XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 61 di Mercoledì 17 giugno 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Audizione dell'amministratore delegato di Rai Cinema, Paolo Del Brocco:
Fico Roberto , Presidente ... 3 
Del Brocco Paolo , amministratore delegato di Rai Cinema ... 3 
Airola Alberto  ... 14 
Fico Roberto , Presidente ... 15 
Del Brocco Paolo , amministratore delegato di Rai Cinema ... 16 
Fico Roberto , Presidente ... 17 
Del Brocco Paolo , amministratore delegato di Rai Cinema ... 17 
Airola Alberto  ... 17 
Del Brocco Paolo , amministratore delegato di Rai Cinema ... 17 
Airola Alberto  ... 18 
Del Brocco Paolo , amministratore delegato di Rai Cinema ... 18 
Airola Alberto  ... 19 
Del Brocco Paolo , amministratore delegato di Rai Cinema ... 19 
Fico Roberto , Presidente ... 20 
Airola Alberto  ... 20 
Del Brocco Paolo , amministratore delegato di Rai Cinema ... 20 
Fico Roberto , Presidente ... 20

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso.

Audizione dell'amministratore delegato di Rai Cinema, Paolo Del Brocco.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'amministratore delegato di Rai Cinema, Paolo Del Brocco, che, anche a nome dei colleghi, ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Ricordo che con tale audizione la Commissione è interessata ad acquisire elementi informativi in merito all'attività svolta dall'azienda e ai criteri seguiti per il finanziamento di produzioni originali ovvero per l'acquisto dei diritti di film sul mercato.
  Do la parola al dottor Del Brocco, con riserva per me e per i colleghi di rivolgergli, al termine del suo intervento, eventuali domande e richieste di chiarimento.

