XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 104 di Mercoledì 9 novembre 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Audizione del direttore del Giornale Radio e Radio1, Andrea Montanari:
Fico Roberto , Presidente ... 3 ,
Montanari Andrea , direttore del Giornale Radio e Radio1 ... 3 ,
Gasparri Maurizio  ... 6 ,
Lupi Maurizio (AP)  ... 7 ,
Airola Alberto  ... 8 ,
Lainati Giorgio (SCCI-MAIE)  ... 9 ,
Verducci Francesco  ... 10 ,
Ciampolillo Lello  ... 11 ,
D'Ambrosio Lettieri Luigi  ... 11 ,
Fico Roberto , Presidente ... 12 ,
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 12 ,
Montanari Andrea , direttore del Giornale Radio e Radio1 ... 13 ,
Fico Roberto , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'art. 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del direttore del Giornale Radio e Radio1, Andrea Montanari.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del direttore del Giornale Radio e Radio1, Andrea Montanari, che ringrazio davvero per aver accolto l'invito della Commissione.
  È inoltre presente il direttore delle relazioni istituzionali della Rai, Fabrizio Ferragni, che ringrazio per la sua presenza.
  Come convenuto dall'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, invito i colleghi a contenere il proprio intervento entro i cinque minuti. In ogni caso, il presidente vi interromperà.
  Do la parola al dottor Montanari, che riferirà sul piano editoriale della testata giornalistica «Giornale Radio», con riserva per me e per i colleghi di rivolgergli, al termine del suo intervento, domande e richieste di chiarimento.

  ANDREA MONTANARI, direttore del Giornale Radio e Radio1. Innanzitutto, ringrazio davvero la Commissione per avermi dato l'opportunità di poter raccontare i nostri progetti per la radio e di poter così illuminare uno strumento molto importante nelle strategie dell'azienda Rai e che ha una penetrazione nel Paese importante, uno strumento che va sicuramente tenuto molto in considerazione.
  Leggerò una versione sintetica del mio piano editoriale, altrimenti vi avrei intrattenuto per quasi un'ora e non volevo tediarvi troppo. Alla ricerca di quali siano i media ritenuti più affidabili e più credibili nell'Unione europea, uno studio dell'EBU conferma lo straordinario livello di autorevolezza e credibilità della radio. Il 55 per cento del campione europeo crede in ciò che dice la radio, contro un 36 per cento che non crede, e dunque c'è un differenziale positivo a vantaggio della radio di quasi il 20 per cento. Non ci sono altri mezzi di comunicazione in Europa con un saldo attivo così importante. La televisione di fatto pareggia, con un 48 per cento che crede in ciò che dice la TV e un 47 che non ci crede. La carta stampata precipita con un saldo negativo del 7 per cento. Con internet e, soprattutto, con i social media si va invece verso una diffusa e profonda sfiducia, anche se c'è un'eccezione. In Italia, la credibilità che si annette alle informazioni sul web è in controtendenza rispetto all'Europa, cioè in Italia si dà più valore all'informazione del web. Guardando la situazione Stato per Stato, le cose non cambiano di molto. In Italia, la radio resta ai vertici della credibilità, con un saldo positivo dell'11 per cento. La cosa che ci interessa è che non solo in Italia il nostro è ritenuto il mezzo di comunicazione più credibile, ma l'evoluzione di questa tendenza è positiva, cioè rispetto agli anni Pag. 4passati la fiducia nel 2016 verso la radio in generale cresce e si consolida. A confermare questo buono stato di salute in Italia è il record di consumo per abitante: tra i cinque più grandi Paesi europei (Italia, Regno Unito, Germania, Francia e Spagna), in Italia siamo primi nettamente per il consumo di radio, con 3 ore e 20, che diventano 2 ore e 40 tra i 14 e i 25 anni. Sempre l'EBU rileva, con parametri numerici molto chiari e misurabili, che laddove nell'Unione c'è un servizio pubblico forte, questo fa bene alla democrazia di quel Paese, ai suoi fondamenti e alle sue buone pratiche.
  Va, dunque, tutto bene per la radio? Non è esattamente così. Quello che abbiamo appena visto è il quadro generale. Noi guardiamo a casa nostra Radio Rai, Radio 1 e i giornali radio. È un Paese, l'Italia, nel quale il contesto in cui avviene il lavoro della radio è difficile, sfilacciato, nevrotico. Le regole ci sono, ma non sempre vengono fatte valere e, tra sovrapposizioni di frequenze, violazione di diritti sportivi in essere, conflitti di interesse tra editori e varie piccole illegittimità, il caos spesso la fa da padrone, e danneggia in primo luogo Radio Rai. Oggi, la radio di servizio pubblico è nel suo complesso il secondo editore radiofonico, e noi di Radio1 siamo al sesto posto nella classifica globale, con quasi 4.200.000 ascoltatori nella giornata media e uno share tra le 6 e le 24 pari al 5 per cento. Ci sono stati errori in passato, errori che vengono da lontano, ma anche un contesto caotico, in cui la mancanza di un'azione incisiva da parte di chi dovrebbe far rispettare le regole danneggia in primo luogo Radio Rai, ad esempio sulle frequenze. È nota la nostra difficoltà su questo tema, dovuta spesso a un vero e proprio filibustering delle radio private sulle nostre frequenze.
  C'è da considerare anche un sistema di rilevazione, e qui mi riferisco appunto ai dati, proprio allo share, nato da un'iniziativa privata che, dopo la fine di Audiradio alcuni anni fa, non ci ha premiato, non è stato riconosciuto da Agcom e non vede neppure la partecipazione dei pubblicitari. È quindi importante sapere che è aperto un processo in ambito TER, il tavolo degli editori radiofonici, per arrivare ben presto, si spera entro la prima metà del 2017, a una nuova piattaforma proprietaria di TER, che ridefinisca metodi e parametri di rilevazione, per arrivare a risultati quantitativamente e qualitativamente migliori. Radio Rai si sta spendendo molto su questo e la speranza, appunto, è che sia operativo a breve.
  Radio1, che nell'ambito dell'offerta radiofonica della Rai presidia il terreno dell'informazione, ha l'obbligo di cercare nuovi ascoltatori, visti questi numeri, donne e giovani in primo luogo. Per farlo, deve affinare la propria proposta. Penso a una più puntuale scelta di argomenti, scalette dei programmi, a un'apertura della nostra platea di ospiti, esperti, analisti, a una programmazione musicale più attenta e intrigante, tutto ciò che serve a convincere più giovani e più donne che Radio1 è casa loro.
