XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 83 di Giovedì 28 aprile 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 2 

Audizione del direttore generale della Rai, Antonio Campo Dall'Orto:
Fico Roberto , Presidente ... 2 ,
Campo Dall'Orto Antonio , direttore generale della Rai ... 2 ,
Airola Alberto  ... 6 ,
Campo Dall'Orto Antonio , direttore generale della Rai ... 6 11 14 ,
Margiotta Salvatore  ... 15 ,
Campo Dall'Orto Antonio , direttore generale della Rai ... 15 ,
Fico Roberto , Presidente ... 24

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.55.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, ai sensi dell'art. 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del direttore generale della Rai, Antonio Campo Dall'Orto.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del direttore generale della Rai, Antonio Campo Dall'Orto, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Ricordo che tale audizione è finalizzata ad acquisire elementi informativi sulle linee guida del nuovo piano industriale della Rai, nonché sulle modalità di organizzazione e coordinamento dell'area informativa dell'azienda a partire dal prossimo 1° settembre, così come preannunciato dallo stesso direttore generale nel corso della sua audizione presso la Commissione antimafia.
  Do la parola al dottor Campo Dall'Orto, con riserva per me e per i colleghi di rivolgergli, al termine del suo intervento, eventuali domande e richieste di chiarimento.

  ANTONIO CAMPO DALL'ORTO, direttore generale della Rai. Grazie, presidente, buon pomeriggio a tutti voi. Sono qui a raccontarvi un pezzo importante del lavoro che abbiamo svolto fino ad oggi e quello che faremo nel corso del nostro mandato. Questo lavoro, la cui presentazione è stata fatta anche dinanzi al consiglio di amministrazione, è stato realizzato grazie a tutte le strutture interne della Rai e a tutte le persone chiave del mio team, in grande sintonia con il nostro presidente e condiviso con il consiglio di amministrazione che lo ha visto svilupparsi negli scorsi mesi e l'ha approvato all'unanimità nell'ultima riunione, stimolandoci a procedere speditamente in un percorso molto impegnativo che, come scritto nella presentazione, consiste nel passaggio da broadcaster a media company.
  Si tratta del primo piano industriale realizzato con diverse regole di ingaggio, dato che la ridefinizione della governance della Rai approvata dal Parlamento porta a un'azienda che più che in passato ha il dovere e la necessità di costruire il proprio futuro in maniera contemporanea sia nei modi sia nei contenuti e questi momenti di confronto istituzionale formale diventano particolarmente importanti. In questo senso troverete nel piano i punti che rispondono a questo mandato, e dato che ogni mandato ha le sue caratteristiche specifiche, riguardano fondamentalmente due cose, a cominciare da una grande attenzione sui contenuti. Innanzitutto vedete che il piano sottolinea molto quello che il servizio pubblico deve fare dal punto di vista contenutistico con le risorse che abbiamo, e in secondo luogo nel piano troverete spesso cosa significhi oggi trasformarsi in media company. Tenete conto che questo ha come paradigma uno spostamento netto di attenzione dove il centro del rapporto è necessariamente il rapporto con Pag. 3i cittadini italiani, a maggior ragione nell'anno in cui, oltre al rinnovo della concessione, c'è anche l'inserimento del canone in bolletta, quindi con un rapporto ancora più diretto con chi è il primo, vero riferimento di un'azienda di servizio pubblico editoriale.
  Un'ultima questione cui tengo, prima di passare all'illustrazione delle slide. È una trasformazione molto forte del servizio pubblico, una trasformazione (cito cose che alcuni di voi o altri hanno detto) ciclopica, enorme, monstre, una trasformazione molto impegnativa del servizio pubblico, per cui quello che per me è importante trasmettervi è che la costruzione di questo lavoro non ha l'ottica del restauro, ma quella di capire come rifondare un'azienda rimasta troppo ancorata alla televisione e che perciò non ha dato il servizio che doveva a chi tutti i giorni la frequenta attraverso la tv, la radio, e gli strumenti digitali. Ciò necessariamente avverrà nell'arco di tempo descritto dal piano, ovvero dell'intero mandato, perché i cambiamenti che stiamo costruendo sono significativi e sono già partiti in molti casi, e avranno forme più visibili nell'arco di qualche settimana, ma si svilupperanno nell'arco di tutto il mandato che abbiamo.
  In quanto capo azienda sento molto la responsabilità dei più di 13.000 dipendenti che abbiamo, perché secondo me il modo migliore per riuscire a difendere i posti di lavoro e le professionalità è di dare una prospettiva a questa azienda. Lo dico dal punto di vista non soltanto della conservazione dei posti di lavoro, ma anche di cosa possa innovare le professionalità.
  Come sapete, fin dall'inizio, anche rispetto a temi quali la riforma dell'informazione, dissi subito che bisognava lavorare sull'efficacia e non soltanto sull'efficienza, questo però – voglio che sia chiaro – non vuole essere un atteggiamento di tipo conservativo, anzi credo che oggi si debba necessariamente immergere tutto questo nel contesto in cui siamo, in cui sta cambiando il mondo dei media. Se non riusciamo ad ancorare i cambiamenti della Rai in questo senso, non riusciremo a dare una prospettiva di lungo periodo all'azienda. Per questo credo che oggi chi vuol bene alla Rai dovrebbe far sì che abbia una strategia chiara, che abbia risorse adeguate e certe, che abbia le competenze necessarie per fare il suo percorso, così come sta avvenendo in molte aziende pubbliche, perché le trasformazioni che stanno avvenendo nei settori in cui operano sono molto forti e discontinue, e quello dei media ne è un esempio. Per questo, e anticipo uno dei temi che probabilmente riguarderà anche alcune domande, credo che la polemica interni-esterni sia poco rilevante. Sia ben chiaro, non sto riferendomi minimamente al fatto dei percorsi di trasparenza, perché la trasparenza difende sempre chi vuole innovare e ben venga, anzi dirò di più: sulla vicenda delle assunzioni non solo sono molto favorevole alla trasparenza, ma prima ancora che venisse presentato l'esposto, avevamo aperto un'istruttoria interna per capire tutto quello che è stato fatto da noi, perché credo che la trasparenza sia compagna di viaggio di un'avventura innovativa e non certo un ostacolo.
  Il punto vero però è un altro: in un'azienda che fa più di 2,5 miliardi di euro di fatturato e ha più di 13.000 dipendenti, che l'anno scorso ha stabilizzato quasi 500 lavoratori a tempo determinato, che entro fine maggio andrà ad assumere i primi 30 del concorso per 100 giornalisti, si capisce bene che, riguardo al tema delle recenti acquisizioni di professionalità all'esterno – tra l'altro in alcune aree che non esistevano prima come la Direzione creativa o la Direzione digitale, fondamentali per lo sviluppo di questo progetto – quella discussione alle volte ha la connotazione di conservazione contro innovazione e non è tanto legata a qualche unità rispetto a un'azienda con 13.000 dipendenti che deve fortemente trasformarsi. È per questo che, come dissi fin dall'inizio, l'azienda deve dotarsi di tutti i talenti che le servono dentro o fuori, per far sì che possa affrontare in maniera positiva ed efficace il proprio futuro, in molti casi introducendo per la prima volta il concetto di risorse a tempo determinato in ruoli chiave, cosa che l'azienda non ha mai conosciuto prima. Nel momento in cui si trovano infatti persone Pag. 4disposte a dare un pezzo del proprio percorso professionale, che verosimilmente in questi casi è di tre anni, per dare un contributo ad alcune aree come è stato fatto nel caso delle direzioni di Rete, credo sia un bel segno, perché il tema qui è fare per poi lasciare a qualcun altro. Credo che la rotazione in questi casi possa sempre essere utile a far sì che non ci siano mai incrostazioni che possano generare rapporti troppo lunghi dentro le aziende e che talento e logica di servizio possano veramente aiutare la trasformazione di questa azienda.
  Le vere inefficienze le vedo in altri ambiti (mi rivolgo non solo a voi, ma anche a me): quando nello sviluppo dell'offerta multipiattaforma, la cui forma poi vi racconterò anche nei tempi e negli investimenti che stiamo facendo. Faccio alcuni esempi: il primo contratto analizzato dal punto di vista dei diritti delle cose che possiamo dare a casa è stato nel settembre del 2015, appena arrivato. Mi chiedo dove eravamo, dove siamo stati quando la nostra azienda ha perso contatto con quello che poteva essere lo sviluppo, quante risorse abbiamo perso per non essere riusciti a trasformare l'informazione quando lo stavano facendo gli altri da un punto di vista delle multipiattaforme e oggi non siamo rilevanti in quell'ambito, quante persone in meno oggi utilizzano la banda larga in Italia perché non siamo riusciti a fare nulla negli ultimi dieci anni. Non dico di fare come la BBC, che dieci anni fa si è messa a guidare il processo come sapete con il lancio dell'iPlayer, che ha definito lo standard di quella che poteva essere la digitalizzazione culturale in Inghilterra, ma, senza arrivare a quello, almeno non accumulare così tanto ritardo. Dico questo in maniera ferma, perché questi cambiamenti, quando si accumula così tanto ritardo, richiederanno del tempo, anche se in questo caso specifico siamo riusciti a ridurre i tempi di lancio di queste iniziative, tanto che già tra due mesi si vedranno le prime, a settembre si vedrà una cosa più significativa e poi nel tempo andremo a digitalizzare tutto e a verificare tutti i contenuti che abbiamo anche per il passato.
  Questo lavoro di rifondazione non è un restauro perché riguarda la capacità di provare a mettere a servizio di chi paga il canone tutti i contenuti che abbiamo.
  Come avete capito, in un rapporto sempre di grande rispetto verso questi luoghi, visto che sono i luoghi deputati al rapporto con le istituzioni, credo che abbiate una responsabilità in più, in quanto sarete non solo sostanzialmente, ma anche formalmente coinvolti nel processo di rinnovo della concessione.
  Quello che vi presento oggi è un piano che per essere ultimato deve aspettare la definizione della missione, che significa che andremo a modificare tutto quello che è necessario e significativo modificare, ovviamente (questa è stata una mia scelta) non modificando il perimetro di azione, perché sarebbe stato paradossale modificarlo prima di avere avuto un segnale chiaro. Ci sono così tante cose da fare all'interno del perimetro di azione che è già stato assegnato a questa azienda che questa cosa per fortuna non causa alcuna contraddizione.
  Questo, che poi verrà elaborato in piani editoriali, ha un aspetto molto forte di politica industriale del Paese. Vi chiedo fortemente di proiettare qualunque cosa pensiate nei prossimi cinque o dieci anni, la concessione che ci darete varrà per i prossimi dieci anni, quindi non proiettatela sull'esistente di oggi, perché il qui e ora è stato l'errore che ha tenuto ferma l'azienda. Proiettatela quindi rispetto a quello che vorreste nei prossimi dieci anni, perché questa è la cosa che può aiutare il lavoro quotidiano, mio e di tutti coloro che in dieci anni si alterneranno alla guida dell'azienda, perché avere un mandato chiaro può permettere in maniera più forte di spostare risorse e quindi per un'azienda da 2,5 miliardi di fatturato la capacità di spostare ingenti quantità di risorse per esempio sul digitale, se vuole avere un ruolo significativo, non qualche milione di euro, perché il mondo si sta spostando lì. La mia speranza è che quando queste dinamiche arriveranno ai vostri tavoli riusciate a metterle in una prospettiva che riguardi lustri e non mesi.
