'originarietà sia proprio in questo, cioè nel fatto che questo gruppo, Carminati, i suoi, «mafia capitale» e così via, non hanno un controllo sul territorio, non sono egemoni su una porzione, fuor di possibilità, sulla città, ma nemmeno su una parte del territorio, su un quartiere. In questo senso, il modello mafioso evidenziato da queste indagini è completamente diverso da quello alla base della clan Fasciani, per il quale siamo già arrivati in sede di rito abbreviato a un riconoscimento e a una condanna per 416-bis. Lì quel modello si fonda su un controllo sociale e del territorio che è un contesto ben perimetrato, delimitato, che è quello di Ostia. Qui c’è un fattore di accumulazione che risiede altrove. Per questo ho detto che è estremamente stimolante. Alle osservazioni del senatore Mineo a me è venuto in mente – mi perdonerete la citazione – un bellissimo, forse l'ultimo, libro di Francesco Renda, storico siciliano, che ha studiato tantissimo la storia del nostro Paese, soprattutto un grande meridionalista, questo piccolissimo libro Liberare l'Italia dalle mafie, veramente molto bello. In un capitolo, si spiega cosa sia la mafia e, per farlo, racconta una cosa estremamente divertente, un incontro nel dopoguerra tra un capomafia dell'agrigentino, Nick Gentile, e Andrea Camilleri come lo racconta Andrea Camilleri, quindi ovviamente con tutta quella capacità di divertire. Per spiegare a Camilleri cosa sia la mafia, Nick Gentile gli dice che può farlo inginocchiare in due modi, o puntandogli una pistola o perché con la pazienza gli spiega perché anche a lui conviene inginocchiarglisi di fronte. In ogni caso, deve sapere che, alla fine, seppur con tutta la persuasione non si convince, lui è in grado di fargli male. Il meccanismo cui ricorre Renda, che ha strumenti intellettuali e culturali e non ha certo bisogno di ricorrere all'episodio divertente per spiegare una cosa così importante, è estremamente significativo. Ora, sappiamo che questo gruppo, che quest'organizzazione, pur non avendo un territorio, ha un suo contesto di operatività, trasversale, che riguarda gli affari, tante cose: ma c’è dubbio che, se Carminati chiede a un imprenditore romano di fare una determinata cosa, quell'imprenditore non sappia chi è Carminati, da quale mondo provenga, quale «forza in campo» sia in grado di dispiegare ? Credo che questa sia, da un lato, la ragione dell'accumulazione del potere mafioso. Qui ha sede una parte dell'accumulazione del potere mafioso, cioè in quel trascorso non c’è derivazione politica. Qui non è la Banda della Magliana o quegli ambienti dell'estremismo di destra che si mutuano e si trasformano in questa cosa. C’è, però, una radice comune con quell'ambiente rappresentata da un nome: in quel nome c’è tutto quel passato che di suo comporta uno dei fattori di accumulazione. L'altro fattore è il sistema relazionale che Carminati ha messo in piedi. Nel contesto perimetrato in cui opera quest'organizzazione, infatti, non c’è imprenditore che non sappia che in quel determinato periodo quel gruppo capeggiato da quel soggetto poteva vantare un sistema di relazioni e collusioni che poteva condizionare anche la sua capacità di stare sul mercato, di lavorare, di concludere lecitamente affari. Questo, ovviamente, intimidisce esattamente Pag. 29quanto può intimidire il fatto di sapere che quello è in grado, se necessario, di ricorrere all'uso della forza, della violenza. Credo che in questi termini siamo di fronte a una mafia originaria, che accumula cioè il proprio potere non più dal controllo sociale e del territorio, ma da quello che per le altre mafie è il jolly, un quid pluris: per questa, è un fattore di accumulazione del potere mafioso, del suo potere criminale. Credo che questo sia messo molto bene in evidenza da tutti gli elementi di prova e che su questo giochiamo con la verifica giurisdizionale la vera scommessa della tenuta della scelta di contestare l'articolo 416-bis. Quanto alla questione se, per aprire un esercizio commerciale ed esercitare un'attività economica a Roma, bisognasse chiedere il permesso a Carminati, ovviamente la risposta riflette la complessità e l'articolazione della situazione criminale che abbiamo su Roma. Non ci stancheremo mai di ripetere che Roma non è Palermo o Reggio Calabria, dove c’è un controllo ferreo su tutto il territorio, totalizzante, per