XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 90 di Mercoledì 6 luglio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 2 

Audizione della presidente e del consiglio di amministrazione della Rai.
Fico Roberto , Presidente ... 2 ,
Maggioni Monica , presidente della Rai ... 2 ,
Fico Roberto , Presidente ... 6 ,
Siddi Franco , consigliere di amministrazione della Rai ... 6 ,
Diaconale Arturo , consigliere di amministrazione della Rai ... 6 ,
Gasparri Maurizio  ... 6 ,
Brunetta Renato (FI-PdL)  ... 8 ,
Airola Alberto  ... 10 ,
Fratoianni Nicola (SI-SEL)  ... 11 ,
Lupi Maurizio (AP)  ... 12 ,
Guelfi Guelfo  ... 13 ,
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 14 ,
Pisicchio Pino (Misto)  ... 16 ,
Minzolini Augusto  ... 17 ,
Ciampolillo Lello  ... 18 ,
Fico Roberto , Presidente ... 18 ,
Ciampolillo Lello  ... 18 ,
Verducci Francesco  ... 19 ,
Fico Roberto , Presidente ... 20 ,
Anzaldi Michele (PD)  ... 22 ,
Fico Roberto , Presidente ... 22 ,
Borioni Rita , consigliere di amministrazione della Rai ... 22 ,
Diaconale Arturo , consigliere di amministrazione della Rai ... 22 ,
Siddi Franco , consigliere di amministrazione della Rai ... 23 ,
Maggioni Monica , presidente della Rai ... 24 ,
Fico Roberto , Presidente ... 24

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'art. 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e successivamente sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione della presidente e del consiglio di amministrazione della Rai.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione della presidente e del consiglio di amministrazione della Rai che, anche a nome dei colleghi, ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Lascio la parola alla presidente Maggioni, che svolgerà una relazione introduttiva, e successivamente, se dovessero richiederlo, ad altri componenti del consiglio di amministrazione, con riserva per me e per i colleghi di rivolgere, al termine di questi interventi, eventuali domande e richieste di chiarimento sia alla presidente sia agli altri componenti.

  MONICA MAGGIONI, presidente della Rai. Ringrazio il presidente e i commissari per l'opportunità di riferire come consiglio di amministrazione su un tema specifico, ma anche per avere un momento di incontro diretto a verificare quello che si sta facendo in Rai e in che direzione stiamo andando. Sono occasioni di confronto che reputo particolarmente utili e importanti, per cui vi ringrazio in modo non formale.
  In breve terrei a dirvi in quale direzione stiamo andando in questi mesi: quanto siamo venuti a spiegarvi sul percorso che Rai sta facendo e farà per andare verso la media company mi sembra che inizi ad assumere una forma e un senso. Lo assume nel fatto che abbiamo presentato palinsesti in cui c'è una percentuale di offerta e di novità molto significativa, nel senso che basta guardare i numeri, ovvero più del 35 per cento degli interi palinsesti cambiato. Quando ci hanno dato i dati c'erano 42 programmi nuovi, di fatto sono molti di più, per cui anche numericamente si vede il cambiamento, ma c'è un passaggio importante che abbiamo appena fatto sullo sport e sugli europei da sottolineare relativamente alla transizione verso la Media company. Si inizia a vedere un modo di raccontare diverso e soprattutto un passo significativo verso il mercato digitale e quel tipo di fruizione dei media che sta diventando centrale. Siccome in questa Commissione più volte (e io sono d'accordo) è stata ribadita l'importanza per Rai di correre in direzione del digitale in tutte le sue forme, il fatto che si cominci a farlo mi sembra significativo.
  Pensate che la app Euro 2016, la app Rai per gli europei, è stata scaricata 650.000 volte, la partita Italia-Svezia è stata vista in streaming in contemporanea attraverso device mobili da 1 milione e 100.000 persone, e ha un grande senso, perché in Italia è la prima volta che un numero così alto di persone fruisce di un evento collettivo in streaming. Cosa ci dice dell'aspetto tecnico? Speravamo (lo dico senza problemi) che il sistema che ne è alla base reggesse, perché chi se ne intende sa che non è banale, e ha retto anche molto bene. Se Pag. 3guardiamo il fatto che oggi è un contenuto sportivo, ma domani è qualsiasi altro tipo di contenuto, significa che finalmente si comincia a fare quel tipo di strada e in modo serio. Su questo dico anche che, siccome ci avviamo verso le 5.000 ore di programmazione delle Olimpiadi, faremo un'altra app che si chiamerà Rai Rio 2016, dove si arriverà ad avere in contemporanea 36 segnali. Non so se tutte le specialità sportive in contemporanea saranno 36, però pensate effettivamente a quanta possibilità di fruizione c'è per le Olimpiadi, che sono uno di quei momenti unificanti per cui varrebbe la pena di fare ragionamenti in generale sui diritti e su quanto necessario fare perché un Paese riesca a ottenere tali diritti, perché le Olimpiadi sono veramente un passaggio chiave anche della fruizione collettiva. Su Rio faremo anche un lavoro serio sulla realtà virtuale, con uno di questi canali dedicato, e chi utilizza i nuovi visori potrà vedere una serie di competizioni in corso in una modalità realtà virtuale. È chiaro che queste, che utilizziamo sullo sport, argomento particolarmente facile e interessante su cui dialogare con le persone, diventano però basi potenziali per andare a esplorare tutto il resto. A settembre lanceremo Rai play, la nuova piattaforma per cui la possibilità di fruire in diretta ma anche con i servizi catch up, quindi di vedere servizi scaricati in precedenza e immagazzinati in modalità offline diventerà una realtà. Voi obietterete che nel resto del mondo c'è già, ma vi rispondo che noi eravamo molto in ritardo, quindi stiamo correndo moltissimo per metterci alla pari con i modi con cui oggi si fruisce dei media e con la realtà del rapporto tra media e cittadini e stiamo facendo passi da gigante.
  Stiamo anche lavorando al percorso che porterà alla trasformazione dell'offerta informativa, inizieremo un percorso di dialogo e di confronto anche all'interno del consiglio nei prossimi giorni, ma dal mio punto di vista questo tipo di percorso non potrà essere fatto senza tenere conto di una fortissima attenzione e di un fortissimo investimento anche in termini di motivazione alla offerta di nuove opportunità professionali, quindi di studio prima e di riprofessionalizzazione per le persone che sono dentro la Rai. Il ritardo che ha fatto sì che arrivassimo oggi a fare le cose che vi ho raccontato fin qui si traduce a volte anche in un ritardo di competenze dentro Rai, quindi secondo me non ci può essere un piano di sviluppo prossimo che non tenga dentro significativamente anche la possibilità di ridare chance professionali a chi, attraverso meccanismi di formazione e di riprofessionalizzazione, potrà avere nuove opportunità nel mercato dei media. Ultimo passaggio chiave dal punto di vista dei comportamenti, della correttezza e delle modalità con le quali si mette in campo il nostro vivere come azienda, perché stiamo lavorando moltissimo anche sul discorso degli appalti, per cambiare le modalità con le quali si affronta il discorso degli appalti e quindi evitare di cascare tutti nella trappola del massimo ribasso, dentro la quale si andava a infilare chiunque e qualsiasi cosa, e quindi rimettere al centro anche lì un elemento di qualità verificabile.
  Un passaggio per noi chiave è poi costituito dal lavoro che stiamo facendo all'interno sulla questione dei comportamenti e dei processi, perché tutto sia estremamente controllato e trasparente. Figuratevi in questo contesto quanto possa fare piacere vedersi strumentalmente messi sui file dell'Autorità anticorruzione nel momento in cui invece uno all'interno sta facendo un lavoro enorme, significativo, che va alla radice delle cose! Bisognerebbe riuscire a scindere i vari dossier.
  Vengo rapidamente alla questione centrale, quella per la quale ci avete chiesto di essere qui, ossia (banalizzo il titolo del nostro incontro di oggi) come fino ad oggi è stata affrontata la questione del referendum, i dati e i monitoraggi che abbiamo. Scindo due piani del ragionamento, uno dei quali riguarda le rilevazioni che Rai ha fatto in rapporto con l'Osservatorio di Pavia. Dall'Osservatorio di Pavia al momento abbiamo un quadro relativo al periodo delle amministrative in cui però è stata fatta la rilevazione tradizionale, quella per soggetti e per gruppi politici, che non entra nello specifico degli argomenti trattati. I tempi sono relativi alla distinzione tra Pag. 4tempo di parola e tempo di notizia, ma ancora una volta non solo non si entra nello specifico degli argomenti, ma non si entra nemmeno nello specifico di quella differenziazione di dibattito politico che oggi ci fa arrivare a sommare a un soggetto un tempo «x», ancorché in quello stesso soggetto coesistano posizioni sull'argomento specifico molto contraddittorie e distanti fra loro. Questa è ovviamente una contraddizione seria con la quale ci troviamo a fare i conti rispetto ai dati che abbiamo avuto fin qui. Vi abbiamo fatto avere quello che era nelle nostre mani, perché potesse essere eventualmente rielaborabile, ma riparlando anche con le persone dell'Osservatorio si evidenzia che utilizzare quei dati per finalità diverse rispetto alla par condicio è assolutamente fuorviante da un punto di vista statistico. Addirittura uno degli elementi di ragionamento è quello sulla prevalenza, il che significa che spesso abbiamo rappresentazioni di nuovo fuorvianti in un senso o in un altro: facciamo l'esempio che la prevalenza faccia sì che il 30-40 per cento di un argomento venga espunto dal calcolo rispetto al 100, cioè prevalga un altro argomento rispetto a quello su cui si fa il calcolo. Voi immaginate una persona che parla per mezz'ora e viene calcolata per mezz'ora e poi dice una cosa specifica, che può avere un'incidenza fortissima, ma non viene rilevata, quindi ancora una volta quello che abbiamo in mano dai dati di Pavia non è statisticamente rilevante e non può essere considerato come tale, per cui ci viene proprio chiesto di non considerarlo come tale.
  Ho però voluto fare un piccolo esercizio e l'abbiamo fatto all'interno, a partire dai dati di Pavia, fatto però in totale autonomia perché gli scienziati della statistica dicono che i dati rilevati per un'altra ragione non possono essere nuovamente sottomessi ad alcun tipo di analisi. Nel momento in cui abbiamo cercato di capire cosa sia successo non sugli argomenti, perché non lo si poteva scindere, ma sulle presenze, abbiamo trovato che, se oggi ridividessimo i tempi di accesso dell'epoca delle amministrative e li ridividessimo per rappresentanze politiche secondo le dichiarazioni di voto sul referendum, scopriremmo che nella maggior parte dei casi ci sarebbe una sorta di equilibrio, ma nel momento in cui all'area di Governo della maggioranza è stato dato il 54 per cento, quindi un po'di più, ci si rende conto che questo però non è un equilibrio anche delle istanze referendarie, perché è assolutamente evidente che anche nell'area di Governo della maggioranza si vanno a distinguere delle posizioni sulla questione referendaria. Per quanto ci riguarda in questa fase il terreno è estremamente complesso in termini di dati sui quali basare quello che è stato fatto. Sia chiaro che in questa fase sto rispondendo nello specifico alla questione delle rilevazioni, poi farò un altro tipo di discorso, che è quello di insieme, di sistema e di tipo di approccio che si può avere, ma mi sembra importante partire dai dati che abbiamo in mano e che hanno visto dividersi diverse persone, opinioni e considerazioni anche su quello che Rai ha fatto.
  Quando invece vado a guardare nello specifico i dati Geca che sono stati fatti per Agcom ho una serie di elementi che ci siamo ovviamente fatti dare perché, dovendo venirne a parlare e a rispondere, sembrava importante avere nelle mani qualcosa che ci permettesse di costruire un ragionamento organico e con dentro qualche passaggio di realtà. Succede che in quei dati abbiamo innanzitutto un'evidenza: il tempo di parola nel tempo di rilevazione è stato utilizzato da ognuna delle forze politiche come credeva, poi qualcuno ha deciso di iniziare a utilizzarlo per la questione referendaria, ma sono scelte che dal nostro punto di vista tengono più a un discorso squisitamente politico. C'è però un dato che mi sembra importante darvi: i tempi di argomento legati alla politica nel periodo osservato nei TG erano 986 ore e ai referendum ne sono state dedicate 22. Questo significa che qualsiasi sia la nostra conclusione stiamo ragionando del 2 per cento del tempo legato al tempo di parola, e questo ci fornisce un quadro di riferimento in cui inserire il nostro ragionamento ed è un quadro di riferimento che andiamo a recuperare dopo, quando facciamo un ragionamento su cosa succede da adesso in poi, perché ci rendiamo conto Pag. 5che, qualsiasi sia la nostra posizione, fin qui è stato usato un tempo potenziale che sembra enorme, ma nei fatti è un tempo relativamente piccolo rispetto a tutto quello che è stato detto in questi mesi.
  Se però si va nel dettaglio a guardare questi dati che parlerebbero di alcuni elementi di disequilibrio, mi ha fatto grande impressione il fatto che innanzitutto c'è una divisione tempo del sì, tempo del no e tempo neutro, nel quale iniziamo ad avere una certa complessità su cosa sia tempo neutro, dove lo si attribuisca o non lo si attribuisca. Ad oggi non abbiamo una specifica dei criteri utilizzati, per cui questo mi sembra un passaggio importante per arrivare a un elemento di verità. C'è un dato che non mi quadra, perché da una parte i dati di Pavia non si possono guardare nel dettaglio, ma dice sostanzialmente che sul momento delle amministrative si è fatto un lavoro di sostanziale equilibrio, perché non c'è stato da parte dell'Autorità alcun tipo di sanzione a fronte di un rilievo che non sia stato poi ribilanciato, quindi l'Autorità dice che il lavoro per le amministrative è stato sostanzialmente in equilibrio. Pavia fornisce dati che dicono quello, ma su questi dati vedo una cosa molto strana, cioè che sui tempi di parola c'è un disequilibrio che è nella proporzionale del 3 a 2 (3,13 contro 2,09), con un neutro di 0,55, ma cambia tutto nei tempi di notizia, in tutto quello che c'è intorno, ambito nel quale è più difficile capire bene cosa è stato detto o no. Se infatti è molto chiaro se sto dicendo quello che penso su una questione specifica e lo dico in tempo di parola, quello che succede in tempo di notizia è assai più complesso, quindi vorrei vedere bene le motivazioni, anche per capire cosa ha portato a questa differenza e a questo disequilibrio, perché il tempo di notizia indica un disequilibrio di 8 a 2, che però non è il tempo di parola. Se non ho in mano i criteri di analisi applicati, è molto difficile dire di cosa stiamo parlando, perché dall'altra parte ci sono i dati di Pavia che dicono sostanzialmente che Rai in quel periodo di par condicio ha fatto bene il suo lavoro (uso «bene» per semplificare, però il senso è quello). Il «dove» stiamo andando e il «perché» stiamo andando lì diventa un elemento assai complesso, c'è un tempo di parola in equilibrio e un tempo di notizia meno. Questo è il dato all'oggi.
  Secondo me questi dati dicono che Rai ha trattato la questione delle elezioni amministrative con equilibrio e per me è un elemento di successo significativo, da cui parto per dire cosa Rai deve fare da qua in poi: fare quello che è il suo mestiere, che è il servizio pubblico. Cosa significa interpretare un momento politico come questo e una sfida come questa da servizio pubblico? Sostanzialmente due cose. Innanzitutto significa tentare di dare un equilibrio il più possibile significativo a tutte le istanze e alle persone, e sembra persino banale affermarlo al di là delle regole e dei sistemi regolatori, però lo rimetto al centro, perché Rai deve comunque essere in grado di dare un equilibrio alla rappresentazione delle varie istanze, ma soprattutto (non me ne vogliate, ma lo ritengo ancora più importante) deve spiegare qui come in tutte le altre situazioni con grande precisione qual è la posta in gioco nelle varie questioni. Se infatti ha senso fare il servizio pubblico, ha senso farlo per entrare nello specifico delle questioni, dare le ragioni, le motivazioni, non costruire e appiattirsi sulle etichette, perché non possiamo dare questo ai cittadini, ma dobbiamo dare la possibilità di farsi un'idea molto precisa e di scegliere in assoluta libertà sulla base però di un'idea concreta e spiegata, e non spiegata nel modo più noioso del mondo, per cui le trasmissioni dove ci si massacra sul senso finale del quesito, sulla crocetta sono estremamente interessanti e piene di brio, e quelle dove andiamo a spiegare come e perché si vota sono la morte civile, perché quello sarebbe già fare male un pezzo fondamentale del proprio lavoro. Da qua in poi quello deve essere l'obiettivo di Rai, cioè cercare di essere in equilibrio sostanziale, che vuol dire avere il senso delle posizioni diverse che attraversano il Paese. Non credo alla logica del cronometro, credo invece alla logica di un modo molto serio di considerare l'equilibrio tra le cose e quindi di dare una rappresentazione molto precisa del dibattito e delle diverse Pag. 6posizioni, soprattutto nella capacità di costruire un contesto.
  Le regole ci sono, peraltro le indicazioni le date voi e noi tentiamo di essere attenti nell'implementare le decisioni che ci vengono dall'Autorità, dal Parlamento e da questa stessa Commissione, ma la questione è cercare di accompagnare il Paese a prendere una decisione seria e consapevole rispetto ai temi in gioco, in questo come in tutti gli altri casi. Ribadisco ancora una volta che è fondamentale che riusciamo a dare alle persone gli elementi per capire quello che hanno di fronte e quello con cui stanno facendo i conti.
  Vi consegno la mia personale riflessione (consideratela come tale) sulla questione dei cronometri, dei tempi di parola e di tutto il resto, perché pur rispettando le regole i Radicali hanno lo zero virgola qualche briciola quando si va verso le elezioni e in questo caso abbiamo rispettato benissimo la regola sui Radicali, che hanno fatto il 2 per cento, ma segnalo che era morto Marco Pannella. I numeri puri non sono sufficienti a dire cosa si sta raccontando e, più ci andiamo ad agganciare ai numeri puri, più abbiamo un problema. Vi consegno questa riflessione, fermandomi con grande rispetto sulla soglia di un ambito in cui siete voi le persone che devono pensare, decidere, elaborare metri e strategie. Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Qualche consigliere intende intervenire adesso o in risposta a qualche domanda?

