XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 123 di Mercoledì 10 maggio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Audizione dell'amministratore delegato di Rai Cinema, Paolo Del Brocco:
Fico Roberto , Presidente ... 3 ,
Del Brocco Paolo , amministratore delegato di Rai Cinema ... 3 5 ,
Bernini Anna Maria  ... 14 ,
Del Brocco Paolo , amministratore delegato di Rai Cinema ... 14 ,
Fico Roberto , Presidente ... 14 ,
Del Brocco Paolo , amministratore delegato di Rai Cinema ... 14 ,
Fico Roberto , Presidente ... 16 ,
Del Brocco Paolo , amministratore delegato di Rai Cinema ... 16 ,
Airola Alberto  ... 16 ,
Fico Roberto , Presidente ... 16 ,
Airola Alberto  ... 16 ,
Fico Roberto , Presidente ... 16 ,
Del Brocco Paolo , amministratore delegato di Rai Cinema ... 16 ,
Airola Alberto  ... 18 ,
Del Brocco Paolo , amministratore delegato di Rai Cinema ... 18 ,
Margiotta Salvatore  ... 18 ,
Lupi Maurizio (AP-CpE-NCD)  ... 19 ,
Verducci Francesco  ... 20 ,
Airola Alberto  ... 21 ,
Bernini Anna Maria  ... 22 ,
Lainati Giorgio (SC-ALA CLP-MAIE)  ... 23 ,
Fico Roberto , Presidente ... 24 ,
Airola Alberto  ... 24 ,
Del Brocco Paolo , amministratore delegato di Rai Cinema ... 24 ,
Fico Roberto , Presidente ... 24 ,
Del Brocco Paolo , amministratore delegato di Rai Cinema ... 24 ,
Airola Alberto  ... 26 ,
Del Brocco Paolo , amministratore delegato di Rai Cinema ... 26 ,
Airola Alberto  ... 27 ,
Del Brocco Paolo , amministratore delegato di Rai Cinema ... 27 ,
Lupi Maurizio (AP-CpE-NCD)  ... 27 ,
Del Brocco Paolo , amministratore delegato di Rai Cinema ... 27 ,
Lupi Maurizio (AP-CpE-NCD)  ... 27 ,
Del Brocco Paolo , amministratore delegato di Rai Cinema ... 27 ,
Fico Roberto , Presidente ... 27 ,
Del Brocco Paolo , amministratore delegato di Rai Cinema ... 27 ,
Fico Roberto , Presidente ... 28 ,
Del Brocco Paolo , amministratore delegato di Rai Cinema ... 28 ,
Fico Roberto , Presidente ... 28 ,
Del Brocco Paolo , amministratore delegato di Rai Cinema ... 28 ,
Fico Roberto , Presidente ... 30

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'art. 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione dell'amministratore delegato di Rai Cinema, Paolo Del Brocco.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'amministratore delegato di Rai Cinema, Paolo Del Brocco, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  È inoltre presente il direttore delle relazioni istituzionali della Rai, Fabrizio Ferragni, e la responsabile pianificazione e controllo di Rai Cinema, Federica Guidi, che ringrazio per la loro presenza.
  Do la parola al dottor Del Brocco, con riserva per me e per i colleghi di rivolgergli, al termine del suo intervento, eventuali domande e richieste di chiarimento.

  PAOLO DEL BROCCO, amministratore delegato di Rai Cinema. Ringrazio la Commissione, gli onorevoli commissari e il presidente per avermi dato la parola.
  Come la precedente, che risale a un paio d'anni fa, questa audizione rappresenta per Rai Cinema un'opportunità per presentare le attività in cui la società è impegnata ed esporre l'operato che ha permesso a Rai e a Rai Cinema, specialmente negli ultimi anni, di aggiungere a nostro avviso naturalmente, alcuni risultati apprezzabili per l'industria del cinema e per la produzione culturale del nostro Paese. Ritengo utile qualsiasi confronto che possa dare spunti per migliorare, qualora se ne ravvisino l'esigenza e la necessità. Mi scuso a priori se ripeterò qualche concetto forse già enunciato nella precedente audizione, ma d'altra parte Rai Cinema ha un'attività pluriennale di lungo termine, quindi per descrivere l'operato della società devo tornare su alcuni concetti, anche se cercherò di non dilungarmi più di tanto. Nella parte finale vorrei illustrare anche alcuni cambiamenti editoriali in atto anche su progetti che si stanno sviluppando o sono in via di produzione, così da dare un quadro completo. Naturalmente sarebbe bello vedere tante immagini, ma sarebbe servito un giorno e non un tempo limitato, quindi non ho potuto portare grandi contributi, se non uno che vedremo a brevissimo, per fare il punto sull'operato della società.
  Mi consentirete una nota personale, perché mi fa molto piacere poter dire di essere onorato di aver diretto per alcuni anni questa società, Rai Cinema, con un gruppo di collaboratori eccezionali guidati da una grande passione per il proprio lavoro. Tutto è perfettibile, tutto è migliorabile, ma credo che i risultati raggiunti in termini industriali, economici e culturali siano stati sicuramente significativi. Chiaramente ci impegneremo per raggiungere risultati ancora maggiori e ancora migliori, per dare visibilità all'attività del servizio pubblico nel cinema.
  Prima di addentrarci in aspetti più inerenti all'operato della società, consentitemi Pag. 4alcune enunciazioni di principio, da amante del cinema. Penso che la produzione cinematografica di un Paese rappresenti uno dei modi più efficaci in cui la società di un Paese si racconta. Quello cinematografico è uno sguardo che incide nel profondo, che lascia il suo segno nel tempo, è un filo che attraversa storie, stagioni e generazioni, tracciando e sostenendo la memoria collettiva e le nostre eredità comuni, ma soprattutto la nostra identità. L'energia del cinema rispetto ad altre forme di racconto audiovisivo, come ad esempio la fiction, non si esaurisce nell'immediato, ma tende a conservarsi e a dare il meglio di sé con il passare del tempo, grazie ad un linguaggio più reale, forse più crudo, ma indubbiamente più libero rispetto ad alcuni vincoli che ci sono per quanto riguarda la parte televisiva. Naturalmente, come sapete, il cinema viene prodotto non direttamente per la televisione, siamo l'unica realtà che non produce direttamente per il palinsesto, ma produce essenzialmente per andare prima in sala e poi per poter sfruttare tutta la catena del valore, fino al palinsesto televisivo. Sicuramente esiste una correlazione tra la cinematografia di un Paese e il grado di emancipazione culturale e lo sviluppo economico. Un Paese che non fosse più in grado di fare cinema sarebbe un Paese a mio avviso irrilevante e marginale, non solo culturalmente, ma anche economicamente. Il cinema infatti non deve essere inteso soltanto nelle sue accezioni culturali, ma deve essere considerato anche come un'industria rilevante per l'economia del Paese, come dai numeri che fra poco vi illustrerò.
  La mission di Rai Cinema in brevissimo intanto vede la parte di copertura del fabbisogno del palinsesto, di cui oggi non parliamo, perché parleremo soprattutto di produzione e distribuzione. Comunque la nostra attività di acquisto diritti garantisce alle reti in quantità e qualità il prodotto di acquisto dei generi film, tv-movie, prodotto seriale e cartoni, e con il proprio magazzino Rai Cinema copre circa il 22 per cento del palinsesto dei canali generalisti in termini orari (credo che siamo vicini a un 35 per cento delle collocazioni di prime time) e oltre 30.000 ore di canali tematici.
  Dal punto di vista della produzione la mission era quella di creare un centro di competenza sul cinema di produzione, garantendo l'ottimizzazione degli investimenti previsti dalla legge e dal contratto di servizio nella produzione cinematografica italiana, costituendo un volano dell'industria cinematografica e assicurando la massima visibilità al cinema italiano su molteplici canali e piattaforme (perché non basta farlo, bisogna anche assicurare la visibilità), sostenendo lo sviluppo dei produttori indipendenti secondo logiche industriali e non secondo logiche assistenziali, garantendo il presidio diretto e integrato di tutta la filiera distributiva anche a favore dei produttori indipendenti, anzi direi soprattutto a favore dei produttori indipendenti, comunicando il marchio del servizio pubblico, questo anche all'estero grazie a una presenza massiccia nei più importanti festival internazionali. Questa mission è stata delineata dopo l'introduzione della legge n. 122 del 1998, che ha determinato un enorme incremento degli investimenti nel cinema da parte della Rai, perché si passò dai 19 miliardi del 1997, ai 25 del 1998, agli oltre 71 del 1999: la Rai si trovò a trasformare un obbligo di legge in un'opportunità per l'industria e per questo motivo fondò una società di scopo.
  Diversamente dal modello operativo precedente alla costituzione della società, Rai Cinema ha permesso un forte presidio editoriale, una focalizzazione su progetti produttivi che coniugano qualità e mercato, una patrimonializzazione dell'azienda con l'acquisizione di quote sempre minoritarie, perché naturalmente dobbiamo far sì che gli indipendenti, anche se in questo non c'è una norma ad hoc, abbiano la proprietà maggioritaria del film, un presidio integrato di tutta la filiera dei diritti del prodotto cinematografico e anche un'ottimizzazione dello sfruttamento commerciale dei diritti grazie alla distribuzione sui vari canali. Per riassumere la nostra storia, abbiamo un breve filmato.

  (Segue proiezione video).

