XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 89 di Giovedì 23 giugno 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Audizione del direttore di RaiTre, Daria Bignardi:
Fico Roberto , Presidente ... 3 ,
Bignardi Daria , direttore di RaiTre ... 3 ,
Airola Alberto  ... 6 ,
Bignardi Daria , direttore di RaiTre ... 6 ,
Margiotta Salvatore  ... 8 ,
Bignardi Daria , direttore di RaiTre ... 8 ,
Bonaiuti Paolo  ... 8 ,
Fico Roberto , Presidente ... 8 ,
Bonaiuti Paolo  ... 8 ,
Fico Roberto , Presidente ... 8 ,
Bignardi Daria , direttore di RaiTre ... 8 ,
Margiotta Salvatore  ... 10 ,
Bignardi Daria , direttore di RaiTre ... 10 ,
Margiotta Salvatore  ... 10 ,
Bignardi Daria , direttore di RaiTre ... 11 ,
Margiotta Salvatore  ... 11 ,
Gasparri Maurizio  ... 11 ,
Margiotta Salvatore  ... 11 ,
Airola Alberto  ... 12 ,
Bignardi Daria , direttore di RaiTre ... 13 ,
Airola Alberto  ... 13 ,
Bonaccorsi Lorenza (PD)  ... 13 ,
Lainati Giorgio (Misto-ALA-MAIE)  ... 14 ,
Airola Alberto  ... 15 ,
Bignardi Daria , direttore di RaiTre ... 15 ,
Margiotta Salvatore  ... 16 ,
Bignardi Daria , direttore di RaiTre ... 16 ,
Margiotta Salvatore  ... 17 ,
Bignardi Daria , direttore di RaiTre ... 17 ,
Margiotta Salvatore  ... 17 ,
Bignardi Daria , direttore di RaiTre ... 17 ,
Margiotta Salvatore  ... 17 ,
Bignardi Daria , direttore di RaiTre ... 17 ,
Margiotta Salvatore  ... 17 ,
Bignardi Daria , direttore di RaiTre ... 17 ,
Margiotta Salvatore  ... 17 ,
Bignardi Daria , direttore di RaiTre ... 17 ,
Margiotta Salvatore  ... 17 ,
Bignardi Daria , direttore di RaiTre ... 18 ,
Fico Roberto , Presidente ... 18

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'art. 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del direttore di RaiTre, Daria Bignardi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del direttore di RaiTre, Daria Bignardi, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Sono inoltre presenti i dirigenti capi struttura di RaiTre Andrea Valentini e Giovanni Anversa, che ringrazio per la loro presenza.
  Do la parola alla dottoressa Bignardi, con riserva per me e per i colleghi di rivolgerle, al termine del suo intervento, domande e richieste di chiarimento.