cui c’è una divisione del territorio con famiglia, a zona, per cui ognuno sa a chi chiedere cosa. Anche da questo punto di vista, la situazione riflette la complessità di quello che opera sul territorio romano. Abbiamo delle zone in cui si verifica esattamente che, per aprire un'attività economica, ci si deve misurare con chi su quel territorio esercita un potere di controllo. Chiaramente, mi riferisco, come è emerso dal processo, alla situazione che abbiamo accertato ad Ostia. Viceversa, in altre zone non c’è questa necessità, nel senso che non c’è un gruppo che controlla in modo totalizzante e ferreo, fino addirittura a dover autorizzare l'apertura degli esercizi commerciali. Per questo stesso motivo, la neutralizzazione, da un punto di vista di operatività criminale, di questo gruppo determinerà sicuramente un «vuoto di potere», che però non può essere paragonato a quello che si ha quando su Palermo o su Reggio Calabria noi, forze di polizia, le procure della Repubblica e l'autorità giudiziaria effettuiamo delle operazioni con l'arresto di tante persone o, soprattutto, dei capi. Ricordo una delle ultime operazioni che abbiamo concluso quando ancora eravamo col procuratore a Palermo, l'operazione Gotha, in cui arrestammo 13-16 capi mandamento e altrettanti capifamiglia, scompaginando completamente l'organigramma dell'epoca di cosa nostra. Eravamo nel 2006: dell'11 aprile era l'arresto di Provenzano, di giugno era quest'operazione particolarmente efficace, incisiva, penetrante sulla struttura di cosa nostra e anche sul suo sistema relazionale, perché contemporaneamente fu arrestato un uomo politico palermitano molto influente, poi condannato, all'epoca assessore regionale, Giovanni Mercadante. All'epoca tutti si chiedevano cosa sarebbe successo a quel punto a Palermo, se cosa nostra, dopo un colpo di quel genere, avrebbe potuto riprendersi. Allora dicemmo che in quel momento non eravamo in grado di dirlo e che quello che sarebbe accaduto ci avrebbe detto cosa sarebbe successo. Quello che è successo dopo ci ha detto che, probabilmente, da quel tipo di operazione non si sono più ripresi, non c’è più la cosa nostra che c'era prima del giugno 2006. Soprattutto, due-tre indagini della procura di Palermo compiute dal 2008 fino al 2013 hanno messo in evidenza che il tentativo di ricostituire un organo di vertice di cosa nostra, di ridare una testa pensante a tutta l'organizzazione, al di là di singoli e frammentari capi, non capi, discussioni interminabili su chi comandi, su quanto conti Matteo Messina Denaro e così via, il tentativo di dare una governance a cosa nostra in termini ante 2006 è completamente fallito. A confronto di quella situazione, che abbiamo registrato in questi sette anni, dal 2006 a seguire su cosa nostra, penso che sia una domanda che non possiamo neppure porci su questa situazione e questo gruppo romano, proprio per le caratteristiche di complessità di cui dicevamo. Vengo all'avvocato Dell'Anno. Quando abbiamo eseguito l'ordinanza di custodia cautelare, abbiamo eseguito anche una serie di perquisizioni nei confronti per lo più di soggetti indagati in stato di libertà. Tra questi soggetti, c’è anche l'avvocato Dell'Anno, cui si faceva Pag. 30cenno e di cui si chiedeva, per il quale ovviamente sono in corso indagini e accertamenti. Il profilo indiziario che ne deriva, per quello che è emerso e che è assolutamente pubblico perché frutto dell'attività di perquisizione, è quello di un'attività, come dire, di fiancheggiamento che poco ha a che fare con l'attività tecnico-difensiva professionale, ovviamente un'attività di fiancheggiamento tutta da verificare, da accertare, perché le indagini preliminari servono a questo. Qui non è nemmeno in ballo il problema della presunzione di non colpevolezza, ma la funzione e lo scopo delle indagini preliminari, che servono a capire se nei confronti di un soggetto esistano le condizioni di fatto e di diritto per esercitare l'azione penale per un'ipotesi di reato. Siamo in questa fase. L'ipotesi investigativa forse più aderente è quella, appunto, di un'attività di fiancheggiamento, in particolare nel settore dell'acquisizione di informazioni e poi di diffusione verso questo gruppo, in particolare verso Carminati. Parlando di Latina, presidente, mi viene in mente una cosa che abbiamo spesso raccontato e detto quando ci chiedevano se