  PAOLO DEL BROCCO, amministratore delegato di Rai Cinema. Grazie, presidente, ringrazio lei e gli onorevoli commissari per darci l'opportunità di spiegare le varie attività in cui la società Rai Cinema è impegnata e di esporre l'operato che ha permesso al servizio pubblico, specialmente negli ultimi anni per quanto riguarda la parte cinematografica, di raggiungere risultati a nostro avviso apprezzabili anche per la produzione culturale del Paese.
  Visto che è la prima volta che da quando sono amministratore delegato mi capita di riferire in questa Commissione, cercherò di descrivere sinteticamente la società, le attività e di inquadrare il ruolo che svolge Rai Cinema all'interno dei mercati nazionali e internazionali e del cinema.
  Rai Cinema nasce nel 2000 da uno spin-off di una direzione Rai; la società opera da quindici anni all'interno di mercati complessi come quello cinematografico e dei diritti televisivi e ha raggiunto una dimensione rilevante all'interno dell'industria dell'audiovisivo, perché ha fatto investimenti molto rilevanti in questi anni e, come vedremo, è stata molto attiva nella produzione e nell'acquisto dei diritti, ricoprendo un ruolo a nostro avviso molto importante per l'industria dell'audiovisivo in generale. Oggi Rai Cinema è il primo produttore di cinema italiano, con il marchio 01 è ormai stabilmente tra i primi tre distributori in Italia, negli anni mediamente siamo stati al terzo posto in classifica, con una quota di mercato che si aggira tra il 10 e il 13 per cento, con un listino prevalentemente composto (circa l'80 per cento) di titoli italiani, di cui molti d'autore o di qualità. Il terzo posto in classifica e una quota di mercato di questo tipo non sono sicuramente una cosa banale, pensando che i nostri competitor si chiamano Disney, Warner, Universal, Fox. Rai Cinema è un produttore e un distributore cinematografico integrato verticalmente a livello industriale, che opera su un mercato vero e competitivo, fatto appunto Pag. 4da player molto importanti. Oltre a questo, è un rilevante content provider per le reti Rai e ha soddisfatto in questi anni fabbisogni di prodotto delle reti generaliste e delle reti specializzate della Rai.
  In sintesi, le principali attività sono essenzialmente tre: l'acquisto dei diritti TV per le reti RAI sui mercati nazionali e internazionali di prodotti quali film, tv movie, serie televisive, soap opera, miniserie, live action, cartoni; la produzione cinematografica di cui parleremo più diffusamente; la distribuzione e la commercializzazione dei diritti lungo tutta la filiera del diritto cinematografico, che vanno dalla sala all’home video con il marchio 01 fino alla commercializzazione su tutte le altre piattaforme, dalla pay tv alla pay per view, all'edicola, al VOD, allo SVOD, agli airline, visto che ormai il film ha un numero molto importante di diritti da poter sfruttare. La mission è da un lato assicurare la copertura del fabbisogno dei palinsesti Rai e dall'altro essere un centro di competenza focalizzato sul cinema, che garantisca l'ottimizzazione degli investimenti previsti dalla legge e dal contratto di servizio, costituendo un volano dell'industria cinematografica, assicurando la massima visibilità al cinema italiano sui molteplici canali e piattaforme, sostenendo lo sviluppo di produttori indipendenti secondo logiche industriali, garantendo il presidio diretto e integrato di tutta la filiera distributiva e cercando di comunicare al meglio il marchio e i valori del servizio pubblico.
  Nella sua storia la Rai ha sempre sostenuto e finanziato la migliore produzione cinematografica italiana e naturalmente anche acquisito i diritti per le reti televisive, ma alla fine degli anni ’90 un contesto un po’ particolare ha generato la creazione di una società giuridicamente autonoma, seppur posseduta al cento per cento dalla Rai, Rai Cinema SpA.
  In questo momento abbiamo un doppio contesto. Per quanto riguarda il mercato dei diritti televisivi a fine anni ’90 esplode la tv commerciale, nasce o si consolida ancora di più il duopolio Rai/Mediaset, nascono e si consolidano piattaforme televisive nuove come la pay, aumenta la concorrenza per nuovi competitor e c’è una frammentazione dei diversi soggetti Rai, che operano spesso anche in concorrenza tra loro sui mercati dell'acquisto diritti. Questo dal punto di vista dell'acquisto.
  Dal punto vista della produzione cinema naturalmente si affermano nuovi modi di fruizione dell'opera cinematografica, in primis l’home video e la pay, aumentano i costi di produzione e distribuzione e aumenta la complessità di gestione dei diritti del film, perché mentre una volta il film andava in sala o in televisione, oggi si moltiplicano le possibilità di fruizione. La Rai si caratterizzava per un investimento nel settore cinematografico a pioggia, frammentato su numerosi progetti, principalmente solo con la pre-acquisizione di diritti televisivi. Nacque dunque l'esigenza di costituire una centrale di acquisto diritti unica per Rai, con lo scopo di efficientare gli investimenti e in grado di andare sui mercati con una certa flessibilità operativa, per sviluppare i rapporti commerciali, e anche un potere contrattuale adeguato per confrontarsi con le major internazionali. I limiti del modello precedente erano la parcellizzazione degli investimenti a pioggia; la mancanza di un presidio editoriale – perché, se si preacquisisce solamente il diritto televisivo non si sta nella parte a monte, ideativa e produttiva; l'assenza di patrimonializzazione dell'azienda (la Rai non acquisiva quote di proprietà dei film, ma solo il diritto televisivo) e l'impossibilità di controllare l'attività distributiva, con la conseguenza non solo di rinunciare a una quota di ricavi commerciali, ma soprattutto della mancata gestione della visibilità su tutte le piattaforme di quel film, perché la gestione era chiaramente affidata a terzi. C'era un risultato medio del cinema italiano in sala molto deludente in termini sia di ampiezza della distribuzione sia di incassi. Questo tipo di impostazione non creava alcun vantaggio né per Rai, né per l'industria del settore, che continuava a Pag. 5operare secondo logiche tipiche di un settore assistito da «finanziamenti pubblici».
  Nel 1998 si introduce un elemento normativo molto importante, la legge n. 122 del 1998, la cosiddetta legge Veltroni, poi più puntualmente definita nella successiva legge n. 112 del 2004, la cosiddetta legge Gasparri, poi ripresa dal testo unico, che cambia completamente lo scenario. La Rai si trova a investire dai 19 miliardi del 1997 ai 70 miliardi del 1999. A questo punto il management Rai di allora capisce che questa cosa si può fare in due modi: o agire in modo industriale per dare valenza non solo al servizio pubblico, ma anche all'industria, oppure si sarebbe trattato di dare tanti soldi a tanti, senza un presidio diretto della filiera.
  Vi è poi un altro aspetto, ossia si voleva sostenere l'industria cinematografica italiana non solo con l'apporto di finanza tout court, ma anche con un contributo di tipo ideativo industriale, sfruttando il know how e le economie di scala che un grande gruppo come la Rai poteva assicurare ai produttori indipendenti, sempre nell'ottica di migliorare e far crescere la produzione indipendente, che in quel momento aveva una dimensione di livello molto piccolo. Occorreva quindi trasformare un obbligo in un'opportunità.
  Inizierei a descrivere brevemente l'attività forse più importante in termini di investimenti, ma meno dal punto di vista strategico, cioè quella dell'acquisto dei diritti televisivi. Rai Cinema, che diventa l'unica centrale di acquisto con cui il gruppo Rai opera sui mercati nazionali e internazionali per soddisfare i fabbisogni di programmazione di tutti i prodotti (film, tv movie, serie), di fatto è uno dei più importanti, se non il più importante, content provider della Rai per questa tipologia di prodotto. Pensate che dal 2000 ad oggi la società ha coperto con il prodotto acquisito oltre 74.000 ore dei palinsesti delle reti generaliste, dal 2010 ad oggi più di 108.000 ore dei canali specializzati, una dimensione molto importante. Negli ultimi anni il ricorso al prodotto di acquisto è cresciuto in modo significativo, arrivando a coprire circa 6.000 ore annue per i palinsesti generalisti, cioè il 23 per cento del palinsesto dell'intera giornata e il 40 per cento delle collocazioni di prime time. I generi di acquisto alimentano in modo molto consistente i palinsesti dei canali specializzati: nel 2014 abbiamo coperto con il nostro magazzino diritti oltre 30.000 ore dei canali specializzati.
  Tanto per fare un confronto, se il prodotto da acquisto oggi copre il 23 per cento del palinsesto, la fiction di produzione copre il 7 per cento; se il prodotto di acquisto copre il 40 per cento delle collocazioni di prime time, la fiction di produzione copre l'8 per cento. Non è un giudizio di valore, ma semplicemente quantitativo, di copertura del palinsesto. Il prodotto da acquisto è ancora un'asse portante delle reti generaliste e specializzate.
  Questa centrale di acquisto ha potuto agire con una certa flessibilità operativa sui mercati ed è riuscita soprattutto a imporre, in qualche caso, ma comunque a negoziare in modo migliore i contratti e le trattative soprattutto con le major americane, dove naturalmente partiamo svantaggiati, vista la loro forza contrattuale. Un grafico illustra quanto è accaduto: la linea rossa sono i budget di investimento che, come vedete, si sono ridotti notevolmente dal 2005 ad oggi (parliamo di reti generaliste), mentre cresce in modo forte l'utilizzo delle ore di prodotto per le reti generaliste. Abbiamo cercato di contrastare la contrazione degli investimenti con negoziazioni sempre più efficienti, che hanno consentito di abbattere i costi medi di acquisto anche grazie a un contesto competitivo favorevole. L'acquisto avviene sempre in stretto coordinamento con i palinsesti della Rai, soprattutto quando esprimono in termini quantitativi e qualitativi il loro fabbisogno.
  Tornerei all'intervento nel cinema. È importante illustrare, seppur in modo sintetico, cosa rappresenta il cinema per un Paese. Il cinema forse è la forma d'arte che in modo migliore rappresenta la nostra realtà, la società, proprio per il tipo di linguaggio che utilizza, che a volte è anche Pag. 6un po’ crudo e meno accomodante rispetto ad altri linguaggi televisivi. Il cinema è un filo che traccia e sostiene la memoria collettiva, è un indicatore di emancipazione culturale e di sviluppo economico ed è anche un'industria rilevante per l'economia del Paese. Il cinema rappresenta a nostro avviso una leva strategica per il raggiungimento degli obiettivi di servizio pubblico perché, se è vero che il servizio pubblico deve rivolgersi a tanti pubblici diversi, con il cinema si raggiungono molti pubblici, perché ogni film ha un certo tipo di target, pubblici tutti complementari al pubblico televisivo. In questi anni l'impegno della società è stato quello di realizzare tanti film diversi, in grado di veicolare significati profondi, raccontare la nostra storia, suscitare dibattiti, riflessioni anche polemiche, che possono essere utili quando si dibatte su un tema di interesse pubblico.
