XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 77 di Mercoledì 27 gennaio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 2 

Seguito dell'audizione del presidente e del consiglio di amministrazione della Rai:
Fico Roberto , Presidente ... 2 
Maggioni Monica , presidente del consiglio di amministrazione della Rai ... 2 
Fico Roberto , Presidente ... 4 
Freccero Carlo , consigliere di amministrazione della Rai ... 4 
Fico Roberto , Presidente ... 4 
Freccero Carlo , consigliere di amministrazione della Rai ... 4 
Verducci Francesco  ... 4 
Fico Roberto , Presidente ... 4 
Freccero Carlo , consigliere di amministrazione della Rai ... 4 
Verducci Francesco  ... 6 
Fico Roberto , Presidente ... 6 
Siddi Franco , consigliere di amministrazione della Rai ... 6 
Diaconale Arturo , consigliere di amministrazione della Rai ... 11 
Airola Alberto  ... 12 
Diaconale Arturo , consigliere di amministrazione della Rai ... 12 
Fortis Marco , consigliere di amministrazione della Rai ... 13 
Airola Alberto  ... 15 
Fico Roberto , Presidente ... 15 
Borioni Rita , consigliere di amministrazione della Rai ... 15 
Guelfi Guelfo , consigliere di amministrazione della Rai ... 17 
Fico Roberto , Presidente ... 19 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 19 
Fico Roberto , Presidente ... 19 
Ciampolillo Lello  ... 19 
Fico Roberto , Presidente ... 19 
Ciampolillo Lello  ... 19 
Fico Roberto , Presidente ... 19 
Ciampolillo Lello  ... 20 
Fico Roberto , Presidente ... 20 
Ciampolillo Lello  ... 20 
Maggioni Monica , presidente del consiglio di amministrazione della Rai ... 20 
Ciampolillo Lello  ... 20 
Maggioni Monica , presidente del consiglio di amministrazione della Rai ... 20 
Fico Roberto , Presidente ... 20

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del presidente e del consiglio di amministrazione della Rai.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione del presidente e del consiglio di amministrazione della Rai che, anche a nome dei colleghi, ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Ricordo che nella seduta dello scorso 13 gennaio la presidente aveva svolto una relazione, al termine della quale erano intervenuti diversi colleghi per porre domande e richiedere chiarimenti.
  Do la parola alla presidente Maggioni e successivamente ai consiglieri che intendano intervenire per rispondere alle domande formulate dai colleghi.

  MONICA MAGGIONI, presidente del consiglio di amministrazione della Rai. Cercherò di essere breve, per la semplice ragione che ci sono anche i consiglieri, ed è un'opportunità per voi di interloquire con loro. Abbiamo cercato di riunire sotto un comune denominatore alcuni temi sollevati da diversi componenti della Commissione.
  Una delle questioni sollevata da taluni di voi, era relativa alla necessità di tornare a parlare della riforma nell'ambito dell'informazione e della questione delle newsroom. Da questo punto di vista, abbiamo cominciato il lavoro con la nomina di Carlo Verdelli, che peraltro credo audirete la prossima settimana. Certamente è iniziato un lavoro che ha come primo obiettivo di arrivare a una razionalizzazione di tutto il sistema dell'informazione, affinché, come è stato detto più volte, siano utilizzate al meglio e senza sovrapposizioni le risorse che vengono affidate a Rai. La linea che si sta seguendo è esattamente quella, però vi chiedo, per ovvie ragioni, di rimandare all'incontro con Carlo Verdelli una sessione nella quale capire più a fondo in che direzione si sta andando. Diverse questioni erano state sollevate, sempre riguardo all'informazione, sulle prospettive di Televideo, sulle newsroom e su che cosa si sta facendo relativamente a Rai News. La risposta è esattamente la stessa.
  Molti di voi avevano parlato della sera di Capodanno, anche perché ci eravamo visti a ridosso delle note vicende. Per ciò che concerne la domanda sulle risorse, sollevata in particolare dall'onorevole Liuzzi, ho chiesto dati e verifiche. Tuttavia, noi siamo un consiglio di amministrazione – è la cosa che volevamo dire oggi – per cui non è sulla vicenda o sulle cifre specifiche che in questo momento possiamo rispondere o intervenire. Si tratta di discorso che rimanderei più direttamente a chi ha la gestione di queste questioni, ovvero alle direzioni competenti.Pag. 3
  Sempre sulla questione di Capodanno, da diversi membri della Commissione di vigilanza era stato sollevato il tema delle polemiche relative all'anticipo e agli sms. Su una di queste due vicende siamo arrivati proprio in queste ore a una decisione aziendale. Mi riferisco alla vicenda relativa alla scelta dell'anticipo dell'appuntamento orario in occasione del Capodanno. L'azienda è arrivata alla decisione di interrompere il proprio rapporto di lavoro con il dirigente che ha scelto di anticipare il Capodanno. È stata fatta un'istruttoria ed è stato sentito questo dirigente, che aveva chiesto di essere ascoltato e che ha confermato di aver scelto di anticipare l'orologio.
  Per noi questa scelta voleva dire sostanzialmente mettere in discussione il rapporto tra il servizio pubblico e i cittadini e la credibilità del servizio pubblico stesso. Questa è stata una scelta deliberata, autonoma, non autorizzata da nessuno. Peraltro, altre strutture aziendali hanno cercato di far sì che questo non accadesse, ma è stato impossibile intercettare la persona in questione perché non ci fosse questo tipo di anticipo. Il problema è che l'azienda non ha ritenuto accettabile questo comportamento da nessun punto di vista. Infatti, la forza del servizio pubblico è la credibilità di fronte ai cittadini e decidere scientemente di minare questa credibilità – milioni di italiani hanno iniziato il 2016 prima di quanto si potesse immaginare – è stato considerato un atto non accettabile, proprio perché scelto. Non è questa l'idea di servizio pubblico che abbiamo. Questo dirigente ha detto: «si faceva sempre così». Invece, dalle carte dell'istruttoria del capo del personale emerge che non si faceva sempre così, ma che è stato fatto ad hoc in questa occasione. Lo dimostrano questa istruttoria e i documenti presentatici dal personale che l'ha condotta.
  Voglio che sia molto chiaro, però – ne abbiamo parlato a lungo con il direttore generale – che nessuno ha intenzione di considerare questo come una sorta di provvedimento esemplare. Nessuno ha intenzione di tenere atteggiamenti di questo tipo. A fronte di un'azione molto grave, è stata decisa una conseguenza, ma non c’è la volontà di fare azioni dimostrative. È semplicemente una questione di serietà aziendale rispetto alla gravità di quanto accaduto.
  Dal senatore Crosio era stata sollevata la questione dello sci e più in generale di come stiamo trattando lo sport. Ne abbiamo parlato anche di recente, nel consiglio di amministrazione di ieri. In seguito i consiglieri potranno intervenire e raccontarvi di più su questo argomento. Noi consideriamo lo sport un segmento centrale dell'azione di Rai e su questo andremo anche a migliorare le cose. È di stamattina una buona notizia: abbiamo acquisito i diritti per le dirette di dieci Gran premi di Formula 1 per quest'anno e credo undici – ma non vorrei sbagliare – per la ritrasmissione in differita. È un segno che stiamo lavorando molto sulla prossima estate sportiva che sappiamo tutti ricca di appuntamenti. Verosimilmente anche lo sci alpino tornerà a essere più al centro della scena, con maggiore cura, come veniva evidenziato.
  Faccio un passaggio rapido sulla questione del piano industriale, che veniva sollevata da numerosi commissari. In particolare, il senatore Rossi in buona sostanza – mi si perdoni per la sintesi – chiedeva: «Come fate a fare un piano industriale se siete alla vigilia di un rinnovo del contratto di servizio che potrebbe cambiare completamente le regole del gioco ?». La nostra risposta è: «Come si fa a immaginare un'azienda senza un piano industriale ?» È chiaro che, in presenza di mutate regole, riadatteremo il piano industriale, ma è nostro dovere in questa fase avere una progettualità precisa per l'azienda e per il futuro della stessa. Dopodiché, prenderemo atto delle scelte e di quello che accadrà in quello che auspico sarà un dibattito il più esteso possibile. A quel punto, il piano industriale verrà riadattato su questa base.
  Alcuni dei temi potranno essere trattati specificamente anche dai consiglieri, ai quali voglio dare la parola quanto prima.Pag. 4
  Rispondo al senatore Airola sulla questione di Rai Expo. Le avevamo fatto sapere che la struttura non è fine a se stessa. Le persone stanno lavorando in questa fase con la Direzione digitale.
  Permettetemi di rifare un passaggio su questa questione. La Direzione digitale, che abbiamo perfezionato in queste settimane, sta diventando veramente uno snodo chiave dell'azienda. Stiamo veramente tentando di mettere in campo strategie per essere efficaci sul piano del digitale. Di conseguenza, anche la scelta di prendere energie e persone che erano all'interno di altre strutture aziendali e di farle convergere sul digitale dimostra che non si tratta di una questione formale per dire che anche la Rai ha la sua direzione digitale come tutti e siamo felici. Non è questo, è una strategia, è centrale rispetto all'azienda. Gian Paolo Tagliavia sta facendo un progetto che attraversa tutti i luoghi dell'azienda e tutte le direzioni. Di conseguenza, penso che sarà particolarmente efficace. Devo dire che su questo stiamo puntando attenzioni, risorse ed energie.
  C'erano dei passaggi sulla ricezione dei segnali, sulla quale abbiamo assunto informazioni. Ovviamente ci dicono che su questo si sta lavorando al massimo, per essere più efficaci possibile. Infatti, è vero che rispettiamo perfettamente tutti i limiti di legge, ma è altrettanto vero che vorremmo essere efficaci al 100 per cento. È chiaro che quando c’è un cittadino che non riceve è un momento in cui veniamo meno a una serie di doveri.
  Se voi siete d'accordo e se mi garantite che questo non ingenererà ulteriori polemiche, vorrei davvero lasciare la parola ai consiglieri, perché altrimenti mi sentirei accompagnata da una serie di signori e signore guardanti, che invece hanno pareri e opinioni che vorrei potessero condividere con voi.
  Presidente, se lei è d'accordo, aprirei a loro il dibattito.