  FRANCO SIDDI, consigliere di amministrazione della Rai. Solo per scusarmi per il ritardo, ma questa mattina avevamo l'Assemblea delle televisioni, quindi vi chiedo scusa e sono a disposizione della Commissione.

  ARTURO DIACONALE, consigliere di amministrazione della Rai. Anche a nome del consigliere Giancarlo Mazzuca che non può venire vorrei ricordare che con lui e il consigliere Freccero in una seduta del Consiglio avevamo sollevato il problema di una regolamentazione della discussione sul referendum, chiedendo che la Commissione di vigilanza si ponesse questo problema e desse alla Rai le indicazioni su come affrontare una sorta di anomalia rispetto a una campagna referendaria che è iniziata con larghissimo anticipo rispetto alle scadenze, che ancora non sono state definite e che comunque rischiava e rischia di produrre scompensi tra le diverse posizioni.
  Quando abbiamo sollevato questa richiesta, qualche autorevole membro della Commissione di vigilanza ci ha risposto che non spettava a noi consiglieri sollevare tale questione. Adesso che però c'è l'occasione di essere di fronte alla Commissione a cui invece spetta affrontare questo tema, che è un tema politico perché non siamo certo noi che possiamo definire un regolamento su come operare, rilancio quella richiesta che ho fatto a suo tempo.

  MAURIZIO GASPARRI. Ringrazio il presidente e i consiglieri per essere qui e per le cose che ci ha detto la presidente: su tempi e cronometraggi si potrebbe discutere a lungo, ma qui abbiamo un problema anche di determinazioni nostre, quindi, oltre a ringraziare il consiglio per essere venuto qui rispondendo a una convocazione, mi rivolgo anche ai colleghi, perché a mio avviso per una serie di ragioni dobbiamo dare indicazioni al consiglio, altrimenti facciamo questi continui dibattiti sociologici e convegni (anch'io ogni tanto ne organizzo alcuni) si parla, cosa che non fa mica male, però dobbiamo assumere anche delle decisioni; e lo si deve fare per una serie di motivazioni che illustro rapidamente. La portata del referendum è una portata superiore a quella di altre consultazioni, perché investe i primari organi di funzionamento della democrazia, il Parlamento, il rapporto Governo/Parlamento, le regioni, insomma l'organizzazione della vita democratica. Tutti i referendum sono importanti, questo è importantissimo perché attiene a fattori primari nella vita democratica.
  Non abbiamo ancora una data, quindi si potrebbe dire che quando avremo la data faremo la par condicio, ma la data è incerta e lo stesso Presidente del Consiglio (lo dico senza polemica), richiesto di una previsione Pag. 7 in un'intervista trasmessa domenica in televisione, ha detto: «penso tra il 2 e il 30 ottobre». Probabilmente neanche lui può dirlo perché ci sono termini di legge, le firme dei cittadini, la Cassazione, tutti meccanismi per cui nemmeno il Governo potrebbe dirci con certezza quando si vota, e non entro nella discrezionalità dell'anticipare o posticipare, ma anche il range definitivo della tempistica è oggetto di liti e discussioni, si presume che si voti a ottobre, ma non lo sappiamo. Abbiamo una fase di luglio e agosto in cui, in assenza della data e quindi della previsione delle scadenze che ci consentono di applicare le leggi, è comunque in corso una campagna elettorale di informazione e di confronto politico, ergo l'eccezionalità della materia e la non definizione dei tempi che nessuno può definire impongono un'indicazione, quindi ritengo che lo strumento sia un atto di indirizzo della Commissione parlamentare. Essendo estate, le altre forme di organizzazione della democrazie (le manifestazioni, i cortei e i convegni) tenderanno a scemare, ciascuno farà iniziative come può, dove la gente si va a radunare a luglio e agosto, ma leggo che anche partiti importanti rinviano le loro feste nazionali o romane a settembre, per utilizzarle a ridosso della presunta scadenza.
  Credo quindi che noi dobbiamo dare delle indicazioni a voi, sto chiedendo da tempo una riunione dalla Commissione ma il PD si oppone, non capisco perché, quindi ben venga l'audizione ma dobbiamo determinare queste indicazioni, altrimenti c'è un'altra via, colleghi, l'adozione del regolamento che non abbiamo adottato, che l'Autorità delle comunicazioni ci ha inviato da tempo, e che prevede una disciplina di una sorta di par condicio fuori dai periodi di campagna elettorale, che forse può essere anche troppo rigida perché si arriva a una par condicio permanente, anche se quel regolamento lascia libere le testate della cronaca. Come citava la presidente, infatti, morto Pannella non si potevano contare i tempi del Partito Radicale, era un protagonista della vita italiana e sono stati fatti speciali e dibattiti che forse dovevano essere trasmessi anche in vita, come direbbero giustamente i sostenitori di quelle idee.
  Credo che dobbiamo assumere decisioni proprio perché la materia è importante e i tempi indefiniti. Non voglio commentare i dati sui minuti, il tempo di parola, ma c'è una prevalenza chiara che tutti i dati dimostrano, quindi invito noi stessi a fare questo, il che attiene anche a un tema complessivo del pluralismo, di cui il consiglio di amministrazione non a caso è garante più della direzione generale.
  La vostra audizione scaturisce dalla ovvia constatazione che per legge, essendo voi un'espressione anche del Parlamento, chi deve esprimere il vertice Rai, se non il Parlamento che è espresso dal popolo italiano e che potrà cambiare nel corso degli anni? Voi avete una responsabilità, ma anche noi abbiamo una responsabilità o una potestà, quindi nel richiamare voi all'esercizio delle vostre competenze laddove sono definite in maniera incerta, noi dobbiamo dare un'indicazione più certa. Adottiamo il regolamento? C'è il testo da anni, ci riuniamo e lo possiamo licenziare. Non vogliamo adottarlo perché troppo rigido? Si fa un atto di indirizzo che si ricollega alla legge, perché già i direttori di testate hanno ricevuto, in seguito ad alcuni esposti presentati, una lettera dall'Autorità delle comunicazioni che fa riferimento agli articoli 3 e 7 della nota legge del Codice unico delle comunicazioni, che richiama al rispetto del pluralismo e dell'equilibrio informativo anche fuori dalle campagne elettorali. Noi, colleghi, possiamo fare di più di quello che stiamo facendo, poi voi farete tutto quello che dovete fare. Sul piano del pluralismo faccio anche un appello al di là del referendum a esercitare questa funzione, perché molto ci sarebbe da dire laddove non sappiamo quale sia il piano editoriale, quindi vorremmo saperlo, leggiamo che si fanno le nomine, ma sarebbe meglio non farle perché c'è un referendum che è una data fondamentale per la democrazia, non sono contento di come sono fatti adesso i telegiornali, ma temo che potrebbero anche peggiorare se si facessero nomine alla vigilia di una consultazione di questo tipo. Lasciamo le cose come stanno, Pag. 8perché già i dati indicano che non sono telegiornali ostili al Governo o a quelli che sostengono ragioni diverse dalle mie, ma temo che potrebbero peggiorare.
  Vorremmo sapere anche con i piani editoriali cosa abbiano fatto, perché come Commissione vorremmo saperlo. Abbiamo discusso per molto tempo del piano delle newsroom che non c'è più, ma adesso che piano c'è? C'è un comitato di gente esterna alla Rai, esterna alla televisione, che ha parlato sempre male della televisione, io non ce l'ho con le singole persone, Verdelli è una persona apprezzabile, però ho letto anche delle dichiarazioni del consigliere Siddi sul caso Merlo, uno che non potrebbe essere assunto, poi ho chiesto qui in Commissione al direttore generale come sarà inquadrato e ci ha risposto: «non lo so, vedremo», poi abbiamo visto che è diventato un consulente. I pensionati che fanno i consiglieri quindi lo fanno gratis, i giornalisti che sono pensionati fanno i consulenti, immagino pagati dalla Rai, quindi c'è anche un intreccio, visto che siamo in tema di sentenze sulle pensioni d'oro, augurandovi di avere pensioni d'oro, ma come funziona, Merlo è meno pensionato di altri, quindi può essere pagato dalla Rai, mentre i consiglieri sono più pensionati di Merlo? Non ce l'ho con Merlo, ma non sono tordo e quindi non mi faccio prendere in giro.
  Dobbiamo fare la nostra parte, ovvero un atto di indirizzo, presidente, o l'approvazione di quel regolamento, quindi faccio anche una proposta a noi. Voi fate quello che la legge vi impone, però anche sul piano del pluralismo farò un invito a non peggiorare il quadro, a spiegarci cosa deve fare questo comitato, perché abbiamo discusso sì delle news room, ma ora qual è il piano?
  Sul tema del pluralismo non vorrei che durante l'estate, per aggiustare i sondaggi, cambiassimo i direttori. Teniamoci questi, tanto il 2 o il 20 ottobre è una data, ci sarà un prima e un dopo, chi si ritira e chi sarà cacciato, forse il Parlamento si scioglierà, tutti annunciano l'apocalisse, quindi teniamoci ancora i telegiornali per queste poche settimane e poi vediamo!