  L'energia del cinema ha il grande vantaggio che non si esaurisce nell'immediato, ma tende a conservarsi e addirittura a dare il meglio di sé con il passare del tempo, se pensiamo a grandi film del passato, da Ladri di biciclette a Roma città aperta, da C'era una volta in America a Otto e mezzo, da Gomorra a I cento passi. A nostro avviso esiste una forte correlazione tra la cinematografia di un Paese, il grado di emancipazione culturale e lo sviluppo economico, e un Paese che non fosse più in grado di fare cinema sarebbe un Paese irrilevante e marginale non solo culturalmente, ma probabilmente anche economicamente. Per questo pensiamo che la Rai debba continuare a impegnarsi in modo qualificato per sostenere la produzione culturale e l'industria. Come detto, Rai Cinema è un presidio focalizzato e integrato sulla produzione cinematografica, perché può gestire l'intero processo ideativo, produttivo e distributivo, naturalmente in un'ottica unitaria ma sempre in pieno accordo con i produttori indipendenti, cercando così di ottimizzare l'obbligo di investimento che la legge determina. Per poter svolgere questa attività era necessario che non si finanziasse solamente la produzione, ma si entrasse direttamente nella commercializzazione del prodotto. Per questo nel 2001, subito dopo la nascita di Rai Cinema, nasce prima come società e poi come divisione interna, a fronte di una fusione nel 2010, 01 Distribution, il distributore che utilizziamo per portare i film in sala e nel mercato home video. Diversamente dal modello operativo precedente, prima di tutto Rai Cinema diventa un forte presidio editoriale, perché leggiamo noi le sceneggiature e spesso le sviluppiamo insieme agli autori e ai produttori, ci si focalizza su progetti produttivi, cercando di coniugare la qualità non solo della storia ma anche la qualità produttiva, perché, se poi un film non viene visto, ha poco senso. Si tratta di patrimonializzare l'azienda, perché, intervenendo in sedi coproduttiva, l'azienda acquisisce anche quote di proprietà che fanno patrimonio, perché rimangono per sempre, anche se sono sempre minoritarie rispetto ai produttori indipendenti.
  Siamo riusciti a ottimizzare lo sfruttamento commerciale dei diritti prima della televisione e sicuramente si è data una maggior visibilità del cinema italiano presso un pubblico più vasto, quindi da un cinema di nicchia alla possibilità di arrivare al grande pubblico. La società opera non come produttore esecutivo, ma come un partner industriale, svolgendo di fatto il ruolo di attivatore di investimenti privati e accompagnatore di produttori indipendenti nazionali verso lo sfruttamento pieno e adeguato delle potenzialità, economica e di comunicazione, dei film che contribuiamo a realizzare. L'ingresso di Rai Cinema con il marchio 01 nel settore è stato dirompente rispetto alle logiche di distribuzione del cinema italiano attuate in precedenza, perché 01 ha imposto una nuova strategia di posizionamento per il cinema italiano d'autore, facendolo uscire dalla considerazione di cinema di nicchia e assicurandogli una fortissima visibilità presso un pubblico più vasto. Pensate che, se alla fine anni ’90 – inizio anni 2000, un film italiano d'autore usciva con 10 copie e se era un film di un grande autore poteva arrivare a 50, oggi un film d'autore medio esce almeno con 200-250 copie, per Pag. 7arrivare poi alle 400-500 dei film di Garrone e Moretti che abbiamo portato all'ultimo Festival di Cannes: un salto epocale in pochi anni. Se la quota di mercato del cinema italiano è passata dal 17 per cento del 2000 a più del 30 per cento medio degli ultimi anni, con una evidente ricaduta positiva per l'intera industria del cinema, possiamo affermare che una parte del merito è da assegnare al pieno assolvimento del ruolo di servizio pubblico nel settore cinematografico da parte della Rai.
  Sin dall'inizio la strategia distributiva di 01 è stata quella di comporre dei listini diversificati per generi e potenzialità commerciali, in grado di offrire agli esercenti delle sale e ai diversi pubblici un mix di prodotti equilibrato, nell'ambito del quale alcuni titoli commerciali di forte richiamo potessero funzionare come traino per quel cinema italiano d'autore e di qualità che magari in un primo momento aveva minore appeal commerciale. La creazione di listini appetibili e variegati ha costituito la chiave di accesso a tutti i segmenti dell'esercizio. Sapete che ci sono circuiti di sale che sono prettamente per il cinema commerciale come i grandi multiplex, e circuiti dove è possibile la fruizione di cinema di qualità e d'autore. Grazie alla progressiva affermazione del cinema italiano sul mercato, Rai Cinema e 01 hanno sempre più orientato la composizione dei listini a favore del cinema nazionale, utilizzando qualche titolo internazionale di forte richiamo per il pubblico semplicemente per poter essere più forti nell'imporre all'esercizio il cinema di qualità. Oggi 01 è la prima realtà distributiva italiana, è il terzo distributore nazionale, dalla sua nascita ad oggi ha distribuito più di 360 titoli di cui 215 italiani, ha avuto un box office di 760 milioni di euro e 125 milioni di biglietti venduti. Nel 2014 è terza nella classifica dei distributori con una quota di mercato del 13,3-13,4 per cento, con un incasso complessivo di 76 milioni di euro. Se consideriamo solamente la quota di mercato dei film italiani, fatto cento il box office dei film italiani, Rai Cinema e 01 hanno una quota di mercato che si aggira tra il 35 e il 40 per cento. Questo è un risultato a nostro avviso molto importante non solo per la divulgazione del cinema italiano, ma anche in termini industriali. Siamo passati da un listino del 2002 che aveva solamente il 48 per cento dei titoli italiani a un listino 2014 in cui l'81 per cento dei titoli è italiano, altro grande risultato. Questo è stato realizzato anche grazie all'incremento degli investimenti, che non sono andati a incidere sul montante investimenti della società, ma sono stati semplicemente spostati da film internazionali al cinema italiano, perché ci sembrava più giusto alimentare in modo migliore la nostra industria nazionale. Questo è per darvi visivamente la composizione dei listini da quando siamo nati, vedete che i colori azzurro e azzurro chiaro sono i film d'autore o di qualità più le opere prime e seconde che abbiamo distribuito, quindi vedete come a mano a mano che si va avanti diminuisce il film più commerciale e aumenta nei nostri listini la tipologia di film di qualità. Questi sono i top performer italiani che abbiamo distribuito, naturalmente molte sono commedie, mentre questi sono tutti i film d'autore e di qualità e, come vedete, ci sono molti film non commercialmente facili che hanno ottenuto risultati estremamente lusinghieri in termini di presenze e di box office. Molti di questi film probabilmente senza Rai Cinema non sarebbero stati realizzati (non dico tutti, ma sicuramente una buona parte).
  Rai Cinema però non agisce solamente per sé stessa, cioè per la distribuzione 01, cosa a cui teniamo molto perché qualcuno sostiene impropriamente che siamo monopolisti: non è vero, perché finanziamo molti più film di quelli che riusciamo a distribuire nel nostro listino, tanto che sono stati 150 i film italiani finanziati da Rai Cinema e distribuiti da tutte queste società di distribuzione, negli ultimi cinque anni addirittura 78 titoli. Questo vuol dire che con la nostra attività riusciamo ad aprire il mercato, non lo chiudiamo, perché questi distributori (alcuni anche molto piccoli) non avrebbero avuto la Pag. 8possibilità di distribuire film italiani, se non fossero stati realizzati e affidati alla loro attività.
  Per quanto riguarda le linee di azione, per noi è improprio parlare solamente di linee editoriali, perché abbiamo un impatto prima di tutto industriale e poi chiaramente di contenuto. L'attività di Rai Cinema si svolge in uno stretto corridoio tra gli obiettivi richiesti dal ruolo di servizio pubblico e le esigenze del mercato, e, a differenza di un soggetto privato le cui scelte rispondono solamente al criterio della massimizzazione economico-finanziaria di investimento (e vi assicuro che con un po’ di esperienza sarebbe molto più facile un'attività puramente commerciale), le linee di azione di Rai Cinema contemperano più dimensioni: una dimensione industriale, una dimensione economica e una dimensione culturale ed editoriale. Investire sul cinema significa fare non solo cultura, ma anche economie di industria, infatti nel corso degli anni la Rai con Rai Cinema ha costituito un vero e proprio fulcro per l'industria cinematografica italiana, accompagnando tantissimi produttori indipendenti verso la realizzazione di film e intervenendo in modo molto significativo nell'attività distributiva. Possiamo affermare quindi di aver operato come un vero e proprio moltiplicatore economico, i cui investimenti sono in grado di produrre ritorni significativi in termini di occupazione, di consumi e di fiscalità. Una ricerca dell'ente dello spettacolo di un paio d'anni fa dimostra come da ogni euro investito nel cinema ne scaturiscano almeno quattro, legati alle sole attività dirette della produzione, innescando una serie di meccanismi virtuosi e facendo lavorare tutto un indotto che altrimenti faticherebbe.
  I numeri della società hanno un significato probabilmente di grande interesse, quindi ve ne ho messi alcuni tanto per capire la dimensione. Dal 2000 ad oggi Rai Cinema ha contribuito a realizzare a vario titolo 570 film e il dato di cui siamo più orgogliosi è che 255 sono opere prime e seconde, quindi l'attenzione che la nostra azienda rivolge ai giovani talenti è sicuramente fortissima. Per un investimento complessivo di quasi 700 milioni di euro hanno operato 375 società di produzione, 570 registi e circa 630 sceneggiatori. Abbiamo poi 305 film documentari (non facciamo documentari televisivi, facciamo film documentari, il cosiddetto «cinema della realtà», che partecipano peraltro a molti festival e ultimamente hanno una grande visibilità sulle reti addirittura generaliste) con 22 milioni di euro di investimento.
  Il vero cambio di passo però c’è stato dal 2010, perché in un momento di difficoltà del settore, Rai Cinema e la Rai hanno capito l'importanza di ampliare il contributo all'interno dell'industria, quindi dal 2010 ad oggi abbiamo prodotto 300 titoli, di cui 135 opere prime e seconde, nel 2014 sono 54, di cui 22 opere prime e seconde, con 315 milioni di investimenti, 140 società di produzione (sono 45 nel 2014) e 238 documentari con 13 milioni di euro di investimento. Oltre a questo c’è un altro dato industriale che è molto importante, perché una società di distribuzione deve investire in promozione sul mercato in tutte le forme e 01 ha investito da quando è nata 280 milioni, costi che sono stati interamente recuperati con i ricavi della distribuzione e hanno generato margini per i produttori indipendenti creando valore per l'intero sistema cinematografico, per non dire di tutte le aziende piccole e medie che lavorano nell'ambito dell'attività di promozione della distribuzione cinematografica.
