XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 92 di Mercoledì 20 luglio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 2 

Seguito dell'audizione del direttore di RaiUno, Andrea Fabiano:
Fico Roberto , Presidente ... 2 ,
Gasparri Maurizio  ... 2 ,
Fico Roberto , Presidente ... 2 ,
Gasparri Maurizio  ... 2 ,
Airola Alberto  ... 2 ,
Fico Roberto , Presidente ... 2 ,
Fabiano Andrea , direttore di RaiUno ... 2 ,
Lupi Maurizio (AP)  ... 5 ,
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 6 ,
Fico Roberto , Presidente ... 6 ,
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 6 ,
Fico Roberto , Presidente ... 6 ,
Bonaiuti Paolo  ... 6 ,
Fabiano Andrea , direttore di RaiUno ... 6 ,
Airola Alberto  ... 7 ,
Fico Roberto , Presidente ... 7 

Audizione del direttore di RaiSport Gabriele Romagnoli:
Fico Roberto , Presidente ... 7 ,
Romagnoli Gabriele  ... 8 ,
Margiotta Salvatore  ... 11 ,
Lupi Maurizio (AP)  ... 12 ,
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 13 ,
Airola Alberto  ... 14 ,
Bonaiuti Paolo  ... 15 ,
Romagnoli Gabriele , direttore di RaiSport ... 15 ,
Bonaiuti Paolo  ... 16 ,
Romagnoli Gabriele  ... 16 ,
Fico Roberto , Presidente ... 20

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'art. 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito).

Seguito dell'audizione del direttore di RaiUno, Andrea Fabiano.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione, iniziata lo scorso giovedì 14 luglio, del direttore di RaiUno, Andrea Fabiano, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Nella precedente seduta, dopo la relazione del direttore di RaiUno, i colleghi avevano formulato domande e richiesto chiarimenti. Tra gli iscritti a parlare, doveva ancora intervenire il vicepresidente Verducci, che non è presente, e quindi si intende che vi abbia rinunciato. Do la parola al senatore Gasparri che ha chiesto di intervenire, ricordando che al termine di quest'intervento il dottor Fabiano risponderà a tutti i quesiti posti.

  MAURIZIO GASPARRI. Mi scuso per non aver potuto seguire l'altro giorno l'illustrazione. Anche oggi ci sono molte Commissioni concomitanti. Ho letto, però, l'intervista in questi giorni, mi pare del direttore generale, che attiene alle questioni di impostazione di questa nuova fase della Rai, di cui RaiUno è ovviamente una parte essenziale, è il pezzo pregiato e importante dell'azienda. Ho visto anche la programmazione dei palinsesti. Dopo esserci sentiti dire, non dal direttore di RaiUno – è un'osservazione direttamente rivolta al direttore generale – che però nell'ambito delle proiezioni delle politiche aziendali della Rai è la rete ammiraglia, come si suol dire, di media company e di una realtà moderna, ho visto che poi sono stati reperiti Pippo Baudo, che mi pare una cosa incredibile, poi Gad Lerner, Santoro. Da un lato, quindi, si mandano in pensione giornalisti Rai in maniera rigorosissima; dall'altro, si recuperano persone. Vorrei segnalare al direttore che le gemelle Kessler sono ancora vive, e quindi sarebbe un peccato lasciarsele sfuggire.

  PRESIDENTE. Gasparri...

  MAURIZIO GASPARRI. Penso che possa essere anche questa una risorsa da valorizzare nella politica dell'azienda.

  ALBERTO AIROLA. Detto da uno che sta da vent'anni in politica o anche di più... quarant'anni... grandissimo Gasparri, quarant'anni in politica e fai il pezzo al direttore di RaiUno...

  PRESIDENTE. Senatori Airola e Gasparri continuiamo con l'audizione, grazie.

  ANDREA FABIANO, direttore di RaiUno. Le domande, con l'integrazione del senatore Gasparri, sono cinque. Le riepilogo. Affari tuoi; il ritorno di Pippo Pag. 3Baudo; il tema dell'innovazione, che si lega anche al tema di Pippo Baudo; l’infotainment, l'osservazione del senatore Airola; di nuovo, il senatore Ruta chiedeva quale fosse il programma di punta di RaiUno. Vado in quest'ordine, partendo da Affari tuoi.
  Affari tuoi è una risorsa importante di RaiUno, perché è un programma che si colloca in una fascia oraria che, come sapete, è particolarmente importante per l'impianto della programmazione. Non è solo una questione di ascolti: vale anche per altri programmi che sono in parte oggetto delle vostre osservazioni critiche, quei contesti popolari che Rai e RaiUno riescono a creare, attraverso cui è piuttosto efficace veicolare messaggi e iniziative. Non è un caso – cito solo qualche esempio – che Affari tuoi sia uno dei programmi che, per quanto riguarda le iniziative di raccolta fondi, maggiormente contribuisce alle donazioni che il pubblico italiano destina alle varie associazioni che si alternano sugli schermi Rai. Non è un caso che programmi come Affari tuoi e altri programmi siano quelli che utilizziamo comunemente, e lo faremo sempre di più, per veicolare iniziative come quella avviata da qualche giorno e che verrà accentuata nel prossimo anno sull'inclusione digitale. Il punto di partenza è questo. Abbiamo contesti popolari, che sono poi una piattaforma di comunicazione che mettiamo al servizio di questi obiettivi, che sono obiettivi che derivano anche dal Contratto di servizio, obiettivi che Rai si dà. Detto questo, questa stagione avremo meno puntate del programma, perché il sabato il programma non andrà in onda. La domenica, come vi ho illustrato nella relazione, non andrà in onda nel periodo ottobre-dicembre, perché in quel momento avremo una fiction particolarmente rivolta al pubblico dei più giovani, e quindi abbiamo preferito far sì che quella fiction abbia orari di messa in onda più compatibile con gli orari di vita del pubblico dei giovanissimi. Avrà una durata inferiore, perché da lunedì a venerdì abbiamo preso la decisione, che terremo per tutto l'autunno e poi vedremo, di far iniziare le prime serate alle 21.15, per cui il programma Affari tuoi avrà una durata inferiore. Come ho detto anche nella relazione, nel corso del 2017 ci siamo dati l'obiettivo di sperimentare programmi alternativi ad Affari tuoi per quella fascia, anche perché Affari tuoi è un programma che va in onda senza interruzioni particolari da parecchi anni e, negli ultimi anni, sette giorni su sette.
  Vengo a Pippo Baudo. Rassicuro il senatore Ruta che Pippo Baudo è una mia scelta, come tutte le scelte della rete. I direttori hanno un ruolo, sono anche pagati per assumersi delle responsabilità. Tutte le cose che avvengono su RaiUno sono di competenza del direttore. Questo è superfluo, ma vista la domanda posta, ci tenevo a ribadirlo. È una scelta che ho proposto al direttore generale partendo da una semplice considerazione: Domenica in è un programma storico, quest'anno sono quarant'anni di trasmissione di questo programma, e per celebrare quest'importante ricorrenza di un programma che comunque ha fatto la storia non solo della televisione, ma anche di un pezzo della vita degli italiani, mi è sembrato interessante proporlo a chi più di tutti l'ha condotto nella sua storia, appunto Pippo Baudo. Sappiamo che è il professionista che è, sappiamo che tipo di televisione propone. Punto. Questa era semplicemente la valutazione. Come ho detto anche nella relazione, è ovvio, ma lo sottolineo nuovamente, che l'innovazione di Rai e di RaiUno non passa da una singola scelta che riguarda un programma che va in onda per 90 minuti nell'arco di una settimana. Costruire una teoria sul fatto che Rai e RaiUno non innovano sulla base di una singola scelta, francamente mi sembra un po’ ingeneroso. Lo dico in modo molto metto e chiaro. Sono altre le strade che abbiamo intrapreso.
  Alcune, quelle che vi ho illustrato, ci saranno in autunno, altre arriveranno da gennaio a maggio, che sarà il secondo pezzo della stagione televisiva il cui palinsesto verrà annunciato nei prossimi mesi. Per rimanere sul tema dell'innovazione, la scelta che abbiamo fatto per RaiUno è quella di concentrarci sulle fasce orarie in Pag. 4cui è più importante, dal nostro punto di vista, mettere in campo da subito nell'immediato importanti novità. Come vi ho illustrato, oltre il 50 per cento delle prime serate di RaiUno del prossimo autunno, unendo le fiction, che caratterizzano una parte importante del palinsesto – quattro serate su sette sono della fiction, quindi è ovvio che una parte importante delle novità di RaiUno passa attraverso la fiction, è questione meramente matematica – sarà nuovo e composto da nuovi titoli. Questi hanno quasi tutti una prospettiva di tornare nel tempo, quindi sono investimenti che non finiscono nell'autunno, ma potrebbero diventare pluriennali nei prossimi anni. Lo stesso tasso di novità esiste per l'intrattenimento. Avremo certamente tanti eventi che hanno la caratteristica ovvia di chiudersi nel momento in cui si esaurisce la messa in onda, ma come sapete hanno una capacità di dare luce, di sostenere tutta la programmazione di una rete. E RaiUno è la casa degli eventi, e lo sarà sempre di più, tra l'altro, gli eventi sono una dimensione su cui la Rai e RaiUno si esaltano. Quando proponiamo eventi e quando ne proponiamo in cui è produttivamente coinvolta, la Rai si esalta. Questa è una strada che continueremo a perseguire in modo molto forte.
  Detto questo, avremo quattro nuovi programmi di intrattenimento nel corso della stagione. Nella stagione scorsa, abbiamo proposto un solo titolo da settembre a maggio, che è stato lo show di Laura & Paola. Per il resto, sostanzialmente sono tornati rispetto agli anni passati. Due di questi prodotti sono in seconda serata, altra novità importante. RaiUno da credo vent'anni o giù di lì ha dedicato la seconda serata solo a un genere, l'informazione. È un pilastro irrinunciabile, che continuerà a essere una caratteristica fondativa della rete. Abbiamo voluto cambiare la programmazione con una serie di scelte di impaginazione proprio per portare anche in seconda serata delle strade nuove di intrattenimento, fondamentali per costruire anche il futuro della prima serata dell'intrattenimento. In seconda serata, abbiamo due programmi nuovi con due talenti nuovi per RaiUno, e qui mi lego all'altra domanda del senatore Ruta su quale potesse essere il programma di punta, che in realtà vivo più come un simbolo di quello che vogliamo fare e che faremo in misura crescente nei mesi che seguiranno. Da novembre, porteremo nella seconda serata di RaiUno Stefano Bollani, che credo abbia un talento e sia una delle eccellenze indiscutibili della musica italiana.
  Bollani viene su RaiUno, e proporrà un programma molto pop, non un programma alto, ma in cui si mischieranno il pop e l'alto... Non sarà solo jazz. Bollani è eclettico, è molto versatile... Si scoprirà forse un Bollani che non si conosce. In ogni caso, anche se fosse un programma jazz, cosa che non sarà, credo che di un programma di solo jazz su RaiUno in seconda serata personalmente andrei molto orgoglioso. Significa portare una novità da tanti punti di vista partitamente rilevante.
  L'ultima risposta su cui voglio soffermarmi è quella legata al punto dell’infotainment sollevato dal senatore Airola. Di nuovo, è un'osservazione che condivido. È piuttosto complicato muoversi su linee che tendono, quanto meno nella percezione, a essere troppo vicine, e quindi a confondersi un po’. Questo significa che su alcuni programmi cercheremo di lavorare per dare un orientamento più verso l'informazione che verso la parte di intrattenimento, verso la parte –tainment dell'espressione, senza però rinunciare all'obiettivo importante, che citavo anche con riferimento ad Affari tuoi: riuscire a essere comunque larghi nel modo con cui si affrontano gli argomenti.
  Essere larghi significa riuscire a parlare al pubblico più ampio possibile e, di nuovo, a creare delle condizioni, relativamente alle istituzioni, per proporre iniziative come quelle sulla cultura della legalità o che per la Rai non sono necessariamente legate a specifici obblighi di contratto di servizio. Quelli sono i contenitori, i contesti più efficaci, importanti, per riuscire ad arrivare a un pubblico vasto e a produrre un impatto che può significare – lo dicevo nella relazione – un cambiamento di comportamento, una sensibilità che cresce, un gusto che cambia, la modifica di un punto Pag. 5di vista, scelte molto concrete, che però si svolgono innanzitutto nella testa delle persone e poi si trasformano in atti concreti. Questo è un punto per noi irrinunciabile, altrimenti un pezzo importante del nostro fare servizio pubblico nell'essere in grado di adempiere agli obblighi che come istituzioni ci date, viene meno. L'equilibrio che cercheremo di raggiungere è: confondere un po’ meno i due versanti, ma non dimenticare la necessita di essere popolari, per essere appunto un servizio pubblico efficace.

