XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 139 di Venerdì 17 novembre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Lainati Giorgio , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti di Fish – Federazione italiana per il superamento dell'handicap; Fiadda Onlus; ENS – Ente nazionale per la protezione e l'assistenza dei sordi; Articolo 21; Cartoon Italia; Forum nazionale del Terzo settore:
Lainati Giorgio , Presidente ... 3 
Falabella Vincenzo , presidente nazionale di Fish ... 3 
Lainati Giorgio , Presidente ... 3 
Falabella Vincenzo , presidente nazionale di Fish ... 3 
Callegari Giuliano , esperto di disabilità sensoriali ... 4 
Lainati Giorgio , Presidente ... 6 
Nesci Dalila (M5S)  ... 6 
Anzaldi Michele (PD)  ... 6 
Falabella Vincenzo , presidente nazionale di Fish ... 7 
Lainati Giorgio , Presidente ... 7 
Falabella Vincenzo , presidente nazionale di Fish ... 7 
Lainati Giorgio , Presidente ... 7 
Falabella Vincenzo , presidente nazionale di Fish ... 7 
Lainati Giorgio , Presidente ... 8 
Falabella Vincenzo , presidente nazionale di Fish ... 8 
Lainati Giorgio , Presidente ... 8 
Anzaldi Michele (PD)  ... 8 
Falabella Vincenzo , presidente nazionale di Fish ... 8 
Callegari Giuliano , esperto di disabilità sensoriali di Fish ... 8 
Lainati Giorgio , Presidente ... 9  ... 9 
Cotura Valeria , consigliera di Fiadda Onlus ... 10 
Cotura Antonio , presidente nazionale di Fiadda Onlus ... 10 
Lainati Giorgio , Presidente ... 12 
Nesci Dalila (M5S)  ... 12 
Anzaldi Michele (PD)  ... 12 
Cotura Antonio , presidente nazionale di Fiadda Onlus ... 12 
Anzaldi Michele (PD)  ... 13 
Cotura Antonio , presidente nazionale di Fiadda Onlus ... 13 
Lainati Giorgio , Presidente ... 13 
Anzaldi Michele (PD)  ... 13 
Lainati Giorgio , Presidente ... 13 
Anzaldi Michele (PD)  ... 13 
Lainati Giorgio , Presidente ... 13 
Cotura Antonio , presidente nazionale di Fiadda Onlus ... 13 
Anzaldi Michele (PD)  ... 13 
Cotura Antonio , presidente nazionale di Fiadda Onlus ... 13 
Cotura Valeria , consigliera di Fiadda Onlus ... 14 
Cotura Antonio , presidente nazionale di Fiadda Onlus ... 14 
Cotura Valeria , consigliera di Fiadda Onlus ... 14 
Lainati Giorgio , Presidente ... 14  ... 14 
Petrucci Giuseppe , presidente nazionale dell'Ens ... 15 
Del Vecchio Costanzo , segretario generale dell'Ens ... 15 
Lainati Giorgio , Presidente ... 17 
Del Vecchio Costanzo , segretario generale dell'Ens ... 17 
Nesci Dalila (M5S)  ... 17 
Anzaldi Michele (PD)  ... 17 
Lainati Giorgio , Presidente ... 18 
Petrucci Giuseppe , presidente nazionale dell'Ens ... 18 
Lainati Giorgio , Presidente ... 18 
Del Vecchio Costanzo , segretario generale dell'Ens ... 18 
Lainati Giorgio , Presidente ... 19 
Del Vecchio Costanzo , segretario generale dell'Ens ... 19 
Lainati Giorgio , Presidente ... 19 
Anzaldi Michele (PD)  ... 19 
Del Vecchio Costanzo , segretario generale dell'Ens ... 19 
Anzaldi Michele (PD)  ... 19 
Lainati Giorgio , Presidente ... 19 
Anzaldi Michele (PD)  ... 20 
Del Vecchio Costanzo , segretario generale dell'Ens ... 20 
Lainati Giorgio , Presidente ... 20  ... 20 
Parascandolo Renato , rappresentante di Articolo 21 ... 20 
Marincola Elisa , portavoce di Articolo 21 ... 22 
Borrometi Paolo , rappresentante di Articolo 21 ... 22 
Lainati Giorgio , Presidente ... 23 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 23 
Nesci Dalila (M5S)  ... 23 
Anzaldi Michele (PD)  ... 24 
Marincola Elisa , portavoce di Articolo 21 ... 24 
Anzaldi Michele (PD)  ... 24 
Marincola Elisa , portavoce di Articolo 21 ... 24 
Lainati Giorgio , Presidente ... 24 
Anzaldi Michele (PD)  ... 24 
Lainati Giorgio , Presidente ... 24 
Anzaldi Michele (PD)  ... 24 
Lainati Giorgio , Presidente ... 24 
Anzaldi Michele (PD)  ... 24 
Lainati Giorgio , Presidente ... 24 
Borrometi Paolo , rappresentante Articolo 21 ... 25 
Parascandolo Renato , rappresentante di Articolo 21 ... 25 
Lainati Giorgio , Presidente ... 26 
Parascandolo Renato , rappresentante di Articolo 21 ... 26 
Lainati Giorgio , Presidente ... 26 
Parascandolo Renato , rappresentante di Articolo 21 ... 26 
Anzaldi Michele (PD)  ... 26 
Marincola Elisa , portavoce di Articolo 21 ... 26 
Lainati Giorgio , Presidente ... 26 
Vanhollebeke Anne-Sophie , presidente di Cartoon Italia ... 26 
Lainati Giorgio , Presidente ... 27 
Vanhollebeke Anne-Sophie , presidente di Cartoon Italia ... 27 
Leone Donatella , segretaria generale di Cartoon Italia ... 27 
Lainati Giorgio , Presidente ... 28 
Leone Donatella , segretaria generale di Cartoon Italia ... 28 
Lainati Giorgio , Presidente ... 28 
Anzaldi Michele (PD)  ... 28 
Lainati Giorgio , Presidente ... 28 
Anzaldi Michele (PD)  ... 28 
Leone Donatella , segretaria generale di Cartoon Italia ... 28 
Anzaldi Michele (PD)  ... 29 
Nesci Dalila (M5S)  ... 29 
Leone Donatella , segretaria generale di Cartoon Italia ... 29 
Lainati Giorgio , Presidente ... 29 
Leone Donatella , segretaria generale di Cartoon Italia ... 29 
Vanhollebeke Anne-Sophie , presidente di Cartoon Italia ... 29 
Leone Donatella , segretaria generale di Cartoon Italia ... 29 
Lainati Giorgio , Presidente ... 29 
Leone Donatella , segretaria generale di Cartoon Italia ... 29 
Lainati Giorgio , Presidente ... 29 
Leone Donatella , segretaria generale di Cartoon Italia ... 29 
Anzaldi Michele (PD)  ... 30 
Lainati Giorgio , Presidente ... 30 
Leone Donatella , segretaria generale di Cartoon Italia ... 30 
Anzaldi Michele (PD)  ... 30 
Lainati Giorgio , Presidente ... 30 
Vanhollebeke Anne-Sophie , presidente di Cartoon Italia ... 30 
Lainati Giorgio , Presidente ... 30 
Vanhollebeke Anne-Sophie , presidente di Cartoon Italia ... 30 
Anzaldi Michele (PD)  ... 30 
Lainati Giorgio , Presidente ... 30 
Leone Donatella , segretaria generale di Cartoon Italia ... 30 
Nesci Dalila (M5S)  ... 30 
Lainati Giorgio , Presidente ... 30 
Maiorella Ivano , rappresentante del Forum del Terzo settore ... 30 
Lainati Giorgio , Presidente ... 32 
Maiorella Ivano , rappresentante del Forum del Terzo settore ... 32 
Lainati Giorgio , Presidente ... 32 
Maiorella Ivano , rappresentante del Forum del Terzo settore ... 32 
Lainati Giorgio , Presidente ... 32 
Maiorella Ivano , rappresentante del Forum del Terzo settore ... 32 
Lainati Giorgio , Presidente ... 33 
Maiorella Ivano , rappresentante del Forum del Terzo settore ... 33 
Lainati Giorgio , Presidente ... 35 
Nesci Dalila (M5S)  ... 35 
Anzaldi Michele (PD)  ... 35 
Lainati Giorgio , Presidente ... 36 
Maiorella Ivano , rappresentante del Forum del Terzo settore ... 36 
Lainati Giorgio , Presidente ... 36

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
GIORGIO LAINATI

  La seduta comincia alle 9.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso, la trasmissione diretta sulla web-tv e, successivamente, il canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di Fish – Federazione italiana per il superamento dell'handicap; FIADDA Onlus; ENS – Ente Nazionale per la protezione e l'assistenza dei sordi; Articolo 21; Cartoon Italia; Forum nazionale del Terzo settore.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dello schema di Contratto di servizio tra il Ministero dello sviluppo economico e la Rai-Radiotelevisione Italiana Spa, per il periodo 2018-2022 (Atto n. 477), di rappresentanti di Fish – Federazione italiana per il superamento dell'handicap.
  Sono presenti il presidente nazionale, Vincenzo Falabella, e l'esperto di disabilità sensoriali Giuliano Callegari, che anche a nome dei colleghi ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Come convenuto dall'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, invito i colleghi a contenere il proprio intervento entro i cinque minuti.
  Do la parola al dottor Falabella, con riserva per me e per i colleghi di rivolgere a lui, al termine del suo intervento, e agli altri componenti di Fish, domande e richieste di chiarimento.

  VINCENZO FALABELLA, presidente nazionale di Fish. Buongiorno a tutti. Grazie per questa possibilità che ci viene concessa di entrare nel merito del contratto di servizio. Per questioni di tempo, avendo avuto il testo non più tardi di qualche giorno fa, ci riserviamo di presentare delle memorie.

  PRESIDENTE. Le chiedo scusa. Avevo dimenticato, presidente, di presentarle, oltre ai colleghi presenti, l'onorevole Anzaldi e l'onorevole Nesci, che è relatrice, e quindi è importante possa recepire con particolare attenzione le sue sottolineature, essendo l'altro relatore onorevole Lupi impossibilitato.

  VINCENZO FALABELLA, presidente nazionale di Fish. Spero di essere preciso e puntuale sulle difficoltà che abbiamo incontrato nel leggere il testo, se non altro in riferimento alle persone con disabilità, ma ancor di più alla condizione, se vogliamo definirla così, della disabilità. Faccio un piccolo inciso. Oggi, la disabilità non è una malattia, è l'interazione con l'ambiente esterno. Lo dice la classificazione funzionale della condizione di disabilità. Lo ribadisce la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.
  In questo testo, nella prima parte, nelle disposizioni generali, articolo 2, comma 1, punto b), le persone con disabilità non sono solo persone da raggiungere, ma devono essere persone incluse anche nel nostro sistema televisivo. Viene ancora data, purtroppo, in diverse e numerose trasmissioni Pag. 4un'immagine distorta e stereotipata, come quella di essere considerati malati, o supereroi in alcuni casi, o – permettetemi l'espressione – i poveri cristi della situazione, che magari non raggiungono la fine del mese o, per questioni di cronaca, devono essere portati all'opinione pubblica come qualcosa di diverso, diverso che cerchiamo da anni di superare. C'è un'attenzione particolare alla differenza di genere; c'è un'attenzione particolare al diverso orientamento sessuale: nulla di tutto ciò per quanto riguarda la disabilità. Le informazioni per le pari opportunità sono solo tra uomini e donne. Viene esclusa la condizione sessuale, nello specifico l'articolo 6, comma 2, punto g). Per gli altri, c'è il confino alla radio, in rubriche telematiche di particolare interesse sociale, come se la disabilità dovesse essere soltanto rappresentata in trasmissioni radiofoniche. C'è poi un piccolo, labile inciso sui minori con disabilità. Vorrei ricordare che questo è stato uno dei primi Paesi ad abolire le scuole speciali e a includere i nostri ragazzi all'interno delle scuole pubbliche. È un vanto per questo Paese all'estero, a livello internazionale, non solo come buona prassi all'interno del nostro territorio.
  L'articolo 9 è quello che riguarda la disabilità. È citata solo per quanto riguarda l'accessibilità, e qui torno a monte, all'apertura del mio intervento, quando parlavo di un cambiamento culturale, per cui la disabilità non deve essere considerata qualcosa di diverso. Quando si parla di disabilità, il tema principale non è soltanto l'accessibilità. Lo è, è parte integrante, ma la Convenzione ONU apre uno spazio di dibattito e di confronto culturale molto più ampio. L'articolo 10, comma 4, parla di volontariato, ma non c'è volontariato, ovvero la maggior parte dell’advocacy di questo Paese. Poi c'è un'attenzione particolare al comitato, articolo 22, che ha ridotto solo a sei membri la partecipazione allo stesso. Una volta erano dodici, e questo dava la possibilità al movimento delle persone con disabilità di potervi partecipare, di contribuire al cambiamento culturale presente nella nostra Convenzione ONU, che oggi è legge dello Stato (l. 18 del 2009). Vorrei ricordare l'articolo 4, comma 3, il «Nulla su di noi senza di noi», la partecipazione attiva laddove si parla di disabilità, del mondo delle persone con disabilità.
  Oggi, abbiamo due grandi federazioni, che rappresentano il 95 per cento del movimento associativo di questo Paese: Fish e Fiadda. Credo che queste due grosse realtà federali debbano avere un posto importante all'interno di questo comitato, che però deve funzionare. Siamo abituati, infatti, a istituire comitati, che però poi si riuniscono una volta all'anno. Sarebbe opportuno affidare compiti specifici, anche temporali, una cadenza delle riunioni e nelle indicazioni che questo comitato deve apportare, altrimenti finiremo per far «appantanare» il lavoro di confronto che a volte questi comitati riescono anche a produrre con grande sforzo.
  All'articolo 23, lettera h), si parla di standard dell'accessibilità. Qui entreranno nel merito anche le altre persone che saranno audite più tecnicamente per quanto riguarda l'accessibilità o le varie trasmissioni rese accessibili per i sordi o per i ciechi. Da un nostro studio, solo il 5 per cento delle trasmissioni televisive è accessibile alle persone con disabilità visive, ai ciechi.
  Infine, ma non ultimo, nella lettura sommaria che abbiamo potuto avere del testo, l'articolo 23, lettere o) e p), parla di dignità delle persone, ma si parla di monitoraggio unicamente per le donne. Tra l'altro, c'è una ridondanza tra le lettere o) e p). Alla lettera p), comma 2, c'è l'individuazione di un responsabile per la discriminazione solo per le donne. Credo che questo faccia compiere un enorme passo indietro anche non coinvolgendo e non ampliando il mondo della discriminazione su tutte le altre discriminazioni, citate persino nel sistema radiotelevisivo del lontano ormai – posso dirlo – 2007.
  Infine, che fine ha fatto il Segretariato sociale?
  Naturalmente, produrremo un documento cercando di essere dettagliati.

  GIULIANO CALLEGARI, esperto di disabilità sensoriali. È la prima volta che vengo qua, e sono molto emozionato. Vi Pag. 5ringrazio di questa possibilità di partecipare. Vengo innanzitutto come persona. Prima, nell'immaginario collettivo, l'idea che una persona sorda arrivasse qua a parlare con voi non era possibile, per cui diciamo che un grosso passo è stato fatto, enorme. Si è partiti da una disinformazione, in quanto ancora oggi la mentalità della persona sorda è circoscritta a un tipo di comunicazione, di sordità. Ho la possibilità di esprimere il mio pensiero e dire la mia su quest'atto del Governo. Ho dato una lettura a tutto, studiando anche gli anni passati, il 2013 e il 2010, e ho visto che prima c'era molto lavoro da fare. Sono stati fatti dei progressi, per poi ultimamente avere un calo della qualità dei sottotitoli. È vero che si parla della copertura dell'80 per cento, ma quando si parla di percentuale molto alta, bisogna anche fare riferimento alla qualità.
  Ieri sera, ad esempio, ho messo la pagina 777 per vedere Un posto al sole e non funzionavano i sottotitoli. A volte, anche con la partita dell'Italia, i sottotitoli erano sopra ed erano scritti in piccolo. Ultimamente, faccio molta fatica a vedere i programmi, che dovrebbero essere accessibili e fruibili. Attenzione, non dimentichiamo che qua parlo, sì, come persona sorda, ma parlo anche a nome di tutti, nel senso che il servizio pubblico deve essere il servizio di tutti, comprese le persone non vedenti e quelle affette da tutte le altre forme di disabilità.
  Il contratto è interessante in certi punti, ma mancano ancora delle cose da risolvere, per esempio per quanto riguarda la piattaforma digitale, in quanto il nostro Paese ancora oggi, nel 2017, ha il problema della banda larga, per cui un cittadino non può accedere ai servizi della televisione di Stato ovunque. Questo è un problema veramente grosso. È la prova che, prima di parlare di questo contratto, l'origine del problema è culturale, è un dato culturale. Ancora oggi, siamo indietro. I contratti precedenti, le mozioni precedenti parlavano di una televisione in rete, addirittura operatori Rai sono andati due settimane [audio incomprensibile] perché dobbiamo sempre guardare all'estero quando, come ha detto giustamente il dottor Falabella, il nostro Paese è stato il primo nell'inclusione? Anche a livello storico, il nostro Paese è stato quello che ha insegnato al mondo a costruire. Perché dobbiamo sempre guardare gli altri, quando dovremmo forse noi fare un confronto con le nostre risorse, le nostre capacità, e quindi sfruttare tutto questo per migliorare il servizio?
  Per far sì che ciò accada, ci vorrebbe una corretta informazione, una collaborazione. Giustamente, come ha detto il dottor Falabella, ci sono due grandi associazioni e persone che si occupano di tutto questo, in quanto le associazioni hanno una sensibilità e una capacità di occuparsi del problema, e sono disponibili a un confronto non una volta all'anno, ma più volte. Ci vorrebbe veramente una commissione che monitori la situazione.
  Per concludere sui minori, perché ancora oggi i bambini affetti da sordità e quelli non vedenti non possono accedere ai cartoni animati o a programmi per loro? Mancano, purtroppo, i sottotitoli, e quindi il bambino è discriminato, ed essendo minore non può rivalersi e affermare il suo diritto. Ovviamente, quando parlo di diritto, parlo anche di dovere, perché è ovvio che tutti abbiamo diritti, ma anche doveri, nei confronti della cittadinanza. Non bisogna riflettere su questo?
  Io ormai ho 36 anni, ma non ho mai visto un cartone sottotitolato fin da quando ero piccolo, anche se ai miei tempi erano molto più belli. È così ancora oggi. Mi dispiace dirlo, ma questo va risolto al più presto.
  In conclusione, va bene parlare di accessibilità, ma prima di parlare di questo, ripeto ancora una volta – purtroppo, le cose dette si dimenticano – l'importanza di un lavoro sulla cultura delle persone. La disabilità non può essere divisa tra pietismo ed eroismo. Ultimamente, viene distorta, come ha detto il dottor Falabella – mi dispiace dirlo, ma ha ragione – secondo una visione straordinaria, nel senso di aver fatto cose straordinarie, o quella di poveretti, con pietismo, di quelli che non ce la fanno, che vanno aiutati. Non è possibile. Bisogna trovare la strada nel mezzo. Tutto Pag. 6quello che viene fatto non è eroismo, ma una cosa normale, che va fatta in quanto l'inclusione è una priorità assoluta nel nostro Paese.