  RENATO BRUNETTA. Grazie, presidente Maggioni, mi permetta di iniziare con una nota di tipo teorico rispetto al suo dubbio esistenziale: nella teoria dell'informazione e delle organizzazioni vale una regola, che ciò che non si può misurare non si può migliorare, quindi, per quanto faccia male la misura rispetto a fenomeni che spesso sono di carattere qualitativo e non quantitativo, è certamente una violenza la misura di un corpo, di un paesaggio, di un'opera d'arte, del valore ciascuno nelle proprie competenze: ciò che non si può misurare non si può migliorare. Sono quindi per tentare comunque, con intelligenza, la misura, perché sulla base della misura poi sono possibili altre considerazioni. Parto proprio da una sua valutazione, che mi sembra giustamente lapalissiana: i dati dell'Osservatorio di Pavia riguardanti le elezioni amministrative hanno dimostrato il rispetto delle regole, perché eravamo in par condicio, Lapalisse non avrebbe potuto dire di meglio (lo dico senza polemica o ironia). Il tema è quando applichiamo la stessa metodologia fuori par condicio e usiamo una statistica non per i fini per i quali è stata costruita, quindi è giusta la sua affermazione, forziamo il contesto e quindi vengono fuori dei dati difficilmente valutabili. Come ha detto il collega Gasparri abbiamo una mancanza di regolazione che riguarda tematiche rilevanti, il referendum, fuori dalla par condicio, perché se fossimo stati in par condicio non ci sarebbe stata la questione. La vita politica è fatta anche di queste cose, si è cominciato a fare campagna referendaria mentre ancora la riforma costituzionale doveva essere approvata definitivamente, e sappiamo tutti che l'approvazione definitiva si perfeziona con il referendum confermativo, che tra l'altro non è obbligatorio, ma è lasciato alla volontà dei cittadini, come dice la Costituzione, o dei parlamentari. Il risultato è che da mesi si fa campagna referendaria fuori da una qualsiasi regolazione. Gasparri ha ragione (l'abbiamo detto anche in altra audizione): il problema è nostro come Commissione di vigilanza, che dobbiamo adottare il regolamento Agcom o un atto di indirizzo per quanto riguarda la Rai, ma il problema è anche di Agcom. Faccio riferimento alle televisioni private, Pag. 9perché non esiste solo la televisione pubblica, ma (non me ne vogliate per la polemica) gli squilibri presenti nella televisione privata sono ancora maggiori di quelli della televisione pubblica.
  Il problema quindi è nostro, della Commissione parlamentare di vigilanza, il problema è di Agcom, cui ho chiesto con un esposto di avere i dati Geca anche per le televisioni private, visto che esistono, simili a quelli che abbiamo ricevuto per la televisione pubblica. È necessario un atto di indirizzo o l'approvazione del regolamento Agcom, però bisogna far presto perché spiego a me stesso (come si dice con un po’ di retorica) che l'opinione si forma sedimentandosi nel tempo, non possiamo arrivare a dibattere sui massimi sistemi per uno, due, tre o quattro mesi in maniera squilibrata e sregolata, per poi arrivare alla par condicio, perché il rischio è che nel frattempo si sia accumulato uno squilibrio difficilmente modificabile durante la par condicio. Qualora si verificasse nelle televisioni pubbliche e private un differenziale delta tra «sì» e «no» non motivato, sono qui a chiedere la compensazione, perché credo che l'accumulo di informazione, comunicazione o tempo di parola o tempo di notizia che si è formato nel tempo, non sia poi modificabile dall'equilibrio dell'ultimo mese, ma sia acquisito dall'opinione pubblica e quindi che si sia prodotta una scorrettezza istituzionale difficilmente sanabile.
  Ultimo punto, che è un paradosso: noi abbiamo e voi avete i dati di tipo parlamentare per quanto riguarda i risultati elettorali 2013 sia dei seggi sia dei vari gruppi parlamentari che si sono espressi o si esprimeranno per il «sì» o per il «no». Attenzione, però, perché il dato elettorale dell'esito delle elezioni dal punto di vista delle percentuali senza premi di maggioranza vedrebbe in netta prevalenza il «no» rispetto al «sì». Se si sommano i dati del centro-destra e centro-sinistra e delle altre componenti, questi vedrebbero il «no» in prevalenza. Se guardiamo poi i dati dei seggi parlamentari, abbiamo lo squilibrio per cui c'è una maggioranza e un Governo a favore del «sì», se ritorniamo ai dati dei sondaggi sugli stessi partiti che si sono formati, abbiamo una prevalenza almeno dal punto di vista dichiarativo totalmente squilibrata, perché, senza contare le contraddizioni interne dei singoli partiti, c'è un 65-67 per cento a favore del «no».
  Abbiamo quindi tre storie completamente diverse: l'ultimo dato elettorale 2013 ci dice alcune cose, non considera ovviamente il dato dei seggi, che ci dice altre cose ancora, il dato dell'opinione pubblica altre cose ancora. Ne deriva che dobbiamo assolutamente regolare questa situazione, non è possibile tirare per la giacca il presidente della Rai, il presidente dell'Agcom, procedere con invettive, con accuse, con denunce. Occorre che questa Commissione e il Parlamento chiedano regole chiare, che attualmente non ci sono, se non di carattere generale, per quanto riguarda tematiche come quelle referendarie fuori dalla par condicio, perché non sappiamo ancora la data del referendum, quindi non sappiamo a ritroso il periodo di par condicio, dobbiamo ancora regolare la par condicio e lo faremo qui per le televisioni pubbliche, l'Agcom lo farà per le televisioni private. Abbiamo un vuoto normativo o regolativo o di indirizzo, quindi occorre che sia colmato almeno per quanto ci riguarda nel più breve tempo possibile, e occorre che a livelli di buonsenso in questa fase la Rai abbia comportamenti di correttezza e di equità. Cito un solo esempio, presidente: come dobbiamo considerare Benigni e la sua trasmissione e la replica della sua trasmissione? Benigni fece quella trasmissione sulla Costituzione più bella del mondo in un altro periodo storico, in prossimità di un altro referendum, con altri protagonisti, a difesa della Costituzione, e si è ritenuto di dare la replica (per quanto ne so anche ben pagata, ma, siccome non si hanno i dati pubblici, ho solo letto le notizie), salvo che Benigni l'ha contestualizzata (l'ho guardato con grande attenzione) con un «pistolottino» iniziale, dicendo che sarà anche la Costituzione più bella del mondo però – strizzando l'occhio – si può anche cambiare, laddove il giorno stesso e il giorno prima sui media cartacei c'era stata la notizia che Benigni si era schierato a favore del «sì», cosa che aveva destato Pag. 10molto scalpore. Ora, come è classificato Benigni dall'Osservatorio di Pavia o dalla Geca? Qual è stato l'impatto di un personaggio come Benigni, che era stato visto simbolicamente come il difensore della Costituzione più bella del mondo, che a situazioni mutate dice che è sempre la Costituzione più bella del mondo, però volendo la si può anche cambiare, essendoci stata nei giornali dei rinvii dei giorni precedenti una polemica sulla sua posizione come testimonial del «sì» al referendum? Tutto questo è difficile da misurare con il cronometro, ci vorrebbe buonsenso, e, se un personaggio come Benigni si schiera a favore del «sì» il giorno prima, dopo essersi schierato nel 2006 a favore del «no», si decide di rimandare in onda la sua trasmissione, si può anche decidere di non mandarlo in onda o di non mandare in onda il suo pistolottino iniziale, che è un fatto individuale e personale, però rischia di orientare l'opinione pubblica senza contraddittorio.
  Per quanto ci riguarda sappiamo quello che dobbiamo fare, quello che deve fare l'Agcom l'ha detto ieri la Presidente della Camera al Presidente Cardani, però c'è anche il buonsenso e c'è anche il senso dell'opportunità. Questo è un referendum molto importante, molto delicato, trasversale. Oggi c'è un'intervista di D'Alema che ho rilanciato tantissimo sui social media, perché è tutta a favore del «no» ed è D'Alema, un esponente importante del Partito Democratico, per cui questo è un tema trasversale.
  Per questa ragione chiedo alla Presidente Maggioni, conoscendo la sua intelligenza e la sua sensibilità, di operare non solo con le misure, non solo sulla base degli orientamenti e degli atti di indirizzo, ma anche sulla base del buonsenso. Che lo faccia lei, che lo facciano i direttori dei telegiornali, che lo facciano anche i conduttori, che quando presentano un ospite hanno il dovere di spiegare chi è quell'ospite e, se è Davide Serra, spiegare che non è solo un finanziere che opera a Londra, ma che è un finanziere amico del Presidente Renzi, finanziatore del Presidente Renzi, teorico del Presidente Renzi, nonché relatore alla Leopolda del Presidente Renzi. Dopodiché mi va benissimo Serra scelto da Bruno Vespa in trasmissione, però sapendo chi è, tutto qua, senza che il conduttore Vespa si senta toccato nelle sue prerogative di libertà se un ospite non casuale come il sottoscritto gli chiede: «dica chi è Davide Serra», perché non può essere questa corretta informazione e deontologia professionale.