  MAURIZIO LUPI. So che c'è una grande disponibilità del direttore. Forse eravamo arrivati alla fine della nostra audizione, ma c'era il resoconto, e quindi si poteva anche considerare una serie di altre questioni che le erano state poste: è diritto di libertà da parte del direttore non rispondere, ma quanto meno si può evidenziare il fatto che non interessa la risposta. Avevo posto tre questioni, che giudico ulteriormente fondamentali anche dopo il suo intervento, proprio perché lei continua a sottolineare, come direttore generale, e io condivido, il valore di servizio pubblico.
  La prima era legata alla valorizzazione delle risorse interne della Rai. Questo passa attraverso l'informazione, l'intrattenimento, la formazione, l'educazione e la valorizzazione delle persone nate magari nelle altre reti, che poi possono essere valorizzate. Peraltro, oggi ho visto un'intervista del direttore generale della Rai, che condivido. Sottolineava il presidente Lainati il tema dell'accademia, della formazione e via discorrendo. Avevo citato, proprio in merito al lavoro che immagino insieme al TG1 stiate svolgendo, l'esempio di Petrolio, con un giornalista Rai. La domanda che le avevo rivolto era la seguente: conoscendo anche le questioni che ci sono nel rapporto con la Rai, da un punto di vista del programma nella nuova Rai e nella nuova RaiUno, si intende valorizzare anche risorse interne o abbiamo bisogno solo e sempre di andare all'esterno? Questo vale per il personale, ma anche per la produzione. Ho chiesto quanto fosse preso in termini percentuali dall'esterno o quanto si intenda valorizzare all'interno la capacità produttiva di un'azienda. La rete è un'ammiraglia, e ovviamente questo è importante. Questa è la prima cosa che mi interessa.
  La seconda, a cui tengo moltissimo, riguarda il pluralismo culturale, il quale passa attraverso gli uomini, tutti validi professionisti. Le fiction sono diventate un elemento fondamentale, il nuovo modo di fare formazione, educazione e raccontare la realtà. Avevo chiesto: la Rai intende, attraverso la sua rete, fare solo programmi di denuncia o anche racconti di valorizzazione di un positivo che esiste nella nostra società? Lei mi ha citato una serie di fiction importanti, molto belle, che vanno sulla denuncia: quanto si va in quella direzione? Le avevo citato un esempio su cui lei non ha dato una risposta, ma ovviamente è libero. C'è stato un esperimento alla fine dell'anno, a proposito di pluralismo culturale, non politico, che a me non interessa, legato a un tentativo di produzione di fiction intitolata forse La buona novella. C'era stata una prima produzione che, tra l'altro, aveva avuto un buon ascolto, o così mi sembrava, fatta da cinema d'autore, con Pupi Avati. Che intenzione ha? Non l'ho sentita citare. Questo riguarda lei e riguarda RaiFiction. Che intenzione ha la Rai su questo? La sua rete ha intenzioni su questo programma? Parliamo sempre di Pippo Baudo, di Affari tuoi e via discorrendo: perché ogni tanto non dire anche su questi temi sia i risultati sia la progettazione e il programma che la rete vuole fare? Non mi ha dato una risposta. Onestamente, mi dispiace che queste risposte non mi siano date. Magari era semplicemente: l'abbiamo chiusa, riteniamo che sia meglio che vengano sempre alcuni personaggi, che magari vanno di moda, che sono assolutamente in, che rappresentano una sensibilità culturale o un'alta, e liberi tutti. Siccome ho questa funzione in Commissione vigilanza, a cui mi sembra di assolvere venendo e partecipando sempre e dando il mio contributo, ne prendo atto e trarrò le mie conseguenze. Non c'è solo un certo tipo di registi, di attori, di programmazione, di giornalisti. Li rispetto tutti, sono dei validi professionisti, ma poi alla Pag. 6fine l'identità culturale non è un'identità plurale, ma molto monocratica. Credo che sia sbagliato. Se vuole rispondermi, bene; diversamente, la prossima volta le faccio una richiesta scritta e lei mi risponde.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Presidente, vorrei chiedere soltanto come intendiamo procedere. Potrebbero esserci anche altri colleghi che ritengono che non ci siano state risposte o non siano soddisfatti delle risposte. Di solito il meccanismo è comunicazione e illustrazione, domande, risposte: se adesso riapriamo e ognuno può riproporre tutte le domande o fare altre domande, chiedo come procediamo. Immagino che anche altri colleghi vogliano farlo.
  Visto che c'è anche un'altra audizione, avevo inteso che...

  PRESIDENTE. Tra poco iniziamo l'altra audizione.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Avevo inteso che ci sarebbero state le risposte. Ognuno è libero...

  PRESIDENTE. Se si tratta di interventi proprio brevi, possiamo procedere.

  PAOLO BONAIUTI. Le chiedo una cortesia. Lei sa che le regole della comunicazione prevedono i cosiddetti chiodi. Questo deriva dallo slang americano, perché con il chiodo si intendono gli elementi principali di una serie di corollari che si appendono al di sotto, e si intende anche la necessità, per conficcare il chiodo e quindi comunicare con le persone, di batterci sopra fortemente. In tutte le audizioni che ho sentito dalla nuova dirigenza della Rai ho sentito moltissime parole, un fluire di parole, ma pochi dati concreti. Vede, il vecchio giornalismo prescriveva che si dicesse innanzitutto chi, come, dove, quando. Mi dica, se lo può fare, tre chiodi, i chiodi principali, del suo programma di rinnovamento; oltre il suo programma di stabilità o di invecchiamento – quello che è lo dedurremo dai fatti concreti – tre chiodi fondamentali del suo programma per il suo canale.