  PRESIDENTE. Posso dirle che non direi proprio che era emozionato. È stato molto chiaro e incisivo, e le sue parole, come quelle del presidente, chiaramente non ci lasciano indifferenti. Mi auguro che la sensibilità dei colleghi potrà contribuire alla soluzione delle problematiche che avete evidenziato, direi tutte semplicemente super giuste.
  Do la parola all'onorevole Nesci.

  DALILA NESCI. Più che sensibilità, è un nostro dovere agire in questo senso. Vi ringrazio per questo contributo, che per noi, che poi dobbiamo riportare la vostra voce, è importante, essenziale. Nonostante abbiamo poco tempo per lavorare a questo documento che arriva dal Governo, ci abbiamo tenuto ad avervi qui, con l'integrazione magari di memorie scritte, per aiutarci al meglio a modificare questo testo, sicuramente deficitario.
  La nostra attenzione come Commissione, ma anche come forze politiche che rappresentiamo, c'è sempre stata. Ovviamente, i riscontri non sono ottimali, visto quello che ci date proprio voi, che quotidianamente vi confrontate con alcuni deficit, défaillance della Rai.
  Siete stati auditi come associazione anche in Commissione affari sociali per un testo che stiamo esaminando proveniente dal Senato, per il quale siamo anche d'accordo sull'approccio un po’ anacronistico alle vostre e alle esigenze di tutta la popolazione italiana. Sappiamo bene che la disabilità dipende dal valore che la società e la cultura danno all'abilità di quel deficit. Per questo motivo, controlleremo sicuramente la percentuale di sottotitolazione. La monitoreremo, nel senso che deve andare sempre ad ampliarsi.
  Una cosa interessante – eventualmente, farò anche un'interrogazione se non riuscirò per le vie brevi ad avere quest'informazione dalla Rai – riguarda la qualità della sottotitolazione. Già c'è un primo problema di percentuale della sottotitolazione, ma ancor più grave mi sembra la qualità.
  L'obiettivo dello Stato in ogni sua declinazione è quello di rendere la persona autonoma e garantirle un'esistenza dignitosa. Lo dice la nostra Costituzione. Il servizio pubblico deve garantire quest'autonomia e quest'emancipazione. È per questo che sottolineo l'importanza proprio della sottotitolazione.
  Dagli incontri avuti anche con le vostre associazioni si comprende bene come ciascuna persona voglia in autonomia recepire il messaggio che arriva dall'istituzione, dal politico, ma anche da una fiction che preferite guardare. Vorrei che questo fosse attenzionato dall'azienda. Non è di minore importanza la modalità con cui viene appaltata eventualmente la sottotitolazione, o, se avviene all'interno della Rai stessa, questo va attenzionato. L'obiettivo del servizio pubblico è esattamente questo, non mediare le informazioni, non mediare i messaggi.
  Sapete che facciamo anche una battaglia molto importante sulla disinformazione, sulla parzialità a volte verso cui scivola non solo l'azienda Rai, ma anche altre televisioni private. Sono tutte battaglie di civiltà che vanno di pari passo.
  Possiamo solo ringraziarvi di essere molto più avanti di tanti enti e istituzioni che dovrebbero rappresentare il Paese tutto. Direi di non demordere e di continuare avendo fiducia che la Rai accoglierà le nostre modifiche al testo.

  MICHELE ANZALDI. Vorrei fare delle precisazioni.
  Anzitutto, vorrei scusarmi per il ritardo con cui hanno avuto il documento, ma voglio precisare che siamo vittime come voi, che l'abbiamo avuto in contemporanea e l'abbiamo letto coi problemi che avete avuto voi, anzi mi permetto di dire forse qualcuno in più, perché abbiamo la finanziaria al Senato.
  Inoltre, giusto per capire il nostro compito qui, vi riferisco quello che ci ha detto il Sottosegretario Giacomelli quando ce lo ha consegnato. Pag. 7
  Si tratta, come dice il termine, di un contratto, quindi è un accordo tra due parti, che hanno litigato, hanno trattato e alla fine lo hanno firmato. Tutte le sacrosante osservazioni che fate, le raccogliamo, cercheremo di farle nostre, ma arriviamo su un contratto che è già stato firmato. Non so come finirà, ma non sentitevi traditi o non compresi da noi per il risultato finale, sia chiaro.
  Vorrei poi chiedere, a lei che è rappresentante di un'associazione: quando ha un problema coi sottotitoli, avete un settore dedicato, un numero da chiamare? Mi sono imbattuto in questo problema per le Olimpiadi del 2016. Mi sono accorto che non erano sottotitolate e ho fatto, mi pare, un'interrogazione e un comunicato. Vorrei capire se per le cose che ha detto, come un sottotitolo scritto piccolo, avete un servizio, un numero di telefono, un dirigente dedicato da chiamare. Coi computer di oggi cambiare il carattere penso che sia abbastanza semplice.
  Non so poi se siete in grado di darmi un parere, ma ieri, parlando con altri colleghi mi dicevano che forse il servizio LIS è superato: avete cognizione di questo? Ci sono dei mezzi migliori per includere quelle categorie?

  VINCENZO FALABELLA, presidente nazionale di Fish. Parto dall'ultima domanda, perché più fresca, sul superamento della lingua dei segni.
  Da una parte, potrebbe essere superata nella misura in cui la sottotitolatura fosse di qualità, come diceva prima l'onorevole Nesci. Non è semplice utilizzare la sottotitolatura. Bisogna che sia di qualità.
  In questo caso, la lingua dei segni potrebbe anche essere superata, ma qui non si cerca di fare la battaglia alla lingua dei segni, visto che comunque questo il Parlamento sta arrivando all'approvazione di una proposta di legge proprio sul riconoscimento della lingua dei segni. Qui si tratta di dare accessibilità e la possibilità ai cittadini sordi di essere inclusi e di avere pari opportunità con tutti. Bene, quindi, la lingua dei segni, e bene, soprattutto, la sottotitolatura.
  È logico che oggi il grado di scolarizzazione dei nostri ragazzi, soprattutto i ragazzi sordi, è molto più elevato rispetto agli anni passati. Di conseguenza, hanno la capacità anche di leggere il monitor, lo schermo, e quindi di avere quelle pari opportunità che tanto auspichiamo.
  Per quanto riguarda la possibilità di manifestarlo immediatamente, laddove la sottotitolatura non è di qualità, non c'è un numero verde. Prima, c'era il Segretariato sociale Rai, con il quale potevamo intraprendere dei confronti e cercare di intervenire sulle criticità. Oggi, con il venir meno del Segretariato sociale Rai, credo che aumenterà questo divario tra le difficoltà che incontrano i cittadini e come rappresentarle all'interno del nostro sistema televisivo. Forse, dovremmo incidere in maniera significativa su queste commissioni che il contratto prevede.

  PRESIDENTE. Scusi se la interrompo, presidente, ma come mai è venuto meno il Segretariato sociale? Che cos'è successo? Non c'è più come interlocutore?

  VINCENZO FALABELLA, presidente nazionale di Fish. Onestamente, non sappiamo che fine abbia fatto il Segretariato sociale Rai. Oggi qui non lo vediamo. Non sappiamo se sarà riconfermato e quali saranno gli obiettivi che si deve prefiggere e portare avanti.

  PRESIDENTE. Non lo sente più come un interlocutore?

  VINCENZO FALABELLA, presidente nazionale di Fish. No. Giustamente, l'onorevole Anzaldi diceva che questo è un contratto che è stato sottoscritto, che è l'accordo tra due parti. Siamo pienamente d'accordo, ma credo che una televisione pubblica che deve dare pari opportunità a tutti i propri cittadini debba dare un'attenzione particolare all'aspetto della disabilità, che oggi qui stiamo evidenziando. Questa deve essere riconosciuta, al di là del contratto in sé e per sé.
  A me, ad esempio, piacerebbe – lo dico fuori da ogni logica – che all'interno delle Pag. 8trasmissioni televisive ci fosse una partecipazione molto più costante della disabilità, che non si parlasse soltanto di disabilità quando siamo in prossimità del 3 dicembre, per la Giornata internazionale, o quando c'è una ricorrenza, solo perché magari il Presidente della Repubblica ha incontrato un gruppo di persone con disabilità o delle associazioni. Mi piacerebbe che venisse pianificata nei programmi un'attenzione particolare a tutto il mondo della disabilità, ma fatta passare come normalità del nostro sistema. Questo è il vero cambiamento culturale.
  Concludo dicendo soltanto che non più tardi di qualche mese fa sono stato intervistato per una trasmissione televisiva registrata in Rai: poco prima che venisse mandata in onda, mi è stato comunicato che non poteva essere mandata in onda perché quella che rappresentavo della disabilità non era l'immagine del pietismo. Purtroppo, non stavo a letto. Purtroppo, l'intervista era avvenuta in un luogo elegante, e questo luogo elegante mal si conciliava con quello che la trasmissione doveva rappresentare della disabilità. Credo che la disabilità sia anche eleganza. Oggi le persone con disabilità sono cittadini di questo Paese.

  PRESIDENTE. La cosa che ha detto mi sembra di una gravità assoluta. Bisognerebbe capire come sia successa una cosa del genere.

  VINCENZO FALABELLA, presidente nazionale di Fish. Non l'ho denunciato, perché comunque credo che l’«offesa» ricevuta fosse talmente pesante da non meritare, a mio avviso, un'attenzione particolare, proprio per non dare enfasi a tutto questo. Sicuramente questo purtroppo è ancora oggi quello che la nostra televisione pubblica trasmette per quanto riguarda l'aspetto fondamentale che attiene alla disabilità.

  PRESIDENTE. A me sembra una cosa che non sta né in cielo né in terra.

  MICHELE ANZALDI. Questa è una cosa drammatica e gravissima, ma ricorderà che avevo tirato fuori questo problema in altre audizioni passate su un altro caso ancora più triste, quello delle cosiddette, come hanno titolato i giornali, «bellone». Ho chiesto, e sia le associazioni delle donne sia altre hanno confermato, dicendo che è vero che gli ospiti televisivi vengono scelti in maggioranza, per la parte femminile, per un appeal estetico, per la parte maschile, per una vis dialettica. Questo è un problema che c'è e che ogni volta ci viene confermato dalle associazioni di categoria e poi insabbiato. Lo vediamo ogni sera nelle trasmissioni.

  VINCENZO FALABELLA, presidente nazionale di Fish. In tutte le trasmissioni televisive viene data l'immagine del bello o della bella, dell'alto e biondo. È logico che le persone con disabilità nel corso degli anni si sono riconosciute persone – oggi, di questo si tratta – e di conseguenza non vogliono più essere fatte passare come qualcosa di serie B, di serie C o altro. È ancora vero, per quello che viene trasmesso in Rai, ma in tutte le televisioni, che o si è supereroi, per cui le Paralimpiadi fanno vedere questi fenomeni dello sport, sicuramente rispettabilissimi, o ci sono situazioni di estrema drammaticità. Nel mezzo esiste un numero considerevole di persone con disabilità che vivono la propria vita in maniera dignitosa. Credo che l'immagine debba passare attraverso la nostra Rai, perché la quotidianità di queste persone che vivono in maniera dignitosa la propria vita deve essere strumento di trasferimento di quello che è effettivamente oggi il mondo della disabilità, che non è soltanto il supereroismo e neanche la povera famiglia che vive la drammaticità della disabilità. Questo deve essere fatto passare, ma deve esserci il giusto equilibrio anche nelle cosiddette pari opportunità, che da tanto tempo cerchiamo di rivendicare e che la televisione deve far passare.

  GIULIANO CALLEGARI, esperto di disabilità sensoriali di Fish. Rispondo alle domande.
  Per quanto riguarda la lingua dei segni, il problema non è che ci sia o meno. Qui Pag. 9stiamo parlando di accessibilità per tutti. I sottotitoli rappresentano un'accessibilità per tutti, anche per persone che con l'età cominciano a perdere l'udito, quindi mettono i sottotitoli. È un discorso per tutti, non per una determinata categoria. Dico categoria, perché ci sono persone che vogliono essere riconosciute non come persone, ma per quello che hanno. Penso che questo sia non etico dal punto di vista morale. Sono laureato in filosofia e storia, e tutti i libri di grandi insegnano: pensa per te stesso, ma nell'ottica verso tutti. Alessandro Magno diceva che dalle mani di un singolo dipende il destino di molti. Quello che ho fatto prima è un discorso per tutti. Questo è il messaggio che deve passare. Se non lancio un messaggio per tutti, ancora oggi restano problemi, come una persona sorda che viene qua, ma si deve spostare un po’ a destra e un po’ a sinistra se dovesse parlare una persona a fianco: qui non c'è un'accessibilità per la persona sorda. Tornando all'inizio, è sempre un fenomeno culturale.
  Per quanto riguarda il numero verde, una persona sorda non può telefonare, a meno che non abbia un buon recupero, quindi una sordità medio-grave o, in molti casi, un impianto cocleare. Attenzione, io parlo, ma ho un'iperacusia bilaterale gravissima. Ci sono ancora persone che, per il fatto che parlo e gli altri parlano, dicono che abbiamo una sordità lieve, che non abbiamo problemi di comunicazione. Lo trovo estremamente offensivo nei confronti di tutte le persone sorde. Tutti i giorni non fanno che dire cose spiacevoli sui social network, i quali – mi dispiace dirlo – sono diventati i tribunali del presente. Non è giusto, questo. Più che altro, servirebbe un’e-mail o un numero WhatsApp diretto. È vero che una persona che ha problemi scrive a Rai, ma dopo quanto tempo rispondono? Passa per il segretariato, per quello, quello e quell'altro, o viene cestinata. Non penso di essere né il primo né l'ultimo a fare una protesta nei confronti della Rai.
  Per quanto riguarda i Giochi del 2016, andavano in onda di notte. Qui dice che il servizio va dalle 6 alle 24. Lavorare di notte, era questo il problema. La gente non sa quando parte il servizio, quando finisce. La gente non conosce il contratto Rai. La gente si ferma alla superficie.
  Sono d'accordo sulla trasparenza, se ci fosse trasparenza. Anche ad andare a leggere tutto il testo, penso che la gente cambierebbe opinione nei confronti della Rai, ma anche nei confronti di sé stessa. La gente, però, non fa questo, per la maggior parte. Si ferma al titolo. Hanno fatto un'indagine, ultimamente, sull'analfabetismo funzionale: ci si ferma al titolo, senza studiare, senza leggere. Se una persona con sordità, in questo caso, arriva qua e ha la possibilità di parlare di tale critica e autocritica, è perché ha studiato. Questa è un'altra barriera culturale. L'istruzione è alla portata di tutti. Quando c'è l'istruzione, un cittadino, vedendo un programma televisivo, ha la capacità di dire: sì, va bene; no, non va bene. Analizza, controbatte. Per creare un numero di servizio, è giusto che ci sa un contatto con le associazioni, le quali con la loro esperienza possono dare sostegno alla Rai, ma ripeto, non una volta all'anno, ma più volte.

  PRESIDENTE. Dottor Callegari, presidente Falabella, vi ringrazio molto, perché siete stati di una chiarezza che colpisce. Vorrei quasi scusarmi per le manchevolezze altrui, ma non risolverebbe il problema. Credo, però, che i colleghi che vi hanno ascoltato, coloro che poi prepareranno il parere della Commissione di vigilanza Rai sul contratto di servizio 2018-2022, sapranno sicuramente inserire le vostre richieste, alcune delle quali sono assolutamente atti dovuti, vorrei dire con molta chiarezza, e credo anche di interpretare l'opinione dei colleghi.
  Vi ringrazio molto della vostra presenza. Buona giornata.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dello schema di Contratto di servizio tra il Ministero dello sviluppo economico e la Rai-Radiotelevisione Italiana Spa, per il periodo 2018-2022 (Atto n. 477), di rappresentanti di Fiadda Onlus.
  Sono presenti il presidente nazionale, Antonio Cotura, e la consigliera Valeria Pag. 10Cotura, che anche a nome dei colleghi ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Come convenuto dall'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, invito i colleghi a contenere il proprio intervento entro i cinque minuti.
  Do la parola al dottor Cotura, con riserva per me e per i colleghi di rivolgere a lui, al termine del suo intervento, e agli altri componenti di Fiadda, domande e richieste di chiarimento.