Pag. 5

  PAOLO DEL BROCCO, amministratore delegato di Rai Cinema. Questa chiaramente è un'estrema sintesi, sedici anni di storia non sono facili da sintetizzare.
  Negli ultimi anni sono stati i film, i produttori, i registi accompagnati da noi, i protagonisti di tanti festival internazionali: abbiamo vissuto emozioni anche perché per chi ama il nostro Paese andare a festival a Berlino o a Cannes quando compare il nostro logo anch'io ancora mi emoziono. Credo che tutti i premi vinti negli ultimi anni (abbiamo vinto praticamente tutto in tutti i festival del mondo) abbiano dato una riconoscibilità al cinema italiano a livello internazionale. Abbiamo avuto un meraviglioso anno con Fuocoammare, ho partecipato attivamente visto che il produttore aveva una dimensione limitata, quindi ci abbiamo messo la faccia noi. Ricordo l'uscita in America al Lincoln Center con il Q&A alla fine del film, che è stato veramente difficile da riportare per quanto è stato emozionante; l'Efa, l'oscar europeo, ne abbiamo vinti quattro o cinque, soltanto per dire dell'ultimo anno, e poi la grande cavalcata della nomination agli Oscar. Credo che solo una volta un documentario italiano sia entrato in nomination, nel 1960 o 1962, se non ricordo male. Devo dire che è stato un lavoro fantastico, se pensate che c'erano colossi nella cinquina come Netflix e Amazon, pensate che il documentario di Netflix, Thirteen, ha speso solo per la campagna Oscar di un documentario 15 milioni di dollari, pensiamo contro chi combattevamo. Il fatto di essere entrati in questa cinquina, unico italiano contro quattro americani (lì è veramente una competizione internazionale perché c'erano tutti i documenti del mondo) ed è stato anche riconosciuto molto nella settimana degli Oscar a Los Angeles, soprattutto a Gianfranco Rosi, il ruolo anche «politico» che ha avuto questo documentario.
  Tornando a noi, l'attività di Rai Cinema si svolge in un corridoio stretto tra gli obiettivi richiesti dal ruolo di servizio pubblico e le esigenze che il mercato oggi richiede per competere in modo adeguato. A differenza di un soggetto privato, le cui scelte sono rivolte alla massimizzazione economico-finanziaria dell'investimento, come è legittimo, le mire della nostra azienda contemperano più dimensioni. C'è una dimensione industriale, c'è una dimensione economico-produttiva e c'è una dimensione editoriale-culturale, le tre direttrici su cui cerco di impostare la mia esposizione.
  Per quanto riguarda la dimensione industriale, investire sul cinema significa non soltanto cultura, ma anche economia e industria. Nel corso degli anni Rai Cinema ha costituito un vero e proprio fulcro per l'industria italiana, accompagnando moltissimi produttori indipendenti verso la realizzazione di film, intervenendo in modo significativo anche nella distribuzione. Possiamo quindi affermare di aver operato come un vero e proprio moltiplicatore economico, in cui gli investimenti sono in grado di produrre significativi ritorni in termini di occupazione, di consumi, di reddito e di fiscalità. È stato dimostrato da varie ricerche, tra cui quella forse più famosa dell'ente dello spettacolo, che da ogni euro investito nella produzione cinematografica scaturiscono 4 legati alle sole attività dirette della produzione, quindi non tutto l'indotto, innescando in questo modo una serie di meccanismi virtuosi. L'obiettivo di questa gestione negli ultimi anni è stato quello di aumentare il numero dei film prodotti, di allargare la base produttiva. Siamo arrivati a un punto in cui il cinema italiano aveva bisogno di un impulso sicuramente di storie, ma sicuramente anche industriale. Questo aumento di film prodotti si traduce in un maggior numero di sceneggiatori, registi, maestranze, tutti quelli coinvolti nella realizzazione del film, quindi economia, e questo ha significato anche collaborare con un numero maggiore di produttori e far sì che alcune realtà potessero emergere e anche crescere, oltre a quelle consolidate già nei primi dieci anni della nostra storia. Negli ultimi anni la Rai attraverso Rai Cinema ha ritenuto di investire di più e meglio, consapevole della responsabilità del proprio ruolo all'interno del settore. Questo ulteriore investimento ha consentito di allargare la base produttiva del nostro sistema. Senza produzione non esisterebbe il cinema e non Pag. 6esisterebbero i canali di sfruttamento dell'opera cinematografica. Voglio dire una cosa, che forse pochi sanno. La Rai ha operato sempre con un obbligo di investimento che parte dalla legge 122 del 1998, fino ad arrivare alla ricezione di questo obbligo nel TUIR, però questa quota fino al 2013 di fatto era abbastanza lasca. Vi faccio un esempio pratico: all'interno di questa quota complessiva di cinema italiano poteva esserci la produzione cinematografica nuova, ma anche acquisto di diritti, quindi se la Rai avesse comprato i film di Totò, quelli sarebbero rientrati nella quota di produzione (non succedeva, però estremizzo). Solo dal 2014 si è definito in modo molto più puntuale e peraltro anche su nostro input una sottoquota che andasse a individuare un budget di produzione specifico, tanto che oggi il budget di Rai Cinema per la produzione viene fuori da un'operazione matematica, quota e sottoquota rispetto a tutti i ricavi Rai, canone e risorse pubblicitarie, e da questo deriva l'investimento.
  Come potete vedere dal grafico successivo, fino al 2009 abbiamo investito mediamente sui 35-36 milioni l'anno. Dal 2010, in virtù del ragionamento che vi ho fatto, abbiamo cominciato a incrementare fortemente gli investimenti. Se quindi dal 2015 in poi questo investimento sarà frutto del decreto interministeriale con cui si definiscono meglio le quote di produzione, fino al 2014 in modo spontaneo e responsabile Rai Cinema ha incrementato i propri investimenti sul cinema. Come l'abbiamo fatto, aumentando le risorse? Assolutamente no, perché il nostro budget complessivo era quello, quindi abbiamo ritenuto di dover decrementare gli investimenti sul cinema internazionale per la distribuzione, che era stato il cavallo di battaglia agli inizi di 01 e di Rai Cinema, per spostare queste risorse sul cinema italiano, quindi sull'economia e sull'industria italiana. In questo modo siamo riusciti, dal punto di vista industriale, ad aumentare in modo consistente i numeri. Abbiamo fatto dal 2010 ad oggi 400 film, di cui 192 opere prime e seconde e di queste dobbiamo rivendicare una paternità perché il fatto di allevare i talenti, di scovarli, di fargli fare anche le opere seconde quando hanno fatto una buona opera prima, la cosiddetta «attività di ricerca e sviluppo» di qualsiasi azienda a nostro avviso è molto importante. Ma soprattutto documentari, termine che non ci piace perché noi li chiamiamo cinema della realtà, documentario secondo noi è un'altra cosa.
  C'è stato un incremento forte dei produttori, sui quali vi forniremo qualche dato. Gli investimenti complessivi sono aumentati confrontando dei periodi, uno più stretto e uno più largo, sono aumentati in modo più che proporzionale rispetto al numero che vedete qui, e anche sui documentari passiamo dagli 8 ai 19-20 milioni di questi ultimi anni. Ripeto: abbiamo ridotto fortemente il budget sui film internazionali e aumentato il numero dei film italiani e gli investimenti. Ogni film chiaramente porta con sé una piccola economia, sostenuta da maestranze e professionalità tradizionalmente di altissimo livello, di cui l'Italia deve essere orgogliosa. La produzione di un film significa ingaggiare un set, in cui trovano lavoro in media 40, 50, 60 persone, che, moltiplicati per il numero dei film complessivi della società, si traducono in decine di migliaia di unità impiegate nella realizzazione del film, senza poi considerare gli sfruttamenti a valle costituiti da moltissime realtà anche innovative e nascenti, che vivono grazie all'esistenza del prodotto cinematografico (distribuzione, esercizio, piattaforme on line, tutto quello che è legato alla distribuzione, con le spese relative alla promozione e al cosiddetto print and advertising budget). Inoltre l'azienda produce film in Italia da sempre, è contraria alla delocalizzazione, valorizzando in questo modo il territorio italiano e utilizzando le location straniere solo quando siano indispensabili per il meccanismo narrativo del film. Moltissimi film in questi anni sono stati realizzati a stretto contatto proprio con le Film Commission delle varie regioni, sviluppando così anche una strategia di promozione territoriale.
  Riepilogando, quindi, 400 film dal 2010, 405 milioni di investimento, 300 società di produzione, 520 registi, 305 documentari e diverse centinaia di sceneggiatori che hanno Pag. 7contribuito a realizzarli. Questi naturalmente sono dati sia dei film, sia del cinema della realtà, quindi anche dei documentari.
  Sempre nell'ambito industriale vorrei parlare di 01 Distribution. Questa attività è sicuramente significativa, i dati che avete visto nel filmato si riferivano a tutta la vita della società. Il controllo diretto della distribuzione ha permesso a molto cinema italiano una visibilità e una diffusione che prima non aveva. Rispetto alle logiche attuate in precedenza, 01 riuscì nei primi anni 2000 a imporre il cinema italiano d'autore, assicurandone una visibilità presso un pubblico decisamente più vasto e contribuendo a modificare strutturalmente il posizionamento del prodotto cinematografico italiano d'autore, facendolo uscire dalla nicchia in cui era confinato per garantirgli una nuova popolarità. Questo aspetto ci è riconosciuto da tutti gli operatori del settore, da tutti i distributori e da tutti i produttori. Non lo avrebbe potuto fare nessun altro operatore privato, anche per banali motivi economici che poi andremo a spiegare. Se nel 2001 un film italiano usciva magari con 50 copie, oggi questi numeri sono triplicati o quadruplicati. Vi faccio un esempio: abbiamo un bellissimo film nelle sale, che vi invito ad andare a vedere, La tenerezza di Gianni Amelio, che è uscito con quasi 300 copie, far uscire un film di quel tipo con 300 copie significa avere la forza di un listino, altrimenti non si potrebbe far uscire in questo modo e dare visibilità a una popolazione così vasta. Una scelta che si è dimostrata a nostro avviso vincente, perché, se la quota di mercato del cinema italiano è passata dai primi anni 2000 del 16-17 per cento a oltre il 30 (parlo di media perché nel 2015 c'è stata una flessione importante), questo è merito non solo di Rai Cinema ma di tutto il settore e di tutta la produzione italiana, ma penso che l'impulso principale sia stato dato dall'assolvimento del ruolo di servizio pubblico nel settore cinematografico. Per noi il successo di un film non può essere valutato solo in termini di incasso, e questo è l'altro grande elemento importante dell'esistenza di 01, perché è normale che ci siano film che non hanno una potenzialità commerciale così alta, ma deve essere interpretato dalla capacità che ogni film ha di raggiungere il proprio pubblico di riferimento, il proprio target, piccolo o grande che sia, senza escludere nessuno. Alcuni film hanno come riferimento un target limitato, però, se raggiungiamo quel target, per me il film ha avuto un grande successo. Vi faccio un esempio che forse già ho fatto l'altra volta, se non ricordo male: per me il successo commerciale dei due film di Siani, che sono stati il nostro prodotto di punta negli ultimi 3-4 anni e hanno fatto uno 15 e l'altro 11 milioni di incasso, quando con il film di Olmi sulla prima guerra mondiale incassiamo 1.300.000 euro secondo me vale più il 1.300.000 di Olmi che l'altro, ma senza l'altro Olmi non avrebbe incassato 1.300.000 euro (ho fatto un esempio un po’ banale per capirci). Tutto questo grazie a 01 è possibile, perché la Rai, avendo una propria distribuzione, è riuscita ad avere una strategia in grado di comprendere le varie esigenze di un pubblico divenuto più complesso e differenziato rispetto al passato. Film complicati da distribuire, che probabilmente nessun altro avrebbe distribuito, hanno trovato una corretta collocazione, raggiungendo così il proprio pubblico di riferimento in sala. Ne abbiamo tantissimi, ve ne cito alcuni: Noi credevamo di Mario Martone, Terraferma di Crialese, Bella addormentata di Bellocchio, Viva la libertà di Andò, La sedia della felicità di Mazzacurati e tanti altri. Questi sono tutti film che hanno incassato in valore assoluto tra 1,5 milioni e 2 milioni, quindi non sono film ad alto incasso, ma questo incasso è un grande successo, dovuto alla capacità di penetrare in un certo mercato.
  Qui c'è un confronto fra i primi e gli ultimi anni. Da un punto vista della composizione del listino partivamo con il 48 per cento di film italiani e il 52 internazionali, ma in virtù di quello che vi dicevo prima ormai abbiamo ribaltato completamente, quindi siamo al 70 per cento, nel 2015 erano addirittura l'80 per cento, e il 20-30 per cento di film internazionali, anche se stanno sempre più calando nel nostro listino, ma d'altra parte sono fondamentali Pag. 8 per poter anche consentire di distribuire i film più difficili.
  Per quanto riguarda i numeri di 01, abbiamo distribuito 200 titoli e un botteghino di 505 milioni di euro, 95 milioni di biglietti. Di questi, 135 film sono italiani, con 360 milioni di euro di botteghino per gli italiani. La quota di mercato negli ultimi anni si attesta mediamente al 10 per cento, e questo numero mi dà l'occasione di parlare di una leggenda metropolitana o di un luogo comune. Spesso sento dire che 01 è un monopolista, non dovrebbe esserci, ma dobbiamo dire con grande chiarezza che la distribuzione per la Rai non è mai stata un costo, tutti i fondi investiti che anticipano il P&A sono stati totalmente recuperati da ricavi commerciali lungo la filiera. Lo dico qui perché ho avuto varie polemiche nel corso degli anni: il P&A non entra nella quota di investimento, che va solamente a finanziare la produzione di cinema. Questi sono soldi che vengono anticipati e poi recuperati, anticipati anche per conto dei produttori, perché ricordiamo che la maggior parte della proprietà di un film è del produttore, che dovrebbe rispondere su qualsiasi distribuzione della propria quota di anticipo. Naturalmente anticipa la Rai, perché ha la capacità finanziaria per poterlo fare.
  Vedevo un dato prima di venire qui: pensate che il valore del P&A, cioè dei costi di distribuzione sul cinema italiano da quando nasce Rai cinema, quindi anticipati, sono stati 230 milioni di euro. Nessun altro distributore privato avrebbe potuto fare una cosa del genere, perché banalmente non se lo potevano permettere. Sul mercato la leadership appartiene a 4 aziende americane, che hanno oltre il 60 per cento di quota di mercato. Sta per entrare un nuovo operatore, come sapete tutti, Sky Vision, quindi a nostro avviso 01 rappresenta un baluardo rispetto al cinema italiano, perché l'uscita di 01 dal mercato andrebbe a vantaggio dei soli distributori americani, che grazie a risorse importanti sarebbero in grado di catalizzare il prodotto commercialmente più forte (già ci stanno provando), lasciando il prodotto più debole ai distributori italiani anche indipendenti, acquisendo così maggiori quote di mercato. Questa cosa sta capitando, ci stanno provando, quindi non dico cose campate per aria. Questi sono i player nel mercato della distribuzione, le prime 4 vanno oltre il 60 per cento, ci sono 01 e Medusa che insieme fanno (dipende da quando c'è Checco Zalone-Medusa, perché le quote variano in questo senso) tra il 15 e il 20 per cento tutte e due insieme, tutto il resto è dei principali indipendenti.
  Altro tema: i distributori indipendenti (abbiamo i numeri) nei loro listini hanno in modo totalmente prevalente film internazionali, anche gli italiani, perché prendono film a basso costo che non costano come produrre un film, hanno tutto il vantaggio di avere un ritorno economico su investimenti a bassa intensità di capitale. Anche i distributori indipendenti, che adesso con la nuova legge (siamo stati sempre favorevoli) avranno vantaggi non indifferenti, non hanno distribuito presi uno per uno tanti film italiani, quindi molto cinema italiano si sarebbe forse disperso, anche se dobbiamo dare un altro dato: Rai Cinema finanzia, cofinanzia, co-produce molti più film di quelli che distribuisce, e molti di questi film trovano la possibilità di essere distribuiti da tante realtà distributive indipendenti (Lucky Red, BIM, Fandango, Eagle, Teodora, Bolero, Officine Ubu, Microcinema, Cinecittà Luce).
  In questo senso, pur ponendosi come un perno centrale, abbiamo aperto il mercato, perché senza i film finanziati anche da noi tutte queste società indipendenti non avrebbero potuto distribuire i film. Negli ultimi 7 anni 256 titoli sono stati distribuiti da distributori diversi da 01.
  Un'altra cosa che si dice spesso è che i film che vanno agli altri sono quelli piccoli. Sì, è vero, ci sono molti film sicuramente più piccoli, più limitati a volte commercialmente, ma abbiamo fatto distribuire da terzi anche film che hanno incassato in modo notevole (questo è un piccolo estratto). Spero quindi che questo concetto sia più chiaro rispetto al passato. Peraltro, se non ci fosse 01, ci sarebbe più spazio per la quota di mercato delle società straniere e sicuramente faremmo fatica a tener testa a Pag. 9produzioni sovranazionali e internazionali, che sono molto belle e divertenti, ma nulla hanno a che fare con la salvaguardia dell'identità culturale del nostro Paese. La possibilità di avere un distributore ha consentito di evitare un finanziamento a pioggia su tanti progetti, perché per una certa parte siamo responsabili verso i nostri partner coproduttori dei risultati commerciali del film, quindi ci dobbiamo per forza interessare di quanto fa un film, se incassa, se non incassa, se viene distribuito bene, altrimenti sarebbe molto più facile dare solamente finanziamenti per fare dei film, non essendo in alcun modo responsabili del risultato commerciale.
  Con questo passerei alla dimensione economico-produttiva, che è una dimensione diversa. Come vi dicevo prima, il film nasce soprattutto non per lo sfruttamento prioritario del palinsesto, a differenza dell'altro audiovisivo che produce la Rai, e la produzione avviene quasi sempre in regime di produzione associata, cioè in coproduzione con produttori indipendenti che detengono le quote di proprietà maggioritaria. Questo è il meccanismo di investimento. Il nostro ruolo è quello di accompagnare questi produttori indipendenti verso uno sfruttamento pieno e adeguato delle potenzialità di comunicazione economica delle opere filmiche prodotte, e naturalmente ognuna avrà un dimensionamento e un livello diverso di capacità. Questo perché mettiamo a disposizione dei produttori indipendenti una struttura industriale integrata verticalmente e insieme siamo portatori di creatività, di capacità produttive e siamo anche capaci insieme a loro di selezionare i nuovi talenti e sostenere i nostri autori più affermati.
  Al meccanismo di coproduzione e di acquisto dei diritti televisivi se ne affianca un altro, anche perché è previsto dal decreto ministeriale di cui parlavamo prima, perché c'è una sottoquota destinata all'investimento nel cosiddetto «pre-acquisto diritti», quindi l'allargamento della base produttiva è stato realizzato anche andando a investire cifre minori su prodotti più piccoli e più difficili, con una media dai 100 ai 200.000 euro a film, per poter dare sostegno ad alcuni produttori, dare sostegno ad alcuni film che ne avevano bisogno, dare il nostro marchio, grazie al quale molti produttori sono riusciti a trovare altre modalità di finanziamento e in molti casi delle piccole coproduzioni internazionali.
  Per quanto riguarda i numeri dei produttori, Rai Cinema ha collaborato con oltre 180 società di produzione dalla nascita sino al 2009, numero che non è raddoppiato, ma è molto aumentato negli ultimi 7 anni. Siamo a 300, di cui 240 sono società nuove, con le quali la società ha iniziato a collaborare nel 2010 grazie anche al forte impulso dato alla produzione documentaristica, che rappresenta una vera e propria palestra per società di produzione giovani ed emergenti. Qui abbiamo messo un piccolo estratto delle società nuove, che però hanno avuto anche un decente livello di investimento (qui ce ne sono alcune, non tutte). Il bello di questa strategia è che qui vediamo alcune società che hanno iniziato anche facendo piccoli documentari e che piano piano si sono affacciate o si stanno affacciando anche al cinema vero e proprio.