  Arrivo alla presentazione del piano. Pag. 5
  Quest'anno è particolare: non a caso è denominato Linee guida del piano industriale, perché include tutto il lavoro da fare su quest'anno e le linee guida per il prossimo anno, ma ha due momenti molto particolari nella vita di un'azienda come la nostra, che avvengono entrambi quest'anno. Uno è epocale, il trasferimento del canone in bolletta, cosa mai avvenuta negli anni precedenti, e che ridefinirà con precisione le risorse che arrivano alla Rai. Tenete conto che questo dal punto di vista della stabilità delle risorse è molto importante, quindi la Rai lo saluta con grande favore, anche perché l'elemento di stabilità può rappresentare un elemento di complementarità rispetto al resto del sistema, in quanto tanto più la Rai ha risorse certe rispetto al canone e tanto più la Rai può orientare il proprio ruolo dal punto di vista di servizio pubblico. In un mondo ideale è chiaro che, maggiori sono le risorse da canone, meno l'azienda è sottoposta all'attenzione dal punto di vista degli sforzi che fa sul piano commerciale.
  L'altro pezzo è ovviamente legato al rinnovo della concessione. Per favorire questo percorso sono chiaramente espressi i valori intorno ai quali pensiamo che il servizio pubblico debba essere organizzato, ma va anche detto che, proprio perché è un percorso formale importante, ciò dovrà essere poi confermato o meno da quello che verrà costruito intorno. Questo riguarda anche il perimetro di azione della Rai e le parti in cui maggiormente andrà sviluppata la nostra azione.
  Come vedete, alla fine dell'anno avremo la possibilità di integrare quanto accaduto e riuscire a consolidare quanto vi racconto oggi. Obiettivi e direttrici di sviluppo: essendo un piano di 112 pagine su cui la discussione del consiglio di amministrazione è durata 4 ore, cercherò di farlo in maniera compressa, quindi su alcune parti andrò più velocemente, se volete fermarmi su alcune cose di vostro interesse, fatelo, non ho alcun problema, lo faccio solamente per contenerlo in un tempo ragionevole.
  La prima cosa importante è recuperare quella parola che vedete sopra, servizio pubblico universale: l'universalità si basa sul fatto di riuscire a parlare con tutti, e, come vedrete nel corso di questa presentazione, una parte di persone ormai l'abbiamo persa e dobbiamo riuscire a recuperarla. Gli obiettivi sono quelli classici dei servizi pubblici, che sono informare in modo completo e pluralista, raccontare territori e realtà contemporanea, intrattenere tutti gli italiani, garantire l'accesso alla conoscenza, diffondere la cultura e l'inclusione digitale del Paese e promuovere l'Italia all'estero.
  Questa slide è particolarmente importante perché sottolinea quanto vi dicevo, è l'anima del piano industriale. L'anima racconta che andiamo a mirare come obiettivi all'universalità e distintività dell'offerta di servizio pubblico: la distintività riguarda proprio cosa faremo e il modo in cui lo faremo rispetto agli altri operatori, e alla leadership degli ascolti cross piattaforma. Questo è un concetto importante: credo che il servizio pubblico debba rimanere centrale nelle quantità e nella qualità, quindi non credo a un servizio pubblico che si restringa rispetto agli altri operatori, ma allo stesso tempo deve essere un servizio pubblico che, come sapete perché insisto spesso su questi concetti, trovi negli ascolti un riscontro, ma non un fine. Gli ascolti sono importanti, ma non possono essere il fine ultimo delle nostre azioni.
  Il terzo punto è la sostenibilità economico-finanziaria del piano. Le direttrici di sviluppo riguardano il rafforzamento della centralità dei contenuti, il ripensamento dell'offerta televisiva, radio e digital, la trasformazione in Digital media company per la piena connessione di Rai con tutti gli italiani; poi c'è un tema più industriale che riguarda la valorizzazione dell'assetto industriale come espressione del radicamento al territorio.
  A questa slide tengo molto: sono andato a ripescare un'immagine molto bella che un giornalista del The Economist nel 2012, quindi tre anni e mezzo fa, aveva fatto usando la narrazione di Game of Thrones, che è una delle serie di maggior successo degli ultimi anni, quindi questo mondo medievale in cui forza e violenza dominavano Pag. 6 per far capire cosa sarebbe successo nel mondo dell'economia digitale e molto anche nei media. Aveva definito i quattro regni, Google, Facebook, Apple e Amazon, che avrebbero dominato questo mondo, dominato non con i metodi di Game of Thrones, con la spada, ma con talento, modelli di business e qualità che riescono a mettere nei propri processi, però l'analogia vera è legata alla forza di queste aziende. Quando Perkins scrisse l'articolo disse che queste società valevano già più di 500 miliardi di euro, adesso il valore di queste società insieme ammonta (lo vedevo la settimana scorsa) a 1.700 miliardi di dollari.
  Questo dà l'idea della scala dimensionale delle aziende che oggi definiscono il nostro futuro, basti pensare al ruolo che quotidianamente svolge Facebook sull'informazione. Tra l'altro Facebook ha lanciato il live feeds che all'inizio sembrava una contraddizione in quanto è il luogo del non lineare, ma ho incontrato la persona che per Facebook gestisce tutte le partnership globali e la risposta da mondo pragmatico dal quale vengono è «ogni volta che mettiamo un live feed facciamo tre volte i contatti di quando mettiamo un video chiuso». Ha detto che ha sorpreso anche loro, però hanno cominciato a mettere le persone, hanno cominciato inserire Periscope nei loro pezzi e improvvisamente le persone andavano verso il live feeds, quindi stanno capendo qualcosa anche loro, perché l'idea di contemporaneità proprio in un luogo che ha già contemporaneità, perché le chat sono istantanee, può voler dire qualcosa. Potete immaginare che effetto può avere se integrano i servizi televisivi, però è una cosa che, viste le dimensioni della comunità che hanno, avrà effetti su tutti noi, non soltanto su di loro.
  Amazon ha deciso di lanciare un servizio simil-Netflix, nel senso che per contrastare la capacità di Netflix di raccogliere abbonati ha cominciato a fare un servizio dove darà contenuti direttamente all'utente finale su una base spacchettata, come si dice in gergo, quindi direttamente con un servizio che comincerà a far concorrenza a quello che in questo momento si è affermato come servizio over the top, che è quello di Netflix.
  Questi sono solo due esempi, ma per darvi l'idea del fatto che questi sono coloro con i quali non solo noi, ma noi, Mediaset, Sky e tutti coloro che operano in questi mercati si troveranno a che vedere nel tempo.
  Queste slide un po' verbose vengono poi spiegate con immagini nelle slide successive. Cosa sta succedendo dal punto di vista delle preferenze dei consumatori? La navigazione on line sta crescendo, la televisione sta crescendo in maniera più contenuta (questi sono dati italiani), la radio sta scendendo, la stampa sta scendendo. Internet e TV stanno crescendo, il resto decresce, ma è più interessante vedere dentro questi dati. In questa slide è interessante che Regno Unito e Stati Uniti, le cui società prima degli altri hanno introdotto queste nuove forme di consumo di informazione e di intrattenimento, nel confronto tra il 2008 e il 2015 si trovano ad avere i minuti legati al consumo di televisione che incominciano a scendere, mentre le altre società (Italia, Francia, Germania e Spagna) hanno una crescita contemporanea sia dei minuti dedicati alla TV sia di quelli dedicati ai consumi non lineari.
  Qui sono rappresentati i consumi lineari, definiti mediante la visione in time shift, successiva a quella del momento dell'emissione del programma, e i servizi on demand e altri servizi on line, quindi tutto il consumo dei video fuori dalla televisione lineare. È difficile non pensare che non possa accadere anche da noi, possiamo discutere sui tempi, ma l'accelerazione è molto più forte di quella che c'è stata dal 2008 al 2015, quindi dobbiamo proiettarci in questo mondo.

  ALBERTO AIROLA. Per canali non lineari intende multipiattaforma, non canali tematici.

  ANTONIO CAMPO DALL'ORTO, direttore generale della Rai. Per canali lineari definiamo tutto quello che viene consumato nel momento in cui lo decide l'editore, quindi il messaggio viene consumato Pag. 7in questo momento, quando abbiamo in onda una serie di programmi. Questi stessi canali lineari possono essere visti in modalità non lineare, in servizi che uno può utilizzare il giorno dopo. C'è poi tutto il consumo di video che può essere legato alle piattaforme come YouTube o anche semplicemente ai siti o ai blog di ciascuno di voi, perché anche quelli fanno parte di consumo video non lineare.
  Un altro dato è specificamente legato a come guardiamo la televisione, quindi ai canali lineari però guardati in momenti diversi. Spesso ci troviamo ad avere un impegno nel momento in cui ci interessa una cosa e quindi la guardiamo dopo. Qui vedete quanto il time shifting abbia esattamente la stessa configurazione che dicevo prima, per cui in Inghilterra e Stati Uniti questa cosa è esplosa e negli altri Paesi sta crescendo. È inevitabile che succeda, perché la vita di ciascuno di noi ormai è organizzata intorno a ciò che uno vuol fare, non intorno ai tempi della tv. Questa per noi è un'opportunità, nel senso che oggi non abbiamo grandi servizi che accompagnino questo nuovo modo di vivere, la Rai secondo me nell'arco di questo nostro mandato, dando dei segnali significativi fin da settembre, deve diventare non dico guida dall'inizio, ma un riferimento forte rispetto a come accompagna la quotidianità delle persone, anche perché vuol dire essenzialmente dare un servizio migliore a chi ci guarda.
  Qui il messaggio è che ormai a casa il computer e fuori casa lo smartphone sono gli strumenti di consumo di contenuto. La mobilità sta prendendo via via il sopravvento e quindi non è neanche più un tema di guardare le cose sul computer: il tema è guardarle quando vuoi e dove vuoi.
  Il dato interessante è che fuori casa gli smartphone vengono usati trasversalmente e ci sono differenze significative di età, però tra gli over 65 anni il 42 per cento guarda video fuori casa, quindi non possiamo neanche più sostenere che sia una cosa generazionale, anzi dobbiamo far sì che lo sia sempre meno e contribuire al fatto che ciascuno familiarizzi con questi strumenti, perché uno dei grandi obiettivi del Paese è ridurre questo malefico digital divide che causa problemi non ai media, ma al sistema Paese, perché rende le persone legate a un modello di società e anche di ricostruzione dei rapporti (penso a quello con la pubblica amministrazione) molto meno efficiente.
  Questo è un dato che qualche anno fa si vedeva che stava arrivando ed è arrivato, cioè questi sono i bacini di pubblico secondo le fasce orarie. La televisione regge ancora come quantità di persone che la frequentano più di Internet però, come in alcune fasce orarie, tipicamente quelle mattutine, ormai ci sono più persone che frequentano video su Internet che in televisione, quindi non è qualcosa che accadrà ma sta già succedendo. La differenza è ancora sul minutaggio, nel senso che questa è la quantità di persone che accedono ai video, ma è vero che la televisione ha ancora una quantità di minuti molto grande.
  Questo dato è ancora più divertente, perché pubblico più giovane non c'è più ormai, questa cosa ormai è stata superata e quindi i ragazzi guardano molto più video attraverso Internet che non attraverso la TV.
