XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 85 di Mercoledì 18 maggio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 2 

Seguito dell'audizione del direttore generale della Rai, Antonio Campo Dall'Orto:
Fico Roberto , Presidente ... 2 ,
Gasparri Maurizio  ... 2 ,
Lupi Maurizio (AP)  ... 2 ,
Fico Roberto , Presidente ... 3 ,
Lupi Maurizio (AP)  ... 3 ,
Fico Roberto , Presidente ... 3 ,
Lupi Maurizio (AP)  ... 3 ,
Fico Roberto , Presidente ... 3 ,
Lupi Maurizio (AP)  ... 3 ,
Rossi Maurizio  ... 3 ,
Fico Roberto , Presidente ... 4 ,
Campo Dall'Orto Antonio , direttore generale della Rai ... 5 ,
Airola Alberto  ... 10 ,
Campo Dall'Orto Antonio , direttore generale della Rai ... 10 13 ,
Ciampolillo Lello  ... 14 ,
Campo Dall'Orto Antonio , direttore generale della Rai ... 14 ,
Ciampolillo Lello  ... 14 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 14 ,
Ciampolillo Lello  ... 15 ,
Campo Dall'Orto Antonio , direttore generale della Rai ... 15 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'art. 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del direttore generale della Rai, Antonio Campo Dall'Orto.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione del direttore generale della Rai, Antonio Campo Dall'Orto, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Ricordo che nella seduta dello scorso 28 aprile il direttore generale ha proceduto all'illustrazione delle Linee guida strategiche del piano industriale 2016-2018 del Gruppo Rai. L'audizione è quindi proseguita il 4 maggio con l'illustrazione da parte del direttore generale delle previsioni economiche relative alle suddette linee guida, al termine della quale erano intervenuti diversi colleghi per porre domande e chiarimenti.
  Prima di dare la parola al dottor Campo Dall'Orto perché risponda ai quesiti formulati nella seduta precedente, il senatore Gasparri ha chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori.

  MAURIZIO GASPARRI. Ho indirizzato una lettera al presidente ieri, chiedendo che a breve si possa programmare una riunione della Commissione di vigilanza in riferimento alla vicenda del referendum. So benissimo che il referendum costituzionale si terrà a ottobre e che le norme riguardanti la par condicio hanno una tempistica che non è ancora in vigore per questa scadenza, tuttavia l'importanza dell'argomento, investendo aspetti fondamentali della democrazia, della Costituzione, del Parlamento, delle istituzioni che sono alla base della vita della Repubblica, già dilaga nell'informazione anche dei telegiornali, con un debordare dell'informazione governativa e del «sì» (basta constatare tutti i dati); credo che la Commissione di vigilanza dovrebbe fare una riunione per una riflessione. Pur sapendo quali sono le scansioni delle norme, vista la rilevanza dell'evento ai fini della Costituzione, soprattutto nel servizio pubblico ma una riflessione in generale, è opportuno porsi già da ora un problema visto che siamo già di fatto in una campagna elettorale che durerà fino a ottobre e che non può rimanere svincolata da un indirizzo, da un orientamento. È un tema su cui vi chiederei di fissare una riunione apposita della Commissione di vigilanza per parlarne fin d'ora ed evitare di chiudere la stalla quando i buoi sono già scappati.

  MAURIZIO LUPI. Volevo chiedere al presidente, data la cortesia anche degli altri colleghi, se sia possibile, visto che la volta precedente il nostro gruppo non era presente non per cattiva volontà, ma perché era stata convocata una conferenza dei Capigruppo alla Camera cui ho partecipato ed eravamo entrambi impossibilitati, fare almeno un brevissimo commento e una domanda al direttore generale prima della Pag. 3sua replica. È una richiesta cortese che facciamo, ho letto nei verbali della volta precedente gli interventi dei colleghi e non ripeterò nessuna delle domande fatte, ma credo che per una corretta espressione dei giudizi di questa Commissione possa essere utile, se c'è questa disponibilità, rivolgere almeno la domanda che ci premeva porre al presidente.

  PRESIDENTE. Se sono quesiti veramente brevi.

  MAURIZIO LUPI. Normalmente sono breve. Cinque minuti...

  PRESIDENTE. Cinque minuti sono troppi, perché oggi dobbiamo lasciare spazio alle risposte.

  MAURIZIO LUPI. Dico che il mio collega Pisicchio, avendo dichiarato di non volere le slide, dal numero di pagine del suo intervento credo che sia andato oltre non i cinque minuti, ma a multipli di cinque. Detto questo, siccome è una cortesia, mi attengo al numero di minuti che lei mi concede.

  PRESIDENTE. Il più breve possibile e meno di cinque minuti possibilmente.

  MAURIZIO LUPI. Grazie. La volta precedente ho ascoltato con attenzione la relazione del direttore generale e mi interessa sottolineare essenzialmente una questione su cui non bisogna né dubitare, né aver paura di esprimersi con forza, direttore.
  Lei parte dal suo piano editoriale (non può che essere così) affermando cosa vuol dire essere servizio pubblico per la Rai, perché questo è il tema su cui sviluppare la missione di un'azienda e la missione di questa azienda è essere servizio pubblico. Non a caso c'è una funzione della Commissione di vigilanza che va in questa direzione, a controllare e garantire che effettivamente l'azienda Rai svolga questo servizio pubblico e si attenga al contenuto della convenzione in essere. Informare, raccontare, intrattenere, garantire, diffondere e promuovere hanno un minimo comune denominatore, che è il tema del Paese che è plurale, non è singolare. Quello che dobbiamo garantire nel servizio pubblico della Rai è, prima che politico, un pluralismo culturale e noi teniamo molto a sottolineare questo e a non aver paura di affermarlo. Il pluralismo culturale però si garantisce (nel suo piano editoriale lo sviluppa) con la risposta a due domande: chi lo garantisce e come lo si fa. La domanda è questa, cioè tale garanzia passa attraverso gli uomini, le persone, le scelte che rappresentano una o un'altra espressione culturale, non un'espressione politica, ma innanzitutto sensibilità e culture diverse. Questo nel piano editoriale come si sviluppa e si garantisce? Perché poi si arriva a delle scelte, si fa questa trasmissione e non un'altra, si sceglie questo presentatore e non un altro, è chiaro che tutti i presentatori, gli attori, i giornalisti possono essere validi professionisti, ma si sceglie questo direttore e non un altro.
  Mi preoccupa proprio questo, perché l'uomo non è neutro, è bravo, è capace, ma parte dalla sua storia e dalle sue idee, come è giusto che sia, quindi un pluralismo all'interno del servizio pubblico deve essere garantito fino a questa declinazione.
  Ultimo esempio è la funzione di servizio pubblico che possono svolgere Rai Fiction e Rai Cinema. Quanto la Rai può essere (e come nel progetto editoriale si sviluppa) promotore di cultura? Fiction e cinema possono diventare promotori di cultura ed esportatori di impresa e di cultura italiana. Mi piacerebbe molto approfondire anche questo tema.