  VALERIA COTURA, consigliera di Fiadda Onlus. Siamo stati già auditi nel 2013. Mi rammarica sapere che dal 2013 a oggi ci sono stati pochi sviluppi e che non c'è stato un incontro alla sede permanente della Rai. Questo ha fatto sì che i tempi si siano ulteriormente rallentati, quando invece c'è l'emergenza del tema dell'accessibilità della sottotitolazione in Rai per le persone sorde e non.
  Nel nuovo contratto Rai si prevede solo l'80 per cento, quando noi chiediamo che si debba raggiungere il 100 per cento. Capisco che ci vogliono altri investimenti, ma proprio questo è il punto. Nel contratto non si capisce come si investa economicamente sull'accessibilità. Perché dico questo? Abbiamo visto sicuramente aumentare il servizio di sottotitolazione dalle 6 alle 24, ma negli ultimi mesi c'è stato un calo della qualità del servizio, e questo è grave, è dannoso. Non può essere che stiamo facendo un passo indietro. Non voglio cercare il colpevole, ma bisogna fare un'analisi dei fatti e del modo in cui accadono le cose. Forse bisogna anche capire come procedono gli appalti, quali sono le ditte che si occupano della sottotitolazione, che può essere tramite la stenotipia o lo speakeraggio, ma è importante la qualità del servizio. Negli ultimi mesi, sta accadendo qualcosa inspiegabile. All'improvviso, i sottotitoli spariscono, saltano. È calato il livello del servizio. Questo non deve accadere.
  Ancora, nel nuovo contratto si prevede sempre nei tre canali generalisti, Rai Uno, Rai Due e Rai Tre, quando anche nell'ultima seduta del 2013, qui in quest'aula, avevamo detto di ampliare, di implementare anche su altri canali, i canali digitali, quelli diretti, in alta definizione, e soprattutto di vedere on line, in streaming. Magari ci si trova un momento fuori casa, non si ha un televisore o non si è in un luogo pubblico: si è costretti a uscire per vedere in diretta il telegiornale o un programma. Non è possibile che siamo ancora a questi livelli. È inutile... Ieri, mi sono messa a ripassare tutto, e vedo che stiamo a ripetere sempre le stesse cose, le stesse richieste, che non vengono accolte, le stesse osservazioni. Vedo nel 2013 proprio le stesse cose che torno a dire: aumentare il servizio dal 70 al 100 per cento; ampliare ad altri canali, ma anche un'altra cosa. Nel contratto si prevedono le audiovideoteche. Anche quello è importante. Si può dover studiare, aver bisogno di un ripasso: hanno diritto anche tutte le altre persone, con disabilità sensoriale e non.
  Quanto all'archivio storico dei sottotitoli, va valorizzato anche il lavoro dei video. Non nego che il lavoro dei video sia ottimo, ma ogni tanto ci sono interruzioni e lacune. Bisognerebbe proprio capire chi c'è dietro.
  Resta anche il tema dei minori, ancora una volta esclusi dall'accessibilità. I sottotitoli consentono loro un maggior apprendimento, un maggiore arricchimento della lingua, e soprattutto partecipazione, perché assieme agli altri bambini la presenza del sottotitolo è importante.

  ANTONIO COTURA, presidente nazionale di Fiadda Onlus. Non mi vorrei ripetere, ma sono molti contratti di servizio Rai che ci incontriamo per discutere.
  Penso che ci sia bisogno proprio di un cambio radicale. Ogni volta stiamo discutendo la percentuale giusta e la percentuale sbagliata. Siamo passati dall'analogico al digitale, e si sperava che la piattaforma digitale risolvesse ogni problema. Quello che manca, a mio giudizio, nella struttura Rai, quindi anche nelle predisposizioni di legge, è qualcosa di sostanziale. Altre reti televisive di Paesi europei hanno al proprio interno la struttura che crea i presupposti per l'accessibilità e poi li realizza. In Italia, abbiamo la Rai con un'unica struttura, che è Televideo. È troppo poco. Bisogna che Televideo venga rinforzato, in modo da Pag. 11creare e gestire autonomamente i servizi, piuttosto che ogni volta essere costretti a fare gare d'appalto sostanzialmente al ribasso di costi, con una riduzione di resa del servizio e una riduzione della qualità. Bisogna una buona volta che la Rai crei delle strutture proprie e si svincoli dal mercato del ribasso. Questa è un'esigenza dei cittadini, non solo delle persone sorde, ma di tutti quelli che fruiscono di sottotitoli. E non parliamo solo di sottotitoli. Una struttura che funziona bene crea accessibilità e fruibilità a tutto tondo. Non trascura i bambini, che sostanzialmente oggi o vengano osservati come fruitori di programmi addirittura con lingua dei segni – è successo – o non vengono presi in esame come cittadini in formazione. Quello dei media, invece, è uno strumento fondamentale.
  Faccio un collegamento con il Ministero dello sviluppo economico. Ho fatto parte del Comitato media e minori presso il Ministero dello sviluppo economico. Abbiamo lavorato con molte difficoltà, con scarsi strumenti, scarsi poteri. I media, in generale, e non solo le emittenti televisive, hanno bisogno di essere governati a tutela dei minori, non solo attraverso l'autodisciplina dell'emittente. Bisogna che lo Stato intervenga in modo serio per tutelare i minori, per esempio facendo funzionare con altri dispositivi di legge lo stesso Comitato media e minori, nato dall'idea di autodisciplinarsi solo delle emittenti più importanti. Il mondo della comunicazione è completamente diverso. Tuteliamo i minori.
  Quello che è scritto nel contratto di servizio Rai è veramente molto poco. Va discusso più a tutto tondo. Le tecnologie aiutano, e bisogna saperle sfruttare. Faccio un esempio molto banale. L'utilizzo del telecomando dovrebbe essere concepito, in accordo con le industrie e con la Rai, affinché sia esso stesso fonte di accessibilità. Immaginate come una persona cieca utilizza il telecomando. Dovremmo studiare insieme all'emittente che cosa proporre all'utente, questo e molti altri problemi, che riguardano le direzioni regionali, il palinsesto, la programmazione, i servizi televisivi offerti ai cittadini, e non solo televisivi, perché non c'è lo schermo generalista e basta. C'è tutto il digitale, tutto il Web, tutto quello che ci siamo detti altre volte, che è l'offerta complessiva della programmazione.
  Per confrontarsi su questi temi, servono i luoghi deputati a questo. Sono anni che non accade più di avere incontri diretti con i responsabili di nessuna direzione della Rai. Che si tratti del contratto o del palinsesto, non ci sono questi contatti. Molto tempo fa, invece, si riusciva ad avere incontri nella sede permanente Rai del Segretariato sociale, e ne facevamo dieci all'anno. All'occorrenza, si facevano anche interventi extra per ascoltare le proposte dai diretti interessati, che sono le persone con disabilità nel nostro caso, ma abbiamo sempre posto attenzione all'utenza in generale, perché lo strumento non è di secondo piano, ma caratterizza la cultura di un Paese, il modo di essere civile e di progredire, il diritto di cittadinanza.
  In questo contratto, quindi, mancano idee e mancano anche proposte. Due idee mi sento di proporre: creiamo una struttura all'interno della Rai che si occupi in primis di come risolvere i problemi di accessibilità, e non solo attraverso bandi. Ci sono le competenze, enormi competenze: perché non sfruttarle? Si sta sempre dietro ai discorsi della risorsa finanziaria, che è un bluff, una bufala. Le risorse finanziarie sono sempre poche o sempre molte secondo come vengono gestite. Ci deve essere il riguardo e il rispetto dei cittadini con disabilità, che tra l'altro in un'idea di progettazione universale non diventano più categoria. Il sottotitolo, per fare un esempio, non è per la categoria sordi, non c'è un concetto di categoria. C'è un criterio di universalità, un progetto universale, che va bene per tutti, udenti e non udenti, stranieri e immigrati, sordi e non sordi. Questo passaggio è un passaggio culturale importante. L'idea di avere l'obbligo di incontrarsi deve esserci, nel contratto, e non un battibecco o un'incomprensione tra il Mise, la Rai e gli altri istituti. Dovrebbe esserci sinergia, confronto. Che cosa propone la Rai, in sostanza? Ho sentito in un'audizione del 14 novembre in Commissione affari sociali che aspetta di avere un confronto Pag. 12 con il Mise per organizzare i tavoli. Non c'è sinergia. In realtà, la Rai può da sola, nei suoi luoghi, creare i tavoli, perché ne fruirebbe e capirebbe più cose. Dove sta la difficoltà per questi due di incontrarsi? Non andrebbe neanche enunciata, la volontà. Andrebbe realmente praticata, punto e basta. Mi fermo per qualche domanda.

  PRESIDENTE. In quest'audizione alla Commissione affari sociali chi c'era, per curiosità, a rappresentare la Rai? Il dottor Luppi. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  DALILA NESCI. Grazie per questo contributo. Sono anche felice che le due associazioni abbiano voluto essere rappresentate da giovani donne e uomini, che hanno dato contezza delle défaillance, delle deficienze della Rai nell'ambito dell'accessibilità. Abbiamo discusso anche prima della qualità della sottotitolazione. Ci sarà un'attenzione da parte nostra su questo, come sulla ricerca dei motivi per cui si arriva allo scadimento di questo servizio.
  Prima, l'altra associazione si è espressa sul comitato di confronto previsto all'articolo 22 del contratto. Il dottor Cotura ha detto che preferirebbe che ci fosse una struttura interna alla Rai che potesse monitorare effettivamente i traguardi e gli obiettivi dell'accessibilità. Personalmente, penso che a volte questi comitati appesantiscano un po’ le decisioni e poi la realizzazione di certi obiettivi, ma in conseguenza del fatto che entrambe le associazioni avete detto che si è interrotta l'interlocuzione con il Segretariato sociale, potreste anche voi specificare da quando nasce questa problematica e perché? In questo modo, capiamo anche come gestire eventualmente un'integrazione nel testo. Ieri, per esempio, abbiamo audito l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, l'Agcom, e anche loro sottolineavano la necessità di prevedere verifiche periodiche, ma anche di stabilire criteri e parametri appunto per verificare il raggiungimento degli obiettivi che lo stesso contratto di servizio cita nei primi articoli. Dovrebbe rientrarci il discorso che faceva lei, Cotura. In effetti, i princìpi e le volontà dovrebbero essere già assodati, ma vanno effettivamente enunciati. Dai princìpi generali iniziali, anche noi ci aspettavamo che negli articoli in cui si snodano le varie necessità si dessero riscontri più pratici, per garantire quegli obiettivi che erano già comunque enunciati all'inizio del documento.
  La Commissione di vigilanza Rai intende produrre un documento unitario per chiedere al Governo di modificare quel testo. Abbiamo sempre agito così in questi anni proprio per dare più forza all'operazione di controllo della Commissione. Dobbiamo fare in modo che il Governo le recepisca effettivamente. Peraltro, come ricordava la dottoressa Cotura, c'è il precedente che già nell'altro contratto ravvisava le stesse défaillance. Forse questo dovrebbe essere il momento in cui si passi a uno step successivo.

  MICHELE ANZALDI. Innanzitutto, voglio scusarmi, ma precisare che, almeno io e i miei colleghi, non abbiamo colpa. Sono rimasto molto colpito dall'intervento della dottoressa, che giustamente dice che ha fatto queste stesse osservazioni, precise, identiche, nel 2013. Da parte nostra non sono rimaste inascoltate, anzi, mi hanno colpito nel 2013 e mi hanno colpito oggi. Io, come i miei colleghi, siamo quelli che ci siamo accorti ad agosto che le Olimpiadi, nonostante le promesse, nonostante i soldi, miei e suoi, dati alla Rai, non erano sottotitolate. Hanno poi messo subito una toppa. Come l'altra volta, le faremo nostre e cercheremo di portare a casa qualcosa. Non le garantisco niente, ma non siamo noi che non l'abbiamo ascoltata nel 2013.
  Quanto al Segretariato sociale, fatto molto grave denunciato da quelli prima di voi, c'è ancora? È, quindi, ancora più grave la cosa, nel senso che ci sono dei signori pagati per fare quello, che non vi convocano e non fanno quello, è così?

  ANTONIO COTURA, presidente nazionale di Fiadda Onlus. Non si ritengono obbligati a fare questo, e quindi lo fanno in maniera formale. Non so in quale modo lo Pag. 13facciano. Una volta, quando c'era il dottor Carlo Romeo, ci riunivamo in viale Mazzini, non dico una volta al mese, ma dieci volte all'anno sì... Sì, due contratti fa. Ci si riuniva. Gli input erano tanti. Ricordo una riunione alla Rai di Milano perché c'era proprio un tema tecnico molto particolare, che ho citato prima, sull'uso del telecomando. Il telecomando accessibile può essere fatto in maniera intelligente, che già da solo fornisce soluzioni, piuttosto che costringere la persona con disabilità a inventarsi delle soluzioni o a rimanere...

  MICHELE ANZALDI. Se lei adesso col telefonino chiama, ha un numero e qualcuno le risponde?

  ANTONIO COTURA, presidente nazionale di Fiadda Onlus. Non faccio più il numero, perché so che non avrò risposte. Non ci provo nemmeno. Queste cose si concertano.

  PRESIDENTE. Dovremo farci dare il numero e fare una prova anche noi dopo. Vediamo che cosa succede.

  MICHELE ANZALDI. Se è così, ed è la quarta audizione, è di una gravità...

  PRESIDENTE. Assoluta.

  MICHELE ANZALDI. C'è un signore pagato per fare questo.

  PRESIDENTE. Personalmente, posso dire che conosco da tanti anni Carlo Romeo, ma appunto finché c'era lui so che era molto attivo quel segretariato. Mi rammarico di quello che lei rileva.

  ANTONIO COTURA, presidente nazionale di Fiadda Onlus. La proposta comunque è sostanziale. È chiaro che vogliamo i sottotitoli sempre, ovunque e comunque, non nelle fasce orarie ristrette, ma su tutta l'offerta di programma. Questo, anche se non è raggiungibile domani, deve almeno essere scritto. Continuiamo a scrivere ogni volta che c'è bisogno di sottotitolare fino all'80: perché? Fino a mezzanotte: perché? Sapete quanti programmi di importantissima cultura si fanno anche dopo mezzanotte? Se vogliamo dare importanza alla cultura piuttosto che all’audience e al numero di spettatori – perché una persona sorda non dovrebbe avere capacità culturali elevate e seguire i programmi anche nelle ore in cui l’audience è minore? – bisogna farci un investimento. Se la Rai esternalizza questi servizi, trova ovviamente l'impegno della ditta che offre il servizio con limitazioni orarie. Se, invece, la Rai si struttura con proprio personale, qual è la difficoltà a fare un investimento del genere? Ci si specializza pure, perché quel personale diventa sempre più specializzato, e quindi è anche in condizione di rendere servizi di qualità. Va proprio invertita la formula, secondo me, non a livello personale, ma come idea condivisa nel nostro mondo associativo, per il quale questi bisogni sono irrinunciabili. Servono un pizzico di buon senso e un po’ di investimento serio di tipo culturale più che finanziario.

  MICHELE ANZALDI. Sul settore sono molto ignorante, ma vedo che, quando ci capita di rilasciare delle interviste a Radio Radicale, immediatamente sul sito si trova sia l'audio sia una parte sottotitolata, non in grande italiano, ma sottotitolata. Ci sono meccanismi per cui adesso sottotitolare è molto più facile di come penso io?

  ANTONIO COTURA, presidente nazionale di Fiadda Onlus. Di tecniche di sottotitolazione ce ne sono alcune tradizionali, altre sempre più innovative. Quelle indispensabili alcune volte sono con l'operatore, lo stenotipista. L'altro operatore che diventa via via più bravo è anche il re-speaker, ma è una tecnica che rispetto alla stenotipia ha un lieve differenziale di tempo. Se il re-speaker non è proprio bravo, il tempo della sottotitolazione si allunga.
  La tecnologia moderna, cioè i software di riconoscimento vocale, oggi li usiamo tutti. Si prende il cellulare, l’iPhone, e si detta il messaggio piuttosto che scriverlo. È una tecnologia che procede con una rapidità tale che a livello domestico è già alla Pag. 14portata di tutti. Non si capisce perché a livello industriale non ci si possa fare un investimento serio. Un'azienda come la Rai è altro che un'industria. Maneggia bilanci di un certo rispetto, e un investimento in questo è un investimento di aliquote marginali di bilancio. Si tratta di compiere delle scelte. Le tecnologie progrediscono a un ritmo talmente veloce che bisogna solo decidere di farlo. Comunque, l'importante è utilizzare la migliore tecnologia disponibile, qualunque sia la resa. Sarà l'utente a scegliere tra la lettura labiale e il sottotitolo, quando è possibile. Dipende dal programma, dalle situazioni.
  Sui sottotitoli poi si può aprire un dibattito. Non è ancora stato configurato alla perfezione lo standard di sottotitolo ideale, e quindi ognuno che prende servizio, che magari vince una gara, si inventa una metodica. A volte, si può coprire lo schermo, altre volte si legge solo la lettera in maniera più precisa coi contorni. Il tavolo serve anche a questo, a confrontarsi sulla qualità non solo del ritmo e della sequenza dello scritto rispetto al parlato, ma anche sui colori, la nitidezza. Sono tutti dettagli tecnici che poi vanno riscontrati con i bisogni delle persone che fruiscono del sottotitolo. Il sottotitolo è l'argomento più importante per le persone sorde, ma a progettazione universale, come dicevo prima.