  Cosa sta succedendo dal punto di vista dello scenario competitivo, cioè qual è l'effetto di queste cose sui grandi numeri della televisione? Il primo è una grandissima proliferazione di canali, e qui sto ancora parlando di canali lineari, di canali classici. Un dato che mi ha sorpreso veder crescere negli anni è che Germania e Francia sono andate su una proliferazione di canali estrema, nel senso che tra il 2010 e il 2015 sono passati ad avere 601 e 845 canali rispettivamente, perché prima di perdere un utente della televisione si cerca di dargli tutti i canali possibili per trattenerlo un po' di più. La prima cosa che fa la televisione è frammentare, cioè cercare di adeguarsi ai gusti delle persone, da noi è avvenuto di meno, semplicemente perché eravamo partiti prima, nel 2010 avevamo già 420 canali lineari e siamo arrivati a 500 e ciò mette grandissima pressione ai canali generalisti, che qui sono identificati come i primi 7 canali, cioè i nostri 3 canali, Canale 5, Italia Pag. 81, Rete4 e La7. Tra un po' dovremo integrare anche La8 come canale generalista, però in questo momento l'analisi, per far capire anche le variazioni avvenute nel tempo, mostra come in questo momento i primi 7 canali rappresentino il 60 per cento dell'ascolto, quindi stanno subendo questa riduzione, anche se ancora in misura non così drammatica. Andrà a diminuire ancora? Sicuramente sì, non abbiamo idea se sarà un andamento asintotico oppure un andamento di decrescita progressiva. In alcuni Paesi la decrescita sta rallentando, in altri continua. Dipenderà molto anche dallo sviluppo che ci sarà nel mondo dei servizi over the top.
  Questo è un bel caso di cosa giusta fatta al momento giusto. Oggi identifichiamo la parola OTT, servizi che non richiedono nessun altro strumento se non una connessione Internet e qualunque device, quindi senza scatole in mezzo, parlo di Netflix. Sono stati bravissimi, perché è come il caffè decaffeinato per un po' di tempo è stato solo Hag, oppure nel caso del Tupperware, si identificano con il servizio, e sono stati doppiamente bravi perché sebbene Apple ci fosse arrivata nel 2010, quindi non sono stati né i primi, né i secondi, né i terzi, sono però riusciti a trovare un modello in cui hanno investito sulla qualità del servizio, ovvero dei video, e a un servizio che dapprima era legato alla distribuzione di DVD, poi di vecchie serie tv, cui sono stati aggiunti prodotti di alto valore, da House of cards a Narcos, divenendo il punto di riferimento e aprendo la strada al mondo di tutti gli altri servizi. Ce ne saranno tantissimi, perché non ci sono barriere all'entrata, salvo una cosa importantissima che è l'accesso al contenuto: l'unico, vero ostacolo allo sviluppo di Netflix è che, a differenza di altri modelli, in alcuni casi sta andando in rotta di collisione con coloro che detengono i diritti, perché la quantità di valore che riescono a estrarre attraverso la distribuzione globale dei loro contenuti sta mettendo in difficoltà alcuni dei grandi detentori di contenuti, e questo vi dà anche l'idea dell'irrequietezza del momento. Dai risultati trimestrali delle aziende americane Netflix è cresciuto meno di quello che si aspettava, ha fatto solo 2,5 milioni di abbonamenti incrementali e il titolo è sceso immediatamente, anche perché contemporaneamente i grandi detentori di contenuti incominciano a far passare il concetto che forse non rinnovano, che non è una cosa ragionevole, però è come dire che loro vivono anche dei nostri contenuti, quindi è una piattaforma distributiva, non una piattaforma di contenuto in senso pieno. Non so come andrà a finire, ma sicuramente dà l'idea di cosa significhi essere in un ambiente estremamente dinamico e positivamente irrequieto. Non serve che vi dica chi sono i beneficiari di tutto questo movimento, innanzitutto (lo vedete a sinistra di questa slide) gli ideatori e sviluppatori di contenuti e i distributori di contenuti premium: la payTV e i generatori di contenuto stanno vivendo anni d'oro (questi sono dati americani), perché ci sono sempre più soggetti che vogliono contenuto. Se quindi oggi uno ha delle idee e conosce bene l'inglese, stabilendosi nella costa ovest americana per provare a proporre contenuti a questi soggetti non è difficile avere interlocuzioni, poi ovviamente c'è una tale concorrenza che bisogna essere molto bravi per farlo, però lì c'è sviluppo di valore che crescerà, a parte l'accesso a Internet che ci interessa di meno in questo contesto, una parte rilevante è quella di OTT, quei 6 miliardi di valore molti sono legati allo sviluppo di Netflix.
  La parte free to air, ovviamente legata al mercato americano dove la televisione pubblica ha una rilevanza minore, sta invece in una fase di stallo, perché questa slide evidenzia come in un mondo che andrà verso contenuti a pagamento, dove l'asse del valore si svilupperà tra sviluppatori di contenuto molto spesso internazionali e distributori di contenuto nazionali o internazionali, che lavoreranno su contenuto pay, diventa ancora più rilevante che missione deve avere il soggetto pubblico, che è gratuito e dà contenuti a 25 milioni di famiglie, non a un sottoinsieme grande o piccolo che sia, che è legato a chi può accedere ai contenuti a pagamento. Questa cosa, che letta in una prospettiva americana può voler dire che non ha senso investire oggi Pag. 9sui grandi network, perché si farà fatica a fare più utili di prima, per quanto riguarda invece il nostro servizio pubblico può voler dire che diventa ancora più rilevante il ruolo che avremo in futuro.
  Cosa comporta questa battaglia sui contenuti premium? Una crescita molto elevata dei valori dei pochi o tanti contenuti premium che ci sono. Questo è un esempio nel calcio: fa impressione vedere il valore inglese, perché il nuovo triennio 2016-2019 andrà a generare 2 miliardi e 300 milioni di euro a stagione, un numero enorme. Non credo di essere il solo appassionato di sport e di calcio che ama vedere le nostre squadre in Champions league. Quei soldi diventano parte di un sistema che consente di acquisire il talento con il quale si può competere a livello internazionale, ed è chiaro che quanto più sono ricchi i detentori dei diritti che vengono dati alle squadre, tanto più facile è che queste riescano ad avere modelli loro di business che consentano di accedere al talento che serve loro per vincere. Questo esempio potrebbe essere fatto anche sul cinema, sulle serie.
  L'altra parte legata ai ricavi è quella della pubblicità. La pubblicità ha conosciuto anni veramente bui fino al 2014 e al momento si è stabilizzata: proiettiamo, in modo coerente con quanto ci perviene da tutti i grandi istituti di ricerca, un dato che è leggermente in crescita nei prossimi tre anni dell'1 per cento, dove la parte che crescerà di più è quella legata a Internet. Questo è il dato di crescita percentuale, 1 per cento che, come vedete, è il più basso dei grandi Paesi europei, per questo sentiamo che il dato inserito nel piano industriale non è troppo aggressivo dal punto di vista delle previsioni. La speranza è di fare di più, anche se va detto che tutti i grandi istituti di ricerca dicono che l'Italia crescerà meno degli altri Paesi. Questo però è il dato che va considerato nella riflessione rispetto al nostro futuro, ovvero che è verosimile che, mentre vediamo nel fatturato del totale pubblicità la parte legata al fatturato Italia, i grandi operatori che avete visto in Game of Thrones tendenzialmente fatturano all'estero, ma rispetto a cose che distribuiscono qui. Questo significa che c'è una parte di mercato che non vediamo più, che è verosimile (sono stime perché non c'è un dato certificato in questo caso, a differenza dei dati sulla pubblicità italiana) che nel 2019 faccia 2,5 miliardi di fatturato su prodotti che vengono visti in Italia, ma che escono dal nostro sistema: un ulteriore elemento che andrà a condizionare la quantità di risorse che ci saranno per fare contenuti.
  Dove siamo oggi. Abbiamo un gioco di luci e ombre rispetto a come siamo visti dal pubblico dal punto di vista del ruolo di servizio pubblico, perché abbiamo grandi riconoscimenti in aree come le attività sociali che facciamo, sapete che facciamo campagne assidue e costanti durante tutto l'anno, anzi ne facciamo una a settimana, più grandi eventi intorno alla nostra attività social, e anche con riconoscimento di valore sui canali nostri distributivi, che siano TV o cinema, mentre è più in discussione l'immagine corporate che abbiamo. Credo che ciò si recuperi solo in maniera netta, definendo cosa sia il servizio pubblico e andando a fare quello che è coerente con la nostra missione. Per questo, anche se so di essere noioso, insisto sempre rispetto al concetto degli ascolti e degli obiettivi che abbiamo, perché, se non si recupera quello, quella parte di sinistra non ritornerà mai blu, perché le persone innanzitutto dentro la nostra azienda, ma anche fuori devono trovare un proprio significato rispetto all'obiettivo di ciascuna attività legata alla missione che abbiamo.
  La cosa positiva è che partiamo da un punto di vista di riscontro degli ascolti che rispetto ai nostri omologhi stranieri è di tutto rispetto, perché gli unici che fanno di più sono i tedeschi che con la somma di ZDF e ARD fanno quasi il 50 per cento degli ascolti in Germania, che non è poco. Tenete conto che la quantità di soldi che vanno al servizio pubblico tedesco ammonta a più di 7 miliardi, quindi è un'altra scala dimensionale, e all'intero nostro Paese siamo leader, anche se siamo leader con la particolarità che lo facciamo con 15 canali e questo è coerente con molti altri servizi dal punto di vista di quantità di aree che copriamo, e abbiamo il canale che Pag. 10quasi da sempre è leader dal punto di vista gli ascolti, RaiUno, quindi nei primi dieci canali più visti nel Paese quattro sono nostri, perché ai tre si aggiunge anche Rai YoYo, il canale da cui tra qualche giorno leveremo la pubblicità.
  Nel primo trimestre 2016 tutti i canali generalisti stanno decrescendo salvo RaiUno e RaiDue, dove abbiamo fatto un intervento per cercare di rendere complementari le definizioni dei palinsesti e questa cosa sta pagando. Come sapete, l'ascolto è positivo perché alcuni eventi hanno dato il senso di quello che stiamo facendo, oltre al già celebrato Sanremo di Conti, nelle ultime settimane due cose fortemente identitarie dal punto di vista dell'intrattenimento come lo show Laura & Paola e Rischiatutto, che sono l'esempio di cosa significhi l'intrattenimento del servizio pubblico, e poco conta se a volte con questi prodotti vinciamo e a volte perdiamo, non è quello il tema, entrambi sono riusciti a fare quello che dovevano. Per questo questi dati sono particolarmente significativi.
  Una parte del pubblico dagli 8 ai 34 anni ormai proprio non ci frequenta più, e questo è uno dei problemi che dobbiamo affrontare e lo affrontiamo soltanto con una somma di cose, tra cui il modo in cui distribuiamo il contenuto. Qui è ancora più evidente che siamo molto forti da 55 anni in su, siamo comunque forti dai 4 ai 54, ma non siamo leader in quelle fasce di ascolto. Il fatto interessante è che la differenza tra Rai e Mediaset su queste diverse fasce è tutta accumulata sui canali generalisti, mentre sui canali tematici non abbiamo differenze, nel senso che siamo ugualmente forti su tutte le fasce. Questo è interessante perché quando andiamo a fare i contenuti più specializzati non ci troviamo a essere più vecchi degli altri.