  Oggi, il nostro brand è associato a un'idea di qualità. La copertura del terremoto è stata un valido esempio. La redazione ha lavorato con grande impegno e professionalità. Le parole pronunciate la notte del 24 agosto, proprio in diretta su Radio1, pochi minuti dopo il sisma, dal sindaco Pirozzi, quell’«Amatrice non c'è più», restano uno dei simboli di quel terremoto, di quel tragico evento, e hanno fatto il giro del mondo. BBC, NBC, i giapponesi, tutti hanno visto il nome di Radio1 associato a un'informazione tempestiva e di qualità. Uno studio condotto da GfK Eurisko ci dà elementi di valutazione confortanti su questa qualità del prodotto di Radio1. Il giudizio si deve considerare positivo sia per i giornali radio sia per le trasmissioni di rete. Cito solo un esempio per non perdere tempo: nell'ultima rilevazione, relativa all'estate appena trascorsa, il GR1 delle 7 del mattino, su una scala di voti che va da 1 a 10, come i voti scolastici, misura un 34 per cento di radioascoltatori che fornisce un giudizio tra 9 e 10, l'eccellenza, e un altro 44 tra 7 e 8, quindi un buon convinto apprezzamento. Pag. 5D'altro canto, solo il 2 per cento dà un giudizio negativo. In soldoni, sintetizzando tutti questi dati, crediamo di avere un buon riscontro qualitativo. Certamente, dal punto di vista quantitativo abbiamo bisogno di essere più penetranti e più presenti nel corpo dell'ascolto radiofonico.
  Gli incontri avuti con le redazioni prima del varo del piano editoriale mi hanno consentito di approfondire questioni relative all'organizzazione del lavoro. Il primo dato è quello delle redazioni tematiche. Si tratta di strutture essenziali per la realizzazione dei giornali radio di qualità, ma vanno rafforzate e messe in condizione di svolgere meglio il loro lavoro. L'azienda ha fornito assicurazioni sulla richiesta di avere risorse aggiuntive, ma il problema non va posto solo in termini di risorse giornalistiche. C'è, con ogni evidenza, un problema cruciale di risorse tecniche e tecnologiche. Dato che i tecnici che ci coadiuvano nel lavoro giornalistico sono purtroppo pochi. Mi sono battuto, insieme ai dirigenti di via Asiago, per riaprire una selezione in tempi brevi, che porti al reperimento di nuove risorse tecniche, creando al contempo un bacino in cui pescare per il turnover di chi lascerà in futuro. Nel frattempo però siccome il giornalista radiofonico ha una soglia tecnologica un po’ più bassa di quella della televisione, per cui è giusto che lavori anche in autonomia, abbiamo anche deciso di varare quello che abbiamo definito un cantiere tecnologico, mettendo in rete tutti gli operatori, la produzione, l'ingegneria, i servizi tecnologici, un cantiere che ci porti in tempi brevi a mettere a punto meglio il processo di lavori in autonomia del giornalista, senza tecnico, direttamente con il registratore, con l’iPad, a definire relativi device, mini iPad, computer, registratori e così via. Questo cantiere a breve si concluderà con l'assegnazione di nuove apparecchiature, insieme ai necessari percorsi di formazione.
  Adesso, vediamo brevemente il ruolo che spetta ad alcune tra le più importanti redazioni interne alla più grande redazione del Giornale Radio, a cominciare da quella politico-parlamentare, chiamata a raccontare un segmento cruciale dell'informazione. Deve farlo in modo plurale ed equilibrato, tanto più in un momento come questo, alla vigilia di un'importante consultazione referendaria.
  La redazione esteri svolge un lavoro di grande importanza per i nostri notiziari, ha una presenza quantitativamente di molto superiore a quella che gli esteri hanno nei telegiornali, e così dovrà continuare a essere. Questo significa funzione di servizio pubblico di primaria importanza, significa illuminare le grandi vicende che trovano posto in tutti gli organi di informazione – pensiamo alle elezioni americane seguite la notte scorsa con un lungo filo diretto. Accanto a questo però ci occupiamo anche di ambiti e settori spesso trascurati, come l'Africa o l'Estremo Oriente.
  La redazione cultura e spettacoli esprime oggi una capacità di racconto interessante di quanto anima il panorama di riferimento, senza limitarsi alle notizie e alle storie che riguardano solo i big e i soliti noti. A fianco ai grandi nomi della musica, del cinema, della cultura, sono presenti nei nostri sommari anche fermenti più originali, lontani dal grande business, che difficilmente trovano spazio nella stampa e nei telegiornali maggiori.
  La redazione sport è una colonna fondante di Radio1 e GR. Oggi molto del nostro appeal e della nostra capacità di attrarre ascolti di giovani e meno giovani si gioca sul lavoro prezioso dello sport. Abbiamo valutato di ampliare il già ampio perimetro degli eventi da raccontare nel 2017. Forse non tutti sanno che abbiamo di fatto il più grande contenitore di diritti sportivi che ci sia nel Paese, seppure ovviamente limitati alla radiofonia, perché abbiamo il campionato, la Champions, la serie B, la Formula 1, il MotoGP, il basket, il volley, il rugby, l'atletica, il nuoto, tantissime cose. Chiederemo all'azienda di valorizzare questo asset con un'opportuna attività promozionale, avviando al contempo una serie di nuove media partnership, che ci consentiranno di evidenziare al meglio il nostro ruolo: dove c'è sport che Radio1. Pag. 6
  Con GR Parlamento, RadioRai assolve a un preciso impegno di servizio pubblico sancito dalla legge per la trasmissione in diretta delle sedute parlamentari. È un impegno di cui siamo orgogliosi, che ci rende testimoni privilegiati della vita politico-istituzionale, e intendiamo sviluppare con nuovi contenuti. Al di là delle dirette di Assemblea e di Commissioni, al di là di rubriche e rassegne stampa, che già realizziamo, abbiamo pensato insieme alla redazione di allargarci alla sera, quando ciò risulti necessario per lavori di particolare importanza, e al fine settimana, nelle giornate di sabato e, possibilmente, domenica, per recuperare in differita ciò che non è stato possibile dare in diretta.
  Nel mio piano editoriale ho anche parlato della necessità da parte nostra di incuriosire, appassionare, invogliare di più all'ascolto dei nostri prodotti, anche creando eventi che rendano visibile Radio1 e coinvolgano quante più persone possibile. Per attrarre, incuriosire e coinvolgere di più, oltre al lavoro editoriale, abbiamo due strade, che percorreremo entrambe.
  La prima è la nostra presenza on line, non solo nel senso classico del nostro sito. Dovremo annunciare, raccontare e rilanciare le nostre iniziative sui social media, principalmente Facebook e Twitter, senza trascurare Periscope e altri social. Questo è un lavoro da curare con grande attenzione. Abbiamo già integrato e rafforzato il gruppo che se ne occupa. Abbiamo dato un'unità ad hoc a Un giorno da pecora, arrivato quest'anno sulle nostre frequenze ad arricchire una proposta di cui siamo davvero entusiasti. Cercheremo di avere risorse adeguate anche per questo lavoro.
  L'importante è che un numero sempre maggiore di persone si accorga dello sforzo di Radio1, ne ascoltino i risultati, li apprezzino e abbiano voglia di tornare da noi il giorno dopo. L'otterremo solo con un'idea di multimedialità fortemente dinamica e integrata.