  VALERIA COTURA, consigliera di Fiadda Onlus. Ribadisco, sul discorso delle tecnologie, che sono quasi sicura che con la velocità di questi tempi si possa ampliare anche direttamente sulla piattaforma della Rai, anche poter vedere una replica perduta. Si può vedere tranquillamente on line, ma questo ancora non accade, ed è irragionevole che tutto dipenda da una mancata tecnologia.
  Come dicevo anche nelle precedenti audizioni, anche su questo si può investire e ampliare, fare bandi, progetti, con una valorizzazione anche del lavoro del Televideo. Magari una puntata in diretta si può curare anche dopo, perché se ne può fare magari lo speakeraggio. Si può correggere e mandarla anche su RaiPlay, ma questo ancora non accade.

  ANTONIO COTURA, presidente nazionale di Fiadda Onlus. Accade molto peggio, se posso dirlo. Un programma che viene visto e sottotitolato nella diretta, quando andiamo a cercare il replay compare senza sottotitoli: questo accade nella maggior parte dei casi. È una grave impreparazione. Bisogna investire e prepararsi su questo. In più, nella fase di replay con un intervento tecnico si potrebbe anche correggere quel tanto di errore che può dipendere dallo sfasamento di durata temporale della resa del sottotitolo.

  VALERIA COTURA, consigliera di Fiadda Onlus. È lo stesso anche per canali come Rai Premium, dove, da quello che ho capito, ci sono tutte le fiction già trasmesse nei tre canali generalisti. Già ce l'hanno sul Televideo: perché non metterli anche su Rai Premium o su Rai Cinema? Si può riprenderli da un'altra struttura, basta scaricarli. Non vedo tutte queste complicazioni. Ci si deve sempre fissare su questi tre canali, quando ci sono tante altre offerte. Posso capire che per Rai Storia serva la preparazione. Quando Rai Storia prepara i programmi, giustamente devono avere i testi. Per Rai Premium o Rai Cinema, però, sinceramente non vedo dove sarebbe il problema.

  PRESIDENTE. Così ostativo, certo.
  Signori, ringrazio a nome dei colleghi il presidente della Fiadda Onlus, Antonio Cotura, e la consigliera, Valeria Cotura e dichiaro conclusa l'audizione.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dello schema di Contratto di servizio tra il Ministero dello sviluppo economico e la Rai-Radiotelevisione Italiana Spa, per il periodo 2018-2022 (Atto n. 477), di rappresentanti dell'Ens – Ente Nazionale per la protezione e l'assistenza dei sordi.
  Sono presenti il presidente nazionale, Giuseppe Petrucci, il segretario generale, Costanzo Del Vecchio, e l'interprete LIS, Gionadab Crimito, che anche a nome dei colleghi ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione. Pag. 15
  Come convenuto dall'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, invito i colleghi a contenere il proprio intervento entro i cinque minuti.
  Do la parola al presidente Petrucci, con riserva per me e per i colleghi di rivolgere a lui, al termine del suo intervento, e agli altri componenti dell'ENS domande e richieste di chiarimento.

  GIUSEPPE PETRUCCI, presidente nazionale dell'Ens. Vi ringrazio di essere presente in quest'audizione, che è molto importante per quanto riguarda i servizi della Rai, non tutti ovviamente, ma Rai Uno, Rai Due e Rai Tre. Oltre a questi, ci sono Rai YoYo, Rai News e vari canali, che sono diversi. Abbiamo difficoltà in questi altri, non solo con Rai Uno, Rai Due e Rai Tre. Notiamo che non abbiamo la lingua dei segni in questi altri canali. Che cosa significa? Non vogliamo entrare nel merito di sottotitoli e lingua dei segni. Vogliamo soltanto un'accessibilità completa. Attualmente, non abbiamo quest'accessibilità, e quindi perdiamo molti contenuti della Rai.
  Per quanto riguarda i sottotitoli, li vorremmo un po’ più coerenti con i dialoghi. Anche magari in altre trasmissioni, come nei telegiornali, notiamo che tante persone anziane hanno difficoltà, perché questi sottotitoli scorrono in modo veloce. Per loro, è importante la comunicazione. Vediamo, per esempio, durante il periodo delle elezioni o durante il discorso del Presidente della Repubblica, che mancano queste informazioni, molto importanti. Fino adesso, la storia un po’ si sta ripetendo. Siamo poco soddisfatti in merito.
  Vorremmo più commissioni della Rai e far parte di queste commissioni, in modo da visionare anche questo. Tante volte, abbiamo richiesto sottotitoli, accessibilità. Se possiamo far parte di queste commissioni della Rai, vorremmo anzitutto chiederne di più.
  Inoltre, per quanto riguarda la qualità dei sottotitoli, i bandi di costo e qualità, se c'è un costo, abbiamo un danno: come possiamo fare questa comunicazione? Solo questo vorremmo chiedere.
  Leggiamo che è previsto l'80 per cento: nel 2018, a un livello di tecnologia molto avanzata, solo l'80 per cento? Ci meraviglia. Prima, era il 70 per cento, e ci andava bene, ma nella realtà è molto meno del 70 per cento. Adesso, siamo arrivati all'80, ma ci preoccupiamo che sia sempre la stessa cosa. Come presidente dell'ente, dico che vorremmo essere in questa commissione della Rai, così la sicurezza sarebbe maggiore.
  Non ho nient'altro da aggiungere.

  COSTANZO DEL VECCHIO, segretario generale dell'Ens. Grazie per averci invitati a partecipare a quest'audizione.
  Giudichiamo molto timido lo schema di contratto che oggi è pervenuto rispetto al contratto precedentemente in vigore. Non registriamo grossissimi passi in avanti. Per molti aspetti, è ancora insoddisfacente. Partiamo da dati statistici.
  Col vecchio contratto di servizio, la Rai prevedeva un'accessibilità alle reti generaliste del 70 per cento. Ora, premesso che abbiamo sempre contestato questo dato, dicendo che la Rai non ha raggiunto il 70 per cento di accessibilità dei servizi, ma pur prendendo per buono questo dato, riteniamo che nel 2017 per il prossimo contratto di servizio si debba raggiungere il 100 per cento dell'accessibilità. Su questo tema vi sono altre due problematiche.
  Si parla di accessibilità per le reti generaliste. Non è più sufficiente. Con l'avvento del digitale terrestre, è evidente che è necessario estendere l'accessibilità anche agli altri canali della Rai. Penso non solo ai canali dedicati all'informazione, ma anche a quelli dedicati ai bambini e all'esempio del presidente Petrucci, a Rai Yoyo. Una parte della popolazione, i bambini sordi, non può accedere alla programmazione che è dedicata loro, quando sulle reti generaliste ormai la programmazione dedicata all'infanzia è sempre una percentuale assolutamente più residuale. È una problematica che abbiamo sottoposto a quest'onorevole Commissione anche tempo addietro. L'abbiamo sottoposta alla Rai, ma a oggi non vediamo una risposta a queste problematiche.
  Vi è un problema poi sull'accessibilità anche sui servizi multimediali e sui servizi Web. Pag. 16
  I sottotitoli di un film per le reti generaliste, ad esempio, non sono ripetuti sulla piattaforma Web. È assurdo che ci siano altri competitor nazionali e internazionali che stanno facendo una battaglia sull'accessibilità sulle piattaforme Web, e la Rai, che è concessionaria del servizio pubblico nazionale, proprio sul Web si faccia battere da tutti. Questa sera possiamo vedere un film sottotitolato, ma se domani lo vediamo su RaiPlay non lo è. È un'assurdità. Questa è solo una parte delle nostre critiche.
  Proseguendo con le nostre osservazioni, riteniamo che vi sia un problema sull'accessibilità anche per quanto riguarda l'informazione.
  È prevista, nello schema di contratto, la sottotitolazione dei telegiornali sulle tre reti generaliste, ed è prevista in maniera generica la traduzione in LIS di almeno due edizioni su una delle tre reti televisive. Abbiamo chiesto specificamente che venga sottotitolata almeno un'edizione integrale del TG, possibilmente quella della sera, che è omnicomprensiva di tutte le notizie che si sono sviluppate nell'arco della giornata. Vediamo che la traduzione in LIS nei telegiornali è relegata soltanto alle edizioni short fatte a mezzodì o a metà pomeriggio. Per fortuna, le persone sorde hanno una vita lavorativa come tutti gli altri, e non tutti hanno la possibilità di vedere un telegiornale accessibile in LIS a mezzogiorno o a metà pomeriggio. Va bene che siano due le edizioni tradotte, ma abbiamo chiesto che almeno una di queste due sia svolta nel telegiornale completo.
  Quello che poi abbiamo chiesto – il presidente vi ha fatto più volte riferimento nel suo intervento – è la possibilità di istituire un tavolo di confronto permanente. Avevamo proposto che fosse composto da rappresentanti di quest'onorevole Commissione, dalla Rai e dalle associazioni maggiormente rappresentative delle associazioni dei disabili, in particolare quelle sensoriali, che hanno particolare interesse per l'accessibilità a questi servizi. Questa Commissione serve per istituzionalizzare un confronto che può essere propedeutico anche per i successivi rinnovi dei contratti di servizio. È evidente che, nel momento in cui andiamo a confrontarci con la Rai, questa, come è normale, in quanto parte interessata, tenderà a ottimizzare i successi o gli asseriti successi conseguiti, mentre chi, come noi, rappresenta la popolazione disabile sorda, evidentemente tende a sottolineare ciò che non va. Questa discrasia di dati e di opinioni, va ricomposta in un'assise ufficiale, nella quale ci possa essere un arbitro, o quantomeno attori che possano sondare queste opinioni e ricomporle, riportarle a questa Commissione. Questo è un aspetto al quale teniamo particolarmente. Riteniamo, diversamente, che, più che un dialogo, vi saranno dei monologhi, sia da parte delle associazioni sia da parte della Rai. La Commissione si trova a dover far sintesi tra queste opinioni, e purtroppo – lo dico col dovuto rispetto – non riesce a farlo nella maniera più opportuna, non perché non abbia capacità, ma perché evidentemente non ha il quadro generale delle informazioni necessarie per comporre questa sintesi.
  Concludo, così diamo la possibilità ai commissari di rivolgerci domande, se lo ritengono opportuno.
  Ritengo opportuno ribadire la necessità di estendere l'accessibilità anche alle altre reti della Rai, e non soltanto alle reti generaliste. Soprattutto – questa è un'altra cosa molto importante – ribadendo che l'80 per cento non è più sufficiente, quello che manca è la calendarizzazione. Quello che abbiamo chiesto sin dallo scorso contratto di servizio è la possibilità che siano calendarizzati e vi sia un organo controllore dei risultati conseguiti della Rai. Se diciamo che deve raggiungere l'80 per cento ma senza una calendarizzazione, ci troveremo tra tre o quattro anni a discutere dello stesso problema senza poter effettivamente verificare se la Rai abbia raggiunto quest'obiettivo.
  Porto due esempi importanti. Con buona pace della Brexit, il primo esempio è quello della BBC, punto di riferimento internazionale, che ha raggiunto il 100 per cento dell'accessibilità prevedendo la sottotitolazione di tutti i programmi e alcuni programmi ideati proprio in lingua dei segni per consentire l'accessibilità totale anche ai Pag. 17bambini e a quelle persone sorde che, appunto, preferiscono seguire i programmi in lingua dei segni.
  Porto anche all'attenzione di questa Commissione l'esempio della Francia, che ha un percorso che prevede una percentuale di accessibilità per tutte le reti, pubbliche e private.
  Porto questi due esempi perché, oltre a essere virtuosi, sono virtuosi anche nella realizzazione. Nessuno ha imposto agli operatori pubblici e privati di raggiungere questa percentuale tout court o nell'arco di un anno. Nel caso della BBC, si è fatto un percorso di dieci anni, quindi vi è stata una calendarizzazione per step; nel caso della Francia, è un discorso che parte un po’ più da lontano, dalla metà degli anni Ottanta, fino ad arrivare a una percentuale che si aggira quasi intorno al 100 per cento, ma comunque c'è una maggiore estensione dell'accessibilità, perché non è soltanto riservata ai programmi della televisione pubblica, ma anche agli operatori privati.

  PRESIDENTE. La ringraziamo anche per la sua chiarezza nell'evidenziare le problematiche che vi stanno a cuore. Vedo che avete contributi scritti. Qualora voleste lasciarli ai membri della Commissione, ve ne saremmo grati.

  COSTANZO DEL VECCHIO, segretario generale dell'Ens. Possiamo trasmetterli via e-mail.

  DALILA NESCI. Grazie per essere qui e per le memorie che ci invierete.
  Vi ho ascoltato anche in Commissione affari sociali. L'audizione qui è pertinente poi per realizzare quell'accessibilità completa di cui parliamo.
  Il testo arrivato dal Governo è sicuramente deficitario, e condivido i punti che avete evidenziato. Come Commissione di vigilanza Rai, proprio in un'ottica di responsabilità condivisa, ci teniamo a ottener un testo che migliori quello che viene dal Governo, sperando che poi vengano recepite queste segnalazioni. Non possiamo che denunciare anche noi le mancanze di questo testo già rispetto a segnalazioni che forse anche voi avete fatto nel 2013. Mi sembra interessante e anzi doveroso, approfondire le funzioni che può avere questo comitato di confronto previsto all'articolo 22. Non specificare funzioni e scadenze temporali creerebbe, secondo me, un ulteriore aggravamento delle procedure. Risulterebbe anche l'ennesimo organismo che non riesce a dare riscontri non solo a voi associazioni rappresentative, ma proprio al cittadino in sé.
  Mi permetto di dare questo contributo anche a voi, perché credo che le audizioni non debbano essere un recepimento passivo di posizioni legittime. Voi dite che è necessario un organismo istituzionale deputato a raccogliere queste richieste. Mi permetto di dire che questi organismi in teoria già esistono. Sono d'accordo con voi che mancano sicuramente di etica, di serietà. Sia il Governo sia il legislatore hanno tutti gli elementi per agire. Vado incontro alla vostra tesi. Voi siete stati più generosi nel dire che forse manca un quadro generale. In realtà, il legislatore e il Governo hanno questo quadro generale. Si tratta di una volontà politica di attuarlo.
  Anche delle percentuali, dell'80 per cento, immagino che dobbiamo discutere con gli altri colleghi. Parlare di una percentuale al ribasso rispetto alla totalità sembra una resa dello Stato rispetto alla regola che lo stesso Stato si è data attraverso la Costituzione, che parla di eguaglianza formale e sostanziale. Non dimentichiamo che, quando andiamo a declinare i diritti in percentuali e in risorse economiche, dobbiamo sempre fare fede alla visione che si è data questo Paese. Benché certe scelte economiche vadano a picconare certi diritti, il legislatore e i cittadini non devono rinunciare, e anzi sono battaglie continue quelle che dobbiamo fare, ognuno nell'ambito in cui lavora o svolge il suo mandato. Vi ringrazio di questo contributo prezioso.

  MICHELE ANZALDI. Raccolgo tutte le sollecitazioni della relatrice Nesci, ma ho due curiosità.
  L'audito ha detto che molte volte il servizio LIS del TG è troppo veloce. Sono i sottotitoli? Chiarito. Ci hanno poi segnalato che alcuni film sono sottotitolati e poi Pag. 18su RaiPlay non lo sono. Presidente, lo trovo grave, perché i sottotitoli servono anche a un'amplissima categoria che c'è in Italia, quelli che cercano di imparare l'italiano, esattamente come noi, che vediamo i film in inglese per cercare di imparare l'inglese. Come sappiamo, siamo per adesso una terra che accoglie tante nazionalità, quindi mi pare una questione da approfondire con molta attenzione.

  PRESIDENTE. Devo dire che ha veramente dato una sottolineatura molto interessante con quest'osservazione.

  GIUSEPPE PETRUCCI, presidente nazionale dell'Ens. Vi ringrazio per quello che è stato detto fino adesso.
  Per quanto riguarda l'80 per cento, vediamo come fare per arrivare al 100 per cento, ma dobbiamo pensare bene alla vita sociale. Da quando ci alziamo al mattino, per esempio, guardiamo la televisione: non possiamo accendere la radio, e la televisione non ha i sottotitoli. Mentre lavoriamo, tutti i giorni, i nostri colleghi parlano tra loro e tante informazioni di cui parlano non le abbiamo. Vorremmo vedere sul Web qualche informazione e non abbiamo quest'accessibilità. Anche di pomeriggio, finito il lavoro, torniamo a casa, ma magari c'è stato traffico, e quindi non troviamo per tempo l'edizione adatta a noi. Anche in chiesa non ci sono sottotitoli, non c'è la lingua dei segni. Andiamo al cinema, e non abbiamo i sottotitoli.
  Che cosa dobbiamo fare noi sordi? Tornare a casa e stare sempre a casa? Speriamo di vedere i film coi sottotitoli, speriamo che siano giusti, adatti. Come facciamo a vivere con l'80 per cento, che vita è la nostra? Siamo stanchi di vivere così. Per questo chiediamo di avere quest'attenzione. È un nostro diritto. Noi paghiamo le tasse come gli udenti: perché c'è questa differenza tra noi e gli altri? Vediamo la pubblicità, ma non ne capiamo il contenuto. Sono tante le cose che non comprendiamo, anche nel Parlamento.
  Per quanto riguarda i vaccini, io ho un nipote: che cosa devo fare? Tante cose non le so. Alcuni dicono di sì, alcuni dicono di no. Vado dal medico curante e dal medico non c'è l'interprete: che devo fare io come persona sorda? Provate a immaginare la nostra vita, il mondo senza una comunicazione: ci sarebbe la guerra. Se, invece, ci fosse la comunicazione, le guerre diminuirebbero. Questa è la nostra richiesta.