  PRESIDENTE. Va benissimo. Do la parola al consigliere Freccero.

  CARLO FRECCERO, consigliere di amministrazione della Rai. Innanzitutto ringrazio il signor presidente e soprattutto i signori onorevoli deputati e senatori per questo invito.
  Vorrei iniziare rivolgendo le scuse all'onorevole Anzaldi, con cui mi trovo quasi sempre in disaccordo. Ciò è dovuto alla sua decisione di poter sempre sindacare su questioni che non conosce. Io chiedo scusa per le mie espressioni, ma lui dovrebbe stare un po’ più attento verso di noi... Giustamente, come dici tu, è la dimostrazione della sua arroganza e del suo comportamento. È la riprova di questa cosa. Innanzitutto, quando ho detto esattamente...

  PRESIDENTE. Freccero, non essendo presente, l'onorevole Anzaldi non può rispondere.

  CARLO FRECCERO, consigliere di amministrazione della Rai. Infatti, ho detto che chiedo scusa, però quando io dico che...

  FRANCESCO VERDUCCI. Presidente, chiedo scusa. Spero che quest'audizione si mantenga... Peraltro, l'onorevole Anzaldi è tra i più presenti ai lavori di questa Commissione. Non mi pare che debba essere additato...

  PRESIDENTE. Infatti, ho detto che siccome non c’è, non parliamo di Anzaldi.

  CARLO FRECCERO, consigliere di amministrazione della Rai. Ho fatto presente che gli chiedo scusa. Più di così ! Tuttavia, invito Anzaldi a misurare i termini. Non può sempre dare definizioni sbagliate sulle persone.
  Io mi sono concentrato su un intervento molto importante, perché approfitto di queste occasioni per capire se sono nella condizione giusta e se la mia visione, che come sapete è di una parte, è corretta oppure no.
  Mi ha colpito molto l'intervento del senatore Rossi, che parte da una posizione opposta alla mia. Il senatore Rossi sosteneva Pag. 5ancora ieri, nel famoso dibattito organizzato brillantemente dal nostro collega Arturo Diaconale, a cui faccio i complimenti anche in Commissione e devo dare anche atto – pensate un po’ – al senatore qui presente di aver organizzato un convegno di grande valore. Gli faccio i complimenti.
  Dice sempre che non riceve mai risposte. Invece, io provo a dare queste risposte, perché credo che il nostro compito sia sempre quello di misurarci con le cose più difficili e soprattutto per un altro motivo. Qual è il motivo ? Il senatore Rossi, è direttamente – diciamo la verità – legato a una rete, Primocanale, che in questi giorni sta facendo un'opera estremamente importante sulla questione Ilva. Lo dico a te, Fratoianni. Io credo che dovremo stare molto attenti a non perdere tanto tempo sul gender, ma dovremmo occuparci di più degli operai, perché il gender spesso nasconde tanti altri discorsi molto più importanti. Il gender è un motivo per evitare la realtà. So benissimo che è un'affermazione pesante da parte mia, ma trovo che spesso questo discorso del gender nasconda tante altre cose.
  Come dicevo, Primocanale fa una cosa molto bella al mattino: riprende sempre le manifestazioni sull'Ilva a Genova, con grandissimi ascolti. Faccio i complimenti di cuore su questo tema che per me è capitale, molto più di altre cose.
  L'intervento del senatore Rossi sembra quanto mai oggettivo e asettico, nella misura in cui pone una serie di domande tecniche, a partire da una serie di scadenze e di incombenze legate alla normativa vigente e di imminente pubblicazione. Infatti, la concessione del servizio pubblico della Rai scade il prossimo 7 maggio. Il disegno di legge Rai è stato approvato e prevede al punto 5 dell'articolo 5 una ridefinizione del concetto di servizio pubblico, tramite una consultazione pubblica, da cui deriva la sua domanda di base: «Come può oggi la Rai predisporre un piano industriale senza neppure sapere se otterrà la concessione ?».
  In via subordinata, per attualizzare e ricordare le domande poste, lui pone delle domande successive: come separerà la Rai il servizio pubblico finanziato dal canone dall'intrattenimento finanziato dalla pubblicità ? Potrà avere accesso al web, quando in Germania questa opportunità è stata fortemente limitata dal Governo per impedire la concorrenza sleale rispetto agli operatori privati ? Quante reti potrà conservare eventualmente la Rai, una volta ridimensionata e ricondotta alla dimensione ristretta del servizio pubblico ? Quanto durerà la concessione ? Su quali basi verrà assegnata ? E via discorrendo.
  Comincerò a rispondere. Vorrei subito chiarire che dal mio punto di vista le domande del senatore Rossi, più che come domande, si pongono come affermazioni di una concezione di servizio pubblico estremamente limitata e di una valutazione della Rai come possibile concessionaria e non come erogatrice di un servizio sociale. Questo è il tema su cui ho dibattuto anche ieri. Senatore Gasparri, lo sottolineo: per me è un'erogatrice di servizio sociale. Soprattutto, secondo il senatore Rossi, è una semplice azienda industriale in competizione e in conflitto con altri gruppi privati. Non a caso, ravviso qui un possibile conflitto di interessi, perché il senatore è titolare della rete privata Primocanale e si preoccupa nel suo intervento dell'erogazione di fondi pubblici alle sedi regionali Rai come un possibile e improprio aiuto di Stato.
  Le argomentazioni del senatore Rossi possono essere rivolte anche verso di lui: se il significato del servizio pubblico deve essere ancora stabilito sulla base delle modalità di cui all'articolo 5, punto 5, della riforma Rai, come possiamo già oggi dare per scontata una lettura della Rai come possibile concessionaria dello stesso, solo in veste di azienda industriale e produttrice di utili ? È ancora da stabilire, quindi non si può dire. In secondo luogo, il servizio pubblico televisivo – riprendo una frase di un autore che conosco personalmente, Régis Debray, con cui ho anche discusso – nasce in Europa come complemento della pubblica istruzione.
  È vero che il liberismo imperante tende a vedere tutte le manifestazioni dello stato Pag. 6sociale come semplici forme di produzione materiale e sta trasformando in aziende le scuole e altro. Lo sappiamo. Tuttavia, non è su queste basi che è nata l'Europa. È anche vero che, se il significato del servizio pubblico dovrà essere oggetto di consultazione pubblica, non è detto che questa visione puramente economicista sarà condivisa. Faccio un accenno. Io penso naturalmente al referendum sull'acqua, che ha avuto un altro esito, ma questo lo lascio da parte. Voglio solo dire che ci sono altre cose e che si può vincere su questi temi.
  Veniamo ora alla domanda principale: se la Rai non ha ancora ottenuto la concessione, come può predisporre un piano industriale ? Credo che l'onorevole Rossi volesse sottolineare il rischio che la concessione sia concessa automaticamente senza una vera gara. È vero, però, anche l'opposto: un'eventuale gara non può che basarsi su progetti quanto più dettagliati possibile. Lei, giustamente, parla della BBC. Due anni. Inoltre, nel caso di un soggetto come la Rai, che si occupa di produzione di cultura e non di semplici beni materiali, la predisposizione di un piano industriale non può prescindere dalla presentazione di un piano editoriale.
  Ad esempio, la valorizzazione del web e delle reti digitali nei confronti delle reti generaliste non può essere solo una scelta economica. Lo ripeto: non si può leggere questa legge solo in questa chiave economicistica. È soprattutto una scelta editoriale, che come tale rimanda alle decisioni di cui all'articolo 5 della legge. Può la Rai indicare la propria linea editoriale prima di tali scelte ? Questa è la domanda che occorre porsi. La mia opinione è che, non solo può, ma deve. Come soggetto fondatore del servizio pubblico televisivo e come attuale garante dello stesso, non può far mancare un'opinione qualificata di una consultazione che riguarda il futuro. Sono più di 50 anni che la Rai fa televisione. Come può non avere questa concezione ? Nel momento in cui elabora il suo piano editoriale, la Rai fa una sua proposta concreta su cosa debba intendersi oggi per servizio pubblico, ed è sicuramente indicata a farlo più di ogni altro operatore, perché è l'unico soggetto sul mercato ad avere esperienza in merito.
  Vorrei ora, se mi è concesso, porre una domanda ai legislatori, facendo mia la metodica di Rossi: se la funzione del servizio pubblico deve essere stabilita in seguito a un pubblico dibattito, perché tutto il disegno di legge Rai è improntato a semplici criteri economicisti e di propaganda (lo sottolineo), tanto che le nomine fanno capo al Ministro dell'economia e al Consiglio dei ministri, che sono naturalmente nominati, con la seconda legge Italicum, dai capi che voi conoscete ?