  DARIA BIGNARDI, direttore di RaiTre. Vi ringrazio di quest'invito, mi fa molto piacere ed è la mia prima volta. Sono reduce anch'io da quattro ore in consiglio di amministrazione, era la mia seconda volta e devo dire che è andata molto bene. È stato un incontro costruttivo. Vi illustrerò a grandi linee la missione che mi è stata affidata, come intendo affrontarla, e anche qualcosa dei palinsesti dell'autunno.
  Parto dal dato del tasso di innovazione del palinsesto autunnale di RaiTre, calcolato sulla quantità di cambiamenti, non solo di volti, ma anche di formati, di palinsesto, di gruppi di lavoro, senza tener conto dei cambi di scenografie, pur importante. È un tasso di innovazione del 43,8 per cento. Lo dico perché ne sono fiera. È stato un lavoro piuttosto faticoso e come sapete ricopro questo ruolo da poco più di tre mesi e mezzo. Per fare un raffronto con il palinsesto precedente, nel 2015 vi era un tasso di innovazione del 5,8 nei confronti del 2014. Questo vuol dire che abbiamo fatto davvero un grande lavoro. Mi reputo davvero fortunata di aver trovato a RaiTre un gruppo di dirigenti e di persone – qui ci sono il vicedirettore Andrea Valentini e il capostruttura Giovanni Anversa – di grandissima professionalità e competenza, e non lo dico in maniera formale. Ci stiamo anche divertendo, e la considero una grande conquista.
  Qual è la filosofia che ha ispirato il lavoro che sto facendo? Ho tre parole soprattutto: innovazione, inclusione e servizio pubblico. L'innovazione è stata quella che dal primo giorno ci hanno richiesto la presidente Maggioni, il direttore generale e tutti i consiglieri. Vi dicevo che oggi li ho incontrati per la seconda volta. La prima volta ci hanno detto di fare i miracoli, e ho risposto di no, che non si possono fare, ma ho capito quale fosse l'esigenza: sentire e vedere presto un cambiamento. Su questo ci siamo molto impegnati. Apro una parentesi. Sapete che lo scenario della televisione è estremamente competitivo: nonostante RaiTre sia ancora oggi la seconda rete generalista in assoluto, abbia uno share di circa il 6,9 per cento, negli ultimi quattro Pag. 4anni ha perso due punti di share, con 4 milioni di contatti in meno. Questo è accaduto perché il panorama è profondamente cambiato, ci sono nuovi competitors, quelli delle tv satellitari, che stanno andando veramente fortissimo e fanno passi da gigante. Si sta totalmente trasformando il mondo della fruizione televisiva con smartphone e tablet: se non cambiamo, rischiamo di perdere sempre di più i nostri spettatori. Il nostro target medio oggi a RaiTre è un soggetto di circa sessant'anni, dunque molte persone anziane, qualcuno un po’ più giovane c'è per fortuna, ma capite che se non innoviamo e non cerchiamo di includere un pubblico più giovane, nel giro di non molto tempo non so che fine faremo. La velocità che ci hanno richiesto è legata naturalmente a questo fatto.
  All'inclusione, al pluralismo, a parlare a tutti tengo moltissimo. Come probabilmente sapete, vengo dalla televisione, in televisione ho lavorato venticinque anni, iniziando proprio a RaiTre, anche se a Milano. Milano allora, ma anche adesso, è ancora un po’ defilata dal centralismo romano. Allora ero l'ultimo dei redattori, ma è stato un grande inizio, tra l'altro in una grande RaiTre, quella di Angelo Guglielmi, alla quale tutti ci riferiamo sempre come se fossero tempi perduti. Magari lo saranno, però credo che abbiamo il dovere di provare a cambiare e, soprattutto, a sperimentare, che era quello che faceva Guglielmi allora. Sapete che Guglielmi è stato un direttore molto longevo. È stato molto tempo alla guida di RaiTre. Io ne avrò molto meno, perché ho accettato quest'incarico per tre anni e sono molto convinta che soltanto prendendo questo tipo di impegno potevo tenere davanti a me la barra editoriale. In tre anni si devono cambiare delle cose per forza. Non avrei potuto prendere un impegno superiore per motivi personali e familiari, ma anche perché penso che, se si lavora per un'azienda pubblica, sia giusto prestare un'opera per un periodo limitato, soprattutto nella mia fase di percorso professionale, anche per poter davvero guardare solamente ai risultati e al prodotto. In tre anni non credo, naturalmente, che faremo i miracoli che ci hanno chiesto i consiglieri, però iniziare un lavoro che continueranno altri sì, e iniziarlo molto seriamente. Questo è un impegno che ho preso.
  Servizio pubblico è l'altra espressione. Credo che RaiTre sia la rete che più di ogni altra deve fare servizio pubblico, che vuol dire non pensare soltanto all'ascolto, ma parlare dei temi importanti per i cittadini e per il Paese. Tra l'altro, RaiTre ha un profilo di persone che la guardano che sono le più acculturate, le più informate, le più critiche, le più richiedenti. Credo che questo meriti il nostro impegno in questo senso.
  Vi racconto che cosa stiamo facendo. Vado un po’ veloce, poi se avrete domande specifiche, naturalmente me le rivolgerete e risponderò. All'inizio pensavo che non avrei fatto grandi cambiamenti nel daytime. Il daytime di RaiTre, in realtà, è forte. RaiTre ha una particolarità, è una rete che ha 55 programmi. Abbiamo moltissime produzioni, pochissimi film, telefilm, serie. Siamo la rete in assoluto con più produzioni. Questo vuol dire anche una fidelizzazione e un forte patto con l'ascoltatore. Le produzioni interne vogliono dire volti, gruppi di lavoro, un'affezione. Nel mattino di RaiTre iniziamo con le due ore di Agorà, e comincio a essere più specifica sui cambiamenti, visto che vi ho parlato di questo tasso forte di innovazione. Agorà avrà un cambiamento soprattutto scenografico e stilistico, diventa una vera e propria newsroom. Lo vedrete da settembre. Ci sarà una maggiore attenzione alla parte filmata: un po’ meno parole, che vuol dire un po’ meno ospiti fissi e un po’ più di attenzione per i servizi filmati. Per il resto, è confermato il conduttore attuale, Gerardo Greco, è confermato l'impegno, lunedì-venerdì. Avrei voluto andasse anche al sabato, ma vi confesso che non ho trovato le risorse, ma è un mio programma da riprendere nel 2017.
  Per gli altri due programmi che seguono questa mattina forte, di patto forte con l'ascoltatore – è una rete che si accende immediatamente alle otto del mattino – ho fatto dei cambiamenti già da settembre. Pag. 5Devo un po’ raccontarveli, perché c'entrano anche con le scelte che abbiamo fatto sulle prime serate, soprattutto col martedì sera, del quale so che siete giustamente curiosi, e ci tengo a raccontarvi nei dettagli i motivi delle scelte che ho fatto. Avrete notato che a ogni ora del giorno e, soprattutto, della sera oramai sono entrati dei temi in tutti i programmi, e sono i temi del servizio al cittadino, della salute, dell'alimentazione. Sono temi sacrosanti, per carità, vicini alle persone, vicini a tutti. Sono temi, però, che credo meritino un approfondimento, quello che nel daytime di RaiTre hanno sempre avuto programmi dedicati. Mia manda RaiTre è un programma storico della rete, che poi è andato anche in prima serata con passati conduttori, ma che negli ultimi anni è rimasto soltanto al mattino. Mi manda RaiTre è una testata storica, con un gruppo di lavoro che ha un fortissimo patto col cittadino, una quantità davvero rilevante di segnalazioni da parte del pubblico. Il pubblico segnala l'abuso edilizio, denuncia il problema con la pensione minima, chiede un aiuto agli autori del programma. C'è questo grandissimo patrimonio di informazioni storiche che arrivano dal pubblico. Credo che tutto questo vada valorizzato molto, perché è quello che ora vedete nei due programmi del martedì, e ne parlo perché sono una realtà, poi li tratterò in modo più approfondito. Credo che questi temi meritino un approfondimento da parte nostra, che li trattiamo da sempre. Il che vuol dire lavorare sui linguaggi, ovvero che si può raccontare una cosa in tanti modi, in studio a parole, con grande cura dei filmati, si possono potenziare gli inviati e la squadra di autori. Valorizzare un programma vuol dire misurarsi anche con i linguaggi nuovi. Vi cito un esempio.
  Mi manda RaiTre, che in passato andava in prima serata, si era forse un po’ ritirato nel daytime perché c'era stato l'avvento sui linguaggi delle Iene sulle tv commerciali. Questi linguaggi avevano invecchiato immediatamente tutti i temi relativi alla denuncia, al servizio al cittadino. C'è un modo di raccontare le cose che ha fatto invecchiare molto rapidamente quel linguaggio di RaiTre. Allora, credo che dobbiamo confrontarci sia con quei linguaggi – nel frattempo cambiati e per fortuna anche migliorati – e soprattutto con il digital. Oggi non si può fare nulla – non è un mantra, un ritornello, ma la verità – senza pensare a un prodotto televisivo che vive anche al di là del fruitore immediato. Per ogni programma che penso devo immaginare il futuro, che magari lo andranno a vedere sul Web, che la sera qualcuno andrà a cercare cosa c'era quella mattina a Mi manda RaiTre. Devono essere accesi, devono parlare tramite i social, Facebook, Twitter, WhatsApp, avere un rapporto che vive sul nostro smartphone, sul nostro tablet. Poi ci saranno anche quelli che se li guardano in poltrona, all'ora in cui vanno in onda, e se li godono in quel momento. Credo che tutti i programmi vadano pensati, immaginati, costruiti sia come contenuti sia nella forma, nel linguaggio, per un fruitore che potrebbe usarli in un altro momento. Questo è, per quanto riguarda RaiTre, la valorizzazione che intendo portare avanti.
  A tutte le ore del giorno e della notte si parla poi di problemi di salute. Nei programmi di informazione di prima serata sono molto spesso ospiti medici e nutrizionisti. Nulla di male, ognuno fa quello che vuole, ma quel patrimonio l'abbiamo sempre avuto, l'abbiamo approfondito. Il programma sulla salute, che peraltro cambia brand e si chiamerà Tutta salute, viene completamente rinnovato. Partirà da un presupposto di prevenzione, di pro-age. Ho parlato con tanti medici in questo periodo, e tutti ci invitano a una riflessione su quanto potremmo risparmiare se sapessimo educare chi ci guarda a banali regole d'igiene e di salute. Ci potrebbe essere un grande risparmio anche in termini di spesa pubblica. L'allarmismo che credo non dovremmo avere in tanti altri settori, non lo dobbiamo avere soprattutto nel settore della salute, ma piuttosto dobbiamo educare, spiegare, raccontare in una certa ottica. Penso che questo sia un tema sul quale non si scherzi, quindi ci vuole davvero il servizio pubblico che decide ogni giorno come si parla di salute, con un programma completamente rinnovato. Poi Pag. 6c'è un altro programma, con novità: vi sto raccontando cose che non dovrei raccontarvi, ma martedì c'è la presentazione dei palinsesti a Milano e, naturalmente, c'è molta attesa dalla stampa, dagli investitori, ed è giusto che sia così per tanti motivi, per gli investimenti pubblicitari. Tre cose, però, devo dirle perché secondo me vi danno un senso della rete che sto preparando.
  La striscia di Chi l'ha visto? sarà quotidiana. Chi l'ha visto? non è solo un grande successo. Ieri sera, Chi l'ha visto? contro la partita, che ha fatto il 50 per cento, ha fatto il 9 per cento. Sapete cosa vuol dire? Vuol dire che lì dietro c'è un gruppo di lavoro che ogni anno, ogni giorno, si confronta con la domanda che si fanno tutti quelli che lavorano in televisione, bene secondo me, ed è: che cosa posso fare di più? Come posso fare meglio? Come posso curare questo dettaglio? Lì abbiamo un grande romanzo popolare, perché è il racconto dell'Italia, dell'Italia sconosciuta, spesso della «pancia» dell'Italia, di mondi che non hanno voce, e spesso purtroppo hanno voce in momenti drammatici. Poi c'è il tema degli scomparsi. Sapete che le questure di mezza Europa si rivolgono a Chi l'ha visto? quando c'è uno scomparso in Francia, ad esempio. Loro hanno un data base incredibilmente aggiornato, e quindi sono un vero organo di servizio pubblico. Ho chiesto a Federica Sciarelli e alla sua squadra di avere una finestra ogni giorno per aggiornamenti quotidiani. Il programma si farà dalla redazione di Chi l'ha visto? Mentre lavorano il mercoledì sera, avranno una mezz'ora in cui faranno un aggiornamento sulla scomparsa del giorno, il caso del giorno.

  ALBERTO AIROLA. Mi scusi, ha detto mezz'ora?