  ANDREA FABIANO, direttore di RaiUno. Presidente Lupi, non volevo assolutamente dribblare le domande, quindi le rispondo molto rapidamente.
  Quanto alle risorse interne, io sono una risorsa interna. Come può immaginare, ho una tendenza abbastanza genetica a proseguire in questo senso. Lei ha parlato di Duilio Giammaria, un giornalista Rai con cui abbiamo costruito da due anni un progetto che questa stagione verrà rafforzato, perché con il suo programma Petrolio faremo più puntate e avremo un'altra cosa molto importante, degli speciali in prima serata. Uno dei chiodi su cui voglio costruire il mio percorso a RaiUno è quello di portare RaiUno anche in prima serata su terreni di linguaggio e di racconto assolutamente inediti. L'abbiamo fatto qualche giorno fa con Cose nostre in prima serata, cosa che vi avevo annunciato quando ci siamo visti la prima volta. Anche quella è una produzione interna, ideata, creata, costruita, da persone interne alla rete. È un esperimento importante, perché di punto in bianco arrivare in prima serata su RaiUno per raccontare storie non di eroi che in tanti conoscono, ma di persone comuni, che forse sono conosciute solo nella piccola comunità in cui operano, e raccontare queste storie senza ricorrere a studi televisivi, ma raccontandole lì dove quelle storie sono nate e continuano a vivere, credo che sia una delle strade editoriali su cui lavoreremo tanto nei prossimi mesi e nei prossimi anni. Tra l'altro, stiamo lavorando con almeno due gruppi di lavoro interni di giornalisti su nuovi progetti informativi, che però hanno la caratteristica appunto di andare sul campo. Vorremmo aggiungere, infatti, questa dimensione al racconto tradizionale che si svolge negli studi e che comunque è e rimarrà importante e centrale. Sul fronte dell'informazione, su cui è più tipicamente facile lavorare con risorse interne, questa è una strada importante.
  Sull'intrattenimento è un po’ più complicato avere volti o protagonisti che siano pianta organica della Rai. Certo, la stragrande maggioranza dei prodotti di RaiUno è di produzione interna. Anche quando c'è Pag. 7un produttore esterno, che normalmente lavora specialmente a programmi di prima e seconda serata, non è che la Rai non faccia nulla o riceva un file, e prima le cassette. La Rai è sempre presente nel governo editoriale, quasi sempre è presente sul fronte produttivo, ha le sue donne e i suoi uomini. Anche quando c'è il produttore esterno, sono figure fondamentali. Vi dico anche che sono figure fondamentali, purtroppo, in alcuni casi anche per le questioni gestionali, amministrative. Ne abbiamo parlato tante volte in questa Commissione.
  L'applicazione dell'espressione «pubblicistiche» al business televisivo, che ha tempi e caratteristiche un po’ specifiche ogni tanto stride con le esigenze che abbiamo. A volte, il produttore esterno su alcune vicende ha una flessibilità e una capacità di azione che a noi è preclusa. È anche questo il senso di lavorare con i produttori esterni, ma non solo, evidentemente.
  Quanto al pluralismo culturale, sicuramente possiamo fare molto meglio, è fuori di dubbio, ma cerchiamo di riproporlo all'interno dei nostri programmi. Credo che quanto più allarghiamo il campo delle risorse artistiche o giornalistiche che lavorano con RaiUno, che è un altro dei tre chiodi, di cui mi chiedeva il senatore Bonaiuti, tanto più si ottenga il pluralismo culturale. Il progetto di fiction che citava è cominciato con quel film e proseguirà. Tutto il lavoro che si è fatto sulla fiction negli ultimi anni ha visto anche aumentare e arrivare sulla Rai e su RaiUno nuovi produttori, che comunque portano evidentemente novità per il solo fatto che sono nuovi loro.
  Riepilogo e concludo sui chiodi: portare su RaiUno in prima serata, quindi nella massima platea possibile, al maggior numero di italiani possibile – RaiUno continua ancora oggi a essere la rete più vista e apprezzata dagli italiani – contenuti e linguaggi che non si vedono su RaiUno o non si sono mai visti su RaiUno. Ho citato l'esempio Cose nostre in prima serata, di Petrolio in prima serata. Lo spettacolo di Bolle è in prima serata, così come la prima del Teatro alla Scala è su RaiUno. Questi sono esempi concreti. Mi rendo conto che sono parole, ma sono parole legate a cose concrete che ci saranno, ci sono state, come qualche giorno fa Cose nostre, e ci saranno nei prossimi mesi.
  Il secondo chiodo è quello di aumentare la varietà, tanto dei generi quanto dei volti presenti su RaiUno. Ripeto che in quest'avvio di stagione ci siamo concentrati sulla prima e sulla seconda serata, perché è il momento di maggior traffico di pubblico, il momento in cui è più importante cominciare a presentarsi con una nuova veste.
  Il terzo è per me un chiodo permanente, su cui però dobbiamo fare sempre meglio: è quello della reattività. RaiUno è un canale che deve vivere costantemente, giorno e notte, sintonizzato con quello che succede in Italia e nel mondo, pronta a demolire tutto quello che ha costruito, che ha pianificato di fare, per seguire quello che succede in Italia e nel mondo, e offrire il miglior servizio possibile. Poi tutto è migliorabile, discutibile e perfettibile, ma è una cosa che dobbiamo fare costantemente, in via immediata, modificando in tempo reale la nostra programmazione per offrire, di nuovo, al più vasto pubblico possibile un servizio di informazione adeguato... Infatti, ho parlato di tre chiodi, di cui uno è un chiodo permanente.

  ALBERTO AIROLA. Mi scusi, chiedevo solo di avere un elenco dei nuovi produttori che sono entrati.

  PRESIDENTE. Ringrazio il direttore di RaiUno e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione del direttore di RaiSport, Gabriele Romagnoli.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del direttore di RaiSport, Gabriele Romagnoli, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Do la parola al dottor Romagnoli, con riserva per me e per i colleghi di rivolgergli, al termine del suo intervento, domande e richieste di chiarimento.