  FRANCESCO VERDUCCI. Presidente, se posso, prima dell'intervento di Siddi, intervengo sull'ordine dei lavori.
  Chiedo innanzitutto a lei quale sia la natura di questa audizione, perché la sua cornice è sapere dal consiglio di amministrazione quali sono gli intenti per il mandato che questa Commissione ha conferito loro. Se invece si intende questa audizione come un'occasione per sfidare e spettacolarizzare questo momento di dialettica, che è importante per le istituzioni, allora penso che siamo pesantemente fuori strada.
  Lo chiede innanzitutto a lei, presidente, visto che non è mai intervenuto finora.

  PRESIDENTE. No, sono intervenuto proprio sulla questione di Anzaldi, che non era presente. Visto che è stato detto qualcosa su Anzaldi, abbiamo detto che quest'ultimo non c'era e, quindi, siamo andati avanti e ho appoggiato anche quello che lei ha detto.
  Per quanto riguarda il discorso, cerchiamo di comprendere e di arrivare a un finale. Abbiamo sentito il discorso di Freccero, vediamo anche gli altri consiglieri che cosa ci dicono, ma la cornice è sicuramente quella di avere informazioni dai consiglieri di amministrazione su ciò che abbiamo chiesto nell'ultima seduta.

  FRANCO SIDDI, consigliere di amministrazione della Rai. Signor presidente, onorevoli deputati e senatori, sono grato Pag. 7per essere stato convocato qui per entrare in colloquio diretto con chi ci ha dato l'onore di essere eletti nel consiglio di amministrazione della Rai.
  È un mandato impegnativo, tanto più nel tempo di una transizione importante, che il Parlamento ha deciso con la legge, che dobbiamo cercare di applicare al meglio, nell'operare per garantire che il servizio pubblico sia riconosciuto tale da tutti gli italiani e sia soprattutto l'azienda culturale, d'intrattenimento e d'informazione ancora più importante e rappresentativa di tutte le tendenze, garantendo con ciò pluralismo.
  Credo che il consiglio abbia soprattutto questo compito, in ascolto e in sinergia costante con il Parlamento e, per esso, con la Commissione di vigilanza, che ha dettato più indirizzi per il tempo entro il quale deve lavorare il nuovo consiglio, sapendo che non si tratta di un consiglio che appartiene alle vecchie logiche, secondo cui è titolare di quote di rappresentanza, che si traducono in quote di nomine, di poteri e di persone dentro la Rai. Il consiglio è titolare di un potere d'interlocuzione e d'influenza, affinché, attraverso gli atti di amministrazione e di scelta editoriale, la Rai sia quello che deve essere: il servizio pubblico per gli italiani.
  Il piano editoriale è al centro e i consiglieri hanno il compito di cooperare, sapendo che il Parlamento per la prima volta ha voluto porre al vertice un capo-azienda, nel tentativo di far diventare la Rai, come si dice da decenni, un'azienda normale, evidentemente considerando che non lo era. In realtà, se andiamo a vedere, la Rai è piena di talenti, di tesori e di un patrimonio inestimabile, di grandissimo valore per l'Italia, di cui credo il Paese debba andare orgoglioso. Si tratta di un patrimonio rilevante, che il consiglio di amministrazione ha il dovere di concorrere a tutelare e a valorizzare. Questo è oggi il compito del consiglio di amministrazione, nel momento in cui si passa a una gestione che vede un capo-azienda al vertice, titolare di moltissimi poteri e allo stesso tempo di responsabilità primarie, che tengano però conto del limite della legge.
  In questo senso, è importante che il lavoro d'indirizzo che arriva dagli organi parlamentari sia sempre più chiaro e preciso. Penso che sia difficile operare per un consigliere, se gli si chiede di agire per un caso personale. Può esserci anche questo, perché abbiamo il dovere di ascoltare tutti (ci mancherebbe altro), ma è più importante poter agire a fronte di un indirizzo significativo che riguardi le politiche di sistema, che si tratti del rapporto con il mercato della pubblicità, del rapporto con la produzione editoriale propria o del rapporto con la qualificazione del lavoro che viene garantito dalla Rai, in un settore, quello dell'audiovisivo, che in Italia dà lavoro complessivamente a 1,5 milioni di persone.
  La Rai è il cuore di questo sistema. Se così è, il consiglio di amministrazione ha bisogno a volte di qualche indirizzo in più. In questi giorni ci siamo esercitati sullo statuto: ieri abbiamo licenziato, come consiglio di amministrazione, lo statuto, che andrà all'assemblea degli azionisti – chiaramente è il paese che lo renderà poi esecutivo – avendo un riguardo totale per ciò che la legge ci ha prescritto. Taluno ha immaginato che dovessimo fare una valutazione dello statuto, parlando all'indietro, cioè guardando al dibattito parlamentare sulla legge. Invece, allo stato attuale quel dibattito si è definito, chissà per quanti anni. È difficile fare le leggi sulla televisione, ma durano molti anni. Ne sa qualcosa il senatore Gasparri. Di fronte a questo, personalmente avrei gradito qualche aiuto in più. Non c’è stato, e abbiamo provato a fare da noi. Con l'aiuto degli specialisti interni della Rai e del Ministero dell'economia, abbiamo provato a fare ciò che la legge ci consente di fare: trasferire nello statuto le norme. Adesso ci sono dei nodi che vengono al pettine, perché chiaramente alcune situazioni vanno registrate nel tempo. È la prima volta, siamo tutti in fase sperimentale da questo punto di vista, e non ne farei un dramma. Il direttore generale, per esempio, ha il compito di Pag. 8assumere e quello di definire i criteri per le assunzioni, sentito il consiglio di amministrazione. Sarà importante che quest'ultimo sappia interloquire rispetto a questa norma. Cosa significa «dettare i criteri, sentito il consiglio di amministrazione» ? Imporli o cercare di avere un quadro preciso di cosa si vuole fare ? È chiaro che, avendoci il Parlamento consegnato l'obbligo di esercitare queste attività nel rispetto dei princìpi di trasparenza dettati dalla legge e dalle mozioni parlamentari, uno dei primi atti è stato quello di prevedere subito il piano della trasparenza, nel rispetto della legge, che imponeva di farlo entro il 31 gennaio. Siamo arrivati in anticipo. Per quello che è stato fatto in passato – noi non c'eravamo – la Rai ha ricevuto il plauso per essere in anticipo su questo tema.
  Veniamo continuamente investiti dal fatto che ci sarebbe un problema sugli stipendi, anche quelli dei consiglieri. Da questo punto di vista, mi pare che il problema non esista, perché nel tempo le leggi hanno definito un compenso per i consiglieri nettamente inferiore a quello del passato, sia dell'epoca della legge Mammì sia dell'epoca della legge Gasparri. Siamo nettamente al di sotto, e addirittura i pensionati sono condannati a non avere neanche il compenso dovuto, immaginando che la pensione sia una retribuzione. La pensione riguarda un lavoro svolto e i contributi versati per un'attività pregressa, ma quando una persona svolge un'attività a cui è chiamata, peraltro in nome dello Stato, a garantire un servizio pubblico, assumendosi oneri e responsabilità davanti alla legge, in termini di codice civile e di controlli della Corte dei conti, credo che ci sia una riflessione da fare. Dico questo en passant, ma è più importante per noi poterci cimentare sul campo dell'innovazione.
  Qualcuno dice che in questi mesi non è stato fatto nulla, perché non sono state fatte le nomine dei direttori dei telegiornali e delle reti. Il direttore generale/amministratore delegato prima o poi assumerà anche queste iniziative, ma ha dato un'indicazione condivisa all'unanimità da tutto il consiglio di amministrazione. Credo che questo sia importante: prima il progetto, poi le nomine. Di conseguenza, il progetto editoriale ci sta, ancorché non ci sia la nuova concessione, perché credo che sarebbe veramente incredibile che non sia entro quattro mesi da oggi rinnovata la concessione alla Rai. Mi pare comunque che questo sia l'orientamento. A questo proposito ho sentito rivolgere una domanda anche a noi: «quando fate la consultazione pubblica ?» Non possiamo promuoverla noi, come sapete. Noi ci stiamo attrezzando per essere partecipi, se serve, con tutto il bagaglio di proposizioni che il consiglio e l'azienda sono in grado di mettere in campo, in un confronto che sarà pubblico, ma più che altro la Rai dovrà ricevere gli indirizzi da lì. La concessione non è un fatto secondario, rispetto a tante cose che sono state messe in campo persino sul piano delle problematiche tecniche. Il presidente ha accennato, rispondendo brevemente, al segnale che manca in alcuni luoghi del nostro territorio nazionale. Ciò riguarda la mia terra, riguarda la Puglia, come ha ricordato l'onorevole Fratoianni, riguarda il Piemonte e tanti altri. Abbiamo saputo che in Piemonte ci sono soluzioni in corso, mentre su altre regioni siamo indietro. Questo è importante: se la legge stabilisce che va coperto il 98 per cento della popolazione – se ben ricordo – allora la Rai è in regola in teoria, ma credo che occorra mettere in campo azioni sinergiche perché sia coperto tutta. Nel momento in cui il canone non potrà essere più evaso, è giusto che il segnale sia garantito a tutti, trovando le modalità e sapendo che la Rai però, anche