  PRESIDENTE. La ringrazio molto.

  COSTANZO DEL VECCHIO, segretario generale dell'Ens. Torno sul discorso dell'accessibilità sulla piattaforma Web. Abbiamo intavolato un discorso anche con la Rai, con l'ex Segretariato sociale, e ci è stato detto che vi è un problema da un punto di vista tecnico. Senza voler fare un discorso provocatorio, è ovvio però che, come lo superano gli altri competitor, può superarlo anche la televisione di Stato. È assurdo. Quantomeno la sottotitolazione dei programmi cosiddetti preregistrati, quindi film, telefilm e altro, potrebbe essere assolutamente possibile.
  Vi è un problema anche sul calcolo di quest'80 per cento per quanto riguarda le reti generaliste, poi vi è tutto un discorso da fare sulla cosiddetta comunicazione istituzionale. Le istruzioni al voto non sono tradotte in lingua dei segni e non sono accessibili. Le informazioni di approfondimento politico e culturale non sono accessibili. È evidente che vi è una parte della popolazione comunque esclusa dalla partecipazione attiva alla vita politica del Paese. Questo problema va risolto.
  Anche per quanto è contenuto all'interno di questo schema di contratto, si parla dell'80 per cento al netto delle sigle e delle pubblicità. Spero, immagino che nell'intenzione del legislatore volesse essere una misura virtuosa per mettere il netto dell'accessibilità sui contenuti che si vogliono vedere. Ragionando da udenti, si può pensare: «La pubblicità, non la voglio vedere. Se potessi vedere direttamente il programma che intendo guardare quella sera, farei volentieri a meno della pubblicità». Non è così. Le persone sorde non solo sono costrette a «subire» – lo dico in maniera simpatica – le pubblicità, che allungano l'attesa o interrompono il programma Pag. 19 che si è deciso di guardare una sera, ma hanno la difficoltà di non comprendere che cosa dicono. L'accessibilità dovrebbe essere davvero a 360 gradi. L'80 per cento dovrebbe inglobare tutto ciò che è trasmesso dai canali televisivi della Rai, oltre a considerare – ripeto – l'estensione anche alle televisioni non generaliste, sia per gli approfondimenti di trasmissioni politiche, sia soprattutto per la televisione dedicata ai bambini. A questo teniamo moltissimo. La popolazione dell'infanzia sorda è totalmente esclusa dal servizio pubblico radiotelevisivo.

  PRESIDENTE. Scusi se la interrompo, ma vorrei capire, perché non riesco a cogliere. Le televisioni commerciali, che, come sapete, sono lievitate e diventate centinaia a livello locale, molte anche a livello nazionale, come si comportano?

  COSTANZO DEL VECCHIO, segretario generale dell'Ens. Presidente, come si comportano? Se non c'è la televisione di Stato, il servizio pubblico a dare il segnale, chiaramente dicono molto banalmente: non lo fa la Rai, perché lo dobbiamo fare noi? È questo il problema.
  In realtà, vi è anche un problema di acquisto dei programmi. I cosiddetti cartoni animati, senza entrare in quel mare magnum – ce ne sono varie tipologie – quelli di nuova concezione sono costruiti, progettati e disegnati già accessibili. Il problema vi è per tutto il vecchio. Abbiamo una serie di programmi purtroppo non più accessibili. Soprattutto per l'infanzia, senza fare nomi di particolari cartoon, ma quelli più seguiti dai bambini non sono accessibili per i bambini sordi. Anche per l'inclusione sociale, quando il bambino va a scuola – può sembrare una banalità, ma chi ha figli sa che non lo è – e vede lo zainetto con il personaggio del cartone animato, è un elemento di inclusione per poter parlare tra bambini. Tra il bambino sordo e il bambino udente, oltre alla difficoltà di poter interloquire, perché uno è sordo e l'altro è udente, vengono a mancare gli elementi di conversazione.
  È un problema, al quale speriamo che questa Commissione e il Governo possano dare una risposta, che non può essere più attesa.

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola all'onorevole Anzaldi, che vuole porre una domanda, vorrei inserirmi, se me lo consentite, rilevando che negli ultimi dieci anni il nostro Paese è diventato uno dei maggiori produttori di cartoni animati anche di alta qualità. Questo dovrebbe tramutarsi, come diceva giustamente lei e come ha sottolineato il presidente, nella realizzazione di prodotti già dotati di quelle necessarie forme di comunicazione.

  MICHELE ANZALDI. Ho una curiosità. Sono interessato alla parte sulla pubblicità, che non viene tradotta. Queste osservazioni, le avete fatte alle categorie che vendono la pubblicità? Essendo voi dei possibili clienti...

  COSTANZO DEL VECCHIO, segretario generale dell'Ens. No, non abbiamo intavolato un discorso. Bisognerebbe intavolare un discorso con tutti gli operatori che intendono fare pubblicità. Il problema è istituzionale, a monte. Io, che sono concessionario del servizio pubblico radiotelevisivo, devo mettermi in condizione... È un costo. L'azienda fa questo tipo di discorso: è vero che, potenzialmente, ho maggiori clienti, ma devo vedere quanto mi costa sottotitolare o rendere accessibile quella pubblicità. Il costo è certo, per renderlo accessibile; i clienti rimangono potenziali. È lì che deve intervenire il servizio pubblico, dicendo che intanto il servizio va fatto accessibile a tutti. Se poi c'è un ritorno in termini di clientela, buon per l'azienda.

  MICHELE ANZALDI. Determinati sponsor sono ricchissimi. È chiaro che, se dico alla Rai che sponsorizzo qualcosa, che per questo do tot, ma la voglio anche in questo linguaggio, va in automatico. Per questo dovreste segnalarglielo.

  PRESIDENTE. L'onorevole Anzaldi dice che siete l'Ente nazionale sordi, quindi avete un ruolo particolare, potete fare pressioni.

Pag. 20

  MICHELE ANZALDI. Un'azienda gigantesca, come può essere Barilla o la Fiat, quando stipula il contratto, può chiedere che quel minuto sia tradotto nella lingua dei segni. Nessuno direbbe niente, perché per la Rai è un minuto di traduzione, e pur di prendere quella grande sponsorizzazione, lo farebbe. Se, però, nessuno pone il problema, purtroppo neanche si sa che esiste il problema.

  COSTANZO DEL VECCHIO, segretario generale dell'Ens. Questo è un aspetto interessante e che approfondiremo. Tenteremo anche questo passaggio. Quello che a noi interessa, però, è avere un approccio da parte dell'istituzione.

  PRESIDENTE. Quella è la base, ma si possono costruire altre relazioni.
  Ringrazio il presidente e il segretario generale dell'Ens. Attendiamo il vostro contributo scritto.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dello schema di Contratto di servizio tra il Ministero dello sviluppo economico e la Rai-Radiotelevisione Italiana Spa, per il periodo 2018-2022 (Atto n. 477), di rappresentanti di Articolo 21.
  Sono presenti la portavoce, Elisa Marincola, il professor Renato Parascandolo e il dottor Paolo Borrometi, che anche a nome dei colleghi ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Come convenuto dall'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, invito i colleghi a contenere il proprio intervento entro i cinque minuti.
  Do la parola al professor Parascandolo, con riserva per me e per i colleghi di rivolgere a lui, al termine del suo intervento, e agli altri componenti di Articolo 21 domande e richieste di chiarimento.

  RENATO PARASCANDOLO, rappresentante di Articolo 21. Visto anche il calendario dei lavori della Commissione, abbiamo deciso di leggere un intervento scritto, in modo che si possa mettere subito agli atti.
  Anche a nome della presidente di Articolo 21, Barbara Scaramucci, ringraziamo la Commissione per avere chiesto la nostra valutazione sul contratto di servizio. Articolo 21 ha seguìto il dibattito sul rinnovo della concessione a partire dalla fine del 2013, quindi tre anni prima della scadenza, organizzando una consultazione pubblica rivolta agli studenti, ai quali è stato chiesto di riscrivere la carta d'identità della Rai, cioè la mission del servizio pubblico, in non più di dieci righe. L'esito di quella consultazione è stato inoltrato alle più alte cariche istituzionali e a questa Commissione, trovando una larga rispondenza nel testo della convenzione. Inoltre, in questi anni Articolo 21 si è fatto promotore di numerosi confronti tra i vertici del servizio pubblico, i membri della Commissione di vigilanza, le associazioni culturali e gli organismi sindacali.
  Diciamo subito che il nostro giudizio sull'insieme del contratto di servizio è sostanzialmente positivo. Con la sua approvazione si conclude, infatti, un percorso istituzionale che assicura alla Rai l'esclusiva del servizio pubblico e una missione civile e culturale delineata in termini chiari e distinti. Questo percorso si era presentato denso di ombre, dai ministri che si proponevano di mettere a gara il servizio pubblico o di spacchettare il canone attribuendone quote ai privati, fino al tentativo di mortificare la natura di impresa della Rai inquadrandola nel perimetro della pubblica amministrazione. Questi tentativi di radicale ridimensionamento del servizio pubblico, molto più seri di quanto si pensi, sono stati sventati, e ci conforta in tal senso il testo del contratto di servizio, che si presenta in linea con la concessione e con la convenzione, seppure presenti delle criticità, che esporremo brevemente di seguito, augurandoci che possano contribuire alla discussione che la Commissione si appresta ad affrontare.
  Di rilevante interesse è il punto 20 dell'articolo 23, che impegna la Rai a presentare al ministero entro sei mesi un piano industriale che preveda, tra l'altro, la definizione di un coerente modello organizzativo. Il termine «coerente» è evidentemente Pag. 21 riferito alla congruità interna al modello stesso, un impegno di non poco conto se si pensa che dal 1975 tutti i mutamenti avvenuti nell'organizzazione aziendale si sono distinti per estemporaneità e improvvisazione, generando una sorta di stratificazione geologica, in cui pezzi di azienda si sono venuti sovrapponendo ad altri in maniera del tutto accidentale e incoerente. È, ad esempio, stupefacente per la sua incongruità l'attuale organizzazione dell'azienda per mezzi di comunicazione: radio, televisione, Web, Televideo, oltretutto disaggregati al loro interno. Non si comprende, infatti, perché un'impresa che produce contenuti debba essere organizzata per media e non per generi (fiction, informazioni, sport, intrattenimento, cultura), tantomeno ci si può illudere che la multimedialità nasca dalla giustapposizione di tante monomedialità simili alle monadi di Leibniz.
  Tra le tante strutture costrette a navigare a vista, le più obsolete, e soprattutto le più anacronistiche, sono le reti televisive. Come si può pensare, infatti, che strutture di programmazione di piccolo cabotaggio come quelle delle reti possano svolgere anche un ruolo ideativo e produttivo in grado di competere con colossi multinazionali altamente specializzati nei programmi di intrattenimento? La creazione di nuovi format richiede grandi investimenti e creatività, e le reti non possono far altro che acquistarli piuttosto che ideali e produrli, con la conseguenza di omologare sempre più l'offerta di servizio pubblico a quello delle TV commerciali.
  È inoltre rilevante che la riforma del modello organizzativo sia abbinata alla realizzazione di un piano editoriale e di un piano informativo (punto 21, articolo 23). L'abbinamento nasce, evidentemente, dalla consapevolezza che, al di là delle competenze professionali, il perseguimento di determinate finalità editoriali è reso possibile solo da un modello produttivo pensato appositamente per quelle finalità. Le grandi aziende, e in particolare gli apparati della comunicazione, non sono autobus la cui direzione di marcia è nelle mani di chi le conduce. Piuttosto, le si potrebbe paragonare ai tram: se insieme al manovratore non si cambia anche il tracciato delle rotaie, si potrà variare la velocità o il numero delle fermate, ma il percorso rimarrà sempre lo stesso. Parafrasando l'affermazione di McLuhan, si potrebbe dire che l'organizzazione del medium è il messaggio.
  Un'ulteriore annotazione riguarda il piano industriale. Fermo restando il vincolo di legge che determina l'importo del canone su base annuale, sarebbe auspicabile prevedere nel contratto di servizio quantomeno una procedura che dia certezza delle risorse nel medio periodo, in modo da consentire una pianificazione industriale e editoriale organica e non contingente.
  Un'ultima riflessione riguarda l'articolo 6, dedicato all'informazione. Qui dobbiamo rilevare una visione riduttiva del giornalista del servizio pubblico. L'articolo si concentra, giustamente, sui canoni di imparzialità e apertura alle diverse formazioni politiche al fine di assicurare un contraddittorio adeguato, effettivo e leale, ma al tempo stesso trascura il compito più ragguardevole del lavoro giornalistico, essere fonte primaria delle notizie, essere là dove i fatti accadono, nelle realtà sociali con le loro dinamiche e le loro contraddizioni, non solo per documentarli, ma anche per dare la parola alle vittime e ai protagonisti di quel «mondo della vita», di cui parla Habermas, in opposizione a un sistema composto di apparati di potere distaccati e autoreferenziali. Leggendo l'articolo 6, si ha l'impressione che il pluralismo che conta sia solo quello interno all'azienda, e comunque circoscritto agli ospiti e alle rappresentanze politiche, un pluralismo inteso a disciplinare soprattutto i talk show politici, passerelle di opinione che inverano l'aforisma di Nietzsche, secondo cui non esistono fatti ma solo interpretazioni. A questo proposito, vale ricordare che la riforma della Rai del 1975 riconobbe al pluralismo esterno, alla sua ricchezza e articolazione, un ampio diritto di accesso secondo varie modalità, prima tra tutte l'inchiesta giornalistica. In quegli anni, nacquero nuclei ideativo-produttivi, i NIP, composti di giornalisti, operatori, fonici e montatori, che lavoravano come task force in stretta collaborazione con i protagonisti delle realtà Pag. 22 sociali. Tuttavia, dalla metà degli anni Ottanta l'inchiesta è andata via via scomparendo dai palinsesti, soppiantata dai programmi di cosiddetta cronaca indiretta, cronaca nera e cronaca rosa. Solo alla fine degli anni Novanta, grazie a un grande giornalista, Roberto Morrione, fondatore di Rai News 24, il giornalismo investigativo di inchiesta riacquistò almeno in parte un suo diritto di cittadinanza. Basti ricordare l'eco mondiale che ebbe l'inchiesta Fallujah. La strage nascosta, sull'uso del fosforo bianco nella seconda guerra del Golfo. La ricerca della verità, la ricostruzione di vicende protette da muri di omertà, minacce fisiche e psicologiche, intimidazioni e liti temerarie, richiedono ormai un modello collegiale di giornalismo che non può più confidare nel coraggio del singolo redattore che mette a repentaglio la propria vita. Ne sa qualcosa Paolo Borrometi, che è qui al mio fianco, che da anni vive sotto scorta per le inchieste che conduce in Sicilia. Nasce da queste riflessioni la proposta di integrare l'articolo 6 con un comma che impegni la Rai a creare una task force di redattori specializzati nel giornalismo investigativo e di inchiesta sociale, orientato a illuminare quelle numerose realtà che, non godendo di alcuna rappresentatività politica né mediatica, sono condannate al silenzio. D'altronde, è proprio sull'articolo 21, che garantisce a tutti la libertà di espressione, che si fonda la legittimità del servizio pubblico.

  ELISA MARINCOLA, portavoce di Articolo 21. Paolo Borrometi, il nostro delegato alla legalità, e io vorremmo aggiungere solo due brevissime note che sono semplicemente di integrazione e esplicitazione di alcuni passaggi della relazione che il professor Parascandolo ha letto.
  Vorrei soffermarmi sulla questione della multimedialità. In questo contratto di servizio la multimedialità, oltre che essere un elemento esplicitato in subordine – tra i veicoli di produzione della Rai, viene posto al terzo gradino della scala – viene principalmente considerato come vettore delle produzioni televisive e radiofoniche, e solo en passant viene citata la necessità di avere una produzione mirata nella tipologia della multimedialità. In questa maniera, la Rai, che sconta un ritardo rispetto ai media nazionali, e ancora di più ai media internazionali, rischia di non essere sufficientemente incentivata e invitata a investire in maniera prioritaria sui canali multimediali e sul mondo del digitale. Rischia, quindi, di perdersi, di qui ai prossimi cinque anni, il pubblico peraltro più giovane, e anche un ampio settore degli introiti, perché i media digitali stanno diventando il futuro canale di maggior raccolta. Direi che la multimedialità va più fortemente sottolineata nel testo del contratto. Facendo parte di una realtà che lavora sulle inchieste, posso testimoniare che il giornalismo investigativo mondiale sta lavorando e diffonde i propri prodotti non solo attraverso la rete, semplicemente trasformando testi cartacei, televisivi o radiofonici, in prodotti per la rete, ma addirittura producendo proprio in funzione di un pubblico che ragiona con il linguaggio del digitale più che con i linguaggi che siamo più abituati a comprendere.