  Qui rappresentiamo gli investimenti co-produttivi di Rai Cinema suddivisi per range di investimento. Questa è una ripartizione rispetto a dei cluster sempre dal 2010 ad oggi: 75 film con investimento fino a 500.000 euro, 90 tra 500.000 e 1,5 milioni, 52 tra 1,5 e 2,5 milioni, una trentina tra 2,5 e 3,5 milioni.
  Come dicevo poc'anzi, nell'ottica di allargare la base produttiva sono stati finanziati anche molti film più piccoli, pre-acquisendo i diritti televisivi. Nel periodo indicato, infatti, la società ha acquisito oltre 120 film, con un investimento compreso tra i 100 e i 200.000 euro. Questo aspetto del pre-acquisto antenna ci ha attirato abbastanza sorprendentemente delle critiche da parte dei produttori più importanti, che dicono che facciamo troppi film e bisogna farne di meno. Salvo che la mission è definita dalla capogruppo, non certo da noi, francamente a mio avviso da operatore del cinema e dell'industria culturale questa critica non è corretta, perché dalla quantità nasce la qualità. Se vogliamo fare palestra, Pag. 10 dobbiamo far sì che facciano palestra anche i registi emergenti, anche i giovani registi, anche i giovani produttori, e con questo meccanismo, anche grazie al decreto ministeriale che specifica questo aspetto, abbiamo potuto realizzare una base produttiva molto più ampia. Moltissimi di questi film con questo investimento tutto sommato contenuto hanno girato il mondo in termini di festival.
  Per passare ai criteri di selezione, il cinema è sicuramente qualcosa di prototipico, ogni film ha una storia, ha un modo, ha un qualcosa, è un unico e irripetibile gesto artistico, però costruito attraverso processi industriali. Non siamo un Ministero, non assegniamo automaticamente i finanziamenti, Rai Cinema è un'impresa pubblica, ma sempre impresa e quindi dobbiamo avere a nostro avviso un criterio selettivo. Negli anni abbiamo cercato di introdurre degli elementi, cercando di abbassare il più possibile il livello di discrezionalità, che però comunque non può mancare quando appunto si parla di prototipi, di storie e di racconti. Dovevamo percorrere un corridoio stretto tra servizio pubblico e mercato, quindi tutte le scelte fatte devono basarsi sulla qualità del prodotto. Ricordo che valutiamo la qualità del prodotto a priori, non a posteriori, quindi è normale che alcuni film possano, come purtroppo è successo, anche venire male o essere brutti, perché non li vediamo quando sono già fatti, li dobbiamo scegliere prima, ed è una responsabilità complicata. È capitato anche a me, vedendo un film a posteriori, di dire che magari forse questo poteva anche essere evitato, però lo sappiamo solo dopo. Devo dire che però questi casi a mio avviso sono stati veramente pochi, perché li seguiamo sia in fase editoriale di scrittura, sia in fase di produzione, sia in fase di lancio.
  I criteri di selezione. Intanto tutti quelli che vogliono mandarci un progetto lo possono mandare, il più delle volte ci contattano direttamente, però c'è anche una mail dedicata sul sito, dove si possono inviare i progetti e dove c'è tutta una documentazione che deve essere presentata. Chiaramente il primo elemento è la valutazione della storia, della sceneggiatura, poi la comprensione del target, del genere e dell'ipotetico posizionamento nell'ambito del listino e sul mercato. Poi bisogna andare a monitorare la solidità del budget con dei monitoraggi ad hoc a preventivo, e l'affidabilità del produttore che ci propone il progetto, perché noi comunque diamo dei soldi, pochi o tanti, ma comunque mettiamo dei soldi in mano a un operatore privato, quindi dobbiamo essere sicuri che quell'operatore sia in grado di finanziare il film e di portarlo a termine, anche perché ricordo che noi siamo coproduttori minoritari, quindi il produttore deve trovare altri finanziamenti, altrimenti il film non si fa. Valutare, nel caso di opere prime o di opere seconde, le esperienze dei giovani talenti, capire se abbiano fatto già qualcosa, dei corsi dei documentari, oppure seguire i loro iter. Poi creare un prodotto che aderisca alle esigenze del pubblico, piccolo o grande che sia, senza escludere nessuno, come richiede la mission del servizio pubblico, valutare il potenziale sfruttamento dell'opera in base alle varie finestre, dalla sala per cui un film nasce fino ai canali televisivi, collocare l'opera in un quadro d'offerta più ampio, che tenga conto della linea editoriale, del piano di produzione e del portafoglio prodotti dell'azienda, perché naturalmente dobbiamo anche trovare un mix di generi, di storie diverse. Faccio sempre l'esempio che nell'anno del centenario della prima guerra mondiale ogni tanto arrivava un film sulla prima guerra mondiale, ne abbiamo fatti due, uno di Ermanno Olmi e un documentario, chiaramente non possiamo fare dieci film sulla prima guerra mondiale e abbiamo scelto con la nostra responsabilità, anche se poi alcuni sono arrivati forse troppo tardi. Poi c'è il portafoglio complessivo del piano di produzione, per cui è chiaro che dobbiamo diversificare il più possibile le storie che i film raccontano.
  Prima di passare alla dimensione culturale, vorrei dire un'altra cosa sempre per quanto riguarda la procedura di selezione. Naturalmente quelli sono i criteri, ma poi c'è tutto un iter all'interno dell'azienda, che parte dalla qualità della storia, da una Pag. 11prima lettura, poi dalla lettura delle strutture di produzione deputate, poi c'è un comitato di valutazione aziendale congiunto, dove entrano tutte le aree, perché il film non è solo storia, racconto, sceneggiatura, ma sono anche gli aspetti economici, gli aspetti di congruità economica di quanto possiamo investire, se quel film ha qualcosa di innovativo o meno, se è per il target commerciale o per il target d'autore, se può andare a un mercato particolare o a un festival (non lo sappiamo a priori, ma in alcuni casi lo possiamo immaginare).
  Una volta deciso quali film fare, dobbiamo far sì che quel film si faccia, quindi si va a porre in essere una trattativa economica con il produttore e noi non siamo i primi, il produttore deve venire e deve avere un'idea di piano finanziario, di quello che può trovare dai vari enti finanziatori pubblici o privati, dal tax credit interno, dal tax credit esterno, da eventuali produzioni internazionali e, se un produttore arriva e dice «io parto da Rai Cinema», gli diciamo: «torna quando hai anche qualche altra idea, perché noi non facciamo appalti». Ci arrivano 1.000 progetti l'anno e ne facciamo 50-60, nell'ultimo anno forse 70 a vario titolo, quindi anche per scegliere, al di là degli aspetti editoriali, è normale che se il produttore arriva, come sta capitando in questi ultimi tempi, dove ci sono produttori giovani che vengono già con due o tre coproduzioni internazionali, con un meccanismo già definito di tax credit, oltre al fatto che magari la storia è piaciuta ed è interessante, è chiaro che ha una priorità rispetto magari a qualche film anche bello, ma che arriva senza un piano finanziario che ne giustifichi la produzione.
  Possiamo andare alla dimensione editoriale culturale. Come dicevo, se da un lato il nostro obiettivo è stato quello di allargare la base produttiva, di fare più film, di fare più industria, di allargare l'industria del nostro Paese, dal punto di vista editoriale lo scopo principale è stato quello di incontrare le diverse tipologie di pubblico. Come si fa? Se facciamo più film, dobbiamo raccontare più storie possibili, parlare di più tematiche possibili. Come? Attraverso generi cinematografici e linguaggi diversi, raccontando la realtà in cui viviamo, la nostra storia, sempre nel rispetto dei diversi punti di vista, in grado di intrattenere e offrire spunti di riflessione (magari nella commedia commerciale ci sono meno spunti di riflessione) utili al dibattito culturale del Paese, in molti casi, laddove è possibile perché è la mission del cinema, anticipando le tendenze, le direzioni e le istanze del sentito comune. Dai film più importanti degli autori in grado di fornire parecchi spunti di riflessione e alimentare il dibattito culturale, ai giovani talenti su cui scommettere per il domani, ai film documentario di cui parlavo poc'anzi, che tanto stanno riuscendo a dare al nostro cinema, alle produzioni più innovative e sperimentali. Abbiamo ad esempio fatto una linea di web movies per il nostro portale Raicinemachannel.it per cercare di sperimentare nuovi modelli. Purtroppo da un paio d'anni si è fermata per mancanza di fondi, ma stiamo cercando di trovare un altro meccanismo, stiamo pensando di fare, più che dei film veri e propri, magari dei corti per il web. Abbiamo fatto una quindicina di questi film, a parte la metà in inglese, chiaramente alcuni sono venuti malissimo, altri invece benissimo, addirittura 2-3 sono campioni di vendite internazionali e alcuni sono usciti addirittura in sala in Paesi come la Turchia, sono film chiaramente per il web, quindi di genere, con storie un po’ «forti», però anche lì abbiamo provato – chiaramente è una goccia nel mare – a fare qualcosa di diverso. Dal film drammatico al film intimista, da quello sentimentale al film tragico, senza dimenticare un genere che tanto ha dato al cinema italiano, che è la commedia. Qui vorrei sfatare l'altra leggenda metropolitana/luogo comune. Tanti dicono che Rai Cinema ha realizzato solo commedie o fa solo commedie, ma le commedie dal 2010 ad oggi tra i film coprodotti sono il 13 per cento dei film totali realizzati. In questo modo togliamo anche un altro tema dal tavolo, perché capisco se ci sono operatori che non sono nel sistema, ma un produttore che vede i film continuamente, che vede il mercato, che vede la competition non può dire che abbiamo fatto o facciamo solo commedie. Peraltro, il genere Pag. 12 commedia è in netta diminuzione per quello che vi dirò tra poco.
  Questi film che vedete qui senza l'attività svolta da Rai Cinema non dico che non sarebbero stati realizzati tutti, molti sarebbero stati realizzati comunque, però altri probabilmente no, e questo è un piccolo orgoglio. Naturalmente non ve li leggo, altrimenti occorrerebbero un paio di ore, tanto le slide rimangono agli atti. È chiaro che anche le slide non sono esaustive di tutta l'attività, però cerchiamo di dare un'idea. Tutti questi registi hanno fatto l'opera prima con film fatti da Rai Cinema. Non sono tutti. Queste sono opere prime, di molti abbiamo fatto anche le opere seconde. Anche di questi qualcuno sarebbe emerso anche in modo alternativo, ma a molti altri sarebbe stato molto difficile far fare un'opera prima e quindi un'opera seconda. Alcuni si fermano all'opera seconda, altri invece vanno avanti e hanno avuto sicuramente dei successi.
  L'altro tema qual era? Cercare di raccontare più storie possibili. La nostra stella polare è sempre stata diversificazione produttiva ma diversificazione dal punto di vista del racconto e delle storie. Per fare questa presentazione ci siamo chiesti come organizzare, come far capire meglio quello di cui ci siamo occupati, perché due anni fa ho portato un tipo di diversificazione forse ormai stantia e troppo banale se vogliamo. Allora abbiamo trovato 25 o 26 macrotemi e per ogni tema abbiamo fatto tanti film. Naturalmente la cosa bella di questa ripartizione che voi trovate nello stesso tema film che hanno linguaggi narrativi molto diversi, generi cinematografici molto diversi, modalità di racconto molto diverse e anche registi molto diversi, e con questo un contributo alla crescita del nostro audiovisivo è stato dato.
  Crisi economica: alcuni sono ben conosciuti, altri meno, perché magari sono un pochino più piccoli. Costume italiano: da Qualunquemente a Boris, da Viva la libertà a Reality o Italy in a day di Salvatores, che tante soddisfazioni ci ha dato da un punto di vista mediatico. L'impegno civile: dal film di Pif con l'ottica quasi di un film delicato e garbato, ma che parla pesantemente di mafia, ad Era d'estate, film che andrà tra poco su Rai1, su Falcone e Borsellino all'Asinara, la storia di quel periodo, alla storia di Emanuela Orlandi, che mai nessuno aveva raccontato al cinema.
  Italiani nel mondo: Un giorno devi andare di Diritti, L'intrepido di Amelio quando lui per lavorare va a lavorare in Albania, quindi anche questa era un po’ una provocazione del regista, a Non è un paese per giovani di Veronesi, che è uscito da poco, con i ragazzi che vanno all'estero per trovare lavoro e soddisfazioni maggiori.
  L'amicizia: forme diverse da Muccino a Piccioni, a Vanzina. Film sull'integrazione: A Ciambra di Jonas Carpignano è uno dei quattro film italiani che abbiamo al Festival di Cannes, tutti gli autori opere prime od opere seconde.
  Sul lavoro andiamo da Sole cuore amore di Vicari, che è in sala in questi giorni, un film molto forte, molto intenso, drammatico, a Smetto quando voglio, che comunque parlava anche del tema del lavoro, pur avendo un genere completamente diverso, da Buoni a nulla a Un posto sicuro e Tra sette minuti di Placido, dove c'erano queste sette grandi attrici in una fabbrica che discutono di un accordo sindacale.
  Il crimine. È importante anche fare il cinema di genere e su questo sono nati dei registi importanti, Take five di Lombardi (Lombardi ha fatto anche l'ultima serie di Gomorra), I falchi di D'Angelo che ha fatto un'opera prima molto sorprendente e gli faremo fare sicuramente l'opera seconda sempre di un film di genere molto forte (questo ragazzo ha veramente dei numeri), Anime nere che vinse nove David di Donatello due o tre anni fa.
  La nostra storia. Anche qui generi diversi, da In guerra per amore di Pif a Noi credevamo e Il giovane favoloso di Martone, a Rosso Istria, un film che parla anche di foibe, a Torneranno i prati di Olmi.
  Le periferie: da Achab a Jeeg Robot, che è un caso particolare perché è nelle periferie, però c'è un elemento innovativo, il supereroe messo nelle periferie, cosa un po’ forte per chi l'ha visto, da Razza bastarda a Non essere cattivo del regista Caligari, che purtroppo morì poco prima che il film Pag. 13fosse terminato, che è un regista cult per tantissimi attori e registi italiani, ha fatto solo tre film, stava per morire e andava sul set a Ostia a girare questo film, quindi fu anche commovente quando venne la mamma a Venezia alla presentazione del film.
  Immigrazione: da Terraferma al Villaggio di cartone a Là-bas, a L'arrivo di Wang di cui parlo perché è un film che in Italia è quasi sconosciuto, ma è un film allegorico dove c'è un extraterrestre che arriva sulla Terra e parla in cinese, quindi si confronta e non capisce tutti questi meccanismi, fino a che poi li ammazza tutti e. Chiaramente è un film molto provocatorio, che ha avuto una grande diffusione all'estero, non in Italia.
  Amore e sentimenti: da La corrispondenza di Tornatore, peraltro andato da poco su RaiUno con un grande ascolto rispetto alla tipologia di cinema, ad Alaska di Cupellini, altro fantastico regista emergente, a Cuori puri, altro film che andrà al Festival di Cannes, Roberto De Paolis ha meno di trentacinque anni ed è un film meraviglioso.
  Film sulla violenza sulle donne e sulla violenza in generale in famiglia: a parte La tenerezza che oggi è nelle sale, La vita possibile di Ivano De Matteo. La maternità: qui ce n'è per tutti i gusti da Virzì a Costanzo, alla commedia Nemiche per la pelle, film che affrontano in modo o drammatico o più leggero questo tema.
  La famiglia: sottolineo Slam, un film che non abbiamo distribuito noi, ma distribuito dalla Universal, un film di Molaioli tratto da un libro di Nick Hornby, film che in Italia ha incassato poco, ma è stato venduto in 195 Paesi perché l'ha comprato Netflix per il mondo. Pensate che è un film su una ragazzina di 15 anni che rimane incinta, però con una chiave di lettura molto delicata, quindi quando si parla di famiglia anche questo tipo di film può avere un senso. Fai bei sogni da, libro di Gramellini a I nostri ragazzi a Io che amo solo te, che invece è una classica commedia non comica, commedia sentimentale ambientata in Puglia.
  La malattia. Qui non posso che ricordare La pazza gioia che tante soddisfazioni ci ha dato, quasi 7 milioni di incasso, un film venduto in tantissimi Paesi.
  La paternità: anche qui grande differenza di stili di questi film.
  L'identità femminile da Io e lei, con due attrici straordinarie come la Buy e la Ferilli, a Qualcosa di nuovo, ma anche film più piccoli, Arianna e La vergine giurata, un'opera prima della Bisoli che è andata in concorso al Festival di Berlino, un film piccolissimo che ha avuto il finanziamento di 6-7 Paesi, è una grande coproduzione internazionale.
  Il territorio italiano: da La nostra terra al La sedia della felicità al Racconto dei racconti, il film di Garrone che andò due anni fa al Festival di Cannes, per dire che anche nel fantasy noi possiamo trovare le location in Italia, perché questo film è stato ambientato a Castel del Monte, al Castello Donnafugata a Ragusa, a Roccascalegna, a Palazzo Vecchio della Signoria, a Gioia del Colle, a Grosseto, a Sorano, a Mottola (Taranto), a Statte (Taranto), a Reggello in provincia di Firenze, ed è un film ha dato degli spaccati, delle scene dell'Italia molto belle, al di là dei giudizi perché un film può piacere o meno, ma qui andiamo nel soggettivo.
  Romanzo di formazione, altra cosa a cui teniamo molto: da Educazione siberiana di Salvatores a La kryptonite nella borsa, ma soprattutto abbiamo due film, Il ragazzo invisibile di Salvatores, di cui stiamo facendo il secondo, che è il primo film fantasy italiano, cioè in qualche modo abbiamo sfidato gli americani su questo genere, quindi un film per famiglie, per ragazzi, c'è un gruppo di lavoro fantastico che sta facendo gli effetti speciali a Roma, tutti quelli che lavoravano all'estero italiani sono stati portati a Roma per lavorare agli effetti speciali di questo film, o I figli della notte, un romanzo di formazione che esce in questi giorni di Andrea De Sica, che è il nipote del grande Vittorio De Sica e che ha fatto un film sorprendente, da cui non ci aspettiamo dei risultati commerciali di chissà quale livello, però è un film che distribuiremo come tante altre opere prime con 01, Pag. 14prendendoci anche i relativi rischi commerciali.
  La scuola: qui vedete una parte. Religione, spiritualità e sacro: anche qui con molti film molto diversi, da La ragazza del mondo, un film sull'integrazione di una ragazza che è testimone di Geova con il mondo normale, storia drammatica di profondi sentimenti, a Non c'è più religione, la commedia natalizia che parlava di integrazione tra musulmani e cristiani, quindi anche su questo abbiamo giocato con i temi.
  Carcere: ne abbiamo per tutti i gusti, dall'Orso d'oro di Berlino Cesare deve morire a Fiore di Giovannesi, l'anno scorso a Cannes, il cui giovane interprete purtroppo è morto da pochissimo, a 21 anni, era un ragazzo che era riuscito a tirarsi fuori da un certo mondo e invece poi è morto con il motorino, cosa molto drammatica, da Il viale del tramonto a Viva l'Italia a Tutto quello che vuoi, che esce domani, giovedì, con il grande Giuliano Montaldo in veste inedita di attore, film molto garbato, molto delicato, che descrive il rapporto tra un signore anziano e dei giovani ragazzi un po’ scapestrati.
  Sport: tra questi ricordo in particolare Veloce come il vento, che è stato molto apprezzato a livello nazionale e internazionale, film difficile da fare perché sulle corse automobilistiche anche da un punto vista tecnico-produttivo non era semplicissimo. L'Europa: l'ultimo è stato Rosso Istanbul di Ferzan Özpetek, girato a Istanbul, ma purtroppo non potevamo fare altrimenti perché era ambientato lì, peraltro costato molto meno perché di fatto prodotto dai turchi per la maggior parte.
  L'altro tema che ci piace molto raccontare sono i film della realtà, il documentario...