  MAURIZIO ROSSI. Tengo a dirle, direttore, che apprezzo molto la battaglia che state portando avanti all'interno della Rai, perché è chiaro come stiate cercando di scardinare un sistema e di non subire le pressioni interne di chi vuole continuare a gestire la Rai dall'interno come è stato fatto. La Rai è dei cittadini, il servizio pubblico è dei cittadini e così deve essere portato avanti.
  Ho apprezzato molto sia le dichiarazioni di Verdelli su Rai News, che anche ieri ha fatto 0,3 per cento con un costo Pag. 4esagerato (anche Verdelli ha riconosciuto che ha un costo esagerato per quello che porta a casa), sia l'idea di una Rai meno commerciale e più di servizio pubblico, la presa di coscienza che i TG sono troppi (all'estero in media sono 9, in Italia 36 al giorno) e altre dichiarazioni su cui non posso soffermarmi per i tempi, preferendo entrare sui due temi.
  Innanzitutto rendiamoci conto di una cosa: siamo in un regime di proroga, pensate che la proroga potrebbe essere illegittima ed essere impugnata. Spero che non verrà impugnata, ma in questo momento la proroga di una concessione è illegittima a livello comunitario, la Rai non potrebbe avere una proroga. Sono stato il primo a parlare di proroga al convegno di Gasparri (se lo ricorderà), sono stato il primo ad aver detto che bisognava dare una proroga alla Rai, perché, nel momento in cui è stato dichiarato nella legge sulla Rai che si doveva fare una consultazione pubblica per determinare quali siano gli obiettivi che i cittadini vogliono, l'unica soluzione era quella di fare una proroga. Pensate che nella proroga c'è scritto (questa è una fase fondamentale che forse molti non hanno notato) «nelle more dell'aggiornamento della disciplina in materia di affidamento del servizio pubblico». Questo passaggio vuol dire che il legislatore sa che siamo in una situazione veramente sul filo del rasoio. Questa è una proroga e poi si dovrà passare dalle Aule parlamentari e non sarà un rinnovo, sarà una nuova concessione, e non è ancora detto se questa nuova concessione dovrà passare da gara o potrà essere diretta, e, se dovesse essere diretta, il Governo dovrà motivare perché ritiene che la Rai sia l'unico soggetto in grado di dare questo servizio, perché altrimenti è illegittimo a livello comunitario.
  Le chiedo quindi se sia al corrente che c'è questa frase molto delicata nella proroga nella quale lei sta portando avanti la Rai con un compito difficilissimo, non è colpa sua, è colpa del Governo che è arrivato lungo e dei Governi precedenti (ne parliamo ormai da tre anni di questa benedetta scadenza del 5 maggio). Lei sta facendo una Rai che teoricamente dovrebbe, come in tutti i regimi di proroga, tenere assolutamente ferma come un commissario, non dovrebbe fare nessun cambiamento, secondo me sono anche discutibili i cambiamenti dei direttori in una fase di proroga, e non sa cosa il Parlamento le chiederà di fare quando ci sarà veramente il nuovo affidamento, ammesso e non concesso che sarà la Rai ad avere nuovamente il servizio pubblico.
  Tre piccole domande. Ho fatto un'interrogazione sui diritti sportivi, saprete tutti che anche la BBC ha detto che forse non è il caso che si spendano così tanti soldi per i diritti sportivi, è uno dei temi in dibattito in Inghilterra. Ho chiesto quanto sia stato speso per la Formula 1 e se fosse considerato un contratto di servizio pubblico, e la risposta è stata che, avendola comprata da Sky, non si può dire quanto costa perché c'è un soggetto privato di mezzo, ma sarebbe come sostenere che di un appalto pubblico non si può dire il costo! Di cosa stiamo parlando? Questa risposta all'interrogazione è veramente una denuncia del fatto che si vuole tenere tutto in un calderone, diritti sportivi 100 milioni, ma non dire magari che sono stati dati 5, 10, 20 milioni a Sky per i diritti della Formula 1. Lei intende dire ai cittadini quanto vengono pagati i programmi di servizio pubblico o vuole tenere invece delle grandi cifre, da cui non si capisce quanto venga pagata una cosa o l'altra?
  L'ultima domanda riguarda il questionario. Non so, colleghi, se abbiate guardato il questionario diffuso ieri, il famoso questionario della consultazione pubblica, dove ci sono tutte le domande poste ai cittadini. Ci sono già le risposte, perché la prima domanda è questa: «parliamo ora delle sue abitudini e opinioni rispetto alla Rai», e la seconda: «con quale frequenza lei guarda o ascolta i programmi Rai», ma questo può essere impugnato, la consultazione potrebbe essere bloccata perché è palesemente di parte, non vengono fatte domande ai cittadini su chi svolge il servizio pubblico in Italia, viene chiesto cosa fa la Rai.

  PRESIDENTE. Quest'ultima domanda però è fuori tema. A breve comunque Pag. 5ascolteremo il Sottosegretario Giacomelli. Do la parola al direttore generale della Rai per le risposte.