  Questi risultati sono stati raggiunti anche grazie all'aumento significativo degli investimenti nella produzione cinematografica. Passiamo dai 30 milioni di investimento nel 2003 ai 60 del 2014 e ai 65 nel 2015, e questo ha comportato la possibilità di produrre sicuramente più film, di avere un intervento più efficace e anche di portare avanti gli autori importanti del nostro cinema, ma anche trovare tanti giovani e cercare di affidare film a società di produzione più piccole e non alle major italiane. Per fare questo non abbiamo inciso nel montante degli investimenti affidati alla società, ma abbiamo semplicemente Pag. 9spostato a mano a mano investimenti dai film internazionali che distribuivano nei nostri listini ai film italiani.
  Dal punto di vista economico tutto questo ha una certa rilevanza, perché ogni film porta con sé una piccola economia sostenuta da maestranze e professionalità che tradizionalmente nel cinema italiano sono di altissimo livello e di cui il Paese deve essere orgoglioso. Basti pensare che far partire la produzione di un film significa ingaggiare un set in cui trovano lavoro in media 40 persone se il film è medio-piccolo, 50-60 se è più grande, che, moltiplicati per il numero di film complessivi che la società ha finanziato, si traducono in decine di migliaia di unità impiegate nella loro realizzazione, senza considerare poi gli sfruttamenti a valle, costituiti da moltissime realtà che vivono grazie all'esistenza del prodotto cinematografico.
  L'altro aspetto di cui circa pensiamo di poterci vantare è che per quanto riguarda la delocalizzazione Rai Cinema dalla sua nascita non ha mai delocalizzato la produzione, salvo in casi in cui serviva magari il deserto del Sahara e quindi era contestuale alla storia del film. Tutti i film vengono girati in Italia, molti vengono realizzati a stretto contatto con le film commission, sviluppando così da sempre una strategia di promozione territoriale.
  Dal punto di vista della dimensione culturale il cinema sicuramente è la forma d'arte che meglio rappresenta la nostra società e la realtà in cui viviamo, e storicamente la produzione cinematografica rappresenta il modo con cui un Paese e una cultura si racconta. Il cinema sicuramente è testimone e documento di una società, basti pensare al mito del sogno americano diffuso nel mondo. Il cinema concorre sicuramente alla formazione dell'identità di un Paese. Il linguaggio del cinema è più profondo e a volte più crudo di quello dell'audiovisivo in generale, però è anche corretto che ci sia una forma d'arte per certi versi meno accomodante e meno rassicurante nel rappresentare storie difficili o e realtà più complicate. Attraverso i film che Rai Cinema contribuisce a realizzare si cerca di raccontare la realtà e la nostra società con storie piccole e grandi, la nostra linea editoriale è improntata su una forte differenziazione di storie, di generi cinematografici, di linguaggi narrativi, nel rispetto dei diversi punti di vista e dei diversi sguardi degli autori. Questo è un altro dato molto importante: non mettiamo vincoli, un autore racconta quella storia come meglio crede, perché crediamo che qualsiasi punto di vista debba essere rispettato. Naturalmente ci sono stati anche casi di film che hanno generato un dibattito, polemiche o riflessioni, ma questo è anche l'obiettivo che deve perseguire un servizio pubblico quando fa questo tipo di attività. Con tanti film diversi, con tanti generi e storie diverse sicuramente sì è arrivato a tanti pubblici diversi. Ogni pubblico è rispettabile, ogni pubblico è determinante anche se piccolo, e crediamo fortemente che questo nel cinema si riesca a realizzare. Il pubblico del cinema è un pubblico particolare, sono esseri strani, come li definiamo noi, gente che esce di sera magari con la pioggia, prende la macchina, deve parcheggiare e pagare un biglietto, quindi non è un pubblico passivo: è un pubblico che sceglie consapevolmente cosa andare a vedere, quindi probabilmente è il pubblico più attivo che esiste in tutte le forme di entertainment. Dai film più impegnati degli autori in grado di fornire parecchi spunti di riflessione ai film più popolari come le commedie, delle quali non ci vergogniamo, ne facciamo molte, alcune però sempre con uno sfondo di riflessione, dai giovani talenti, su cui scommettere per garantire nuove energie al cinema di oggi e di domani, ai film della realtà, ai film documentari che tanti festival stanno girando, dalle produzioni più innovative e sperimentali a film per il web che abbiamo mandato sulla nostra piattaforma Rai Cinema Channel. La nostra stella polare è un mix di offerta equilibrato e variegato, attraversando tutti i generi cinematografici, dal film drammatico al film sociale, dal film intimista alla grande commedia popolare.Pag. 10
  Qui abbiamo un po’ di tematiche che abbiamo trattato con i nostri film, le abbiamo classificate ma queste classificazioni potrebbero essere anche incrociate: dal cinema civile come La siciliana ribelle, Fort Apache, I cento passi, Cesare deve morire, Romanzo di una strage, al film di Pif, La mafia uccide solo d'estate, che è stata una grandissima sorpresa perché ha trattato in modo molto delicato e ironico un tema difficilissimo, al quale molti ragazzi si sono avvicinati, quindi di cui sono particolarmente orgoglioso, oppure Romanzo di una strage che alimentò il dibattito per un mese suscitando anche polemiche da parte di politici su Piazza Fontana. Naturalmente non discuto se il film corrispondesse alla verità o meno, era il punto di vista di un autore, però ha riportato alla cronaca un fatto che era stato comunque determinante, un punto di svolta della storia italiana. Quando mio figlio di quattordici anni sentendo questo dibattito mi ha chiesto cosa fosse Piazza Fontana, anche nel mio piccolo familiare ho raggiunto un piccolo risultato. Abbiamo poi temi come l'immigrazione dal nuovo mondo con Terraferma, film realizzato qualche anno fa ma attualissimo di Crialese, Là-bas, Ali ha gli occhi azzurri, Bianco e nero, La mia classe; come la famiglia, dai film della Comencini a Casomai, da Noi quattro a In nome del figlio, anche Vanzina che parlava in Pranzo della domenica dei rapporti della famiglia, Caterina va in città di Virzì, I nostri ragazzi, Il capitale umano candidato italiano all'Oscar l'anno scorso; come la malattia, Una sconfinata giovinezza, Come Dio comanda, Questioni di cuore e Mia madre, anche qui con linguaggi molto diversi, con il linguaggio più leggero della commedia o con il linguaggio più drammatico di Avati, come la maternità, da Lo spazio bianco a Tutti i santi giorni, da Quando la notte a Hungry hearts, che ha vinto due Coppe Volpi a Venezia; come la religione, con due film straordinari del maestro Olmi, Villaggio di cartone e Centochiodi, L'ora di religione di Bellocchio, Corpo celeste, opera prima di Alice Rohwacher, che andò in concorso a Cannes, come il sociale con Gli equilibristi, Un giorno perfetto di Ozpetek, Gomorra, La bella addormentata, film che scatenò molte polemiche ma portò all'attenzione del pubblico un tema delicatissimo, da Reality a L'industriale a La nostra vita di Luchetti; film storici da Buongiorno notte, il film su Moro di Bellocchio, a Miracolo a Sant'Anna fatto in Italia dal grande regista Spike Lee, a Noi credevamo di Mario Martone, da Vajont di Martinelli alle due grandi sorprese di quest'anno, Il giovane favoloso e Torneranno i prati.
  Mi soffermerei su questi due film perché hanno avuto due risultati straordinari. Anche noi avevamo sottovalutato l'importanza di Leopardi per il popolo italiano e mi sono trovato in una sala dove alla fine la gente recitava L'infinito insieme a Elio Germano, un'esperienza veramente da brividi, uno di quei pochi momenti in cui ti senti orgoglioso di aver contribuito a fare qualcosa di importante. Il film di Ermanno Olmi Torneranno i prati sulla prima guerra mondiale è a mio avviso delicatissimo e importantissimo, e qui spezzo una lancia perché i film non devono essere visti solamente sull'incasso in termini assoluti (almeno noi non li vediamo in questo modo). Quando infatti un film come questo incassa 1,5 milioni di euro, quindi porta tanta gente al cinema e sicuramente non è un film agevole dal punto di vista commerciale, per me vale come i 15 milioni incassati dalla commedia di Siani dal punto di vista del servizio pubblico, quindi non gli attribuisco un valore strettamente commerciale ed economico.
  Ci sono poi tanti altri film realizzati grazie a Rai Cinema, non ve li leggo tutti perché sarebbe troppo lungo. Vi volevo anche rappresentare il listino del 2014, dal film su Leopardi a Il ragazzo invisibile di Salvatores, un grande autore con cui finalmente abbiamo fatto in Italia un film per ragazzi, film che è uscito a Natale e ha incassato quasi 5 milioni, Anime nere che non abbiamo distribuito noi, ma ha preso nove David di Donatello, Il capitale umano, la sorpresa Smetto quando voglio, un piccolo film, Arance e martello, alcune commedie come Song'e Napule, film delizioso Pag. 11dei fratelli Manetti con un punto di vista su Napoli veramente fantastico, Le meraviglie di Alice Rohwarcher, che ha vinto all'opera seconda il Grand Prix al Festival di Cannes lo scorso anno, Allacciate le cinture di Ferzan Ozpetek, Più buio di mezzanotte, un film di un esordiente anch'esso andato a Cannes, tanti film molto diversi.
  Anche il 2015 si presenta bene, da film come Mia madre a Il racconto dei racconti al Festival di Cannes, Si accettano miracoli, la commedia Blockbuster di Siani che è uscita a gennaio e ha fatto appunto 15 milioni, l'opera seconda di una giovane regista Ho ucciso Napoleone, Latin lover di una grande autrice, Cristina Comencini, Se Dio vuole, una commedia non proprio ridanciana che ha vinto da poco il David di Donatello come miglior opera prima e una commedia di Genovese.
  Altri film stanno per uscire, da Alaska, opera terza di Cupellini, a Fathers and daughters di Gabriele Muccino, La corrispondenza di Tornatore, che non aveva mai fatto un film con Rai Cinema e quindi siamo felici di riaverlo nel nostro listino, delle commedie sociali come Io che amo solo te, Gli ultimi saranno gli ultimi. Questa è una parte dei film che usciranno nei prossimi mesi.
  Un'altra attività molto importante è quella di partecipazione ai festival, che accresce la reputazione dell'azienda, oltre che del cinema italiano e del nostro Paese, comunica comunque il marchio Rai, perché sfruttiamo tutte le forme di comunicazione ai festival più importanti e quindi genera un ritorno significativo per il gruppo. A parte questo, sono una forma molto importante di promozione per i film che usciranno, perché non si spendono soldi per promuoverli ma, grazie ai giornali, ai servizi televisivi, ai collegamenti, al web questi film riescono a raggiungere un certo tipo di pubblico. La nostra presenza agli ultimi festival cinematografici sicuramente rappresenta un grande successo, questi sono alcuni dei premi vinti tra Cannes, Venezia, Berlino e Roma, da La nostra vita di Luchetti a Cannes al Gran Prix nel 2012 di Garrone al Grand Prix nel 2014 di Alice Rohwacher, con un film peraltro piccolissimo, intimo, a Venezia dove con Sacro GRA abbiamo vinto finalmente, dopo vent'anni che la Rai non vinceva il Leone d'oro – un film italiano non vinceva l'Orso d'oro da 21 anni – al Festival di Roma dove abbiamo vinto, finché c’è stato un concorso, il Marco Aurelio d'oro nel 2013 anche qui con un film di un esordiente, di un ex documentarista, Tir.