  DARIA BIGNARDI, direttore di RaiTre. La durata sarà di 25 minuti, dalle 12.25 ogni giorno. Credo che questa sia una scelta di servizio pubblico.
  Abbiamo allungato poi il programma sui libri che va subito dopo il telegiornale. Non sarà più solo di libri, ma di libri, di cinema, di teatro, di musica. Penso che cultura sia tutto, non solo quella nei libri e nelle forme d'arte, ma sia un modo di pensare alla realtà. Credo che RaiTre debba prendersi in carico un programma quotidiano, che tra l'altro quest'anno sarà allargato anche a due presenze femminili, di cui una molto giovane, a cui tengo moltissimo, Sofia Viscardi, di cui avrete sentito parlare. È una giovanissima youtuber che con milioni di contatti sta diventando un'interprete delle istanze di molti giovani. Ha compiuto diciott'anni. Avrete letto forse sulla Lettura di domenica il lunghissimo dialogo tra lei e il filosofo Giorello, molto interessante. Sono contenta che ci sarà con noi Sofia, anche se solo una volta a settimana, perché deve studiare.
  Altre cose del daytime che vi devo dire sono la conferma della domenica di Lucia Annunziata, che credo sia una grandissima e lucidissima narratrice della politica – poi arrivo anche alle altre forme in cui racconteremo la politica. La biografia di Lucia parla per lei. Credo che sia oggi ancora una grande protagonista di tutta l'azienda, non solo di RaiTre, per quanto riguarda l'informazione politica. Con lei stiamo lavorando anche a un progetto di esteri. Nel 2017 vorrei che facesse da mentore a un gruppo di giovani giornalisti interni. Conoscete la realtà americana VICE, quel modo di usare anche con strumenti molto facili il racconto, usando lo streaming, i blog, i filmati fatti col telefono, un modo molto veloce di raccontare quello che succede nel mondo attraverso una rete che arriva da tutto il mondo. La Rai in questo senso ha un grande patrimonio internazionale, e credo che Lucia sia – conoscete il suo percorso e la sua esperienza internazionale – la persona che può fare davvero da scuola. Questo progetto si aggiunge alla conferma del suo In mezz'ora.
  Sono molto orgogliosa di dirvi che il Rischiatutto sarà su RaiTre, nato da RaiTre, dalla RaiTre di Fabio Fazio. Abbiamo fatto il test su RaiUno, che è andato benissimo. Come sapete, è stato un evento. Adesso deve diventare un programma, spero di grande successo, che muove tanti sentimenti, ma non solo la nostalgia. Non pensate che sia solo un'operazione nostalgia, Pag. 7 perché anche il gruppo di Fabio Fazio – prima vi dicevo del gruppo della Sciarelli – è estremamente attento al dettaglio. Quando c'è un successo del genere, non è mai un caso, non è mai regalato. C'è veramente un'attenzione maniacale al dettaglio. Il Rischiatutto farà nove puntate in autunno sulla rete. Ci aspettiamo un buon risultato. Per questo ho chiesto a Fazio di fare la domenica. Non riuscirà a fare anche il sabato. Non potrebbe fare tre prime serate alla settimana, ma farà una domenica molto più lunga, tre ore. Lui ha avuto l'intelligenza di mettersi in discussione e di riproporre un programma molto cambiato, se qualcuno di voi ha seguìto il sabato quest'anno. Lui lo chiama il tavolo francese, quello con tanti ospiti, che ha sicuramente un approccio più leggero, ma credo sempre colto, elegante, nel racconto delle tante voci italiane. Sia quella parte sia la parte delle interviste più istituzionali andrà la domenica con un programma lungo.
  C'è un altro tema sulle prime serate. La domenica avevamo due fuoriclasse: Fazio e Milena Gabanelli. Credo non ci sia bisogno che vi parli del lavoro di Report, a partire dal fatto che è estremamente faticoso e difficile, che prende settimane, mesi, alla sua squadra, che ho incontrato ieri. Avevamo questi due fuoriclasse tutti la domenica, un po’ uno spreco francamente. C'è «ciccia», se mi perdonate il termine, per due importanti prime serate.
  Report e Presa Diretta, il programma di Riccardo Iacona. Report forse ha un passo più da inchiesta, mentre quello di Iacona un po’ più di racconto, di reportage. Comunque, questi due programmi – prima parte Iacona e poi, il 10 ottobre, riprende Gabanelli – vanno al lunedì, quindi abbiamo due prime serate importanti.
  Il giovedì, Alberto Angela, grande patrimonio della rete, su cui potrei parlarvi molto a lungo. Con la sua discrezione e il suo stile, ha il grande merito di intercettare anche un pubblico di giovani che non guardano la televisione. Dicevamo all'inizio delle criticità legate al target non giovanissimo: se in rete parlate di volti Rai, quello che i giovani conoscono è Alberto Angela. Hanno un grande rispetto del suo lavoro scientifico.
  Veniamo al venerdì. RaiTre, rete della realtà, deve sperimentare anche sui linguaggi della docu-fiction, che vuol dire che si può raccontare qualunque cosa usando sia la fiction sia il repertorio, mescolandolo alle interviste. Qualunque cosa può essere raccontata con questi linguaggi. È quello che succede in America. Quest'anno probabilmente avrete seguìto anche voi i grandi casi editoriali: con quel linguaggio si può raccontare tutto, ma ci vuole molta cura, molta attenzione. Lì abbiamo attivato una produzione interna. Penso e spero perché RaiTre diventi la rete di questo tipo di racconto. Ci vuole tempo, perché sono racconti e impegni molto accurati.
  Veniamo al martedì, che so che vi interessa molto. Devo fare qui una premessa e una riflessione insieme a voi. Della crisi del talk show si parla da tanti anni, da molto prima che Giovanni Floris lasciasse la Rai per andare a La7. Giovanni Floris lasciò un prodotto, Ballarò, già in crisi. Ai tempi vi ricorderete che Ballarò faceva il 19 per cento, ed era arrivato a fare il 12 per cento. Mostrava un declino che ha molti motivi. È cambiata la politica. Un tempo avevamo un racconto polarizzato, tutto sommato facile da fare. Quando le cose sono bianco e nero, almeno così si crede che siano, o quando è facile rappresentarle come bianco e nero, è molto più facile accendere l'attenzione su un tema. Credo che sia un bene che la politica sia diventata più complessa e più difficile da raccontare. Abbiamo cominciato a vederlo, ripeto, già con la crisi di Ballarò di tre anni fa, quando Floris se ne andò. Apro una parentesi utile. Floris se ne andò a luglio di tre anni fa portando con sé tutto il suo gruppo di lavoro: il mio predecessore, Andrea Vianello, criticato per gli insuccessi del Ballarò successivo, cosa avrebbe potuto fare in tre settimane? Relativamente al Ballarò che parte a settembre, adesso si può dire col senno di poi che poteva cambiar nome, che poteva fare un'altra cosa, poteva metterci un altro, ma era stato messo in condizioni, con quest'improvviso addio di Floris, di ripartire di lì a poche settimane con un prodotto del Pag. 8quale ancora non si capiva che cosa avrebbe dovuto essere. Lui fece la scelta di Massimo Giannini, una scelta assolutamente comprensibile, di un giornalista inviato di punta, simbolo del giornalismo puntuto del quotidiano la Repubblica, di cui era vicedirettore, ed era direttore Affari e finanza. Era un ospite di pregio di quel programma, e funzionava molto bene come ospite. Credo che qui ci sia una criticità. Non credo che un giornalista, pur bravissimo, della carta stampata abbia gioco facile quando si misura con l'agone dello studio televisivo. È veramente un'altra cosa. Ho fatto tutti e due i mestieri: sono due linguaggi completamente diversi. Il più bravo dei giornalisti dei quotidiani, quando si misura con uno studio televisivo, può non avere la stessa resa, perché un po’ è nel DNA, un po’ si impara. A volte, dico che è questione di «ore di volo», come pilotare un aereo, saper guidare e condurre un programma, ma non è una cosa che si può improvvisare. È proprio un altro linguaggio. Quando scrivi un programma televisivo, le tue virgolette sono le persone e quello che tu pensi che diranno, non diranno, e devi essere pronto a guidare quello che diranno, perché non sai mai che cosa diranno. Devi condurre come un direttore d'orchestra. Il più bravo dei giornalisti della carta stampata si troverà in difficoltà, come ripeto. È stata fatta quella scelta che ha portato a un risultato che secondo me è stato fin troppo buono. È stato molto bravo Massimo Giannini. Ci tengo a dirvelo. Lo penso davvero. Qualcuno mi ha detto che sono stata esagerata: ho detto che è stato eroico. È stato buttato in tre settimane, con la squadra di autori che c'erano, a fare una prima serata di tre ore...

  SALVATORE MARGIOTTA. Eroico è un po’ eccessivo.

  DARIA BIGNARDI, direttore di RaiTre. Ha ragione, ma di fatti l'ho detto io per prima. Lei ha ragione, si figuri. L'ho detto io per prima. Mi hanno già preso in giro per questo. È un po’ una forzatura, naturalmente.

  PAOLO BONAIUTI. È anche una forzatura dire che i giornalisti della carta stampata non riescano a fare televisione.

  PRESIDENTE. Rimandiamo le domande a dopo.

  PAOLO BONAIUTI. Ho capito, ma qui si sta parlando di una professione.

  PRESIDENTE. Possiamo intervenire anche dopo. Facciamo concludere la Bignardi, e poi andiamo avanti.