  ANNA MARIA BERNINI. L’horror non c'è?

  PAOLO DEL BROCCO, amministratore delegato di Rai Cinema. Il prossimo film di Avati è un horror per esempio, però ne parlerò dopo, presentandovi velocemente quello che stiamo facendo. Però l’horror è uno dei generi che investighiamo, per esempio abbiamo fatto molti horror nei film per il web di cui vi ho parlato, Fantasmi come se piovesse e altri, perché quello è un genere più da web, anche internazionale se vogliamo, e poi abbiamo un problema sulla televisione, perché comunque dobbiamo mandarli in televisione e alcuni film sono troppo forti, se facessimo degli horror spinti, diventerebbe difficile. Io però non mi tiro indietro e, se la Rai mi dice di fare gli horror, sono felice, perché personalmente sono appassionato ed è uno dei generi più internazionali in assoluto, infatti i film che dicevo prima che sono costati 100.000 euro di produzione e venduti in tantissimi Paesi sono horror, però girati in inglese.
  Parliamo di film della realtà, perdonatemi una brevissima introduzione...

  PRESIDENTE. Andiamo a conclusione altrimenti manca il tempo per le domande.

  PAOLO DEL BROCCO, amministratore delegato di Rai Cinema. Tre concetti ai quali tengo molto, e mi scuso con il senatore Airola perché la scorsa volta gli avevo promesso un elenco dei documentari e questa volta glieli ho portati (vi lascio la documentazione).
  Tra Sacro GRA, Leone d'Oro a Venezia, e Fuocoammare, Orso d'Oro a Berlino, entrambi firmati da Rosi, il cinema documentario ha preso il largo e nel giro di pochissimi anni si è imposto all'attenzione nazionale e soprattutto internazionale come un vero e proprio nuovo corso del cinema italiano. Da Cannes a Toronto, da Locarno a Hot Docs non c'è festival importante che non accolga uno o più film della realtà di autori italiani, anche in competizioni tradizionalmente dedicate al cinema di finzione, e questo è anche frutto di un progetto organico che Rai Cinema ha disegnato negli ultimi anni e sostenuto con convinzione e tenacia. In questo momento storico la sperimentazione più originale in termini di linguaggio e di contenuti non può venire che da una rielaborazione dell'esperienza del reale, ed è proprio quello a cui tiene questo tipo di prodotto. Il cinema documentario presenta due caratteristiche Pag. 15principali, l'immersione nella realtà e il tempo necessario a costruire un racconto che arriva al pubblico con una maggiore libertà di linguaggio da quelli che sono i dettami dell'industria (c'è una maggiore libertà sul film documentario). Questo ci ha consentito di aderire alle linee che il piano industriale della Rai ci aveva dato: oltre a quella dell'innovazione, l'esigenza che il cinema sia esperienziale e immersivo. Queste due caratteristiche possono essere sicuramente presenti nel cinema documentario. Questo tipo di film risponde alla vocazione del servizio pubblico, consente di approfondire la conoscenza del passato e del presente, arricchisce l'offerta televisiva, perché dal 2013 le reti Rai hanno trasmesso 1.100 passaggi con oltre 71 milioni di spettatori, che per un tipo di prodotto molto difficile dal punto di vista dell'allargamento del pubblico classico è un risultato raggiunto anche dalla emissione televisiva.
  L'altro aspetto importante è che anche qui abbiamo, oltre agli autori consolidati di documentari, alcuni nomi con date di nascita under 40, molti anche più giovani, tutti registi molto bravi, alcuni dei quali si stanno affacciando al cinema di finzione. Questo è un tipo di cinema che ha anche la possibilità di avere delle coproduzioni internazionali. Cito solo alcuni titoli più recenti: Fuocoammare, Borsalino city, Happy times will come soon, Louisiana, Nobody in this world is better than us, Liberami, che ha vinto peraltro il Leone Orizzonti a Venezia, I sogni del lago salato, L'ultima spiaggia, Ibrahimović. Diventare leggenda, un piccolo spaccato di film che hanno tutti delle forti coproduzioni internazionali.
  Vi diamo velocissimamente una overview sulla parte della trasmissione. Parlavamo di 1.100 passaggi di documentari passati in questi anni sulle televisioni, 180 sui canali generalisti, in prevalenza su Rai Uno e speciale TG1, qui avete qualche esempio anche con degli share e degli ascolti in termini assoluti (certo questi sono la punta, non voglio dire che tutti i documentari hanno questi ascolti, però hanno avuto anche degli ascolti significativi) e 900 passaggi sui canali specializzati, soprattutto Rai5 e Rai Storia, i quali hanno coperto anche 140 prime serate dei canali. Qui c'è qualche esempio di trasmissioni più recenti del 2016 e 2017 su Rai Uno.
  Per quanto riguarda le tematiche ho fatto un lavoro come quello del cinema, qui trovate titoli e tematiche (naturalmente i documentari sono molti di più di quelli che abbiamo qui): lavoro, salute, scuola, diritti umani e civili, conflitti, ambiente, geografia, storia, Shoah, cultura, spiritualità, migrazione. Mi soffermo sulla migrazione perché, come è doveroso per la Rai, l'abbiamo approfondita da tanti punti di vista, dal famoso sbarco della prima nave dall'Albania a Fuocoammare e addirittura all'emigrazione al contrario, l'emigrazione attuale di una famiglia italiana dalla periferia di Bari alla Germania in cerca di un futuro migliore, quindi l'abbiamo svolta in tutte le modalità e le forme possibili, sempre su input e spunto dei produttori.
  Adesso parliamo invece di quello che sta accadendo e del futuro. Sicuramente qualcosa è cambiato in questi ultimi anni, ce ne siamo accorti ed era nostro dovere accorgercene, sicuramente il cinema di ricerca degli autori riesce o deve riuscire ad incontrare un cinema più popolare e quindi i famosi, grandi autori devono innovare anch'essi, devono raccontare storie diverse. Il cinema del reale si è imposto e anche i film di genere entrano in commistione con altri linguaggi. Il cinema italiano è quindi sicuramente pronto anche ad una maggiore internazionalizzazione. Rai Cinema ha già accolto da un paio d'anni questo tipo di esigenza, abbiamo la responsabilità di guidare il cambiamento, di provare a innovare per educare il pubblico al gusto per alcune storie, a cui ormai non siamo più abituati. Questa è quello che stiamo tentando di fare in questi ultimi due anni, cercando di stimolare gli autori ad avere storie più forti e soprattutto una commistione di generi nello stesso film, perché il cinema d'autore classico e la commedia popolare, che tanto ha dato in questi ultimi quindici anni al cinema italiano, probabilmente ha stancato il pubblico, quindi anche a scapito magari di performance commerciali dobbiamo provare a far cambiare i gusti. Chiaramente è Pag. 16una sfida, ci vorrà del tempo perché per far cambiare i gusti soprattutto nel cinema ci vorranno anni, però chi vuole fare un film con noi deve ripartire dalla centralità delle storie attraverso una nuova commistione di generi e linguaggi, un'innovazione anche di linguaggio cinematografico. Anche agli autori più importanti abbiamo chiesto certo di non venir meno alla loro cifra stilistica, ma di riuscire a proporre delle storie con un nuovo sguardo sui vari aspetti della realtà. La strada è lunga, ma sappiamo che abbiamo la responsabilità di tracciarne una nuova. Tra questi l'esempio che vi ho già citato dei quattro film, due opere prime e due opere seconde, tutti film di giovani autori che affrontano grandi tematiche che porteremo a Cannes. In questi anni abbiamo già fatto alcune cose, perché dai film di Pif a Smetto quando voglio a Jeeg Robot sono tutti film che hanno segnato una discontinuità nel linguaggio cinematografico rispetto al passato.

  PRESIDENTE. Dobbiamo concludere, perché altrimenti non possiamo fare le domande.

  PAOLO DEL BROCCO, amministratore delegato di Rai Cinema. Una rapidissima carrellata perché immagino vogliate sapere cosa stiamo facendo ...

  ALBERTO AIROLA. Sull'ordine dei lavori: noi abbiamo assistito a un'ora di dati dal 2010 ad oggi, lei ci ha fatto una carrellata di sette anni, quando magari ci poteva interessare di più cosa stava succedendo negli ultimi due anni e nel futuro, anche perché l'abbiamo audita due anni fa, quindi una parte di queste cose già le sapevamo.

  PRESIDENTE. Comunque, se non terminiamo, l'audizione può proseguire...