per gli indirizzi che il Parlamento ha dato, su questa materia è organizzata diversamente, ha un'articolazione societaria in holding, con una società propria, Rai Way, che si occupa degli impianti e delle trasmissioni, partecipata a maggioranza e quindi controllata dalla Rai, ma non è solo dalla Rai. Credo che sarebbe utile un'interlocuzione sulle partecipate anche da questo punto di vista e capire in concessione cosa c’è e cosa non c’è, così come sarà utile nel contratto di Pag. 9servizio, ai fini dell'adeguamento del piano editoriale, capire, oltre agli sforzi che possono fare il direttore generale, il presidente e il consiglio di amministrazione, cosa intendono dire il Parlamento e il Governo per quanto riguarda le minoranze linguistiche, se sono solo quelle fino a oggi previste o se sono anche quelle che stanno in Calabria (albanesi) o nella mia regione (lingua sarda) e come coniughiamo le strutture di programmazione. Intanto, si fa un lavoro che guarda in avanti. Proprio ieri il direttore generale, illustrando un passaggio dell'elaborazione in corso verso il piano industriale, che comunque un'azienda deve preparare a prescindere da tutto, ha delineato delle opzioni per la qualificazione dei centri di produzione esistenti, di Milano, di Napoli e di Torino, per una Rai sempre più presente nel territorio e non solo, come si dice secondo un'accezione comune che non corrisponde del tutto alla realtà, a Roma.
  Questi sono elementi importanti a cui il consiglio di amministrazione può concorrere e deve farlo in termini strategici. Il consiglio di amministrazione è chiamato a fare un lavoro strategico e deve poterlo fare mettendo in campo sinergie utili e positive. La legge, da questo punto di vista, è un potente motore, non è un freno. La legge sarà criticabile da chiunque, a seconda della propria visione, su altri aspetti, ma su questo è una legge importante, perché aiuta, se si vuole, a far diventare la Rai più azienda da questo punto di vista. Nel frattempo, però, occorre ricordare che la Rai deve e vuole cambiare, anche sulla base degli indirizzi che la Commissione parlamentare ha dato nel tempo. Ho guardato i documenti precedenti al nostro ingresso, che riguardavano l'informazione e le newsroom. L'opinione generale era che ci fosse un indirizzo a fare le cose come erano state fino a quel momento precedente. Tuttavia, c'erano tante di quelle opzioni e di raccomandazioni deliberate della Commissione parlamentare che credo abbiano fatto bene il direttore generale a chiedere e il consiglio di amministrazione ad approvare una sospensione di quel progetto, per ridisegnare l'offerta informativa complessiva delle testate e delle reti, individuando una direzione di coordinamento editoriale che possa avviare un disegno di sinergie utili, nel rispetto e nella salvaguardia delle specificità e, quindi, a garanzia del pluralismo. Ciò deve tener conto delle economie che ci chiedete, che non devono essere però la condizione attraverso la quale la Rai si limita a fare un progetto di carattere economicistico, come ci ricordava poc'anzi il collega Freccero. La Rai evidentemente deve fare un'offerta che tenga conto di un equilibrio dei conti, perché questo dato non è ininfluente e sarebbe assolutamente sbagliato non considerarlo, e che faccia funzionare al meglio le cose di cui dispone, razionalizzando, organizzando e, allo stesso tempo, mantenendo specificità forti e incrociando le offerte. Deve farlo tenendo presente che ha tre canali generalisti principali molto importanti, che nessun altro servizio pubblico al mondo oggi offre, con un canone che è il più basso d'Europa, e allo stesso tempo ha tante reti tematiche rispetto alle quali magari un ripensamento serio, riorganizzativo, produttivo e con valore sinergico potrà rendere il servizio più efficiente.
  Come dicevo, nel frattempo il cambiamento che il Parlamento ha chiesto e ha affidato a questo direttore generale, a questo presidente e a questo consiglio di amministrazione deve andare avanti, mentre la Rai continua ad andare in onda 24 ore su 24. È un'azienda speciale da questo punto di vista: non si possono fermare i motori, cambiare tutto, trasferire e aprire una nuova sede; bisogna continuare a fare quello e nel frattempo cambiare. Non è facile, perché occorrono anche risorse.
  Segnalo tre o quattro cose fondamentali fatte in poco tempo, che hanno valore economico e culturale.
  Tra i primi atti che sono stati proposti o comunque assunti direttamente dal direttore generale c’è il primo accordo europeo tra un broadcaster e Netflix, un fenomeno nuovo ma potente, utilizzato soprattutto dalle nuove generazioni per seguire film e tv series, in cui la Rai è Pag. 10produttore. Non era mai accaduto prima. Subito dopo si sono aggregati altri, si è aperta una strada. La Rai ha risposto a un obbligo che gli appartiene: quello di essere motore primario. La Rai ha dato l'indicazione di tornare a fare quanto più possibile pubblicità di qualità accanto a programmi di qualità, abbassando fortemente la linea degli sconti dissennati ma necessari per sopravvivere in un tempo di crisi come quello che abbiamo vissuto. Oggi c’è qualche segnale di cambiamento, e la Rai è la prima che prova a invertire la tendenza, correndo magari qualche rischio, e lo fa scientemente per cambiare anche sotto questo aspetto. La Rai ha avviato il coordinamento editoriale e ha cominciato a dare indirizzi nuovi per la programmazione dei canali per minori, immaginando e prevedendo dalla fine della primavera la fine della pubblicità sui programmi per minori e sui canali per bambini. Del piano della trasparenza abbiamo parlato.
  Inoltre, continua a mandare avanti il piano tecnologico e sta modificando piano piano la sua organizzazione. Lì dobbiamo essere tutti attenti e protagonisti. Ne ha già accennato in parte anche il collega Freccero. La direzione Digital risponde a questo. Sarà una struttura, come abbiamo visto, che avrà un suo rilievo, ma che dovrà essere capace di coordinarsi e di dialogare con tutte le reti, con tutta l'offerta informativa, editoriale e anche pubblicitaria – perché no ? – in questo aprendo quella strada significativa alla trasformazione, al diventare media company. Personalmente mi piacerebbe molto se, diventando media company, la Rai sapesse essere anche sul web la prima TV civica degli italiani, di quelli di oggi, ma anche di quelli che arrivano. Quando i migranti arrivano da noi, arrivano scalzi e spesso nudi, ma hanno quasi tutti un telefonino e si connettono subito a Internet. Sarebbe bello se l'Italia avesse un marchio riconoscibile e l'avesse con la sua azienda pubblica, col suo servizio pubblico, con un servizio pubblico da offrire a questi cittadini, o anche a questi cittadini in transito, che vivono grandi difficoltà, realizzando negli anni Duemila e oltre quel disegno di televisione – servizio pubblico, radio, media online, quindi complessivo – che è al servizio dei cittadini e concorre alla loro alfabetizzazione, non solo tecnicamente digitale, ma di servizio pubblico, di servizio civico e anche di formazione civica. Questo è un impegno che, come consiglieri, cerchiamo di sollecitare continuamente e su cui spero di poter trovare anche il consenso ancora più forte del Parlamento, magari già a partire dal contratto di servizio.
  Quanto allo sguardo all'estero, il Parlamento ha fornito delle indicazioni. Nelle prime linee che sta indicando il direttore generale, di cui il consiglio sta dibattendo, c’è un'indicazione precisa in questa direzione sulla Rai per l'estero, magari anche in inglese, ma anche per i cittadini italiani all'estero. Non dimentichiamoli mai, anzi, su questo aspetto credo che dobbiamo fare un salto di qualità rispetto al passato. Avendo fatto un'esperienza decennale nei cosiddetti italiani all'estero, conosco bene quel tipo di problematiche. Credo che sia molto utile che la Rai sappia essere proprio la Rai di tutti gli italiani, ovunque si trovino nel mondo. Questo è uno dei motivi in più perché la Rai sia servizio pubblico.
  Credo che avremo tempo e modo di ritornare sui particolari delle osservazioni che sono state fatte, anche perché su alcune le risposte sono state fornite velocemente, ma precisamente dal presidente, altre appartengono sicuramente alla gestione diretta del direttore generale, più che al Consiglio, e altre ancora appartengono all'iniziativa politica. Ho fatto anche cenno al significato di alcune istanze in qualche modo rappresentate, che anche noi – penso – condividiamo anche da cittadini, ma che devono essere nelle leggi, negli indirizzi parlamentari o negli atti parlamentari o di governo che debbono essere rivolti alla Rai e coordinati con la Rai, perché possano essere poi attuati. Se facciamo tutti solo ordini del giorno, poi non riusciamo a vedere gli atti conseguenti, che siano le minoranze linguistiche, il segnale di ricezione o altre questioni. Certamente occorre che ciascuno Pag. 11faccia il suo mestiere. Se si vuole l'autonomia, credo che dobbiamo rispettare l'autonomia di chi sarà preposto poi a dirigere le reti e le testate, soggetti ai quali noi – in quel caso sì – avremo il compito e il dovere di chiedere conto se non saranno all'altezza del compito loro affidato.