  DARIA BIGNARDI, direttore di RaiTre. Condurre un programma in prima serata è davvero un mestiere. Avevo introdotto questo tema anche per arrivare allo specifico di oggi. Ieri sono uscite indiscrezioni, che vi confermo. Confermo quanto avete letto sui giornali e sui siti – non ho rilasciato nessuna intervista, quindi siete i primi a cui ne parlo, oltre che stamattina al consiglio di amministrazione – che si è dimesso Gianluca Semprini da Sky per raggiungere la Rai e occuparsi del nuovo programma informativo del martedì, che non sarà Ballarò. Credo che il tempo di Ballarò sia finito. Credo che fosse finito già da un paio d'anni, essenzialmente per motivi legati al suo format.
  La parentesi che volevo aprire era relativa al raccontare la politica nel mondo. I talk show televisivi nel mondo durano al massimo 78 minuti. Noi abbiamo tre ore nei nostri talk show di prima serata, contro 78 minuti della Turchia e credo 68 della Spagna, 36 in America, 45 in Francia. Ce lo siamo davvero inventati noi il lenzuolo di tre ore della prima serata. Ci sono mille motivi, anche economici. Ha funzionato benissimo per tanti anni, relativamente con poca spesa quando c'era quella temperatura altissima, fatta però a volte anche di chiacchiere, di darsi addosso, di litigi, di baruffe. Poi finché pagava andava bene a tutti. Spendevamo poco, facevamo un racconto che magari era divertente da vedere, era interessante, perché rappresentava un clima. Tutto questo è cambiato. Nel mondo non esistono talk show con questi formati lenzuolo. Credo che siano anacronistici e Pag. 9antistorici. Il mio progetto sul talk show di RaiTre è quello di un format molto più compatto. Per darvi l'idea, è il format nella lunghezza di 90 minuti, quelli del venerdì di Crozza su La7: 90 minuti, un'ora e mezza. Credo che sia il formato giusto per ricominciare con un prodotto che parta dalle immagini e faccia un grosso, importante lavoro di ricerca di protagonisti della politica.
  Dico una cosa ancora, perché non è il solo prodotto in cui cercheremo di raccontare la politica e di fare informazione. Qui parla soprattutto l'autore e il narratore più che il direttore di RaiTre: quando vediamo Chiara Appendino o Virginia Raggi a Roma e a Torino ci chiediamo dove fossero, perché non le abbiamo viste prima, perché non le abbiamo viste nei talk show. Questo tipo di profilo, le facce nuove della politica, dove stavano? Un autore televisivo si chiede perché non è andato a cercarle, quante altre ce ne saranno. Non parlo del Movimento 5 Stelle, ma di tutti i partiti: chi c'è là dietro, nei municipi, nei consigli comunali, tra gli assessori, nei paesi, nelle città, i piccoli sindaci? Chi è che oggi fa politica dietro le prime file che vediamo, che conoscete molto bene in Parlamento? Che cosa c'è là dietro? Da autore televisivo e da narratore ho una grandissima curiosità di sapere chi oggi fa politica con passione. Quali sono le facce, le storie? Questo è un racconto che faremo, anche in access time, ovvero la striscia che per RaiTre va circa dalle 20.10 alle 20.40, e lo faremo partendo con la prima settimana di settembre con un programma di Concita De Gregorio, che non seguirà più i libri. Credo che la cosa migliore, una delle grosse qualità di Concita De Gregorio sia proprio il racconto della politica. L'ha sempre fatto, lo fa da trent'anni, e lo fa ponendosi nei confronti della politica anche da un punto di vista umano. Il premio Nobel di quest'anno, Svjatlana Aleksievič, quando racconta la Grande Guerra e le diciottenni russe che andavano a combattere al fronte, racconta storie di persone. A me interessano quelle persone. Voglio raccontare le persone che fanno politica. Voglio sapere quali ideali le guidano, quale forza, quale passione. È un racconto che mi interessa. Per questo ho affidato a Concita De Gregorio questa striscia, che ci sarà per una settimana, dopodiché ci sarà una volta alla settimana il lunedì per mezz'ora, in access time. Il resto della settimana di access time l'ho affidato al gruppo di Gazebo, e vi spiego perché. Gazebo fa un racconto della giornata attraverso i social. Ho isolato quella parte e ho chiesto loro di lavorare ogni giorno, solo venti minuti, soprattutto su quella parte. Credo che un loro grosso pregio sia che intercettano un pubblico che non guarda la tv, riallacciandomi al discorso di prima. Ci sono persone, giovani e meno giovani, che la tv non la vedono più, ma vedono Gazebo perché sa raccontare la giornata attraverso i social, soprattutto Twitter. Questo sarà un programma di venti minuti ogni giorno alle 20.10 – non farà concorrenza ai TG perché sono linguaggi completamente diversi – in cui loro racconteranno anche un altro modo di fare informazione, quella che molti di voi seguono tutti i giorni su Twitter.
  Tornando al martedì, la mia scelta è quindi di ripartire dal format, 90 minuti e non più tre ore. Ho scelto Gianluca Semprini perché penso che sia, da un lato, un volto nuovo, dall'altro, un grande professionista della tv. Non posso rischiare, non ho tempo di provare. Sto vedendo moltissimi giornalisti interni, ai quali affiderò altri programmi, coi quali costituirò altri gruppi di lavoro. Non posso bruciare da qui a settembre un volto in un ruolo, che è importante, anche se la cosa che vi ho detto del formato fa sì che non potremo competere in share col martedì di Floris. Stiamo vedendo in questi giorni il palinsesto. A volte mi viene anche la tentazione di uscire dal martedì, ma non dovrei dirvelo, altrimenti la concorrenza si prepara. Se rimaniamo al martedì, come penso, e stiamo sul formato più contratto che vi dicevo, è ovvio che lo share, se è più corto, sarà più basso. Credo che questa sperimentazione vada fatta per cercare un linguaggio nuovo. Semprini è un grande professionista, che, ingabbiato – lo dico in positivo – negli schemi di Sky, mostra una parte delle sue potenzialità. Credo che ognuno di voi ne colga la grande asciuttezza, la grande Pag. 10forza, la grande televisività, ma penso di aver intuito qualcosa che la Rai valorizzerà moltissimo. Penso che lanceremo davvero un nuovo grande protagonista del racconto della politica. Da un lato, c'è quindi una grande capacità di fare televisione; dall'altro, è una faccia nuova. Il grande pubblico non lo conosce. Chi non ha Sky, non conosce. Queste due cose insieme oggi mi sono utili per tentare un linguaggio nuovo.
  Tornando al servizio pubblico, ci sono due grandi temi, mondiali mi sento di dire, che credo dobbiamo avere sempre presenti: i migranti, e l'Islam e le religioni.
  Quello dei migranti è un grande tema col quale dovremmo confrontarci e col quale ci stiamo confrontando. Una rete come RaiTre non può abbandonare questo tema importantissimo. Sono orgogliosa di dirvi che abbiamo acquistato il film Fuocoammare, Orso d'Oro a Berlino, che manderemo in prima serata su RaiTre il 3 ottobre, il giorno dell'anniversario del naufragio di Lampedusa. Se ci sarà il referendum, sposteremo la data. Al momento, l'ho appoggiato sul 3 ottobre perché è un anniversario importante. Non ci sarà solo Fuocoammare, ma un'intera giornata dedicata. Tutti i programmi di RaiTre saranno coinvolti, da Agorà a Mi manda RaiTre, a GEO, Il tempo e la storia, su cui tra l'altro ho fatto una scelta che mi piace molto. Massimo Bernardini, pregevolissimo, autorevolissimo, lo concentriamo sul sabato. Il programma che vedrete sarà ancora più acceso, mentre in questo programma quotidiano mettiamo una giovane storica, una donna, Michela Ponzani che trovo bravissima. Ci sarà un altro volto femminile in rete. Vi dicevo di Fuocoammare: tutti i programmi della giornata ricorderanno e saranno coinvolti con il racconto sui migranti. Stiamo coinvolgendo anche Alessandro Baricco, che dovrebbe fare una lettura da Furore di Steinbeck. C'era già tutto in Furore, come mi ha fatto notare lui. L'avevo letto da ragazza, sono andata a rileggerlo e c'era già tutto nella storia dei migranti di Furore. Quello dei migranti è un tema di cui si occuperanno tutti i volti della rete. Ci stanno lavorando Domenico Iannacone, Riccardo Iacona. Avrete forse visto quel pezzo, pregevole davvero, di Milena Gabanelli, costruttivo sui migranti. Lei l'ha preso da un punto di vista diverso, proponendo un modello di utilizzo, di integrazione. Tutti i volti della rete sono coinvolti in questo racconto. Abbiamo poi un programma la domenica in collaborazione col Ministero dell'interno, Radici, con tutte le storie di quei migranti che si sono inseriti e che fanno magari a volte un viaggio al contrario.
  Vi dicevo dell'Islam. Non possiamo parlare di Islam soltanto quando diventa l'emergenza, il punto interrogativo: chi sono? dove sono? Gad Lerner torna in Rai con un piccolissimo progetto, ma che trovo importante, sei seconde serate di 40 minuti, quindi un progetto piccolo. Trovo che, per parlare di un argomento del genere, ci voglia molta competenza. È un programma non in studio, di racconto. Sono storie. Lui andrà in giro per l'Europa, per l'Italia, a raccontare storie di Islam. Si chiama Islam Italia. È un piccolo progetto, ma da servizio pubblico secondo me. È un esperimento, poche puntate, che penso possa fare solo una persona che conosce quei temi in maniera molto competente.