  La seconda strada che percorreremo, insieme alla presenza on line, è quella di dare visibilità e risonanza a Radio1 attraverso un intenso programma di media partnership su eventi di qualità in tutta Italia. L'idea è quella di portare il brand Radio1 sul territorio, associando la copertura di importanti eventi sportivi, giornalistici, culturali, che spesso già facciamo, ma portando tutto alla massima diffusione e visibilità del nostro marchio. Lo faremo con loghi, mezzi mobili, come regie mobili, pullman sul territorio, materiale promo. L'obiettivo strategico è di rendere sempre più visibile ed esplicito che, laddove c'è un importante evento, è molto probabile che a raccontarlo sia Radio1.

  MAURIZIO GASPARRI. Faccio gli auguri al direttore Montanari, che conosciamo da tempo per la sua lunga esperienza radiofonica e televisiva in vari ambiti. Sono anche lieto del fatto che in queste ultime scelte le risorse interne siano state più valorizzate rispetto a una fase, ahimè ancora non esaurita, di eccessiva valorizzazione di risorse esterne, con risultati discutibili. L'ultima prova l'abbiamo avuta in questi giorni con la differenza di ascolti tra Bianca Berlinguer, che ha fatto il 10 per cento nella sua puntata d'esordio – non so quale risultato abbia fatto ieri – e Politics. Quali che siano le opinioni dei giornalisti, mi pare che la Rai abbia risorse migliori di quelle che va a inseguire per ragioni misteriose e inspiegabili, come quelle che hanno portato a quattro prime serate con il 10-11 per cento, ideatore Veltroni, dai costi ignoti. Ringrazio anche Ferragni, che è presente. Non riusciamo ad avere risposte.
  Per la radio va benissimo lo sforzo di modernizzazione, ma ho una questione specifica. Abbiamo letto anche del ruolo di Carlo Conti come in qualche modo agitatore di idee, innovatore. Lei ha la responsabilità giornalistica sulle reti, come anche giustamente ha detto, sui programmi, sulle trasmissioni. In effetti, c'è un'esigenza di reggere la concorrenza dei grandi network radiofonici che hanno conquistato metri di campo, percentuali di ascolto, e quindi hanno preso, ahimè dal punto di vista Rai e del servizio pubblico, le posizioni di testa dell'ascolto, anche con questo mix che fanno di notiziario breve, musica, varia umanità. Chi Pag. 7ascolta la radio a volte vuole anche questo mix di servizio, le informazioni sul traffico, il cantante, ma è inutile che spieghi a lei cose che conosce. Come pensate di affrontare ulteriormente quest'aspetto complessivo, che non riguarda solo il problema informazione? Alla fine si finisce anche per attirare il pubblico, come lei giustamente ammetteva. Vedevo lo sforzo dello sport, del logo, della presenza sul territorio, che è un aspetto. È una sfida per recuperare le posizioni e cercare di competere testa a testa con le varie Radio Italia, Rtl e così via. Questo era un appunto rispetto a Conti.
  Approfitto dei pochi secondi che restano per dire al Presidente che stiamo tenendo queste importanti audizioni dei direttori, ma è anche pendente una campagna referendaria e dovevamo vedere sull'informazione in generale piani, vertici e altro. Oltre ai dati che vedo sul web, sul sito del sì e del no, più o meno in equilibrio, a volte vedo che si continua questo sistema per cui c'è l'informazione sul Presidente del Consiglio... La radio ha un vantaggio, direttore. È più difficile acchiapparvi, perché fate tanti notiziari, quindi è complicato. Lei è stato al TG1 delle 20.00: si sta lì e lo si vede. Presidente, non so se serva un richiamo specifico, ma si continua con questo sistema del servizio sul no misto, in genere fatto anche in maniera intelligente: ...quelli litigano, quelli del Movimento 5 Stelle fanno il no, però hanno litigato su Marra, quelli del centrodestra non si sa che vogliano fare, se Berlusconi sia davvero per il no... Molti telegiornali danno quindi spazio al no – non so se le sia capitato di vederlo – ma condito bene, parlando prima dei guai di quelli del no e poi dicono che hanno detto anche no, e per guai intendo critiche, cose che più o meno in ogni schieramento accadono... poi c'è la questione di Bersani che non si poteva occultare. Il Presidente del Consiglio usufruisce dello spazio che non è solo sul Governo, che è normale, perché fa una legge, un decreto sul terremoto – ci mancherebbe altro – ma anche sul sì. Su questo come Vigilanza dovremmo ribadire quello che ci dicemmo, che per quanto riguarda il sì e il no entriamo nella fase decisiva, che ci vuole un forte equilibrio, che l'informazione sul Governo deve essere sul Governo, non sul Presidente del Consiglio che parla del sì, e poi arriva il servizio in cui c'è quello del sì e quello no. Abbiamo così due sì a uno. Poi i tempi a volte sono equilibrati e a volte no. A volte, la cronaca quotidiana impone delle agende – mi rendo conto – ma dico: occupiamocene in queste prossime ore, perché tra venti giorni sarà finita, non so quando e come. Colgo questa occasione per sottolineare questo aspetto, che però riguarda tutti. La radio sfugge a questa osservazione perché per fortuna siete più diffusi e quindi è complicato, e anche perché siete bravi e rispettate le regole.

  MAURIZIO LUPI. Anch'io faccio gli auguri al direttore e riconosciamo, a nome anche di Paolo Bonaiuti e degli altri colleghi, che ha esperienza del rapporto con queste aule. Ho due osservazioni e copierò poi una parte dall'esperienza di Gasparri, che ha parlato anche di altro, approfittando della gradita presenza del direttore dei rapporti istituzionali.
  Mi è piaciuta la sintesi della relazione introduttiva del direttore, perché è partito da una constatazione, che secondo me troppo spesso abbiamo dimenticato. La Rai aveva due grandi eccellenze: una era la televisione, l'altra la radio che inaugurò il servizio pubblico. Mentre su un aspetto ha retto la concorrenza delle televisioni private, alla radio è accaduto quello che è accaduto anche alla televisione. Era indubbio: sono subentrati soggetti nuovi che hanno introdotto novità e mercato. Per quanto riguarda la televisione, bene o male ha retto: abbiamo ancora RaiUno leader degli ascolti nonostante tutta la concorrenza che è entrata. Per quanto riguarda la radio, non ha più retto. Questa è una riflessione che dobbiamo fare e mi auguro che i vertici la facciano. È evidente che, se addirittura dai dati di ascolto Radio1 è al sesto posto, vuol dire che uno degli strumenti secondo me più moderni e più efficaci – più moderni per la flessibilità, perché può usare tutte le Pag. 8tecnologie, più efficaci, perché raggiunge tutti ovunque si trovino, ed è uno strumento anche giovane – è stato trascurato o non ci si è messa la stessa energia o la stessa creatività, immaginazione e investimenti.