  ANTONIO CAMPO DALL'ORTO, direttore generale della Rai. Alcune domande sono interessanti, ma non sono di mia competenza. Voglio anche rassicurare l'onorevole Pisicchio che cercherò di essere asciutto: le domande sono state molte, e ve ne ringrazio, risponderò raggruppandole per ambiti simili.
  Una piccola premessa, e lo dico nell'ambito di un rapporto costruttivo e di reciproco rispetto. Un paio di frasi dell'intervento del senatore Airola sono state un po’ forti: «Tinny Andreatta andrebbe mandata via» e «Fiorespino andava mandato via prima» ed esulano dal contesto del nostro dialogo, perché credo che, proprio per il rispetto che ho per questa Commissione, il compito sia di riuscire a trovare un'interlocuzione rispetto alle parti che possiamo migliorare rispetto alla strategia. Attacchi diretti a persone che lavorano in Rai diventano elementi che esulano dal contesto di questa Commissione. Lo dico nell'ambito di un rapporto che credo essere costruttivo, anche perché il tema del piano industriale e della missione del servizio pubblico è il centro del nostro dialogo.
  Approfitto per rispondere al senatore Rossi, nel senso che nella premessa al piano industriale dissi che rispetto alla discontinuità (la seconda o terza slide del piano racconta proprio questo) ci sono due passaggi fondamentali che riguardano il rinnovo della concessione e le nuove modalità attraverso le quali si riscuote il canone, e queste vengono assorbite entro fine anno in un piano industriale, che quindi diventa plasmato in relazione al mandato che riceviamo. Come spiegavo ai suoi colleghi, ho cercato di tenere il perimetro il più possibile identico, a parte un forte investimento sul digitale, perché penso sia giusto avere un'interlocuzione prima di decidere di fare certe cose e non altre. Citavo in questo senso la divulgazione scientifica in cui credo che la Rai dovrebbe entrare, però in questo momento è più giusto vedere quali priorità arrivino dal mandato relativo alla concessione del servizio per poi indirizzare le risorse in aderenza al mandato.
  Parto dalle domande sul piano industriale e sulla missione di servizio pubblico. Qui ci sono stati vari interventi dei senatori Margiotta, Ranucci, Gasparri, Verducci, Ruta, degli onorevoli Peluffo e Pisicchio. Come sapete, abbiamo cercato di rappresentare il percorso cominciato nei mesi scorsi e che va verso una profonda trasformazione di tutta l'offerta, con l'obiettivo di rendere un servizio migliore a tutti coloro che pagano il canone e lo pagheranno con una modalità diversa da quest'anno. È chiarissimo a tutti noi che è un percorso particolarmente impegnativo e sfidante, e che il piano industriale condensa tutte le azioni, raccogliendo quanto già fatto e sviluppando il lavoro che svolgeremo nei prossimi anni. Uno dei punti più importanti del piano consiste nella trasformazione del prodotto. I due elementi chiave sono il ripensamento editoriale dell'offerta e la trasformazione in media company, oltre all'equilibrio economico.
  Il piano editoriale ha una scadenza naturale, nel senso che i nuovi direttori stanno lavorando sui palinsesti che troveranno poi forma visibile con la loro presentazione il 28 giugno, cosa importante, perché dà tempi e modalità certe rispetto agli sviluppi del piano editoriale.
  Ho cercato di mettere in evidenza che l'obiettivo principale è di avere contenuti che ci consentano un percorso di recupero del ruolo di servizio pubblico, che si svolge da un lato dal punto di vista di sviluppo e contenuto, dall'altro anche in base al tipo di ruolo che andiamo a svolgere. Parlo del ruolo da svolgere perché l'idea di potere e dovere tornare a essere servizio universale significa che dobbiamo lavorare sulle modalità con cui costruiamo i contenuti, e sul modo in cui permettiamo alle persone di fruire dei contenuti, anche perché sappiamo bene che altrimenti una parte del pubblico, soprattutto delle generazioni più giovani, non riusciremo più a recuperarla.
  Cito solo alcune cose che vanno nel senso di recupero del ruolo di servizio pubblico, però le trovate disseminate quotidianamente. Oggi arrivo da un incontro Pag. 6importante, che tra l'altro va nel senso di sottolineare il nostro rapporto quotidiano con lo sviluppo della cultura valoriale del Paese, perché questa mattina abbiamo presentato alla Scuola di formazione della polizia la miniserie sulla storia di Boris Giuliano, che andrà in onda il 23 e 24 di maggio. Tra l'altro, veniamo dalla settimana in cui il film intorno alla vita di Felicia Impastato ha sorpreso anche noi per il risultato. Parto da lì perché questo è servizio pubblico e, siccome mi si chiede – quando pensiamo alla Fiction o al cinema – come raccoglieremo questa volontà di recupero del servizio pubblico, è semplice: sulle miniserie e i film ho dato l’input già da agosto che tutto quello che produciamo (sono 15 serate su 135 all'anno) deve essere fortemente improntato a finalità di ricordo o di racconto della nostra realtà sociale. Le miniserie e i film hanno senso soltanto se raccontano storie, attraverso le quali vai a ripercorrere la tua memoria per lavorare sull'immaginario prospettico. La memoria non ti serve solo per capire cosa hai fatto in passato, e avete visto che abbiamo trasformato la parola «educativo» nell'ambito della missione, perché oggi il famoso educate inglese o il ruolo educativo della Rai degli anni ’50-’60 non ha più spazio nella società di oggi in quella forma. Mi chiedono perché non rifacciamo il maestro Manzi, ma la questione ha due aspetti, uno positivo e uno nostalgico.
  Il positivo, che condivido totalmente, è che l'aspettativa rispetto al nostro ruolo rimane elevata, perché dietro a quella domanda c'è la richiesta di continuare ad avere un ruolo centrale. È chiaro che il pezzo della domanda che non condivido è la richiesta di fare un programma in cui si fa una cosa specifica, ma oggi i programmi non hanno quello scopo. Dov'è che il servizio pubblico può avere invece un ruolo essenzialmente valoriale? Questi prodotti servono a raccontare gli elementi identitari di un Paese mediante storie che contengono valori che possono formare l'immaginario di chi le vede. In questo caso specifico c'è una scelta precisa rispetto a quali storie si vanno a raccontare. Cerchiamo di raccogliere storie che siano contraddistinte da coraggio di solito associato alle battaglie per la legalità o per la verità, alle quali le persone abbiano dedicato la propria vita, e che possano rappresentare esempi quotidiani per chi le segue. Sono eroi quotidiani, eroi perché hanno dedicato la vita all'obiettivo a cui miravano, quotidiani perché l'hanno fatto in contesti anche ostili, trovandosi spesso a combattere contro molti soggetti. Questo è un esempio, ma ce ne possono essere di più piccoli. Sapete quanto tenga al fatto che abbiamo levato la pubblicità dal canale per bimbi più piccoli e dai canali culturali.
  A proposito dei diritti sullo sport ho invece un pensiero che ho in parte rappresentato in passato: lo sport è uno dei grandi racconti popolari del nostro tempo, quindi lo sport è palesemente, soprattutto in un Paese che ha una televisione a pagamento molto più ridotta che in altri Paesi, una cosa da servizio pubblico. Come è scritto nelle linee guida della Comunità europea, che hanno addirittura stabilito che alcuni eventi come le Olimpiadi non possano non essere trasmesse anche in chiaro per un minimo di 200 ore.