  SALVATORE MARGIOTTA. Due domande secche, e una riflessione che vorrei fare insieme a lei. Anzitutto, la ringrazio per averci con precisione raccontato i suoi programmi. Alcune delle idee mi piacciono molto.

  DARIA BIGNARDI, direttore di RaiTre. Ve ne ho raccontato una piccolissima parte.

  SALVATORE MARGIOTTA. Alcune cose che ci ha detto mi piacciono molto, altre molto meno, ma questa è questione di gusti, poi sarà ovviamente il tempo a dire se la sua missione centrerà l'obiettivo fino in fondo.
  Ho ascoltato con soddisfazione che Gazebo e TV Talk rimangono, due tra le mie trasmissioni preferite. Mi ritengo già soddisfatto per questo, e ometto le cose che invece mi sembrano non del tutto confacenti ai mei gusti, ma ripeto che è appunto Pag. 11una questione di gusti, dei quali non bisogna disputare.
  La domanda che si aspetta è perché Semprini. È vero, ha detto che è un volto nuovo e un grande professionista della tv. Spero che in Rai esista qualche volto nuovo e grande professionista della tv tra i tanti giornalisti. Se non fosse così, sarei molto preoccupato. Bisognerebbe arrendersi, alzare le mani e dire fuori tutti. Battute a parte, continuo a ritenere – lo avevo detto all'epoca anche ad Andrea Vianello, il cui lavoro per me è stato positivo e che è persona che stimo – che scommettere su Giannini non fosse la scelta giusta. Tutto sommato, al netto delle considerazioni, mi pare che forse avevo azzeccato. Che non ci sia nessun giornalista Rai che possa condurre questo programma mi pare veramente fuori dal mondo. Se fossi uno dei tanti giornalisti Rai, rimarrei sgomento di fronte all'idea che bisogna necessariamente andare a cercarlo su Sky o altrove. Non aggiungo altre considerazioni, su costi o altro. Sto proprio al fatto. Possibile che in un'azienda pubblica non siano stati formati professionisti in grado di fare quel lavoro? È una piccola domanda. C'è anche il simpatico paradosso evidenziato da un giornalista sempre molto informato per cui a un giornalista di Sky che aveva vinto un concorso in Rai non è stato offerto nulla di buono, e se n'è dovuto tornare, mentre uno che non si è messo in gioco viene chiamato perché è il più bravo del mondo: un paradosso che le riferisco perché l'ho letto e mi è sembrato molto strano. Ancora, tra i cento che hanno vinto un concorso tostissimo – è stato un concorso serio, fatto bene – non ce n'era uno da lanciare? No, la Rai se non va a prendere Semprini da Sky non è in grado di fare informazione politica. Mi rifiuto di crederlo, francamente.
  Ho un'altra domanda. Non l'ha detto, però si è diffusa la voce che l'edizione serale della TGR è nuovamente nel mirino del direttore di rete. Era successo già qualche tempo fa. Vorrei sapere se è vero o no, perché in alcune regioni, ovviamente di secondaria importanza quale la mia, anche l'edizione serale della TGR è piuttosto seguìta. Toglierla potrebbe essere un errore.
  La terza questione è un po’ più di fondo. L'ho chiesto anche a Dallatana e la sua risposta non è stata, dal mio punto di vista, soddisfacente. Glielo chiedo ancora una volta. Non è una provocazione, ma un tentativo di capire. C'è un direttore editoriale che si chiama Verdelli. Potrei ironizzare sul fatto che, facendo anche un po’ arrabbiare Bonaiuti giornalista, lei ha detto che i giornalisti della carta stampata non sempre sono bravi, almeno a fare le trasmissioni.

  DARIA BIGNARDI, direttore di RaiTre. Sono mestieri diversi.

  SALVATORE MARGIOTTA. Per questo non trovo brillantissima l'idea che si prenda come direttore editoriale, che dovrebbe aiutare a fare le trasmissioni, uno che in televisione non sia mai stato, ma è così...

  MAURIZIO GASPARRI. Anche Merlo!

  SALVATORE MARGIOTTA. Merlo: se si applicasse il suo criterio, dovrei dire che è strano che utilizzi la De Gregorio. Non parlo di Lerner, che ovviamente è un mostro sacro, peraltro bravissimo, ma mi pare che anche su quell'affermazione sia stata un po’ troppo categorica, visto che lei stessa utilizza giornalisti della carta stampata per andare in video, e non lo capisco. A parte questo, che ripeto è una piccola contraddizione, comprensibile perché inevitabile, non riesco a capire il vero rapporto tra questa sovrastruttura direzione editoriale e non solo le testate, ma anche le reti, laddove si occupano di informazione. Un direttore di rete in che maniera si coordina col direttore editoriale per decidere come gestire gli spazi di informazione? Non l'ho capito. Dallatana ha dato una risposta francamente molto evasiva. Sembrava che Verdelli fosse un consulente a cui chiedere il parere. Mi pare sminuente e riduttivo per Verdelli. Se mi aiuta a capire proprio come funziona la rete di trasmissione, come ragionate insieme per fare informazione, se ragionate insieme, le sono grato, perché fin qui non l'ho capito.