  ALBERTO AIROLA. Sembra un'operazione di mercato e non di istituzione quale è la Commissione di vigilanza Rai.

  PRESIDENTE. Airola, farà il suo intervento dopo. In ogni caso, se l'audizione non finisce oggi, potrà anche proseguire in una seduta successiva senza problemi. Cerchiamo solo di andare un poco più veloci.

  PAOLO DEL BROCCO, amministratore delegato di Rai Cinema. Abbiamo colto il senso di una maggiore capacità di internazionalizzazione dei film, ve ne illustriamo alcuni. Abbiamo Il libro delle visioni che è in via di definizione di Carlo Hintermann, un film internazionale, il produttore esecutivo sarà addirittura Terrence Malick, The Leisure seaker invece è un film pronto, tutto girato negli Stati Uniti, in inglese, già venduto per 5 milioni di dollari il film nel mondo, distribuito da Media Sony classic, film di cui siamo molto orgogliosi con due super attori. Sicuramente andrà ad un festival importante. Nico della Nicchiarelli, una ragazza che fece il primo film con noi, girato tra Italia, Belgio e Germania, è un cinema d'autore europeo sugli ultimi anni della vita di Nico, modella e cantante dei Velvet Underground, star della Factory di Warhol, icona al tramonto di un'epoca ormai finita. The Whale di Andrea Pallaoro, un regista italiano che abbiamo recuperato a Los Angeles perché era andato via, gli abbiamo dato questa opportunità di fare un film con Charlotte Rampling. Land di Bababk Jalali, un regista iraniano che ha vinto alcuni premi internazionali. Poi abbiamo cose a metà come Il peccato di Konchalovsky, film che girerà in Italia su Michelangelo, inizierà alla fine dell'estate, coproduzione italo-russa; Il biglietto di Edgardo Mortara di Spielberg non è un film che noi possiamo produrre, però è un film di cui acquisiremo i diritti ed è una storia totalmente italiana, che sarà girata in Italia, e per questo motivo lo abbiamo messo in questa sezione. Wars without an author è una coproduzione con la Beta del film di von Donnersmark, Premio Oscar per Le vite degli altri. Un altro motivo di orgoglio è che Stefano Sollima, dopo aver fatto due film in Italia con Rai Cinema e dopo la serie Gomorra con Sky, ha appena finito di girare un blockbuster americano anche su nostro input con Lions Gate. Di questo film avremo anche i credits produttivi nel mondo. Per quanto riguarda il cinema del futuro, abbiamo alcuni giovani autori opere prime Pag. 17od opere seconde, tra questi ricordo Cuori puri, A Ciambra, L'intrusa e Sicilian ghost story, tutti e quattro che andranno nelle varie sezioni del Festival di Cannes, e abbiamo ulteriori giovani autori o autori nuovi, da Laura Bispuri che fece quel film che andò a Berlino come opera prima, a Martin Eden di Pietro Marcello, che è un regista cult internazionale che finalmente dal documentario passa al cinema di finzione, a Una famiglia di Sebastiano Riso, Lazzaro felice di Alice Rohrwacher, Gran Prix a Cannes. Naturalmente per tutti questi film si può approfondire tematiche e storie.
  Coming of age, romanzo di formazione, Il ragazzo invisibile è il sequel di cui ho parlato prima, Ötzi e il mistero del tempo fatto in Trentino-Alto Adige che ha per oggetto Ötzi, la mummia, è un film per ragazzi, per famiglie, I figli della notte di Andrea De Sica, che esce fra pochi giorni.
  Nel pop italiano, A casa di Antonio Albanese, che non è una commedia comica, ma è la storia di questo signore che tenta di riportare un immigrato al suo Paese, quindi lo riporta in Africa, quindi sarà sicuramente ironica, ma ci sono anche dei contenuti profondi, Smetto quando voglio, il terzo titolo della saga, Il primo re, film su cui puntiamo moltissimo e avrò degli incontri a Cannes con dei produttori internazionali, perché finalmente il cinema italiano parlerà di Romolo e Remo, e non sarà semplicissimo metterlo su produttivamente, ma ci puntiamo molto. Abbiamo alcuni film sempre pop molto particolari, da Addio fottuti musi verdi dei The JackaL, ad Amore e malavita, un film quasi pronto dei Manetti, una commistione di generi pazzesca perché in questo film c'è il poliziesco, la sceneggiata napoletana, il musical, il comico, c'è una storia d'amore e di sentimenti, un film secondo me veramente divertente e straordinario, a Brutti e cattivi, un film di Cosimo Gomez opera prima, anche qui una grande sorpresa dal punto vista del linguaggio cinematografico, i cui protagonisti sono un uomo senza gambe che è sposato ad una ragazza senza braccia e poi ci sono un nano e un drogato che daranno vita a un percorso particolare di sentimenti pur con un linguaggio molto graffiante e molto crudo, nell'ottica di cambiare tipologia di genere.
  Il cinema del reale con l'approfondimento di alcuni temi: ve ne sottolineo solo uno che è particolarmente interessante, La strada dei Samouni di Stefano Savona che parla di una famiglia che vive nella periferia a sud di Gaza, sono benestanti proprietari rurali, pacifici e hanno passato 60 anni di guerre e poi l'operazione Piombo fuso sconvolgerà le loro vite e quindi ci sarà un discorso anche sociale. Il cratere è molto interessante, perché narra di un adolescente, Sharon, figlia di giostrai napoletani, che la famiglia e il padre soprattutto vogliono rendere una star della canzone neomelodica, è una storia vera, quindi li seguiamo in questo percorso. Ci sarà poi il nuovo film di Gianfranco Rosi e Caporetto, una storia italiana di Davide Ferrario. Non possiamo certo dimenticare la nostra storia, gli autori più consolidati, anche se anche a loro abbiamo chiesto un linguaggio diverso, un racconto magari un pochino diverso, da La tenerezza uscito in questi giorni a Il traditore di Marco Bellocchio su Buscetta, sul quale c'è un grandissimo interesse di produzioni internazionali, Dogman di Matteo Garrone che partirà questa estate, Capri-batterie un romanzo del primo ’900 ambientato a Capri di Martone, Una questione privata dei Taviani, Io sono tempesta di Luchetti e Il signor diavolo di Pupi Avati che torna all'horror. Poi ci sono tanti altri progetti che vediamo qui in via più diffusa, da Vita spericolata di Ponti a Notti magiche, il nuovo film di Virzì, l'opera prima di Valerio Mastandrea, Gli Infedeli di Veronesi, una nuova opera di Andò e il nuovo film di Ermanno Olmi. Questi sono quelli in fase più avanzata.
  Questi sono tutti film che verranno fatti nel 2018, siamo in una fase di selezione e di valutazione per quanto riguarda alcuni di questi film, che si concluderanno nell'autunno che viene.
  Vi lascio i listini di 01 sia del 2016 che del 2017 per far capire come il listino di 01 è molto vario, ci sono tanti tipi di film diversi tra loro sia nel 2016 che nel 2017. Volevo sottolineare, anche se non dipende da me, che c'è un nuovo interesse sui film Pag. 18italiani in prime time di Rai Cinema, quindi coprodotti, abbiamo una crescita molto costante del 15, 20, 30 per cento addirittura, per ascolti molti risultano tra i primi 15 del film dell'anno; chiaramente la parte più importante in termini di ascolti la fa Rai Uno, ma è normale che sia così, ma c'è anche un ciclo di cinema italiano che sta andando su Rai Tre molto interessante, che sta ottenendo un buon successo, con finalmente maggiore visibilità rispetto al passato.
  Ultimo flash. Abbiamo un piccolo portale con 6 canali, che si chiama Rai Cinema Channel proprio per quelli che non si arrendono, nel senso che abbiamo 6 canali, di cui uno segue le nostre attività, festival e quant'altro, video on demand free, ma è una cosa molto piccola, c'è un canale Documentari, in cui mettiamo i documentari che non vanno in televisione, un canale Corti molto interessante, perché abbiamo fatto accordi con tutti i principali festival del corto in Italia, per cui prendiamo questi corti e diamo loro un'esposizione sul web...

  ALBERTO AIROLA. È su Rai Play questo?

  PAOLO DEL BROCCO, amministratore delegato di Rai Cinema. No, questo è Rai Cinema Channel. Abbiamo detto Corti, Documentari, abbiamo un canale Web movie, un canale che ci segue, un canale dei grandi film classici (i vecchi Taviani, Olmi che magari non hanno più spazio sulla Rai), quindi uno va lì, clicca e si vede tutto quello che vuole. Non ha una visibilità enorme, è per appassionati, per cinefili. Abbiamo svolto anche tante attività sociali, vari corti sociali, da Telethon a Doppia difesa, da MediCinema a Tulipani di seta nera, a Cubovision film awards, tutte operazioni di corti che hanno uno scopo sociale. La collaborazione con tanti festival di cortometraggi, ai quali assegniamo anche dei premi Rai Cinema Channel, quindi li compriamo e li mettiamo sul canale, ci ha dato soddisfazioni nel trovare nuovi talenti o comunque dare visibilità a questo prodotto che altrimenti sarebbe invisibile.

  SALVATORE MARGIOTTA. Sarò brevissimo anche per consentire anche agli altri colleghi di fare le proprie domande, quindi una premessa, una domanda e una domanda lapidaria, a cui basta rispondere con un sì, un no o un numero.
  La premessa è questa: non mi imbarazza la presenza del dottor Del Brocco per quanto sto per dire, ho sempre sostenuto in questa Commissione che Rai Cinema sia una delle eccellenze di questi anni in Rai, i successi che ci ha enumerato soprattutto nella parte iniziale della sua lunga e dettagliata relazione lo testimoniano, c'è uno scenario futuro magari reso complesso da una concorrenza che aumenterà con Sky Vision. Probabilmente (questa è una prima, parziale domanda) c'è da capire come la nuova legge sul cinema che abbiamo fatto impatterà sulle vostre attività, e io spero positivamente, ma appare chiaramente dalla sua relazione che Rai Cinema ha avuto un ruolo decisivo e vitale per il cinema italiano. Se uno pensasse per incanto di privare le produzioni degli ultimi anni del lavoro fatto in coproduzione con Rai Cinema, rimarrebbe ben poco soprattutto delle cose belle che abbiamo visto. Mi auguro quindi che l'azienda valorizzi al massimo il suo lavoro e che ci sia anche in proiezione futura la possibilità di consolidarlo il più possibile.
  La prima domanda invece si riferisce ai produttori. Anche qui i numeri mi hanno molto colpito, da tempo insisto sul tema che, avendo la Rai e quindi anche Rai Cinema fondi pubblici da spendere, ha anche il dovere di allargare il più possibile la platea dei destinatari, far crescere nuove personalità, nuovi protagonismi, e non spenderli sempre nei gruppi soliti. Da questo punto di vista devo notare che c'è una grande differenza tra Rai Fiction e Rai Cinema, mi chiedo perché lavoriate mediamente con 70-80 produttori all'anno (ho letto 300 in 7 anni), mentre Rai Fiction quando arriva a 18-20 è grasso che cola. A parte questo, che è un dato che potrebbe non dire molto, sto insistendo anche attraverso quesiti alla concessionaria per capire come si spendano questi soldi, nel senso che dire che lavorano 300 in sette anni è poco significativo se dieci assorbono il 95 per cento del budget e gli altri 290 prendono Pag. 19 il restante cinque per cento. Ho visto già una tabella che aggregava alcuni dati ed era indicativa in positivo della domanda che sto facendo, ma mi piacerebbe capire di più come poi anche per singole categorie di produttori questi soldi vengano spesi.
  L'altra domanda è lapidaria e tutti capiranno perché la faccio. Attraverso l'operazione canone abbiamo almeno per quest'anno dato alla Rai come soldi pubblici 250 milioni in più. È aumentato il budget di Rai Cinema o è diminuito? Se infatti venisse fuori, come io credo, che il finanziamento pubblico aumenta, ma la spesa va solo in spesa corrente (così sembrava da quello che abbiamo visto nel bilancio), sarebbe un ulteriore segno distorsivo, significherebbe che non stiamo facendo le cose come vorremmo. Siccome mi dicono che dappertutto si assiste a tagli e assistiamo a soldi spesi in modo che ritengo non congruo, questa domanda mi aiuterebbe a capirne di più.

  MAURIZIO LUPI. Anch'io, oltre che essere soddisfatto della relazione che ci è stata presentata anche se molto dettagliata, ho tre domande specifiche. La prima più generale riguarda come l'attività, che peraltro è uno degli obiettivi istituzionali di RaiCinema degli ultimi anni che ci è stata presentata, abbia inciso e ci abbia aiutato a far sì che la produzione di cinema italiano assumesse in Italia e all'estero un rilievo diverso, perché questo è uno degli scopi. I dati in mio possesso evidenziano infatti che ancora oggi riguardo al fatturato complessivo del cinema in Italia l'incidenza del film italiano sul fatturato complessivo è del 16 per cento, ovviamente ancora poco rispetto a quello che sta accadendo nelle altre nazioni. Penso allo sviluppo che per esempio il film francese e la produzione francese hanno avuto, inaspettato e imprevisto. Oggi siamo di fronte a un fenomeno che solo 5-10 anni fa nessuno poteva immaginarsi, uno dei concorrenti del cinema americano è la produzione francese. Il giudizio che mi interessa sulla strategia è cosa manca ancora. È evidente che ognuno deve fare la sua parte, c'è la legge che abbiamo fatto e voluto a sostegno del cinema italiano, ma è un problema di distribuzione, è un problema di risorse, è un problema di incapacità? Non credo, perché il cinema italiano è sempre stato uno dei protagonisti del cinema mondiale, anzi la storia ci dice che guardavano a noi. Ho fatto apposta il riferimento al cinema francese, perché forse dovremmo prenderlo a modello per quello che è accaduto. Questa è una domanda più generale, ma mi interessa molto e credo che sia scopo della Commissione aiutarci a capire se gli strumenti siano sufficienti o insufficienti e quali siano i problemi, o magari i miei dati sono sbagliati e quindi viva il cinema italiano, abbiamo superato il problema.
  Seconda domanda con cui mi ricollego all'intervento di Margiotta. A me ha sempre interessato in tutti i settori (ed è una delle ragioni per cui abbiamo insistito a distanza di due anni per una nuova audizione) il tema del pluralismo, che ha diverse declinazioni. Lei ci ha dato dei criteri, è evidente che il cinema fa cultura e rappresenta una realtà e un pluralismo culturale che esiste nel nostro Paese. Rispetto ai criteri che ci ha elencato è un pluralismo di temi, è un pluralismo di sensibilità culturali, è un pluralismo di racconti, come lo si sollecita e lo si tiene in equilibrio? In secondo luogo chiedo al presidente che come fatto con Rai Fiction venga fatto anche per Rai Cinema, chiedendo i dati dettagliati, perché questo è un pluralismo anche imprenditoriale e produttivo. Già i dati, come ha detto Margiotta, ci sembrano positivi, però abbiamo assolutamente la necessità per trasparenza che ci vengano dati i numeri, cioè quali sono le case di produzione, qual è il fatturato, come viene ripartito, perché ha ragione Margiotta, se ne facciamo lavorare 70 e 3 fanno l'80 per cento del fatturato, e tutti gli altri il 20 per cento, c'è qualcosa che teoricamente non può funzionare o sono solo tre che sono bravi a produrre. Siccome abbiamo più volte lottato (lo sa il presidente su Rai Fiction) per avere finalmente i dati e smontare luoghi comuni, considero utile, giusto e corretto, oltre alla documentazione generale che ci è stata raccontata, che venga fornito alla Commissione di vigilanza anche Pag. 20 il dettaglio di questi dati (se non oggi, anche in seguito).
  Mi piacerebbe approfondire il tema dell'esportazione del nostro cinema nel mondo, che ha bisogno di risorse, di strumenti, di un'intelligenza di azione di mercato. Cosa dobbiamo fare ancora per raccontare l'Italia nel mondo? Non ci basta raccontarla agli italiani, il servizio pubblico in questo settore dovrebbe aiutarci a diventare fattore di ingresso nel mondo e a esportare quello che siamo. Ho visto qualche segnale. È un problema di fare tutti i film in inglese, è un problema di distribuzione, è un problema di accordi, di partnership, per cui, come diciamo a Spielberg di venire qui, possiamo fare altrettanto? Tengo molto, presidente, alla documentazione su numeri e fatturato.