  ALBERTO AIROLA. Vi abbiamo convocato semplicemente per chiedervi di garantirci il pluralismo dell'informazione e non della propaganda in Rai su una tematica che riguarda profondamente l'interesse degli italiani, quindi non ci sono molte polemiche da fare. Abbiamo avuto dei dati, che abbiamo contestato perché in qualche misura, fatte salve le cose dette fino adesso, rappresentavano uno squilibrio. Il passato è passato, hic et nunc: la tv è questa, quindi dobbiamo concentrarci sul presente e sul futuro. Quello che ci serve, come diceva lei, è non solo avere il cronometro in mano, visto che quello è il dato scientifico, ma anche creare il contesto giusto. Questo è quello che chiediamo. Il contesto giusto significa avere spazi in cui non si apre una finestra e parla un politico e dice quello che pensa, informando sulla riforma secondo quello che farà, ma ci sarà un giornalista, e secondo me non c'è bisogno di leggi, di ulteriori clausole normative che dicano come debba comportarsi un giornalista degno di questo nome, perché sa benissimo come si deve comportare, non c'è bisogno di fargli uno schemino. Un giornalista serio sa che un tempo di parola e un tempo di replica deve essere eventualmente dato ad altre opinioni, poi fa un'operazione fact checking, per cui verifica e, se dico che sparisce il Senato, il giornalista mi fermerà dicendo che resta in un'altra forma. Questo è quello che chiediamo, sono state fatte tantissime polemiche su questa vicenda, abbiamo parlato di par condicio quando era inappropriato parlarne, stavamo semplicemente chiedendo un equilibrio di informazione, ma si era già scatenato a livello politico – probabilmente per colpa nostra – un dibattito che è finito anche in televisione su questi temi. Certo Pag. 11che il contesto è importantissimo, quando vediamo una Rai in cui questi contesti stanno cambiando (chiuso Virus, Giannini ha chiuso ieri sera un po’ in polemica e ci saranno altri spazi) chiediamo che questi spazi abbiano queste garanzie, perché non mi piacerebbe vedere una Littizzetto che in prima serata, smessi i panni della satira, guarda in camera, come è già successo sulle unioni civili e in altre occasioni, e dice la sua guardando negli occhi il telespettatore. Quella e un'operazione d'informazione secondo me sbagliata, che non ha il tipo di tutela che i cittadini chiedono.
  Peraltro la riforma è un argomento non da poco, non è facile, non lo è stato per noi che l'abbiamo affrontata in Aula, lo sarà meno per chi si informa in televisione, con i limiti intrinseci al mezzo. Non voglio vedere contesti in cui un direttore di TG fa comunella con il conduttore dicendo: «cosa devo fare per farla tacere, prenderla a sberle?». È vero che Barbara Lezzi aveva dato del PD 1 a Orfeo, però mi sembrano cose veramente inaudite, e lo direi per una parlamentare di qualsiasi altro partito, non è assolutamente limitato al Movimento 5 Stelle, sono modalità non adeguate al servizio pubblico. Vespa poi ha già una serie di precedenti, quindi mi sembra eccessivo. Serve ridare a noi cittadini prima che politici la garanzia che questi spazi avranno una loro correttezza e un loro prestigio, perché la Rai era – almeno fino ad oggi – anche questo, il prestigio di un'informazione di un certo tipo.
  Non mi fido di Agcom, perché il Presidente Cardani è venuto qua con i dati in tasca, non li ha tirati fuori e dopo venti giorni ha detto «allo schiocco delle vostre dita non posso consegnare i dati» anche se ce li aveva in tasca, mi ha dato dell'escremento, proprio seduto lì al suo posto, purtroppo questa cosa non è uscita sui giornali ma ho il video, quindi non mi fido di Cardani e dell'Agcom. Mi fido però del servizio pubblico e mi fido di voi, mi sembra che la cosa non sia impossibile, ma sia assolutamente alla portata di una grande azienda e di grandi professionisti come ci sono in Rai.

  NICOLA FRATOIANNI. Anch'io intendo essere breve perché di questa questione discutiamo da tempo e il rischio di ripetersi è molto alto. Siamo indubbiamente di fronte a un fatto nuovo rispetto alle norme e agli strumenti regolamentari di cui oggi disponiamo a vario titolo, però siamo anche di fronte a un passaggio di assoluta rilevanza politica e democratica per il Paese (vorrei che questo fosse al centro della discussione). Siamo di fronte a un passaggio di assoluta rilevanza, come ho già detto in Commissione più di una volta, non solo per il merito della questione, perché stiamo parlando della riforma della Costituzione e di una riforma che, come qualche autorevole studioso ha scritto, è in realtà una riscrittura della Costituzione più che una modifica, ma anche per il modo con cui questa riforma e il referendum che dovrà o meno confermarla sono stati impostati e affrontati fin dal primo giorno, prima ancora che questa riforma avesse terminato il suo iter parlamentare, dal modo con cui è stato affrontato questo passaggio da alcune delle più importanti figure istituzionali di questo Paese. Quando il Presidente del Consiglio dei Ministri dichiara a più riprese che, se perde il referendum – cosa naturalmente legittima, non ho niente da obiettare, ognuno fa le sue scelte – si dimette e quindi cade il Governo del Paese, poi ci informa tramite la direzione del partito che a suo parere cade anche il Parlamento, cosa che non è prevista costituzionalmente come tutti sanno, ma è legittimo pensare che quel partito, che ha la maggioranza delle Camere sulla base di una legge elettorale fortemente maggioritaria, possa anche riuscire a farlo, siamo di fronte a un passaggio che, anche per le conseguenze che può produrre e che vanno al di là di quelle contenute nel quesito referendario, ha sul Paese, cioè sulla vita degli italiani e delle italiane, una ricaduta potenziale rilevantissima. Di fronte a questo, la Commissione discuterà e valuteremo se e come produrre atti di indirizzo, strumenti ulteriori, ma c'è un punto politico, e quello che vorrei dal servizio pubblico, dalla Rai, dal consiglio di amministrazione, dalla sua presidente è Pag. 12intanto un atto politico. C'è uno squilibrio? Sì, in tutta evidenza c'è, ce lo dicono i dati che con molta fatica siamo riusciti ad acquisire. È complicato fino in fondo distinguerne le ragioni, che cosa vuol dire nel tempo di notizia? Probabilmente è anche vero che è complicato, ma forse è anche vero che di fronte a dati così eclatanti un problema c'è. Intanto un problema c'è, esiste, è un problema percepito e in qualche modo anche certificato.
  Di fronte a questo chiedo che la Rai e i suoi organismi di direzione e di rappresentanza politicamente più importanti pongano il tema dell'equilibrio, del pluralismo, pongano pubblicamente questo tema. Già questo è un fatto politico rilevante, pone il tema del pluralismo di fronte a questo nodo come un elemento che è al centro dell'attenzione della Rai, della Commissione di vigilanza, del Parlamento e delle istituzioni del Paese. Cercheremo poi di trovare gli strumenti e i meccanismi, se necessario, se non ci sono altre modalità, ma intanto c'è bisogno di rompere quello che rischia altrimenti di diventare nella percezione pubblica niente di più e niente di meno che il solito gioco del teatro della politica, in cui i sostenitori del «no» protestano perché c'è troppo «sì», i sostenitori del «sì» dicono che non è vero. Per l'eccezionalità in cui la situazione si colloca nelle sue modalità e anche per l'eccezionalità di uno squilibrio che continua a pesare nelle sue varie forme, è forse arrivato il momento di segnalare il problema e di prendere posizione.

  MAURIZIO LUPI. Ho apprezzato da parte della presidente non solo l'impostazione che ha voluto dare al tema del pluralismo, ma anche l'introduzione in cui ci ha dato una brevissima panoramica di come si sta evolvendo il lavoro che il consiglio di amministrazione sta svolgendo.
  A questo riguardo mi permetto di fare due semplicissime osservazioni, una proprio per l'indirizzo che avete riguardo al pluralismo, che ritengo debba innanzitutto essere, riprendendo tra l'altro un contenuto che ho letto di un consigliere di amministrazione in un articolo che ha scritto, un pluralismo culturale prima che politico. Vi chiederei quindi per cortesia, proprio per il ruolo che avete, di interrogarvi se i nuovi palinsesti della Rai, che vedono grandi novità e questo vuol dire che è un'azienda che si sta evolvendo, abbiano in sé proprio questa preoccupazione non della spartizione, perché non ci interessa, ma della rappresentazione delle sensibilità culturali che questo Paese ha, perché, siccome siamo uomini, le idee vivono nella testa, nelle gambe e nel cuore degli uomini. È quindi evidente che, se la declinazione dei palinsesti passa attraverso bravissimi e correttissimi professionisti, persone di altissimo livello, ma che in sé non portano questa sensibilità, quella preoccupazione, che si vede solo nei fatti e non può essere ideologica, può venir meno. La richiesta che con forza faccio al consiglio di amministrazione e alla presidente perché è proprio loro compito, è senza alcuno spirito polemico di verificare che questo non solo accada nella riscrittura di una Rai nuova, di una nuova media company, ma sia concretamente evidente.
  Mi ha fatto piacere, perché conosco la presidente e non ha voluto girarci attorno sentire le sue considerazioni riguardo agli ultimi due punti, vedere ridate chances professionali e la trasparenza negli appalti. Troppe polemiche sono apparse sui media e sui giornali nell'ultimo periodo, e ha fatto bene la presidente a dire che su queste cose si vuole andare fino in fondo e dare massima trasparenza. Noi come gruppo parlamentare abbiamo presentato un quesito a tale riguardo e solleciterei l'azienda a rispondere nel merito.
  Terzo punto, il pluralismo in questo periodo. Credo che qui continuare a pensare al passato sia un errore; se ha senso il lavoro che stiamo facendo, il problema è: da oggi in poi qual è il compito fondamentale del servizio pubblico riguardo a una questione fondamentale per il Paese? Forse vado controcorrente rispetto ad alcuni colleghi che sono intervenuti, ma credo che il primo compito del servizio pubblico, prima ancora di garantire il pluralismo e l'equilibrio che è ovviamente necessario – però i dati che ha citato per la Rai, mi sembrano sostanzialmente equilibrati Pag. 13 e il 2 per cento su tutte le ore di trasmissione dice che comunque stiamo parlando di un fenomeno eventuale – sia il compito di informare. Sono preoccupato che, proprio per la politicizzazione che si è data al referendum, i cittadini italiani, che dovranno compiere un atto fondamentale, non siano informati del contenuto, e non a caso c'è una differenza tra la par condicio e il periodo prima della par condicio, perché il periodo prima, per il servizio pubblico, è quello in cui informare sul contenuto di questa riforma, dirla con chiarezza e poi far sapere che ci sono posizioni da una parte o dall'altra. Da dati che anche il nostro gruppo parlamentare fa verificare proprio perché riguarda l'attività del Parlamento, quasi l'80 per cento dei cittadini italiani non conosce il contenuto dalla riforma. Qui è la prima preoccupazione che tutti devono avere, quindi la mia richiesta oggi è che si usino i tempi a disposizione del servizio pubblico, anche riprendendo le considerazioni di Maurizio Gasparri proprio perché siamo in un momento festivo, per permettere di conoscere in maniera oggettiva, come la Rai tra l'altro fa, i contenuti di questa riforma, garantendo l'espressione delle opinioni in un pluralismo che è interesse di tutti. Pur sostenendo il «sì», infatti, ho interesse che sia garantito il pluralismo. Credo che questo sia il tema e anche la funzione della Commissione di vigilanza, altrimenti diventa una sorta di melina che fa comodo a tutti, perché continuiamo a discutere e intanto passa il tempo e arriveremo alla par condicio. Se capissimo invece che è interesse di tutti far conoscere il contenuto, garantire, come è giusto che sia, laddove si interverrà, l'equilibrio delle posizioni, avremmo svolto la nostra funzione, senza irrigidirci su norme e regole che più volte abbiamo detto che dovrebbero essere cambiate, perché tutti noi più volte da una parte e dall'altra abbiamo detto che la legge sulla par condicio nel 2016 è una legge che non funziona ed è antiquata, perché non tiene conto dell'evoluzione dei nuovi media, perché stiamo parlando di un pezzetto ma vorrei sapere in tutto il resto della comunicazione che passa in altri canali dove stiamo andando, quale preoccupazione ci sia e come venga garantito. Non c'è infatti una legge che incanali quel tipo di comunicazione, perché siamo in una comunicazione diversa.
  Queste sono le questioni che le pongo e a cui teniamo in particolare come gruppo, ringraziandovi del lavoro che fate state facendo e anche della disponibilità che ci avete dato, perché mi sembra che questo distingua anche il ruolo del manager o direttore generale, e presidente e consiglio di amministrazione che devono rivendicare con forza il proprio.