Pag. 12

  ALBERTO AIROLA. Ringrazio la direttrice e i suoi collaboratori di essere qua. È un'audizione molto interessante perché, come diceva giustamente lei, RaiTre è una rete che ha sempre innovato la televisione, i linguaggi. Purtroppo, a un certo punto si è fermata per varie ragioni, tanto che abbiamo perso, come ha ricordato, dello share. Il target medio è di sessanta anni, che è la notizia penso più omogenea di tutto l'apparato Rai. Purtroppo, la Rai deve veramente fare questo passo e non è facile. Non è un'operazione semplice.
  Delle due parole chiave, una è sperimentare: perfetto. È una parola che sicuramente si adegua alla mission di questa rete. Che cosa comporta sperimentare? Comporta che, fatti salvi alcuni punti, sicuramente delle eccellenze di RaiTre che magari vanno riviste, Chi l'ha visto?, Report, altri programmi di informazione che citava, che hanno oggettivamente oramai un pubblico veramente consolidato, programmi indubbiamente da servizio pubblico, però non possiamo rivedere altri format e, soprattutto, altri personaggi. Mi fa piacere che rinnoviate Agorà. Come Movimento 5 Stelle sull’infotainment abbiamo seri dubbi, che abbiamo già espresso. Col caso di Vespa e in altri casi si è evidenziato il fatto che uno spettatore viene disorientato magari dal presentare in breve spazio di tempo, modalità narrative e argomenti molto diversi, seri, faceti, mafia, questioni più leggere. Avere compartimenti e contesti di informazione un po’ più precisi disorienta di meno. Sono contento, quindi, se si va a diminuire l’infotainment e si aumenta l'informazione con vari programmi. Si svecchiano i talk e va benissimo. Qual è il problema? Quando vedo che ci sono format o personaggi... Rischiatutto, per carità, sarà anche reinventato, ma non è sicuramente una grande sperimentazione dal nostro punto di vista. Quanto al racconto della politica, è sicuramente una bella idea quella di raccontare una politica diversa, che non è quella dei palazzi, dove oramai c'è veramente una messa in scena più che una reale attività politica. Concita De Gregorio, però, magari va benissimo, non metto in dubbio le sue competenze, ma è una persona che ha fatto già tv da tantissimi anni, che abbiamo visto in tutte le salse.
  Parliamo di storia e il palinsesto estivo, purtroppo, come tutti i palinsesti Rai, viene devastato da vecchi film, telefilm degli anni Ottanta e così via, eppure sono sicuro che anche questo potrebbe cambiare. Ho già detto alla sua collega Dallatana che d'estate sarebbe bello avere un servizio pubblico che non va così in vacanza. Magari si potrebbero usare persone nuove. Mieli sarà un grandissimo professionista, ma lo vediamo da anni. Sperimentare significa anche cambiare i volti della televisione. Sperimentare significa che i format non sono esclusivamente – l'ho detto anche a Dallatana – quelli di Magnolia, di Freemantle, di questi fornitori abituali dalla Rai, che sono sempre quelli, ma allargarsi. RaiTre è la rete che deve fare questo secondo noi, perché l'ha fatto per tanti anni. Parlava di Guglielmi: tanti volti che abbiamo oggi in tv da vent'anni, anche di più forse, sono usciti spesso da programmi di RaiTre.
  Va benissimo Alberto Angela, magari con meno documentari su Roma. Questo è un volto noto, va bene. Parliamo di documentari. C'è una produzione internazionale e anche italiana d'eccellenza, dappertutto: non li vediamo in Rai, io non ne vedo neanche uno. Del Brocco aveva detto che ne avrebbe prodotti centinaia, 250 in un anno, quattro a settimana, e non se ne vede nessuno. Bisogna forse aprirsi a quel tipo di produzione, perché sono anche linguaggi innovativi. Non è più un vecchio documentario. Resto un po’ perplesso sulla docu-fiction. Anche quel genere va dosato bene, altrimenti parliamo sempre di fiction. Tra l'altro, a proposito di fiction, la mia questione è la seguente. La Andreatta aveva detto che avrebbe prodotto anche fiction per altre reti: se c'è quest'idea, che cosa proporrete? A me, sinceramente, vedere tutte queste fiction in Rai mi ha un po’ stancato. Trovo che sia poco servizio pubblico. Peraltro, sono prodotti che non vengono venduti, a parte qualche serie di eccellenza, una o due forse.
  Non metto becco su Ballarò. Abbiamo sempre criticato che tre ore siano tantissime. Pag. 13 Ribadisco che c'è un altro modo di fare informazione, ma non è il caso di RaiTre, che ha già fatto secondo me ottimi programmi.
  Il pubblico interagisce molto con gli autori. Questo è un aspetto molto interessante, perché ci permette di unire l'attività di cui parlavamo con Tagliavia di web della RAI con la produzione televisiva. Possiamo usare il web per interagire. Secondo me, sarebbe bene che cominciaste anche a focalizzarvi, a coordinarvi su quello. Anche lì c'è un passaggio da fare. Sappiamo che le tv generaliste sono quasi alla frutta. Se cominciamo a piantare i semi per avere un passaggio epocale, o almeno a starci dietro, è importante.
  Quanto a lavorare sui linguaggi, va bene il nuovo programma Tutta salute, a costo però di uscire dal target medio di sessant'anni di Elisir. Oltre a parlare di prostata, argomento che peraltro comincia interessare anche a me, bisognerebbe parlare di prevenzione per i giovani, AIDS, di cose di cui non si sente più parlare, di argomenti veramente del servizio pubblico e che aiutano a vivere meglio.
  Quanto ai libri, è molto interessante, una striscia sui libri va bene: perché non cominciare ad avvicinare anche il pubblico di Internet? So che RaiUno metterà il buon don Matteo a fare una striscia sempre in primissima serata di otto minuti sull'uso di internet per le persone meno giovani che non lo usano.

  DARIA BIGNARDI, direttore di RaiTre. (fuori microfono) È su Rai 4.

  ALBERTO AIROLA. Secondo me può essere una cosa utile da servizio pubblico.
  Quanto ai temi dell'immigrazione e dell'Islam, oggi vado a un convegno sulla rappresentazione religiosa in tv: il 90 per cento del tempo religioso, della rappresentazione della religione in generale in televisione è della religione cattolica. Secondo me, un modo per aiutare il popolo italiano a convivere, a crescere, a integrarsi, è non solo parlare di Islam, ma variegare la rappresentatività e i tempi dati a varie confessioni, che chiedono tra l'altro spazi, o anche solo parlare di spiritualità, non sempre solo coi miracoli o con questi programmi peraltro veramente un po’ fuori del tempo.
  Mi avvio alla conclusione. Gad Lerner è un altro di quei volti che sinceramente non mi danno l'idea di un rinnovamento e di una sperimentazione, così come Baricco, che scrive poco, ma almeno legge in tv.
  L'ultima questione è quella della satira. Un aspetto che RaiTre ha sempre portato avanti e che ho visto scomparire, anche dalla Rai in generale, è la satira, in particolare la satira politica. Credo che Gazebo sia un ottimo programma, ma sia una cosina che va bene, che funziona. Se a Zoro volete dare altro, per carità, non voglio dire che deve stare nell'angolino, ma sicuramente non basta a dare una riflessione diversa che dà la satira sul mondo della politica e sul mondo in generale, una visione sempre molto stimolante, intelligente e fa crescere gli italiani.
  Concludo dicendole quello che ho detto a tutti gli altri direttore di rete e al direttore generale. Trasparenza: nessuno potrà accusarla di lavorare con ex amici se lei semplicemente mette in chiaro, nero su bianco, le cose. Favorisca le scelte interne di dirigenti e collaboratori, non tratti male chi fa informazione, perché è il primo modo di ricattare. La stagione scorsa a certi autori in partita Iva di trasmissioni di informazioni anche di RaiTre è stato chiesto di scendere, di fare ancora sconti: è gente che lavora al minimo. Non è ammissibile che un dirigente prenda botte di cifre e poi ci sia chi lavora, porta a casa notizie e fa la televisione, e faccia questa vita. Allo stesso modo, bisogna avere dei feedback per gli appalti. Stanno succedendo cose brutte in Rai, come ne sono successe in passato. Queste sono le raccomandazioni che faccio a tutti: valorizzare il personale, fare quello che è giusto in appalto, ma con trasparenza, e cercare il più possibile di far crescere anche il mondo interno, che da troppi anni è stato emesso un po’ all'angolo o è stato poco valorizzato. Questo fa male anche all'azienda, per il suo spirito e la sua voglia di lavorare.

  LORENZA BONACCORSI. Sono molto contenta di quest'incontro, perché una cosa Pag. 14che dico sempre, soprattutto della nostra classe politica, è che per molti di noi servizio pubblico tendenzialmente è come si fa informazione. Tutto il resto è spesso dimenticato. Io credo, invece, che con quest'illustrazione di tutto quello che sarà RaiTre torniamo a dare in maniera molto esaustiva – lo dico francamente – quello che deve essere il ruolo del servizio pubblico, del racconto, di quello che il servizio pubblico può dare in più alla società, altrimenti non avrebbe senso essere servizio pubblico.
  Credo che il racconto che ci è stato fatto, l'illustrazione dei programmi a 360 gradi, da quello sulla salute a quello sui libri, possa provare a riportare un po’ una discussione su quello che deve essere il servizio pubblico, discussione che dobbiamo fare nei prossimi settimane e mesi, in quanto andiamo al rinnovo della concessione. Credo che sia molto importante.
  Mi permetto, però, di fare un'ulteriore riflessione rispetto all'illustrazione di quelli che saranno i palinsesti della prossima stagione. Nel piano industriale che ci è stato illustrato dal direttore Campo Dall'Orto, a pagina 4 c'è un punto secondo me importante, che però non riesco a vedere e a capire. Non ne ho sentito trattazione da nessuno, lo dico francamente. Dice: «un profondo rinnovamento organizzativo, che rafforzi la spinta di cambiamento, semplifichi la gestione operativa e consenta a Rai di operare in logica di one company». Non riesco a capire da tutte le illustrazioni che ci sono state fatte da voi direttori di rete, per me assolutamente esaustive – ma mi riferisco anche a una frase che ho letto in un'intervista sempre al direttore Campo Dall'Orto credo sul Il Sole 24 Ore di qualche settimana fa – come pensiate di organizzare dal punto di vista aziendale la rete. Non credo che la struttura che oggi avete ereditato funzioni per quello che volete provare a far diventare la nuova Rai.
  Anche Airola, col quale sono drammaticamente, incredibilmente d'accordo – lo dico scherzando – trattava il tema di striscio, ma non riesco a capire come si concilierà quel bagaglio molto pesante di strutture ereditate delle varie reti con quello che va valorizzato, e che purtroppo oggi, soprattutto nelle reti, viene un po’ tralasciato. In questi anni, non ho quasi mai sentito parlare di una diversa razionalizzazione del personale e delle risorse interne. Tanta gente vorrebbe fare tanto, e invece fa fatica anche a mettersi in gioco anche rispetto alle nuove sfide che ci sono nelle varie reti. Credo che questa della valorizzazione delle risorse interne sia un tema che va un po’ meglio raccontato. Credo che sia una scommessa del futuro. Ovviamente, ci teniamo molto a fare in modo che si valorizzi tutto il patrimonio lavorativo professionale di Rai, del servizio pubblico, perché c'è. Credo che sia un ragionamento che vada trattato in maniera più profonda, più puntuale e raccontato meglio.