  Riconosco poi che c'è un altro meccanismo che arriva da lontano, dagli Stati Uniti, dalla televisione a pagamento per cui, siccome le televisioni a pagamento vivono di grandi contenuti Premium, soprattutto sport e Fiction, la ricerca di contenuti pregiati da parte dei soggetti a pagamento ha fatto sì che lo sport diventasse troppo caro e uscisse dal menu delle televisioni gratuite. Questo è vero, però è una conseguenza non desiderabile e desiderata di un meccanismo di business di cui in passato ho fatto parte, però dal punto di vista di racconto secondo me è importante provare a trattenerne alcuni aspetti. È per questo che anche se non abbiamo i diritti delle partite continuiamo a fare il calcio, perché è parte del racconto quotidiano della vita di tutti noi. In tutto il mondo questo racconto, fondamentale per la cultura popolare, sta diventando da free a pay, e quindi nello spazio del servizio pubblico ci stiamo ponendo con Gabriele Romagnoli, che oggi ha presentato al consiglio di amministrazione il proprio piano editoriale, l'obiettivo Pag. 7di lavorare, quando non abbiamo le immagini, sul racconto dietro le immagini, che può essere il documentario fatto prima degli altri sulla favola del Leicester, una delle favole più belle di quest'anno e anche a firma italiana, ma può essere anche il racconto del ritorno del nostro marciatore dentro una marcia che non lo voleva più.
  Le immagini non sono l'unica cosa, ma credo che la Rai sullo sport debba porsi il problema del racconto e poi difendere, dove possibile, alcuni ambiti in cui abbiamo stabilito un rapporto con il pubblico, sapendo che ad esempio la Champions League ormai è in altri lidi, costa una quantità di soldi tale che per noi non è più ragionevole averla. Siamo molto orgogliosi di avere le Olimpiadi quest'anno in esclusiva sulla Rai, saranno una bellissima rappresentazione anche di come vorremmo raccontare lo sport. Sappiamo anche che è l'ultima volta, perché un soggetto internazionale ha comprato i diritti per il nostro Paese per le prossime quattro edizioni e quindi cederà soltanto una parte ai soggetti free in ossequio alle normative europee, e lì dovremo gareggiare con gli altri per vedere chi riuscirà a prendersi i diritti.
  Un'altra cosa, che probabilmente alcuni di voi avranno già visto perché l'abbiamo raccontata a un quotidiano nazionale in questi giorni, è l'investimento in tecnologia. Questo è importante perché non ci deve essere un digital divide tra coloro che possono permettersi una televisione a pagamento e coloro che non ce l'hanno. Sulla qualità di visione in HD soprattutto sullo sport ma anche in altri generi è giusto che il servizio pubblico come in altri Paesi dia la possibilità alle persone di veder giocare quest'estate l'Italia gli europei in HD, dovendo sostenere con piacere anche il fatto che, fino a che ci saranno televisori non plasma, trasmetteremo in SD tutti i nostri canali. Stiamo investendo in tecnologia, e per la prima volta in Italia quest'estate si vedranno le immagini dell'HDR, e si vedranno (lasciatemelo dire con orgoglio) per la prima volta in Italia a marchio Rai, quindi molte persone, soprattutto nei locali pubblici dove i televisori in HDR saranno più diffusi, vedranno quarti di finale, semifinale e finale con quella tecnologia.
  Da un lato, per far capire che Rai è anche un soggetto che investe in tecnologia, la stiamo spingendo al massimo, dall'altro, continueremo a servire in SD tutti i cittadini che pagano il canone e vogliono mantenere il loro attuale apparecchio televisivo e passare ai nuovi modelli soltanto nel tempo. Tengo a dire queste cose perché credo che il servizio pubblico abbia quest'obbligo di inclusione, non solo nei confronti di chi ha meno mobilità, ma nei riguardi di chi intenda vedere i programmi con migliore qualità tecnologica, nel momento in cui ne avrà la possibilità.
  Non serve che ribadisca il tema degli investimenti che stiamo facendo sui consumi multipiattaforma. Vi ho già detto quanto stiamo cercando di correre per recuperare non gli anni, ma i lustri persi, e questa cosa sarà visibile dal punto di vista del prodotto da settembre in poi.
  Mi era stata posta dal senatore Ranucci una domanda sulle dinamiche delle variabili economico-finanziarie. Come avete visto, i ricavi complessivi passano da 2,81 miliardi di euro del 2016 a 2,78 miliardi nel 2017, perché per la legge di stabilità approvata lo scorso anno, c'è una minore percentuale del supero riconosciuta a Rai, il 66 per cento dell'extragettito quest'anno e il 50 per cento a partire dal 2017: se volete cambiare idea, siamo contenti! A parte la battuta, era solo per spiegare perché quella parte diminuiva. L'altra domanda riguardava l'incremento dei ricavi previsto dal 2018, si passava da 2 miliardi e 780 milioni a 2 miliardi e 850. Questo è in primis legato ai ricavi pubblicitari, con due variabili. C'è stata una cattiva interpretazione o mi sono spiegato male io, perché dopo l'ultima audizione è stato scritto «la Rai ha comprato i diritti dei Mondiali», mentre ho detto solo che speriamo di poter comprare i diritti dei Mondiali di calcio, la negoziazione è ancora in corso e la differenza in termini economici è ancora molto elevata, però contando di prendere i Mondiali, c'è una parte pubblicitaria più alta sul 2018. La seconda variabile è che nel 2018 contiamo di vedere in Pag. 8maniera più tangibile i ricavi legati alle nostre attività web. Nel 2016 partiamo, il 2017 sarà l'anno in cui si vedrà la crescita delle nostre attività, nel 2018 cominciamo a raccogliere i ricavi. Sempre in un mondo in cui, come sapete e come non mi stancherò mai di dire, la slide che deve rimanere in testa a tutti noi è quella in cui si proiettano al 2019 3 miliardi di euro sulla pubblicità digitale, di cui 2,5 miliardi vanno fuori da questo Paese. Continuo infatti a pensare che debba essere parte della nostra agenda comune, visto che per quanto concerne lo sviluppo dell'audiovisivo in Italia discutiamo dei 50, 60, 80 milioni di euro in più ma ci sono 2 miliardi e 400 milioni di euro che finiscono fuori. Non sto certo pensando che si debbano imporre delle regole, ma ci si deve porre il problema di come nel lungo periodo si riesca a sostenere un ruolo del racconto proprio, sapendo che il mondo va nel senso di premiare coloro che hanno modelli di business, rispettabili e imbattibili, come quelli degli operatori globali. Questa problematica non può non essere sui vostri tavoli, perché vi troverete a confrontarvi con cosa dirci di fare nei prossimi dieci anni. I prossimi dieci anni saranno molto più discontinui dei dieci precedenti, per cui ripeto l'appello dell'altra volta: per favore, dateci obiettivi ambiziosi e coerenti con quello che accadrà, non tanto misurati sull'oggi, altrimenti succederà che vinceranno i più grossi, quasi tutti stranieri.
  Il margine operativo lordo 2018 risulta essere superiore di 60 milioni di euro rispetto al margine lordo 2016, e mi si chiedeva il confronto tra gli anni pari. Ciò si spiega con i maggiori ricavi del 2018, 40 milioni di euro grazie ai ricavi pubblicitari, e con il minor costo legato ai grandi eventi sportivi, perché nell'anno pari 2016 abbiamo un doppio investimento, Europei e Olimpiadi, mentre nell'anno pari 2018 abbiamo solo i Mondiali, e questa dal punto di vista dell'investimento è una differenza molto elevata.