  FRANCESCO VERDUCCI. Voglio innanzitutto sottolineare alcune questioni che si evincono da questa relazione così ricca e dettagliata. La prima è che è sempre più chiaro come il ruolo di Rai Cinema sia ormai divenuto vitale per il sistema della produzione cinematografica italiana e quindi per tutto il sistema della produzione audiovisiva in Italia, che è uno dei settori trainanti della nostra economia non solo per il suo storico e l'importanza del suo vissuto, ma per le potenzialità che sono non solo intatte, ma crescenti e sempre maggiori per la vitalità di questo settore, conseguita e riconosciuta da tanti premi internazionali, di cui Rai Cinema è stata protagonista. Voglio rimarcare anch'io che è stata decisiva l'intuizione della legge 122 del 1998, che ha portato alla nascita di questa società e, nascendo questa società, ha permesso con nuovi e certi investimenti pubblici anche l'attrazione di nuovi e crescenti investimenti privati, legati alla produzione cinematografica, dando il via ad un sistema pubblico/privato che sta dando risultati molto importanti, che sono cresciuti in questi anni.
  Rai Cinema si sta confermando il player decisivo per un sistema italiano del cinema che in realtà è fatto di tante cose, dentro il quale la distribuzione è forse il settore più importante, e da questo punto di vista voglio rimarcare come questo Governo abbia fortemente voluto, con la cosiddetta «legge cinema» approvata lo scorso novembre, dare nuovo impulso a tutto il settore della produzione cinematografica, con finanziamenti certi (400 milioni ogni anno), quindi qualcosa di molto importante.
  Vorrei evidenziare alcuni dati che ha citato, da una parte esprimendo soddisfazione, dall'altra invitando lei e tutta la sua struttura a fare ancora di più. Questi due dati sono quelli che riguardano il pluralismo produttivo, che lei ha rimarcato come si sia molto ampliato in questi ultimi anni, e, per quanto riguarda le opere prime e seconde, l'accesso alla possibilità di fare film o audiovisivi, documentari o cinema della realtà come lei giustamente ha chiamato i documentari.
  Per quanto riguarda il nostro sistema culturale vi è innanzitutto il tema dell'accesso, cioè permettere a quanti più autori possibile di entrare nel circuito, di essere ascoltati, di poter avere un'occasione per farsi valere. Questo è il grande tema e le cose si legano, l'accesso delle opere prime e la loro valorizzazione, la sperimentazione di generi innovativi, di ricerca, di qualità, che spesso non incontrano subito il favore del pubblico, perché è un pubblico che ha bisogno di una formazione culturale, e la formazione culturale è una delle prerogative che il servizio pubblico richiede a una società come Rai Cinema, quindi cercare di allargare i gusti del nostro mercato, del nostro pubblico, della nostra opinione pubblica, valorizzando opere prime in settori e generi innovativi di ricerca, che definiamo con un termine forse improprio e abusato «autorali». È decisivo che non solo Rai Cinema non esca dal mercato della distribuzione, ma che la distribuzione di Rai Cinema abbia sempre più un ruolo decisivo, perché per il cinema italiano o comunque il cinema che non è legato ai grandi colossi non solo americani la questione è vedere distribuite le proprie opere. Sappiamo che questo è fondamentale e si lega anche alla vitalità del sistema delle sale cinematografiche italiane, su cui insiste anche la legge cinema approvata lo scorso autunno. Pag. 21
  Vorrei sapere da voi qual è la strategia per il rafforzamento della distribuzione operata da Rai Cinema e se abbiate cominciato a ragionare sulla vostra strategia in riferimento alle norme sulla produzione cinematografica contenute nella convenzione che abbiamo appena licenziato, perché ci sono norme importanti contenute nella convenzione che vi chiamano direttamente in causa.
  Un altro punto che voglio sottolineare è quello del magazzino. Lei ha fatto riferimento anche a come in tutti questi anni si sia accumulato molto magazzino, ha detto che la vostra strategia è riferita soprattutto alle sale, ma anche i palinsesti. È vitale per gli autori, per le opere e per usufruire dei diritti che queste opere possano avere passaggi televisivi, ma spesso succede rimangano nei fondi di magazzino senza avere una vita successiva. Chiedo a lei di darci anche dati su questo e, se questo è un problema, come credo, quali siano le risposte.
  Sapendo che il settore cinematografico e quello che fate è vitale per il nostro sistema Paese, lei ha parlato di internazionalizzazione, quindi voglio rimarcare come sia decisivo che le opere finanziate e coprodotte da Rai Cinema siano prodotte e lavorate in Italia, perché abbiamo le maestranze cinematografiche forse più importanti al mondo, che hanno una capacità fondamentale, e riuscire a preservare questa filiera è per noi fondamentale. Ci sono obblighi e prescrizioni da rispettare, e l'internazionalizzazione dell'identità culturale del nostro Paese e della valorizzazione del nostro made in Italy è molto legata anche alla promozione territoriale e quindi a una sinergia sempre più stretta tra voi e le Film Commission.
  C'è un tratto di Rai Cinema dentro il contesto della multimedialità. Lei ha citato un lavoro fatto in questi ultimi sette anni, in cui lo scenario multimediale è molto cambiato, il peso del video on demand è cresciuto enormemente per quanto riguarda la fruizione dell'audiovisivo, quindi qual è la strategia di Rai Cinema rispetto alle piattaforme e al peso crescente dell’on demand rispetto alla produzione e alla distribuzione dell'audiovisivo in Italia e nel mondo?

  ALBERTO AIROLA. Ho fatto prima un intervento che sembrava polemico, ma in effetti a me interessava capire cosa fosse successo non tanto dal 2010, visto che ci eravamo visti poco tempo fa (tra l'altro dati troppo aggregati), ma negli ultimi due anni.
  Lei sa già come i suoi colleghi e il direttore che ritengo inutile avere una casa di produzione che fa capo al servizio pubblico e soprattutto una struttura Rai Cinema che potrebbe essere fusa con Rai Fiction, comunque è giusto che il servizio pubblico produca e rilanci l'industria anche nazionale, ma non vedo perché un cittadino che paga il canone e produce il film di qualcuno poi paghi il biglietto e se lo vada a rivedere, alla luce (poi me lo conferma o meno) di sei film trasmessi in un anno (ho visto una slide in cui c'erano sei locandine e di film prodotti da Rai Cinema in un anno sulla tv generalista ne sono stati trasmessi sei). A questo si aggiunga la polemica che già feci allora, ma che devo rifare visto che si riparte dal 2010, sul fatto di finanziare (non so in quale quota, come chiedevano i colleghi Margiotta e Lupi) nuove società, nuovi registi, nuovi produttori, ma anche produttori che hanno ormai raggiunto un tale livello di prestigio e di fama come Moretti, Olmi, Ozpetek, Martone, Taviani, Pieraccioni, Comencini, Virzì, Muccino, Amelio, Veronesi, che potrebbero tranquillamente trovare dei fondi sul mercato, peraltro affrancando anche il cinema italiano da un'assistenza statale che dura da tempo immemore, almeno dal secondo dopoguerra, facendo poi nascere una vera industria.
  Spero che le leggi fatte da questo Governo incidano, e in altra sede chiederò a che punto siano i decreti attuativi del tax credit, perché sicuramente potrebbero incentivare. Verducci o qualche altro collega forse potrebbe rispondermi, soprattutto nell'interesse degli operatori del settore.
  Le quote nell'ambito del cinema della realtà o documentario sembrano essere molto ridotte (il 4 per cento) e comunque non interamente rispettate. Mi è stato fatto notare che la Rai non prevede di partecipare Pag. 22 alla produzione nella fase di sviluppo del progetto documentaristico, ma interviene prima delle riprese attraverso una coproduzione, un preacquisto, però con un rischio imprenditoriale che è più in capo alla produzione indipendente, perché in caso di preacquisto l'intervento economico non è parametrato alle quotazioni del mercato nazionale ed europeo, rappresentate da un importo minimo del 10 per cento del costo del film.
  Un'altra questione che mi sembra annosa e che moltissimi produttori indipendenti hanno evidenziato in audizione è che in Rai Cinema hanno trovato dei tappi, un'impossibilità, non hanno trovato interlocutori, sia documentaristi sia produttori di progetti di altro tipo. Questa è una questione su cui le chiedo spiegazioni, però sembra che spesso le risposte alle tantissime proposte che vi arrivano, che dovrebbero essere date entro un tempo stabilito per legge, non arrivino o siano automaticamente per dire «grazie, vi forniremo la nostra valutazione del progetto poi». Questo è un peccato perché potrebbero rappresentare come una lettera d'interessamento un sistema per trovare altri coproduttori sui mercati internazionali. Magari non è così, ma starebbe a voi provare questa cosa, cioè è vero o no che non vengono date risposte ed è molto difficile ottenere valutazioni o lettere di interessamento?
  Ultima cosa. Sui dati che ha portato sui documentari ho fatto un conto, avendo dati aggregati dal 2010 e poi dal 2013, se abbiamo più o meno in sette anni 300 documentari prodotti, sono 43 all'anno, mi pare che il budget sia 19 milioni, lei dice che dal 2013 ci sono stati 1.100 passaggi sulle reti con 71 milioni di spettatori. Ho fatto il conto e in 4 anni saranno più o meno 250 passaggi all'anno su quattro reti generaliste, quindi continuiamo a vedere documentari o cinema del reale come vuole chiamarlo, che sarebbero invece una delle mission principali del servizio pubblico, se va bene una volta al giorno su una delle svariate reti Rai, quindi mi sembra pochino. Vorrei conoscere esattamente anche i budget annuali, e questi dati che lei ci ha portato sarebbe bello vederli sul sito in trasparenza, così come i dati che hanno chiesto i miei colleghi, così come a norma di legge secondo quello che come Commissione di vigilanza abbiamo sempre richiesto alla direzione generale.

  ANNA MARIA BERNINI. Sarò breve, il che di solito è una dichiarazione di guerra, ma in questo caso è la verità perché le mie curiosità sono state parzialmente poste, anche se non nello stesso ordine, nei quesiti a cui certamente risponderà il direttore Del Brocco, che colgo l'occasione per ringraziare, e quindi non mi intrattengo su punti che i miei colleghi hanno già ampiamente sviscerato.
  In realtà prendo la mia curiosità per la coda, ossia tratto punti che consideravo non in ordine di importanza, ma in ordine di indicatori di performance, così come il direttore Del Brocco li ha delineati nella sua audizione del 2015. I dati che ci ha fornito sono in parte una risposta, un'indicazione di continuità e di raggiungimento di obiettivi rispetto a quello che aveva definito come da praticarsi fisiologicamente con i suoi parametri del 2015 con riferimento a Rai Cinema e con riferimento alla distribuzione.
  Sono tantissimi i dati che lei ci ha fornito, hanno ragione i colleghi nel dire che altri dati renderanno ancora più trasparente e quindi ancora più valutabile da parte della Commissione in un'ottica di vigilanza quello che lei ha fatto in questi anni. È evidente che per quanto mi riguarda devono essere digeriti, perché già quello che lei ci ha detto oggi è tantissimo, però sicuramente le sue risposte alle ulteriori curiosità saranno chiarificatrici.
  Ci sono due punti che vorrei sottolinearle. Il primo riguarda l'internazionalizzazione, un tema che sta a tutti noi particolarmente a cuore, laddove però il tema del servizio pubblico, che lei ha giustamente evocato dicendo che il servizio pubblico non deve solamente accarezzare le suggestioni dal mercato, ma deve anche raccontare qualcosa, deve preservare la tradizione, deve essere in sé stesso innovativo, lei si è spinto a dire che deve addirittura orientare la domanda. Difficilmente la domanda Pag. 23 si orienta, lei è un manager puro e sa che la domanda può essere suggestionata per certi versi, può essere velocizzata, però di solito è l'offerta che si adatta alla domanda e non viceversa, soprattutto in un mercato internazionalizzato, dove la domanda non si crea, si accondiscende o si valorizza, si rende migliore con il nostro brand.
  A questo proposito, visto che certamente lei ha segnato le domande che le sono state fatte in precedenza quindi darà già una risposta alla mia curiosità, vorrei concentrarmi su una piattaforma su cui mi sembra voi abbiate fatto un'apertura di credito e una manifestazione di attenzione importante, ossia Rai Cinema Channel, la piattaforma web. Mi sembra di aver capito da un brevissimo scambio di battute che abbiamo avuto prima che c'è qualche problema di finanziamenti, soprattutto per i web movies, che a mio avviso sono uno di quegli ambiti dove si manifesta in maniera forse più libera anche rispetto alla mission del servizio pubblico quello spaccato innovativo che fa anche crescere i nostri autori, le prime e seconde opere si possono manifestare più liberamente perché lì c'è più mercato, ci sono i corti.
  Sul modello dei finanziamenti, facendo anche riferimento alle esperienze straniere di settore, non solamente europee ma anche americane, dove di solito per ottenere un finanziamento si fa una sorta di matching grant, che è tipico delle start-up nations, delle nazioni che valorizzano le start-up, ossia si chiede all'autore di trovare sul mercato una porzione variabile, a seconda del livello di interesse che si attribuisce a quell'opera, di finanziamento, per poi aggiungere il restante in un'ottica di valorizzazione di una manifestazione di interesse che c'è già stata da parte del mercato.
  Le piattaforme web sono il luogo dove per elezione si può manifestare questa forma di finanziamento, che può essere un modo ulteriore, più evoluto e innovativo di fare internazionalizzazione. È evidente che il genere horror in un contesto di servizio pubblico in senso stretto non trova usbergo, è altrettanto vero che l'elencazione che lei ci ha fatto, tra documentari e film, è allargata a temi che certamente devono essere trattati con una certa sensibilità, ma anche a temi che, come ha detto giustamente, accondiscendono a gusti generalisti, commerciali, che sono quelli che devono finanziare gli investimenti in cultura. Anche in questo caso la piattaforma web è quella che forse può valorizzare di più questo momento, che è un momento insieme evolutivo, innovativo e anche (perché no?) redditivo, che non contrasta, soprattutto in questa prospettiva, con l'evocata funzione del servizio pubblico. Sul resto mi assesto sulle richieste che sono già state fatte dai colleghi che mi hanno preceduto, che sono fortemente satisfattive anche delle mie curiosità.