  La prima questione è se nel piano editoriale, che condivido nella sua sintesi, ci sia anche la coscienza, già richiamata anche altre volte da parte del servizio pubblico, di dover investire nel futuro e non nel passato. Investire nella radio non è investire nel passato, è investire nel futuro. Tra l'altro, sottolineo che la radio è sempre stata, e lo dico anche per le tante esperienze dirette, un luogo straordinario di formazione professionale per la natura dello strumento. È il luogo di formazione di nuovi e giovani giornalisti per eccellenza. Anche da questo punto di vista vedo parallelamente radio e all news, nel senso che possono essere i due grandi bacini in cui la Rai può investire e formare. Questa è una prima osservazione.
  La domanda è simile a quella del senatore Gasparri. È evidente che, per raggiungere quest'obiettivo, se c'è questa coscienza, di tornare a essere leader, non è pensabile che ognuno vada per la propria strada, tanto più nella radio, l'informazione da una parte e la rete dall'altra. Che tipo di raccordo c'è o di mandato avete avuto perché il direttore delle news, del giornale lavori con il direttore della rete in sinergia per il medesimo obiettivo in andata e in ritorno? Qui è assolutamente evidente, infatti, che o c'è il legame o non si va da nessuna parte. Che rapporto esiste col direttore della rete? E il direttore artistico quale mandato – lo abbiamo già detto all'inizio col direttore generale – ha ricevuto? Quali i rapporti tra i due direttori, rete e giornale, con il direttore artistico?
  Concludo con un'ultima osservazione. Riguardo al referendum, Presidente e direttore affari istituzionali, abbiamo più volte chiesto, ma credo che nelle ultime due o tre settimane diventi fondamentale, che ci sia non solo una parità tra sì e no, ma ci sia una pluralità di presenze di rappresentazione dei sì e dei no. Fa bene, tra l'altro, all'informazione. Non funziona che sia un derby continuo, un derby interno del sì all'interno di uno stesso partito: sarebbe diminuire e far venire meno il valore della possibilità di par condicio nel senso vero del termine. Credo che lo stesso problema possa esserci anche nel fronte del no. Ho chiesto che ci siano degli strumenti per poter misurare questo. Se il sì e il no sono alla pari e poi il 95 per cento della rappresentazione dei sì o il 95 per cento della rappresentazione dei no sono monocratici, è evidente che c'è qualcosa che non funziona. Non abbiamo a disposizione questi dati per poter correggere in corsa, non per poter rivendicare. Ritengo che vada in ogni caso chiesta al servizio pubblico un'attenzione al di là dei dati, che ci sia non solo un equilibrio tra sì e no, ma un equilibrio e una giusta rappresentazione, come abbiamo sottolineato, all'interno delle diverse opinioni che rappresentano i sì o i no e che poi ci venga dato rapidamente uno strumento agile anche per controllare che in linea di massima che ciò avvenga. Se dovessimo scoprire, alla fine, che ci sono stati un sì e un no, ma c'è stata una non rappresentazione della pluralità delle posizioni, e quindi della ricchezza delle posizioni, sarebbe un errore.

  ALBERTO AIROLA. Ringrazio il direttore di essere qua. Il direttore ha citato l'EBU. Il direttore generale Ingrid Deltenre, quando era venuta in audizione in relazione alla legge sulla governance della Rai, aveva espresso forti criticità. Alla luce del fatto che è cambiata la governance, è cambiato il sistema di nomina, ha ricevuto pressioni politiche o ha visto particolari situazioni, premesso che forse sulla radio la bulimia dei partiti si contiene? Rivolgo questa domanda a chi penso possa dare una risposta positiva o negativa. Agli altri non la faccio proprio, perché lo so che le hanno subite, ma a lei lo chiedo.
  Interessa anche a me il rapporto con Carlo Conti e con la direzione creativa, visto che ci sono stati anche degli annunci: si può sapere qualcosa di più sul resto della programmazione? Pag. 9
  Abbiamo parlato un po’ prima dell'integrazione tra TV e web, come se appunto ci fosse qualcosa di più concreto come idea. Lei ha detto che ci sarà un cantiere tecnologico e l'idea di multimedialità. Ci dà qualche spunto in più per sapere quale strada prenderà la radio?
  Quanto a Verdelli, ovviamente mi interesserebbe sapere se l'ha incontrato, se c'è stata una reale occasione di coordinamento. Oggi vedremo, arrivano voci di messa in discussione sulla posizione di Verdelli. Aspettiamo che ci siano sviluppi. Sicuramente, visto che ha lamentato la scarsità di risorse, tanti soldi che sono stati dati a quest'unità di coordinamento forse potevano essere spesi meglio.
  Quanto ai notiziari, quello che le posso dire è che ritengo che sia un ottimo servizio quello offerto dalla Rai. Noi auspicheremmo anche un maggior numero di edizioni.
  Ho poi due questioni un po’ più tecniche. Una segnalazione arriva dal CDR Isoradio e canali di pubblica utilità Rai sulla contrattualizzazione di otto collaboratori esterni. Non si contestavano le capacità professionali, ma si cercava semplicemente di capire, nell'ottica di una valorizzazione del personale e della situazione Isoradio, il motivo di questa scelta. Sempre relativamente a Isoradio, ci è stato segnalato che ci sono 15 giornalisti professionisti contrattualizzati come programmisti, che hanno fatto tutti causa. Alcuni hanno vinto in primo grado e perso in secondo, o viceversa. Se si potessero normalizzare queste situazioni... La Rai dovrebbe essere una realtà professionale, un'azienda seria, pagata con soldi pubblici, e quindi trattare con adeguato rispetto delle norme i suoi dipendenti, sempre anche nell'ottica della valorizzazione delle risorse cosa annosa che si discute da tempo.
  Sul cantiere tecnologico, sono d'accordo che esistano corsi di aggiornamento. Bisogna aggiornare il personale alle nuove tecnologie, anche a nuovi modi di lavorare. Bisogna stare attenti a una cosa. Sulla radio, come dice lei, la soglia tecnologica è più bassa, ma bisogna stare attenti a non barattare un certo tipo di leggerezza e di operatività con un calo della qualità, anche lavorativa.
  Il contratto da videomaker, ad esempio, potrebbe indurre la Rai a usare molto operatori che fanno tutto. Per alcuni settori, alcuni tipi di reportage, alcuni tipi di prodotti, può anche andare benissimo, però spesso ho visto che su queste cose si sovrapponevano risparmi, con un decadimento della qualità. Auspico che non ciò succeda.
  Le raccomando, visto il momento delicatissimo per il nostro Paese – l'ho detto a tutti – la massima obiettività, la massima attenzione per il referendum. È veramente un momento delicato per il nostro Paese. Io giro per l'Italia, attualmente, e vedo che c'è tanta gente disinformata, non solo per colpa del servizio pubblico ovviamente. La radio fa sicuramente un buon servizio, ma bisogna stare molto attenti. C'è ancora una totale ignoranza del tema tra le persone. Questo è un argomento che merita veramente la massima attenzione.