  Sul risultato è molto semplice, nel senso che, come avete visto, la volontà di equilibrio economico prevede che abbiamo 12 milioni di euro di utile nel 2018, superiore di 1 milione di euro a quello del 2016 proprio per quanto vi ho detto sui ricavi incrementali, in parte compensato dal fatto che, investendo di più su prodotti quali fiction, dal punto di vista degli ammortamenti ce lo ritroviamo anche negli anni successivi: si tratta però di numeri che hanno come chiave principale il perseguimento di un equilibrio economico.
  I senatori Margiotta, Ranucci, Gasparri, Verducci avevano posto il tema della prospettiva dei centri di produzione di Torino e Napoli. Come sapete, dal punto di vista del piano c'è una volontà esplicita di valorizzazione dell'assetto industriale, e in questi giorni stiamo pianificando le attività di tutti i nostri studi. L'idea è quella della polivalenza in tutti i centri, in particolare a Milano e a Roma, perché fortemente legati al rapporto con l'intrattenimento, e allo stesso tempo cercare di sviluppare Torino e Napoli in relazione ad attività specifiche. Napoli, come sapete, si è già specializzata in parte sulla fiction, perché Un posto al sole è una vera e propria industria dentro al nostro centro di produzione, e ovviamente continua. Rispetto a Torino c'è la volontà di sviluppare la parte relativa al prodotto ragazzi e anche di continuare l'investimento sulla fiction. Abbiamo approvato il rinnovo di una fiction che è stata importante per lo sviluppo di Torino, Non uccidere su RaiTre, che ha avuto risultati non brillantissimi come ascolti, ma è stato il prodotto di maggior successo degli ultimi nostri mercati, uno dei pochi prodotti che parla un linguaggio internazionale, e quindi stiamo lavorando con la casa di produzione per correggere gli errori di scrittura della fiction medesima. L'esempio più palese è che se uno vuole lavorare con l'estero, non può farlo su un prodotto di 100 minuti, perché esiste solo in Italia, quindi abbiamo dovuto riscrivere la seconda serie da 50 minuti e questo comporta un costo maggiore, nel senso che ha una maggiore intensità di scrittura e dovendo concludersi in un tempo più breve. Questo ci permette di raggiungere un accordo di coproduzione, per cui a quel punto condividiamo i costi, ed è un esempio di cosa vuol dire portare il nostro immaginario all'estero, perché fai una cosa, Pag. 9ti accorgi che può funzionare anche per gli altri, fai un accordo di coproduzione e a quel punto lo sviluppi insieme agli altri.
  Tra l'altro, ho incontrato di recente Netflix; sta andando bene lo sviluppo della coproduzione di Suburra: questa mattina abbiamo firmato un protocollo di intesa con la televisione pubblica della Mongolia per lo sviluppo dei prodotti. Stiamo perciò cercando di portare avanti in tutti i modi possibili quanto vi dicevo, perché non solo fa bene esportare prodotto, ma fa bene anche interagire con altri soggetti che ci impongano regole internazionali. Sull'esportazione dei prodotti audiovisivi, si tratta appunto di un tema su cui, come ho appena detto, cerchiamo quotidianamente di imprimere una logica di discontinuità, vedrete degli annunci nelle prossime settimane perché credo che sia veramente importante spingerlo.
  Oltre a quello che vi ho detto, è importante anche tutta la logica che anima fiction e cinema, sui quali spendo qualche parola in più. Sulla fiction ribadisco che abbiamo adottato standard di raccolta dei progetti che vanno nel senso di fare quello che si fa all'estero, quindi oggi la scelta non si basa più soltanto sulla parte scrittura, ma sulla combinazione tra scrittura e racconto visivo, perché quando guardate una storia diventa fondamentale anche il modo in cui viene raccontata. Secondo il modello americano, sul quale comunque andremo ad evolverci, se si vogliono spendere bene i soldi, si fanno le puntate pilota perché, anche se sembra di spendere di più, se la puntata pilota non funziona non si produce la serie: la cosa si può vedere o come costo di una puntata in più o come un risparmio di altre dieci. Il primo passo è quello di sviluppare e spendere più soldi nella parte che chiamiamo di attivazione dei progetti, in modo che ci faccia fare meno errori dopo – sono convinto che ci darà dei benefici. Stiamo valutando se passare alle puntate pilota, ma solo nel caso della grande serialità: in una miserie in due puntate, il pilota non ha senso, ma per una serie di ventisei puntate può avere un senso economico. È chiaro che siamo un mercato pubblicitario da 6 miliardi di euro, quello americano ha 200 miliardi di dollari: si devono fare passi proporzionati alla realtà, ma credo che quella sia una strada importante per come andremo a evolvere la fiction.
  Rispetto all'estero abbiamo chiesto a tutti i produttori italiani non solo di aderire a queste nuove richieste sulle modalità – che tra l'altro sono trasparenti e pubblicate su internet, con un rapporto molto più semplice – ma di essere anche molto più ambiziosi dal punto di vista dei linguaggi. RaiDue e RaiTre avranno (hanno già adesso, ma dobbiamo considerare la gestazione dei progetti) una loro linea che secondo me rilancerà il prodotto fiction Rai, su questo non ho dubbi, perché in un mondo molto spinto su un nuovo modo di raccontare, anche in questo caso guidato dagli Stati Uniti, siamo rimasti a una fiction molto più canonica. Anche quel pezzo comunque, tornando al discorso della logica inclusiva, serve. È anche vero che sul prodotto da RaiUno andiamo ad articolare di più il racconto con prodotti come Tutto può succedere o È arrivata la felicità, e andremo a investire di più su quel tipo di racconto articolato, però non basta: occorre anche riuscire a implementare il prodotto su RaiDue e RaiTre che serva sia per il rapporto con il pubblico, sia per stimolare l'industria a far sì che non ci sia questo stacco tra quando si produce per RaiUno e quando produci per Netflix. Dobbiamo riuscire a far crescere tutti, anche perché c'è una parte della produzione per RaiUno che non viaggerà mai, quindi ha un valore intrinseco elevato nel nostro rapporto con il pubblico, perché vedete anche voi gli ascolti che facciamo e ne sono molto felice, però se si pensa alla prospettiva dell'industria e non soltanto a quanti ascolti si fanno domani occorre evidenziare che sto cercando di rendere quotidianità parametri per definire il rapporto tra costo e ascolto per le reti, in modo che ciascun direttore possa valutare ogni volta che spende un euro che ritorno abbia. Proprio perché introduco questi indici, so anche che nel momento in cui faccio investimenti su RaiDue e RaiTre devo accettare un ritorno sull'investimento più basso rispetto a Pag. 10RaiUno, perché è impossibile pareggiare il rapporto costo/ascolto di una fiction che fa il 30 per cento su RaiUno, perché per fare 10 su RaiDue dovresti spendere un terzo. Tenete conto poi che l'immaginario che vi dicevo, quello legato alla fiction americana, sta portando prodotti di alta qualità realizzativa. Sono molto fiducioso, è chiaro che è una grande scommessa e infatti scherzosamente dicevo ai produttori che adesso tocca a loro, cioè noi mettiamo risorse, una visione diversa, trasparenza dei rapporti, adesso l'importante è che ci arrivi il nostro Homeland, cioè i prodotti che raccontino Homeland rispetto alle nostre dinamiche della società. Questo lo vedremo nei prossimi mesi, perché in questo caso facciamo il committente, loro dovranno fare...