  Questo è quanto vi dicevo prima rispetto al fatto che siamo rimasti indietro sulla parte di rilevanza nel mondo Internet. È chiaro che non possiamo avere l'ambizione di essere Google e Facebook che, come vedete, fanno 27 o 23 milioni di utenti unici rispettivamente, dato dell'anno scorso, però 5,5 milioni sono troppo pochi, nel senso che dobbiamo essere sicuramente parte di quel secondo campionato che vedete sopra di noi.
  Questo è un esempio che vuole essere di stimolo, ma non potrà essere eguagliato. Quello che vedete qui è quello che la BBC riesce a fare. Non potremo avere l'87 per cento di utenti raggiunti e utenti disponibili, però il 18 per cento è un dato fortemente migliorabile.
  Per quanto riguarda la radio, siamo il secondo gruppo nazionale, dato non sconfortante, anche se in passato eravamo il primo, ma il dato più preoccupante è che la radio è andata a finire su un modello per cui i canali sono tutti concentrati su una parte legata al pubblico più anziano e maschile, mentre le dinamiche delle radio più di successo sono più femminili e più giovani. Va benissimo coprire quella fascia, però è chiaro che dobbiamo riuscire a far sì che non copriamo solo quella fascia, dobbiamo riuscire ad avere una strategia e la vedrete nelle prossime settimane, perché stiamo ancora mettendola a punto. Vedrete a settembre la maggior parte delle cose che vi ho detto e che andrò a dettagliare; per la radio stiamo ancora elaborando i piani, per capire se riusciamo a partire già a settembre con questi cambiamenti. Tra l'altro, qui c'è un forte meccanismo di concentrazione dal punto di vista del valore, perché avere massa critica in questi anni è fondamentale e, come sapete, in maniera intelligente il gruppo Mediaset sta cercando di aggregare valore perché ciò possa dargli forza nella vendita della pubblicità sia sulla radio, sia in sinergia con gli altri mezzi.
  Dal punto di vista dell'asse della nostra struttura industriale e organizzativa spendo qualche parola su come siamo organizzati. Abbiamo la direzione generale a Roma, 4 centri di produzione (Roma, Milano, Napoli e Torino) e 21 sedi regionali. Abbiamo una fortissima concentrazione di prodotto focalizzata su Roma, dove abbiamo 19 studi, parte interni e parte esterni, quindi una produzione per dipendente molto più elevata, perché abbiamo grande quantità di prodotto fatta a Roma. Abbiamo un'efficienza elevata anche a Milano, mentre i 2 studi che soffrono di più dal punto di vista di ore prodotte per Pag. 11dipendente sono Napoli e Torino, con la conseguenza che il costo di maggiorazione per ogni ora prodotta in più è più elevato. È chiaro che, essendo tutto un nostro sistema, dobbiamo riuscire a equilibrare questi dati, anche perché a Roma spesso facciamo cose fuori dai nostri studi, quindi non dobbiamo tanto spostarci da nostri studi ad altri nostri studi, ma di rendere più efficiente il nostro sistema. Ciò va fatto con un'ottica che guardi alla valorizzazione, negli anni abbiamo visto ad esempio la fiction sviluppata a Napoli o i recenti successi produttivi dei programmi per bambini e della fiction fatti a Torino che possono permettere di sviluppare i centri secondo alcune direttrici che siano di valore e non di pura suddivisione di contenuto. Non credo che il contenuto possa essere spostato per riempire gli studi, il contenuto deve essere figlio di una cultura che poi riesca a generarne ulteriore. Andremo a produrre più fiction negli anni? Sì, quindi questo, se accompagnato dai centri di produzione che riescono ad appropriarsi di alcuni pezzi di questa generazione di valore, secondo me fa bene ai nostri centri, ma fa bene proprio all'idea che la Rai possa rappresentare tutte le culture presenti nel Paese.
  Un altro aspetto su cui stiamo lavorando, ed è una delle grandi sfide, è quello organizzativo, perché l'azienda era strutturata per essere molto parcellizzata, perché rispondeva a un modello necessariamente legato a tante anime, le quali hanno generato 32 riporti diretti al direttore generale, che qualunque manuale di business considera non sostenibili. Seguendo una logica legata alla nostra missione sto andando via via a razionalizzare la struttura, in modo che abbia il minor numero di riporti e ciascuna area possa avere un proprio significato dal punto di vista gestionale, introducendo l'idea che l'azienda è una sola e la strategia è una sola. Questo è fondamentale perché, se si vuole diventare media company, non c'è dubbio che la strategia debba essere una sola, e la ragione per cui non lo siamo diventati prima è anche questa.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
GIORGIO LAINATI

  ANTONIO CAMPO DALL'ORTO, direttore generale della Rai. Arrivo alla parte relativa alle linee guida dello sviluppo editoriale. Stiamo sviluppando vari progetti contemporaneamente, stiamo definendo la brand identity e il posizionamento di tutte le offerte editoriali Rai. Questo è un piano industriale, quindi troverete uno schema valoriale che è più uno schema logico, che i direttori di Rete hanno contribuito a costruire e stanno usando al fine di costruire i loro piani editoriali, che poi trovano forma concreta nei palinsesti. Lo schema che vi avevo già raccontato nella prima audizione di settembre era di costruire un percorso di media company, identificare i valori di ciascuna Rete che siano complementari, lavorare con i direttori di Rete che li trasformino in piani editoriali, avere la presentazione dei palinsesti il 28 giugno. Questo schema sta andando avanti, i direttori stanno lavorando alacremente in questi mesi per riuscire a definire i palinsesti con un'idea che sono fermamente convinto generi valore, e, nonostante i direttori siano arrivati dopo rispetto agli anni scorsi, stiamo tentando di anticipare l'apertura di tutte le commesse dei programmi. C'è una relazione diretta tra tempo in cui si fanno le cose e qualità del risultato, una relazione chiara e netta. Considerate che in molti casi come per le scenografie dobbiamo fare gare complesse per acquisire i fornitori e a maggior ragione più riusciamo ad anticipare e migliore sarà risultato per chi ci guarda, quindi io conto che questa cosa si veda a settembre. Ovviamente è un progetto che ogni mese avrà un pezzo in più, però già a settembre questa filosofia sarà riflessa nelle cose che facciamo.
  Per ciò che concerne la ridefinizione dell'identità creativa di azienda e canali Rai, siamo ancora un po' patchwork come eredità creativa, ma non possiamo permettercelo Pag. 12 se vogliamo diventare una cosa sola. L'identità creativa di tutti i servizi che faremo su multipiattaforma è una, al momento abbiamo ancora 250 siti, però siamo in una fase di transizione rispetto a un'offerta unica. Abbiamo un ripensamento dell'offerta complessiva delle news (ci ritornerò tra qualche slide) e la ridefinizione degli investimenti sulla fiction. Non serve che faccia a voi l'esempio di Bruxelles e di come la nostra informazione ha agito, perché ne parleremo quando vi parlerò dell'informazione. L'informazione è il cuore di un servizio pubblico radiotelevisivo e Internet e quindi è chiaro che questo è un elemento fondamentale. Parigi nel 2015 e Bruxelles quest'anno sono stati esempi in cui la Rai ha dimostrato tutta la sua rilevanza dal punto di vista di quello che può fare di positivo per raccontare quanto accade al Paese.
  Questi sono i sottogeneri della fiction, su cui tornerò dopo perché sono slide introduttive, e poi c'è tutta la parte di ideazione e produzione multipiattaforma, dove andremo non soltanto a rilanciare i nostri servizi, ma in maniera discontinua a lanciare cose che non avevamo prima e che diventeranno un riferimento per le persone rispetto al consumo multipiattaforma.
  Credo molto a questa parte e credo che debba essere alla base del rapporto che avremo con il pubblico da qui in avanti. Agiremo anche sui prodotti in quanto dovranno essere pensati in relazione a come si consuma oggi un contenuto video, anche perché non siamo sicuramente ai primi posti sul ranking dei siti di news del Paese, siamo noni nella classifica dei siti news quando negli altri Paesi i servizi pubblici tendono a essere più avanti, e questa è una delle cose che deve cambiare.
  Sullo sport la sfida è particolarmente importante, in quanto si tratta di uno dei contenuti più rilevanti per un editore oggi e noi ne abbiamo tanto. Se ne può sempre avere di più, però siamo uno dei servizi pubblici europei che ha più diritti sportivi, in quanto la maggior parte degli sport, essendo entrata nell'orbita dei contenuti premium, è stata presa dalla televisione a pagamento. Quest'estate abbiamo anche le Olimpiadi in esclusiva, abbiamo i campionati europei, siamo riusciti a mantenere molto dei contenuti rilevanti dello sport all'interno del servizio pubblico. È chiaro che la pressione delle televisioni a pagamento aumenterà anno dopo anno e quando, come è successo di recente, Radio Discovery per un 1,2 miliardi di dollari compra non so in quanti paesi i diritti delle Olimpiadi, diventa una battaglia impossibile per un servizio pubblico come il nostro. È anche vero che le norme europee prevedono che i servizi gratuiti abbiano sempre una parte dei diritti, nel caso delle Olimpiadi 200 ore minimo, però a quel punto diventa un'asta tra soggetti non a pagamento nei vari paesi.
  Altro tema è il rinnovamento dei linguaggi, che affronterò parlando specificamente della fiction, perché un nostro obiettivo esplicito è riuscire a ottenere un racconto più articolato. Le prime due serie che abbiamo rinnovato quest'anno sono Tutto può succedere e È arrivata la felicità, dei racconti family più complessi della narrazione classica della nostra fiction per RaiUno, tanto che, tornando al rapporto con gli ascolti, sono prodotti che hanno fatto tra il 17 e il 19 per cento di share, ma, proprio perché riescono a rendere il racconto più complesso, è stato molto importante rinnovare subito queste serie, affinché coloro che le scrivono e le fanno potessero lavorarci per arrivare forti alle stagioni prossime.
  Sull'intrattenimento vi ho appena parlato delle ultime cose avvenute nei nostri palinsesti, e questo è un esempio di quello che vedrete anche nei linguaggi del racconto di cosa abbiamo. Faremo una grande operazione di comunicazione intorno a Braccialetti Rossi, che non solo è una fiction di grande successo di RaiUno, ma è anche un prodotto che è riuscito ad avere un pubblico giovane, a differenza della fiction più classica, che ha un pubblico più adulto. In questo caso abbiamo fatto i primi incontri sei mesi prima della messa in onda per riuscire a realizzare, facendo anche leva sulla comunità sviluppata intorno a Braccialetti Rossi, un vero e proprio evento intorno a questo prodotto. Questa Pag. 13cosa che vedrete svilupparsi nell'arco delle settimane porterà alla messa in onda questo autunno di Braccialetti Rossi e vuole essere una sorta di «prima» dalla quale non si torna più indietro, laddove su alcuni eventi speciali, che identifichiamo probabilmente in uno ogni paio di mesi, la Rai deve essere in grado di mettere in campo risorse anche extra-televisive in maniera coordinata, in modo tale da far percepire al pubblico che quanto stiamo facendo è molto importante. Come ci ha dimostrato un primo test sulla parte social a Sanremo, questo ha riportato il pubblico giovane dentro alle Reti, che è uno degli obiettivi espliciti, molto complessi perché riportare il pubblico giovane non è facile, bisogna avere il prodotto giusto, come nel caso di Braccialetti Rossi, e fare le cose giuste. Misureremo la combinazione di queste cose sulla quantità di ragazzi che rifrequenteranno la televisione generalista. È chiaro che riuscire a fare questa cosa sarebbe molto importante.