Pag. 8

  GABRIELE ROMAGNOLI, direttore di RaiSport. Immagino che l'argomento dall'intervento siano le linee programmatiche nella direzione di RaiSport.
  Come credo sappiate, sono a RaiSport da circa quattro mesi, dal 7 marzo di quest'anno. Roma non è stata costruita in un giorno, e RaiSport non si ricostruisce in quattro mesi. C'è una linea che dovrebbe essere la linea conduttrice di questi tre anni, che è la durata del mio incarico, che parte da una necessità più che da una scelta.
  La prima necessità è la modernizzazione. La RaiSport che ho trovato è una struttura nella quale non è mai ancora stata applicata la digitalizzazione. Con mia grande sorpresa, alla prima richiesta di vedere un servizio, mi è stata portata una videocassetta. Questo credo sia un unicum anche all'interno della Rai stessa. Il primo passo, molto prima di parlare di linguaggio, di narrazione, di tutte quelle parole che sono state quasi per inerzia associate alla mia scelta, è partire dagli strumenti del lavoro. Se si scrive ancora con questa, si è in arretrato con chi scrive al computer, e il primo gap da colmare è quello. C'è un impegno, preso anche su mia sollecitazione dal direttore generale, ad arrivare nei più brevi tempi possibili – è stato fissato un termine, altrimenti i più brevi tempi possibili sono espressione lasca del diritto, nella quale può entrare di tutto, come nell'usura, non si è mai capito quale sia l'eccessivo interesse – quindi entro il giro di boa dei 18 mesi a realizzare questa digitalizzazione, i cui primi step avverranno a settembre. Prima ancora delle parole, essendo televisione, benché venga da un mondo di parole stampate, secondo me conta l'immagine. Ho detto una grossissima banalità, ma accendete il televisore, come faccio io, a schermo muto: guardo RaiSport e la concorrenza, e percepisco un gap semplicemente dovuto a quello che vedo, agli studi, ai colori, alle immagini, ai vestiti, alle cose più banali, ma che per lungo tempo hanno contribuito a dare un'immagine molto spesso desueta. Molto spesso, qualcuno si è fermato anche lì, e facendo zapping si è detto che era una cosa vecchia. Non ha nemmeno ascoltato magari l'espressione che accompagnava la trasmissione e il commento di un evento sportivo, che invece era aggiornato, e si è fermato a quello. Sto vedendo cravatte troppo larghe, sto vedendo studi dai colori sbagliati. Non so chi abbia scelto, ad esempio, il giallo e nero come bandiera. Credo che il giallo e il nero siano al tempo stesso aggressivi e luttuosi, e non so immaginare una combinazione peggiore. Quando vedo lo studio da cui si trasmette il TG Sport, penso a una vespa. Non intendo Bruno, ma una vespa che mi vuole aggredire e portarmi molto in fretta in una bara decorata d'oro, perché l'immagine è quella. Lo studio ad angolo chiude il conduttore in una specie di U nera e gialla, con il nero e il giallo alle sue spalle. Quando vogliamo rendere un'immagine antica o la seppiamo o ricorriamo al nero e al giallo del vecchio 90° minuto.
  Il secondo passaggio di modernizzazione passa necessariamente attraverso la creazione di studi più moderni, luci più moderne, colori più distensivi e rilassanti, che accompagnino poi la terza fase, una mutazione del modo di raccontare lo sport.
  Su questo forse si è generato qualche equivoco. Forse il fatto che io scriva racconti fa pensare che voglia Hemingway in telecronaca: niente di più falso. Credo che lo sport abbia di per sé la forza del racconto. Basta una citazione molto frequente: togli la pietra e ti rimane il David. Il racconto dello sport basta a sé stesso. Basta essere capaci di cogliere gli elementi della trama. La trama è già lì, non c'è bisogno di arricchirla: poi bisogna metterci le parole giuste al momento giusto, ma non bisogna inventare. È una cosa molto facile, per uno che scrive, raccontare lo sport, perché gli danno già la trama fatta, il plot e il soggetto: basta metterci la sceneggiatura, qualche parola detta al momento giusto per portare avanti un racconto che va avanti da sé. Cito spesso un esempio di quello che per me è stato un momento riuscito di questi quattro mesi, una tappa del Giro d'Italia... il momento in cui si è visto Nibali scattare e il telecronista lo ha capito un attimo prima – quella è la sua capacità – e ha raccontato esattamente che Pag. 9Scarponi stava sfiancando il gruppo facendo l'andatura: al momento opportuno, quello è andato e il suo compagno, che era in fuga con gli altri due, si è staccato per aspettarlo. Quella è la trama, perfetta, non dobbiamo aggiungere niente. È un plot di Simenon, al quale basta mettere la nebbia in cui le cose accadono. Non è inventare, ma saper riconoscere. Sono due professionalità completamente diverse. Il grande giornalista sportivo è quello che sa riconoscere la trama in quello che vede, sa capire quando una partita di calcio sta per svoltare, sa capire quando nel tennis c'è un punto decisivo, che vi sta sfuggendo, e che, se l'atleta fa quel punto, riprende in mano l'incontro. Questo è frutto dell'esperienza che i giornalisti di RaiSport hanno, ma che forse è stata in qualche caso applicata a qualcosa di diverso, in qualche altro caso alla concessione della propria vanità. Come saprete, ai giornalisti interessa molto più apparire un minuto che spiegare bene senza essere visti per trenta minuti qualcos'altro. Molti hanno scelto magari la via che dava la popolarità. Una ricerca che abbiamo fatto fare sugli Europei, il primo banco di prova sul quale mi sono cimentato, dice una cosa che potrà colpire negativamente l'interessato e far riflettere altri. È molto apprezzata la cronaca di Rimedio, ma pochissimi ricordano il suo nome. Questo è un dato curioso, ma Rimedio non appare, è il telecronista, e il telecronista non ha la telecamera davanti perché la telecamera sta guardando la partita. Tutti dicono che è molto bravo, professionale, non sbaglia nulla, ma alla domanda su come si chiami rispondono che non lo ricordano. Si ricordano di Zenga, ma non di Rimedio. Purtroppo, viviamo in una società in cui essere bravi non basta. Bisogna metterci la faccia, che a volte paga di più rispetto a una grande capacità professionale.
  In questo percorso, cercheremo di recuperare fino a un certo punto, nel senso che esiste un incolmabile gap. Non faccio la corsa su Sky, per dirla in termini molto chiari, perché sarebbe persa in partenza. Quella è una piattaforma che prende un commentatore, lo spalma su 40 ore di trasmissione e lo paga venti volte quello che può pagare la Rai, che può fargli fare una comparsata a 90° minuto. So quello che Sky paga a Marchegiani, a Costacurta. Bisognerebbe assumerli al mio posto come direttori per la metà di quello che fanno a Sky. È assolutamente impensabile. Quando non si hanno le stesse armi, bisogna usare quelle che si hanno in maniera più furba e diversa. Con una fionda qualcuno riuscì a ottenere l'effetto di un cannone. Quello di Rai deve essere un tentativo non di copiare l'avversario, ma di muoversi diversamente, sperimentando e provando. Nel corso degli Europei è stato fatto anche questo, si è tentato di dare un segno di modernità in varie forme. La cosa che ha avuto più successo, per esempio, è stato lo sbarco con l’app, la possibilità di vedere la partita su Internet, che ha fatto un milione di visualizzazioni durante la partita con la Svezia, in orario d'ufficio. L’app è stata apprezzatissima, anche se molti hanno capito solo dopo che si poteva usare anche dopo la partita, che era la cosa fondamentale, che non era solo invasiva, per far vedere gli highlight durante la partita, ma che si potevano vedere dopo, a schermo spento. Si è provato a fare dei format diversi. Quando si va per tentativi, è quello che si fa: si prova a vedere che cosa funzioni e che cosa meno, vedere le risposte del pubblico. Soprattutto, siccome la Rai non è univoca, non è un'unica versione declinata, un unico tipo di spettatore che paga e sceglie, RaiUno, RaiDue e RaiTre o il canale RaiSport, hanno già in partenza un pubblico diverso, al quale era necessario rivolgersi in maniera diversa, da cui un tentativo più popolare su RaiUno con un conduttore popolare e un tentativo più vicino al modo di esprimersi di RaiTre, che non a caso veniva dopo Blob su RaiTre, e un tentativo completamente diverso sul canale, perché lì ci va un pubblico che cerca esclusivamente lo sport, e quindi voleva un tipo di intrattenimento totalmente diverso. Da questo sono arrivate risultanze in parte anche prevedibili. Il pubblico reagisce molto positivamente a tutto ciò che è nuovo. Il fatto stesso che la Rai riesca a proporre volti nuovi, format non preesistenti, Pag. 10 viene recepito con un sussulto «Ma guarda!». Uno dei risultati più curiosi emersi da questa ricerca è che, per esempio, il pubblico ha trovato sorprendente su RaiUno durante i collegamenti dalla Francia, Antinelli, giornalista giovane, disponibile e preparato. Antinelli ha condotto la Domenica sportiva l'anno scorso su RaiDue. È come se fossero mondi impermeabili. Il pubblico di RaiDue ha percepito come un volto nuovo, mai visto, una sorpresa, il giornalista che conduce la Domenica sportiva da un anno su RaiDue. Ha quasi accolto, però, oltre che con piacevole sorpresa, con stupore, l'esistenza di un quarantenne vestito di blu che sapeva quello che diceva. È curioso, ma questo è esattamente quello che dicono. Secondo me questa è l'esigenza a cui andare incontro: sforzarsi di provare a fare cose nuove con persone non necessariamente nuove. Antinelli non è stato creato per gli Europei, esiste, ma non è usurato, non è prevedibile, non è «Quando giro canale, ho rincontrato questo volto, so già quello che sta per succedere». L'idea è di usare nelle prossime trasmissioni volti Rai. Ho detto ieri al comitato di redazione – so che escono sui siti le cose più improbabili sulle campagne acquisti, non solo delle squadre di calcio – che, per quello che mi riguarda, credo agli allenatori che arrivano e, anziché chiedere al presidente di comprare questo e quello, guardano a quello che hanno a disposizione: poi magari scoprono che hanno un terzino che può giocare da ala o viceversa e fare degli ottimi risultati. Il tentativo è, utilizzando nient'altro che le forze che la Rai ha a disposizione o, in supporto, i talent, che già appartengono alle reti della Rai, di fare trasmissioni sportive nel corso della stagione che verrà che abbiano un impatto di diversità fin dal primo momento. Facendo semplicemente zapping, si deve vedere un ambiente più moderno, differente dal passato, anche con volti assolutamente non nuovi.
  La prima cosa che ho guardato era l'anagrafe di RaiSport: ce n'è uno, più due dal concorso appena arrivati, sotto i quarant'anni. Credo che, se la generazione di quelli che oggi hanno 43-45 anni non ha un'occasione adesso, non l'avrà mai più. Non stiamo rottamando nessuno. Questi hanno 45: se non ora, quando? Vorremmo dare un'opportunità a questi, che comunque avranno un impatto sul pubblico, e supportarli con dei format che diano più spazio a quello che la Rai può fare. Come Rai non avremo mai la possibilità di avere i diritti che hanno altri. Peraltro, se obiettivamente spendessimo quelle cifre, verremmo attaccati; poi magari veniamo attaccati perché non abbiamo uno sport: abbiamo perso la pallacanestro per motivi evidenti. Se l'offerta è superiore del 40 per cento, vuol dire che gli altri possano arrivare a cifre per noi inarrivabili. Non potendo competere sul piano dell'immediatezza, secondo me però non c'è che una strada: dobbiamo saper fare meglio l'approfondimento, il racconto. Anche qui c'è un esempio. Noi non abbiamo i diritti della Premier league, il campionato inglese passava su Fox – adesso passerà tutto su Sky – ma l'anno scorso abbiamo creduto prima di tutti che il Leicester avrebbe vinto. Abbiamo fatto prima di Sky uno speciale di 50 minuti: proprio per quello, mentre loro mandavano quello fatto per l'occasione, noi abbiamo replicato quello che avevamo fatto un mese prima, perché eravamo convinti prima che Ranieri ce la potesse fare. Ranieri ci ha concesso un'intervista lunga, siamo andati a Leicester e l'abbiamo raccontata. Possiamo proprio dedicare una trasmissione a questo. Si parla spesso di Sfide, che è un ottimo modello, ma che racconta il passato. La vera sfida di RaiSport è una trasmissione di approfondimento sul presente, essere in grado di fare ogni settimana 35-50 minuti che raccontano qualcosa che sta accadendo. Personalmente, per esempio, avrei pensato già due mesi fa alla storia di Schwazer, storia strepitosa, anche fatta prima della squalifica, e l'avremmo replicata dopo. Io sono laureato in giurisprudenza e, se oggi volessi parlare in un'aula di che cos'è lo Stato di diritto, userei il caso Schwazer. Al netto della nuova squalifica, si è dopato, l'ha ammesso, la pena comminata era tre anni, l'ha scontata: se siamo in uno Stato di diritto, Schwazer corre. Lo Stato di diritto è quello Pag. 11in cui si applica la legge. La morale viene dopo. La religione viene dopo. C'è la legge che abbiamo stabilito per poter vivere civilmente tra di noi. Non saprei spiegarlo meglio che dicendo che Schwazer ha diritto a correre. Il racconto della storia di Schwazer secondo me sarebbe stato, avendo lo spazio televisivo per farlo, esemplare, ma di queste storie ce n'è una alla settimana, come il grande dolore di Tamberi. Tutte le storie sono esemplari di quello che capita nella vita di tutti noi. Quando è che dobbiamo smettere di desiderare qualcosa? A 2,39 possiamo smettere di desiderare di fare 2,41? Possiamo accontentarci di qualcosa? Quand'è che un uomo ricco smette di voler accumulare altre ricchezze? Tutti ci chiediamo se non ne abbia già abbastanza: eppure, Tamberi, perché non ti sei fermato? Perché forse nel carattere degli uomini a volte c'è anche quella cosa. Alcuni pagano le conseguenze, altri no, Tamberi le ha pagate.
  Attraverso lo sport e attraverso queste presunte piccole storie, si può raccontare molto di più. Se fossimo in grado nei prossimi mesi di fare questo, non rimpiangerei nemmeno di non avere i diritti della Premier league. Resto a vostra disposizione.