  ALBERTO AIROLA. Mostrerà anche a noi i risultati, l'evolversi della situazione?

  ANTONIO CAMPO DALL'ORTO, direttore generale della Rai. Certo, sono già visibili i parametri che vengono usati adesso per accettare i progetti. È chiaro che questo significa che il produttore deve investire un po'di più all'inizio perché deve fare uno showreel, ma sono cose che si fanno anche in Paesi più piccoli, però l'aspetto positivo è che viene data maggiore libertà creativa per sviluppare progetti su tutte le reti. A mano a mano che arriveranno li condividiamo volentieri.
  Il senatore Margiotta aveva sollevato il tema della valutazione sull'opportunità di ampliare il pubblico di riferimento introducendo ad esempio un'edizione di telegiornale in lingua inglese. Se chiedete a me, credo che una delle priorità sia riuscire a raccontare meglio il proprio Paese, cosa che ha varie facce, quindi vi cito le tre facce più palesi: parlare a coloro che sono di lingua italiana all'estero, cioè raccontare il Paese a chi è interessato a interagire con noi, raccontare il Paese a chi è interessato all'Italia ma non è italiano, cosa che non deve essere necessariamente fatta sui nostri canali, e raccontare il punto di vista del nostro Paese all'estero, che non può non essere fatto in inglese. Questa però è una cosa estremamente discontinua e deve essere parte del dialogo rispetto al rinnovo della concessione, perché (in questo sono d'accordo con il senatore Rossi) non si può fare adesso, sapendo che in questi mesi si svolgerà il dialogo sulla concessione. Sono assolutamente d'accordo, però ci deve essere un mandato, anche perché o ci sono risorse in più o dobbiamo distrarre risorse da altre parti, perché il perimetro delle risorse è quello, quindi bisogna valutare come investire le risorse.
  Il senatore Ranucci ha sollevato il tema delle prospettive di Rai Way, che è fondamentale, perché è una delle società del gruppo, quella di gran lunga di maggior valore economico, che tra l'altro sta in un mondo in grandissimo movimento, confermato da rassegne stampa quasi quotidiane, quindi abbiamo una grandissima attenzione all'evoluzione, anche perché è legata alla banda 700.
  I senatori Ranucci e Airola avevano affrontato la questione dell'attuale ruolo della Rai nel mercato dell'audiovisivo. Vi ho già anticipato quello che penso rispetto alla parte di fiction, non vi ho raccontato quello che invece riguarda la parte di Rai Cinema, che è, e vi ricorderete la mia introduzione, un ambito del piano in cui la missione è importantissima, in quanto non è strettamente rinviabile alla quotidianità televisiva, mentre per la fiction la pianificazione di posizionamento, di quantità di investimenti viene fatta in relazione alla vita quotidiana di una televisione. Per il 2017 abbiamo pianificato 129 serate in Prime Time su RaiUno, e ci stiamo organizzando per fare in modo che i prodotti arrivino, programmiamo domenica, lunedì, martedì, giovedì. Come sapete, il cinema invece parte dall'idea di un film – in questi giorni stiamo presentando i film a Cannes, e quelli di Virzì e Bellocchio hanno ricevuto un'ottima accoglienza – e segue un percorso molto più lungo, che rispetto al nostro ruolo di editore televisivo va molto più avanti, quindi il tema più rilevante torna ad essere quale ruolo pensate e pensiamo possa avere la Rai rispetto allo sviluppo dell'audiovisivo. Io ho un'idea chiara, però è un mandato che bisogna definire. Qual è Pag. 11il ruolo che deve avere la Rai? A maggior ragione in quest'ambito così competitivo, i contenuti Premium che si stanno combattendo tutti sono innanzitutto sport e fiction. Dello sport abbiamo detto, per la fiction è inevitabile che il gruppo Sky e il gruppo Mediaset Medusa Warner cercheranno di controllare di più la filiera del prodotto, perché è un prodotto importantissimo per lo sviluppo dell'offerta pay. Su quella parte la Rai deve avere un ruolo che non deve essere subordinato a nessun altro soggetto, non può arrivare alla decisione di cosa produrre dopo gli altri, ma deve avere un atteggiamento complementare, perché gli altri soggetti spingeranno di più su una dinamica prettamente commerciale, dove commerciale non ha un'accezione necessariamente negativa, ma vuol dire che è più dedicato a raccogliere consensi, a staccare biglietti, come si dice nelle sale dei cinema. Questo ruolo deve essere rinforzato non con una Rai che faccia solo film non commerciali, ma con una Rai che ha linguaggi diversi, non dichiaratamente mirati all'incasso al botteghino, ma che mantenga una propria forza. Vi citavo i film di Virzì e Bellocchio perché vanno in quel senso.
  Un altro tema riguarda la distribuzione, la 01 Distribution, ed è parzialmente legato alla domanda a come possiamo andare verso l'estero. In questi anni il lavoro che abbiamo fatto sulla distribuzione è diventato un asset per poter distribuire anche film che magari da soli non avrebbero quella forza, e quindi la quantità di copie che spesso riusciamo ad avere per il supporto delle uscite di film italiani è anche grazie alla presenza nella distribuzione.
  C'era poi una domanda più specifica del senatore Ranucci sull'assetto immobiliare. Chiedeva se il Broadcasting Center sia unico: stiamo andando verso un modello in cui i Broadcasting Center sono due, a Roma e Torino, perché abbiamo bisogno della ridondanza. Il disaster recovery per un'azienda come la nostra è fondamentale: occorre avere le stesse cose in due luoghi diversi, in modo che, qualora uno dei due centri dovesse avere problemi, uno possa sviluppare la trasmissione all'altro.
  Le altre questioni chiave del piano immobiliare sono l'adeguamento del centro di produzione della DEAR, che verrà completato per metà dell'anno prossimo, un intervento che stiamo facendo sulla sede di Cagliari e soprattutto gli interventi su Torino, e la ristrutturazione e bonifica del palazzo di viale Mazzini, una cosa nota sulla quale stiamo lavorando.
  Il senatore Margiotta chiedeva della valorizzazione delle teche: fa parte degli investimenti sulla parte digitale, stiamo investendo molto nella dematerializzazione del prodotto, tra l'altro cercando di farlo in tempi ragionevolmente brevi, perché parliamo di un ammontare enorme di contenuto, che si sta deteriorando col passare degli anni: gli investimenti sono stati approvati ed è solo un fatto di quantità di cose che possiamo digitalizzare all'anno. Tenete conto che nella mia visione del servizio pubblico ciò supererà il mio tempo, perché si tratta di investimenti pluriennali, e riguarda l'identità culturale visiva e radiofonica del Paese, non appartiene alla Rai, o meglio appartiene a noi dal punto di vista legale, ma è del Paese. Mentre ritengo che alcune cose come ad esempio la fiction su Boris Giuliano siano nostre, anche se cercheremo di dare visibilità e di venderla all'estero, quest'altra riguarda decenni di storia per cui gli investimenti non hanno un ritorno che possa essere pensato dal punto di vista commerciale: sono investimenti molto ingenti, molto lunghi nel tempo, con una necessità di metadatazione enorme e di recuperare diritti dai soggetti più vari, che ci costerà molta fatica, ma ha senso se la si pensa legata allo sviluppo del rapporto con le scuole, con le università, con i produttori indipendenti. Non è però qualcosa che va pensata in relazione a sé, ho dato un mandato a RaiCom che l'ha cambiata di 180 gradi, perché, mentre prima cercavamo di valorizzare questi programmi dal punto vista economico, dobbiamo valorizzarli dal punto di vista culturale. Sia ben chiaro: se viene un produttore che vuol fare un programma e comprarsi delle ore, le paga, però fino adesso abbiamo cercato di operare diversamente. Come si usa la memoria Pag. 12per costruire il futuro? Qui ce n'è un pezzo, è chiaro che è magmatico, quindi occorre avere chi ti ci guida con un indice di ricerca accurato.
  Riduzione del digital divide, senatori Ranucci e Verducci: non c'è dubbio che questo sia uno degli aspetti dirimenti, ho dato mandato a tutti i direttori di rete già da qualche mese perché è un aspetto che deve essere pervasivo su tutti i programmi. Come avete capito, non credo al modello maestro Manzi, anche se questa estate vedrete in coda al TG 1 una mini fiction fatta di episodi di otto minuti pescati dentro all'immaginario della serie Don Matteo, in cui non otterrà una promozione se non si familiarizza all'uso del computer. Questo perché abbiamo fatto una mappatura dei 24 milioni di persone che oggi in Italia non accedono a internet cosa che porta alla necessità di dialogare con pubblici diversi con modalità diverse, quindi non è che internet perché è una cosa giovane debba avere i linguaggi della gioventù in ogni pezzo, ma anzi ogni parte di pubblico va accompagnata con i propri linguaggi e questo è un esempio. Credo quindi alle operazioni specifiche, però devono essere pervasive, cioè devono arrivare a tutti i pubblici immaginabili e possibili.
  Un secondo aspetto di carattere generale, che è stato evidenziato dai senatori Gasparri, Margiotta, Verducci, Minzolini, Ruta e dagli onorevoli Peluffo e Pisicchio, riguarda l'informazione, sicuramente il cuore della nostra offerta. Non serve che ripeta quanto sia importante rispetto alla definizione del ruolo di servizio pubblico la parte relativa all'offerta informativa. Come vi ho già raccontato, l'idea di avere una direzione editoriale per l'offerta informativa va proprio nel senso di creare un percorso che riguardi in primis l'efficacia, mentre, come sapete, arrivai con un progetto che era più legato all'efficienza. Credo che oggi il tema sia recuperare spazio nella testa delle persone. Abbiamo cominciato il progetto con Carlo Verdelli, che è partito dal posizionamento delle testate. Questo in parte risponde anche alla domanda su cosa significhi pluralismo, dell'onorevole Lupi. Il pluralismo è un tema vero, nel momento in cui l'azienda vuole essere più indipendente, e indipendenza vuol dire che deve riuscire a rappresentare tutte le culture presenti nel Paese, anche se con una matrice propria di cultura di cosa è giusto o sbagliato. Il servizio pubblico soprattutto in un Paese come il nostro non può ad esempio promuovere la superstizione, perché siamo in un contesto di economia occidentale figlia dell'Illuminismo che pensa che il progresso si affidi alla conoscenza.
  Pluralismo vuol dire avere una matrice culturale, nel nostro caso figlia del nostro tempo, inserita in un mondo globale dove la conoscenza sta ridefinendo il ruolo dei Paesi nel mondo, dove il rapporto con la scienza in un Paese umanista come il nostro è sempre stato quello che in Inghilterra chiamano financial literacy. In un mondo sempre più complesso, dove le attività quotidiane dipendono da come si fanno gli investimenti è chiaro che il servizio pubblico deve svolgere un lavoro maggiore per spiegare alle persone il concetto di rischio, fornendo alle persone gli elementi di giudizio per agire; poi ognuno farà quello che pensa sia giusto.
  Sono partito da questo perché il pluralismo si inserisce in un contesto dove c'è una matrice culturale di cui il servizio pubblico è parte. Questo progetto, che si sta sviluppando e nelle prossime settimane prenderà forma, ha come fine dichiarato quello di avere un'offerta complessiva migliore dal punto di vista del servizio pubblico. Questo vuol dire la stessa cosa che stiamo facendo dal punto di vista delle reti, e via via che stiamo definendo il posizionamento delle reti riusciamo a far sì che ognuno trovi durante la sua dieta quotidiana delle cose diverse, perché continuo a pensare che il valore stia nella diversità, proprio per l'idea di rappresentare maggiormente tutti i gusti delle persone. Dall'altra parte c'è il tema di affrontare il consumo dell'informazione dal punto di vista di cosa significhi oggi la sua fruizione. Ne siamo tutti consci, ma viviamo ancora in uno state of denial, perché, per quanto sappiamo che l'informazione sta cambiando, non ci è chiaro quanto velocemente lo stia facendo. Da una ricerca che abbiamo Pag. 13 fatto è emerso in maniera sorprendente come per un ampio sotto-insieme di persone ormai l'informazione arrivi prima dai nuovi media che dalla televisione in termini di minutaggio quotidiano, e questo ci induce a ritenere che dobbiamo correre, non camminare verso il futuro, anche perché l'informazione nei nuovi media ha altre forme. Quando le persone parlano di informazione dai nuovi media, il primo soggetto che citano rispetto al loro dialogo informativo non è il New York Times, ma è Facebook, quindi è un tipo di informazione con cui non abbiamo avuto familiarità nel recente passato.
  C'è comunque la massima attenzione, stiamo sviluppando il progetto, i tempi sono legati alle prossime settimane e c'è la volontà di avere coerenza tra posizionamenti delle reti e posizionamenti dei vari pezzi dell'informazione. L'idea che abbiamo condiviso con Verdelli è quella di sintonizzarsi con i bisogni informativi che avranno i cittadini nei prossimi anni, non solo con i bisogni che hanno oggi.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
GIORGIO LAINATI