  Lo sport. Non serve che vi dica quanto sia importante come sfida, e tutte le ricerche ci dicono che lo sport è uno di quegli ambiti in cui maggiore è la differenza del percepito tra noi e gli altri, nel senso che ci viene imputato di essere rimasti indietro, quindi è una delle sfide più complesse, però a maggior ragione quest'estate in cui abbiamo campionati europei e Olimpiadi e sarà importante investire bene su questi eventi.
  Questa è una slide che riguarda un tema molto importante e delicato, cosa voglia dire e come si informi bene il pubblico oggi. Non c'è dubbio che un movimento che c'è stato in Francia, in Spagna e in Inghilterra rispetto all'informazione evidenziava come la crescita delle televisioni all news abbia spostato una parte del servizio informativo che nella quotidianità i servizi pubblici danno su quelle Reti, diminuendo le edizioni nelle reti principali. Come vedete, in Francia sono 5 le edizioni dei telegiornali, in Spagna sono 8, in Inghilterra sono 6, da noi sono 27. Questo fa parte del lavoro che Carlo Verdelli insieme ai direttori delle testate sta facendo per trovare un equilibrio tra nostra realtà e informazione al pubblico.
  Ci sono poi gli investimenti in cinema e fiction con slide specifiche. Questa è una cosa a cui tengo perché verrete chiamati in maniera più diretta in causa. Rai Cinema sta nella produzione e distribuzione dei film, in primis italiani, ma in un mondo che sta evolvendo velocemente. Avrete letto sui giornali cosa sta succedendo non soltanto rispetto a Netflix, ma anche rispetto a movimenti italiani, alla volontà di Sky di entrare nella distribuzione, agli accordi tra Mediaset e Warner. Cosa sta succedendo? Per riuscire (ricorderete la slide rispetto alla crescita di valore) a controllare positivamente la filiera del contenuto premium, le aziende che vivono di contenuti free ma soprattutto pay stanno organizzandosi per mettere vicino a sé il talento che possa dare valore da portare ai propri clienti.
  Noi che non abbiamo clienti ma abbiamo persone da servire, cittadini che tutti i giorni ci guardano, dobbiamo definire bene cosa vogliamo chiedere a Rai Cinema. Ci sarà un confronto con il percorso della concessione, ma qui dentro ci sono le idee chiare rispetto a cosa vorremmo fare noi, poi giustamente voi definirete la nostra missione. La cosa sulla quale è necessaria una riflessione delle istituzioni è che ruolo debba avere Rai Cinema nel futuro dello sviluppo dell'audiovisivo, perché non può essere definito solamente da Rai. In questo momento continuiamo la strategia che abbiamo, che riguarda la produzione di un numero elevato di film italiani, alcuni che distribuiamo al cinema, altri no, però urge un confronto tra le parti, perché è uno di quegli ambiti in cui è necessario avere un mandato chiaro rispetto a quale spazio Rai Cinema deve occupare in questo Paese, e secondo me è uno spazio importante dal punto di vista di sviluppo dell'audiovisivo italiano, quindi siamo ben disposti a rilanciare il nostro ruolo in quell'ottica.
  Dal punto di vista della fiction quello che stiamo facendo è sviluppare di più la lunga serialità, perché il mondo va lì, le persone familiarizzano di più con i titoli che hanno una maggior quantità di puntate, allo stesso tempo però concentrare Pag. 14miniserie o TV movie su aspetti specifici di servizio pubblico, quindi laddove facciamo serie corte o TV movie fare in modo che siano fortemente giustificati da un aspetto legato alla nostra missione. Recentemente, come sapete, abbiamo fatto film molto importanti, da Il sindaco pescatore a quello su Lea Garofalo, tra poco avremo un film su Felicia Impastato, quindi continueremo a raccontare episodi molto importanti per la storia del Paese quand'anche si sviluppino su una storia di due puntate o di una puntata sola o di un TV movie. Questo è un punto interessante perché lo sviluppo della produzione della fiction è diviso in questo modo. Abbiamo tre categorie di case di produzione, quella che finanziamo fino al 45 per cento del valore della produzione annua, dove commissioniamo 9 serie a 5 case di produzione, per arrivare poi all'ultima categoria dove finanziamo praticamente tutta la produzione e abbiamo un valore di produzione più basso. Questo sta a raccontare che la somma del fatto che Rai abbia tenuto per sé molti diritti in passato e che le case di produzione che interagiscono con noi in molti casi sono molto piccole, ha generato un sistema di audiovisivo fragile, dove il paradosso è che quelli che vengono vissuti come grandi sono piccoli se guardate cosa succede fuori da questo Paese, e, siccome i territori in cui si confrontano queste società sono ormai quelli internazionali, dove si ha bisogno di capacità di investimento per riuscire a generare una serie che possa avere ambizioni anche fuori dal Paese, lo sviluppo dell'audiovisivo, a maggior ragione oggi, grazie a un disegno di legge che porterà a un maggiore tax credit, è un punto fondamentale.
  La Rai si mette in questo caso a servizio di un progetto, cioè il tema per Rai non è accumulare la maggiore quantità di diritti possibili, ma riuscire a essere stimolo di un audiovisivo che possa portare a un prodotto sempre più diversificato e sempre migliore, e che abbia la capacità finanziaria per generarne ulteriore, perché, visto che abbiamo come obiettivo quello di servire 60 milioni di persone che ci potrebbero guardare tutte, quello è il fine. A maggior ragione nella fiction, dove siamo indiscutibilmente i leader, questo è particolarmente importante e avrà un suo sviluppo nelle prossime settimane e mesi.
  Questa è una partnership che abbiamo in questo caso con la Big Light Productions sulla produzione di Medici che è stata fatta in Italia in inglese, con l'ambizione di portarla in tutto il mondo, così come stiamo facendo la coproduzione con Netflix per Suburra e stiamo cercando di raccogliere partner sulla fiction di RaiTre Non uccidere a livello europeo. Un'ultima cosa sulla parte fiction per dare l'idea del flusso di iniziative. Abbiamo lavorato per sei mesi con le Reti per rovesciare il modello che abbiamo in questo momento, più legato alla produzione che ai palinsesti delle Reti. Dal punto di vista pratico trasformazione in media company significa che come azienda Rai definisca gli obiettivi dei vari ambiti delle Reti, definisca le necessità dal punto di vista contenutistico delle Reti e costruisca la fiction in relazione a quello e ai modi in cui si potrà valorizzarla o distribuirla. Andremo a presentare questa cosa a tutti i produttori italiani, APT e ANICA, la prossima settimana, nel senso che andremo a presentare il nuovo modo in cui si presenteranno i progetti della Rai.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ROBERTO FICO

  ANTONIO CAMPO DALL'ORTO, direttore generale della Rai. Abbiamo voluto adottare criteri più legati a quello che succede fuori dall'Italia, dove il rapporto è trasparente e vengono chiesti requisiti dal punto di vista di universo visivo, tipo di talenti che si vuol coinvolgere, sinossi, tutti elementi che possono permettere una scelta il più possibile oggettiva rispetto al progetto. Questa è una novità e secondo me sarà molto interessante, perché è un punto di non ritorno, una volta fatta non si torna più indietro, quindi diventa ancora più trasparente il rapporto con i produttori. In quella occasione verrà anche esplicitato il manifesto di ogni singola Rete.
  Siamo molto bravi e ricchi, nella fiction siamo i numeri uno e anche i numeri due e i numeri tre.

Pag. 15

  SALVATORE MARGIOTTA. In cosa siamo i primi?

  ANTONIO CAMPO DALL'ORTO, direttore generale della Rai. Per quantità, qualità e risultati di ascolto, perché delle prime 20 Fiction dell'anno 18 sono nostre. Detto questo però è vero che, come ci viene detto, sono omogenee, ma lo sono perché sono tutte pensate per RaiUno. Il livello di disomogeneità è quello che vi ho raccontato prima, nel senso che andremo a fare Tutto può succedere e È arrivata la felicità perché dobbiamo riuscire a raccontare la famiglia contemporanea.
  Nello stesso tempo la libertà espressiva che può consentire sviluppare un progetto per RaiDue o RaiTre è maggiore, quindi nei prossimi anni andremo a sviluppare di più progetti per RaiDue e RaiTre, cosa che consente non solo maggiore libertà creativa, ma anche di lavorare sui generi, di sviluppare talenti che nascono dai nostri vivai, perché siamo anche in grado di fare questo lavoro. Secondo me la fiction è un esempio virtuoso che può essere ulteriormente migliorato. È comunque una soddisfazione vedere registi come Sollima che fa il suo percorso partendo da noi.
  Quali sono i valori che informano questa nostra idea di servizio pubblico? Universalità, indipendenza, pluralismo, responsabilità e innovazione d'eccellenza sono parole che poi vanno oggettivate, però cercavo di dimostrare con l'esempio specifico sulla fiction che queste non sono solo parole, che quando si parla di innovazione rispetto alla fiction è esattamente quello che ho appena raccontato, laddove portare la fiction su RaiDue e RaiTre permette un lavoro di innovazione sul prodotto.
  Mi interessa trasmettervi non tanto questo schema che, essendo uno schema valoriale che usano tutte le televisioni anche fuori dall'Italia per cercare di definire i posizionamenti, è lo scheletro del piano industriale rispetto al piano editoriale, che viene costruito dai direttori. È come se fossero i paletti di riferimento, che poi i direttori trasformano in piani editoriali che ispirano le scelte rispetto al contenuto specifico. Tra l'altro, questo è lo stesso schema che viene usato dalla Direzione creativa per riuscire a dare forma alla creatività dei vari canali.
  Non vado nel dettaglio di ogni singolo canale, ovviamente RaiUno è l'emittente più importante della vita del Paese, RaiDue è affidabile ma sorprendente (all'interno del documento trovate gli ambiti su cui i direttori stanno lavorando), RaiTre riflette sui fatti e approfondisce oltre l'apparenza. A complemento di questo lavoro potreste audire i direttori sul piano editoriale dei canali, che è lo sviluppo di questa parte. Per me è importante spiegarvi la complessità del piano industriale per poi andare nello specifico.
  Questa parte riguarda invece i canali specializzati, che per la premessa che vi facevo abbiamo cercato di posizionare in maniera più accurata, facendo in modo che ciascuno trovasse la propria missione, mantenendo il perimetro invariato proprio perché siamo in una fase di rinnovo della concessione, con scelte importanti quali levare la pubblicità da Rai YoYo, trasformare Rai Scuola in un servizio più legato alla parte non lineare proprio per la sua natura di canale non lineare, anche se in questo momento è anche un canale televisivo, piuttosto che dopo le Olimpiadi, visto che la quantità di sport si riduce, fare in modo che Rai Sport 1 e 2 diventino un grande canale di sport del servizio pubblico, perché sappiamo che ha eventi rilevanti come le Olimpiadi. Questa estate sarà RaiDue la Rete olimpica.