  Per concludere, siamo presenti sul web con una nostra piattaforma, Rai Cinema Channel, che ha sei canali dedicati free on demand: il Live, il canale che ci segue ai festival, ai mercati, alle anteprime e racconta cosa fanno i film di Rai Cinema, Rai Play, per rivedere i film più belli che passano in tv, un canale web Movies, perché abbiamo prodotto corti e film appositamente per il web, dando la possibilità di fare nuovi modelli produttivi ai giovani per misurarsi, al canale Club, i film un po’ dimenticati dei grandi maestri, fino al canale dei cortometraggi e al canale dei documentari. È tutto free sulla nostra piattaforma. Abbiamo vari partner ai vari festival di cortometraggi, come il Festival Cortinametraggio, Festival fil spray, Maremetraggio, il Roma cretive contest, il Festival corti and cigarettes.
  Portiamo avanti varie iniziative sociali, prima di tutto siamo i produttori del corto di Telethon che tutti gli anni viene mandato su tutte le televisioni nazionali, abbiamo anteprime per raccolta fondi (ieri sera ce n’è stata una di varie associazioni per l'Ospedale Bambin Gesù), siamo sostenitori e produttori di corti di Doppia difesa, l'associazione contro la violenza alle donne diretta da Michelle Hunziker e Giulia Bongiorno, collaboriamo con la scuola di polizia per la preparazione con il cinema dei dirigenti della polizia. Abbiamo regalato a Lampedusa (cosa che ci rende particolarmente felici) un piccolo cinema per i bambini, perché Lampedusa non ha cinema e Rai Cinema ha portato tanti film e questo casotto con 30 posti per tutti i bambini che abitano a Lampedusa, e devo dire che questo è stato uno dei momenti più commoventi a livello personale Pag. 12della mia attività aziendale, anche se non vi dico la difficoltà di regalare una cosa così a un comune – è stato un inferno: alla fine, grazie a un sindaco meraviglioso, Giusi Nicolini, di cui ho ormai l'onore di essere amico, siamo riusciti a superare tutti i problemi. Abbiamo anche varie collaborazioni con l'Agiscuola, mettiamo a disposizione i nostri film per le scuole, con l'università, con la LUISS, con la Sapienza, con la Scuola Holden di Torino, cerchiamo il più possibile di essere presenti sul territorio anche a tanti piccoli festival che ci chiedono i nostri film. Crediamo che anche questo sia un modo di rendere il più visibile possibile il cinema che produciamo.
  Andrei ora a illustrare il procedimento per la scelta dei film, un'attività non semplice, perché a Rai Cinema arrivano ogni anno tra i 1.000 e i 1.200 progetti e nei primi anni la società ne finanziava una ventina, adesso siamo arrivati a più di cinquanta, che sono tantissimi per l'industria, ma pochissimi rispetto alle proposte che riceviamo. Operiamo sempre in questo stretto corridoio tra servizio pubblico e mercato, per cui le scelte devono necessariamente coniugare, nei limiti dell'umano e del possibile, qualità, supporto all'industria e obiettivi di mercato. L'opera cinematografica, come è noto a tutti, non è standardizzabile come i prodotti di altri settori e per questo il cinema viene spesso definito un'industria di prototipi. Il film non può essere valutato con semplici criteri quantitativi (sarebbe tutto molto più facile) e a volte può capitare che i risultati siano migliori delle aspettative, altre peggiori, perché purtroppo li scegliamo prima e non dopo averli visti, però come percentuale siamo sicuramente su un lato estremamente positivo. Tenendo presente questi aspetti, sicuramente Rai Cinema ha adottato parametri selettivi su più livelli: da quando sono diventato amministratore delegato ho cercato di togliere il più possibile la soggettività, quindi abbiamo costituito un comitato a cui partecipano tutte le funzioni aziendali; non è dunque l'amministratore delegato o chi si occupa di editoriali a scegliere il film, ma cerchiamo di mettere a sistema tutte le componenti.
  Naturalmente la prima cosa che conta è la storia, cosa vuole raccontare un film, se quel tipo di storia possa essere utile e in che modo, perché anche l'utilità può avere vari livelli, e se quel film possa durare nel tempo. Quando un progetto viene presentato, ci sono passi da compiere, quindi viene prima di tutto registrato da un sistema aziendale, poi c’è un livello di doppia lettura incrociata, quindi ogni sceneggiatura, proposta, libro, soggetto, trattamento viene letto da almeno due lettori che redigono una scheda e poi il tutto viene presentato a questo comitato, a cui partecipano l'amministratore delegato, il direttore generale della società, la parte editoriale, la distribuzione, gli avvocati perché dobbiamo valutare il controllo di gestione, quindi vengono messi a sistema vari aspetti. Si valuta la qualità della storia e della sceneggiatura, si individuano il target, il genere e l'ipotetico posizionamento sul mercato, si monitorano la solidità del budget e l'affidabilità del produttore che ci propone il progetto (l'affidabilità in relazione al tipo di progetto e di budget). In caso di opere prime si devono valutare le esperienze precedenti di questi giovani registi, se abbiano già realizzato dei corti o abbiano già lavorato, che tipo di scuola abbiano fatto, bisogna far sì che il prodotto aderisca alle esigenze di un pubblico, che può essere piccolo o grande, non bisogna escludere nessuno. Bisogna poi valutare il potenziale sfruttamento dell'opera in base alle varie finestre, dalla sala fino ai canali televisivi, quindi capire per quale canale sia migliore questo film, perché ci sono prodotti che sono molto più art house e prodotti più popolari o televisivi. Bisogna collocare quel film in un quadro ampio, perché abbiamo un piano di produzione o un piano di distribuzione, ma nell'ottica di generi e storie diversificati dobbiamo avere film diversi, quindi capire come quel film si collochi all'interno del nostro portafoglio.Pag. 13
  Purtroppo ci sono film cui abbiamo dovuto dire di no, che, se fossero stati presentati l'anno prima o l'anno dopo, probabilmente avrebbero trovato una collocazione, però questo può capitare quando arrivano più di 1.000 progetti ! Nel caso di un film che decidiamo di distribuire, è necessario capire come vada inserito nel nostro listino, quando possa uscire, a quale pubblico si rivolga, e fare qualche economics in caso di film con un appeal più commerciale. Le proposte con un maggior potenziale saranno oggetto di una trattativa economica con i produttori, ma dipende dalla capacità del produttore di assemblare finanziamenti, perché oggi fare un film non è semplice. I produttori italiani sono molto cresciuti, perché una volta c'erano il Ministero dei beni culturali, la Rai e Mediaset e, se questi enti erogavano soldi, avevi coperto il film, mentre oggi bisogna trovare tax credit esterni, adottare il tax credit interno, avere dei fondi regionali e la film commission, nel caso in cui si chieda il finanziamento al Ministero dei beni culturali. Bisogna comporre un quadro molto più variegato e quindi, se il produttore è così abile e ha trovato delle coproduzioni internazionali, tutti questi sono elementi in più, anche perché noi non siamo appaltatori, non finanziamo tutto il film, ma quote minoritarie e quindi, se il produttore viene con un film che costa 5 milioni e zero finanziamenti, a parità di progetto un produttore che invece ne ha già trovati 4 avrà maggiori chance di realizzare il progetto.
  Questi sono i criteri che adottiamo, non sono formule matematiche, alla base c’è una indispensabile sensibilità editoriale, che è nella responsabilità delle decisioni.
  L'altro aspetto è non concentrare la produzione su pochi produttori nei limiti del possibile e fare quindi affidamento su produttori solidi, senza però escludere i produttori indipendenti più promettenti. Anche in questo senso stanno nascendo in Italia realtà ancora piccole ma capaci di trovare finanziamenti anche a livello internazionale e non solo italiano. Per citare un esempio banale, a Berlino è andata in concorso un'opera prima, La vergine giurata di Laura Bispuri, una giovane regista, e, se vedete i titoli di chi ha partecipato a questo piccolo film peraltro girato in Albania perché è la storia di un albanese che veniva in Italia, ci saranno venticinque finanziatori con tantissimi Paesi. Questo produttore ha fatto un grande lavoro e quindi anche noi, partecipando per una piccola quota, gli abbiamo dato una mano affinché il film si facesse. Il nostro marchio è molto importante soprattutto quando si va all'estero, perché quando un film italiano chiede finanziamenti fuori ma non ha la quota italiana non viene visto con benevolenza.
  Questa è l'estrema sintesi del nostro operato, la nostra stella polare è stata e rimarrà il rispetto del pubblico, che paga un biglietto per vedere un film, ma c’è un altro aspetto molto importante: noi dobbiamo assicurare che un film venga visto. Il film non viene visto solo in sala, ma ha tantissimi sfruttamenti, tanto che siamo presenti su tutte le piattaforme, da Chili's a Team vision, a Cubovision, da Google a iTunes, perché siamo stati i primi a fare un accordo con iTunes, anzi con alcune piattaforme siamo aggregatori di cinema, cioè i distributori ci danno i film perché queste grandi entità vogliono avere pochi interlocutori. Questo sta andando bene, perché è vero che ancora il VOD non ha sostituito il valore dell’home video, che è passato da 1 miliardo di fatturato di pochi anni fa al 300 milioni come mercato, ma sicuramente la nuova modalità di fruizione, soprattutto quando il pubblico si abituerà con le smart TV, crescerà notevolmente. Certo è che la pirateria è ancora un aspetto devastante, che sta minando moltissimo il cinema. Visto che in altri Paesi sono state trovate contromisure efficaci, spiace dire che in Italia non si riescano a trovare. Questo è uno dei misteri del nostro Paese.
  Un film viene venduto anche a Sky, perché ricordo che vendiamo, ma la maggior parte dei ricavi va ai produttori, non alla Rai, se non per una quota minoritaria. Anche questo è importante, perché ad esempio Sacro GRA, film che ha vinto il Leone d'oro a Venezia, non è un film facile Pag. 14per una televisione generalista, quindi lo si potrà mandare in orari non proprio di prima serata, e anche Sky non lo voleva comprare. Ho quindi imposto in un pacchetto di film molto importanti (vendiamo tra i 20 e i 30 film all'anno alla pay) di avere questo film, che ha avuto una visibilità e un pubblico che altrimenti non avrebbe avuto in quella dimensione. Crediamo (in questo momento faccio più il produttore che il broadcaster) che la visione di molti film su tutte le piattaforme faccia sì che alla fine della sua vita, che può durare venti, trenta, quaranta o cinquant'anni, sia stato visto da milioni di persone. Quando si dice che il film in televisione va male, è vero che non riscuote share enormi rispetto ad altri generi, ma è anche vero che verrà visto da generazioni per tantissimi anni. Quando un film viene trasmesso dalla Rai tra reti generaliste e reti specializzate decine e decine di volte, il pubblico che l'ha visto diventa un pubblico veramente importante che ha avuto la possibilità di accedere a quel prodotto.
  Vorrei mostrarvi un breve filmato di tre minuti che illustra in sintesi la nostra attività.