  GUELFO GUELFI. Ringrazio il presidente e mi scuso con tutti ma ho impegni di lavoro a cui non potevo dire di no, visto che sono un pensionato e non di quelli d'oro, perché altrimenti mi sarei potuto trattenere molto più a lungo, invece sono un pensionato come in Italia ce ne sono milioni, come mia sorella che ha fatto l'insegnante per cinquant'anni, quindi chiedo scusa al presidente e a tutti voi ma dovrò lasciarvi e quindi sarò molto veloce.
  Mi sarebbe piaciuto (mi propongo per la mia prossima vita) andare a cercare i voti, perché con i voti ci si può esprimere come vi siete espressi tutti voi. Io non ho voti, ho una funzione, sono stato da voi eletto per svolgere quella funzione e non possiamo discutere alla pari, con la libertà di entrare nel merito, nella coloratura, nella qualità della politica; sono un consigliere di amministrazione che voi avete eletto. Il tema dell'equilibrio che ci viene richiesto ce lo siamo posti, e qui garantiamo a tutti voi ce lo poniamo tutti i giorni, basta andare a vedere i due documenti sui quali volendo ci potremo confrontare, i documenti dei palinsesti appena presentati a Milano che portano, come ricordava bene la presidente poco fa, un'innovazione in media del 30 per cento sull'assetto di programmi e un'innovazione del 43,8 per cento su Rai3 vuol dire porsi il tema dell'equilibrio, ma l'equilibrio di che? Forse è questo che non abbiamo collimato.
  Il mio equilibrio è quello del servizio che devo svolgere per la società che mi circonda e per la quale mi chiamo azienda pubblica, che deve declinare il ruolo dell'azienda pubblica fino al concetto di pubblica Pag. 14 utilità, cioè non solo azienda pubblica che spende bene, qualora lo facesse bene, che è imparziale, qualora fosse imparziale, ma di pubblica utilità, qualcosa che va oltre la definizione della missione, perché raggiunge un risultato, soddisfa, paga, forma, porta contenuti all'attenzione di tutti i cittadini che stanno intorno.
  Relativamente alle cose che ho sentito con grande curiosità, attenzione, rispetto, se mi posso permettere: non è che davanti a una certa data o a un certo punto si determina un'esigenza nuova, no, noi abbiamo già l'esigenza di confrontarci, di dircela tutta, di portare le ragioni a competere, perché la partita in gioco è l'assetto del nostro Paese, è la più grande riforma dal dopoguerra ad oggi.
  Se i costituenti ci misero quegli sforzi e poi ci fu il referendum e poi c'è stata la ricostruzione e l'Italia che a mano a mano i miei genitori hanno abitato e poi noi a seguire, se questo è il dato, di questo dato ancora una volta dovremmo sentire il richiamo al senso della responsabilità dell'occasione e, invece che soffrirne, potremmo profittarne; non sono così convinto che il tema sia la regolamentazione, il peso e le misure delle sigle politiche che dovranno confrontarsi. Quello che ci deve preoccupare è la messa in evidenza dei contenuti che ci stiamo giocando, che sono presenti nella storia del Paese fin dal 1948, fin da allora. Il dibattito costituzionale già conteneva elementi di riflessione sulla possibilità di questa Costituzione di aderire in forme diverse ai tempi diversi che si sarebbero formati, e non importa fare «a chi la dice prima», un gioco che facevo da bambino, lo possiamo dire tranquillamente tutti insieme, la prima e la seconda parte della Costituzione sono due parti che hanno un peso, un ruolo, una funzione completamente diversi. Avrei voluto prendere voti per poter esprimere ancora più profondamente la mia posizione su queste cose. Vorrei dire però che c'è un dato, introdotto anche da alcuni di voi, che mi ha colpito, il fatto di rilevare che il 53 per cento dell'informazione di cui si va a fruire è prodotta dalla stampa e dalla televisione, solo il 53 per cento. Sembra un grande numero ma, se si paragona al 47 per cento che si forma a partire dai social, da internet, dalle attività diverse, vediamo che sta incalzando, che si sta presentando sul mondo della formazione delle idee un mondo in cui i regolamenti contano poco, casomai contano le presenze. Ho sempre detto che non sono uno che chiuderebbe alcune cose, sono uno che ne aprirebbe altre, e la competizione fra le cose aperte e le cose che qualcuno pretenderebbe di chiudere deve determinare il tempo nuovo, quella cosa che a me piace pensare andando a ripescare nella mia formazione di geometra, quindi, se vi è un dibattito dei filosofi che stanno intorno alla porta e uno dice che è troppo larga elencando tutti i motivi e l'altro dice che è troppo stretta, il geometra dice che quella porta è 1 metro e 60, poi ci sarà da motivare se sia sufficiente o insufficiente o adeguata alla domanda.
  Penso quindi che un maggior attaccamento al merito lo dobbiamo e possiamo condividere, e da noi c'è attesa perché lo si condivida. Noi siamo il consiglio d'amministrazione, cari onorevoli che mi avete offerto questa possibilità che anche gratis svolgo volentieri e ritengo una fortuna poter entrare in queste stanze e parlare a pochi metri l'uno dall'altro, oggi possiamo cogliere insieme l'occasione, e la mossa perché questa occasione venga colta non sta nel consiglio di amministrazione, sta nella vostra potenziale possibilità.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Voglio ringraziare la presidente Maggioni per la presenza oggi con i membri del consiglio di amministrazione e per la panoramica complessiva che ci ha fatto all'inizio e anche perché, trattandosi di dati controversi (credo che questo sia un elemento chiaro a questa Commissione dopo la lunga discussione che abbiamo fatto), la presidente poteva anche decidere, a fronte di dati controversi, di non farsi capire. La presidente ha invece deciso di farsi capire e di questo la ringrazio, e in altra occasione i dati presentati erano stati definiti grezzi nel momento in cui ci sono stati trasmessi e se ne è discusso, oggi la presidente ha fatto riferimenti a dati non statisticamente rilevanti. Su questo mi trovo d'accordo, ho Pag. 15avuto occasione di dirlo anche in altre audizioni, innanzitutto perché non sono dati aggregabili, rilevati in periodo di par condicio in riferimento alle elezioni amministrative, non sono ancora depositati i quesiti, convocato il referendum, quindi non sono neppure presentati in maniera ufficiale i comitati a sostegno del «sì» e del «no», vengono rilevate le singole forze politiche, ognuna delle quali sceglie di cosa parlare, i temi di attualità generale che scelgono attengono alla forza politica e al singolo esponente a cui viene rivolta una domanda nel periodo rilevato.
  Peraltro soggetti politici che hanno al proprio interno anche posizioni diverse, laddove il presidente Brunetta ha citato il presidente D'Alema che intervistato in merito del referendum ha espresso posizioni del «no», mentre qui il soggetto politico nel quale viene conteggiato il presidente D'Alema è il Partito Democratico, quindi per il «sì».
  Ho riguardato il resoconto dalla scorsa audizione in cui sono intervenuto in dettaglio rispetto ai dati della Geca e mi sento di riconsegnarne il testo, anche perché ho sentito colleghi che ci sono ritornati anche in maniera puntuale. Si può anche fare un passo in avanti tutti quanti, e oggi forse il passo in avanti si fa leggendo le tabelle che ci sono state presentate e che, al netto di tutte le considerazioni che qui ho richiamato, ci dicono che nel periodo rilevato 20 aprile-8 giugno si rileva – con tutti i limiti del caso – un sostanziale equilibrio per quanto riguarda la Rai.
  Delle altre tv private Brunetta ha chiesto i dati e li vedremo come elemento di cultura generale, perché siamo la Commissione di vigilanza sulla concessionaria del servizio pubblico, ci occupiamo di Rai e qui c'è scritto che la Rai è in una situazione di sostanziale equilibro, quindi questo è forse il passo in avanti che oggi possiamo fare tutti quanti, sapendo che quando si fanno i rilevamenti anche il riequilibro che è stato richiamato viene fatto su periodi più lunghi.
  La seconda questione sollevata dal presidente che voglio richiamare è sull'impegno del servizio pubblico, che, come diceva il collega Lupi, è innanzitutto spiegare i contenuti. Forse su questo però tutti dovremmo prestare maggiore attenzione e rivolgere una richiesta in questo senso alla Rai, anche se è già negli impegni che oggi sono stati presentati. Innanzitutto servizio pubblico è spiegare nel merito, nel dettaglio, consentire la formazione di una libera opinione da parte dei cittadini, poi certo rappresentare le posizioni in riferimento al quesito nel pieno rispetto del pluralismo.
  Altre due questioni sono state sollevate da alcuni colleghi con cui intendo interloquire. Il presidente Brunetta faceva riferimento alle parole della Presidente Boldrini ieri alla relazione annuale sull'Agcom e alla sua iniziativa in ragione della lettera ricevuta, così come dal Presidente del Senato, dal professor Pace del Comitato per il no, che chiedeva che venisse dato spazio alla raccolta delle firme. Abbiamo ricevuto questa lettera e ci siamo attivati come Commissione, tanto che questa audizione così come l'audizione dell'Agcom è all'interno dell'iniziativa che abbiamo assunto istituzionalmente come Commissione. Peraltro abbiamo già convocato un'altra riunione dell'Ufficio di presidenza, mi rendo conto che non tutti i colleghi sono presenti nell'Ufficio di Presidenza, però ogni gruppo ha un rappresentante che può dare conto anche delle discussioni, delle decisioni e del modo di portare avanti i lavori della Commissione. Sempre in riferimento alla giornata di ieri e alla relazione annuale dell'Autorità garante delle comunicazioni il presidente Gasparri faceva riferimento alle parole del presidente Cardani in merito al dibattito sulla par condicio. Che il presidente Gasparri sia contro la legge sulla par condicio non è esattamente una novità, è un dibattito che si è protratto per anni e che legittimamente si può riprodurre nel Parlamento, ovviamente parlando di par condicio si dovrebbe parlare anche di conflitto di interessi, tutte cose che conosciamo ed è interessante richiamare.
  È interessante rilevare che l'atto cui si fa riferimento è quello che aveva prodotto l'Agcom, su cui eravamo chiamati a esprimere un parere ed ero stato designato come relatore, atto che prevedeva l'estensione della par condicio anche fuori dal Pag. 16periodo elettorale. Questo è quello a cui fa riferimento Gasparri, che è contro la par condicio, però ritiene che si debba estendere anche fuori dalla campagna elettorale. Le do anche un'altra informazione, presidente Gasparri: quell'atto dell'Agcom è decaduto nel momento in cui, a fronte di ricorsi del suo collega seduto a fianco a lei, ci sono state delle sentenze per cui l'Agcom ha ritirato quell'atto, tanto che sono decaduto da relatore di quel parere. Di questo stiamo parlando, avendo tra l'altro seguito tutto il percorso delle audizioni possiamo anche ricordare gli argomenti degli auditi in riferimento alle difficoltà che implicava quell'estensione, ma in ogni caso il dato è che siamo in attesa di conoscere dall'Agcom come intenda procedere, se con un altro atto o altrimenti, però quando si fa riferimento ad atti del Parlamento facciamo riferimento a questo.
  L'ho voluto richiamare soltanto perché secondo me nel lavoro di questa Commissione ci vorrebbe da parte di tutti i commissari la piena consapevolezza del percorso di questa Commissione, delle competenze e delle attribuzioni, cercando per quanto possibile di lasciare la strumentalità politica fuori. Tutti i giorni ci confrontiamo sulle agenzie, l'abbiamo fatto tante volte in Commissione e lo faremo ancora, però forse, se si vuol fare un passo in avanti, è bene tenere la strumentalità politica fuori da questa discussione di così grande rilievo.