  ARTURO DIACONALE, consigliere di amministrazione della Rai. Anch'io ringrazio il presidente e i componenti della Commissione. Voglio immediatamente dare una risposta a un intervento che ha fatto il senatore Airola nella precedente audizione e, in particolare, alla sua sollecitazione al Consiglio a essere punto di riferimento delle istanze provenienti dall'azienda. Credo che questa domanda sia utile per capire il ruolo inedito in cui si è venuto a trovare adesso il consiglio di amministrazione. Esiste una circolare della precedente gestione Gubitosi – ne abbiamo parlato ieri in Consiglio e ho chiesto al direttore generale se fosse confermata, lui si sarebbe informato se fosse stata confermata o meno, ma credo che non sia mai stata abrogata – che stabilisce il divieto – con sanzioni in caso di inadempimento – per i dipendenti Rai di rivolgersi direttamente ai componenti del consiglio di amministrazione. In passato il Consiglio di amministrazione era il punto di riferimento naturale delle varie anime presenti all'interno dell'azienda. Faccio il giornalista parlamentare dal 1974 e ho seguito per tanti anni i lavori della Commissione di vigilanza perché mi occupavo proprio nello specifico della Rai. Sono testimone diretto della sedimentazione delle lottizzazioni che si sono verificate nell'azienda pubblica nel corso dei decenni, perché sono il consigliere anziano, purtroppo. Lo sono anche per fortuna però, perché ho un po’ di esperienza storica e di memoria storica.
  I consiglieri, fino a un determinato periodo, hanno svolto una funzione che non era codificata. Nessuno aveva stabilito che i consiglieri dovessero essere i punti di riferimento, ma nell'epoca della cosiddetta lottizzazione i consiglieri erano il punto di riferimento di queste fette di lottizzazione, che nel corso degli anni si erano affastellate, modificate, aumentate e moltiplicate. Noi non lo siamo più. Non lo siamo più non solo perché c’è questa circolare che vieta l'interlocuzione, ma anche perché oggettivamente abbiamo cambiato ruolo. Vorrei sottoporre all'attenzione della Commissione di vigilanza la condizione particolare in cui questo consiglio opera. Siamo l'ultimo consiglio espressione del Parlamento, ma del Parlamento inteso in maniera ampia e pluralista. Siamo quelli che debbono preparare la transizione all'avvento di un consiglio che sarà espresso sostanzialmente da parte dell'esecutivo. Non entro adesso nel merito. Ci sono ragioni che possono spiegare. È bene che ci sia un consiglio espresso esclusivamente dall'esecutivo, sempre naturalmente che ci siano le condizioni perché gli esecutivi possano cambiare e quindi che ci possa essere un'articolazione democratica, si spera.
  In questa fase intermedia qual è il nostro compito ? Mi rendo conto che nella Commissione aleggiano forse ancora le esperienze del passato, perché la gran parte delle domande che ci sono state poste sono domande che riguardano la gestione. Sono domande, però, a cui possiamo rispondere soltanto chiedendo agli uffici, al direttore generale e ai funzionari di fornirci le risposte, per poi, a nostra volta, fornire risposte alla Commissione di vigilanza. Sono questioni che direttamente non possiamo toccare.
  Che cosa possiamo fare ? Qual è il nostro compito ? Il nostro compito è di dare funzioni di indirizzo e di essere garanti. Di che cosa ? Del funzionamento del servizio pubblico.
  Che cos’è il servizio pubblico ? Anche all'interno del nostro Consiglio ci sono sensibilità diverse. Il consigliere Freccero ha legittimamente esposto una concezione del servizio pubblico come servizio sociale. Per lui la Rai non è altro che uno strumento dello Stato sociale. Io rispetto questa posizione, ma credo che ci sia qualche cosa di più rispetto allo Stato sociale e all'espressione dello Stato sociale. La Rai Pag. 12non può essere soltanto un servizio sociale e non può essere soltanto un complemento della pubblica istruzione, perché, se così facesse, sarebbe l'Eiar, ossia sarebbe l'espressione di un pensiero unico che svolge una funzione didattica all'interno del Paese e che svolge anche una funzione sociale, che è assolutamente legittima, necessaria e indispensabile. Tuttavia, in un sistema democratico la Rai non può essere solo quello. La Rai – non lo dico io perché ne sono convinto; sì, ne sono convinto, ma lo dico anche sulla base delle sentenze della Cassazione, della Corte costituzionale, della dottrina giuridica consolidata – è servizio pubblico in quanto garante del pluralismo, della comunicazione e dell'informazione, delle culture – non dei partiti, attenzione, ma delle culture – degli interessi, delle sensibilità e dei territori. La Rai deve essere lo specchio del Paese. Per essere lo specchio del Paese la Rai deve sicuramente avere una struttura di gestione efficiente, che non va contestata. La struttura di gestione efficiente, però, deve essere messa nella condizione di poter essere sottoposta a controllo. Dobbiamo svolgere questo controllo. La fase di transizione che siamo costretti a vivere e a gestire ci attribuisce responsabilità, ma ci impedisce di avere compiti, perché tutti i compiti, grazie alla nuova legge, ricadono sulle spalle del direttore generale, diventato amministratore delegato. Questa è una scelta che non voglio, né posso sindacare. È una scelta di cui posso prendere semplicemente atto. Come consigliere, però, mi debbo porre il problema di come si esercita questo controllo e di come si esercita la funzione di indirizzo, non avendo alcun potere all'interno dell'azienda. Per fortuna, dico, non abbiamo più i poteri che c'erano una volta, che erano poteri impropri, ma non abbiamo neppure i poteri di esercitare dei controlli che siano efficaci.
  Per esempio, ieri, nell'approvazione dello Statuto, ho votato contro, ma non perché contesto la legge. La legge si applica. Le leggi nel nostro Paese, ringraziando Iddio, si applicano, ma, sempre ringraziando Iddio, si possono discutere. Non sono le leggi delle tavole della legge, che non si possono assolutamente mettere in discussione. Personalmente – parlo qui anche a nome del collega Mazzuca, che oggi non è potuto venire perché impegnato a Milano in un convegno del suo giornale – non posso non sottolineare il pericolo che comporta l'applicazione di questa normativa, che attribuisce grandi poteri all'amministratore delegato e di fatto riserva al consiglio di amministrazione solo delle responsabilità, in vista poi della parte successiva della normativa stessa, cioè del cambio tra questo e il futuro consiglio.
  Condivido gran parte delle affermazioni fatte dal collega Siddi, ma credo che quelle affermazioni cariche di ottimismo e anche di soddisfazione debbano essere mitigate da una visione leggermente più attenta, una visione che tenga conto anche degli aspetti critici. Stiamo assumendo una responsabilità che nessuno ha avuto fino adesso.

  ALBERTO AIROLA. Che nessuno si è presa.

  ARTURO DIACONALE, consigliere di amministrazione della Rai. Che se la sia presa o non se la sia presa, abbiamo addosso una responsabilità importante e diversa da quella del passato. Dobbiamo garantire una transizione e dobbiamo fare in modo che questa transizione avvenga nel rispetto del fondamento del servizio pubblico.
  Lei dice lasciandola migliore di com'era. Ovviamente, siamo qui non per tagliarci le mani o fare harakiri, ma per cercare di migliorare e di portare un contributo. Come vede, il contributo lo stiamo portando sempre. Lo voglio dire alla Commissione di vigilanza: il nostro apporto è assolutamente slegato dalle collocazioni politiche. Noi cerchiamo di portare un contributo sulla base delle nostre esperienze. Faccio il giornalista da quarant'anni e porto il mio contributo sulla base dell'esperienza che ho maturato, così come tutti gli altri, non sulla base delle appartenenze. Naturalmente, nessuno può poi cancellare la propria identità, ragion Pag. 13per cui siamo espressione ognuno di sensibilità e di posizioni politiche diverse. Tuttavia, il contributo è sincero, spontaneo e volontario. Detto questo, però, il contributo non può essere acritico. Credo che si debba sottoporre alla Commissione di vigilanza e al Parlamento, di cui noi siamo espressione, il problema di come assicurare un controllo costante e attento nel rispetto del pluralismo, perché, se il pluralismo viene meno, viene meno la stessa funzione del servizio pubblico. Se il pluralismo non c’è, non c’è neppure il servizio pubblico. Diventa un servizio di un'altra cosa, un servizio privato. Voglio insistere molto su questo punto perché, quando si apre il discorso del rinnovo della convenzione, dobbiamo avere la certezza che questa Rai, rinnovata, modernizzata, proiettata verso la digitalizzazione, in grado di compiere incredibili avventure sul terreno interno, internazionale e anche forse planetario, rispetti la sua ragione d'essere. Se non c’è pluralismo, non si capisce perché debba avere un canone potenziato e non si capisce perché debba avere una condizione oggettivamente di privilegio nel panorama informativo nazionale. Tale condizione di privilegio in alcuni casi tende anche a squilibrare il sistema informativo nazionale. La riflessione che nel convegno che insieme con il senatore Gasparri abbiamo organizzato ieri ha fatto, per esempio, il proprietario di La7, Cairo, non è una riflessione che deve essere passata sotto silenzio. Dopo cinque o sei anni di crisi generale del sistema informativo nazionale una Rai che può godere di un aumento di canone dato dal tentativo di cancellare l'evasione, che porta nelle casse della Rai ingenti quantitativi di denaro, da consigliere, ripeto, mi rende felicissimo. Non potrei essere contrario. Dico, però, che il legislatore si dovrebbe fare carico di creare un equilibrio di sistema, altrimenti si colpisce la posizione non soltanto dell'emittenza privata radiotelevisiva, ma anche della carta stampata.
  Nel sistema c’è un elemento di squilibrio e noi all'interno dell'azienda abbiamo un elemento non di squilibrio, ma che va tenuto sotto controllo perché può determinare squilibrio. Dunque, siamo consapevoli del compito che ci spetta, con le diverse sensibilità di ciascuno. Personalmente sono consapevole che il mio ruolo all'interno dell'azienda deve essere quello di vigilanza critica, di coscienza critica. Tiro in ballo vecchie formule perché l'esperienza di frequentatore di questi palazzi mi porta a fare questo, ma ritengo che la vigilanza critica sia indispensabile. Pertanto, spero che su questa funzione possa avere anche il conforto, il supporto e gli stimoli da parte della Commissione di vigilanza.