in Calabria fosse difficile condurre le indagini. Ovviamente, chi non conosce la Calabria, non può capirlo. Siccome, però, qui ci sono onorevoli e senatori calabresi, capiscono perfettamente quello che voglio dire. Quando ci chiedevano che difficoltà ci fossero a lavorare in Calabria, a svolgere indagini in Calabria, partivamo, come si suol dire, da lontano, e cioè dal fatto che l'A3 non funziona, il sistema stradale non funziona, le ferrovie non esistono, un sistema di comunicazioni che definire critico è già un eufemismo. Perché dico questo ? Se dobbiamo parlare di Latina, devo partire dalla Pontina. Purtroppo, da quello dobbiamo partire, e cioè dalla difficoltà enorme di collegare materialmente e fisicamente la Direzione distrettuale antimafia, che ha a sede a Roma, a Piazzale Clodio, e le forze di polizia che operano nella città, soprattutto quelle specializzate nelle indagini di criminalità organizzata, con un territorio collegato ovviamente nel modo che vi ho detto e che tutti conosciamo. La prima difficoltà è esattamente questa. Questo richiede un grande sforzo, che devo dire abbiamo sollecitato. Pian piano, con tutte le difficoltà – tutti sappiamo che viviamo tempi in cui l'impiego delle risorse non è lo sport più facile – stiamo cercando di potenziare quelle forze di polizia, o almeno parte delle strutture di quelle forze di polizia, che hanno come compito istituzionale quello di svolgere la propria attività nei confronti della criminalità organizzata, che sul territorio di Latina e nella sua provincia, il cosiddetto basso Lazio, è profondamente presente e, se mi è consentito, direi profondamente radicata da tempo. Abbiamo incontrato anche un'altra difficoltà oggettiva. Per una serie di motivi collegati alla contestazione dell'articolo 416-bis, a una serie di altri fattori di carattere soggettivo e oggettivo, quelle forze di polizia che lavoravano su Latina erano abituate a interloquire con la Direzione distrettuale antimafia di Napoli e non con quella di Roma. Naturalmente, c’è stata una correzione di tendenza, anche perché abbiamo cercato, così come è stato fatto a Reggio Calabria, di creare collegamenti, funzionali soprattutto all'efficienza della risposta giudiziaria su un fenomeno gravissimo, e un coordinamento con la DDA di Napoli. Nell'ambito di questo coordinamento, quindi, e della situazione pregressa, stiamo cercando di dare un correttivo e superare questo tipo di difficoltà, che pure erano presenti. C’è ancora un tipo di difficoltà, che devo rappresentarvi, perché noi non possiamo tacere i fatti che costituiscono altrettanti punti di criticità, ma forse è qualcosa più di un punto di criticità. Vi racconto quest'episodio e vi chiedo davvero due minuti di pazienza in questo senso. Un signore presenta una querela contro un altro signore...sono cose pubbliche processualmente, ma non di divulgazione mediatica. C’è il deposito degli atti. Parlo di atti giudiziari che sono depositati, ovviamente a disposizione delle parti. Nel lontano 2011, un signore presenta una querela per molestie, articolo 660, contravvenzione nei confronti di un altro signore, poi rimette la querela, dopodiché il signore indagato Pag. 31non accetta la remissione di querela spiegando che l'accetta se l'altro gli darà i soldi, perché gli dovrebbe 14 mila euro. Decidono di incontrarsi a Roma, s'incontrano: questo signore che doveva rimettere la querela va all'appuntamento e si trova di fronte tre persone, una delle quali indossa un giubbotto antiproiettile. Questo signore si spaventa, chiama i Carabinieri, che arrivano, trovano quello col giubbotto antiproiettile e lo perquisiscono. La sorpresa è che gli trovano addosso alcuni atti giudiziari e, in particolare, dei decreti di intercettazione della DDA di Roma appena fatti, quindi con attività di intercettazione appena iniziate, che lui aveva indosso con tanti altri atti, con altre cose... un personaggio un po’ particolare, perché aveva una tessera a suo dire, tutto da verificare, del Mossad, insomma un personaggio di questi folcloristici. Sentito su questo possesso, questo signore dice di essere collaboratore di un'importante società inglese, che si chiama Miciowsky, che fa intercettazioni telefoniche per conto dei servizi segreti, e di avere anche una ditta, anzi di essere anche in rapporti con una ditta di intercettazioni che opera su Latina. Ovviamente, a