  PINO PISICCHIO. Ringrazio la presidente della Rai, il consiglio di amministrazione e tutti i membri pensionati e non pensionati. Questo dibattito somiglia molto a un'epigrafe che veniva posta sempre nei rogiti notarili all'apparire dell'anno 1000, c'era sempre un incipit «appropinquante fine mundi», per l'impianto millenaristico all'epoca in voga, dunque oggi la data è il referendum, il terminus è quello, la politica italiana e l'intero dibattito pubblico sembrano incagliati all'interno di questo appropinquante fine mundi. In realtà così non è, perché abbiamo visto come questa nostra politica ansiogena negli ultimi tempi abbia dovuto rivedere la sua agenda. Stiamo immaginando una scadenza che si trova in un punto incerto tra la metà di ottobre e il 18 dicembre, quindi siamo all'interno di uno spazio temporale piuttosto ampio, e vorrei fare una scommessa con buone probabilità di vincerla: avremo nel prossimo tempo meno sensibilità su questo tema, salvo poi riproporsi quando magari sarà scattata già la par condicio.
  Potrei anche finire qui proponendo di consegnare un warning alla sapienza della presidente e del consiglio di amministrazione, un'attenzione alla misura cercando di portare avanti un percorso dialogico che sia il più possibile articolato, ma vorrei anche fare una proposta, perché c'è un tema che è stato ben posto da più di un collega, da Gasparri, da Brunetta, da Lupi e da ultimo da Peluffo. Il ruolo della Rai in questa vicenda del referendum costituzionale è un ruolo straordinariamente importante, perché l'attingimento dell'informazione su questo tema può essere devoluto persino alle istituzioni scolastiche, ma chi lo realizza in modo più compiuto è sicuramente la Rai, e mi pare che a raccontarla meglio non siamo certamente noi politici. Noi siamo quelli che, radicalizzando lo schema, lo portiamo fuori dalle categorie dialogiche e lo immettiamo nelle categorie dialettiche e anche conflittuali, con il risultato di porre il solito schema, perché in Italia credo sia stato fatto un solo referendum con riferimento ai meriti, il referendum monarchia/repubblica perché la democrazia si chiamò fuori dicendo di votare come si voleva, per il resto i referendum hanno avuto un contenuto del tutto diverso dal merito, lo scontro tra opinioni politiche e dunque con riferimento al conflitto tra antagonisti. Per evitare che accada di nuovo questo, perché sono d'accordo con tutti i colleghi intervenuti nel riconoscere che il merito è fondamentale, chiederei alla Rai di fare uno sforzo: perché non immaginare un contenitore che faccia lezioni sulla riforma della Costituzione, che può attingere direttamente dai numerosi costituzionalisti che si sono schierati sull'una o sull'altra parte dello schieramento, moratoria assoluta nei confronti dei politici che non ci devono essere, salvo quando poi interviene la par condicio e ritornano ad Pag. 17esserci, come è giusto che sia. Stiamo parlando di un tempo intermedio che non ha una certezza di termini, la mia opinione è che in questo tempo ci sarà un forte ridimensionamento del tenore del conflitto, quindi devolviamo questo compito pedagogico a chi lo fa per mestiere, forse saremo nelle condizioni di offrire alla pubblica opinione un contenuto di informazione più completo.

  AUGUSTO MINZOLINI. Vorrei dare più che altro dei suggerimenti, perché rimango un po'perplesso. La prima cosa su cui si deve essere anche abbastanza chiari con un po’ di solidarietà al consiglio di amministrazione è che stiamo rigettando su di voi le contraddizioni e i paradossi di questa Commissione.
  Questa cosa si poteva tranquillamente risolvere (lo sa il presidente che ne è testimone) attenzionando i vertici Rai sulla scadenza che abbiamo di fronte. Dalla scadenza del referendum (non sono io a parlare, ma lo dice il premier) dipende l'esistenza del Governo e di questo Parlamento, cioè è una scadenza squisitamente politica, caro Peluffo. Se quindi avessimo già richiamato un minimo l'attenzione sul fatto che l'argomento che state utilizzando non è un argomento qualsiasi, ma un argomento da cui dipende il futuro del Paese, sarebbe stato già un primo atto che mi avrebbe in ogni caso soddisfatto, cosa che invece per un atteggiamento abbastanza tetragono da parte del PD non è stato fatto.
  A parte questo, entrando nel merito, il discorso che faceva Brunetta è giustissimo, non possiamo ragionare sul referendum come se fossero elezioni politiche, perché per alcuni versi l'intervento e la possibilità di condizionare un orientamento da parte delle televisioni come dei giornali è maggiore, perché hai non dieci scelte, ma solo due, sì o no, dato su cui dovremmo ragionare dal punto di vista della comunicazione.
  Secondo problema: è importante non tanto la «tribuna politica» quanto invece il messaggio subliminale. Si faceva giustamente l'esempio di Benigni, che poi è stato preso, rivoltato e portato a dire una cosa opposta a quella che aveva detto tanti anni fa, ma io faccio un altro esempio: come è stata conteggiata l'intervista di Napolitano da Fazio, un'intervista che il giorno dopo è apparsa su tutti i giornali come appello di Napolitano a votare «sì»? Questo è il problema che dobbiamo affrontare, se vogliamo dare un'idea chiara dell'appuntamento che abbiamo di fronte.
  Altro problema: sono d'accordo che bisogna spiegarlo, ma spiegarlo non è un elemento neutro, come spieghi il referendum che cambia, perché tutti hanno loro argomenti, quindi immaginare che ci sia la capacità di dare una spiegazione neutra secondo me è un modo di dire che dal punto di vista retorico può star bene, ma dal punto di vista reale e sostanziale non è così. Ci vorrebbe una maggiore attenzione e cominciare a ragionare del fatto che si tratta di una scadenza importante, per cui ci deve essere spazio da una parte e dall'altra, e riprendo un discorso del passato ma in termini estremamente costruttivi. La prima volta la presidente ha evidenziato un problema di visione plurale, ma qui dobbiamo garantire una pluralità di visioni rispetto a questi argomenti ma rispetto anche alla Rai. Non voglio fare polemica, ma tutti i nomi che si sono fatti e che sono poi entrati nei palinsesti, ottime persone che stimo, avevano però un elemento discriminante, che era proprio l'atteggiamento rispetto a questa scadenza.
  Avete immaginato Giuliano Ferrara, persona che stimo, però, nell'andare a prendere un'altra persona in un'altra visione in un'altra cultura, l'avete preso in quella logica, e questo secondo me, indipendentemente dal fatto che la mia congettura sia sbagliata o meno, una Rai che ha cambiato la governance tale problema se lo dovrebbe porre, perché da questo punto di vista non è un problema soltanto reale, ma è anche una questione d'immagine, perché in ogni caso uno è portato in termini quasi logici ad immaginare una cosa di questo tipo. Sono d'accordo con le provocazioni fatte da Diaconale oggi su Il giornale perché non ho capito perché in uno schema del genere non possa esserci un personaggio come Travaglio, che pure ha una visione diversa, o un altro dall'altra parte. Questa cosa nel tipo di offerta fatta Pag. 18dalla Rai non c'è, e la Rai si deve porre il problema perché è inutile che ragioniamo su meccanismi estremamente burocratici che non affascinano nessuno, però il punto essenziale – state attenti – è che questo è un referendum importante, che si può svolgere solo sulla Costituzione, ma anche sull'informazione.

  LELLO CIAMPOLILLO. Molto interessante nella sua introduzione il suo riferimento alle tecnologie che la Rai sta applicando, lo streaming, una piattaforma che è riuscita a reggere più di un milione di contatti contemporanei, e questo è molto importante perché significa che stiamo andando nella direzione giusta, quindi app e addirittura realtà virtuale per le prossime Olimpiadi. Questo è molto interessante però, come ho avuto già modo di ricordare al direttore Campo Dall'Orto la scorsa volta, l'Italia per libertà di informazione è al settantasettesimo posto, e in quell'occasione avevo citato alcuni casi eclatanti della trasmissione di Rai 3 Agorà, in cui addirittura c'era un grafico completamente rimaneggiato, che ho definito un trucco cinematografico, dove un sondaggio con il risultato chiaramente contrario al Presidente del Consiglio dichiarava esattamente l'opposto e quindi era fuorviante per chi lo vedeva da casa.
  Dopo quel caso, quando ci siamo avvicinati al ballottaggio sui sindaci di Roma c'erano due interviste ai due candidati al ballottaggio, una aveva l'audio perfetto e l'altra aveva l'audio completamente inascoltabile, lascio a voi immaginare in quale intervista l'audio fosse inascoltabile!
  Visto che siamo settantasettesimi nel mondo per libertà di informazione (al ventiseiesimo posto c'è il Ghana), la settimana scorsa in parecchi TG della Rai e giovedì scorso nella sessione estiva del programma La vita in diretta c'è stata questa notizia, rilanciata non solo dalla Rai, ma anche da altre testate tv e radio, che parlava di una bambina vegana finita in rianimazione. Ci sono stati venti minuti o più nella puntata di Estate in diretta dove è andata in onda per tutto il tempo del servizio «la bimba ricoverata per dieta vegana all'ospedale per carenza allarmante di vitamine». Questa notizia è falsa, l'avete anche rilanciata nei TG, ma l'ho smascherata in pochi secondi perché proprio quella mattina di mercoledì, mentre si diffondeva sui social network e in tv, ho fatto la cosa più semplice di questo mondo, ho chiamato il direttore della direzione sanitaria e gli ho chiesto lumi. In realtà, prima avevo parlato con i medici della rianimazione, che mi avevano detto di non poter affermare che la bambina fosse arrivata in ospedale per problemi legati alla dieta vegana. Ho poi parlato con il direttore sanitario che aveva con sé la relazione di 5-6 pagine che gli avevano consegnato i medici della rianimazione e altri medici del reparto di pediatria, e dalle prime informazioni che stava leggendo la bambina aveva assunto del parmigiano durante lo svezzamento e mi risulta che il parmigiano sia reggiano e non vegano, il che vuol dire che la bambina sicuramente non era vegana, però voi avete dato questa notizia e quando è intervenuto il dottor Del Buono in quel servizio era in imbarazzo e ha parlato di «dieta vegana non corretta», il che significa che non è una dieta vegana, in cui non si assumono proteine animali. La notizia che avete dato per venti minuti e poi anche nei TG non è quindi vera, bastava fare la domanda precisa, che ho voluto porre chiamando personalmente perché ero certo, in quanto ad oggi non esistono casi di bambini vegani che finiscono in ospedale, o meglio tutti i casi che leggiamo o ascoltiamo in televisione sono falsi.
  Cito l'esempio del caso del 15 ottobre scorso, bambino vegano ricoverato a Belluno in gravi condizioni, per cui ho chiamato anche in quel caso la direzione sanitaria e il direttore medico della direzione sanitaria dell'ospedale di Belluno mi ha chiarito che il bambino...

  PRESIDENTE. Senatore Gasparri, si segga, il consiglio di amministrazione è garante anche del pluralismo dell'informazione, quindi la domanda è consentita, decido io.