  GIORGIO LAINATI. Essendo l'ultimo cerco di essere davvero rapido, con il direttore ci conosciamo da molti anni e apprezzo tantissimo il suo lavoro, e questa lunghissima ma doverosissima illustrazione del lavoro svolto non solo in questo ultimo biennio merita ampiamente il nostro apprezzamento, e mi dispiace che ci siano stati pochi colleghi, membri di questa importante Commissione, a seguirla perché avrebbero compreso qual è stato e sarà il lavoro di Rai Cinema in difesa di quanto detto da lei, ma richiamato anche dai miei colleghi. Si tratta di un lavoro enorme, perché è impressionante immaginare quanto ci si debba concentrare sulla necessità di valorizzare le emergenze sociali ed economiche, e contemporaneamente non dimenticare la necessità di valorizzare la storia nazionale o le questioni che riguardano gli scenari internazionali. Riuscire a rispondere a tutto questo è veramente un lavoro che merita il plauso di questa Commissione.
  Gentile direttore, i numeri che lei ha dato sono di un'evidenza assoluta, è impressionante pensare quante centinaia di registi, produzioni, case di produzione vengano coinvolti dal vostro lavoro. Mi riconosco in molte delle domande in particolare del mio collega Vicepresidente Verducci, quindi non intendo farne, altre voglio solo evidenziare, nell'interesse del lavoro che lei svolge, quanto sia importante il suo lavoro, ma anche quello di Rai Fiction Pag. 24perché, come ho detto alla direttrice Andreatta, ricordo la bellissima coproduzione I Medici andata in onda lo scorso autunno con uno straordinario successo.
  Vorrei sottolineare che tutti quei film che sono andati su Rai Uno hanno avuto un successo di audience straordinario, come anche la fiction di casa Rai che ha sbaragliato la concorrenza. Rai Fiction produce le migliori fiction italiane di grande successo (ha praticamente annientato il gruppo concorrente, Mediaset, che non è più in grado di produrre una fiction che abbia neanche la metà dell’audience di quelle della Rai).
  Come vi ponete invece con questo nuovo soggetto produttivo che è il gruppo Murdoch Sky in Italia, che ha una capacità di investimento non indifferente e ha prodotto Sorrentino in The Young Pope, che è stata una cosa veramente grande? Che tipo di disturbo o competition vi dà questa massiccia discesa in campo negli ultimi anni di Sky Italia come produttore anche cinematografico? Voglio rinnovarle i miei complimenti per il suo lavoro.

  PRESIDENTE. Ho una richiesta che ho ascoltato anche da molti componenti della Commissione e le chiedo un bilancio più specifico non dell'esperienza, ma un bilancio economico di Rai Cinema per comprendere bene la quantità di investimenti che vanno verso un produttore piuttosto che un altro, per avere una trasparenza ed eventualmente, sfatare luoghi comuni con un bilancio che sia ordinato, chiaro e trasparente. Senza dubbio avere on line sempre più dati porta la Commissione a svolgere un lavoro migliore e i cittadini a farsi un'idea di come si muovano e vengano gestiti i loro soldi.

  ALBERTO AIROLA. Se non abbiamo il tempo di ottenere tutte le risposte, le domande risulteranno dal resoconto e potrà rispondere anche in un secondo momento. Potrà darci i dati successivamente.

  PAOLO DEL BROCCO, amministratore delegato di Rai Cinema. Anche perché a qualche domanda purtroppo non sono in grado di rispondere.

  PRESIDENTE. Anche con il dottor Ferragni e Rai Fiction siamo riusciti ad avere una serie di dati in un momento successivo e siamo riusciti a fare un buon lavoro. Credo che possiamo fare lo stesso con Rai Cinema.

  PAOLO DEL BROCCO, amministratore delegato di Rai Cinema. Le domande sono tante, le ho appuntate, ma se mi dimentico, me lo segnalate.
  Al senatore Margiotta sulla legge cinema rispondo dopo perché c'è una domanda specifica. Sky Vision: lei chiedeva che tipo di fastidi o di problemi possa dare, ma preciso che Sky produce fiction e sta iniziando a produrre cinema, quindi non sappiamo ancora cosa succederà, ma rispondo molto sinceramente, come ho detto anche in altre occasioni quando mi hanno chiesto di Sky, che fastidio proprio nessuno, nel senso che, se Rai Cinema fosse mia e fosse un'azienda privata, naturalmente più operatori più mercato e le fette si restringono, questo è evidente, ma fortunatamente (poi dipende dai punti di vista) è un'azienda pubblica, che ha una mission consolidata. Se c'è un operatore privato che legittimamente entra sul mercato, vuole fare produzione, vuole fare distribuzione, se da questo nascerà (lo verificheremo) un miglioramento del nostro mercato e della nostra industria, personalmente come dirigente Rai sono molto felice, anche come amante del cinema e dell'industria cinema, quindi non lo vedo come un grande problema francamente. Abbiamo una storia consolidata, che ci consente di avere un vantaggio competitivo al momento, se parliamo strettamente di mercato, però credo che abbiamo anche una grande fortuna e sfortuna lavorativa: possiamo spaziare e dobbiamo fare tutti i tipi di cinema, un operatore privato entra e fa 10, 12, 15 film per il mercato, quindi più commerciali almeno nelle intenzioni, quindi su questo non vedo francamente problemi. Poi c'è un discorso più di sistema, se Sky compra i diritti pay del cinema italiano, ma questo è Pag. 25un problema diverso. È chiaro che i diritti pay sono una gamba fondamentale per tenere in piedi il meccanismo, spesso ho detto che noi avevamo la gamba sinistra e Sky la destra, o viceversa, ma adesso Sky comincia a diventare anche lei una gamba destra, quindi abbiamo due gambe destre e speriamo però che rimanga la gamba sinistra, perché se gli investimenti andassero legittimamente (nessuno glielo può impedire) solo sulla produzione di film italiani e magari meno sull'acquisizione di film italiani, è chiaro che questo non per Rai Cinema, ma per il sistema potrebbe essere un piccolo problema di trovare le risorse. Scusatemi se vado in un dato tecnico, però il recupero del P&A, cioè del costo di distribuzione come si fa? Dai ricavi banalmente della sala, però per molti film non bastano, quindi in molti casi soprattutto di cinema di qualità non commerciale i ricavi della sala meno costi di distribuzione viene un numero negativo. Questo numero negativo viene coperto e a volte anche superato in modo positivo da tutta la filiera, quindi dai ricavi pay, dalle piattaforme, dall’home video, ed è chiaro che i ricavi pay sono una delle parti fondamentali soprattutto per quel cinema più difficile da distribuire, magari più piccolo, fatto da produttori indipendenti, che senza il ricavo pay (non deve essere per forza Sky, c'è un altro operatore pay sul mercato) il cinema più di nicchia avrà più difficoltà. Questa non è una critica, perché non ho idea di quale sarà la strategia di Sky. Come dico sempre ai miei collaboratori perché all'inizio tutti ci vedevano contro questo aspetto, per noi invece è una bella opportunità dal punto di vista del pluralismo dei produttori, perché il fatto che dei campioni della produzione abbiano fatto un accordo con Sky ci spinge a essere più creativi nella produzione, a cercare di far crescere, cosa che già stiamo facendo, altri produttori che magari avevano dimensioni più contenute. Anche questo purtroppo non si fa in sei mesi, però questa è la strada. Il fatto che Cattleya, Indiana, Wildside vadano a produrre, non vuol dire che le nostre porte siano chiuse per questi produttori, perché non sarebbe nemmeno giusto, però immagino che faranno i loro progetti forse più importanti o più commerciali con la società di cui sono soci, perché sono soci in Sky Vision. Ritengo quindi che sia non un problema, ma un'opportunità, e noi dovremo essere bravi a far crescere i produttori. Un po’ di quei film che vi ho fatto vedere nella parte nuova sono film di produttori più piccoli o più grandi che però non erano «campioni» rispetto a Rai Cinema.
  Andiamo con ordine. È chiaro che, come in tutti i mercati, il produttore più importante attrae una quantità e progetti più importanti in termini economici, anche in America fra le major e gli indipendenti c'è un abisso, quindi è normale che ci sia un gruppo di produttori «campioni» che ha una percentuale di risorse più importanti, perché fanno più film e li fanno tutti di dimensioni più grosse. Noi non scegliamo quale film fare per poi affidarlo al produttore, qui stiamo parlando di aziende che vengono da noi e ci propongono dei progetti, e noi abbiamo la responsabilità e la facoltà di scegliere tra questi progetti, quindi anche progetti di qualità, e lei faceva riferimento ai grandi autori italiani e a progetti costosi ed è evidente che la Cattleya e le altre società più importanti ne intercettino di più. Il punto è come distribuire di più e meglio. Vi fornisco un dato aggregato e poi parleremo con la capogruppo di come dare questi dati, perché non abbiamo nulla da nascondere, però come cinema siamo sul mercato vero, cioè i nostri competitor si chiamano a livello distributivo Disney, Universal, Fox, Warner, ma anche grandi italiani come Medusa e Sky Vision. Il problema è che per quanto riguarda i produttori abbiamo delle clausole di riservatezza.
  Poiché non è un'azienda privata, non ho problemi a fornire questi dati, quando mi daranno l'okay avrete tutti i dati puntuali. A livello macro posso dare un dato aggregato. Prima di tutto è chiaro che i dati sono aggregati perché un film lo paghiamo in tre o quattro anni, se dovessimo andare a prendere solo un anno o due anni dal punto di vista economico, se le dicessi gli ultimi due anni delle società, potrebbero venire dati non significativi. Do dati aggregati in questo senso, proprio perché credo Pag. 26(ma mi posso sbagliare) che siano più significativi, perché il cinema ha un ciclo di produzione e di progettazione pluriennale, quindi questo è uno dei motivi per cui parlavo di più anni insieme.
  Nella sua storia le prime 15 società che hanno lavorato con Rai Cinema si sono divise tra il 50 e il 55 per cento delle risorse. Naturalmente ogni anno questa percentuale può cambiare notevolmente. Parlo di tutta la storia di Rai Cinema.

  ALBERTO AIROLA. Mi sembra un po’ eccessivo, no?

  PAOLO DEL BROCCO, amministratore delegato di Rai Cinema. Se vediamo gli ultimi anni, stiamo tra il 55 e il 60 delle prime 15 società, quindi abbiamo un buon 35-45 per cento che va a tutte le altre. C'è un dato (anche questo aggregato, però le faccio capire la differenza): le prime 20 ditte del periodo 2000-2009 avevano il 62 per cento degli investimenti, quelle 20 ditte nell'ultimo triennio hanno una percentuale del 38 per cento delle risorse. Cosa significa questo? Che nell'ottica della pluralità e del cambiamento dei produttori sicuramente c'è stato uno spostamento, c'è stato un travaso, c'è stato un cambiamento, uno splittamento.
  Ripeto: appena mi danno l'okay posso dare tutti i dati, non ho problemi, anche se è un tema Anica, anche qui abbiamo clausole riservatezza e non sono un avvocato, quindi devo approfondirle e le approfondiremo con la capogruppo.
  Nel periodo 2015-2017 sono entrate all'interno delle prime 20 ben 11 nuove società rispetto al periodo precedente. Che succederà poi? Nei prossimi anni, in virtù di quello che ho detto per il discorso Sky Vision, ci sarà un ulteriore travaso perché, visto che presumibilmente queste società lavoreranno meno con noi, le società che avevano investimenti rilevanti, soprattutto 4 su 5 cioè Cattleya, IIF, Indiana, Wildside (Palomar fa meno cinema), avremo meno film con questi che daranno i film più importanti che intercettano a Sky, quindi noi dovremo per forza andare a fare altri film da produttori diversi, quindi queste percentuali cambieranno, ma non tanto nella classifica dei primi 15 o 20, ma secondo me la cosa importante (scusate se mi permetto) è quali sono queste 15-20 nel corso degli anni, perché anche se abbiamo 300 produttori perché contribuiamo magari in modo piccolo a fare film piccoli o documentari, è chiaro che quello è un modo per far lavorare, per provarli e per farli crescere, ma intercettare i progetti più importanti sarà sempre appannaggio di 15, 20, 25 società per quanto riguarda una parte più consistente del budget. Se quelle rimangono sempre uguali, le dico che c'è un problema, se quelle non rimangono sempre uguali, forse il problema è minore. Questo è il mio personalissimo punto di vista.
  Il budget di Rai Cinema in questi ultimi anni è aumentato in virtù proprio di quel decreto e peraltro anche quest'anno credo che sia in lieve aumento, il budget di Rai Cinema dipende dai ricavi complessivi della Rai, non dal canone, quindi anche se all'interno del conto economico è aumentato il canone, ma da quanto ho capito la pubblicità o è un po’ diminuita oppure siamo lì, dipende dal numero totale, quindi è molto semplice. Sicuramente non è stato ridotto il budget di Rai Cinema, anzi è aumentato leggermente, in virtù di questo calcolo. Quello che è stato ridotto di Rai Cinema (altrimenti si crea confusione perché anche sui giornali è stato scritto che il cinema è stato ridotto) è che noi abbiamo un budget per gli acquisti per la televisione e un budget per la produzione cinematografica, il budget per la produzione cinematografica è figlio di una legge e di una formula matematica, il budget per gli acquisti – quello sì – è stato ridotto di un po’ proprio per un discorso di congruità del conto economico complessivo della Rai, però sono investimenti che spesso facciamo anche con operatori internazionali. Come sapete, abbiamo acquisti da CBS, Disney, Beta, BBC per coprire il palinsesto. Per chiarezza, quindi, il budget del cinema non è diminuito, anzi è leggermente aumentato in virtù del monte ricavi della Rai. Quello che è diminuito nel budget di Rai Cinema è la parte dedicata agli acquisti per la televisione, Pag. 27 che non c'entra niente con il cinema italiano, per essere chiari.