  Qui si apre un tema su quale sia il perimetro, quali sono le aree, che non può non nascere dal dialogo rispetto alla concessione. All'interno della parte culturale la Rai deve sviluppare un'attività intorno al tema della scienza o no? Quello è un tema, perché all'interno della cultura la scienza e l'educazione scientifica sono dei contenuti in cui il servizio pubblico nei vari Paesi ha sempre avuto un ruolo importante, noi l'abbiamo avuto nello sviluppo del nostro servizio pubblico, però questo è importante che diventi parte del ragionamento di confronto. Il nostro compito in questa fase è fare al meglio quello che c'è qui dentro per poi avere un confronto più specifico sui contenuti. Pag. 16
  Come dicevo, l'informazione è l'elemento più rilevante. Approfitto per soffermarmi brevemente, visto che la seconda domanda verte sul gruppo di lavoro che stiamo costruendo intorno a Carlo Verdelli. L'informazione è il centro del servizio pubblico. Quello che ci siamo posti fin dall'inizio è lavorare sul tema dell'efficacia in primis, perché in un momento in cui il mondo è così complesso dobbiamo riuscire a informare tutti coloro che fruiscono del servizio pubblico nella maniera più plurale e completa che ci sia concesso. Questo ha portato a una riflessione, condivisa attraverso il nostro dialogo, su cosa significhi fare questa cosa, e da lì è nata l'idea di avere una Direzione editoriale dell'informazione con il compito specifico di lavorare sul posizionamento dei vari servizi informativi. Da lì nasce l'idea di legare questo percorso al percorso delle Reti, perché ci deve essere anche una vicinanza di percorso tra posizionamento delle Reti e posizionamento dell'informazione, con tutta l'autonomia dei direttori di ogni testata rispetto al lavoro quotidiano che fanno, ma con la necessità di un lavoro di coordinamento che risponda anche a esigenze emerse in queste sedi. Ricordo la prima audizione che riguardò l'episodio dei Casamonica, e qualche settimana dopo avvennero gli episodi di Parigi.
  Queste cose ci ponevano il tema di riuscire ad avere un rapporto che sia il più possibile coordinato da un lato, e attento al pubblico dall'altro. Questo lavoro che ho chiesto di fare a Carlo Verdelli, un lavoro monstre dal punto di vista della quantità, necessita di un team che ha il compito di supportarlo, di interloquire con le situazioni che quotidianamente si possono verificare all'interno del nostro servizio pubblico e che non ha una vocazione di tipo censorio, ma solo una vocazione di interlocuzione, in modo tale da far sì che la quantità di riflessione giornalistica intorno alle cose che facciamo vada a crescere. A maggior ragione laddove questa cosa avvenga nell'area di programmi che sta all'incrocio tra informazione e intrattenimento, dove è più facile che possano emergere punti delicati. Su questa cosa Carlo Verdelli ha sviluppato un progetto e ha portato alla mia attenzione con il via libera dell'ufficio del personale un gruppo di lavoro che lo coadiuva. Ho portato tutto questo all'attenzione del consiglio di amministrazione perché ci fosse una riflessione in merito, per fare in modo che questa cosa prendesse forma, perché è soltanto con un gruppo che si riesce a svolgere questo lavoro così impegnativo. Tra l'altro, ho chiesto anche al nostro ufficio legale un approfondimento rispetto al tema specifico emerso rispetto a una persona di cui credo che il valore sia assolutamente indiscutibile, Francesco Merlo, rispetto al quale la riflessione ulteriore dal punto di vista legale verte su quale tipo di ruolo possa avere all'interno di una struttura di questo tipo.
  Questo per me è importante condividerlo perché tale tipo di struttura risponde ad alcune questioni emerse anche in questa sede rispetto a cosa significhi oggi riuscire ad avere un rapporto coordinato e attento all'informazione. È chiaro che starà a noi dimostrare durante questo percorso che questo avviene. Il 1 settembre era stato definito come tempo fisiologico, perché l'idea dei tempi che ci siamo dati e che verranno condivisi in qualunque momento vorrete è che entro metà giugno avremmo costruito il posizionamento dell'informazione più hard news, e poi si sarebbe lavorato su questo. Quello che è successo nelle ultime settimane ci ha fatto accelerare i tempi e provare ad avere attenzione rispetto al rapporto con la quotidianità di questi prodotti, soprattutto di quelli che definiamo fuori testata, quindi siamo in questo percorso che ha come tappe metà giugno per la definizione dei posizionamenti dei telegiornali, e il 1° settembre (per questo è stato portato in consiglio di amministrazione il gruppo di lavoro di Carlo Verdelli) per quanto riguarda il rapporto non solo in questo ambito, ma anche riguardo a quello che chiamiamo Infotainment.
  Sullo sport non aggiungo molto a quanto vi ho detto, salvo insistere, perché so che si può fare sempre di più e meglio, però dal punto di vista di quantità di acquisizione di diritti siamo messi molto Pag. 17bene. Dal punto di vista di gestione del racconto dello sport, la volontà di scommettere su Gabriele Romagnoli vuole dimostrare che il racconto dello sport deve cambiare. Stiamo tutti cercando di supportare questo cambiamento, avrete i primi segnali questa estate, perché abbiamo campionati europei e Olimpiadi, perché, al di là delle partite, i programmi che accompagnano questi grandi eventi tendono a essere un mix di intrattenimento e sport. Ci sarà un grande evento di sport, le Olimpiadi, che avremo in esclusiva sulle reti Rai, cosa che non credo capiterà più per le dinamiche che vi ho raccontato per cui Discovery ha comprato non so quante delle prossime edizioni. In autunno avremo tutte le trasmissioni sportive che accompagnano il racconto quotidiano e che devono essere maggiormente integrate nei palinsesti delle Reti. Una battaglia che sto facendo quotidianamente mira a far sì che ciascun direttore viva la propria Rete come un insieme di cose e non come intrattenimento e fiction, perché è importante che l'interlocuzione, che sta avvenendo in maniera positiva in questo periodo, avvenga tra gli editori, cioè RaiUno, RaiDue e RaiTre, i curatori di tutti i programmi che alle volte sono delle testate, alle volte sono produttori esterni, altre volte sono la fiction interna.
  Sulla fiction ho già detto, quindi aggiungo poco, salvo dirvi che questa parte come investimento è molto grande, in un triennio investiremo più di 500 milioni di euro in fiction, un'area in cui il servizio pubblico si definisce in maniera molto forte ed è per questo che riscrivere le regole diventa fondamentale per quanto riguarda il rapporto con tutti coloro che collaborano.
  L'intrattenimento è interessante perché è quello che definirà l'anima leggera delle Reti. Abbiamo già comunicato che alcune scelte le abbiamo già fatte: l'eliminazione dell'emotainment su RaiUno, il tentativo di reinvestire su prodotti identitari. Rischiatutto è stata un'operazione molto riuscita, perché era un programma finito in un posto dove non aveva più tanto supporto in quanto sarebbe finito di giovedì sera contro Don Matteo. Proprio per questa idea che l'azienda era molto parcellizzata, il tema è stato definire invece un percorso in cui potessimo usare la forza dell'azienda, tanto che il programma doveva partire a febbraio, ma abbiamo deciso di farne una striscia quotidiana, promuoverlo dentro a Sanremo e poi fare due grandi serate su RaiUno, perché Rischiatutto è un pezzo della storia di tutti noi, non è un programma qualunque. La risposta del pubblico è stata molto positiva, Fabio Fazio e il suo gruppo di lavoro hanno fatto un lavoro molto bello, come tutte le persone che in Rai lo hanno costruito, visto che è una produzione interna.
  Poi c'è stato anche il ritorno di Fiorello in Rai. Questo è un esempio di cosa significhi abbattere le barriere tra le Reti. È per questo che dico che, al di là del contenuto, c'è anche un messaggio che stiamo portando avanti quotidianamente, ossia che le Reti non sono una contro l'altra, ma sono pezzettini di una cosa che il pubblico legge come Rai. Il pubblico oggi chiede se hai visto Rischiatutto, non se lo hai visto su RaiUno, e questo è un elemento di forza che si era perso nel tempo e che andremo a recuperare.
  Cinema: bisogna agire velocemente, però nell'ambito di un percorso che deve essere dialettico. Radio: bisogna riuscire a fare il lavoro che abbiamo completato sulle Reti televisive. La radio è importante perché svolge un ruolo che non è sostituibile da altri mezzi, la radio accompagna la quotidianità di molte persone e non può essere sostituita da Internet. Questo rende fondamentale riuscire a lavorare su mission, target e linguaggi, in quanto, come avete visto dal posizionamento, i nostri canali purtroppo sono tutti nella stessa area, mentre dobbiamo riuscire come in televisione a occupare tanti luoghi, perché, se vogliamo servire tutti i pubblici, dobbiamo intercettarne le esigenze. Ci sono varie cose che possiamo fare, dalla valorizzazione della parte musicale al modo in cui andremo a sviluppare l'informazione. Qui ci sono le prime considerazioni rispetto alle quattro radio principali, ma ne abbiamo anche altre. Pag. 18
  Sulla parte digital non serve che dica quanto ci giochiamo dal punto di vista del rapporto con il futuro. La prima parte è la creazione di un'offerta digitale. Da luglio avremo le prime, nuove App di distribuzione di contenuto e da settembre avremo un servizio multipiattaforma che ci ridefinirà. È una scommessa, stanno tutti correndo come matti per riuscire ad arrivare in tempo, ricordate da dove siamo partiti dal punto di vista anche solo della metadatazione o della gestione dei diritti. Abbiamo deciso di scommettere sul gruppo interno, sebbene le analisi che ricevetti quando entrai consigliassero di farlo fuori, abbiamo deciso di scommettere su ingegneri interni. Abbiamo trovato gruppi di lavoro molto competenti e stiamo investendo sulle infrastrutture che possono consentire di sostenere questa sfida. Ci stiamo mettendo le risorse, perché tra digitale e multipiattaforma investiremo in tre anni 55 milioni, che per una sfida del genere non sono tanti, nel senso che per le dimensioni che abbiamo ci permettono di fare quello che sto dicendo, ma, se nel percorso della nuova concessione diventasse più netto il passaggio dall'esistente al digitale, si dovrebbero riconvertire ulteriori risorse. Non c'è dubbio che questa è una sfida fondamentale e che su questa, che troverà forma sulla parte delle app, quindi sui device mobili già quest'estate e poi più piena a settembre, ci giochiamo molto dell'inizio di un rapporto diverso, anche perché quali sono le caratteristiche dell'area che definisce la media company? La media company ha innanzitutto un tema di integrazione dell'offerta, non si può lavorare con 250 siti, le persone ormai sono abituate ad avere delle app dove entrano e hanno tutto.
  Stiamo quindi svolgendo un lavoro enorme rispetto all'integrazione dell'offerta, in modo tale che quando uno arriva in questi luoghi abbia davanti a sé tutta l'offerta della Rai, consultabile in maniera facile e ovviamente – punto 2 – idealmente personalizzabile. Dico idealmente perché questo può avvenire soltanto nel momento in cui si conosca un po' più dell'utente: al momento non abbiamo utenti registrati, perché vivendoci come televisione abbiamo sempre ritenuto di vedere gli utenti dopo alle 9.58, quando arrivano i dati Auditel. In questo mondo conosci gli utenti attraverso i comportamenti. Chi di voi è abbonato a Netflix sa che chiedono soprattutto cosa consumi, in modo da conformare l'offerta in relazione a quello che stai facendo. Negli anni abbiamo visto che anche chiedere a una persona cosa le piaccia non funziona. È molto più efficace dire «fammi sapere cosa fai e poi io mi adeguo a quello che ti può servire». In questo senso il rapporto con soggetti terzi potrà essere interessante per apprendere quanto fanno gli altri.