  PAOLO BORROMETI, rappresentante di Articolo 21. Intervengo a integrazione di quanto perfettamente detto dal professor Parascandolo e dalla dottoressa Marincola.
  Come Articolo 21, da tempo oramai portiamo avanti la campagna «Illuminiamo le periferie», partendo proprio da una richiesta del Santo Padre. Ricollegandoci anche agli ultimi fatti accaduti in questo periodo, penso che sia importante mettere in luce quanto più possibile e prevedere un'attenzione verso i territori e le storie dei territori che non partono unicamente da esperienze come quella che vivo io, ma vivono tanti altri colleghi, soprattutto riprendendo e accendendo i fari, come il servizio pubblico secondo noi può e deve fare, su realtà molto meno considerate. Oggi, troppo spesso si viene intimiditi, e lo abbiamo visto a Ostia proprio nei confronti di una troupe della Rai, unicamente perché si fanno delle domande. Non a caso, tutto ciò accade soprattutto nei territori periferici. Secondo noi, è stringente, importante, prevedere un'attenzione per illuminare le periferie del nostro Paese e non solo.

Pag. 23

  PRESIDENTE. Come giornalista, sono totalmente d'accordo, e non solo.
  Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Voglio ringraziare per l'audizione, anche perché conosciamo l'esperienza di Articolo 21 per le audizioni, ma soprattutto per il lavoro che fanno tra un'audizione e l'altra. È quella la parte significativa.
  Oltretutto, come relatore del precedente atto, il parere sul rinnovo della concessione, c'era stato un lavoro molto approfondito di Articolo 21, anche con una serie di suggerimenti, una serie di proposte, una parte delle quali abbiamo cercato anche di recepire. Vorrei ringraziarli. Oggi, sono entrati nel dettaglio anche di alcuni singoli aspetti di grande rilievo. Poi vedremo se questo potrà essere recepito dai relatori o se vivrà nella discussione.
  È stato sollevato un aspetto, che è all'attenzione anche delle iniziative del Parlamento nel suo complesso, visto che la Presidente della Camera, l'onorevole Boldrini, sul tema delle fake news si è attivata con una campagna, che poi è diventata anche un progetto in collaborazione con il MIUR, aprendo un fronte di attenzione e di mobilitazione di grande rilievo. Credo che su questo tutti abbiamo bisogno di fare uno sforzo di approfondimento e di elaborazione comune. È evidente che in un luogo come quello della rete dei social, dominato dagli algoritmi, ancora non abbiamo trovato l'algoritmo della credibilità. Questo, invece, attiene a uno sforzo continuo, quotidiano, degli operatori dell'informazione, di chi ha un ruolo di indirizzo, di vigilanza, di formazione dell'opinione pubblica. Questo continua a essere un terreno straordinariamente importante, straordinariamente complicato, su cui dobbiamo provare a fare uno sforzo di riflessione comune.
  Per questo volevo ringraziare per gli stimoli.

  DALILA NESCI. Vi ringrazio per questo contributo, per il lavoro che avete svolto e continuate a svolgere. Anch'io sono d'accordo con le vostre dichiarazioni, esternazioni, sia da componente di questa Commissione di vigilanza Rai sia da giornalista pubblicista. Anch'io ho avuto questa piccola esperienza nell'ambito del giornalismo, poi sono diventata una parlamentare. Sono molto attenta e sensibile a questi temi.
  Parto dall'attualità, visto che parliamo di questo: oggi, muore Totò Riina, ma abbiamo tutti sottolineato che non è morta la mafia, le mafie. Mi voglio ricollegare a quello che diceva il dottor Borrometi. Non si tratta soltanto del problema di giornalisti che fanno domande. Per fortuna, ci sono quelli che le fanno, mentre tanti altri infangano il lavoro di chi invece fa inchiesta e approfondimento. C'è un problema proprio di permeazione di questa cultura mafiosa del compromesso, della prevaricazione, anche a livello economico. Potremmo parlare di quanto il capitalismo prevarica certi ambiti sociali, limitando le opportunità delle persone, la dignità stessa delle persone, quell'uguaglianza di cui parla la Costituzione.
  È necessario che da più parti sociali, e in primis dalle istituzioni, ci sia quest'attenzione. In effetti, nel contratto di servizio, seppure enuncia diversi obiettivi e princìpi condivisibili, si potrebbe fare ancora un lavoro di limatura, in modo da individuarli in maniera più pregnante. Anche grazie ai vostri contributi, cercheremo di inserirli nel testo, che come sapete ci arriva dal Governo. Noi possiamo fornire un parere anche articolato, modificando il contenuto, poi dobbiamo vedere quanto verrà recepito di queste nostre indicazioni. Effettivamente, però, dove ci sono delle mancanze dall'ala governativa, se il legislatore, in questo caso la Commissione di vigilanza Rai, riesce a dare delle indicazioni, con una visione magari un po’ più di ampio respiro, ma allo stesso tempo concreta, vorrà dire che abbiamo fatto bene il nostro lavoro, al di là del recepimento da parte dell'ala governativa. Come sappiamo, oltre alla questione delle fake news, c'è prima di tutto una questione di etica dietro il lavoro che ognuno svolge, altrimenti è inutile approfondire, Pag. 24 o comunque domandarsi quali siano le fake news se a monte non c'è questa responsabilità condivisa.

  MICHELE ANZALDI. Ho una curiosità. Ho sentito il discorso sul rischio che soprattutto in alcune aree del Paese corrono i giornalisti che vanno a fare quelle inchieste. Sapete se il giornalista che è stato aggredito a Ostia è contrattualizzato come giornalista o come programmista regista?

  ELISA MARINCOLA, portavoce di Articolo 21. Posso dire che non era contrattualizzato dalla Rai. Il programma Nemo è prodotto da Fremantle. Non era un giornalista Rai.

  MICHELE ANZALDI. Allora abbiamo dato una notizia falsa a tutti. Abbiamo parlato di giornalista Rai.

  ELISA MARINCOLA, portavoce di Articolo 21. Nei fatti, però, la Rai ha appaltato a Fremantle la produzione della trasmissione Nemo, peraltro un prodotto di rete, quindi non considerato strettamente giornalistico.

  PRESIDENTE. Dottoressa, scusi, l'onorevole Anzaldi ha messo a fuoco una cosa abbastanza seria: il collega che è stato aggredito da quel criminale ha un contratto con la Fremantle, che a sua volta ha un contratto con la Rai.

  MICHELE ANZALDI. Il contratto è da giornalista o addirittura da programmista regista? La Fremantle direbbe – penso – che, siccome in Rai l'avrebbe da programmista regista, lo fa anche lei da programmista regista. E la Rai direbbe lo stesso, perché è questo il gioco.

  PRESIDENTE. Peraltro, collega Anzaldi, non so se la Fremantle potrebbe fare contratti giornalistici veri e propri. Forse non si configura come una società editoriale, ma come una riproduzione.

  MICHELE ANZALDI. Mi scusi, presidente, allora da una settimana, diamo a tutti gli italiani un messaggio falso.

  PRESIDENTE. Sarebbe come un subappalto. Non saprei come definirlo.

  MICHELE ANZALDI. Non è stato picchiato un giornalista. Lui è giornalista di suo, ma lì era in altra forma. Ora, tolto il caso specifico, e spero che venga fuori dopo quello che stiamo dicendo oggi, ma quelli che vanno in giro in queste periferie pericolose o in questi posti pericolosi che ci hanno detto gli auditi sono contrattualizzati come giornalisti o sono programmisti registi? Se è come temo, forse bisognerebbe mettere un punto a questo malcostume.

  PRESIDENTE. Quello che ha rilevato l'onorevole Anzaldi, come ho detto, è un problema molto serio, ma vorrei anch'io farvi una domanda da giornalista. Ho avuto la fortuna di essere, anche nella scorsa legislatura, vicepresidente di questa Commissione, il cui presidente era il più grande giornalista televisivo italiano, a mio avviso, Sergio Zavoli, attuale senatore della Repubblica.
  Apprezzo molto quello che il professor Parascandolo ha detto sull'accentuazione del ruolo che ha avuto comunque la Rai in questo lungo arco temporale di storia sulla messa a fuoco, come si diceva, delle inchieste. Il presidente Zavoli, che è stato peraltro anche presidente della Rai, ha realizzato la più grande serie di approfondimenti di inchiesta, La notte della Repubblica, che ha veramente diffuso all'opinione pubblica, ai cittadini italiani che cosa sono stati gli anni del terrorismo. Queste sono perle della Rai. Non c'è nessuna televisione commerciale, oggettivamente, in grado di realizzare le stesse cose. Peraltro – diciamocelo – quelli che vanno nelle televisioni commerciali per provare a realizzare le inchieste, le avevano fatte in Rai. Vedo nelle televisioni commerciali capacità produttive sulle fiction. Basta vedere Gomorra, un successo enorme. Ecco perché è importante quello che avete sottolineato, che questo è un Pag. 25unicum del servizio pubblico, che è anche dentro il contratto di servizio. È una peculiarità straordinariamente importante per la nostra categoria di giornalisti avere nel servizio pubblico questa capacità divulgativa e di approfondimento che altri non hanno. Magari hanno creato una rete fatta solo di talk show, cosa che è quasi incredibile, ma reale, perché questo è, mentre la Rai comunque ha questa sua capacità, che si ripete da sessant'anni, di essere divulgatrice sul piano dell'informazione, ma anche di accompagnare sull'intrattenimento.
  Qual è la vostra valutazione?
  Rispondete soprattutto alle domande dei colleghi. Io mi sono inserito. Vorrei che il dottor Borrometi magari prima rispondesse alle domande che vi sono state poste, come potranno fare gli altri rappresentanti di Articolo 21.

  PAOLO BORROMETI, rappresentante Articolo 21. Il collega Piervincenzi, un collega giornalista, non ha il contratto da giornalista in Rai. Questo è un dato oggettivo e incontrovertibile. Addirittura, il problema delle produzioni esterne porta a colleghi che in questo momento stanno lavorando per Nemo e che in estate lavoreranno per La7. Cito il caso di Nello Trocchia, aggredito in estate in Puglia, quando lavorava per La7. Oggi, lavora per Nemo. L'ho citato per far comprendere che il contratto non è un contratto fatto direttamente dalla Rai, ma appunto da società di produzione.
  Il problema è presente se pensiamo che la Rai, subito dopo la pagina vergognosa dell'intervista in quelle circostanze e con quei metodi, al figlio di Totò Riina subito dopo propose un programma, secondo me molto valido ed efficace, come Cose nostre, e Emilia Brandi, che è la responsabile di quel programma, non ha neanche lei il contratto da giornalista, eppure ha fatto una prima serata definita da noi media come una sorta di riparazione rispetto a quanto era accaduto a Porta a Porta. È un problema anche di tutele. Il collega Daniele Piervincenzi oggi non avrà delle tutele adeguate per quanto accaduto, e comunque non le avrà direttamente dalla Rai. Fino a stamattina, se leggete i più importanti quotidiani, emerge che il collega Daniele è un collega Rai, e quindi ha anche le tutele previste dai contratti giornalistici, quello che sottolineava l'onorevole Anzaldi.

  RENATO PARASCANDOLO, rappresentante di Articolo 21. Vorrei rispondere a lei, presidente.
  La questione delle inchieste, come dicevo prima, è un problema prima di tutto di organizzazione aziendale. Nelle testate giornalistiche non ci sono innanzitutto gli spazi di programmazione per le inchieste giornalistiche. Quasi tutti i programmi di inchiesta giornalistica sono delle reti. Parlo di Report, di Iacona. Cito soltanto i più importanti. Questo vuol dire che si sta affermando un modello di giornalismo che non deve rispondere a quella deontologia a cui sono tenuti i giornalisti, che confonde il giornalismo con l'intrattenimento. Abbiamo visto negli ultimi tempi degli scoop ascrivibili alle Iene o a trasmissioni, a soggetti terzi, che non hanno oltretutto nessun vincolo, nessun obbligo, nessun dovere, e non necessariamente hanno la necessaria responsabilità. Questo è un problema di organizzazione aziendale. Non esistono nuclei di giornalismo investigativo, e quando si costituiscono, si vede come funzionano bene. Basta vedere il caso di Report. Tutto il resto sono rubriche come Tv7 o altre, in cui si è costretti a fare inchieste di pochi minuti, di dieci minuti, dei reportage più che altro.
  Pensiamo anche a tutto quello che è stato distrutto con il decentramento mancato. La Rai ha una risorsa monopolistica, le venti sedi regionali, che la riforma del 1975 aveva promosso anche a centri di produzione dal punto di vista informativo: i giornalisti, che sono tanti, che lavorano nelle sedi regionali, hanno spazi di programmazione irrisori, tre piccoli telegiornali quotidiani e qualche rubrica settimanale. Si potrebbe, invece, per la mole di lavoro che potrebbero svolgere in maniera capillare nei territori della propria regione, talvolta anche in sintonia, forse, in collaborazione con alcune televisioni locali, stabilire un rapporto tra alcune televisioni locali che operano nel sociale, con il servizio pubblico. Si potrebbe fare molto di più.

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  PRESIDENTE. Si tenga anche conto, professore, che la TGR è una testata che ha, se non erro, circa 800 giornalisti, una portaerei.

  RENATO PARASCANDOLO, rappresentante di Articolo 21. Che i vertici della Rai negli ultimi venti o trent'anni hanno considerato un fardello, più che una risorsa. Eppure quella è una risorsa che opera in regime di monopolio – capisce? – che ha una potenzialità enorme. Per fortuna, da alcuni anni abbiamo un direttore, Vincenzo Morgante, che ha promosso di nuovo i telegiornali regionali, la qualità è molto migliorata, ma quello che manca sono gli spazi. Pensi a quanto si spreca.

  PRESIDENTE. Potenzialità enormi.

  RENATO PARASCANDOLO, rappresentante di Articolo 21. E tutto si riduce a pochi secondi in un telegiornale.

  MICHELE ANZALDI. Gli auditi sono in grado di quantificare o di chiarirmi, perché io non ce l'ho chiara, la differenza economica tra un contratto di programmista regista e quello di giornalista? Spero che ci sia. Se non c'è, non lo capisco.
  Inoltre, con 1.700 giornalisti, più o meno, con spazi ridotti, come ci ha detto adesso il professor Parascandolo, che motivo abbiamo di andare all'esterno? Soprattutto, non è che per caso il motivo è che si arriva a giovani con una specie di ricatto occupazionale, che vanno nella gestione dell'intervista oltre un certo livello, per cui si può arrivare nell'ambito di una reazione violentissima? Nel caso di Ostia, nello specifico, si trattava di una persona già abbastanza discussa, sennò non si sarebbe andati a fare l'intervista. Si sarebbe dovuto capire dove fermarsi, ma forse non si poteva. O non era vero che quella persona aveva delle peculiarità caratteriali – chiamiamole così – o è chiaro che, spingendosi oltre quel livello, il rischio sarebbe stato molto elevato. Non vorrei che si utilizzassero questi appalti, queste soluzioni, semplicemente per avere degli scoop sulla pelle di poveracci costretti a farlo perché lavorano sei mesi da una parte, sei mesi da un'altra parte e due mesi stanno fermi.

  ELISA MARINCOLA, portavoce di Articolo 21. Di come sia contrattualizzato Daniele Piervincenzi non ho conoscenza. Penso che abbia un contratto più da consulente che anche solo da programmista regista, fattispecie totalmente diversa, perché parliamo di partite Iva... Il costo del programmista regista rispetto a quello di un giornalista, di un redattore ordinario, per l'azienda è la metà. È un po’ meno di metà il netto che entra in tasca a un programmista regista, il grosso poi dei giornalisti. Io li definisco tali. Sono miei colleghi, ci lavoro accanto. Lavorano nelle reti in programmi molto rispettati. Peraltro, essendo giornalisti professionisti quasi tutti, rispettano la deontologia, perché lo fanno per sé stessi e non necessariamente solo su richiesta dell'azienda.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio anche a nome dei colleghi per la vostra presenza. Ho colto che volete lasciarci questo contributo. Vi ringrazio molto e vi auguro buona giornata.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dello schema di Contratto di servizio tra il Ministero dello sviluppo economico e la Rai-Radiotelevisione Italiana Spa, per il periodo 2018-2022 (Atto n. 477), di rappresentanti di Cartoon Italia.
  Sono presenti la presidente, Anne-Sophie Vanhollebeke, e la segretaria generale, Donatella Leone, che anche a nome dei colleghi ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Come convenuto dall'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, invito i colleghi a contenere il proprio intervento entro i cinque minuti.
  Do la parola alla presidente Anne-Sophie Vanhollebeke, con riserva per me e per i colleghi di rivolgere a lei, al termine del suo intervento, e agli altri componenti di Cartoon Italia domande e richieste di chiarimento.

  ANNE-SOPHIE VANHOLLEBEKE, presidente di Cartoon Italia. Sono Anne-Sophie Pag. 27Vanhollebeke, presidente di Cartoon Italia, l'associazione dei produttori di animazione in Italia. Donatella Leone è il segretario generale. Dovete sapere che, se siamo fisicamente qui, se Cartoon Italia esiste, se il comparto dell'animazione esiste, è grazie alla Rai e grazie alla sottoquota del 5 per cento prevista finora per l'animazione nel contratto di servizio. Questa sottoquota del 5 per cento ha permesso di far nascere e di far crescere tutto il comparto dell'animazione italiana. Oggi, tutta la filiera è costituita da circa 80 società e migliaia di professionisti. Inoltre, questo 5 per cento, oltre a essere stato il promotore dello sviluppo del comparto dell'animazione, ha permesso alla Rai e all'animazione italiana di diventare una realtà riconosciuta a livello internazionale. Tra l'altro, su questo vorrei fare un esempio. Quest'anno, al Cartoon Forum, l'evento più importante del mondo dell'animazione, dove si incontrano tutti i produttori, distributori, broadcaster, finanziatori dell'animazione, la Rai è stata nominata miglior broadcaster del settore per il 2017.

  PRESIDENTE. Molto importante.