  (Segui la proiezione del filmato)

  Vorrei solo aggiungere una cosa su un documentario dei 300 che abbiamo fatto, perché è stato un caso che ci è scoppiato in mano. Il documentario è I figli della Shoah e non è sulla Shoah, ma ha colto un punto di vista che non era mai stato trattato, cioè le ricadute sui figli di coloro che non sono tornati o dei sopravvissuti.
  Ce lo stanno chiedendo tutte le comunità ebraiche del mondo, siamo andati alla cineteca di Gerusalemme e allo Yad Vashem ed è stato veramente impressionante. Il 5 luglio andremo a Parigi, al Museo della Shoah, e stiamo facendo il seguito perché ha riscosso un successo veramente impressionante, quindi mi faceva piacere segnalarlo.

  ALBERTO AIROLA. Grazie di essere qui, a distanza di due anni è un piacere confrontarsi con lei, visto che non ne avevamo avuta l'opportunità e vista la quantità di prodotto e di attività di Rai Cinema e l'importanza dell'industria cinematografica, che lei ha fatto ben notare – a me risulta che arriviamo a 6 euro per ogni euro investito nell'industria cinematografica.
  Lei ha risposto indubbiamente alle classiche domande che pongo in Commissione, in quanto io chiedo la trasparenza sulla gestione dei soldi pubblici, perché la Rai purtroppo ha un difetto, che investe anche un'attività come la vostra: è una società privata e pubblica insieme e quindi può cambiare cappello, cosa che genera degli svantaggi ma anche dei vantaggi.
  I vantaggi sono che, secondo la situazione, posso mettere un cappello pubblico o privato e dire alla Commissione di vigilanza che come società privata non posso fornire i dati o come società pubblica si possa investire in informazione senza considerare lo share e i ritorni, e investire in operazioni che non hanno un valore commerciale, mentre altre volte il valore commerciale diventa preminente. Non è una posizione facile, è una posizione nella quale nel contesto operativo italiano, come è successo con Rai fiction, si possono creare delle concentrazioni, ed è per questo che chiediamo trasparenza. Avere dati meno aggregati ci farebbe quindi piacere, come anche capire i rapporti tra le società cinematografiche più conosciute in Italia e quelle piccole che hanno bisogno di crescere e finanziare le opere prime lanciate da Rai Cinema, che ne costituisce un traino. A me risulta da alcuni prospetti puramente indicativi, non avendo dei dati, che 10-15 società si prendono il grosso di Rai Cinema (circa l'80 per cento o più del budget), mentre le società che avrebbero più bisogno di un sostegno pubblico, soprattutto di un'attività come quella di Rai Cinema, rimangono minoritarie. Avere dei dati su questo sarebbe quindi importante.
  Per quanto riguarda la 01 ritengo che la Rai potrebbe fare a meno di una società di distribuzione, questa è una mia opinione su cui penso che anche alcuni Pag. 15cittadini si interroghino, perché già la situazione distributiva in Italia è il nocciolo del problema del cinema, però pensando alla Rai come strumento di informazione e di produzione culturale ci viene meno spontaneo pensare che debba avere una società di produzione che distribuisca film nelle sale.
  Mi interesserebbe sapere perché alcuni film che vediamo spesso al cinema non passino sulla TV, indubbiamente per una questione di royalties e di coproduzioni, perché so che su alcune produzioni investite milioni di euro, su altre poche centinaia di migliaia di euro e dipende dalla grandezza della produzione.
  Anche sulle opere prime vorremmo sapere quali sono i film e gli autori lanciati, perché indubbiamente questo è anche un vulnus del nostro mercato, perché non possiamo pensare che il cinema si nutra sempre di finanziamenti pubblici, cosa che va avanti dal 1945 ad oggi, ma dovrebbe avere una sua autonomia come in altri mercati che devono incassare. La Rai su questo ha meno impegni.
  Cesare deve morire non è stato distribuito da voi, ma perché ? Lo chiedo per capire quali sono le dinamiche nel dettaglio. Non deve rispondere a tutto adesso, però, se riuscisse a farci avere degli schemi di lavoro dettagliati, ci sarebbe utile. Spesso mi si obietta che la Rai non può permetterselo per ragioni di concorrenza, sugli anni passati presumo che questo limite diventi meno sensibile, quindi non mi deve dire come sta spendendo i soldi del prossimo anno (anche se mi interesserebbe) però i dati meno aggregati degli ultimi anni potrebbero esserci utili.
  Anche sulla questione del meccanismo royalties e diritti ci sono molti punti oscuri e mi piacerebbe capirne di più, anche per sapere come funziona la Rai in questi termini.
  Sulle opere prime fate un grandissimo lavoro, a volte mi pare che ci siano aree un pochino più favorite sia nelle opere prime sia negli autori classici, preferirei che un grande autore come Moretti trovasse nel mercato italiano produttori autonomi rispetto al finanziamento pubblico. Non sto dicendo che non voglio che il film di Moretti sia finanziato, però sarebbe auspicabile che il mercato favorisse gli autori già affermati e che chi fa opere prime venisse più favorito dal servizio pubblico, non avendo la possibilità di dimostrare quanto è valido. Ho ucciso Napoleone è l'opera seconda di Farina, la prima era andata molto male.
  Sul web fate benissimo: stiamo affrontando il tema della riforma della Rai, che ha bisogno di trasformarsi nei prossimi 5-6 anni perché siamo di fronte a una trasformazione tecnologica che avete sotto gli occhi, quindi il web è molto importante. Sul web avete fatto qualche sforzo, la Rai in generale è molto indietro, ma sarebbe bello, visto che si citano spesso la BBC e la trasparenza, che anche voi faceste operazioni pubbliche di lancio di progetti (forse lo fate, non lo so) e in trasparenza metteste sul web una serie di progetti. Questo farebbe capire anche ai diffidenti che la Rai non sta nutrendo un gruppo più o meno ampio di soggetti, sempre gli stessi, ma sta promuovendo la cultura e soprattutto aiutando coloro che non hanno mercato, indossando il cappello da società pubblica e non da società privata.
  Vedo pochissimi documentari in Rai mentre so che ne producete parecchi, circa 40-50 all'anno, quindi potrei vederne quasi uno a settimana, ma la settimana scorsa ne abbiamo visto qualcuno ? Non voglio essere provocatorio, lo chiedo per capire, perché non riusciamo ad averlo sulla Rai se non magari in fasce orarie così estreme. Ho esaurito i miei dubbi e la ringrazio moltissimo.