  ANTONIO CAMPO DALL'ORTO, direttore generale della Rai. Il senatore Minzolini chiedeva della cosiddetta mappatura dei giornalisti. La mappatura era legata a un progetto più allargato, che non riguardava solo i giornalisti, perché in un ambito di forte discontinuità dal punto di vista della professionalità c'era l'esigenza di mapparle, perché è la premessa per avere mobilità aziendale, nel senso che quanto più si riesce a capire chi sa fare cosa, tanto più si possono organizzare nuovi gruppi di lavoro, anche perché avremo bisogno di uno spostamento significativo, credo e spero rinforzato dalla nuova missione che ci arriverà dalla concessione rispetto alle attività digitali. Questo ovviamente necessita di un tipo di mappatura che non abbiamo fatto fino adesso, che ad esempio riguarda la familiarità con i nuovi media, che finora, facendo essenzialmente televisione, non era un parametro che si usava per capire se una persona poteva essere scelta per un determinato incarico.
  I senatori Margiotta, Airola, Gasparri, Minzolini, Ruta e gli onorevoli Peluffo e Pisicchio, rispetto all'assunzione di esterni e all'organizzazione: su questo ho già dichiarato che in questa fase, con le sfide che abbiamo davanti, il tema per me capo azienda è riuscire a far sì che in questa sfida che mi vede guidare un'azienda importantissima che ha 13.200 dipendenti sommando i lavoratori a tempo determinato con quelli a tempo indeterminato, questa abbia professionalità e risorse per avviare un percorso che rinforzi il lavoro di tutti. In alcuni casi le abbiamo trovate dentro, in altri casi abbiamo avuto bisogno di supporto da fuori. Le linee guida che abbiamo perseguito fino a qui sono in alcuni casi la creazione di nuove strutture aziendali in grado di progettare con efficacia lo sviluppo dei processi della Media Company. Un esempio è quello della direzione digitale, un altro è quello della direzione creativa, anche la direzione editoriale per l'offerta informativa che non c'era e che è fondamentale se uno si pensa proiettato in un mondo in cui un servizio è legato a una App che avrà un marchio Rai solamente, non avrà un marchio legato a tutte le testate che abbiamo. A questo si aggiunga la costituzione di un vertice aziendale che abbia tutte le competenze necessarie per far fronte a questa fase di cambiamento, il tutto andando poi nel tempo a semplificare l'organizzazione, per renderla compatibile con una missione unica.
  Il percorso usato consiste nel guardare prima dentro o con il sistema del job posting laddove sia possibile (per scegliere un nuovo CFO si fa un'analisi interna e si capisce se ci sono delle persone che possono svolgere quel ruolo o altrimenti si sceglie fuori). Questa dinamica di sommare analisi interne e in alcuni casi andare a cercare fuori ha consentito di formare un gruppo di lavoro dove l'esterno è una persona che nell'arco di qualche tempo diventa interno e deve generare valore per gli altri e per sé stesso, visto che da ciò dipende anche il proprio futuro professionale. Questo, che ovviamente è stato fatto Pag. 14in totale coerenza con il piano triennale per la trasparenza e l'anticorruzione, è un percorso che andrà ad attivare tutte le professionalità, ed è per questo che parlavo del piano della mappatura delle competenze, perché è importante che l'azienda riesca a rinnovarsi usando le strutture. Non potranno mai esistere culture diverse nell'azienda, la cultura dell'azienda è una, sebbene in momenti di discontinuità come questo vada trasformata per accelerare i cambiamenti, perché altrimenti diventa un percorso troppo lungo.
  Rispetto alle domande del senatore Gasparri e dell'onorevole Peluffo in merito all'organizzazione dell'informazione ho detto già l'altra volta, ma ripeto volentieri che il lavoro che stiamo facendo dal punto di vista di attenzione all'informazione ha due fronti, il fronte delle direzioni delle testate, quindi i telegiornali, e tutta la parte relativa all’infotainment, quindi all'informazione che, spesso mescolata con l'intrattenimento, sta dentro le reti. L'interlocuzione è necessaria per far sì che la qualità del prodotto che arriva a casa sia maggiore, in modo che si verifichino sempre meno scivoloni e le persone che fruiscono del nostro servizio abbiano un servizio migliore. Credo che la scelta di questa direzione editoriale sia fondamentale, stiamo lavorando per l'implementazione di un gruppo di lavoro, quello a cui faceva riferimento anche il senatore Gasparri, di sette persone, di cui cinque interni e due esterni, che avrà un ruolo di coordinamento dal punto di vista dell'interlocuzione con le varie aree, dove l'indipendenza rimane in capo ai direttori di Rete, ma credo sia necessario in questa fase per riuscire a dare risposta ai vostri quesiti. Misureremo infatti la qualità del prodotto in relazione a una sempre maggiore coerenza della nostra missione con il nostro risultato.
  Abbiamo il vantaggio di essere un'azienda molto viva, di essere un'azienda costantemente sotto gli occhi di tutti, dove ogni singolo piccolo errore può essere individuato, quindi l'attenzione costante è positiva, perché permette a tutti di chiedersi se una cosa sia coerente con il progetto. Il nostro compito è far sì che il servizio sia ogni giorno migliore, la perfezione non è di questo mondo quindi non aspettatevi che non ci saranno mai più scivoloni, però il percorso è proprio mirato a ciò.
  Nel caso di Merlo, la proposta arrivata in consiglio di amministrazione con il placet del direttore del personale e di Carlo Verdelli, prevedeva per Francesco Merlo il ruolo di vicedirettore della struttura; una volta approvata in consiglio di amministrazione, ho chiesto una perizia legale circa il rapporto che può avere una persona come Merlo con la società, e quindi non potrà essere vicedirettore, perché questo tipo di contratto non potrà essere fatto, ma avrà un ruolo diverso, lavorerà sempre dentro la struttura di Carlo Verdelli ma con un incarico professionale che ne delimita il ruolo in maniera più chiara, quindi la struttura è quella che era stata raccontata qui. Credo che aver realizzato una somma di persone che arrivano da dentro o da fuori possa aiutare in questo sforzo di riuscire ad essere efficaci ed autorevoli insieme.
  A proposito di errori, perché di errori se ne fanno nella vita, me ne era stato rappresentato uno, chi lo aveva evidenziato?