  ALBERTO AIROLA. Questo dato però ce lo può dare!

  PAOLO DEL BROCCO, amministratore delegato di Rai Cinema. L'ho fatto vedere nella slide: 71 milioni nel 2017. Nella slide sono riportati anno per anno. Invece l'acquisto è diminuito, adesso non mi ricordo di quanto.... Per quanto riguarda il 16 per cento, onorevole Lupi, non ho capito... Del fatturato complessivo?

  MAURIZIO LUPI. Il cinema italiano sul fatturato complessivo non Rai ovviamente...

  PAOLO DEL BROCCO, amministratore delegato di Rai Cinema. Di produzione o di quota di mercato di distribuzione?

  MAURIZIO LUPI. Tutto compreso.

  PAOLO DEL BROCCO, amministratore delegato di Rai Cinema. È un dato che non conosco, glielo dico sinceramente, quindi mi è difficile rispondere.
  Mi ha fatto una bella domanda, perché finalmente ho modo di rispondere pubblicamente al cinema francese, che sembra che sono fighissimi (scusi il termine non proprio istituzionale). Quando lei parlava di concorrenza sul cinema americano, dove? In Francia, non in Italia. L'industria del cinema francese ha beneficiato di finanziamenti pubblici, che chiamano in un altro modo ma sono finanziamenti pubblici, di 850 milioni l'anno da 20 anni, quindi con questo mare di denaro (beati loro!) hanno costruito sceneggiatori, maestranze, scrittori soprattutto, perché hanno potuto investire tantissime risorse. Le sale hanno una grande facilità naturalmente industriale.
  Le faccio un esempio: qualche anno fa Pathé venne in Italia perché voleva aprire dei cityplex, che in Italia non abbiamo perché abbiamo i multiplex, mentre a Parigi vede dei grandi cinema dove c'è il cinema d'autore, il cinema internazionale, il cinema commedia, quindi sono molto variegati e poi sono importanti cinema al centro della città. Venne in Italia perché voleva aprire una catena, dopo un po’ di tempo la loro analisi condusse al fatto che per aprire un cityplex o comunque una struttura servivano mediamente 7 anni (e non erano sicuri nemmeno di arrivarci) e soprattutto ogni regione aveva una normativa diversa, per cui sono scappati.
  Il sistema normativo francese è strutturato per supportare in maniera ingente il comparto cinematografico. Basti pensare che in Francia, per esempio, sono in vigore le quote di programmazione per la sala. Non si parla di televisione, ma di cinema: ogni struttura deve avere una quota di programmazione dedicata al cinema francese, cioè al cinema locale. Questo tema è normativo e non di mercato.
  Per quanto riguarda il sistema di finanziamento del cinema francese, si parla spesso della tassa di scopo, ma le aziende soggette a tale tassa possono godere di una riduzione dell'IVA e quindi, anche se tecnicamente questo genere di intervento non può essere annoverato tra i finanziamenti pubblici diretti, rimane di fatto un intervento statale, possibile grazie all'architettura normativa realizzata per sostenere e sviluppare il comparto cinematografico francese.
  Questo genere di interventi ha modificato strutturalmente l'economia del cinema francese: se in Italia un film con un budget di 5/6 milioni è considerato già importante, in Francia il budget di un film del genere si attesta intorno ai 15 milioni. Questo deriva sicuramente dal sistema normativo e da una differente regolamentazione che impatta su diversi aspetti, tra cui le maestranze, determinando quindi costi maggiori per il budget di un film.

  PRESIDENTE. Non come la Tav, al contrario...

  PAOLO DEL BROCCO, amministratore delegato di Rai Cinema. Perché il film americano più stupido costa 50 milioni dollari? Perché guardi quanto prendono a settimana le maestranze americane, non è solo un fatto di prodotto, ma è anche tutto quello che gli gira intorno. Pag. 28
  Sul pluralismo produttivo ho risposto, fatturato per casa di produzione ho risposto, esportazione del cinema nel mondo, grazie perché anche questa domanda mi consente di fare un punto, anche se è un punto di vista, non un punto definitivo. Cosa vuol dire quando parliamo di internazionalizzazione? Cioè che il cinema italiano vada in sala in Polonia e diventi campione d'incassi o vada in sala in altri Paesi europei? Storicamente il cinema europeo è local, cioè ogni Paese ha un cinema locale, anzi l'Italia, che ha una quota media del 30 per cento di quota di mercato (parlo di box office), forse è il secondo in Europa dopo la Francia, nemmeno l'Inghilterra ha i film inglesi con questa quota di mercato, quindi non è una situazione così drammatica.
  Se invece intendiamo l'internazionalizzazione il fatto che viaggino, cioè che siano visibili, non credo che siamo messi così male, nel senso che per esperienza diretta vi dico che tantissimi film che contribuiamo a realizzare, anche piccoli, hanno una visibilità internazionale molto importante. C'è un piccolo film di cui adesso non ricordo il titolo, ma che è andato in 70 Festival nel mondo ... Abbiamo difficoltà noi ad uscire in sala con i film italiani, figuriamoci negli altri Paesi. Quindi questo è un tema diverso.
  Cosa bisogna fare per diventare Blockbuster? Qui c'è un problema enorme di risorse, come diceva lei, di industria, la Francia ha UniFrance che spinge moltissimo sulla distribuzione all'estero, certo risultati migliori di noi li fa, ma non è che il cinema francese nel mondo abbia quote di mercato in America o in qualche paese così rilevanti, il cinema francese in Italia ha una quota di mercato molto piccola, pur avendo grandi film (come quota di mercato parlo sempre di box office).
  Non c'entra niente con la fiction, però se la Rai o chi per essa deve fare serie per Rai Uno, non è che in automatico riesce a fare dei film per HBO, non è proprio così banale. Dal punto di vista della visibilità ai festival e della visibilità nei vari Paesi dal punto di vista culturale il cinema italiano è rispettatissimo, perché ho la fortuna di andare in decine di posti all'anno: ad esempio prima dell'Oscar abbiamo avuto delle serate dedicate ai documentari, perché la settimana precedente ci sono dei contest, delle discussioni, in tutte le serate dove c'erano degli operatori e delle persone molto competenti avevano tutti i registri delle nomination agli Oscar, il regista e l'opera che ha avuto più applauso dai documentaristi è stata la nostra, quindi secondo me c'è una buona visibilità, probabilmente non ne abbiamo una percezione perché questo non corrisponde a una valorizzazione economica. Questo è vero, però siamo in compagnia di tutto il cinema europeo.
  Cosa bisogna fare? Bisognerebbe fare 2-3 film all'anno molto importanti, in inglese se vogliamo andare all'estero. Dobbiamo farli in inglese? Questo dobbiamo chiedercelo, perché il film di Paolo Virzì girato tutto in America con due grossi attori ha trovato una distribuzione pagata peraltro più di 3 milioni di dollari in America, ovviamente è un film d'autore, non è un Blockbuster, uscirà abbastanza bene, però è uno. Il film di Matteo Garrone in inglese l'ha girato in Italia, però erano tutti attori internazionali. Bisogna avere una chiarezza di idee su questo. Ci può essere un progetto Paese dove si fanno tre film all'anno da 20 milioni l'uno in inglese con attori internazionali, magari girati in Italia, prodotti in Italia, però, per quanto possiamo esportarli, parliamo sempre di film che non saranno mai campioni d'incasso nei mercati rilevanti, è molto difficile la penetrazione sul mercato americano o sul mercato cinese. Sono stato da poco in Cina...

  PRESIDENTE. Le devo chiedere di concludere perché sono iniziate le votazioni in Senato.

  PAOLO DEL BROCCO, amministratore delegato di Rai Cinema. Se volete, posso rispondere per iscritto oppure rivederci, come volete. Io non ho problemi.

  PRESIDENTE. Ancora cinque minuti e poi dobbiamo chiudere.

  PAOLO DEL BROCCO, amministratore delegato di Rai Cinema. Abbiamo sempre Pag. 29espresso un giudizio positivo sulla legge «Franceschini» che ha revisionato il sistema complessivo di incentivi e sostegni al settore audiovisivo. Condividiamo quindi i criteri generali, le linee strategiche, gli obiettivi da perseguire e gli strumenti messi in campo per raggiungerli. Rai Cinema non è contraria al principio che alle imprese indipendenti, cioè non collegate a emittenti televisive, siano riservati trattamenti di favore nella intensità degli aiuti e nella graduazione dei benefici. Ciò comporterà, ovviamente, una penalizzazione, rispetto al passato, per una azienda come Rai Cinema collegata al broadcaster, l'unica preoccupazione dell'azienda, quando consultata nelle sedi istituzionali in cui si è discusso della riforma, è stata quella di richiedere una sostanziale «par condicio» con le altre imprese del settore «non indipendenti». In sette anni, dal 2010 ad oggi, Rai Cinema ha contribuito a realizzare a vario titolo 400 film. Di questi, oltre 192 film sono opere prime e seconde, a dimostrazione dell'impegno che la società riserva alla scoperta dei nuovi talenti del cinema. Rispetto alle opere prime e seconde che Rai Cinema ha contribuito a realizzare, il trend è sicuramente in crescita. Se fino a qualche anno fa si producevano mediamente 15-20 opere prime e seconde all'anno, oggi siamo arrivati a quasi 30 film. Naturalmente ogni aspetto in cui opera la società può essere migliorato e prendiamo spunto da quanto emerso in questa sede per porre delle riflessioni a riguardo. Lo sviluppo e il sostegno verso i nuovi talenti è una priorità aziendale. Tuttavia, a nostro avviso, non bisogna correre il rischio di sovraesporre il numero delle opere prime e seconde rispetto all'effettiva capacità di assorbimento del mercato cinematografico italiano.
  L'accesso a Rai Cinema: se c'è qualcuno che non ha avuto una risposta, lo invito a dircelo, può anche essere perché abbiamo mille progetti, non possiamo andare nel dettaglio e rispondere a tutti, perché entriamo in un dibattito e da quando faccio questo mestiere dovunque mi siedo a tavola la sera c'è qualcuno che vuole fare un film, anche nella mia famiglia c'è qualcuno che vorrebbe fare un film, quindi è chiaro che per chi ti porta un film quello per lui è un premio Oscar, io lo capisco, è legittimo. Mi dispiace se c'è qualcuno che non ha avuto risposta o lamenta questa cosa. Noi siamo quattro gatti, facciamo un lavoro massacrante, siamo un numero abbastanza limitato a Rai Cinema, questa è una responsabilità brutta che mi prendo, è colpa mia, perché ho voluto in questi anni tenere in tensione la struttura invece che allargarla, ho sbagliato, lo dico pubblicamente, l'ho detto anche al direttore generale, perché a questo punto diventa anche un problema gestire tutti questi progetti quando sull'editoriale siamo cinque o sei! Non credo francamente che ci sia una non risposta, se c'è una non risposta come amministratore me ne assumo tutta la responsabilità, perché la colpa è mia, ci può essere qualche caso dove preferiamo non rispondere per iscritto ma a voce, perché sarebbe imbarazzante rispondere per iscritto (questo sì), però forse dobbiamo farlo anche in quei casi.
  Sicuramente ci stiamo attrezzando da quando ci sono queste nuove norme per poter rispondere in tempi adeguati, ma che molti non abbiano risposta mi sembra difficile.
  Rai Cinema Channel e web movies: sì, stiamo provando a fare una nuova linea di corti per il web, se partiamo quest'anno li faremo tra un anno, perché non è una linea che possiamo fare in cinque minuti. Siamo i primi ad aver fatto gli accordi con tutte le piattaforme su tutti i film con iTunes quando in Italia non sapevano nemmeno che c'era iTunes, proprio perché crediamo che i film vadano visti su tutte le piattaforme possibili, quindi la pay, il VOD, lo SVOD, ormai abbiamo accordi per il tramite di RaiCom con Netflix, con iTunes, con Telecom, con Tim Vision, abbiamo fatto anche un accordo con le consolle di giochi, Sony e le altre. Onestamente lì c'è un tema di crescita del mercato, però siamo apertissimi a dare i nostri film con le finestre dovute a tutti, perché è un vantaggio per noi, perché quel film viene visto da pubblici che usano delle modalità di fruizione diverse.
  Senatore Airola, sulla quota documentaria del 4 per cento ci dobbiamo chiarire, Pag. 30nel senso che il 4 per cento è la quota documentaria di tutta la Rai, non la nostra. Noi contribuiamo. Non so se tutta la Rai faccia la quota (immagino di sì da quanto so), noi facciamo un pezzetto, ma a questo non le so rispondere.
  Trasmissioni su reti generaliste. No, forse nella velocità ha letto male, non sono sei i titoli, erano sei-sette titoli su Rai Uno, ma mi sembra più agevole fornire i dati della prima serata di Rai Uno e di Rai Tre soprattutto, e anche delle prime serate dei tematici, perché non scordiamoci che se la Rai ha 14 canali e i film italiani vanno in prima serata su Rai 4 o su Rai Movie non è un disvalore, anzi è una valorizzazione di quel prodotto. Su questo le do dati che sono molto interessanti, perché sono centinaia i film.

  PRESIDENTE. Acquisiamo tutti i dati possibili, quelli che ha portato e in seguito, magari per iscritto, quelli che ha citato.
  Ringrazio il dottor Del Brocco e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.45.

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