  MARCO FORTIS, consigliere di amministrazione della Rai. Credo che nell'ambito di qualunque consiglio di amministrazione, oltre alle differenze e alle sensibilità dei vari consiglieri, ci siano evidentemente anche diverse competenze professionali. Ciascuno cerca di portare, nell'ottica di massimizzare il risultato dell'azienda, le proprie competenze. Parlo per la mia esperienza professionale e le competenze che credo di poter apportare a questo Consiglio.
  Vorrei partire innanzitutto da un aspetto cruciale, che in questa fase di transizione siamo tutti ben consapevoli la Rai ha di fronte. Questo punto è stato toccato anche all'inizio, nell'intervento di Freccero: è possibile combinare il servizio pubblico con la competitività ? Stiamo parlando della compresenza di funzioni di un'azienda economica, che ha però anche compiti di servizio pubblico. Già è difficile in generale, ma in momenti di cambiamento del mercato e delle tecnologie – diciamo così – questa sfida è ancora più impegnativa. Pertanto, credo sia molto importante capire, ciascuno dal proprio punto di vista, dalle proprie competenze e dall'apporto che può dare, come si possono ottemperare queste due esigenze.
  Occorre essere competitivi sul mercato, perché il mercato sta cambiando e ci sono nuovi attori. Da una parte, quindi, l'azienda ha bisogno di mantenere le sue quote di mercato e di difenderle, anche perché sono alla base del suo successo Pag. 14economico, il quale le permette, a sua volta, più è grande, di svolgere meglio anche il compito del servizio pubblico.
  Qui ci sono, secondo me, alcuni punti interessanti, che vorrei evidenziare. Il primo è proprio l'analisi del cambiamento, a cui questo consiglio ha dedicato la massima attenzione nei suoi primi mesi di attività: cambiamento delle tecnologie, del mercato radiotelevisivo e anche del mercato pubblicitario, perché è tutto legato in un insieme.
  Un altro punto è la capacità, in un momento di difficoltà a inquadrare la tendenza dello scenario economico mondiale, nella stesura del piano industriale e ai fini del piano industriale, di avere ben chiare le prospettive dello scenario economico. In qualche misura ho cercato di fornire un contributo, perché siamo di fronte a un momento non facile di lettura della dinamica dell'economia mondiale ed europea. Anche stendere piani industriali in un contesto del genere richiede estrema attenzione.
  Come terzo punto, visto che l'obiettivo è quello di garantire questo processo di transizione di un'azienda che deve essere più moderna e che, nello stesso tempo, deve continuare a svolgere al massimo il suo compito di servizio pubblico, è importante analizzare anche i fondamentali economici e finanziari della società, ossia il bilancio. Occorre capire quali sono i punti di forza e le criticità di questo bilancio per poter arrivare a una sua stabilità nel tempo.
  Concludo su un punto, per non dilungarmi, perché penso che i tempi siano stretti e che forse altri colleghi abbiano necessità di esporre il loro punto di vista, su un aspetto che credo sia fondamentale e su cui la mia attenzione, come consigliere, è massima: quello della governance e della trasparenza. Credo che da parte di tutto il consiglio e dei vertici della società sia stata dedicata un'attenzione che ritengo fondamentale e cruciale sul profilo della prevenzione della corruzione. Abbiamo addirittura rafforzato ai massimi livelli un'azione di prevenzione della corruzione con la definizione di un piano triennale svolto in diretta collaborazione con l'ANAC, di cui vi vorrei riassumere alcuni punti fondamentali. Ritengo che sia utile anche per voi per capire lo sforzo che si sta facendo per gestire questa transizione verso un nuovo tipo di società che sia al passo con i tempi e soprattutto che offra ai cittadini e ai contribuenti le massime garanzie anche in termini di trasparenza.
  Il primo punto di questo piano di prevenzione della corruzione 2016-2018 che si sta predisponendo, con la definizione, tra l'altro, di organi e di funzioni apposite all'interno della società, è che esso è proprio un elemento costitutivo – voglio evidenziarlo – del sistema di controllo interno nella nuova visione. Necessita di un coordinamento strutturale con gli altri modelli di controllo e con tutti gli attori Rai. È anche un modello moderno di risk management, aspetto fondamentale, focalizzato sulla prevenzione del rischio della corruzione. Opera a tutti i livelli dell'organizzazione, con un coinvolgimento di tutto il personale e anche delle sedi. Il problema è studiare a tappeto e definire, anche con degli score, che ieri abbiamo esaminato proprio in consiglio, delle varie funzioni competenti all'interno della Rai, quali sono i settori più soggetti a rischio e quelli che vanno monitorati più attentamente. Si tratta di un piano che agisce sulla consapevolezza del ruolo e, quindi, della responsabilità delle posizioni organizzative, facendo leva soprattutto sui rapporti gerarchico-funzionali. Ci devono essere precisi livelli di competenze e di responsabilità. Si tratta di un modello che richiede anche continui aggiornamenti. Proprio per questo c’è un costante contatto con l'ANAC e un confronto continuo. Si tratta di un piano che richiede modalità specifiche nella gestione delle attività considerate sensibili e quindi esposte a un più alto potenziale rischio di corruzione ed è esposto alla valutazione di adeguatezza da parte di soggetti esterni e a misure sanzionatorie. Infine, è un processo complesso, che richiede il pieno coinvolgimento di tutti i suoi attori ed è fortemente influenzato, e per questo va continuamente Pag. 15monitorato e aggiornato, dall'evoluzione del quadro normativo. Pensiamo al codice degli appalti, alla riforma della pubblica amministrazione e alla stessa legge di stabilità. Nello specifico, concludo dicendo che, come consiglio di amministrazione, in particolare designiamo il responsabile della prevenzione della corruzione e il responsabile della trasparenza. Viene adottato il piano triennale suddetto, di cui vi ho parlato, e si adottano gli atti di indirizzo di carattere generale direttamente o indirettamente finalizzati alla prevenzione della corruzione. In tali atti si supervisionano le attività del responsabile della prevenzione della corruzione mediante incontri e informative periodiche. Se non vado errato, ne abbiamo già fatti tre nei primi mesi di attività.
  Ci tenevo a dirvi questo perché credo che anche quello della trasparenza e della governance della società sia un punto importante.

  ALBERTO AIROLA. Intervengo sull'ordine dei lavori. Volevo chiedere alla presidenza se si può acquisire un eventuale prospetto dei punti salienti del piano anticorruzione, delle analisi, di che cosa si pensa di fare e di che feedback si pensa di attivare nel dettaglio.

  PRESIDENTE. Questo lo vediamo alla fine.