  GIORGIO LAINATI. Ringrazio il direttore. Intervengo per pochi distanti, per segnalare che questa non particolare massiccia presenza di membri della Commissione oggi forse denota un non grande interesse per il mondo della radiofonia del servizio pubblico. Quest'osservazione potrebbe essere estesa anche a quello che è accaduto negli ultimi anni, una non enorme attenzione da parte dei vertici aziendali per le questioni relative alla radiofonia, anche se paradossalmente il cuore della Rai nasce proprio come radiofonia, poi divenuto televisione. Vorrei segnalare che invece il suo intervento e l'illustrazione del suo programma contrastano con questa magari minore attenzione generale che ci può essere nei confronti della radiofonia del servizio pubblico. Siamo però poi tutti lì a chiedere a lei e agli altri dirigenti della radio di cercare di recuperare le posizioni perse nei confronti della concorrenza privata. Posso semplicemente dirle che ho apprezzato l'illustrazione del suo programma. Mi sembra che sia incentrato proprio sul combattere questa battaglia per recuperare spazi. Nonostante questa presunta Pag. 10scarsa attenzione, sappia che invece ci sono molti che la seguono con attenzione, con rispetto e sicuramente con il desiderio di vedere la radiofonia Rai superare le incertezze del passato.
  Non posso quindi che augurarle buon lavoro.

  FRANCESCO VERDUCCI. Ringrazio il direttore Montanari, e anche il direttore Ferragni per aver seguìto tutte queste nostre audizioni.
  Voglio rimarcare uno dei punti che il direttore Montanari sottolineava nella sua relazione, per ricollegarmi poi ad argomenti più complessivi.
  Lei, direttore, poco fa citava una diretta drammatica, quella delle prime ore del mattino del 24 agosto, la diretta del sisma che ha colpito Amatrice, Arquata, Accumoli, la stessa diretta che poi abbiamo avuto in occasione del sisma del 26 ottobre e del 30 ottobre, e non solo. Devo dire che RadioRai in questi anni è sempre stata decisiva nei momenti più drammatici per la nostra opinione pubblica, quelli che riguardano ad esempio eventi di terrorismo e quelli legati alle calamità.
  Le cose che lei sottolineava e alle quali mi unisco sono particolarmente importanti, perché danno il senso della necessità che abbiamo di questo strumento e di come questo strumento, in particolare l'informazione in radio, sia vitale per il servizio pubblico. Aggiungo, quindi, a questo un tema, che forse viene sottovalutato, non da noi che siamo qui e spero non lo sia in azienda, e cioè il tema di quanto sia decisivo il rilancio del settore della radio per l'azienda, per il rilancio del servizio pubblico e anche per la trasformazione dell'azienda in una media company in grado di affermarsi per la sua capacità di innovazione, per la sua credibilità e per la sua autorevolezza. Credibilità, autorevolezza e capacità di innovazione sono caratteristiche di un'informazione all'altezza dei tempi così complessi che abbiamo e di un servizio pubblico all'altezza appunto di questi tempi.
  Prima, il collega Lupi, richiamando i dati di ascolto che lei ci presentava, si chiedeva anche perché questo avvenisse. Intanto, la prima risposta che mi sento di dire a voce alta è che questo avviene perché Radio Rai, semplicemente, non si sente. È difficilissimo ascoltare Radio Rai, non solo ascoltarla in mobilità, ma anche ascoltarla in alcune zone importanti del nostro territorio nazionale. Questo dice moltissimo su come negli anni passati un'incuria colpevole a lungo abbia costretto Radio Rai a una marginalità davvero incomprensibile e gravissima e che contraddice, in realtà, una qualità che nel tempo Radio Rai ha sempre conservato. Non ho dubbi che la sua direzione darà nuovo slancio a questa qualità, a questa autorevolezza. Penso che questo sia dovuto anche alla transizione tecnologica che abbiamo, al fatto che dovremo ancora a lungo avere canali analogici legati alla radio. A mio avviso, l'azienda, ma penso che su questo dovremo fare anche noi, come politica, come nostro compito nella nuova convenzione, deve chiedere a Radio Rai di uscire dallo stallo in cui adesso vive, da una paralisi per cui ci sono sei canali analogici in FM, con il risultato che Radio Rai viene dopo Rtl, dopo altre radio private o cosiddette comunitarie, come Radio Maria, con gli strafalcioni pesanti che abbiamo sentito qualche giorno fa, riferiti tra l'altro a una vicenda così drammatica come quella del terremoto.
  Questa è una cosa che non può più esistere, e forse il primo modo per avere una totale copertura territoriale e una totale copertura d'ascolto in mobilità è quello di razionalizzare i canali in FM, in attesa che anche la radio completi la sua transizione verso il digitale e che si acceleri anche quella crossmedialità, quella multimedialità cui accennava.
  Concludo, presidente, dicendo che naturalmente dentro tutto questo, anche dentro quella da me adesso auspicata razionalizzazione, ridefinizione, Radio1 continuerà a essere la radio dell'informazione, e quindi il GR radio da questo punto di vista sarà importantissimo. Comunque, il contenitore Radio1 sarà importantissimo. In riferimento anche a prese di posizione del direttore artistico Carlo Conti di qualche mese fa, dobbiamo però aver ben presente che Radio Rai debba essere fortemente Pag. 11distinta dalle radio private. Questa distinzione avverrà soprattutto sull'offerta informativa, sulla capacità di rafforzare pluralismo, autonomia, integrazione anche culturale e sociale, il legame con il territorio. Mi paiono molto importanti i riferimenti che faceva al legare al brand di Radio1 molti eventi legati al territorio. Aggiungo a quelli che lei citava anche eventi legati, ad esempio, alle università. Lei sa che ci sono molti esperimenti di radio universitarie, che hanno molto spesso bisogno, non solo nelle università che hanno corsi di giornalismo, di avere anche sostegni nazionali. Penso che il servizio pubblico da questo punto di vista debba spendersi.
  I dati che abbiamo finora sul referendum ci dicono, in relazione alle nostre indicazioni sulla parità di accesso ai sì e ai no, sull'equilibrio, che tutto sta avvenendo in maniera corretta, ma le chiedo anche quali sono i suoi programmi specifici riguardo alla copertura dell'appuntamento referendario in termini sia di comunicazione politica sia di informazione politica, come previsto dalla nostra delibera di qualche settimana fa.

  LELLO CIAMPOLILLO. Sarò brevissimo. Mi lego a quanto poc'anzi detto sulla questione della copertura, che è fondamentale.