  L'altra cosa è il consumo in mobilità, il consumo ubiquo. Qui dobbiamo fare dei passi avanti per far sì che diventi naturale frequentarci in altri modi, anche perché siamo convinti che, nel momento in cui si dovesse affermare una facilità d'uso rispetto alla nostra tecnologia, le persone ci consumerebbero di più. Questo sempre nell'ottica di dare un servizio, non abbiamo bisogno di fare ascolti, però sono convinto che fare bene questa parte ridarebbe lustro anche all'idea di Rai come soggetto che porta innovazione alle persone. È una scommessa rispetto alla nuova generazione di contenuti.
  Detto questo, il motore è rappresentato dai nostri contenuti. Soltanto nelle categorie di programmi di maggiore riscontro investiamo 200 milioni di euro l'anno. In un Paese che va verso un maggiore accesso a larga banda avere un contenuto di successo è fondamentale, e noi ce l'abbiamo, soprattutto in alcune aree tipo la fiction, quindi lì siamo forti dal punto di vista competitivo. Dobbiamo riuscire ad avere relazioni forti con i soggetti di quella famosa pagina che vi ho mostrato prima, cioè Facebook, YouTube, Twitter, Instagram, perché la modalità di distribuzione che hanno questi soggetti ormai è pervasiva e dobbiamo riuscire a costruire un rapporto. Vista l'importanza della cosa, sto cercando di concludere nuovi accordi con loro, perché, a maggior ragione essendo servizio pubblico e avendo l'obiettivo di arrivare a tutti, dobbiamo riuscire ad avere un rapporto di natura diversa con questi soggetti, Pag. 19in modo che noi grande editore possiamo avere un rapporto di mutuo interesse con i grandi distributori.
  I punti 3 e 4 sono complementari ed essenzialmente dicono che dal punto di vista dei vantaggi competitivi possiamo promuovere i nostri servizi e costruirli in relazione ai servizi lineari. Si possono quindi proporre servizi non lineari direttamente ai flussi lineari, cioè i canali ogni tanto vedete che si restringono per far vedere cose che non sono necessariamente in televisione. Come vedete nella foto a sinistra, questo è più facile laddove uno sia davanti a un tablet.
  La quarta cosa è che abbiamo la possibilità di promuovere in maniera significativa le nostre attività, perché ogni giorno in qualche modo contattiamo il 75 per cento della popolazione sopra i 4 anni, quindi siamo ancora molto forti sulla televisione e possiamo usare questa forza per lanciare quello che sarà il futuro, sapendo che questa forza su alcune fasce di pubblico chiave non ce l'abbiamo più, perché se ne sono andate. Ci siamo chiesti cosa fare dal punto di vista di generazione di contenuti sul prodotto all'utente. Valorizzare le teche è una cosa che appartiene al nostro DNA, non ha necessariamente un valore commerciale enorme, perché in un mondo che vive solo di presente la coda lunga c'è, ma è piccola, però è importantissimo per noi, perché diventeremo sempre di più la cultura visiva del Paese e, visto che comunque abbiamo risorse per farlo, credo che diventeremo il centro di gravità e di attrazione anche di altre biblioteche visive presenti nel Paese. Stiamo lavorando anche con altri soggetti, perché è naturale che la Rai diventi il luogo della memoria visiva e radiofonica del Paese, vista l'importanza che la radio ha ed ha avuto anche in passato.
  Vi è poi tutta la parte di generazione di contenuti multipiattaforma. Essere media company significa riscrivere il modo in cui facciamo i contratti, perché fino a qualche tempo fa spesso purtroppo cedevamo i diritti digitali a terzi in cambio di un abbassamento del costo del prodotto, che non era un'idea geniale, quindi adesso abbiamo dei buchi in magazzino perché un soggetto che si vive come televisione e deve andare in onda, se invece di 100 deve pagare 85, lascia il diritto, anche se è un contenuto valido che sarebbe stato ripetuto per vent'anni e i cui diritti, visto che adesso sempre di più si va sul multipiattaforma non arriveranno a noi, e quando lo mandiamo in onda dobbiamo mettere un bollino nero sulle altre piattaforme perché non abbiamo questo contenuto. Dicevo che bisogna vedere quante risorse mettiamo sul digitale perché per esempio il riacquisto dei diritti di cose che non abbiamo tenuto è uno degli elementi se si vuole completare la propria offerta, però era per dire che la media company ha un sacco di cose molto pratiche da fare, quindi stiamo definendo uno standard di acquisizione di diritti che viene associato a qualunque acquisto facciamo e che da lì in poi non possa più essere smentito, salvo casi eccezionali che però devono essere approvati in maniera eccezionale come le Olimpiadi che vengono lasciate solo per quanto previsto dai contratti nazionali.
  La strategia distributiva è un altro punto importante. Come dicevo, bisogna sapere di più degli utenti che ci frequenteranno, visto che per il momento non abbiamo fatto nessuna registrazione delle nostre app in passato, e ciò non può apparire come un filtro al consumo immediatamente quando uno ci frequenta, ma c'è una parte di pre login, in cui c'è una serie di servizi che uno frequenta indipendentemente dal registrarsi, tipo la Catch up TV, per cui, se vi siete persi il programma ieri sera, potete andare nel nostro servizio e con un clic sul programma lo vedete. Per questo la registrazione non serve.
  Ci sono però altri contenuti che pensiamo debbano essere riconosciuti come di maggior valore e consentano di scrivere user e password per entrare. Questo ci consente, nel momento in cui andiamo verso una maggiore personalizzazione dei contenuti, di offrire qualcosa. Un esempio banale: il TG regionale è anacronistico con il movimento che c'è in Italia per tutti noi, se uno vuole sapere cosa è successo in Puglia ma in quel giorno si trova altrove, non può non essere in grado di vederlo, ma Pag. 20se si è iscritto gli arriva il segnale che il TG dalle 7.00 è pronto. Capite però che dietro queste parole c'è una quantità di lavoro non indifferente dal punto di vista della meccanica, però questo è quello che cerchiamo. Proprio in questi giorni, insieme al sindacato e alla nostra Direzione digitale abbiamo concordato che faremo un primo esperimento nella redazione regionale della Toscana per fare una produzione multipiattaforma in maniera più spinta, in modo da usare tutti i giornalisti in una modalità nuova. Abbiamo scelto la Toscana per partire e questo potrebbe aiutare nel primo passo di avere il TG regionale e nel passo successivo di avere i servizi che interessano, perché vince la logica di quante cose si danno nel minor tempo possibile.
  Qui in basso a destra trovate i servizi che hanno ricavi da utenti e hanno pochi contenuti pregiati, nella parte opposta avete i servizi gratuiti che vivono essenzialmente di pubblicità. Essendo Rai servizio pubblico, credo che le risorse che ci vengono date servano per dare servizi gratuiti alle persone, vale per il 95 per cento delle cose, non può essere per il 100 per cento perché in alcuni casi acquisiamo diritti che dobbiamo «nettizzare», in quanto quando acquisiamo diritti sulla fiction o il cinema che soggetti terzi ci danno in quanto poi avranno una percentuale dei ricavi, la vendita dei diritti a televisioni a pagamento la facciamo noi e poi retrocediamo dei soldi. Non è che tutto possa andare gratis, ma grandissima parte di quello che facciamo andrà gratuitamente a tutti.
  Qui c'è la declinazione di cosa significhi oggi lavorare su tutti i luoghi in cui avremo contatto con le persone, dai siti alle app, ai social media, agli aggregatori free e pay. Dal punto di vista delle competenze abbiamo un collo di bottiglia, perché abbiamo un'azienda che ha 200 persone sotto i trenta anni, quindi la riflessione è che le competenze servono, altrimenti queste battaglie, che sono già di per sé è molto difficili, non si possono vincere.
  Altra parte complementare, che riguarda più il nostro ruolo dal punto di vista di principio, di azienda editoriale che supporta la società nella sua transizione, è che stiamo lavorando sia sull'inclusione digitale dal punto di vista dei messaggi che diamo, sia a supporto dell'investimento in banda larga che verrà fatto nel Paese e che contribuirà in maniera veloce a un ampliamento della possibilità delle persone di accedere a questi servizi. Come sapete, nel progetto di inclusione digitale sono coinvolti vari soggetti, dai produttori all'Agenzia digitale, a Confindustria digitale, perché viene giustamente vissuto come un progetto che va ben al di là del rapporto con il contenuto, tanto che abbiamo definito una strategia che avrà tre livelli di attenzione, cioè stimolare, approfondire, consolidare, in modo tale che le storie che andiamo a creare verranno segmentate per tipologie e fasce d'età. È stato interessante perché siamo partiti da un'idea e, a mano a mano che abbiamo analizzato i dati, abbiamo capito che i linguaggi che dobbiamo adottare per portare le persone a familiarizzare con questi strumenti non necessariamente devono essere mirati alla gioventù, in quanto ogni fascia d'età dovrà avere i propri messaggi che rendano più familiare il passaggio a questo tipo di attività.
  Questa è la sintesi visuale del passaggio a media company, abbiamo in testa MBC e Disney, sotto di loro BBC, Sky, ITV, soggetti che sono ancora più digital broadcaster come Mediaset e noi che siamo nella filiera un po' più indietro. Come fa Disney a stare lì sopra? Qualcuno di voi si è confrontato con Star Wars, che tra l'altro in Italia non aveva mai sfondato, come ho appreso soltanto qualche mese fa, ma sono riusciti a fare un'operazione che ha sommato qualunque cosa (cinema, prodotti del passato) prendendo un pezzo del tempo nostro, dei nostri figli, dei nostri amici, un pezzo del portafoglio per il gadget, con un'operazione che ha portato un sacco di soldi nelle casse di Disney, che ha comprato Lucasfilm, a livello mondiale. Questo è lo scenario che abbiamo di fronte e, siccome la battaglia è sul tempo delle persone, questi sono i soggetti che quotidianamente avremo di fronte a noi, quindi non sarà sempre una battaglia semplice, vista la forza. Tenete conto che Disney pianifica le proprie attività con tre o quattro anni di anticipo, quindi ha tutto Pag. 21il tempo. Noi siamo lì e, come mi faceva notare chi lavora con me, la salita adesso aumenta, non diminuisce, ed effettivamente è così perché la quantità di cose che dobbiamo fare nei prossimi mesi è particolarmente impegnativa. Questo al fine di avere tutti i prodotti che vedete legati non più alla distribuzione, ma a un rapporto che sia innanzitutto di senso ed emozionale con il pubblico o comunque di contributo a quello che serve al pubblico. Saranno poi le persone a scegliere il prodotto distributivo, che sia televisione, computer, tablet, smartphone, l'importante per noi è essere in grado di darglielo.
  I fattori abilitanti. Il punto 1 è il più difficile, nel senso che abbiamo poche persone digital native fluent. Abbiamo previsto nell'arco del piano l'ingresso di qualche decina di persone, poche rispetto alle nostre dimensioni, contiamo molto nella formazione interna per riuscire ad attivare le persone che sono dentro perché diventi anche una prospettiva professionale interessante, credo che questa trasformazione in digital media company diventi una grandissima occasione per tutti coloro che dentro la nostra azienda vogliano vedere una parte di sviluppo professionale.
  Come dicevo, da una parte aumento delle risorse del digital, dall'altra parte la riallocazione delle risorse interne per consentire questo progetto. Questa slide mostra le famose 200 persone su 12.000, che sono un po' di più mettendo insieme tempi determinati e indeterminati.