  PRESIDENTE. Vorrei fare una domanda sulla procedura con cui vengono scelti i vari produttori. Se sono un piccolo produttore, una società nuova oppure una produzione più grossa, quale procedura devo seguire per chiedere di visionare il mio elaborato o la sceneggiatura: con una telefonata, una mail, un plico postale, una richiesta di appuntamenti ? Cioè cosa faccio per riuscire a sapere se avete analizzato o come posso arrivare a fare realizzare Pag. 16a voi il mio elaborato, quindi l'inizio di questa procedura che poi porta alla produzione o coproduzione di un film o un documentario ?

  PAOLO DEL BROCCO, amministratore delegato di Rai Cinema. Partendo dall'ultima domanda sui modi, non c’è una procedura, nel senso che noi abbiamo un indirizzo e-mail ma la maggioranza dei progetti ci arriva con un contatto diretto, cioè delle persone accedono a una struttura, a un dipendente di Rai Cinema, alla struttura editoriale preposta, molto spesso a me.
  Ho cercato nel mio primo mandato (poi ho rischiato l'esaurimento nervoso perché non ce la facevo) di parlare con chiunque mi chiedesse un appuntamento, ma poi ho capito che in Italia tutti vogliono fare un film. Nei limiti dell'umanamente possibile cerchiamo di ricevere tutti, abbiamo un sistema per cui recepiamo e registriamo quello che ci arriva con le schede e poi rispondiamo. Ci sono momenti in cui la risposta è immediata, altri in cui siamo più lenti, perché purtroppo non siamo moltissimi, però ho cercato di dare indicazione a tutti i miei collaboratori che è doveroso rispondere in tempi decenti e sicuramente abbiamo molto migliorato il tempo di risposta rispetto a qualche anno fa.
  Non c’è una procedura standard, ci possono arrivare in tanti modi, c’è chi ci manda un libro, c’è chi ci manda un foglietto, c’è un signore che ogni tanto mi scrive a stampatello e mi manda delle idee, e sarebbe anche difficile fare altrimenti perché il cinema non si può standardizzare anche nelle procedure, poi naturalmente sta a noi valutare al meglio. Mi sembra che non ci siano grandi lamentele sulla possibilità di accesso nel portare un progetto a Rai Cinema, e peraltro adesso la presidente della film commission italiana che è presidente della film commission toscana sta organizzando una sorta di road show in quattro posti in Italia a cui andrà un nostro rappresentante e qualunque piccolo produttore, sceneggiatore o giovane regista può portare all'attenzione tramite la film commission direttamente a Rai Cinema.
  Sicuramente ci sono così migliorabili, su questo non c’è dubbio, però il cinema è spesso qualcosa di intangibile, a volte l'idea per un film viene parlando a pranzo con qualcuno. Nei limiti di un budget che non è certo immenso, facciamo la cosiddetta «ricerca e sviluppo», cercando di aiutare con dei soldi chi ci dà un'idea che riteniamo valida, a prescindere da un impegno produttivo, nello sviluppo della sceneggiatura, a volte solo di un trattamento di venti o trenta pagine per capire se l'idea riesca a tenere un film, perché spesso non è così: magari non si riesce a gestire una bellissima idea nell'ambito di un racconto che deve durare un'ora e mezzo o due. Da qualche mese stiamo attuando un sistema di risposta per iscritto, cosa che prima avveniva in vari modi, con un incontro diretto, per telefonata o per mail, mentre ora stiamo cercando di standardizzare questa risposta, però purtroppo una risposta scritta è una risposta fredda, che nessuno accetta perché sono due righe.
  Ho chiesto però ai miei collaboratori che quando devono dire un no (e purtroppo il nostro lavoro non è fare film, ma è dire no, perché abbiamo 1.150 no su 1.200 domande, questo è il problema vero su cui ci confrontiamo tutti i giorni) prima devono parlare con le persone per spiegare i motivi. Se fossimo un'azienda privata, onestamente non sarebbe un mio problema, ma essendo un'azienda pubblica reputo doveroso almeno spiegare i motivi, che comunque nel 95 per cento dei casi non vengono accettati. Sicuramente stiamo migliorando, abbiamo migliorato tante cose, tutto è perfezionabile, penso che una standardizzazione perfetta non si riesca a fare.
  Sui film in tv posso dare dei dati, anche se non gestisco i palinsesti. Non è del tutto vero che la Rai non trasmetta i film che produciamo, e le posso citare qualche dato. Parliamo di film italiani prodotti da noi. Nel 2014 la Rai ha trasmesso 132 titoli dei film prodotti da noi (nel magazzino, perché il film va più volte), 16 in Pag. 17prime time e 116 in altre collocazioni; nel 2015 (naturalmente è un dato solamente temporaneo) sono già 13, quindi a metà anno quelli trasmessi in prima serata sono già percentualmente di più, quindi sicuramente saranno di più dei 16 dell'anno precedente.

  PRESIDENTE. Possono essere film di sei anni prima...

  PAOLO DEL BROCCO, amministratore delegato di Rai Cinema. Se sono in prima serata, difficilmente sono così vecchi, di solito sono film freschi, e questo è un bene.

  ALBERTO AIROLA. Andiamo verso l'estate...

  PAOLO DEL BROCCO, amministratore delegato di Rai Cinema. I nostri film importanti non vengono trasmessi d'estate, però non dimentichiamo (non è una cosa da sottovalutare) che ci sono le specializzate, che nel 2014 hanno trasmesso 352 film prodotti da Rai Cinema, di cui 43 in prima serata e 309 in altre collocazioni. Tutto è migliorabile, però non è del tutto vero, peraltro ho avuto una mini polemica con il direttore generale per i beni culturali, quando alla presentazione dei dati del cinema qualche tempo fa disse che la Rai non trasmette film italiani.
  Il dato è migliorabile, lo penso veramente, ma la Rai va sempre vista a tutto tondo perché, se poi fa 160 collocazioni in prima serata di fiction, non è che non interviene nell'industria dell'audiovisivo con la trasmissione: è chiaro che tutto va collocato all'interno di un obbligo complessivo, poi sicuramente i sedici film possono anche essere pochi e potrebbero essere di più (questo è un mio pensiero personale, non è una critica a nessuno, perché fortunatamente non mi occupo di palinsesto).
  I film si trasmettono, bisogna distinguere tra la percezione che abbiamo del palinsesto Rai come singoli e quello che la Rai fa, perché nessuno può stare a vedere 3 o 14 reti per ventiquattro ore. Sui documentari purtroppo non ho il dato, ma sarà mia cura mandarglielo, perché invece c’è una sorpresa che ci riempie di gioia: i nostri documentari vanno tantissimo e fanno ascolti sorprendenti (hanno fatto 1 milione di ascoltatori), ma, poiché è anche mio interesse far sì che questa cosa si sappia, mi riservo di mandarle questi dati su tutti i documentari trasmessi, in quali fasce e quanto hanno fatto. È evidente che il documentario, soprattutto quello più complesso, difficilmente andrà in prima serata, ma questo è un tema di altra natura, però nell'ottica che la Rai deve andare verso tutti i pubblici e quindi bisogna rispettare anche quello a cui piace il documentario, il documentario si vede e c’è, e comunque sul nostro canale Rai Cinema Channel abbiamo i nostri documentari, quindi chi volesse può approfittarne.
  Oltre a Cesare deve morire abbiamo distribuito anche Sacro GRA, ma quando operiamo delle scelte a monte decidiamo a monte cosa distribuire e cosa no, perché 01 ha un tipo di presa sul mercato per un dato tipo di prodotto (non commerciale, per carità), però il film deve avere determinate dimensioni perché il rapporto con l'esercizio è molto complicato: noi siamo molto forti su un certo tipo di prodotto ma alcuni distributori sono più forti di noi nella penetrazione di certi generi cinematografici. Li diamo quindi ad altri non perché li scarichiamo, ma perché riteniamo che quei distributori siano più efficaci rispetto a noi, e comunque facciamo lavorare altri distributori.
  Per quanto riguarda 01, sono in completo disaccordo con lei e con mezza industria cinematografica, e su questo mi piacerebbe avere un incontro pubblico come l’Uno contro tutti che si faceva da Maurizio Costanzo, perché il modello di intervento della Rai, che credo che questi dati dimostrino, è reso possibile dal fatto di avere una distribuzione. Qualcuno dice che è atipico: è vero, negli altri Paesi i broadcaster non hanno una distribuzione, ma in Italia ci sono due broadcaster importanti, anche se Medusa ormai...

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  ALBERTO AIROLA. Questo ricorda la nascita del cinema, in cui c'era la struttura verticale dal produttore al distributore.