  SALVATORE MARGIOTTA. Ho apprezzato la relazione del direttore Romagnoli, soprattutto la parte relativa al ritardo tecnologico che ha riscontrato appena arrivato a RaiSport.
  Commentavo con il collega Peluffo che un paio d'anni fa la Commissione di vigilanza fece una missione in Rai, e tutti noi notammo esattamente questo, che persino rispetto ad altri settori, che pure apparivano in ritardo, RaiSport era in ritardo il doppio. Lo notammo tutti, per cui non mi ha stupito la sua analisi. Credo che davvero sia una delle cose di cui occuparsi presto. Che lei se ne stia occupando lo giudico assolutamente un fatto positivo. Dico con una battuta poi che mi convince poco l'idea che non si possa riuscire a competere con i principali concorrenti. Credo che, invece, quest'ambizione ci debba essere nonostante gli altri comprino diritti che non si riescono a comprare. Non mi atterrei soltanto al metodo della fionda. La Rai è la Rai, è una grande azienda con grandi finanziamenti, deve provare a essere maggiormente competitiva non ritenendo che la battaglia sia persa in partenza, ma credo sia nel suo carattere, se intuisco un po’ dalle cose che lei dice.
  Passo ad alcuni temi. Il primo, lo diciamo a tutti e lo pongo anche a lei. Ad onta dell'analisi che faceva a proposito dell'allenatore, che anzitutto guarda all'interno, la sensazione è che anche RaiSport in questi mesi abbia avuto un frequente utilizzo di esterni, e che anche nei prossimi mesi e per la prossima stagione si pensi di continuare su questa strada. Io, invece, sono davvero convinto che ci sia tanta professionalità all'interno, come lei stesso diceva, e credo che ricorrere agli esterni debba essere non vietato ma un’extrema ratio. Se si vuole fare un buon prodotto, se si vuole competere, come abbiamo detto, senza timori, non deve essere neanche un tabù ricorrere a esterni, naturalmente con il criterio dell'equilibrio, che alcune volte pare mancare complessivamente in Rai e, per certi versi, anche a RaiSport. Anche relativamente ad alcuni commentatori esterni per la trasmissione Il grande match, non so se fosse il caso di prenderli, anche per i costi che hanno avuto.
  C'è poi il tema di RaiSport 2, che da quel che leggo, sarà soppresso dal 19 settembre. Capisco la scelta. È difficile avere RaiSport 1 e RaiSport 2, ma essendo lo strumento per la riproposizione di sport assolutamente minori, anche a bassi ascolti, mi pare sia una delle chiavi – le rivolgo anche una domanda più generale – attraverso cui si interpreta il ruolo del servizio pubblico della Rai in RaiSport, che è tema globale che pongo alla sua attenzione. Cos'è per lei lo sport all'interno del servizio pubblico? Non so, quindi, se questa scelta di sopprimere RaiSport 2 sia pagante rispetto a criteri assolutamente validi, che lo stesso direttore generale Campo Dall'Orto ha spesso ripetuto, e cioè che non è dagli ascolti e non è solo dagli ascolti che si valuta un lavoro.
  Quanto alle reti generaliste, ad esempio RaiTre perde Il processo del lunedì: con che cosa sarà sostituito? Ci sarà una trasmissione Pag. 12 che su RaiTre parli di sport? I tagli a RaiDue di 90° minuto mi consta che dovrebbero essere di 30 minuti per quello di serie A la domenica e di 15 minuti per il sabato, quello di serie B: non danno luogo a una contrazione della proposta dello sport in televisione? Infine, pensavo che ci dicesse qualcosa di più, perché credo che invece sia questa una grande sfida che vi apprestate a vivere, e noi spettatori con voi, sulla sfida appunto delle Olimpiadi, con quali mezzi, con quali risorse, con quali criteri, con quali metodi, e che tipo di prodotto pensate di riuscire a offrire a noi spettatori.

  MAURIZIO LUPI. L'impostazione che ha dato il direttore ha dato alla sua relazione mi convince e mi convince il fatto che il mio maestro, Bonaiuti, abbia continuato a fare cenni positivi. Vuol dire che siamo sulla strada giusta.
  Mi permetto, al di là delle battute, di rivolgerle due domande, una più generale e una più specifica.
  Quella più generale riguarda un punto che ha toccato. Tra l'altro, ho letto con molto interesse nel suo piano editoriale, e lo ha detto anche oggi, che dobbiamo rinnovare senza imitare e rischiare senza cadere. Credo che la cosa peggiore che possa fare la Rai oggi sia quella di imitare Sky, in particolare su questo. Come lei ha detto, la sconfitta in questo momento sarebbe assolutamente certa, se non fosse altro che loro hanno investito da anni, in giovani che hanno tirato su, in risorse, in tecnologia, in un nuovo modo di raccontare. Non si racconta solo verbalmente, ma anche visivamente: è palese ed evidente. Negli Europei, ma in qualsiasi avvenimento di cronaca sportiva, si vede una differenza data da un'esperienza, non solo da un'innovazione. Hanno avuto il coraggio, anche perché erano nuovi e avevano risorse, di andare in quella direzione.
  La questione generale è però proprio questa. Il primo tema sono gli strumenti, e lei ha denunciato il gap esistente, anche questo evidente. Ho visto che adesso c'è stato l'esperimento del Super HD degli Europei. Quante risorse l'azienda ha messo a disposizione proprio per superare questo gap tecnologico? In che tempo? Se ci sono, come si prevede di lavorare in questa direzione? In questo senso, c'è anche il grande tema, sempre generalmente, della formazione, che non si inventa da un giorno all'altro, sia di chi scrive, sia chi racconta, ma anche di chi fa le riprese o usa queste tecnologie. Si ha intenzione, non magari dal concorrente, di fare della formazione, del benchmarking, di lavorare in questa direzione, senza andare a prendere dall'esterno, ma valorizzando quello che c'è? Credo sia stata una delle discussioni tra voi su questo tema. Questo mi sembra in generale un approfondimento in termini di risorse e su come si prevede di recuperare questo gap nei tre anni che ha a disposizione.
  Una sotto-domanda su questo è rapidissima. Credo che RaiSport abbia come RaiNews 24, un'opportunità enorme da mettere a disposizione di tutta l'azienda Rai lavorando sia su canali generalisti sia avendo un canale tematico: l'opportunità è usare il canale tematico non solo per raccontare tutti gli eventi, ma, lì sì, per investire sulla formazione dei giovani, come tra l'altro ha fatto Sky, che ha preso giovani e li ha fatti lavorare.
  Mi ha spaventato la notizia che mi ha dato, che ci sono solo due giornalisti sotto i quarant'anni: all'interno dei programmi aziendali, ovviamente con le procedure da seguire, si pensa di usare i canali tematici, in questo caso RaiSport, per investire sui giovani?
  La domanda si fa più puntuale se ci parla delle Olimpiadi. Si sta appressando un nuovo evento: come la Rai intende seguirlo? Magari l'avete già illustrato in altre occasioni, ma non c'ero, quindi le chiedo come intendete seguirlo in termini di risorse uomo e d'altro genere. Le dico subito che le polemiche sono esattamente su questo. Le nostre attenzioni sono su quanti giornalisti, qualche collega ha twittato che ci sono più giornalisti che atleti. A me interessa avere dalla sua risposta un dettaglio prima dell'evento, in modo da poterlo misurare, e che cosa vi aspettate, come vi state attrezzando, quali risorse avete impiegato, il rapporto tra costi e Pag. 13benefìci e se c'è un coordinamento di tutta l'azienda, che immagino farà capo a lei, proprio perché non si assista a sprechi assolutamente inutili e inaccettabili in un momento come questo, vista anche la considerazione che lei ha fatto sulle risorse che la Rai ha a disposizione.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Mi ha colpito che all'inizio della sua illustrazione abbia usato un verbo: ha parlato di ricostruire RaiSport. Mi sembra un verbo impegnativo, peraltro significativo. Relativamente a quelli che ha indicato come obiettivi e al primo, la modernizzazione, al fatto di aver trovato una struttura senza digitalizzazione, come diceva il collega Margiotta, ricordo anch'io la visita della Commissione a inizio legislatura. Credo che la visita a RaiSport desse conto del risultato del paragone. Più o meno nello stesso periodo, mi era capitato di visitare Sky e di vedere gli studi di Sky Sport, e basta ancora oggi vedere le due strutture per capire la differenza qualitativa, dove c'entra moltissimo la tecnologia. Aver indicato questo come primo obiettivo mi sembra aderente alla situazione, e anche all'ambizione del progetto, così come quello degli studi più moderni.
  Sul terzo aspetto, raccontare lo sport – era anche negli altri interventi – credo anch'io che questa sia una parte significativa. Peraltro, mi veniva in mente che con alcuni colleghi abbiamo partecipato a un seminario la scorsa settimana del Gruppo PD al Senato, e tra gli ospiti – parlavamo della RAI più in generale – c'era Sergio Zavoli. Oltre alle considerazioni più di dettaglio, all'immaginario collettivo basta chiudere gli occhi per ricordarsi del racconto che Zavoli ha saputo fare innanzitutto come giornalista sportivo, ad esempio col Processo alla tappa. Non voglio dire che dobbiamo guardare al passato. Sono assolutamente convinto che non dobbiamo guardare al passato come tema del racconto perché credo che sia effettivamente fondamentale il tema di come si racconta lo sport. Da questo punto di vista – non so quale sia l'opinione dei colleghi presenti oggi – credo che sugli Europei ci sia da riconoscere un lavoro fatto, al di là dei giudizi di dettaglio. Nel complesso, mi sembra che Rai sia riuscita a raccontare gli Europei in maniera diversa, attraverso la scelta di strumenti e di investimenti in termini tecnologici, dalle app al risultato dello streaming, anche in relazione alle offerte di racconto dello sport in senso stretto, cioè la telecronaca, ma anche alle fasi successive, come nel caso, su RaiUno, del Grande match, che mi è sembrato un tentativo di innovazione, con un linguaggio popolare di racconto di tutta la fase del commento, in cui ci si esercita spesso in tanti. Credo che abbia acconsentito di offrire un perimetro più largo anche rispetto agli spazi solitamente riservati agli appassionati.
  Per quanto riguarda le Olimpiadi, l'altra grande scommessa del servizio pubblico, le auguriamo in bocca al lupo. Il senatore Margiotta le ha chiesto se possiamo avere ulteriori elementi – valuti lei – di interesse in un'audizione come questa: ci sono elementi che possono essere socializzati con la Commissione?
  Infine, sul tema dei diritti di solito interviene il senatore Ranucci, ma oggi è impegnato in Commissione permanente al Senato. È un tema complicato che qui abbiamo già affrontato tante volte. Io la prendevo da questo lato, non volendo aggiungere rispetto alle considerazioni che spesso ha fatto il senatore Ranucci: gli sport cosiddetti minori, che non sono tali per chi li pratica, per chi li segue e anche per i numeri, forse possono essere davvero un giacimento di investimento, di identità del servizio pubblico e di riscontro. Il rugby, che è stato considerato tale per tanto tempo, anche dal punto di vista televisivo è stato un investimento, in questo caso non del servizio pubblico, ma della tv commerciale, La7, che ha avuto riscontro. Un altro collega, anche lui in altra Commissione, in questo caso non del PD, non della maggioranza, il senatore Crosio, più di una volta ha sollevato per esempio la questione dello sci, che ha avuto un picco anni fa legato essenzialmente a una protagonista, e adesso che ha risultati anche di continuità degli atleti azzurri può essere un'altra pista di questo tipo. Pag. 14
  Vorrei capire se questo versante, ripeto degli sport cosiddetti minori, per capirci, ma che tali non sono, possa essere un altro terreno di investimento da parte del nuovo corso.