quel punto, dal 660 del disturbo alla quiete delle persone si passa ad altro...dal momento che veniamo avvisati del fatto che c’è questo decreto intercettazioni. Sentiamo le persone e scopriamo che c’è un signore che ha una ditta d'intercettazioni, che non è questo a cui viene trovato indosso il decreto, che gestisce quasi tutte le attività di intercettazione su Latina e non solo e che aveva ritenuto assolutamente lecito, opportuno, possibile e addirittura benemerito subappaltare il servizio dell'attività di intercettazione a questo personaggio con in tasca la tessera di Miciowsky, del Mossad e così via... Capirete che, quando decidiamo di fare delle intercettazioni e le forze di polizia che ce le chiedono ci dicono che lavorano lì, sono lì, lavorano con una determinata ditta, fino a prova contraria, ovviamente la DDA, se ci sono i presupposti, chiede al giudice di fare il decreto. Sempre se ci sono i presupposti, il giudice lo concede. Se, però, il decreto finisce nelle mani di Miciowsky, ovviamente non possiamo fare le indagini. Che indagini sono queste ? Si può pensare che questa sia una barzelletta, un caso isolato. Purtroppo, non lo è. Devo rappresentarvi questa difficoltà, cioè che ci sono zone territoriali in cui la compenetrazione, per dirla in termini eleganti, tra interessi diversi è tale per cui difficilmente un'attività di intercettazione durerà più di 30-40 giorni senza che l'interessato sia in qualche modo da qualcuno avvisato. Le indagini di mafia senza intercettazioni sono veramente impossibili, non si possono fare. L'indagine cosiddetta Mondo di mezzo senza intercettazioni non sarebbe esistita. Senza intercettazioni non sarebbe esistita Crimine, non sarebbe esistita la cattura di Provenzano, non sarebbe esistito Gotha, che neppure sarebbero partite. Queste sono tutte oggettive difficoltà che, ovviamente con la collaborazione dei vertici delle forze dell'ordine, sia territoriali sia provinciali sia regionali, di tutte le forze dell'ordine indistintamente, stiamo cercando di ovviare e di superare. Questo, però, rappresenta insieme a tutti gli altri un grossissimo problema. Ciò nonostante, devo dire che siamo riusciti a ottenere anche in quella realtà due o tre grossi risultati, a mio avviso di importanza significativa. Abbiamo avuto due sentenze di condanna per 416-bis nei confronti, da un lato, del gruppo Tripodo, per cui parliamo di ’ndrangheta di Reggio Calabria, dall'altro, di gruppi di matrice camorristica, Schiavone-Noviello, cui è stato contestato il reato di associazione mafiosa per aver organizzato dei gruppi sul territorio del basso Lazio. Queste sentenze hanno riconosciuto quest'impostazione, gli imputati sono stati condannati per 416-bis in primo e secondo grado. A ottobre 2014, mi pare il giorno 29, è passata in giudicato anche la seconda sentenza. Abbiamo, quindi, già due sentenze passate in giudicato sulla possibilità, che è molto importante – molto importante – di configurare il Pag. 32416-bis sul territorio della provincia di Latina nei confronti di soggetti che, ovviamente, hanno collegamenti funzionali, da un lato, con la ’ndrangheta e, dall'altro, con alcuni gruppi importanti di camorra. Come poi già accennava il procuratore, contemporaneamente è stata eseguita una serie di misure di prevenzione patrimoniali, tra cui mi permetto di ricordare quella nei confronti del clan Mallardo, per cui abbiamo già ottenuto la confisca in primo grado, quindi a giugno 2013 sequestro e successivamente confisca. I componenti del clan Mallardo sono stati, quindi, privati di un patrimonio immobiliare di oltre 170 unità tra Latina, Napoli, Caserta e così via, di alberghi, ristoranti e undici società. Analogo sequestro, sempre nel luglio 2013 è stato disposto nei confronti dei componenti del clan Ascione, sempre gruppo di camorra napoletano. Nonostante tutto, quindi, qualche cosa si è realizzata. Come poi già sottolineava il procuratore, sono in corso numerose indagini, sia pure tra quelle difficoltà, già con richieste presso gli uffici competenti.

  PRESIDENTE. Vi rinnovo i nostri ringraziamenti. Siccome il nostro lavoro andrà avanti e andrà avanti anche il vostro, avremo modo di incontrarci nuovamente e con grande piacere da parte di tutti, ci auguriamo anche per l'utilità del nostro lavoro comune.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 17.15.