  GIORGIO LAINATI. Direttrice, gentili ospiti, sarà perché ho lavorato molti anni a Canale 5 con personale come Emilio Carelli, Enrico Mentana, relativamente alla questione sollevata da alcuni colleghi dei giornalisti di carta stampata che si trasformano in conduttori televisivi con risultati alterni, mi vengono effettivamente in mente alcune personalità. Lei ha giustamente citato la presidente Annunziata. Le assicuro che, quand'ero in Forza Italia, l'ho dovuta criticare personalmente perché era un ordine di scuderia, ma la presidente Annunziata è diventata un ottimo conduttore televisivo pur venendo dalla carta stampata. Mi dispiace che il senatore Airola apprezzi meno il presidente Paolo Mieli, ma devo dire che, se c'è un grande giornalista italiano che fa una divulgazione straordinaria della storia, quello è lui, in televisione e anche grazie alle tecnologie che vengono usate. Sono quelle eccellenze del servizio pubblico alle quali lei faceva riferimento.
  Ecco perché mi dispiace essere in dissenso dall'amico senatore Margiotta sulla scelta di Semprini. Effettivamente, l'attuale conduttore non ha «bucato lo schermo» – non so come altro dirlo oggettivamente – altrimenti gli ascolti non sarebbero precipitati così in basso. Mi riconosco nelle sue scelte. Sono stato per ventidue anni in Forza Italia, e abbiamo passato gran parte di questi anni a criticare la rete che lei dirige. Vorrei ricordare ad alcuni colleghi Pag. 15le dure polemiche che alcuni esponenti di quel partito hanno fatto contro la satira di RaiTre, se vogliamo dire qualcosa. Forse sarà anche per quello che non c'è più la satira su RaiTre. Debbo dirle sinceramente che la sua gentile esposizione mi ha convinto, e quindi auguro buon lavoro a lei e al suo team.

  ALBERTO AIROLA. Mi scusi, ho solo una domanda, che mi è stato chiesto di porle, sullo spostamento a lunedì di Report: non è che perdono share ...

  DARIA BIGNARDI, direttore di RaiTre. Questo è un tema. Due anni fa c'era stato uno spostamento del genere, tra l'altro richiesto da Milena Gabanelli, che voleva provare a cambiare sera. Come share non era andata molto bene, come teste sì. Sapete che sono due cose diverse il numero delle persone che guardano un programma e la percentuale di persone che guardano quel programma. Avevo l'esigenza del programma di Fabio Fazio più lungo, compatto, non più il sabato ma la domenica, un asset dal punto di vista qualitativo e pubblicitario importantissimo per la Rai, quindi ho accettato molto volentieri la sua proposta. Soprattutto, avevo l'esigenza di togliere due fuoriclasse, due gruppi di lavoro potentissimi dalla stessa sera. Ho analizzato le due serate. Credo che quest'anno il lunedì sarà migliore. Intanto, non c'è più Formigli, che va il giovedì su La7, quindi l'unico programma di informazione sarà quello di Del Debbio il lunedì. Del Debbio ha un profilo di pubblico molto diverso da quello di Gabanelli e Iacona. Inoltre, la domenica sera ci saranno Le Iene. Le nuove Iene hanno un profilo di pubblico più simile a quello di Gabanelli e Iacona. Credo che con questa scelta giochiamo per avere due prime serate importante e forti. Facciamo questo tentativo. Naturalmente, la volontà è quella di avere prime serate forti su prodotti forti che valorizziamo. Potrebbero esserci delle criticità. Parliamo dei due gruppi di lavoro più importanti della rete, quindi c'è una grandissima attenzione da parte nostra in questo senso.
  La ringrazio e approfitto per rispondere a tutti, presidente. Spero di ricordarmi tutto quello che mi avete chiesto.
  Relativamente alla satira di Gazebo, l’access time che abbiamo riservato loro oggi è lo spazio più pregiato di una rete. Quella mezz'ora quotidiana che daremo al Gazebo social news è molto importante. Inoltre, ho dimenticato di dirvi che rimane anche la seconda serata del venerdì. Ci saranno quindi ancora le inchieste di Zoro, i viaggi di Zoro e il suo sguardo sulla politica, che penso sia satira e informazione al tempo stesso; in più ci sarà l’acces time. È uno spazio importante per la rete. Concordo con lei che sarebbe molto bello avere una satira ancora più importante. Non credo che sia un segreto abbiamo provato ad avere la satira di Crozza, ma non ce la siamo potuta permettere, purtroppo. Crozza mi ha anche preso in giro per il fatto che ho provato a portarlo in rete. Per ora, non ci siamo riusciti. Bisogna crescere con le nuove generazioni. Non è una cosa che si improvvisa, è molto difficile. Lei sa che la satira è forse una delle cose più difficili da fare in maniera potente, ma condivido la sua osservazione.
  Quanto alle altre religioni, partiamo dall'Islam. Non vi ho raccontato di un programma secondo me bellissimo che faremo, un evento di prima serata del 19 dicembre, che si intitola Un selfie con il Papa. In America c'è un format che racconta grandi personaggi, e l'hanno fatto con Ridley Scott e Bruce Springsteen, e noi lo facciamo sul Papa. Stiamo attuando una piattaforma che richiede materiali a tutti quelli che hanno fatto un filmino, una foto col Santo Padre, materiale che monteremo. Forse ricorderete anche Salvatores che aveva fatto quel lavoro sul racconto italiano. Sarà molto bello il Selfie con il Papa, il linguaggio sarà molto interessante, molto nuovo. Da lì potremo passare a molti altri personaggi.
  Dicevo che cominciamo dall'Islam con quattro puntate. Sono d'accordo con lei che spiritualità e religioni siano temi squisitamente da RaiTre.
  Sul digital secondo me sarebbe anche utile che incontraste nuovamente Gian Pag. 16Paolo Tagliavia, perché ci sarà un grandissimo lavoro in quel senso. Mi aspetto davvero tanto già da settembre, spero da gennaio 2017. Dovrebbe essere una rivoluzione. Non voglio essere io a parlarvene perché non compete alla mia direzione, però mi aspetto che ognuno dei miei programmi abbia una vita in rete e una possibilità di interagire, una nuova vita. Da lì ci aspettiamo davvero tanto. Stiamo facendo un grandissimo lavoro.
  Lei parlava di fiction. Su RaiTre tornerà Non uccidere. Questa è una scelta sulla quale ho molto riflettuto. I risultati d'ascolto non erano stati eccezionali, invece il linguaggio era stato molto interessante. L'abbiamo venduto in tre Paesi, che non è scontato, il che mi ha fatto decidere che potevamo permetterci di continuare a investire su un prodotto che aveva una potenzialità commerciale anche all'estero.
  Il senatore Margiotta mi chiedeva due cose puntuali. Di Semprini – ho visto che è tornata questa domanda – mi avete detto che non l'ho trovato internamente. Intanto, ammetto che in tre mesi, e con tutto il lavoro che penso abbiate capito che stiamo facendo, non sono riuscita ancora a conoscere tutte le potenzialità interne. È un lavoro che sto facendo. Ho incontrato molte persone, molti giornalisti interni, ho fatto qualche piccola ma significativa scelta. Non vi ho parlato di un programma a cui tengo moltissimo, che si chiama Casa Bianca, un racconto sulle presidenziali americane che parte dalle convention di quest'estate, un racconto in esterni per immagini, storie girate in America. La produzione è interna. Sono storie girate in America con due protagonisti, un repubblicano e un democratico, italo-americani, quindi tutte in lingua italiana. È un racconto per immagini, che parte delle convention di quest'estate e arriverà fino al giorno delle elezioni. È la sfida Clinton-Trump, più che interessante, più che appassionante. Il tutto sarà guidato da un volto interno, Iman Saba, una giornalista nata a Nazareth, ma che è in Italia dal 1997, cittadina italiana. È una scelta interna che mi convince moltissimo.
  Mi sono impelagata in quel discorso esterni, che spero non prenderete in maniera manichea, perché naturalmente ci sono mille eccezioni, è ovvio. Una puntualizzazione: Concita De Gregorio farà l'autore di quel programma, non so neanche se la vedremo in video. Vedremo le storie, i giovani politici dei comuni, l'intervistatrice non entrerà neanche. Parlavo di studio quando dicevo della necessità di un'esperienza robusta. Il conduttore di studio fa un altro lavoro rispetto a chi scrive, alla più eccezionale delle penne. Quello è un lavoro diverso. Il conduttore del TG o chi lavora in un TG fa un lavoro diverso. Sono d'accordo con voi che bisogna far crescere queste professionalità, è vero. Comincio a farlo con Casa Bianca, farò un'altra scelta interna su un altro progetto che mi interessa molto, che è quello di Non uccidere: si arrabbieranno molto con me perché vi sto raccontando tutto prima della presentazione dei palinsesti, ma mi avete fatto delle domande, mi avete invitata alla trasparenza e rispondo a tutto quello che mi chiedete.
  Il senatore Margiotta mi chiedeva di Verdelli. È vero che Verdelli viene dalla carta stampata, è indubbio, credo che sia uno dei più grandi...