  ALBERTO AIROLA. Purtroppo, io non sono così ferrato sullo sport. Lo seguo poco, ma ritengo – non c'è bisogno che lo dica – che sia veramente una risorsa immensa per il Paese, soprattutto per i giovani. Lo sport è un linguaggio universale, con discipline che aiutano a far cresce un popolo sano, intellettualmente e fisicamente, aiutano l'integrazione. Come la musica, la cultura, spesso usa linguaggi comuni a tutti, trasversali, e permette, soprattutto con i più giovani, un percorso che aiuta tantissimo l'integrazione. Lo vediamo anche nel contrasto al razzismo. È fondamentale.
  Mi è piaciuto moltissimo il suo modo di porsi nei confronti di una RaiSport che in effetti, proprio visivamente – dell'aspetto visivo mi intendo molto – è estremamente carente, e per varie ragioni. Probabilmente, alcuni anfratti e alcune aree della Rai sono stati usati come parcheggio o non investiti da un'adeguata attenzione dalle scorse dirigenze. Questo è avvenuto un po’ perché c'è questa rincorsa del servizio pubblico, assolutamente fuori luogo, assurda, a raggiungere la tv commerciale. Le dico da parlamentare e rappresentante dei cittadini che il servizio pubblico non è la brutta copia della tv commerciale. Non deve assolutamente essere quello.
  Relativamente alla premessa dell'arrivo di un adeguamento tecnologico adeguato, anche RaiParlamento ha gli stessi problemi, e finché non avremo un sistema integrato, è inutile sviluppare alcuni punti se poi c'è l'imbuto di una vecchia tecnologia che costringe a riversare da cassetta a digitale o viceversa per la messa in onda. Indubbiamente, il compito del servizio pubblico non è quello di inseguire un certo tipo di rappresentazione e narrazione. È anzi la direzione opposta, quello di proporre un'altra cosa, di sperimentare. È giusto quindi quello che lei dice, è giusto dedicarsi a sport meno famosi, meno diffusi, ma non meno importanti. Se la Rai può dare un contributo, che lo dia in questa direzione. È giusto l'approfondimento. Abbiamo visto ridurre 90° minuto, sparire altri programmi, ma penso che per voi sia importante conoscere il budget definitivo che la Rai potrà stanziare. Per questo, fino a quando non avremo una situazione più chiara dalla raccolta col nuovo metodo del canone Rai, forse non potremo sapere esattamente su quanti soldi contare.
  Sicuramente, la fusione di RaiSport 1 e RaiSport 2 è positiva. È inutile disperdersi nell'entropia. Tra l'altro, non sono neanche molto seguite. Ho ricevuto lamentele in passato, prima che arrivasse lei, poi quattro mesi sono veramente pochi e sono tutte responsabilità indubbiamente non riconducibili a lei, ma lamentele terrificanti: mandare in onda il replay di una partita di tanto tempo fa è assolutamente improponibile. A questo punto, è importante proporre, e si può fare. Si può fare perché la Rai ha risorse interne. A un certo punto, in altro contesto ha detto che essere bravi non basta: è vero, sicuramente essere bravi non basta, ma in Rai forse viene premiato ancora meno l'essere bravi, perché spesso ci sono altre logiche dietro la movimentazione dei professionisti, anche le esternalizzazioni.
  Anche su queste ultime le chiedo attenzione. Purtroppo, come dicevano anche i colleghi, le solite polemiche sono quelle che sono andati in mille o riguardano le disparità di trattamento tra tecnici e giornalisti, perché un giornalista è pagato in certo modo, o tra giornalisti e giornalisti, perché un precario è trattato in un certo modo, la casta giornalistica in un altro. Su tutto questo dobbiamo stare attenti. Oltretutto, come diceva lei, se vuole intervenire sulla qualità, la cosa principale è avere la competenza. Quello è basilare: competenza, e quindi feedback positivi sugli appalti, sul personale che internamente intendete usare. È giustissimo provare volti nuovi e magari imporli, perché è anche questo uno degli obiettivi, degli scopi del servizio pubblico.
  La Rai ha avuto un ruolo importantissimo nel corso degli anni nel fare casting e nel trovare nuovi volti, nuovi presentatori, Pag. 15nuovi professionisti, che poi hanno fatto anche grandi carriere arrivando dalla Rai. La Rai può, dunque, farlo. Sta tutto a voi, direttori, sta tutto alla dirigenza di essere veramente illuminata e scevra il più possibile dalle dinamiche che conosciamo in Rai e che hanno veramente oramai stancato. Se vogliamo riuscire in un miglioramento sensibile – cambiare la Rai mi sembra un po’ eccessivo – bisogna ripartire da lì. Questa è una sfida imponente. Anche per questo le auguro un buon lavoro e le do tutta la mia, la nostra disponibilità per cercare eventualmente delle soluzioni, degli appoggi per migliorare il servizio pubblico.

  PAOLO BONAIUTI. Ho molto apprezzato la sua relazione. Le chiedo qualcosa di molto difficile sulla base di quello che lei ha detto, soprattutto quando ha parlato di quel giovane saltatore, Tamberi, che non si è fermato a 2,39, ha provato i 2,41 e, poverino, è caduto giù con tutte le sue speranze. Proprio questo suo soffrire ci fa pensare che, come per le eterne vicende umane, saprà probabilmente rimettersi in moto e andare avanti.
  Lei parla di ricostruzione: c'è forse qualcosa da ricostruire fondamentalmente nel linguaggio in quella che è – mi scusino gli amici del PD se uso un termine renziano – la narrazione? È la narrazione dei cosiddetti eroi del calcio, sempre mimetizzati con parole esaltanti, che trovano di sicuro l'appoggio dei tifosi, ma che poi non corrispondono alla realtà dello sport: quando qualcuno sbaglia in un altro sport, si dice chiaramente dove ha sbagliato e che cosa ha fatto. Il tema ricorrente nei resoconti della Rai del calcio è spesso l'esaltazione. Per fare un servizio al pubblico, e quindi rientrare proprio nel concetto di servizio pubblico, so che è difficile, ma un direttore questo potrebbe fare: tutte le mattine, nelle riunioni di redazione, come si faceva una volta, insistere su questo tema, stimolando a vedere di più l'umanità concreta di queste persone. Sono sì dei grandi professionisti, ma guadagnano grandi cifre, e devono anche pensare a dare al pubblico per quanto sono pagati, e non solo pensare ai cavoli loro, cioè a dove andare prossimamente prendendo di più o a fare quello che trovo ridicolo, l'incensamento dei procuratori. Pensiamo a questi personaggi, i procuratori, che pigliano questi pacchi di soldi e li trasferiscono verso i calciatori quando noi facciamo i prelievi sulle pensioni e non facciamo, per esempio, un prelievo forzoso sugli stipendi e sugli ingaggi dei cacciatori. Capisco che si entra su un terreno scivoloso, perché il tifoso vuole, vuole, vuole, e quindi contrastare tutto quanto possiamo frapporsi tra sé stesso e il suo sogno. Forse, però, un cambiamento, soprattutto da parte della Rai, un maggiore realismo quando si affronta il calcio, quel realismo che nella Rai è stato portato per esempio tra i ciclisti del Processo alla tappa, che da quel momento si sono visti come uomini, non come dei, ecco lo stesso procedimento per il calcio forse sarebbe – so che è difficile – l'inizio di un discorso nuovo.