  LELLO CIAMPOLILLO. L'avevo rappresentato io, ma non si tratta di un errore, è stata una manipolazione.

  ANTONIO CAMPO DALL'ORTO, direttore generale della Rai. Ho qui le due cose, 8.43 e 8.46. Viene fatto un errore materiale rispetto alla rappresentazione...così come ho preso atto della sua sollecitazione, ho verificato, sono andato a chiedere alle persone che lavorano con me di sbobinare la puntata e vedere cosa fosse successo, è stato un errore durato tre minuti, alle 8 e 46...

  LELLO CIAMPOLILLO. Non può essere un errore, direttore, hanno scelto anche il colore rosso per il «no»!

  PRESIDENTE. Il direttore ha chiarito, la prego di andare avanti.

Pag. 15

  LELLO CIAMPOLILLO. Tutto qui, nient'altro?

  ANTONIO CAMPO DALL'ORTO, direttore generale della Rai. È stato corretto in corsa, dopo tre minuti.
  Banda 700, senatore Ranucci: questo tema è estremamente rilevante e un po'complesso dato che la banda 700 è quella che ha maggiore frequenza e verrà riportata agli operatori mobili, presenta carattere decisamente strategico e si inserisce nella pianificazione e gestione delle frequenze che nel nostro Paese, come è noto presenta, storicamente una rilevante complessità.
  Torno ai temi del piano illustrato qualche settimana fa per ribadire una convinzione, ovvero che uno degli aspetti centrali del servizio pubblico è quello di riuscire a dialogare con tutti i cittadini, e per questo siamo migliorando il segnale di qualità per tutti gli italiani. Lo scenario italiano è in fortissima evoluzione, perché in queste settimane è in fase di definizione a livello europeo la tempistica di passaggio delle frequenze della banda 700 dalla televisione agli operatori telefonici. A questa tematica si affianca quella del passaggio al DVB-T2, una delle tematiche più rilevanti nel nostro rapporto media con l'Europa. Quali sono i passaggi del processo? Entro il 30 giugno 2017 gli Stati membri devono adottare e rendere pubblici gli interventi e la relativa tempistica necessaria ad assicurare l'adempimento delle disposizioni in materia di uso delle bande di frequenza; entro il 31 dicembre 2017 gli Stati membri concludono tutti i necessari accordi di coordinamento transfrontaliero delle frequenze all'interno dell'Unione europea; entro il 30 giugno 2020 gli Stati membri autorizzano l'uso della banda 700 per i servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili. Su questa tempistica si è espresso qualche giorno fa il Parlamento, che ha invitato le competenti istituzioni dell'Unione europea e il Governo italiano ad assumere tutte le appropriate iniziative perché nell'iter di definizione e approvazione della decisione in esame si possa in particolare tener conto della flessibilità di due anni per il passaggio della banda 700 (in pratica fino al 30 giugno 2022). Tale posizione riflette il fatto che il nostro Paese presenta alcuni aspetti specifici: la trasmissione attraverso la tecnologia digitale terrestre ha un rilievo fondamentale più che negli altri Paesi e quindi è assolutamente predominante per la diffusione di contenuti in chiaro, la banda 700 è attualmente occupata per oltre il 60 per cento da operatori di rete nazionali, e per la restante parte è quasi integralmente utilizzata dalle emittenti locali con diritti d'uso in scadenza nel 2032. L'attuazione del processo per l'ulteriore riduzione dei canali a disposizione degli operatori di rete radiotelevisivi è in essere, quindi questi sono i tre elementi che devono essere inclusi in questa transizione della banda 700 agli operatori telefonici.
  In estrema sintesi viene messo in evidenza che per il nostro Paese più che per altri sarà una transizione complessa ed è per questo che il passaggio di altri due anni al 2022 è importante. Tra l'altro, in Rai in questo momento non abbiamo frequenze sulla banda 700, ma stiamo collaborando con MISE e Agcom perché la transizione sia il più possibile fluida e non problematica.
  Il caffè di RaiUno, senatore Margiotta, non sarà tolto dal palinsesto, ma nell'ambito del processo di definizione dell'offerta di RaiUno diventerà un appuntamento settimanale della durata di un'ora.
  Per quanto riguarda la tempistica dell'inserimento dei 100 vincitori del concorso giornalistico, onorevole Lainati, stiamo definendo in questi giorni l'allocazione dei primi 30 o addirittura 35, in relazione alle loro competenze. Contiamo di definire e finalizzare l'analisi che stiamo svolgendo con i cinque direttori di testata, cioè TG 1, TG 2, TG 3, News 24 e TGR, per dare il via all'operazione entro il 31 maggio. Siccome molte di queste persone lavorano altrove, ci saranno i preavvisi, però quel momento diventa il D-day per includerle. Una nota a cui tengo: 23 dei 35 hanno una data di nascita che comincia con l'8, e questo è bello. Tenete conto che la commissione che ha svolto questa ricerca ha inserito tra gli elementi di selezione le modalità di costruzione Pag. 16 e di distribuzione dell'informazione, cosa che ha ringiovanito il rapporto con i vincitori, perché occorre essere avvezzi al mondo digitale la qual cosa ci aiuterà a inserirli in alcuni posti chiave dell'azienda, per agevolare il percorso di trasformazione culturale in corso. Questo è l'inizio, ma la volontà è di includere anche gli altri a tranche.

  PRESIDENTE. Ringrazio il direttore generale della Rai per aver risposto a tutte le domande poste dai colleghi e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.50.