  RITA BORIONI, consigliere di amministrazione della Rai. Come ha detto qualcuno prima di me, ciascuno porta le proprie competenze. Nella prima parte di quest'audizione due punti mi hanno molto colpito.
  Il primo è quando si è parlato di ricezione del segnale. Può sembrare un tema non particolarmente esaltante, rispetto al quale è stato risposto. Mi interessa però declinarlo. La ricezione significa l'accesso delle persone al prodotto.
  L'altro tema, al quale aveva accennato il senatore Airola, è quello del prodotto audiovisivo di Rai. D'altra parte, Rai è stata definita la più grande azienda culturale e creativa del Paese. Sotteso a questo concetto c’è, oggettivamente e indubbiamente, il tema della necessità del pluralismo, a cui ha accennato anche il collega Diaconale. Questo rientra perfettamente nelle competenze del consiglio di amministrazione, perché noi abbiamo – come è stato più volte sottolineato oggi – funzioni che attengono alle strategie. Se c’è una strategia importante per un'azienda come Rai, è proprio quella del prodotto, della creazione di prodotto, dell'edizione di prodotto e della produzione.
  La situazione italiana, più in generale, ha una certa complessità. Nei giorni scorsi si è parlato molto del prodotto culturale e del prodotto creativo italiano. Si è parlato di cifre, di numero di addetti: sono meno noti i dati relativi alla ricchezza che ciò comporta, perché l'Italia è uno dei maggiori paesi esportatori di beni culturali e creativi. Secondo i dati dell'UNCTAD, l'Italia è stata il secondo più importante esportatore di prodotti culturali e creativi dopo la Cina. Non è cosa assolutamente trascurabile, almeno fino al 2004. Probabilmente è accaduto che una perdita di tensione, per usare un delicato eufemismo, sull'industria culturale e creativa ha condotto a un certo rilassamento e quindi adesso siamo stati superati da paesi occidentali come la Germania. Questo è un grande problema, evidentemente.
  Fra i prodotti culturali e creativi l'audiovisivo è centrale, ma mi viene da dire che non è solo questo. L'essere la più grande industria culturale italiana significa anche altro, cioè significa essere da stimolo alla produzione e anche alla promozione del settore in Italia, ma soprattutto nel mondo.
  Con riferimento all'internazionalizzazione, Rai produce molto. Produciamo una grande quantità di prodotto audiovisivo e filmico in particolare. La vera difficoltà è esportarlo. Questo avviene rispetto al prodotto fiction. Il rapporto MISE-MIBACT uscito nell'agosto di quest'anno ci ha dimostrato che non esportiamo sostanzialmente fiction, se non per poche, pochissime cose: sostanzialmente, Montalbano. Questo non è un problema di Rai. È un problema in generale della produzione di Pag. 16fiction italiana. Riguarda anche le altre televisioni, a meno che non stiamo parlando di coproduzioni. In quel caso l'esportazione è un po’ nelle cose, e ugualmente per i film. Non riusciamo più a «bucare» il mercato internazionale.
  Credo che questo sia uno dei temi su cui riflettere, uno dei temi strategici su cui deve riflettere Rai, non ultimo perché l'onore, ma anche l'onere, della produzione di audiovisivo ricade sempre più sull'azienda pubblica radiotelevisiva, per ragioni oggettive. Altri competitor hanno diminuito molto, hanno deciso di essere più passivi in qualche modo, cioè di acquistare piuttosto che di accompagnare la creazione.
  Rispetto al tema della valorizzazione del prodotto, si diceva: c’è moltissimo audiovisivo che viene prodotto da Rai, ma dov’è ? Non tutto quello che viene prodotto è un successo, il che, tuttavia, è insito nel processo creativo. Quando si entra nel processo creativo, non vi è la certezza del successo e della qualità assoluta, perché il fallimento è insito nel processo creativo. Questo è nelle cose: a volte non si raggiungono livelli straordinari.
  Il tema dell'imbuto tra produzione e distribuzione è uno dei temi fondamentali. L'Italia non ha più tanto un problema di produzione di audiovisivo e di film, quanto di trovare i luoghi per riuscire a distribuirli. Mi si dirà che Rai ha un canale, Rai Movie, e tanti altri. Naturalmente credo sia necessario anche trasmettere un prodotto che vada incontro al gradimento delle persone. Qui si potrebbe iniziare a parlare del mainstream di qualità, per esempio, che è uno dei temi fondamentali delle grandi major televisive americane, e non solo.
  L'altro tema che accompagna quello di permettere alle persone di accedere al prodotto che viene realizzato dal servizio pubblico radiotelevisivo è quello dell'accesso dei creativi al servizio pubblico radiotelevisivo. Naturalmente, esiste un problema di accesso e di rottura, di capacità di frantumare quel tetto di cristallo che c’è tra i creativi, gli innovatori, gli innovatori estremi, quello che veniva chiamato il teatro off-off, fuori da tutti i circuiti e molto spesso è motore di forte innovazione. Esistono modelli molto interessanti da questo punto di vista. La BBC usa sistemi di commissioning pubblica per cui sul sito di BBC ci sono avvisi pubblici in cui si dice: «Abbiamo bisogno di questo numero di ore, di questo tipo, di questa pezzatura. Siamo qui ad accettare, anzi, a stimolare l'offerta». È un tema molto interessante e credo che, in prospettiva, sia anche una delle cose che Rai si può apprestare a fare. Peraltro, in questo modo si entra anche in un percorso molto tutelato, per i creatori, in cui a ogni «sì» e a ogni «no» si risponde con un «sì perché» e un «no perché». Non c’è quel fenomeno di caduta nel nulla: si sa perché un prodotto viene accettato o no, perché non fa il passo avanti.
  C’è anche una fortissima tutela sul piano dei diritti dei creatori. Questo è un altro grande tema, molto interessante. La classe creativa, non solo in Italia, ma in assoluto, non è andata in Paradiso, per usare il titolo di un film. C’è un bel libro americano, che racconta proprio come il mondo creativo rispetto alle nuove tecnologie si sia trovato di fronte a tante possibilità, ma anche a una serie di difficoltà estreme. Credo – e condivido questa idea con altri consiglieri – che una delle nostre finalità strategiche sia nel senso del sostegno dell'Italia all'estero. Esiste quella cosa che si chiama soft power, che è di una certa importanza. Si tratta della capacità di incidere sulla cultura internazionale non attraverso armi convenzionali, ma attraverso armi non convenzionali, che sono proprio la cultura, la creatività, la diplomazia. Credo che il tema di tenere insieme contemporaneità e memoria da parte della televisione del servizio pubblico sia fondamentale. Lancio la capacità di stare nel presente. Non sto parlando di memoria casualmente oggi che è un giorno particolare. Sta a noi tenere insieme questo, in maniera anche molto innovativa.
  Il 2016 è l'anniversario del referendum monarchia o repubblica, ma è anche l'anniversario del primo voto alle donne. Non Pag. 17solo il referendum ha cambiato l'Italia. Anche il voto alle donne ha cambiato l'Italia, perché è stato elettorato attivo e passivo. Credo che questa sia la funzione pubblica della Rai o comunque del concessionario pubblico: dare il sostegno della creatività, al prodotto italiano in Italia e all'estero, fermi restando i problemi di polarizzazione dei consumi.
  Ormai non è più il video che ha ucciso le star della radio. Oggi è la televisione che sta quasi mangiando il cinema. Queste sono altre problematiche. Noi possiamo svolgere il nostro compito e il legislatore ha il suo. A proposito di come in Italia si contrattino i diritti secondari dei prodotti audiovisivi cinematografici, si tratta della conseguenza di normative che dobbiamo ripensare seriamente, altrimenti continueremo ad avere produttori molto deboli e livelli non paritari di contrattazione.
  Concludo qui. Mi pareva che nessuno avesse parlato di prodotto, di cinema, di immagini e mi sembrava importante farlo.

  GUELFO GUELFI, consigliere di amministrazione della Rai. Grazie, presidente. Grazie a tutti voi, onorevoli senatori e deputati, per quest'audizione.
  Sarò breve, anche perché molte cose sono state dette. Sono molto rappresentato dall'intervento di Siddi, della consigliera Borioni e di tutti gli altri, con accenti diversi, che avrete senz'altro colto e notato. Questo è un consiglio di amministrazione che, d'altra parte, avete saputo volere e anche di questo bisogna rendersi insieme conto.
  Si tratta di uno strano incontro tra l'ultima cosa dell'era passata e la prima dell'era futura. Lo abbiamo anche visto bene plasticamente quando vi è stato riferito che, nell'approvazione dello Statuto, si notano due colonne: c’è lo Statuto che riguarda questo consiglio di amministrazione e poi abbiamo approvato anche lo Statuto che riguarderà il prossimo consiglio di amministrazione. Non è che ci sia, perlomeno a mio modo di vedere, questo grande distinguo, ma c’è un forte orientamento verso la determinazione di un'azienda pubblica che diventa sempre più asciutta nella governance e sempre più orientata agli obiettivi che già oggi ci troviamo a dover governare.
  Quali sono questi obiettivi ? Siamo questo punto di confine: siamo eletti con la legge Gasparri, ma non siamo più i portatori, i terminali stretti, di una rappresentanza politica all'interno di un'azienda pubblica grande e importante qual è la Rai. Siamo una serie di esperienze e una serie di culture che sanno dialogare, che sanno anche differenziarsi, ma che sono il momento centrale, il momento più alto del governo di quell'azienda.
  Sentendovi l'altra volta e poi ripassando in questi giorni che attendevamo di rivederci quello che ci siamo detti e ascoltando quello che hanno già detto i miei colleghi, mi viene in mente una cosa. Vorrei essere breve e partire da una considerazione che stava in una delle tre domande che ci poneva l'onorevole Pisicchio. Mi colpì quando, insieme alla domanda sulla copertura e a domande più tecniche e specialistiche, ce ne ha fatta una emotivamente di una certa caratura. Ci ha chiesto: «Vorrei sapere dai consiglieri: che cosa vi aspettate dall'opera che siete intenti a svolgere ?». Ebbene, io mi aspetto davvero, sinceramente, in faccia a ognuno di noi e a ognuno di voi, di produrre quel sistema di comunicazione, di informazione e di vicinanza con il popolo italiano che l'Italia merita e si sta aspettando. Al di là delle differenze che si sono espresse anche nel dibattito parlamentare, sappiamo tutti che c’è un divario, un distacco fra l'attesa e l'offerta. Questo divario e distacco tra l'attesa e l'offerta può essere colmato. Dobbiamo metterci anche reciprocamente sotto osservazione. Questo è giusto ed è normale. Dobbiamo metterci su questo terreno di sfida.
  Mi è capitato di ascoltare recentemente un'affermazione, a cui mi sono subito legato, che raccontava che l'Italia era importante perché ha avuto tante fasi. Per esempio, una che ricordiamo bene è la liberazione dal fascismo, la caduta della dittatura, la fine della guerra. Ricordiamo bene anche la ricostruzione del Paese. Ricordiamo bene anche lo sviluppo, il Pag. 18boom, gli anni Sessanta, gli anni Settanta, quando i nostri padri operai riuscivano a rimettere insieme i quattro mattoni per farsi la prima casa, quella casa che abbiamo poi abitato noi da bambini. Ebbene, in quell'Italia lì, in cui si affermava il servizio televisivo, esso era governato e alla base di questo governo, mi viene raccontato, c'era una grande, formidabile ambizione: quella di mandare a letto gli italiani con un po’ più di serenità, perché questa serenità si trasformava in voti: non voti al Governo, ma partecipazione e senso della patria. Se guardiamo la crisi proprio di relazione politica, di relazione tra offerta e partecipazione, sentiamo il grande bisogno del recupero di una grande modalità di pensiero che riporti tutti a sentirsi partecipi delle possibilità e degli interessi del Paese. Penso che noi, con la Rai, possiamo proporci ancora una volta di assolvere a quel compito. Vi ho detto che ci sono differenze, ma è bene che ci siano. Penso alla questione, per esempio, del canone e del fatto che sia considerata una medicina amara, come sento dire: «Ora, con la ricchezza che state andando a prendere, dovete, farete, vedrete. Concorriamo anche noi, ne vogliamo un pezzetto, siamo tutti partecipi», come se si fosse trovata una pozzetta nuova. No, abbiamo assolto a un dovere, a un banale dovere. C'era il 70 per cento che pagava il canone, e lo pagava per l'importo che – ricordiamolo tutti – era di 113 euro, e l'altro 30 per cento che non lo pagava. Questo Parlamento è riuscito ad approvare una legge, fra l'altro una proposta giacente del passato, che dispone che il canone Rai sia coperto con una contribuzione da parte di tutti pagando meno e ripromettendosi anche di continuare a partecipare tutti, cercando di pagare sempre meno. Questa è una conquista. È un elemento che stabilisce lo standard qualitativo del nostro rapporto con i cittadini. Certo, pagano tutti, pagano meno e devono avere tutti la soddisfazione che ci stiamo proponendo. Come la possono avere ? Dove la possono avere ? Che senso hanno – mi veniva da dire – le cose che ci tocca di attraversare tutti i giorni ? Quando ne parliamo e come ne parliamo ? Diceva bene la consigliera Borioni poco fa: oggi è un giorno particolare. Mi viene da ricordare anche il maestro Ettore Scola: questa è una giornata particolare, è il Giorno della memoria. Non è la prima volta che nella storia della mia esistenza incontro il Giorno della memoria. Avendo diverse lune, ne ho viste diverse di giornate della memoria.
  Questa mattina, quando ho acceso la televisione, ho visto una presenza diversa del Giorno della memoria. È conseguenza dell'assetto che oggi ha la Rai. In che cosa è diversa ? È diversa perché ho visto quello che stiamo discutendo, ossia una modalità editoriale a cui accedere, da nutrire. Uno Mattina era caratterizzato dall'inviato sul campo, dalle interviste, dalla testimonianza dell'attrice e della cantante, ma in una presenza diffusa, rarefatta, precisa, puntuale e commovente. Ho pensato che questo sia uno degli approcci che dobbiamo avere.
  Non è finita la televisione: è finita la società che conteneva la nostra vecchia televisione. Non c’è più. Non ci sono più i partiti di una volta, non ci sono più le ideologie di una volta e nemmeno le crudezze di una volta. C’è un grande bisogno, una grande domanda a cui noi ci proponiamo di fornire risposte. Con più pluralismo che non vuol dire la ripartizione, la spartizione, le famose commissioni. Vi ricordate ? Non lo so. Vedo parecchi giovani, ma il consiglio di amministrazione della Rai era nutrito da commissioni. All'interno delle commissioni ogni partito aveva una sua rappresentanza e dentro quella commissione si gestivano le relazioni concernenti la sinistra, il centro e la destra che avevano il loro campo di azione. Noi non lo siamo più e quelli che verranno dopo di noi lo saranno ancora meno di noi. Il tema del pluralismo sono le questioni, e voi lo sapete bene. Lo sapete come me e meglio di me. Le frequentate tutti i giorni. Sono gli argomenti. Stiamo assistendo all'interno di questo Paese, anche in uno scontro politico – è evidente – a un processo di riforme, che attraversa l'insieme delle relazioni Pag. 19di tutti i cittadini, inedito, che non si era mai visto e di cui noi siamo testimoni ? No, siamo partecipi: è un momento in cui tutta questa discussione e tutta questa puntualità devono attraversare, avendo tutti un compito preciso, avendolo noi e voi, dovendo noi riferire e riportare, voi chiedere, il Parlamento legiferare e le spinte procedere, perché l'Italia sia sempre un po’ più moderna, più contemporanea, migliore e perché si possa andare a letto con un po’ più di serenità.