  GABRIELE ROMAGNOLI, direttore di RaiSport. Siccome il tema Olimpiadi è stato sollevato un po’ da tutti e credo sia di comune interesse, comincio da quello.
  Sapete che le Olimpiadi partono il 5 agosto, in Rai partiranno in realtà il 4, perché cominciamo a seguirle la notte «prima degli esami». Credo che la copertura sia la più vasta mai realizzata. Ci saranno tre canali completamente devoluti. RaiDue diventa rete olimpica, trasmette in diretta, ovviamente con il fuso orario, dalle 3.00 alle 5.00, con la mattina successiva la replica al telegiornale olimpico con una serie di eventi. Credo che due terzi della programmazione di RaiDue siano devoluti alle Olimpiadi. RaiSport 1 e RaiSport 2, in quanto questa va avanti fino al 19 settembre, coprono integralmente gli eventi olimpici. Questo ci assicura che tutto sia coperto? Non ancora. Qualcosa può rimanere fuori. Ci sono 25 feed su Internet divisi per sport. Io sarò in regia a Rio, e se c'è un italiano che sta andando a medaglia nel tiro al piattello, si sospende il nuoto e andiamo a vedere l'italiano al tiro al piattello. L'appassionato di nuoto o di ciclismo vuole continuare a vedere la sua disciplina, gli basta sapere dal trafiletto dell'italiano al tiro al piattello, può spostarsi su RaiSport 1 o su RaiSport 2, o su Internet, e il canale ciclismo trasmette integralmente tutte le Pag. 16corse del ciclismo, tutto il nuoto, dalla batteria alla medaglia d'oro nei 100 stile libero ininterrottamente. Non c'è evento che non sia coperto. In questo caso, c'è brevissimo spazio alle «chiacchiere». Le Olimpiadi si prestano meno al dibattito, forse anche perché la verità – ne ho seguite quattro e mezza – è che la maggior parte dei giornalisti che ci vanno ne capiscono relativamente. Per alcuni sport sappiamo che c'è lo specialista che sa, ma se proviamo a mettere un piede in un dibattito dopo una giornata olimpica, rischiamo di sentire cose terribili. Sul tiro con l'arco quasi nessuno riesce a reggere cinque minuti di dibattito serio. È una copertura in questo caso esclusiva. Credo sia forse l'ultima grande stella polare, l'ultimo grande evento sportivo che la Rai ha l'onore e l'onere di coprire in esclusiva assoluta, perché su Sky si vedrà con il marchio Rai.
  Rispondo alla domanda dell'onorevole Lupi, su cui mi ero preparato. Lo avevo già detto in conferenza stampa ben sapendo che qualcuno presto o tardi avrebbe sollevato curiose polemiche. La spedizione Rai conta 200 persone. Di queste, i giornalisti sono 48. Li ho contati uno a uno al momento di fare i biglietti. Trasmetteremo più di 5.000 ore di televisione. L'unica televisione che ha lo stesso numero di inviati, ma non so quanti giornalisti e quanti no, è la televisione francese, che di ore però ne trasmette 3.000. La televisione tedesca ha 480 inviati e trasmette 2.000 ore. La BBC ha 455 inviati per 3.000 ore. Chi trasmette il nostro stesso numero di ore non esiste. Chi ne trasmette meno ha comunque lo stesso numero o il doppio degli inviati della Rai. Ho visto uno strano conteggio sulla base delle schede telefoniche. Sinceramente, non l'ho nemmeno capito, perché non ho una scheda telefonica, che mi procurerò in Brasile, ma non credo che la delegazione di sportivi e di atleti italiana sia inferiore al numero di 48, e che i giornalisti siano 48 ve lo posso garantire. In tutto, RaiSport ne ha 120, qualcuno dovrà pur essere in ferie, qualcuno dovrà pur restare a casa: quelli che vanno a Rio sono 48, e ripeto che copriranno tutti gli eventi. Alcune delle cronache su Internet non saranno anche telecronache, perché non posso chiedere al cronista di pallavolo di fare dalle 9.00 a mezzanotte. Se c'è una partita alle 9.00 tra Colombia e Tunisia, anche il più grande appassionato la vedrà senza telecronaca, ma se è il più grande appassionato forse ce la fa anche senza l'ausilio della voce del cronista.
  Vado adesso in ordine di domande.
  Ho solo una precisazione per l'onorevole Margiotta. Non credo di essermi mai ritirato da nessuna competizione, neanche da quelle perse in partenza. Dico semplicemente che la perdiamo se combattiamo con le stesse armi, se combattiamo imitando i loro format, i loro conduttori, lo stile che hanno impresso. Peraltro, se decidiamo che quello è lo stile vincente, abbiamo perso in partenza. Dobbiamo declinare lo sport alla maniera Rai, inventandoci, qualche volta recuperando quello che non è vecchio, ma classico. Quando nominate Zavoli, non penso a un abito dal taglio superato, ma a un abito classico, che, se esistesse oggi, si potrebbe indossare ancora e fare bellissima figura. Per quello che riguarda RaiSport 1 e RaiSport 2, ho sentito pareri diversi, qualcuno essere contento per l'eliminazione, qualcun altro rimpiangere. Due cose vorrei precisare, ma una non per fare quello che scarica le responsabilità, perché condivido la scelta. È una scelta che mi precede, che ho trovato e che è stata fatta a livelli più alti della direzione di RaiSport. La ragione per cui non rimpiango la pelle di questo canale è che l'originalità di RaiSport 2 rispetto a Rai Sport 1 si riduce a tre ore su ventiquattro. Non stiamo parlando di due canali, ma di un canale più tre ore. Il resto è semplicemente simulcast. C'è anche quest'effetto un po’ curioso di andare avanti di un canale e rivedere la stessa cosa in bassa definizione anziché in alta definizione.

  PAOLO BONAIUTI. Qual è l’audience media di RaiSport 2? Abbiamo un dato?