  Una parte fondamentale che abbiamo messo in fondo perché trasversale è la Direzione creativa, che ho fortemente voluto perché è un fattore abilitante rispetto al diventare una cosa sola, anche per chi ci frequenta. Abbiamo tanti stili diversi, ma si fa fatica a leggere un elemento che tenga insieme le cose. Anche in questo caso la Direzione creativa sta lavorando in maniera molto sostenuta dal punto di vista dei tempi, abbiamo come obiettivo una nuova identità creativa per settembre, stiamo combattendo con il fatto che in alcuni casi le gare sono particolarmente complesse e questo rallenta i tempi. Si tratta di un'attività tipicamente televisiva, però rispetto alla conformazione della scrittura della legge stiamo verificando se possa essere fatta come televisiva, altrimenti comporta tempi molto più lunghi, che renderebbero difficile settembre, però comunque in autunno avremo un impianto creativo nuovo che pervaderà tutta la Rai e andremo a implementare progressivamente, perché, vista la quantità di Reti e di servizi che abbiamo, non può essere fatto contemporaneamente.
  Un altro punto importante a cui tengo tantissimo è legato all'integrazione dei modelli dal punto di vista del rapporto con gli acquisti. In alcuni casi perdiamo occasioni perché quello che non è televisivo viene fatto in Rai in maniera totalmente separata. Ci sono invece aziende totalmente integrate come ZDF, che riescono a mettere insieme i vari pezzi come Turner: noi invece facciamo un accordo per la televisione e poi arrivano quelli del digitale, cosa che va cambiata. C'è un'area in cui stiamo accelerando il processo in modo particolare, l'area bambini. Non vi chiedo di entrare in questa slide particolarmente complessa, ma soltanto di guardarla. Nell'azienda dove lavoravo precedentemente questa grande filiera che va dall'identificazione del bisogno alla vendita dei diritti avveniva in una struttura sola, perché così fanno Disney, Nickelodeon, Turner, perché è l'unico modo per riuscire ad agire, perché devi avere tutte le leve, nel momento in cui hai un prodotto che credi possa essere interessante, altrimenti succede come nel caso di Violetta che è un'intuizione felice, poi però arriva un altro e te la sfila e te la rivende. In questo caso andremo sulla Direzione ragazzi (ho già ottenuto l'approvazione del consiglio di amministrazione) per fare un'area kids che sia totalmente integrata, quindi ci sarà una testa che riuscirà a mettere insieme il prodotto televisivo, la programmazione, l'interazione con la fiction, l'interazione con la parte commerciale. Ci vorrà del tempo non per farlo, ma perché i prodotti di animazione sono ancora più lenti della fiction, dal momento in cui pensi un prodotto a quando lo ricevi, per la complessità di produrre animazione, ci vuole più tempo, però prima parti e Pag. 22prima arrivi, l'azienda ne beneficerà per molti anni a venire, anche perché su questa area c'è un sacco di valore che non abbiamo preso. Non solo siamo il soggetto più rilevante per la produzione e l'animazione del Paese, ma siamo praticamente l'unico soggetto, e l'animazione è pensata per un linguaggio internazionale per ovvi motivi, quindi, se agiamo bene, faremo del bene a noi, al pubblico e a tutte le società che ruotano intorno a Rai perché, nel momento in cui riuscissimo ad avere più valore tratto da questa iniziativa, questo valore verrebbe rimesso nell'audiovisivo.
  Per quanto riguarda la parte degli investimenti credo che la qualità si misuri in tanti modi, uno è la qualità visiva, che non può essere lasciata solo a coloro che hanno la televisione a pagamento, non ci può essere un digital divide culturale, a tutti deve essere garantita la possibilità di vedere tutto in alta qualità. Ci sono vari aspetti in questo caso, c'è il tema del passaggio alla qualità full HD, che significa tutto fatto in HD, non soltanto l'emissione, ma tutta la catena di produzione. Abbiamo un piano di investimenti rilevante, che vale 42 milioni di euro e viene sviluppato nell'arco di quattro anni, perché vuol dire cambiare tutte le telecamere, le regie e trasformare tutto in qualità full HD, un progetto pluriennale. Un progetto pluriennale è anche la dematerializzazione dei contenuti, perché andremo a portare tutti i contenuti in una piattaforma che abbiamo sviluppato e che quindi renderà più facile tutto il lavoro di distribuzione dei contenuti. Anche in questo caso l'investimento di 51 milioni di euro nell'arco del triennio serve per trasformarsi in un soggetto più pronto a fare queste cose.
  Abbiamo poi la distribuzione per cui il potenziamento delle Reti IP in ottica multirete è quello che dobbiamo fare, altrimenti anche se abbiamo una cosa bella c'è sempre una rotellina che non gira, anche se, come dicevo, Netflix ha scommesso sul pubblico. In un mondo che va sempre più verso il cloud, dove qualcuno gestisce i contenuti per te, Netflix ha messo i propri server fisici nei luoghi dove va a distribuire contenuto, perché vuole essere sicuro che la qualità dell'esperienza dell'utente finale sia elevata. Se vi capita di essere anche in posti sperduti in Italia e di vedere il segnale che non fa mai buffer è perché l'idea della capillarità del rapporto tra chi sta chiedendo un contenuto e il luogo dal quale viene erogato è fondamentale, e anche noi andremo verso un modello come questo, non potremo avere un modello proprietario, non avremo i nostri server, però andremo verso un modello in cui dobbiamo chiedere garanzie di questo tipo, altrimenti il servizio non sarebbe all'altezza. Dal punto di vista della digitalizzazione dei processi abbiamo la forte necessità di digitalizzare i processi aziendali anche nel senso di maggiore trasparenza e maggiore coordinamento, perché tutto quello che è digitale diventa facilmente consultabile e tracciabile. In futuro avremo tutti i progetti presentati e quindi diventerà facile anche avere l'aggiornamento di dove siamo dal punto di vista dei processi approvativi.
  Rispetto alla volontà di dimostrare al pubblico che diamo valore a casa, per la prima volta quest'estate si potrà vedere un evento sportivo in HDR, che sarebbe l'Ultra HD, e sono molto contento che si vedrà con il marchio Rai, nel senso che faremo vedere 7 partite degli Europei di calcio in ultra HD, ovvero i quarti di finale, due semifinali e la finale. Ovviamente sarà una cosa che richiede televisori che sono in vendita, ma sono ancora nuovi, verosimilmente saranno i locali pubblici a farlo, però l'idea che 10, 100.000 o 1 milione di persone quest'estate vedranno ultra HD con scritto Rai, Rai Sport, RaiUno contribuisce a dar valore al nostro rapporto con il pubblico.
  Delle altre cose vi ho già parlato. Il potenziamento delle reti broadband è quello che dicevo prima, contribuzione Internet e distribuzione CDN fanno parte di quei 55 milioni di investimento, perché dobbiamo aumentare la quantità di investimento nella distribuzione. Digitalizzazione dei processi aziendali è quello che riguardava la tecnologia cloud e l'ho accennato.
  Ultimissima parte è la valorizzazione dell'assetto industriale. L'assetto industriale per noi non è soltanto un fattore Pag. 23abilitante produttivo, perché è legato alla nostra presenza nel territorio, quindi, come vedete al punto 1, è importante rafforzarlo, ma perché riguarda come siamo radicati in un territorio figlio anche di forte diversità, quindi la ragione per cui cito spesso Tgr è perché la Tgr è una sorta di anima viva e pulsante, che tutti i giorni scambia rapporto a livello locale, sia raccogliendo informazioni, sia dando informazioni. Questo vale per tutta la Rai dal punto di vista della comunicazione. Sui nuovi modelli produttivi e sviluppo di figure professionali multiskill facevo l'esempio della redazione della Toscana. La revisione delle pianificazioni della produzione riguarda il punto 2, cioè come riusciamo a distribuire bene i carichi di lavoro. Il consolidamento e l'attivazione di interventi immobiliari ha una slide dedicata. Il miglioramento del livello di sicurezza e tutela del patrimonio aziendale riguarda l'introduzione, soprattutto in questi tempi in cui la vera sicurezza riguarda la cybersecurity, di protezione dei dati aziendali da eventuali attacchi dall'esterno, soprattutto per un soggetto come noi, molto esposto dal punto di vista mediatico.
  Questi sono i nostri centri di produzione, faremo un investimento per cercare di distribuire in maniera più attenta alle produzioni soprattutto a quelle nuove. È molto difficile spostare produzioni in corso che di solito generano diseconomie.
  Vorrei evidenziare una cosa che il senatore Airola citò rispetto alle nostre gare e al rapporto tra produzione e qualità. Qualche settimana fa, per la prima volta da tanti anni, ho revocato una gara perché era tutta spinta al massimo ribasso, anzi su una grande percentuale di sconto in questo caso. Soprattutto in una fase in cui c'è una variazione dal punto di vista normativo, che sposta l'attenzione sul fatto che il servizio pubblico debba riuscire a trovare l'equilibrio tra qualità e prezzo, abbiamo preso la strada di cambiare questo rapporto, e questa cosa secondo me avrà nel tempo una relazione diretta con la qualità che il pubblico vede. Questo significa che in alcuni casi non avremo le percentuali di sconto che avevamo prima, però in molti casi le percentuali di sconto troppo elevate alla fine nascondevano cose non sempre probe. Sono molto contento di questa scelta, perché credo che nel tempo porterà a un'altra cultura aziendale dal punto di vista di attenzione al prodotto. Ha anche un altro vantaggio: la logica del massimo ribasso per un servizio pubblico portava a scaricare eventuali diseconomie all'esterno, che per un soggetto pubblico è un ambito che deve essere di grande attenzione perché l'importante è l'equilibrio tra qualità e prezzo, non è la massimizzazione del portare eventuali diseconomie su soggetti terzi. Su questo piano continueremo a lavorare, stiamo riscrivendo le gare, che saranno fatte sempre con grande attenzione, ma avranno via via un maggiore rapporto, che spiegherà chi vince attraverso l'analisi delle qualità tecniche. Poi ci saranno anche gli elementi di sconto. Questo è un elemento che abbiamo introdotto da poco.
  Questi sono gli interventi immobiliari che stiamo facendo, come l'adeguamento del centro di produzione della Dear, che verrà completato per metà dell'anno prossimo, o interventi che andremo a fare sulla sede di Cagliari, il progetto che stiamo accelerando adesso che è arrivato il nuovo CFO rispetto alla sede di Torino, la ristrutturazione e bonifica del palazzo di viale Mazzini. Sono ancora in fase preliminare le analisi che riguardano non bonifiche, ma più efficienze della struttura immobiliare per Sempione e Saxa Rubra.
  Questa invece è una slide che riguarda la Direzione security and safety che è stata istituita, è fondamentale e non poteva non esserci, perché va a proteggere il benessere delle persone, salute e sicurezza, una direzione che abbiamo strutturato e stiamo completando in questi mesi.
  Ultima slide per chiudere, che riassume quanto abbiamo detto. Essenzialmente abbiamo quattro grandi aree di iniziative di rinnovamento editoriale, che sono il riposizionamento editoriale di tutti i nostri servizi, la parte digitale, news e sport, cinema e fiction, con due grandi fattori abilitanti che sono la produzione e l'organizzazione. Pag. 24
  Tutto questo si dipana in un arco temporale necessariamente pluriennale, che, partendo da settembre, svilupperà iniziative lungo tutto il resto del piano, per lasciare un'azienda migliore di come l'abbiamo trovata, in modo che chi arriverà dopo possa fare lo stesso rispetto al nostro lavoro. Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Ringrazio il direttore generale della Rai e rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

  La seduta termina alle 17.05.