  Un servizio pubblico si deve poter sentire bene, soprattutto in mobilità, visto che oggi la radio – dobbiamo esserne consapevoli – nelle abitazioni è praticamente sparita quasi del tutto. Il ricevitore radio ormai non si utilizza più, e la radio FM si ascolta soprattutto in mobilità. Quella FM è una risorsa molto scarsa, che va dagli 88 ai 108, e le frequenze tra l'altro diventano sempre meno, perché ci sono i network, le reti nazionali o qualche finta rete nazionale, che si erge a rete nazionale ma sono reti locali: veramente un'allucinazione, una follia tutta italiana, come radio di Cantù che si ascoltano in Sicilia, e non si capisce come mai, visto che hanno una concessione che prevede un ambito territoriale locale; ed è ancora presente oggi quella norma che dice che chi supera i limiti territoriali o temporali previsti dal titolo concessorio è punibile con una sanzione che va da sei mesi a due anni. Ovviamente, parlo delle radio private.
  La Rai oggi – l'avrò detto infinite volte, ma non mi stancherò mai di dirlo – ha un canale come Radio Parlamento praticamente abbandonato a se stesso. L'ultima volta eravamo qui di notte, all'una, in Vigilanza, e Radio Radicale, che prende 10 milioni di euro all'anno per i servizi parlamentari, stava regolarmente trasmettendo la diretta di quella seduta notturna, mentre ascoltavamo un brano di Jovanotti su Radio Parlamento in FM. Bisogna razionalizzare e ottimizzare bene le risorse, visto che sono impianti che hanno bisogno di energia elettrica e una manutenzione che funziona 365 giorni all'anno. Ovviamente, se ci sono canali come Radio Parlamento utilizzati poco e male, da cui nel weekend ascoltiamo un po’ di musica e ad agosto abbiamo ascoltato brani di Natale, o quei canali li chiudiamo o li passiamo agli altri tre canali Rai, Radio Uno, Radio Due e Radio Tre, ottimizziamo e miglioriamo la copertura, soprattutto puntando a quella in mobilità, coprendo molto bene i tratti autostradali, quelli più frequentati. Questo si può fare, anche perché la Rai può chiedere impianti nuovi, a differenza delle emittenti private, quindi accendere microimpianti e servire zone che a oggi magari sono servite poco o male. La richiesta è quella di razionalizzare, ma soprattutto di ottimizzare, di fare un buon servizio.
  Quando c'erano poche emittenti private, aveva senso avere più canali pubblici. Ora bisogna puntare sulla qualità, quindi pochi canali fatti bene e che si possano ascoltare soprattutto in mobilità, visto che ormai l'ascolto è in pratica esclusivamente in mobilità o dagli apparati, dai tablet, dai pc, ma quelli ovviamente hanno una copertura diversa, viaggiando secondo l'utilizzo della rete Internet cui si accede.

  LUIGI D'AMBROSIO LETTIERI. Ringrazio i colleghi e i soggetti che oggi vengono in audizione, il direttore Montanari anche per quanto ha esposto. Purtroppo ho perso una parte della sua redazione: la recupererò sul resoconto.
  Naturalmente, il giudizio è sospeso, per quello che mi riguarda, in relazione alla Pag. 12necessità di comprendere se e come l'attività, che devo dire lodevolmente lei svolge, si sintonizza sul piano industriale della Rai e a quali saranno o potranno essere gli effetti di ricaduta, soprattutto nel recupero di quei punti di criticità che sono stati in parte anche esposti dai colleghi che mi hanno preceduto. Questa è una Commissione di vigilanza. Noi affidiamo a lei, ma io affido al presidente, la necessità di svolgere un'attività supplementare di vigilanza. Vedete, abbiamo cercato di fare un lavoro – poteva essere migliore, ma sappiamo che il meglio è nemico del bene – con la delibera approvata in materia referendaria: mi soffermo su questo che è ormai un appuntamento alle porte. I dati ci raccontano che c'è un discreto apparente equilibrio sotto il profilo dello spazio temporale. Se si potesse fare una valutazione non soltanto sui tempi, che è un fatto già importante e apprezzo l'aver recuperato qualche situazione imbarazzante in termini di squilibrio che avevamo denunziato, ma anche sulla qualità dell'informazione – indubbiamente, ci sono tanti modi per fare informazione – se potessimo fare un passettino in avanti anche per garantire un più evidente e apprezzabile equilibrio tra le posizioni del sì e del no, nel rispetto di tutte le forze politiche, credo che avremo reso un buon servizio al Paese e, soprattutto, avremo colmato quel preoccupante livello di ignoranza che c'è da parte della comunità che sarà chiamata a esprimere un voto, che sarà purtroppo probabilmente un voto di pancia e non un voto meditato.

  PRESIDENTE. La radio è sempre molto apprezzata e molto amata. Quando se ne parla, tutti dicono che è bella, è più intima, si trasferiscono di più contenuti perché non ci sono le immagini, si ascolta. A tutti piace molto. Mi ricordo l'ultima direzione generale con Gubitosi, che venne qui, parlò della radio in termini positivi da questo punto di vista, ma disse poi anche era un buco nero degli ascolti e ci furono molte critiche. Vedo in generale che molti parlano bene della radio, però poi come lanciare la radio nel prossimo futuro, capire come funziona in quest'epoca storica, in questo periodo, che tipo di atteggiamento la direzione generale abbia davvero verso la radio, mi sembra sempre più incomprensibile. Anche quando si chiede, non ci si rende conto davvero fin dove ci si voglia spingere e quanto la radio sia davvero un elemento importante. Credo che sia un elemento fondamentale per il servizio pubblico, anche perché con l'avvento delle nuove tecnologie la radio riesce, secondo me, a mantenere un aspetto culturale e informativo molto importante.
  La prima domanda rispetto a queste riflessioni è: la direzione generale, la nuova dirigenza, in questo momento quanto stanno davvero investendo, spingendo e cercando di comprendere il futuro che la radio pubblica deve avere nella nostra Nazione? In questo ambito rientrano poi le varie componenti della radio, di cui Isoradio senza dubbio – ascoltavo prima domanda di Airola – fa parte. Isoradio è un marchio d'informazione molto riconosciuto, per la viabilità. Quando si va in autostrada, Isoradio è senza dubbio un punto di riferimento, e analogamente lo sono altri marchi della radio della Rai. Tutti questi punti di riferimento in che modo si vogliono sviluppare? Come vogliono essere finanziati? Rimangono, non rimangono? Vorremmo avere la visione generale di dove andrà la radio e di tutto quello che di buono è stato fatto fino a oggi.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Voglio solo fare gli auguri di buon lavoro al direttore, anche perché non ho sentito la sua comunicazione, che leggerò sul resoconto.