  LELLO CIAMPOLILLO. Grazie, presidente. Anche il caso di Belluno era falso e Pag. 19non esistono ad oggi casi reali accertati e documentati di bambini che siano stati male e siano finiti in rianimazione a causa della dieta. Non capisco perché anche la Rai abbia questa necessità di etichettare le persone, che possono avere delle malattie, possono avere delle tendenze come gli etero o gli omosessuali, ma non sono persone omosessuali, non sono persone cardiopatiche, sono «persone» che possono avere pregi e difetti, qualità e malattie, quindi etichettare e soprattutto terrorizzare eventuali mamme che abbiano scelto per sé e per i propri figli una dieta che elimina le proteine animali, rincorrere questa caccia alle streghe mi sembra un servizio che la Rai non deve e non può fare. Le chiedo quindi di andare a verificare questo video che dura venti minuti e di ascoltare con le sue orecchie il tipo di disinformazione che ha fatto Rai 1 con Estate in diretta giovedì scorso. Per parlare di corretta informazione e di servizio pubblico sarebbe opportuno verificare le notizie prima di darle su un canale importante come Rai 1.

  FRANCESCO VERDUCCI. Voglio innanzitutto ringraziare la presidente Maggioni e i membri del Consiglio di amministrazione della Rai per questa audizione, che ai fini del nostro lavoro di Commissione di vigilanza considero non solo molto completa, ma anche risolutiva del dibattito che abbiamo avuto. Dirò anche, caro presidente, visto che vuole interloquire, che siamo stati tra quelli che non solo non hanno avuto alcun atteggiamento reticente su questa materia, ma hanno voluto che il dibattito su questa materia con le audizioni del presidente del collegio dell'Agcom, del presidente del consiglio di amministrazione della Rai venissero incardinate sui giusti binari, quelli che prevedono le prerogative normative e legislative e non altre, che invece si possono prestare, come si evince chiaramente dal dibattito di oggi, a forzature e strumentalità politiche.
  Ringrazio quindi la presidente Maggioni e devo dire che la sua chiarezza sui dati aiuta assolutamente il nostro lavoro. Come Commissione di vigilanza dobbiamo pretendere che la Rai dia un'informazione che è il cuore del servizio pubblico, che sia quanto più equilibrata, quanto più plurale, quanto più imparziale. I dati che qui ci sono stati forniti dicono che questo mandato è stato assolto con assoluta completezza, tanto che i dati parlano di equilibrio, di pluralismo, di imparzialità. Dobbiamo anche garantire con il nostro atteggiamento, limitando una serie di intemperanze, che la Rai possa assolvere al suo ruolo di servizio pubblico con la necessaria autonomia. Dovremmo ricordarlo soprattutto qui in Commissione vigilanza. Da questo punto di vista si tratta di un'audizione che è in linea con le parole del Presidente Cardani di Agcom. Voglio dire di più: se dovessimo raggruppare i dati di Agcom dal 30 aprile al 6 giugno, vedremmo come il tempo dedicato alle forze politiche che in linea teorica dovrebbero sostenere il «sì» al referendum – quando ci sarà, perché non è ancora convocato – è molto inferiore a quello delle forze che in teoria dovrebbero sostenere il «no», 32 a 47 per cento, ma sappiamo che all'interno delle singole forze la discussione è tutta aperta, tanto che ad esempio il Partito Democratico, la forza maggiore tra quelle che siedono in Parlamento, ha al suo interno un dibattito talmente acceso che esponenti autorevolissimi di quel partito, che vanno molto anche in televisione e comunque nei media, sono apertamente a favore del «no» al referendum.
  Detto questo primo punto di assoluta utilità, voglio arrivare a un secondo punto tutto politico, che riguarda il nostro dibattito. Prendo a pretesto l'intervento di Brunetta a proposito della serata del 2 giugno e della trasmissione sulla Costituzione fatta da Roberto Benigni. Intanto il primo punto conferma la mia opinione su quanto le polemiche fatte in queste settimane da Brunetta, da Gasparri, dal presidente Fico sull'occupazione della Rai, sulla forzatura che c'è stata a favore del «sì» al referendum siano assolutamente pretestuose e strumentali. Utilizzo la polemica di Brunetta su quella trasmissione televisiva. A mio avviso la serata del 2 giugno è stata esemplare: parliamo anche in questa sede di un distacco enorme tra i cittadini e le istituzioni, tra i Pag. 20cittadini e la politica, e sappiamo che è molto complicato far appassionare i nostri concittadini alla nostra Carta fondamentale, ma il 2 giugno abbiamo vissuto una serata televisiva in cui con grande passione abbiamo riattivato anche un sentimento di partecipazione dei cittadini italiani nei confronti della nostra Carta costituzionale, la sera della nostra festa della Repubblica. In quella trasmissione non si è parlato affatto di «sì» o di «no», non si è parlato di referendum, ma si è parlato di Carta costituzionale e si è detta una cosa lapalissiana, che tutte le forze politiche hanno nel loro DNA, cioè che la nostra Costituzione e soprattutto la seconda parte della nostra Costituzione può essere modificata, tanto che tutte le forze politiche nell'arco di questi anni hanno provato a modificare la seconda parte della Costituzione. Il collega Brunetta sa perfettamente che questo è stato fatto tra il 2005 e il 2006 dall'allora maggioranza di Governo, tanto che nel 2006 abbiamo anche tenuto un referendum su quelle modifiche.
  Questa nostra legislatura si è aperta con l'elezione del Presidente Napolitano, che ha vincolato la sua rielezione ad alcune modifiche costituzionali e alla modifica della legge elettorale, quindi abbiamo avuto questo tema tutto politico come tema cardine di questa legislatura, non dell'ultimo mese o degli ultimi due mesi, di tutta la legislatura, per cui non il tema referendum ma il tema riforma costituzionale deve essere politicamente un tema notiziabile, perché è il tema cardine di questa legislatura, del dibattito tra le forze politiche, del tempo speso dai parlamentari nel loro lavoro. Mi fa specie quindi che la presidente Maggioni dica che su 986 ore solamente 22 ore siano state dedicate a un tema del genere, il 2 per cento del tempo di parola.
  È infine evidente che nel momento in cui è fatto salvo il pluralismo, è fatta salva l'imparzialità, per il resto vale la legge e tutti noi dobbiamo rispettare le leggi e le normative vigenti. Se dobbiamo aprire un dibattito sulla par condicio (il collega Lupi ha organizzato tempo fa un bel convegno in cui ne abbiamo discusso e in Commissione, quando ero relatore e abbiamo approvato il regolamento sulle elezioni, ci ha chiesto se non fosse tempo di rivedere la normativa sulla par condicio), sono disponibile a discutere di qualunque cosa, se ampliare questa par condicio affinché duri per dodici mesi, o rivederla. Non possiamo però far finta che non ci siano regolamenti e leggi a cui attenerci e non possiamo far finta di sapere che, nel momento in cui ci sono pluralismo e imparzialità, ogni politico e partito politico vuole utilizzare il tempo che ha a disposizione e che spesso vale molto di più ai fini della formazione dell'opinione pubblica come viene utilizzato il tempo speso sulla immigrazione, quanto se ne parla, come se ne parla, in quali termini, come viene utilizzato il tempo speso su reddito di cittadinanza o sulla riforma costituzionale. Ogni partito fa la sua parte e verrà premiato dagli elettori anche in base al tempo che utilizza sui vari argomenti.
  Tutto il resto mi sembra che sia strumentalità e forzatura politica. Chiudo dicendo che ha ragione il collega Lupi quando chiede (mi unisco a questa richiesta formulata anche dal collega Pisicchio) alla presidente Maggioni che la Rai abbia la forza di raccontare la nostra Costituzione, le ipotesi di riforma che sono in campo, ma anche quelle che ci sono state in questi sessant'anni, perché sarebbe davvero utile alla formazione di un'opinione matura e consapevole.

  PRESIDENTE. Come consiglio di amministrazione siete ancorati prima di tutto al contratto di servizio e poi alla legge ordinaria. Lo dico perché anche la richiesta rispetto alla Commissione di vigilanza di intervenire con un atto generale di indirizzo in questo periodo che non sarebbe normato è una richiesta legittima, che però trovo sbagliata perché credo che abbiate tutte le caratteristiche dal punto di vista legislativo e da contratto di servizio per essere garanti del pluralismo dell'informazione, della realtà dell'informazione, dell'obiettività e di tutto ciò che afferisce all'informazione pubblica, che deve informare i cittadini che pagano il canone.
  Non voglio andare in logiche complicate, perché quando si riportano le cose alla semplicità è chiara l'azione che va fatta, che per me è il rispetto come consiglio Pag. 21 di amministrazione del contratto di servizio, motivo per cui sedete ai vertici della Rai. Penso che meno leggi siano sempre benvenute, perché significa che la responsabilità civile e collettiva sulle cose è molto alta. Anche la par condicio nasce perché non veniva rispettato niente in questo Paese rispetto al pluralismo dell'informazione, perché vivevamo un periodo particolare. Se quindi le leggi nascono perché il Paese non funziona, non va più bene.
  Credo che in questo momento come consiglio di amministrazione siate perfettamente in grado di far funzionare il pluralismo dell'informazione in Rai, perché avete tutti gli strumenti per farlo, quindi vi chiedo questo, che è una condizione fondamentale, mentre considero tutto il resto un esercizio di stile che in questo momento non mi interessa. Mi interessa fondamentalmente che sentiate dentro di voi l'importanza di essere consiglieri di amministrazione della Rai e di rispettare e far rispettare il pluralismo all'interno della Rai. Troppo spesso si verificano situazioni scandalose e ho trovato bruttissimo il teatrino che c'è stato tra il direttore del TG 1 Orfeo e Vespa, perché nel momento in cui il direttore del TG 1 va in una trasmissione come Porta a Porta e si mette a fare un dibattito politico, come politico quasi viene attaccato perché si trova sullo stesso piano, non è più su un piano esterno, dove è il direttore del TG 1 e dice la sua. Comportamenti di questo tipo sono censurabili in Rai e il consiglio di amministrazione ha il dovere di far sì che la Rai sia sempre più autorevole nelle persone che la rappresentano e che conducono e nei giornalisti che devono corrispondere a una grandissima deontologia professionale, perché credo alla deontologia delle varie professioni e quindi anche del giornalismo.
  Il punto cardine è qui, perché possiamo fare tutte le leggi del mondo, ma si può essere poi scorretti nella deontologia professionale, un po'come il giuramento di Ippocrate per il medico, laddove ogni medico può salvare una vita così come può avere poca attenzione e causare la morte di una persona. È dentro di sé che si devono trovare le risposte al ruolo e a ciò che si fa, ed è quello che secondo me questo consiglio di amministrazione ha il dovere di fare, perché è ancorato al contratto di servizio, alla concessione che lo Stato dà alla Rai e alla legge ordinaria.
  È questo che spero, che pretendo, che voglio come persona, come presidente di Commissione, come cittadino che paga il canone.
  Un altro punto: il dato è che oggi l'Agcom fa un richiamo alla Rai, in cui invita a trattare la questione referendaria e quindi i temi della Costituzione in modo molto attento e plurale, l'Agcom è un'Autorità indipendente che controlla e sanziona. Le sanzioni vengono dai dati e quindi l'Agcom fa un bando e paga triennalmente una società svariati milioni di euro per avere quei dati. Se quei dati vengono contestati, ed è legittimo contestare i dati e il modo in cui vengono rilevati, significa che la Geca non può più vincere il bando perché fornisce dati inattendibili. Dati che dicono che il tempo di notizia è così squilibrato non contano niente, quindi, se non contano niente, l'Agcom su che dati lavora? La Rai paga l'Osservatorio di Pavia per avere dei dati, però non sono quelli su cui la Rai viene sanzionata, l'Agcom fa un bando e vince la Geca e ci sono altri dati, su cui la Rai può essere sanzionata, ma l'Osservatorio di Pavia dichiara che questi dati non vanno bene perché ci sono altre rilevazioni, quindi è chiaro che si crea un caos totale. Per uscire dal caos il consiglio di amministrazione deve assumersi la responsabilità di gestire bene un processo oggi fondamentale per il Paese, che è il referendum costituzionale. Voi avete questa responsabilità e, a scalare, tutti i giornalisti del servizio pubblico, e dovete trovare le forme adeguate per riuscire a rispettare in pieno il vostro mandato, che non è scritto esclusivamente su un foglio, ma è scritto dentro di voi, in quello che siete e in quello che fate, nel senso delle cose, sempre come, quando e perché si fanno. Se si perde questo, si è perso tutto e si può scrivere e fare qualsiasi atto di indirizzo, ma non risolve la questione in sé stessa, visto che tante leggi sono scritte ma tante cose non si fanno.