  SALVATORE MARGIOTTA. Mi interessa di più il rapporto.

  DARIA BIGNARDI, direttore di RaiTre. È un rapporto di confronto. Carlo Verdelli è un giornalista di tale autorevolezza che le assicuro che, quando parla e dice la sua, noi lo stiamo ad ascoltare. È un giornalista totalmente libero, capace anche di scelte scomode. Penso che non fosse facile affidare quel ruolo a un giornalista, perché ci voleva una grandissima autorevolezza per confrontarsi con tutte le realtà interne delle testate Rai. Come sapete, dirigo la rete e i telegiornali fanno un altro lavoro. Auspico che in futuro si farà un lavoro insieme. Questo è molto importante. Credo che Verdelli abbia la grande dote di avere una totale autorevolezza, lealtà, trasparenza. Personalmente, mi confronto con lui su tutto, e lo ascolto, e lui ascolta me, Pag. 17perché la responsabilità finale è mia. Tutto quello che non vi piacerà ascrivetelo pure a me, perché la responsabilità finale è dei direttori di rete.

  SALVATORE MARGIOTTA. Il problema della TGR?

  DARIA BIGNARDI, direttore di RaiTre. Non mi risulta. Credo non siano state prese decisioni al riguardo, comunque non siamo noi che decidiamo, non compete alla rete.
  L'onorevole Bonaccorsi diceva una cosa giustissima, che condivido in pieno: la vera grande sfida della Rai è quella sulle risorse umane. In quel caso, non si tratterà di me. Vi ho detto che sono qua per un pezzetto molto breve. Mancano due anni e otto mesi e non vi dico che sto cancellando i giorni come in galera, ma è un lavoro molto faticoso. È vero, la partita si gioca lì, sulla riorganizzazione, sulla governance, sul metodo di lavoro. Possiamo fare lo sforzo più grande del mondo, inventarci le cose più grandi del mondo, però è vero che la Rai è un'azienda che deve confrontarsi secondo modalità di organizzazione diverse. Ho avuto la fortuna di incontrare un gruppo di persone splendido, di grandi competenze, che offre grande collaborazione. Ci stiamo divertendo parecchio, anche se non sembra vedendo Andrea e Giovanni, ma sono un po’ crollati, e figuratevi io che vengo da quattro ore di consiglio di amministrazione di stamattina, giornata interessante. Questi confronti sono sempre arricchenti. Se mi permettete una nota personale, non ho mai lavorato a Roma, ho sempre lavorato a Milano. Dopo i primi cinque anni in Rai, ho lavorato dieci anni a Mediaset, dieci anni a La7, quindi è la mia prima esperienza vera di servizio pubblico. Per me è tutto estremamente interessante, sto capendo cose di questo Paese che non avevo mai capito. Mi servono moltissimo, sono molto affascinanti dal punto di vista letterario, ma mi arricchiscono anche molto come persona, quindi condivido il suo punto. Quello che le posso dire è che il direttore generale ci invita continuamente a usare lo strumento del job posting quando c'è bisogno di una nuova professionalità e a guardare dentro. Anche Carlo Verdelli lo fa continuamente. Quando ho fatto la scelta di Semprini, Verdelli è stato il primo a chiedermi se non ci fosse nessuno dentro. Non è che non me l'abbiano chiesto. Io ho avuto molti incontri.

  SALVATORE MARGIOTTA. Ha fatto il job posting anche per Semprini?

  DARIA BIGNARDI, direttore di RaiTre. Qualcosa del genere. Ho analizzato molte professionalità interne.

  SALVATORE MARGIOTTA. Non volevo interrompere e non voglio essere antipatico nell'interlocuzione, ma non glielo avrei chiesto. Capisco che ha chiamato Semprini perché lo vede in televisione, le piace e lo sceglie. La domanda è venuta inevitabile quando ha detto che il direttore generale mi dice di fare sempre il job posting. Questo è ancora una volta in contraddizione col fatto che non l'ha fatto. Non è vero quando dice di farlo sempre.

  DARIA BIGNARDI, direttore di RaiTre. Il job posting è per la struttura interna.

  SALVATORE MARGIOTTA. Ho capito, però ...

  DARIA BIGNARDI, direttore di RaiTre. Per le professionalità interne di struttura.

  SALVATORE MARGIOTTA. Il job posting dovrebbe essere in teoria, se è una cosa seria, aperto agli interni e agli esterni. Uno fa il job posting, chiede a chi si vuole candidare per un ruolo, confronta i curricula e sceglie.

  DARIA BIGNARDI, direttore di RaiTre. Non si può fare per le conduzioni. Non è nel mercato.

  SALVATORE MARGIOTTA. Sono d'accordo. L'ho chiesto solo perché l'ha detto lei. Mi sarei astenuto dal dirlo, ma mi sembrava ancora una volta strano che, immediatamente dopo aver detto che il direttore generale le dice sempre di fare il job Pag. 18posting, dicesse che per Semprini non l'ha fatto. Mi sembrava una contraddizione, ma superata.

  DARIA BIGNARDI, direttore di RaiTre. Senatore, ci tengo invece a spiegarle che sono ruoli diversi. Il job posting è uno strumento che serve per quanto riguarda le figure interne di strutture di rete: se serve un funzionario che segue il palinsesto, il flusso di rete, il marketing, una struttura o un funzionario sulla struttura del daytime. Cerchiamo internamente, in altre reti, in altre strutture, ovunque in Rai. In quel caso c'è il job posting con la descrizione del profilo. Questo non vale per le conduzioni, che sono un'altra cosa. Stiamo parlando di prime serate, che sono una scommessa. Io già faccio la scommessa sul formato, che è una scommessa rivoluzionaria. So benissimo che andrà a fare il 4 per cento, è ovvio, però penso che qualcuno lo debba fare, che quel lenzuolo di tre ore di chiacchiere vada scardinato. Bisogna provarci e ci deve provare il servizio pubblico. Se non lo facciamo noi, se non cominciamo noi, se non comincia RaiTre, che secondo me è il servizio pubblico del servizio pubblico, chi comincia? Mi sono sentita di doverlo fare. Ho però fatto una scelta che trovo robusta, robusta quando parliamo di televisione e quando parliamo di portare un volto potenzialmente nuovo nelle case degli italiani che non hanno Sky.
  Ho parlato troppo, come sempre, ma vi ringrazio moltissimo per questo confronto. Al prossimo incontro.

  PRESIDENTE. Ringrazio il direttore di RaiTre e ai suoi collaboratori e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.

Pag. 19