  Vorrei solo segnalare, presidente, sull'ordine dei lavori, che alla Camera sono in corso le votazioni nelle Commissioni permanenti degli emendamenti ai pareri sulla legge di bilancio. Non abbiamo chiesto di spostare l'audizione, perché l'impegno era quello di mantenere il calendario. Questo è un problema che si è riproposto più volte. Abbiamo più volte sollecitato il presidente, che a sua volta ha sollecitato i Presidenti di Camera e Senato, a consentire di poter avere degli spazi specifici per la riunione della Commissione. In questa fase, credo che l'impegno di tutti debba essere, come abbiamo deciso in Ufficio di Presidenza, di Pag. 13consentire di completare il calendario che ci siamo dati. Gli uffici fanno molto per tenere insieme il calendario, ma chiedo uno sforzo di coordinamento maggiore. Una seduta come quella di oggi vede, infatti, per quanto riguarda i colleghi della Camera, una presenza molto limitata perché sono in corso le votazioni sulla legge di bilancio nelle Commissioni permanenti.

  ANDREA MONTANARI, direttore del Giornale Radio e Radio1. Ringrazio tutti per l'attenzione, l'interesse e la cortesia delle vostre domande. Vi chiedo di darmi una mano se dovessi dimenticare qualcosa, perché sono tantissime e non sono abituato a rispondere a tutte contemporaneamente.
  Alcuni interventi, tra cui quello del senatore Verducci, mi invitano a fare una puntualizzazione. Con sincerità e con onestà intellettuale abbiamo detto qual è la situazione. D'altronde, è una situazione pubblica quella degli ascolti, però bisogna considerare quello che è stato detto nell'intervento di Verducci. Nella mia relazione, ho sottolineato più volte la presenza di quello che ho definito un filibustering, in maniera forse un po’ provocatoria, ma è un dato di fatto che molto spesso ci sono sovrapposizioni di frequenze nel Paese. È stato detto poc'anzi, mi pare dal senatore Ciampolillo, che ci sono radio che si sentono laddove non si dovrebbero sentire: ho detto nelle mie righe che chi deve controllare non controlla. C'è una situazione caotica – non ce lo possiamo nascondere – che penalizza Radio1. Su questi ascolti di cui parliamo vanno fatte due puntualizzazioni. La prima è la fortissima penalizzazione di Radio1, dovuta a due ragioni fondamentali: innanzitutto, questa sorta di filibustering, o comunque questa sovrapposizione, e il fatto che è pendente una certa incertezza sullo sviluppo tecnologico. Sapete bene che c'è questa tecnologia di diffusione del segnale che si chiama dab plus, ma in Italia, come peraltro in altri Paesi europei, il dab plus non sta prendendo piede, quindi c'è una transizione eterna e mai compiuta, non siamo né digitali né analogici. In questa incertezza, Radio1 è di gran lunga la radio più penalizzata. Adesso, bisognerà vedere se l'azienda stia valutando la possibilità anche di tornare in campo sulle frequenze digitali. Può darsi che questo possa aiutare una pulizia, una leggibilità, un ascolto migliore. Certamente, al contempo, anche perché l'Agcom ha rivolto un invito preciso, che certamente conoscete molto bene, c'è da porsi il problema di che cosa fare per completare l'illuminazione del territorio nazionale per quanto riguarda il dab plus. Questa è la prima ragione che penalizza più Radio1 delle altre emittenti: su questo non c'è dubbio.
  Poi c'è una ragione editoriale che vorrei ricordare. Radio Rai – questa è una cosa molto importante – offre un'offerta plurale. Anche questo era presente nel senso dell'intervento di Verducci. Noi abbiamo un mandato di servizio pubblico, facciamo informazione, e siamo orgogliosi ovviamente di farla come Radio1, ma la Rai ha un'offerta plurale nei tre canali di radio analogica. Radio2 è dedicata all'intrattenimento e Radio3 alla cultura. Con questo voglio dire che la pluralità della nostra offerta globale, che ci colloca non più al sesto posto – attenzione, come offerta globale siamo i secondi e siamo in testa, a un passo dai primi – siamo molto forti. Non è pensabile che Radio1 deroghi a questa sua vocazione informativa: questo è contenuto nel contratto di servizio e nelle indicazioni aziendali. Certamente, ha ragione il senatore Gasparri quando dice – d'altronde, è quello che ho detto anche io nel mio intervento – che dobbiamo cercare comunque di muoverci alla ricerca di nuovi ascolti. Vi ho risparmiato noiose distinzioni nella stratigrafia degli ascolti. Vi ho parlato molto dei giovani e delle donne, perché abbiamo un problema anche con queste fasce d'ascolto. Partiremo con la nuova programmazione proprio alla ricerca di più ascolti delle donne e dei giovani, ma non venendo meno alla nostra vocazione informativa, che è un grande atout, ma è anche un piccolo limite. È chiaro che non tutti sono interessati ad ascoltare sempre la nostra informazione. C'è chi si attende un ascolto meramente di intrattenimento dalla radio. Per questo sottolineo che l'offerta Rai va considerata nella sua complessità, Pag. 14laddove noi offriamo la cultura di altissimo livello con Radio3, l'intrattenimento di alto livello con Radio2 e l'informazione – lasciatemelo dire – di buon livello anche con Radio1. Questo è il contesto, quindi bisogna un po’ ricondurre il ragionamento sugli ascolti a questo duplice contesto: da un lato, il problema delle frequenze; dall'altro, un'offerta integrata, in cui non va tanto visto il sesto posto di Radio1, o non solo quello, ma il secondo posto dell'offerta Rai nel suo complesso.
  Vengo alle domande più specifiche. Il senatore Gasparri mi ha chiesto anche della presenza e del ruolo del direttore artistico Carlo Conti. In ragione della limitatissima programmazione musicale, senatore, che ho nel mio canale – io sono direttore dei giornali radio e direttore di Radio1, proprio perché Radio1 è un canale quasi tutto informativo – che rivendico di buona qualità, ma come quantità di ore molto limitata, posso dirvi che con Carlo Conti ho solamente avuto dei rapporti molto cordiali e molto costruttivi, anche molto episodici. Mi ha dato consigli molto garbati, semplici e basici. L'ho ascoltato con grande piacere, ma è chiaro che la programmazione resta in capo alla mia autonoma decisione. Veramente ci siamo visti pochissimo con Carlo, e non ci sono ragioni particolari per cui ci possa essere una qualunque forma di penetrazione o pervasività del suo ruolo all'interno della mia programmazione. È un rapporto solamente costruttivo e, ribadisco, anche molto episodico.
  Onorevole Lupi, quanto all'equilibrio, certamente siamo tenuti a un equilibrio che non sia solamente formale, ma anche di sostanza – mi pare questo il suo discorso – con la rappresentazione plurale di tutte le forze politiche. Siamo monitorati non dall'Osservatorio di Pavia, ma dall'Agcom che fornisce una duplice modalità di monitoraggio relativa al referendum ed extra-referendum. All'interno di quella referendaria, non c'è quella partizione per partiti che lei auspicava, che mi sembra anche molto giusto, ma le posso dire quello che accade nel monitoraggio cosiddetto del pluralismo, laddove invece sono indicati i singoli partiti. Lì siamo molto equilibrati, abbiamo una presenza dei partiti devo dire abbastanza equilibrata, una presenza del Governo assolutamente non preponderante, tenderei a dire più bassa di quella che c'è in altri canali. Mi sentirei abbastanza tranquillo da questo punto di vista, ma accolgo volentieri la sua indicazione per una completa rappresentazione anche all'interno delle posizioni referendarie dei singoli partiti.