  PRESIDENTE. Grazie. Se non ci sono interventi, l'onorevole Peluffo chiede di intervenire sull'ordine dei lavori.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Grazie, presidente. Le chiedo di intervenire sull'ordine dei lavori. Non l'ho fatto a inizio seduta per rispetto degli auditi e della stessa Commissione, visto che la seduta di oggi è convocata come seguito della precedente, in cui non sono stati completati i lavori.
  C’è una questione che non può vivere solo nelle scaramucce da agenzie di stampa, ma deve entrare in quest'aula. Sono ormai giorni e giorni che assistiamo a uno stillicidio di dichiarazioni da parte del leader possessore del simbolo, o proprietario del blog, non so quale sia la definizione. In ogni caso, continua a definire l'azienda Rai come fascista. Si possono avere tutte le opinioni sulla Rai come su altro, ma, poiché in questo Paese il fascismo ha una connotazione storica e politica precisa, come nella memoria degli italiani, credo che siano inaccettabili questo continuo stillicidio e la vera e propria campagna che è stata lanciata sui social media. Credo che sia indecente che venga ripetuto lo stesso epiteto, con la stessa aggressione, anche nella giornata di oggi, ossia nella Giornata della memoria. Presidente, intervengo in Commissione non solo per fare queste considerazioni, ma anche perché credo che ci sia un silenzio assordante, che è il suo. Lei presiede una Commissione di vigilanza che ha funzione di indirizzo e di controllo. Credo che dobbiamo anche accentuare il nostro ruolo di watchdog, come direbbero nei Paesi anglosassoni, nei confronti dell'azienda Rai. Allo stesso tempo, però, questa è la Commissione che deve difendere la concessionaria di servizio pubblico da aggressioni di questa natura.
  Per questo motivo, presidente, le chiedo, alla presenza di tutti i Gruppi, di fare una discussione in Ufficio di presidenza, perché credo che questo non possa passare inosservato.

  PRESIDENTE. Senatore Ciampolillo, interviene anche lei sull'ordine dei lavori ? In caso contrario, non può.

  LELLO CIAMPOLILLO. Avevo posto una domanda l'altra volta, ma non ho avuto risposta. Vorrei un chiarimento.

  PRESIDENTE. In tal caso, interviene sull'ordine dei lavori.

  LELLO CIAMPOLILLO. La scorsa volta avevo accennato a due questioni, che poi vanno insieme e su cui che non c’è stata proprio risposta.
  Parliamo innanzitutto dell'ordine del giorno che è stato approvato al Senato che prevede l'implementazione sul digitale terrestre di due canali, ossia di due LCN, in chiaro su tutto il territorio nazionale per la trasmissione della diretta dei lavori di Camera e Senato. Di questo non si ha notizia, il che è molto grave. Tra l'altro, questa disposizione è stata approvata quasi all'unanimità. Presidente, sui Mux della Rai dovrebbero apparire quanto prima due nuovi canali della diretta di Camera e Senato che attualmente passano solo sul satellite. Tra l'altro, avevo chiesto lumi anche sulla questione di Radio Parlamento. Come avevo già riferito, questo Governo ha affidato per l'ennesima volta con la nuova legge di stabilità i servizi dei lavori parlamentari radiofonici a Radio Radicale. Se il Governo spende 10 milioni di euro... chiedo scusa, colleghi, sto parlando. Grazie.

  PRESIDENTE. Concluda, senatore Ciampolillo.

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  LELLO CIAMPOLILLO. Ho concluso. Se questo Governo ha affidato per 10 milioni di euro i servizi a Radio Radicale, non si capisce l'utilità e la necessità del servizio di Radio Rai Parlamento che viene diffuso in FM, in analogico, sul servizio terrestre. Sono soldi pubblici che vengono spesi in una maniera davvero inutile.
  Soprattutto le faccio un esempio, presidente. Proprio domenica mattina, sui 101.7 di Radio Parlamento a Cassano Murge, in provincia di Bari, ascoltavo musica. Mi sarei aspettato magari qualche replica sulla discussione della riforma costituzionale. I cittadini sicuramente potrebbero essere più interessati a questo. Ci sono tanti canali, anche privati e nazionali, che trasmettono musica. Certo, pagare anche la SIAE, che è un ulteriore costo – quando si manda musica, si paga anche la SIAE – per fare Radio Parlamento, con energia elettrica e impianti che hanno anche potenze di 10.000-12.000 watt, ci si chiede quale sia l'utilità di Radio Parlamento ? Questa maggioranza di Governo e questa dirigenza Rai renziana sono inadempienti. Al di là delle belle parole di Renzi...

  PRESIDENTE. Senatore Ciampolillo, concluda.

  LELLO CIAMPOLILLO. Ho finito. Al di là delle belle parole di Renzi, questa maggioranza di Governo non vuole informare i cittadini sui lavori parlamentari. Questa è democrazia a parole, ma dittatura nei fatti.

  MONICA MAGGIONI, presidente del consiglio di amministrazione della Rai. Penso che ci sia un po’ di confusione di base sul ruolo di un consiglio di amministrazione di un'azienda di servizio pubblico. La gestione e le scelte specifiche sono una cosa, gli indirizzi sono un'altra. Sulle scelte specifiche, ossia sul perché sul canale X all'ora Y fosse trasmessa una cosa o un'altra, lei avrà di fronte a sé il direttore generale e il direttore editoriale at large – chiamiamolo così – Verdelli, ai quali porre la questione. Se poi il problema è che la Rai rappresenti adeguatamente e sufficientemente o meno i lavori del Parlamento all'interno dei suoi canali e delle sue testate, riallargheremo il discorso, ne parleremo insieme e vi diremo che cosa ne pensiamo. Francamente, non sento un'assenza di rappresentazione in questo momento. Si può dare un'organicità diversa ? Si può migliorare quello che si sta facendo ? Non vi è dubbio alcuno. Considerarlo alla luce delle tematiche che abbiamo sollevato oggi l'argomento principe, o chiedere a un consiglio di amministrazione perché ci fosse in onda la musica o meno all'ora X, però, francamente, è un po’ fuori dal ruolo.

  LELLO CIAMPOLILLO. È un servizio inadeguato.

  MONICA MAGGIONI, presidente del consiglio di amministrazione della Rai. Ne riparliamo la prossima volta. Arrivederla e grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio la presidente e i consiglieri di amministrazione della Rai e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.40.