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  MICHELE ANZALDI. Sull'ordine dei lavori vorrei solo fare un richiamo. Lei sa quanto la stimi, presidente, e quanto apprezzi il suo lavoro, però sinceramente mi turba il fatto che gli interventi dei colleghi vengano definiti esercizio di stile. Noi che abbiamo il potere di convocare Vespa o il direttore del TG 1 facciamo un Ufficio di Presidenza e convochiamoli, però esprimere giudizi su persone stimate, che hanno un ruolo fondamentale nell'informazione Rai senza che siano presenti mi pare grave. Alla luce di quanto stimo il suo lavoro vorrei caldeggiare il fatto di stare più attento soprattutto in questi interventi dove lei ha un ruolo di garanzia. Al termine di un'audizione che è stata abbastanza serena con qualche leggera inflessione e che si è basata sino adesso sui dati: io sarei rimasto sui dati.

  PRESIDENTE. Perfetto, però l'esercizio di stile non era riferito all'intervento di un collega.

  RITA BORIONI, consigliere di amministrazione della Rai. Ringrazio tutti, ringrazio molto la presidente per aver esposto una serie di punti che mi vedono completamente d'accordo.
  Credo che il tema dell'informazione dei cittadini sia consustanziale al ruolo del servizio pubblico, come dimostrano i tre famosi punti della nascente BBC, poi si interpongono un'altra serie di questioni e la creazione dell'opinione oggi avviene soltanto attraverso la televisione? No, ci sono altri media e anche la Rai non è più soltanto televisione o radio, ma, trattandosi di una media company che come tutto quello che accade nella rete è on demand, si vanno a cercare determinate cose anche nei siti del servizio pubblico. Trovo interessante chiederci come si fa a informare su un argomento così difficile, però come chiunque di noi si sia trovato anche incidentalmente in cattedra – ho insegnato Legislazione dei beni culturali per nove anni della mia vita – c'erano leggi che non mi entusiasmavano e altre che mi piacevano di più, però raccontavo come fosse nata la legge, quindi quale fosse la fonte normativa, quali fossero le conseguenze.
  Questo è il racconto della norma, i punti di vista ci sono e quando spiegavo ai miei studenti che l'articolo 9 della Costituzione dice che la Repubblica tutela il patrimonio storico-artistico, spiegavo che in fondo la tutela da parte dello Stato è del tutto incidentale, non è obbligatoria. Ci sono conseguenze ma non è impossibile raccontarlo, naturalmente abbiamo costituzionalisti che sono a favore della riforma costituzionale e altri che sono contrari, però credo che tutti loro riescano a fare un passo indietro e a esporre in maniera il più possibile anodina. Avete parlato di Benigni e dell'ipotesi di altri personaggi che potrebbero intervenire, come dicevo prima sarebbe interessante capire quali sono oggi i modi, i luoghi fisici e virtuali nei quali si forma l'opinione delle persone, perché non è soltanto l'informazione attraverso i TG e le trasmissioni di informazione, ma esistono tantissimi altri luoghi in cui l'opinione delle persone si forma. È vero che tutto ciò che è misurabile è migliorabile e non è detto il contrario, ma il problema è che, se vado in televisione e parlo a favore o contro la riforma costituzionale, non sposto nulla. Il problema è la qualità della persona che va a parlare, laddove se parla Rodotà è un conto, se parlo io è un altro, mi sembra evidente. Gli elementi eventualmente misurabili che entrano in gioco sono talmente tanti che effettivamente diventa di una difficoltà estrema andare a equilibrare nella maniera più assoluta proprio in un momento in cui le alternative sono due, è praticamente impossibile, non è nella disponibilità della Commissione di vigilanza, dell'Agcom e tantomeno del consiglio di amministrazione.

  ARTURO DIACONALE, consigliere di amministrazione della Rai. Cercherò di essere brevissimo, perché avevo esordito ripetendo la richiesta che avevo già fatto alla Commissione di vigilanza degli indirizzi da seguire per quanto riguarda l'emergenza posta dalla campagna referendaria, il presidente mi ha risposto dicendo che non c'è questa necessità e ne sono ben felice, opinione che mi conforta perché attribuisce al consiglio di amministrazione un compito ancora maggiore rispetto a quello che ha Pag. 23abitualmente. Ci dobbiamo fare carico di questa emergenza, di come si gestisce l'informazione all'interno della Rai cercando di organizzarci per dare conto al Parlamento e alla Commissione di vigilanza che stiamo svolgendo la funzione che ci attribuite, che è quella della garanzia del rispetto del pluralismo all'interno dell'azienda radiotelevisiva pubblica.
  Credo che ci dovremo organizzare per fare questo, e come consiglio ci dovremo predisporre anche con strumenti adeguati per esercitare un controllo più attento all'interno dell'azienda pubblica. Si è parlato di comitati e la risposta del Presidente Fico ci offre il destro (lo dico ai miei colleghi e alla presidente) per riproporre il tema di un comitato sull'informazione, che si affianchi alla direzione che si occupa dell'informazione su tutta l'azienda, per poter assicurare una maggiore garanzia in nome delle indicazioni che ci vengono oggi dalla Commissione di vigilanza. Ringrazio quindi il presidente di questo chiarimento che per noi è estremamente importante.

  FRANCO SIDDI, consigliere di amministrazione della Rai. Velocemente, ma sono stato chiamato in causa. Mi rifaccio alla relazione della presidente con un'osservazione in progressione: siamo in una fase in cui l'informazione (l'ha detto Minzolini) probabilmente va anch'essa a referendum, il tema in questa fase è un'informazione equilibrata che il servizio pubblico deve garantire, ma i temi della giornata vengono dettati proprio dalle circostanze politiche. Pretendiamo che non si parli di quel tema se in quella giornata è stata dominata da quell'argomento? È difficile, non si può proclamare l'autonomia dei giornalisti e poi voler controllare il minutaggio secondo per secondo.
  Era infatti necessario riaffermare l'esigenza di riequilibrio, come abbiamo fatto in consiglio di amministrazione perché ne abbiamo il compito, quindi abbiamo pregato la direzione di segnalare a tutti i direttori e a tutti coloro che fanno informazione l'esigenza di mantenere un equilibrio sul tema e di aiutare soprattutto nell'informazione a far comprendere le cose perché i cittadini possano discernere, compito essenziale su cui si deve esercitare a fondo il servizio pubblico, come credo tutti gli organi di informazione in un tempo in cui, come diceva l'onorevole Lupi, il pluralismo culturale viene prima di quello politico e si gioca volta per volta sui grandi temi. Nel momento in cui si compongono e si scompongono le forze politiche e i gruppi parlamentari, non si può misurare come una volta, e per questa ragione ieri il presidente dell'Agcom ha detto che, pur essendo stato a suo tempo favorevolissimo alla par condicio, oggi qualche revisione va fatta, perché altrimenti facciamo solo splendidi minutaggi, mettiamo microfoni, finisce lì e non abbiamo fatto informazione, non abbiamo reso il servizio pubblico che dobbiamo garantire. Il problema è quel principio di buon senso che ho sentito citare dal senatore Airola, da Gasparri e da Brunetta affinché ci si sforzi di garantire il massimo di informazione con il massimo di correttezza. La Rai sta cambiando mentre va in onda ventiquattro ore su ventiquattro e trecentosessantacinque giorni all'anno, quindi non tutte le cose che possono apparire coerenti rispetto al sistema e al progetto. Come consiglieri abbiamo dei limiti che la legge ci impone, la legge va molto bene perché ci toglie l'obbligo di essere clientelari, però su molte materie ci assegna esclusivamente un compito di interdizione, non di proposta, quindi alcune cose che ci vengono chieste non appartengono alla nostra competenza diretta, a meno che non ci industriamo per fare ordini del giorno con sei Consiglieri per imporre un argomento, ma non mi pare che questo serva a un'azienda al cui cambiamento stiamo concorrendo con il direttore generale. Questa cosa va valutata, è la prima applicazione di questa legge che mostra limiti anche di comprensione, qualcuno oggi ha criticato i palinsesti e le scelte delle persone e io ascolto le osservazioni che sono state fatte criticamente su questo punto per valutare se per caso ci sia un deficit di presenze culturali, cercherò di rifletterci di più e di farlo presente eventualmente nel consiglio di amministrazione, però sapendo che abbiamo un ruolo successivo, non iniziale. La legge l'ha disegnato Pag. 24 così, possiamo farlo più come movimento d'opinione, ma non come compito amministrativo. I compiti sono diversi, sento chiedere perché, avendo detto cose da cittadino sindacalista, io voti alcune cose, ma sono ruoli diversi e l'amministratore si deve prefiggere innanzitutto la tutela del patrimonio dell'azienda, dei valori materiali e immateriali, le persone. Qui abbiamo posto (la presidente lo ha ribadito) l'esigenza di trovare la modalità per cui nel prosieguo di questo lavoro di cambiamento, che vede la Rai andare in onda ventiquattro su ventiquattro per trecentosessantacinque giorni all'anno, i talenti dell'azienda vengano fuori.
  Il senatore Gasparri mi ha posto una domanda specifica sul caso Merlo, la mia posizione è stata resa pubblica ed è nota, poi le decisioni di gestione non appartengono più al consiglio ma alla direzione generale, come sapete, perché la legge ha separato i compiti. Noi abbiamo concluso, io non ho cambiato opinione, a me non piace la legge che vieta ai pensionati di lavorare perché penso che soprattutto su materie come questa l'intelligenza non vada mai in pensione, ma ritengo che un pensionato non possa avere un compito di direzione e infatti mi pare che non sia stato più affidato un compito di direzione al collega Merlo, dopodiché si vedrà come questa funzione sarà compatibile in una gestione organica del sistema. È giusto che ci sia chiarezza su questi temi ed è anche giusto che veniamo chiamati di più. Gli eventuali indirizzi saranno utili anche a noi nel rispetto delle competenze diverse, perché proprio la legge su alcune materie non appare chiara (lo dissi proprio a lei in via diretta a proposito delle deleghe sulle consociate), non c'è stata chiarezza e quindi ci assumiamo la responsabilità a norma del codice civile.

  MONICA MAGGIONI, presidente della Rai. Farò una sorta di telegramma, di tweet per tre cose velocissime. Al senatore Minzolini e credo al senatore Ciampolillo. I palinsesti già orientati verso il referendum: a parte che metà di essi partirà dopo, ma il grande vecchio appartiene ad altre epoche della nostra storia e pensare a uno che è lì che fa i palinsesti e contemporaneamente pensa a cosa voterà chi francamente è un po'ardito. Per le cose che sappiamo, se fosse così, vorrebbe dire che siamo veramente molto avanti, e lo stesso sulla storia degli audio. Il giorno che ci sarà qualcuno in grado di controllare un audio e farne uno buono e uno cattivo a seconda dell'opinione, la persona più felice sarò io, perché ci sarà un tema dal punto di vista della rappresentazione politica delle opinioni, ma avremo un controllo così preciso su quello che va in onda che la persona più felice sarò io! Purtroppo non è così.
  Sono d'accordo, Presidente Fico, siamo in grado di essere equi e di rappresentare in modo equo le diverse voci della società, e penso che soprattutto dobbiamo essere in grado di dare ai cittadini gli strumenti per essere cittadini consapevoli: è l'inizio del nostro mandato e della nostra missione.
  Permettetemi infine di rigirare anche su di voi un punto di riflessione: attenzione ai luoghi in cui si forma l'opinione pubblica, perché sommessamente vi ricordo che nel Paese della BBC è potuto accadere Brexit.

  PRESIDENTE. Ringrazio la presidente Maggioni e i componenti del consiglio di amministrazione della Rai, e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.30.