  Il senatore Airola mi ha posto diverse domande. Spero di non dimenticarne nessuna. Carlo Verdelli – arriviamo subito dal punto – è una persona con la quale ho avuto e ho rapporti ovviamente di carattere ripetuto, abbastanza frequenti, ci sentiamo. È ovvio che quello con la direzione per il coordinamento dell'offerta informativa è un rapporto inerente alle linee generali del mio lavoro. Il direttore Verdelli non è presente nella quotidianità del mio lavoro. Agisco in totale autonomia e non accetterei mai nulla che non fosse così, ma devo essere molto chiaro: non mi ha neanche mai creato nessun problema di questo genere. Discutiamo invece con la direzione dell'offerta informativa, quando è accaduto, come nel caso della copertura della grande questione elettorale americana, per come organizzarla. Sto mandando inviati in zona di guerra, ed è chiaro che questo investe anche responsabilità aziendali, profili di sicurezza. Su queste grandi questioni talvolta mi convoca, come anche sulle linee generali del piano editoriale, ma non c'è, e ovviamente non accetterei mai nessuna forma di quotidiana... non è questo il ruolo della direzione per il coordinamento dell'offerta informativa. È un rapporto molto corretto, ripetuto, ma di totale rispetto della mia autonomia.
  Lei ha posto il problema della multimedialità. Le devo dire che ci sentiamo abbastanza in regola da questo punto di vista. Il cantiere tecnologico di cui ho parlato riguarda, come lei peraltro mi pare abbia capito perfettamente, la capacità del giornalista radiofonico di poter agire anche in autonomia. Non esiste quel problema cui faceva riferimento, tipicamente televisivo: prendere videomaker dall'esterno che non Pag. 15sono all'interno della regolamentazione di contratto, e quindi creano una fascia un po’ grigia. Mi riferivo solo ai giornalisti interni. Proprio per il fatto che la soglia tecnologica è un po’ più bassa, possono lavorare in autonomia... lei consideri anche il fatto che in radio non c'è l'istituto dell'appalto a cui la televisione fa massiccio ricorso. Quando una televisione deve fare un certo servizio, può mandare una troupe d'appalto. In radio questo non c'è. Se non si rendono autonomi i giornalisti, devo limitarmi a farli uscire solo se c'è un tecnico. I tecnici sono pochi, perché gli organici sono ristretti e sono sottoposti, giustamente, anche a controllo. Stiamo tentando, per dirla in poche e semplici parole, di renderli il più possibile autonomi con tecnologie e software molto aggiornati. Questo è il senso.
  Per la multimedialità, abbiamo soprattutto i nostri redattori più giovani che sono straordinariamente bravi nell'inserire nei nostri account social e nei nostri siti immagini delle cose che seguono. Abbiamo avuto decine di migliaia di visualizzazione dei filmati del terremoto: abbiamo avuto veramente un grande successo. Cerchiamo di fare il possibile per la multimedialità.
  Mi pare che lei avesse toccato anche il tema di Isoradio. Isoradio è una direzione autonoma, sulla quale non ho competenza. Nondimeno, esiste il problema cui ha fatto riferimento lei. In questo momento, è un problema in capo alla direzione di Isoradio. Non ho possibilità di uscire dalla mia sfera di competenza, ma lo seguiamo e vediamo anche come si possa sviluppare. Spero di non dimenticare nulla delle sue domande.
  Ringrazio, ovviamente, l'onorevole Lainati per gli auguri che mi ha voluto cortesemente rivolgere. Dico a lui, come dico anche a Verducci e a chiunque abbia posto il problema del referendum, che siamo impegnati nell'osservazione più scrupolosa possibile della par condicio. Credete, non è facile: dirigo ogni giorno qualcosa come una sessantina di giornali radio, più tutte le trasmissioni di approfondimento. Andiamo in onda di notte, a tutte le ore e alle mezz'ore. Ci conforta l'Agcom, dicendoci che siamo in equilibrio. Se qualche piccolo squilibrio c'è è perché il no è maggioritario rispetto al sì, ma sono piccolissime sottigliezze... Ci stiamo muovendo: qualcuno mi ha chiesto che cosa stiamo facendo per il referendum. All'interno dei radiogiornali osserviamo il più scrupoloso equilibrio dentro i pezzi. Per quanto riguarda l'approfondimento, abbiamo le trasmissioni di rete, principalmente Radio Anch'io e Zapping, che adottano due formule. Radio Anch'io adotta una formula, che ci sembra molto valida, di due segmenti nei quali un sostenitore del no e un sostenitore del sì, uno dopo l'altro, in contraddittorio con il conduttore e con gli ascoltatori, possono illustrare i vari aspetti delle loro posizioni. Questo succede al mattino su Radio Anch'io. La sera, su Zapping, abbiamo il confronto diretto tra un sostenitore del sì e uno del no. Fino adesso ci è parso di fare una buona informazione. Abbiamo cercato anche di illustrare i singoli capitoli della riforma. Siamo confortati, come dicevo, da un buon equilibrio da parte dell'Agcom, credo che possiamo essere al momento soddisfatti, fino a prova contraria.
  Il senatore Ciampolillo mi chiedeva anche del GR Parlamento. Non so se ha potuto ascoltare la mia relazione, ma ho proprio detto che con la mia direzione mi sono impegnato ad allargare la programmazione di GR Parlamento al sabato e alla domenica, almeno a buona parte della giornata, per poter trasmettere in differita tutto ciò che non è stato possibile trasmettere durante la settimana. Nondimeno, siccome conoscevo quest'episodio che è accaduto quest'estate, prima del mio arrivo, ad agosto, sto studiando le forme organizzative per, ovviamente non tutte le sere, ma laddove c'è un appuntamento di particolare importanza, assicurare la copertura anche di sera, al di là della conclusione degli orari canonici di GR Parlamento. Sono coinvolti entrambi i segmenti, sia il fine settimana sia la sera tardi.
  Il senatore D'Ambrosio Lettieri mi pare si fosse concentrato sulla questione del referendum e credo di averle dunque già risposto.
  Presidente, non posso che dire che c'è un impegno importante della direzione generale, Pag. 16 che mi ha voluto in questa posizione e mi ha assicurato appunto un impegno e un'attenzione. È vero che c'è il problema di capire che cosa accadrà nei prossimi mesi dal punto di vista tecnologico. Sono sicuro che la direzione generale abbia molto a cuore la questione della radio. È chiaro che l'offerta complessiva, e quindi il risultato complessivo di penetrazione di Radio Rai, è un asset importante per l'azienda. Oggi siamo secondi come offerta complessiva, e non ci accontentiamo di essere secondi.

  PRESIDENTE. Ringrazio il direttore Montanari e il direttore Ferragni.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.25.