  ANNE-SOPHIE VANHOLLEBEKE, presidente di Cartoon Italia. Molto importante. Inoltre, un altro punto è che i produttori di animazione, partendo dalla quota di investimento Rai per finanziare i loro prodotti, per poter chiudere il loro piani di finanziamento, hanno sviluppato il meccanismo della coproduzione internazionale. Questo significa che gli artisti, i professionisti, i talenti hanno potuto confrontarsi con tutti i Paesi del mondo, e questo ha consentito la crescita della creatività e la qualità dei prodotti italiani. Oggi, siamo in grado di esportare i cartoni animati made in Italy in tutto il mondo, dall'America alla Cina, passando dai Paesi arabi, dall'America del Sud, dall'Australia e dall'Africa. Ci sono delle serie TV – non so se le conoscete – come Geronimo Stilton, Winx, Cuccioli, Calimero, Topo Tip, che sono cartoni animati venduti in più di 100 Paesi. Questo comparto, sempre cresciuto grazie alla Rai, oggi è in grado di produrre dei lungometraggi in animazione non solo per i bambini, ma anche per adulti. Faccio riferimento al film Gatta Cenerentola, che a settembre è stato premiato a Venezia e che, dopo il suo successo nelle sale, oggi è in corsa per la nomination all'Oscar. Tutti questi elementi servono per dire che questa quota del 5 per cento non può e non deve essere cancellata. Ieri, invece, abbiamo ricevuto la bozza del contratto di servizio Rai e abbiamo visto che è sparita. Se il testo dovesse essere approvato, questo significherebbe che tutto l'impegno industriale e creativo dell'animazione italiana e della Rai stessa, iniziata dal 1996, ventuno anni fa, verrebbe totalmente vanificato. È anche una situazione abbastanza in contraddizione con quello che sta succedendo in Italia. Da una parte, abbiamo una legge cinema che sostiene l'animazione italiana, ora che è diventata un comparto di eccellenza a livello nazionale e internazionale; dall'altra parte, abbiamo un contratto di servizio dell'emittente pubblica che la cancella.
  C'è un altro elemento: è anche una situazione contraria alle norme di legge sulle quote di investimento. Su questo, trattandosi di un argomento molto più tecnico, col permesso del presidente passo la parola a Donatella Leone, che vi spiegherà molto meglio di me quest'aspetto.

  DONATELLA LEONE, segretaria generale di Cartoon Italia. Questa sottoquota è prevista nell'ambito del contratto di servizio nell'articolo 23, lettera f), dove sono descritti gli obblighi della Rai in materia di investimento in opere europee, ovviamente derivanti dall'applicazione dell'articolo 44 del testo unico sui servizi media audiovisivi. Il testo unico attualmente in vigore, all'articolo 44, comma 3, prevede espressamente una riserva non inferiore al 5 per cento da destinare a opere di animazione appositamente prodotte per la formazione dell'infanzia. L'obbligo di legge che secondo noi deve essere recepito nel contratto di servizio non riguarda, quindi, la produzione di generiche opere per minori, ma soltanto quella di opere d'animazione. Del resto, nulla vieta alla Rai di fare investimenti in altri generi dedicati ai minori, ma questi devono assolutamente esulare dalla riserva Pag. 28in favore dell'animazione, che ribadisco deriva da un preciso obbligo di leggere, l'articolo 44. Per quello che riguarda anche la quantificazione degli oneri a carico della Rai, ricordo che questa riserva del 5 per cento non è riferita agli interi ricavi della Rai, ma è una sottoquota della quota del 15 per cento. Facendo un calcolo, è circa lo 0,75 per cento dei ricavi della Rai. Non è così tanto, ma è quello che basta per attivare i progetti in Italia, che poi diventano progetti di coproduzione internazionale. Nessun'altra azienda straniera interviene se non c'è l'emittente di Stato o un'emittente italiana a sostenere la propria produzione.
  Un altro aspetto tecnico rilevato, sempre in tema di produzione indipendente, è quello del valore del calcolo dell'investimento. C'è una norma abbastanza sibillina, al comma 2 dell'articolo 23, dove si legge che «anche le spese sostenute dalla Rai in produzione interna, promozione, distribuzione, edizione e altre spese accessorie, rientrano nel computo degli investimenti in produzione indipendente». La qualificazione come investimenti di spese, che sono attività collaterali rispetto alle produzioni televisive, non mi sembra conforme alla ratio dell'articolo 44, sempre quello a sostegno della produzione indipendente. Peraltro, l'investimento previsto dall'articolo 44 è quello limitato al pre-acquisto, all'acquisto e alla coproduzione, che nulla hanno a che fare con spese di produzione interna, quindi programmi prodotti dalla Rai, produzione, distribuzione e altre spese accessorie non meglio identificate. Si chiede di limitare proprio la nozione classica di investimento fatta dal testo unico.

  PRESIDENTE. Nell'audizione precedente ai rappresentanti di Articolo 21, che rappresentano una storia della Rai e del suo percorso lungo sessant'anni, e anche precedentemente, con i rappresentanti delle associazioni dei portatori di handicap, ho rilevato dei temi. Proprio il presidente dell'Ente per la tutela dei sordi ha detto di avere una nipote, una bimba sorda, che quindi non può seguire i cartoni animati, presumo quelli di vecchia generazione. Lui parlava di questi. Facevo notare che l'Italia negli ultimi dieci anni è diventata uno dei Paesi leader mondiali per la produzione dei cartoni animati. Si presume che le ultime produzioni abbiano quelle caratteristiche tecniche per renderle fruibili anche ai sordi.

  DONATELLA LEONE, segretaria generale di Cartoon Italia. Le dico di più. Nella nuova disciplina, per poter usufruire del tax credit, le nuove produzioni devono essere idonee a essere fruite dalle persone con disabilità, quindi è un impegno da parte del produttore rendere queste opere fruibili da tutti.

  PRESIDENTE. Questo è molto importante. Le associazioni dei disabili hanno tutte accentuato la necessità di poter usufruire delle trasmissioni del servizio pubblico nelle sue forme più disparate. Per i bambini sordi facevano riferimento a Rai YoYo e alle sue articolazioni; per quanto riguarda, invece, settori non di vostra pertinenza, informazione, cinema, fiction, di poterne fruire ugualmente. È del tutto legittima come richiesta. Comunque, vorrei fare presente agli ospiti che l'onorevole Nesci è una dei due relatori del nostro parere, e sicuramente insieme al collega Anzaldi e agli altri membri della Commissione saprà accentuare queste vostre richieste.

  MICHELE ANZALDI. Grazie alle audite, che già ci hanno chiarito ad esempio questo problema dei minori. Io ho due curiosità, la prima sui minori: ci sono bambini non udenti, ma i bambini che non sanno leggere, come vengono aiutati? Ci sono bambini di fascia d'età molto bassa. È una curiosità mia: come si fa in questi casi?

  PRESIDENTE. Per fortuna, hanno delle specificità per aiutare l'insegnamento.

  MICHELE ANZALDI. L'adulto non udente sa leggere i sottotitoli, ma per il bambino non udente che ancora non sa leggere c'è una tecnica?

  DONATELLA LEONE, segretaria generale di Cartoon Italia. Le norme anche per Pag. 29noi produttori sono nuove, quindi immagino che inizieremo un confronto con le associazioni di categoria. Solo loro possono dirci come possiamo rendere fruibili questi contenuti. Immagino un confronto tra noi e loro, noi come associazione e loro come associazioni, per poi diramare al comparto e chiarire le idee.

  MICHELE ANZALDI. La seconda riflessione è di carattere economico. Siamo abituati a vedere le fiction che facciamo, e poi rimangono nel cassetto. Sono pochissime, come ci ha detto la dottoressa Andreatta, quelle che si vendono. La dottoressa ci ha detto che in questo caso vendiamo moltissimo all'estero, quindi non capisco quale sia il problema della Rai, a meno che questi cartoni – uso un termine forse non adatto – non vengano «affittati» sul momento, per cui la proprietà rimane vostra. Se veramente questi cartoni sono così richiesti e vengono venduti all'estero, altro che 5 per cento, è una fonte di guadagno per la Rai. Si possono mandare in onda e poi essere venduti. Se i dati che ci hanno illustrato sono veri, mi sembra una delle tante stranezze della Rai.

  DALILA NESCI. Se ho capito bene, la contestazione riguarda l'articolo 23, lettera f). Mi riservo di verificare questa vostra denuncia, o comunque rimostranza. Inoltre, nelle vostre risposte anche al collega Anzaldi, potete riformulare meglio le vostre richieste, in modo che possa comprendere al meglio, a meno che non ci manderete delle memorie integrative scritte? Comunque, potete ribadire un po’ il concetto, che non mi è stato molto chiaro, ovviamente per mia mancanza?

  DONATELLA LEONE, segretaria generale di Cartoon Italia. Nell'articolo 23, lettera f), sono declinati gli obblighi che derivano dall'articolo 44: la produzione di cinema, la produzione di documentari. Per quello che riguarda la formazione dell'infanzia, invece, è scritto un generico «opere destinate alla formazione dell'infanzia», senza specificare il genere. Lasciando questa descrizione, la Rai potrebbe ottemperare a quest'obbligo producendo docu-fiction per bambini, programmi interni, qualunque cosa. Il testo unico, invece, dispone espressamente «opere di animazione per la formazione dell'infanzia». Questa quindi secondo me è una previsione contro la legge. Se questo è l'articolo che proprio riguarda gli obblighi della Rai derivanti dal testo unico all'articolo 44, non ha altro modo. Del resto, se vuole produrre altre opere, può metterlo quando parla della tutela dei minori o di altro, ma quella proprio non mi pare la sede tecnica in cui inserire questa disposizione.

  PRESIDENTE. Sostanzialmente – chiedo anche ai colleghi se c'è una messa a fuoco collegiale – chiedete che si torni alla forma precedente. Onorevole Nesci, mi sembra di capire che loro chiedono che si torni alla forma del precedente contratto, che sia specificato «per l'infanzia».

  DONATELLA LEONE, segretaria generale di Cartoon Italia. No, «di animazione».

  ANNE-SOPHIE VANHOLLEBEKE, presidente di Cartoon Italia. Solo l'animazione.

  DONATELLA LEONE, segretaria generale di Cartoon Italia. Questo è proprio il richiamo al testo unico.

  PRESIDENTE. Non mi sembra una richiesta lunare. È abbastanza normale.

  DONATELLA LEONE, segretaria generale di Cartoon Italia. Sì.

  PRESIDENTE. Loro chiedono che sia giunto al 5 per cento, che continua a esistere, esattamente la destinazione.

  DONATELLA LEONE, segretaria generale di Cartoon Italia. Sì. Se la vogliono ampliare, se questa riserva vuole diventare del 10 per cento, non c'è problema, ma quella è una riserva di legge, non se ne può prescindere.

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  MICHELE ANZALDI. In tutto questo, presidente, se veramente c'è il risvolto economico che da qui sembra emergere, questo 5 per cento potrebbe diventare il 7, l'8, il 10.

  PRESIDENTE. La presidente sarebbe molto contenta.

  DONATELLA LEONE, segretaria generale di Cartoon Italia. Aggiungo l'ultima considerazione di carattere tecnico. Sempre l'articolo 44 parla di una riserva non inferiore al 5 per cento in favore dell'animazione, quindi può aumentare.

  MICHELE ANZALDI. Da quello che ci avete detto, da un minimo di legge diventa una risorsa economica per l'azienda Rai, che compra, vende e ci guadagna un sacco di soldi, e per tutto l'indotto italiano, tutti i disegnatori, gli artisti.

  PRESIDENTE. È importante, l'indotto.

  ANNE-SOPHIE VANHOLLEBEKE, presidente di Cartoon Italia. Nei contratti che firmiamo con la Rai comunque sono previsti dei proventi per la Rai sulle vendite internazionali, sul licensing e sul merchandising. Immagino che conosciate la serie Winx, che ha avuto un successo incredibile: tutta una parte di proventi è tornata ogni anno alla Rai.

  PRESIDENTE. Lei, presidente, dice che è stata un'operazione economica molto redditizia per la Rai.

  ANNE-SOPHIE VANHOLLEBEKE, presidente di Cartoon Italia. Sì, assolutamente.

  MICHELE ANZALDI. Mi stavo consigliando con la relatrice: appurata questa risorsa economica, appurato l'obbligo di legge che parla di un minimo di 5, oltre a specificare meglio l'articolo, mi sento di dire che proveremo ad aumentarlo a 8. Lo proponiamo e vediamo che cosa ci dicono.

  PRESIDENTE. Con la vostra esperienza anche di relazioni e rapporti col servizio pubblico, ipotizzate che un passo come quello descritto dai colleghi, un eventuale aumento dal 5 all'8, potrebbe essere accolto o no? Qual è la vostra valutazione?

  DONATELLA LEONE, segretaria generale di Cartoon Italia. È un problema di rapporti interni alla Rai. Ovviamente, se si aumenta la quota, a qualcun altro deve essere tolta. Non possiamo rispondere su questo.

  DALILA NESCI. Ci interrogheremo anche al nostro interno su quale potrebbe essere la percentuale più congrua per mantenere un equilibrio, ma appunto perché la legge fa riferimento a una percentuale minima, siamo assolutamente titolati a proporre una percentuale superiore. Mi sembra ovvio che nel contratto di servizio debba esserci questa specifica, perché nel contratto si danno un indirizzo e un obbligo precisi all'azienda: se non lo scriviamo in questo momento, quando?

  PRESIDENTE. Vi ringrazio molto. Vi chiedo la cortesia di rimanere qualche minuto acciocché si possano fare le riprese. Dichiaro conclusa l'audizione.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dello schema di Contratto di servizio tra il Ministero dello sviluppo economico e la Rai-Radiotelevisione Italiana Spa, per il periodo 2018-2022 (Atto n. 477), di rappresentanti del Forum nazionale del terzo settore.
  È presente il dottor Ivano Maiorella, che anche a nome dei colleghi ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Come convenuto dall'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, invito i colleghi a contenere il proprio intervento entro i cinque minuti.
  Do la parola al dottor Maiorella, con riserva per me e per i colleghi di rivolgergli, al termine del suo intervento, domande e richieste di chiarimento.

  IVANO MAIORELLA, rappresentante del Forum del Terzo settore. Ringrazio i componenti della Commissione di vigilanza Rai Pag. 31anche a nome di tutto il Forum del Terzo settore dell'invito che ci avete rivolto per ascoltare il nostro punto di vista. Non ho avuto molto tempo per guardare la bozza di contratto di servizio che mi avete mandato, ma cercherò di formularvi delle indicazioni il più possibile precise, ovviamente all'interno di una cornice che da parte nostra fornirà degli orientamenti.
  Il Forum del Terzo settore rappresenta circa cento organizzazioni sociali in Italia tra volontariato, associazioni di promozione sociale e sportiva e cooperazione sociale, quindi il mondo dell'economia sociale, dunque in futuro anche quella che la legge recente sul Terzo settore definisce impresa sociale. È un mondo molto vasto, articolato, variegato. Siamo la rete interassociativa più grande riconosciuta come parte sociale e più rappresentativa del nostro Paese. Cercherò di fare considerazioni il più possibile riassuntive di questo mondo molto complesso.
  Dal nostro punto di vista, sono positivi il ruolo che il servizio pubblico svolge in Italia e la centralità che anche questo contratto di servizio attribuisce alla Rai. Il Forum del Terzo settore crede nel servizio pubblico radiotelevisivo in quanto garanzia di accesso e diritto costituzionale per tutti i cittadini. Il servizio pubblico radiotelevisivo è tale se racconta il nostro Paese, se è pluralistico, autonomo, libero e si avvicina alle persone. Ci aspettiamo, ci auguriamo che le enunciazioni che abbiamo trovato nella bozza che ci avete inviato diventino realtà. Per noi, il contratto di servizio non è carta straccia, ma un documento molto importante, al quale attribuiamo un significato di incontro tra le istanze dei cittadini e quelle della Rai.
  Oggi, la nostra preoccupazione è alta di fronte alla situazione della Rai e dell'informazione e dell'offerta radiotelevisiva nel suo complesso. Il mercato, la concorrenza, le innovazioni tecnologiche ci pongono domande alle quali non sempre è facile rispondere, ma ci aspettiamo dal contratto di servizio e dalla Rai risposte adeguate, complesse, all'altezza della situazione e della modernizzazione in atto. In questa maniera, potremo davvero interpretare quello che dice l'articolo 21 della Costituzione, in maniera sempre più moderna, agile, veloce ed efficace. Serve una rivoluzione culturale capace di avvicinare i cittadini, e i giovani in particolare, alla Rai. La progressiva digitalizzazione e la creazione di nuovi canali non ha prodotto la creazione di nuovi spazi di sperimentazione e innovazione. Oggi, la rete è più rappresentativa molto spesso di istanze di comunicazione e di velocità di quanto non sia la comunicazione televisiva. Questo pone grandi problemi in termini di informazione, di pluralismo e di democrazia nel nostro Paese. Per questo dobbiamo essere in grado di interpretare meglio e con servizi più adeguati le richieste che ci vengono soprattutto dalle giovani generazioni. Chiediamo che la comunicazione sociale abbia più spazio, sia centrale, sia citata all'interno del contratto di servizio, cosa che non abbiamo visto. La comunicazione sociale è l'anello congiuntivo tra la produzione di contenuti del Forum del Terzo settore e di tutte le sue associate, e quindi di gran parte del Terzo settore italiano, e la possibilità di raccontare il nostro Paese per quello che è, di trasformare i molti fatti che produce il Terzo settore in tutto il territorio in notizie. Da soli non ce la facciamo. Per questo abbiamo bisogno, chiediamo la collaborazione e l'aiuto di un broadcasting così importante in Italia in Europa e nel mondo quale la Rai. Per questo chiediamo la vostra mediazione, della Commissione di vigilanza, delle forze politiche e delle istituzioni.
  Il riferimento base che tendiamo a darvi come orientamento è quello di illuminare le periferie territoriali e sociali. È questo l'impegno sociale e civico che chiediamo alla Rai. La comunicazione sociale può dare un contributo positivo in questo senso, ed è portatrice di pluralismo tematico, con la possibilità, a nostro avviso molto compressa nell'attuale stesura del contratto di servizio, di informazione critica, veritiera e collegata a un racconto di valori, quali solidarietà, legalità, dignità umana e multiculturalismo. Questi valori passano attraverso alcune Pag. 32aree tematiche, che produrremo nel documento che vi manderemo in questi giorni, che rappresentano trasversalmente esperienze, storie personali e collettive, campagne e progetti di Terzo settore. Per questi motivi abbiamo sempre pensato di poter dare un contributo alla stesura e all'ideazione del contratto di servizio.
  In questo senso, siamo un po’ critici sul metodo col quale ci è stato proposto questo contratto di servizio e chiediamo in futuro più coinvolgimento in fase di stesura, più consultazione, pur ringraziandovi di averci convocato oggi. Gradiremmo, però, dare un contributo in fase preventiva. Per quanto riguarda la stesura del testo, infatti, non c'è stata una consultazione né con noi né ci risulta con altre parti del Terzo settore e del sociale. Il contratto di servizio ha una funzione essenziale, e per questo è necessario il confronto con le organizzazioni sociali del Terzo settore.
  Per quanto riguarda la questione specifica, rispetto a questa considerazione generale, inserita all'interno dell'articolo 22 della bozza che ci avete inviato, mi permetto di richiamare quest'articolo, che si intitola «comitato di confronto», cercando di puntualizzare anche in senso storico il fatto che il Forum del Terzo settore dal 1996 – sono circa vent'anni – con un protocollo aggiuntivo dà un contributo fattivo di orientamento e di consultazione anche attraverso quello che era il tavolo comune di confronto che faceva riferimento al Segretariato sociale Rai. Abbiamo visto con preoccupazione sparire completamente il riferimento al Segretariato sociale Rai e ai meccanismi di consultazione periodica e di confronto. Attualmente, il Segretariato sociale Rai è diventato una struttura tecnica, non quello che era all'inizio degli anni Duemila, una vera e propria sede in grado di interagire con le reti e favorire la comunicazione e il dialogo diretto tra il broadcasting TV, la multimedialità e le testate giornalistiche e, per quanto riguarda il nostro mondo, tutte le organizzazioni sociali.
  Al comma 2, si fa riferimento a delle caratteristiche. A questo punto, faccio una proposta, che chiedo venga accolta, sempre in uno spirito propositivo e collaborativo, all'interno di una cornice positiva entro la quale consideriamo il testo del contratto di servizio che ci avete proposto.
  La proposta è di aggiungere «cultura associativa e competenze di tipo giornalistico, di comunicazione sociale, di funzionamento televisivo» alle competenze che riguardano anche i temi di cui all'articolo 9 della bozza che ci avete proposto. Secondo noi, va specificato meglio il ruolo di questo comitato di confronto.