  PAOLO DEL BROCCO, amministratore delegato di Rai Cinema. Il tema però è questo, che in altri Paesi le normative e i mercati sono completamente diversi. Dobbiamo partire considerando che il mercato del cinema non esiste in Europa, nel senso che, a parte quattro o cinque film l'anno, se un film dovesse coprire i propri costi industriali di produzione e distribuzione solamente con i ricavi su tutte le piattaforme, se ne farebbero cinque l'anno (Checco Zalone, Siani, Benvenuti al Sud e basta). Questa è la base comune. In Francia, dove non ci sono distributori legati a broadcaster e dove questi intervengono in modo diverso, sebbene recentemente stiano un po’ cambiando, ci sono 850 milioni di finanziamento pubblico al broadcaster. Qualcuno dice che non è un finanziamento pubblico, perché viene da un prelievo di scopo. Se in Italia avessimo 850 milioni da dare ai produttori, non ci sarebbe bisogno né della Rai che finanzia i film, né della distribuzione legata ai broadcaster. Attenzione, però, perché gli 850 milioni della Francia non è vero che non sono risorse pubbliche, perché per fare il prelievo di scopo a quegli enti, a quei soggetti lo Stato abbatte l'aliquota IVA, quindi sempre risorse pubbliche. Sono convinto che servano risorse pubbliche perché l'eccezione culturale è una cosa importante in tutta Europa, perché l'unica industria del cinema che funziona nel mondo è l'industria americana e certo non spiego a lei perché. Se Jurassic Park ha fatto 500 milioni di dollari nel primo weekend, capiamo che parliamo di un'altra cosa.
  Se non ci fosse 01, come ho spiegato anche in sede Anica alle associazioni, ritorneremmo a un modello antico di investimenti, perché io dirigente di un'azienda pubblica non investo cifre importanti a fronte almeno di una copertura dei diritti. Oggi il diritto televisivo vale sicuramente meno rispetto al passato, perché ci sono tantissimi sfruttamenti – meno male – e, se la Rai o un operatore investe centinaia di migliaia di euro (in pochissimi casi milioni), come faccio a comprare una bottiglia d'acqua che vale 10 euro e secondo il produttore la dovrei pagare 100.000 ? Il problema del produttore o di queste lobby contrarie all'esistenza di 01 è che non propongono di lasciare libertà al mercato, quindi dando loro il corrispettivo per i diritti televisivi e poi trovandosi i soldi sul mercato, ma, se c’è da dare 1 milione per un film, intanto lo vogliono solo per il diritto televisivo e poi se lo distribuiscono da soli. Questo è il primo meccanismo che non funziona, perché molti film non si farebbero più oppure si farebbero solo i film prettamente commerciali.
  Il meccanismo di intervento della Rai e di Rai cinema, è di coproduzione per cui prendiamo quote minoritarie per non dare fastidio al produttore, perché nessuna legge impedisce di prendere quote maggioritarie. La verità è che mettiamo dei budget che spesso coprono la quota maggioritaria di un film, ma ci guardiamo bene dal prevaricare il produttore indipendente, lo potremmo fare (Medusa lo fa, compra tutti i diritti e paga tutto). Se cambiassimo il meccanismo di intervento della Rai, nessun dirigente, nessun amministratore delegato andrebbe a firmare i contratti per dare tantissimi soldi per fare quel film non avendo nulla indietro, quindi è un meccanismo utile. Se abbiamo le quote di proprietà e la gestione almeno di una parte della filiera, gestiamo anche i ricavi e gestendo i ricavi è nostro interesse valorizzare quel prodotto. Oltre ad aver investito centinaia di milioni, abbiamo coperto in questi quindici anni 280 milioni di euro di costi di promozione che abbiamo anticipato per conto dei produttori, perché è vero che la quota maggioritaria del costo sarebbe stata a carico loro, ma li abbiamo anticipati e li abbiamo recuperati grazie alla nostra forza commerciale per la vendita su tutte le piattaforme e abbiamo dato indietro 200 milioni ai produttori. Farei molta attenzione, se fossi un produttore, a perimetrare l'attività della distribuzione della Rai. In un mondo Pag. 19ideale sono d'accordo con lei, non ha senso, ma il nostro non è un mondo ideale e l'unico mondo ideale che c’è oggi in Europa è la Francia, che però ha le caratteristiche di cui le dicevo. Come ho ribadito più volte in Anica, non difendo una posizione aziendale, perché Rai Cinema non è mia, non è un'azienda privata, per cui ci atteniamo alle norme e a chi decide della Rai. Piuttosto che stare tutte le sere a vedere il film d'autore alle 2.00 di notte a capire dove è andato, in quali cinema e quanto ha fatto, come stiamo facendo, sarebbe meglio leggere le sceneggiature, fare l'investimento e poi chi si è visto s’è visto, come accadeva prima: invece qui c’è una responsabilità molto importante, diretta. Qualcuno ha proposto di fare un consorzio di produttori per fare una distribuzione indipendente: magari ! Lo si faccia, e vi diamo anche i film, però c’è differenza tra parlare e fare. Forse lo si potrebbe fare solamente per pochi film molto commerciali, ma c’è un problema finanziario enorme, perché non è facile trovare i 30 milioni che anticipiamo tutti gli anni sul budget di promozione. Sulle opere prime: le invio la lista con tutti i registi, non c’è alcun problema; sui diritti non ho ben capito la domanda.

  ALBERTO AIROLA. Il funzionamento, però in un documento, non deve farlo adesso, per avere un quadro...

  PAOLO DEL BROCCO, amministratore delegato di Rai Cinema. Ce l'abbiamo pronto perché mi capita spesso di parlare di questi temi.
  Torniamo al discorso di prima: Moretti da solo il film non lo fa, come non lo fa Bellocchio. Sono film che hanno budget importanti e nel mercato italiano questi soldi non si trovano. Allora bisogna decidere una cosa diversa: la Rai deve investire anche sugli autori importanti ? Ne abbiamo quattro o cinque l'anno (Bellocchio, Amelio, Moretti, Olmi) che hanno fatto la storia del cinema italiano degli ultimi 20-30 anni. Anche qui è una scelta, e penso che sia giusto supportare anche quel tipo di cinema, certo è un'interpretazione e allora o si fa una norma che stabilisce che la Rai fa venti film, alcuni in un modo, altri in un altro modo oppure è difficile regolarsi. Onestamente, film di grandi autori che vanno ai festival, che ci danno una grande visibilità sia come Paese, sia come marchio (perché poi quando a Cannes vedo il marchio Rai Cinema e 01 ancora mi emoziono perché siamo al campionato del mondo del cinema), film venduti peraltro in quaranta Paesi che, al di là dell'aspetto economico, vanno in decine e decine di festival: rispetto la sua opinione però credo che alcuni film non si possano fare. Abbiamo preso Moretti come spunto, ma ce ne sono sicuramente altri. Chi avrebbe finanziato il film su Leopardi, che ha un budget di 6 milioni (noi abbiamo messo una quota naturalmente) ? Si sarebbero trovati 6 milioni in Italia senza almeno il 30 per cento della Rai ? È difficile. Questo vale anche per Noi credevamo, altra opera difficilissima, ma ci sono tanti esempi che potremmo citare.
  L'opera prima della Farina ha incassato 2 milioni di euro, un successo clamoroso, è andato su Rai 1 e ha fatto il 16 per cento di share, quindi non vedevo perché non fare l'opera seconda. Di questa regista come di tutti gli altri studiamo a fondo il curriculum, perché le assicuro che siamo molto attenti, al di là di parentele, che non ci interessano, mentre ci interessano le persone e i talenti.
  Sulle società più conosciute e sulle società piccole: su questo tema purtroppo non sono autorizzato a dare dati specifici e puntuali anche perché c’è un problema, anche opinabile, di concorrenza. Operiamo su un mercato concorrenziale e, sarebbe problematico se un produttore sapesse quanto diamo a un film piuttosto che a un altro, anche perché l'investimento in un film non è costituisce un automatismo: si danno finanziamenti non elevati a film molto «importanti» perché hanno già trovato una copertura, e magari finanziamenti più alti a film meno «importanti» (non mi riferisco a un giudizio di valore).Pag. 20
  Per quanto riguarda le società, siamo in un mercato: il progetto ci arriva da un produttore, in quanto l'autore si reca in prima battuta da lui, almeno nella maggioranza dei casi. È chiaro che i progetti più importanti e di rilievo sono intercettati da produttori che hanno una dimensione rilevante, ma questo è normale, è il mercato. Non le posso dare dati puntuali, però le posso assicurare che il 50 per cento dei nostri investimenti va a produttori che non sono quei quindici o venti al top, poi, se mi autorizzano, le fornisco volentieri il dato puntuale.

  PRESIDENTE. Il 50 per cento è una cifra rilevante.

  ALBERTO AIROLA. Neanche dati aggregati di cinque anni fa ? So che non dipende da lei...

  PAOLO DEL BROCCO, amministratore delegato di Rai Cinema. Personalmente, se questo può aiutare a capire meglio l'attività, non ho alcuna difficoltà a fornirglieli per quanto riguarda la mia gestione – sulla gestione di altri non mi permetto – e non ho nulla da nascondere. Mi riservo però di fare una verifica e, se posso, glieli fornisco volentieri, perché non c’è nulla di segreto, come non deve esserci.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Del Brocco e i suoi collaboratori e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.55.