  GABRIELE ROMAGNOLI, direttore di RaiSport. Non ancora, perché dovrebbe essere riferito all'anno passato. Quella che vedo quotidianamente non arriva all'1 per Pag. 17cento, mai... Sì, con alcuni picchi. Secondo me, questo è abbastanza decisivo.
  Finalmente, RaiSport, non più 1 o 2, dal 19 settembre avrà un vero e proprio palinsesto. Se la guardate adesso, non capite. C'è una gara di biliardo, poi giocano a tennis e poi, appunto, si vede Ševčenko nel derby, le famose perle di spot che sono state fatte nel 2006 e che vengono rimesse dentro come riempitivo a caso.
  È stato costruito un palinsesto con un tentativo di ragionamento. Al mattino, c'è la memoria, considerando che chi sta davanti alla televisione dalle 10.00 alle 12.00 probabilmente ha un'età per cui può stare a casa davanti alla televisione dalle 10.00 alle 12.00, ma c'è un vero programma di memoria. Ieri, ad esempio, ahimè era l'anniversario della disfatta con la Corea. Rivediamo i riflessi filmati – li chiamiamo così per adeguarci al pubblico di quella partita – ma anche con un'intervista a Mazzola, che c'era e ha dei ricordi. C'è una fascia mattutina di memoria, una fascia pomeridiana per vedere se esista un pubblico giovane interessato, quindi con un'ora di cosiddetti sport estremi, con gente che fa cose improbabili. Adesso vede apparire la Lega Pro – ma non so nemmeno quale sia classifica del campionato in questo momento: prima della partita qualcuno spieghi che cos'è.
  Si punta soprattutto su cinque sport scelti non a caso: si tratta dello sci, del ciclismo, che fa sempre ottimi risultati. Ho notato, ad esempio, che il Giro d'Italia fa il 13 per cento su RaiTre e l'11 su RaiSport 1...come mai? RaiSport 1 dà la tappa integrale, ed esiste chi se la vuole vedere integrale, per vedere quella che un altro considererebbe la noia dei primi 100 chilometri, la pedalata, il paesaggio, la strategia o quello che sia. Poi la pallavolo, una delle risorse di RaiSport, perché abbiamo una quasi esclusiva. Devo dire che lì ho scelto di mettere 100.000 euro in più per avere l'esclusiva, per dire che una cosa almeno la diamo solo noi. Ci sono poi pallacanestro e calcio nelle altre accezioni.
  Spendo solo un minuto per dire che il calcio può essere raccontato in tanti modi. Non credo che, quando nominava le percentuali, pensasse al fatto che Raiola, se vende Pogba, prende 25 milioni. Se fanno questo contratto, può anche ritirarsi. Esiste un altro calcio, e qui dico che la finale del calcio primavera su RaiSport ha avuto il 5,6 per cento. Purtroppo, la scorsa settimana ero a New York, non ho potuto fare il telegiornale sportivo, ma avrei aperto con questo ragazzo, De Marco, nella cui partita di esordio dell'11 luglio tra Italia-Germania a Stoccarda ha segnato su rigore. I grandi, Pellè e Zaza, hanno sbagliato il rigore con la Germania, e l'11 luglio De Marco l'ha messa dentro. Io avrei aperto il telegiornale sportivo con «Vendetta. È arrivato De Marco», che poi ha fatto un rigore anche al Portogallo. Si sente spesso dire – Sacchi lo diceva continuamente al Grande match – dei vivai: bisognerebbe raccontarli. Noi abbiamo l'esclusiva del calcio primavera, cercheremo di renderlo più visibile, ad esempio attraverso una rubrica fissa nelle trasmissioni generaliste che racconti ogni sabato o domenica uno di questi calciatori. Raccontare il calcio primavera, una delle cose che mi ripropongo venga fatta, è un modo di raccontare anche storie di inclusione e di immigrazione. Vedo giocare Juventus-Inter primavera e vedo ragazzi neri, ragazzi con i cognomi slavi, ognuno con la sua storia, che può essere isolata e raccontata anche all'interno della Domenica sportiva perché, a differenza che per la storia di Higuaín, non la conosco. A volte, mi incuriosisce. Quando ho visto la finale, Roma-Juventus, ho scoperto che molti ragazzini e ragazzine hanno, anziché Totti, Ponce, centravanti di origine argentina della Roma giovanile, che è un piccolo idolo, di cui però non si parla mai. Credo che raccontare questo tipo di sport e di calcio sia un'alternativa a raccontare sempre i soliti nomi.
  Detto questo, devo dire una cosa forse dolorosa, cioè che cosa intendo anche per servizio pubblico. Il servizio pubblico deve fare anch'esso delle scelte. Per fare un palinsesto di RaiSport non più 1 e 2 bisognava fare delle scelte. Ho nominato cinque sport, altri non entrano, non nel senso che non ce ne sono più. Alcuni non entreranno, ma il motivo è molto semplice, ed è la Pag. 18seconda parola, pubblico. Per alcuni sport non c'è un pubblico... Spiego anche perché. Il sismografo degli ascolti non lo registra. Sto seguendo gli ascolti? Non solo, sto seguendo il video. Guardo le immagini e non vedo il pubblico sugli spalti. Me ne dolgo, ma se nessuno è uscito di casa per andare a vederlo e glielo porto a casa e vanno su un altro canale, con tutto il rispetto per il presidente della federazione, che si sentirà scaricato, non credo che il servizio pubblico sia imporre al pubblico quello che al pubblico evidentemente non interessa. Se tra alcuni anni cambieranno i rapporti, ce ne renderemo conto e agiremo di conseguenza. Per adesso, le cose stanno così.
  Per quello che riguarda le trasmissioni, credo che il quantitativo del passato – così mi è stato garantito – verrà rimpiazzato da una trasmissione che sostituirà il Processo del lunedì a partire da gennaio, che è proprio la trasmissione di approfondimento, di speciale, di racconto. Sulle altre, è vero che ci sono stati tagli di alcuni minutaggi qua e là. Anche al consiglio di amministrazione ieri ho detto che notano solo i minuti in meno e non segnano mai i minuti in più. Questo è curioso. Il sabato, c'è una trasmissione che cambia nome, da Sabato Sprint a Calcio champagne, che ha uno studio nuovo, un'impostazione nuova, acquisisce dieci minuti in più, e quelli però non vengono conteggiati.
  Personalmente, giudico doloroso solo il taglio a 90° minuto Serie B, perché la serie B è una realtà importante, ma ho di fronte a me chi fa il palinsesto di RaiDue che ha le sue esigenze: si fanno delle contrattazioni e in quel caso ho perso. Se volete darmi una mano con una petizione per restituire i 15 minuti persi a 90° minuto Serie B, sono assolutamente disponibile, ma non ricordo che cos'avesse quel palinsesto che imponeva una riduzione o uno spostamento di orario. Gli spostamenti di orario sono sempre un po’ difficili, e per esempio 90° minuto per la serie A perde i 20 minuti dei cosiddetti tempi supplementari. Credo che 90° minuto sia una trasmissione difficile. Chiunque la guardasse senza conoscere la logica dei diritti, direbbe che sono pazzi, perché vede prima intervistare gli allenatori nella cosiddetta fascia zona mista, e poi vede i gol nel novantesimo minuto. È come leggere un giallo: intanto, ti dico chi è l'assassino, poi ti racconto che cosa è successo. Questo è imposto dal fatto che fino alle 18.00 non si possono far vedere i gol. Già con questa fascia iniziale che cosa succedeva l'anno scorso? Questi venti minuti che cos'erano? Tempi supplementari. Che cosa accadeva nei tempi supplementari? Niente. Si mandavano le teche, i conduttori chiacchieravano o evocavano notizie positive. Non sono schiavo degli ascolti, ma da 10 precipitava a 4. Nelle ultime quattro puntate, ho fatto fare un mini speciale di venti minuti, sicuramente decoroso – abbiamo raccontato Cruyff, Totti ultimo re di Roma, l'anno del Torino campione d'Italia e la Juve pentastellata – e l'ascolto è risalito.
  C'è un problema, a voler fare una trasmissione apposita di approfondimenti, con le risorse attuali, non tanto a livello di giornalisti, quanto di montatori e di certe professionalità ibride, difficili da far capire proprio perché la Rai è molto abituata a professionalità definite. I video maker sono una professionalità essenziale per riuscire in un racconto per immagini, che è fondamentale. Se c'è infatti solo una voce narrante e un montaggio segmentato, di nuovo abbiamo l'impressione di vedere qualcosa di molto vecchio. Altro è avere qualcuno che riesca a ragionare per immagini. È paradossale, perché ho sempre scritto, ma se devo fare un pezzo televisivo, comincio pensando a che cosa vedo quando si apre questo servizio, e le parole con cui scelgo di aprire vanno a rimorchio dell'immagine con cui cerco di aprire. Occorrono persone che pensino in questa maniera, occorre questo tipo di professionalità, che verrà acquisita da qui a gennaio – mi auguro – per quel tipo di trasmissione. Allo stato attuale, non sento come una grave perdita perdere venti minuti, che non fruttavano e non erano ben utilizzati, perché non è solo una questione di quantità, è una questione di qualità. Tra 8 chili di mele di buona fattura e 12 di mele di cui 4 non sono commestibili, mi prendo la prima parte, Pag. 19che pesa meno, la porto a casa e sono più sereno.
  Quanto alle risorse di cui mi chiedeva il presidente Lupi, penso proprio che si debba fare formazione in queste categorie anche a cavallo, cioè inventare professionalità che sappiano pensare televisivamente, non che scrivano un pezzo e lo diano al montatore. Credo che su quello bisognerebbe investire nei prossimi anni. Sulle risorse messe a disposizione per la digitalizzazione rispondo alla Catalano: mi è stato detto «quelle che serviranno». Quanto ai tempi, mi è stato garantito che non dico che al mio giro di boa, a 18 mesi, saremo arrivati, ma comunque già da settembre non dovrò più mettere la cassetta, ma vedere sul computer il pezzo che è stato preparato per il telegiornale. Questo mi eviterà anche telefonate di Orfeo, che mi chiede che cosa gli abbia mandato alle 20.30, che non ha potuto vedere. Magari qualcosa non lo ha convinto per quello che riguarda il TG1, ma questo vale anche per i nostri telegiornali.
  Credo che la risposta che manca sia quella sull'uso degli esterni. Se poi ho dimenticato qualcosa, ricordatemelo.
  È paradossale, ma io sono un esterno. Non sono diabolico, non ho cose strane, ma sono un esterno, che qui vi ha detto e qui vi conferma che intende fare il massimo uso possibile delle risorse interne, ma che crede anche nella necessità di avere dei supporti, come hanno d'altronde tutte le reti. Quando si parla di sport, c'è bisogno di competenza interna, e poi c'è un'abitudine forse perfino eccessiva all'uso degli ex calciatori, degli ex allenatori. Ho trovato un parco molto vasto, che vorrei ridurre a quattro o cinque unità scelte. Credo che qualunque trasmissione sia una sceneggiatura, quindi deve avere un cast, si deve sapere chi fa quel ruolo. Nel suo piccolo, con le sue luci, che credo siano state superiori alle poche ombre, Il grande match rispondeva a questa. Era, cioè, una trasmissione per famiglie, dove si ritrovava un cast ricorrente, in cui c'era lo zio saggio con tanta esperienza che veniva da lontano, che era Arrigo Sacchi, due cugini brillanti che litigano sempre, Tardelli e Zazzaroni, la figlia che ha studiato, Katia Serra, e il giovane brillante che farà tanta strada, Balzaretti. Nelle trasmissioni credo che ci sia bisogno di creare delle figure ricorrenti e riconoscibili. Credo di aver trovato una dozzina di collaboratori tecnici e penso di ridurli alla metà, cercando anche in questo modo di fidelizzarli e di evitare un certo meccanismo. Il problema di fondo è che in altre reti si offre loro una carriera per fare questo, anche perché vengono spalmati nel corso dell'anno su più trasmissioni.
  Se un canale tematico sportivo ne potesse fare solo quattro, che è quello che fa la Rai (90° minuto, Domenica sportiva, quella del sabato e quella di approfondimento del lunedì o del giorno che sarà), sarebbe molto difficile offrire le stesse possibilità, e anche trovare qualcuno che a quella cifra dica che vuole fare questa carriera nei prossimi due anni. Il problema che si pone è sempre lo stesso. Abbiamo preso Zenga come seconda voce: ha ricevuto due offerte già durante gli Europei, che non sono andate a buon fine, ma ne riceve una domani, e io devo cercare un'altra seconda voce.
  Vorrei trovare personaggi che abbiano al tempo stesso caratteristiche di credibilità, di novità, di piacevolezza televisiva e di competenza, e riuscire a fidelizzarli – qui sarò sincero – almeno per i prossimi due anni. Ho come orizzonte Mosca, i mondiali in Russia, uno dei punti di arrivo del mio incarico.
  Non riesco a immaginare altri esterni, perché ripeto che la scommessa sarà quella di far dire agli spettatori che è bravo, giovane, preparato e disponibile un giornalista che, in realtà, lavora in RaiSport da molto tempo, ma non aveva avuto la visibilità che gli è stata data agli Europei o che gli sarà data nel prossimo anno.
  Quanto al tennis, secondo me c'è una regola, e cioè che il non uso atrofizza l'organo: se uno sport è dimenticato da quindici anni, riportarlo è molto difficile. Abbiamo riportato la parte finale degli Internazionali di Roma. La legge di Murphy ha voluto che ci abbiano sorteggiato l'incontro in cui Djokovic giocava contro uno sconosciuto, e ha piovuto. «Che cosa potrebbe Pag. 20 succedere di peggio? Potrebbe piovere»: è piovuto. I risultati sono stati molto bassi, e anche il livello non è stato altissimo, proprio perché l'abbiamo lasciato da troppo tempo. Ci riprendiamo tutti gli Internazionali, facciamo una grande cornice, ma non possiamo rientrare con le ultime tre partite, senza una cornice d'accompagnamento, senza una preparazione storica. Lì ci vuole invece la forza e il capitale... sono perfettamente d'accordo: se ci danno il budget per rientrare nei tornei importanti, sono solo entusiasta, ma bisogna avere appunto il budget per farlo. Rientrare dalla porta di servizio e non farsi notare? Meglio stare a casa.

  PRESIDENTE. Ringrazio il direttore di RaiSport e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.55.