  PRESIDENTE. È il punto 2 dell'articolo 22, giusto?

  IVANO MAIORELLA, rappresentante del Forum del Terzo settore. Esatto.

  PRESIDENTE. Che fa riferimento, come lei dice, all'articolo 9.

  IVANO MAIORELLA, rappresentante del Forum del Terzo settore. Esatto.

  PRESIDENTE. Se i colleghi mi consentono, sulla questione relativa all'articolo 22 e a questo comitato di confronto anche le altre associazioni con cui abbiamo interloquito stamane hanno tutte evidenziato la problematica che ha sottolineato. Credo, in relazione anche alle sue parole, che ci dovrebbe essere da parte nostra una forma di correzione. Anche la questione del rapporto con il segretariato sociale è emersa in modo abbastanza evidente. Questo Segretariato sociale, che, come ha detto giustamente lei, ha svolto per anni un lavoro proficuo per interfacciarsi con le associazioni, in particolare quelle del Terzo settore – diversamente, non si sarebbe chiamato Segretariato sociale – è venuto meno.

  IVANO MAIORELLA, rappresentante del Forum del Terzo settore. Siamo convinti che la Rai, anche attraverso il Segretariato sociale Rai, senza delegare in toto questa responsabilità, ma considerandolo, come diceva il presidente, una forma di Pag. 33interazione e di interlocuzione, debba creare una sede aperta, un ponte di dialogo. Non è facile, per i cittadini e per il mondo del Terzo settore, interagire col sistema Rai. Ci sono problemi di complessità, di specificità tecnica, ma anche proprio di possibilità di trovare l'interlocutore giusto. Il Segretariato sociale Rai in quella fase aveva esattamente questa funzione. Chiediamo alla Rai di farsi carico di questa doppia strategia, che la differenzia dagli altri media – la Rai è un unicum – con una responsabilità sociale rinforzata in quanto azienda, e un rapporto continuo e costante con i cittadini in quanto servizio pubblico attraverso il Forum del Terzo settore e attraverso un ponte che, ripeto, potrebbe essere il Segretariato sociale Rai.
  Chiediamo anche che, sempre all'interno dell'articolo 22, quando si parla di questo comitato di confronto, come l'avete chiamato, ma che nella specifica ho cercato di spiegarvi, questo risulti un po’ meno freddo, un po’ meno tecnico. Lo scalderei un po’, lo riempirei di più contenuti anche relativamente a quanto vi ho detto, riprendendo l'esperienza storica positiva nata all'interno del Segretariato sociale Rai.
  Chiediamo che vengano predisposte reali verifiche qualitative e quantitative della comunicazione sociale al fine di misurare gli obiettivi di quanto ho detto all'inizio. Chiediamo anche che sempre all'interno di quest'articolo possano essere individuate alcune aree tematiche, in particolare sette, che secondo noi ben rappresentano un racconto sociale dell'Italia: ambiente, salute e qualità della vita, consumatori, senso civico e tutele, sport sociale e per tutti, nuove emergenze sociali e questioni del lavoro, immigrazione, integrazione e multiculturalismo, pari opportunità, generazioni, realtà sociali e tutele. Chiediamo di costruire occasioni di interazione stabile e mutuo ascolto con i direttori di testata e di rete per ciascuna di queste aree. Chiediamo occasioni di dialogo con giornalisti, autori, registi e programmisti, quello che è esattamente il vanto del nostro Paese, ovvero una Rai capace di interpretare il ruolo del servizio pubblico sapendo ascoltare e predisponendo risposte. Riteniamo che esistano le competenze. La comunicazione sociale può contribuire a raccontare il nostro Paese attraverso l'esperienza di stakeholder sociali, portatori di pluralismo tematico, di autonomia e presa diretta con la società civile. Un altro unicum che dal nostro punto di vista rende davvero la Rai insostituibile è la fitta presenza territoriale del Terzo settore, che ben si incontra con la vocazione territoriale delle TGR Rai, patrimonio unico.

  PRESIDENTE. Quelle venti sedi sono strategiche.

  IVANO MAIORELLA, rappresentante del Forum del Terzo settore. In passato abbiamo sentito tutti parlare di riduzioni, di razionalizzazioni. Se razionalizzazione va fatta, chiediamo che non venga fatta alle spalle delle sedi territoriali Rai, proprio la realtà di frontiera che contribuisce a raccontare il volontariato, il sociale, l'iniziativa sul territorio.
  Si chiede che sia inserito anche il rispetto delle carte deontologiche in maniera più espressa rispetto e un linguaggio per noi essenziale come codice di interpretazione e di racconto del Paese, visto che parliamo di persone. Pensiamo alla Carta di Roma, che chiediamo venga inserita organicamente all'interno del contratto di servizio. È la carta deontologica diretta al racconto dei migranti. Dieci anni fa, la situazione del nostro Paese non era quella attuale. Oggi, diventa un aspetto di rispetto verso loro, verso noi, verso il Paese, verso l'Europa, verso tutti. La Carta è stata siglata dall'Ordine dei giornalisti e dalla Federazione nazionale della stampa nel 2008, come tutte le altre carte deontologiche.
  Altro punto, con riferimento all'articolo 5, è quello della multimedialità. Riteniamo che la multimedialità sia centrale, non un aspetto marginale o di supporto. Ci sembra, invece, che da quest'articolato sia stata derubricata a supporto tecnico di un broadcasting che ha sede Pag. 34altrove. La multimedialità ha e necessita di una produzione di comunicazione specifica, di produzione di contenuti specifici dal punto di vista giornalistico e tecnico.
  Questo è il contributo che pensiamo di dare, anche con una certa competenza avendo accumulato esperienza all'interno dell'attuale sistema di produzione di contenuti, dataci dalla possibilità tecnologica, oggi alla portata di tutti. Noi usiamo lo slogan: il primo media siamo noi. Questi 11 milioni di soci, associati, volontari del nostro Paese del Forum del Terzo settore sono il primo media, che continuano a comunicare in maniera circolare.
  Mi permetto con molta umiltà di segnalare alcuni anacronismi anche dal punto di vista del linguaggio.
  Si parla, nella bozza, di attivare un filo diretto con gli utenti. Questo va bene nel caso di trasmissioni televisive, ma distinguere gli utenti in riceventi e trasmittenti all'interno della multimedialità, e in particolare della rete, è praticamente impossibile, anacronistico. Aggiungerei qualcosa che ci permetta di valorizzare la circolarità del percorso comunicativo nelle due direzioni, in modo da favorire la partecipazione sia in quanto utenti sia in quanto broadcaster – i cittadini sono produttori di comunicazione, ovvero produttori di contenuti – con le opportune modifiche. Oggi, la comunicazione sociale prodotta dal Terzo settore è molto interessante per i contenuti che realizza, per le storie che produce, per i tanti fatti concreti che diventano notizie. C'è bisogno di canali in grado di valorizzarli. Riteniamo di essere molto forti, produttivi e interessanti come contenuti. Per questo abbiamo bisogno della Rai. Ci riteniamo molto deboli dal punto di vista dei canali, e anche per questo abbiamo bisogno di Rai. Da un certo punto di vista, quindi, possiamo offrire contenuti; da un altro, chiediamo canali, anche se ripeto che i canali vengono ormai costruiti dal Terzo settore in tutti i modi per le storie che produce. C'è bisogno di canali in grado di valorizzarli. In questo il servizio pubblico Rai TV può rendersi utile ed esprimere al meglio quanto scritto nell'articolo 21 della Costituzione, ovvero arrivare a costruire opportunità di comunicazione laddove il singolo cittadino in forma individuale o associata non arriva. È utile sperimentare sul Web anche attraverso spazi specifici e palinsesti a forte connotazione sociale. Lego l'aspetto della multimedialità a un'altra questione, cui prima accennavo, che riguarda il tema della pari opportunità e della pari dignità, a cui fate riferimento in vari punti del contratto di servizio. Lo consideriamo molto positivamente, con questa specifica. Prima, vi parlavo dei migranti. Adesso, vi faccio un piccolissimo excursus sulle persone con disabilità. Dai segnali che abbiamo raccolto, le associazioni, le persone con disabilità non sono contente della bozza del contratto di servizio che ci avete sottoposto. Non ci sono sedi, non ci sono servizi sufficienti, e soprattutto nella forma c'è un tema che riguarda l'aspetto culturale. Sono centrale la pari dignità e la parità di genere, ma non soltanto tra uomini e donne, bensì tra soggetti forti e soggetti cosiddetti deboli, ad esempio, tra soggetti economici e soggetti sociali, tra persone con e senza disabilità. Era mio dovere fare questo excursus. So che avete ascoltato associazioni di disabilità, ma al Forum del Terzo settore fanno riferimento molte associazioni di persone con disabilità.
  Quanto all'offerta televisiva, questo è un punto cardine del contratto di servizio che ci avete inviato, in uno dei primi articoli.
  All'articolo 3, va bene l'inserimento al punto a) sull'informazione generale in riferimento al Terzo settore, moderno e corretto nel linguaggio. Tra i sei generi elencati, però, manca un riferimento specifico alla comunicazione sociale – non mi dilungo, ho già detto abbastanza – ovvero a quel tipo di comunicazione capace di trasmettere socialità e relazioni, cittadinanza attiva e cultura dei diritti, della solidarietà e dell'uguaglianza secondo le aree tematiche di cui vi ho parlato prima e che vi invieremo per iscritto, col racconto di esperienze di volontariato del Terzo settore che valorizzano il territorio. Si propone di aggiungere Pag. 35 questi riferimenti al punto b): programmi di servizio di comunicazione sociale.
  Sullo sport apro una parentesi specifica, visto che ne parlate in quell'articolo. Nel punto dedicato allo sport occorre aggiungere riferimenti specifici allo sport sociale e per tutti, grazie al quale l'Istat dice che in Italia ci sono 20 milioni di praticanti, e 15 milioni che si addizionano a questi, di persone che praticano attività di sport leggero, salutare, alla portata di tutti. Parliamo di una cosa diversa dallo sport dei campioni. È necessario che la Rai consideri questo come contenuto autonomo. Per questo vi propongo di aggiungere o di considerare questa frase: «La Rai, oltre a trasmettere avvenimenti sportivi anche di discipline meno popolari, deve contribuire attraverso il racconto alla divulgazione dei valori dello sport e dei suoi risvolti sociali». Questi contenuti vanno trasmessi non solo sui canali tematici, nella fattispecie Rai Sport 1, ma anche nei programmi sportivi dei tre canali principali e di maggiore ascolto, dove negli ultimi anni è diminuita, anziché aumentare, la presenza complessiva e la proposta di tutti gli sport. Non solo calcio.
  L'ultima considerazione, riguarda l'articolo 23, punto c), in riferimento all'offerta dedicata all'educazione. Proponiamo di aggiungere, visto che si parla di educazione anche civica, «alla solidarietà e ai diritti», e, quando si parla di sport, «con riferimento in particolare allo sport sociale e per tutti». Al punto e) chiediamo di aggiungere – parlo sempre dell'articolo 23 – «attenzione al linguaggio dei conduttori rispettoso della dignità e dei codici deontologici giornalistici». Ho fatto riferimento ai conduttori, perché spesso non sono giornalisti, e quindi non conoscono i codici deontologici giornalistici.
  Relativamente all'articolo 7, quello sull'audiovisivo, molto importante, quando si fa riferimento alla parte paesaggistica, chiediamo di fare riferimento anche alla qualità delle relazioni e della socialità, favorita dal forte radicamento territoriale di buone pratiche di solidarietà di associazionismo e di volontariato. Anche quello è paesaggio. Le relazioni, che altri Paesi invidiano al nostro, fanno parte del paesaggio sociale. Il paesaggio non è solo turismo, osservazione, ma entrare dentro. Relazioni e socialità rappresentano un patrimonio italiano.
  Nell'articolo 18 fate riferimento alla tabella di attuazione della liberazione della banda 700 Mhz. È un problema tecnico che comprendo, ma qui chiediamo che non sia penalizzata la fascia di cittadini che non può permettersi in termini economici l'acquisto di nuovi device di tipo televisivo più moderni in grado di assolvere a questa funzione, che probabilmente andrebbe anche spiegata un po’ meglio. C'è, infatti, solo un riferimento en passant.
  Penso d'aver comunicato tutto. Grazie della pazienza e dell'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Mi era sembrato di cogliere forse dalla relatrice una richiesta a intervenire, anche se devo dire che ha declinato veramente in modo perfetto, seppure in forma di appunti, le richieste del Forum del Terzo settore, collegandole all'articolazione stessa del testo.

  DALILA NESCI. Intervengo solo per ringraziare. I contributi sono specifici, quindi sarà facile per noi lavorarci nel merito.

  MICHELE ANZALDI. Intervengo semplicemente con un flash. Voglio scusarmi, ma non è colpa nostra, per il mancato coinvolgimento prima del Terzo settore nella stesura. Non è colpa nostra. Noi abbiamo intuito questa cosa, e la Commissione ha voluto forse per questo motivo dare l'incarico di relatori alle persone più sensibili tra noi in questo campo, la collega Nesci e l'onorevole Lupi, che, come lei sa benissimo, è molto legato al Terzo settore. Speriamo tramite loro di riuscire a fare un buon lavoro. Inoltre, visto che tutte le audizioni di questa giornata hanno sottolineato il «rallentamento» del Segretariato sociale, forse sarebbe il caso proprio Pag. 36 di pensare a un atto ispettivo, di chiedere che cosa ha fatto quest'anno, che bilancio hanno, quanto costa, che cosa non fa, quante pratiche ha aperto.

  PRESIDENTE. Come lei sa, onorevole Anzaldi, mercoledì avremo l'Ufficio di presidenza, e quindi potremo deliberare in merito, se lei è d'accordo e se anche gli altri lo saranno.
  La ringrazio molto. A questo punto, penso che in particolare la relatrice Nesci e il relatore Lupi attenderanno le comunicazioni scritte, oltre a quest'intervento esaustivo che ha fatto.
  Onorevoli colleghi, con quest'audizione termina il lungo percorso auditivo di stamane. Martedì sono in programma altre audizioni. Vi auguro una buona giornata.

  IVANO MAIORELLA, rappresentante del Forum del Terzo settore. Siamo disponibili, presidente e componenti della Commissione di vigilanza, anche in fase di consultazione, a qualsiasi tipo di incontro anche di tipo informale. Grazie ancora.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 12.45.