XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 57 di Mercoledì 11 marzo 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Audizione del consigliere di amministrazione della Rai, Antonio Verro:
Fico Roberto , Presidente ... 3 
Verro Antonio , consigliere di amministrazione della Rai ... 3 
Airola Alberto  ... 6 
Fratoianni Nicola (SEL)  ... 6 
Lainati Giorgio (FI-PdL)  ... 7 
Airola Alberto  ... 8 
Lainati Giorgio (FI-PdL)  ... 8 
Ginoble Tommaso (PD)  ... 8 
Pisicchio Pino (Misto)  ... 9 
Minzolini Augusto  ... 9 
Gasparri Maurizio  ... 10 
Verducci Francesco  ... 11 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 12 
Bonaiuti Paolo  ... 13 
Verro Antonio , consigliere di amministrazione della Rai ... 14 
Fratoianni Nicola (SEL)  ... 15 
Verro Antonio , consigliere di amministrazione della Rai ... 15 
Airola Alberto  ... 15 
Verro Antonio , consigliere di amministrazione della Rai ... 15 
Fico Roberto , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.
  Comunico altresì che dell'audizione odierna sarà redatto e pubblicato il resoconto stenografico.

Audizione del consigliere di amministrazione della Rai, Antonio Verro.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del consigliere di amministrazione della Rai, Antonio Verro, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Ricordo che l'audizione è finalizzata ad acquisire elementi conoscitivi in merito a comportamenti che, secondo quanto riportato dalla stampa, il consigliere Verro avrebbe tenuto nell'agosto del 2010, allorché avrebbe indirizzato una lettera, nella sua veste di consigliere di amministrazione pro tempore della Rai, al Presidente del Consiglio pro tempore, Silvio Berlusconi, per segnalargli alcuni programmi di informazione ritenuti «antigovernativi» e ai quali occorreva «mettere paletti» o sottoporli a «strettoie organizzative».
  Do la parola al consigliere Verro perché illustri alla Commissione la propria ricostruzione dei fatti, con riserva per me e per i colleghi di rivolgergli, al termine del suo intervento, domande e richieste di chiarimento.

  ANTONIO VERRO, consigliere di amministrazione della Rai. Grazie, presidente. Io sono molto lieto di questa opportunità che mi viene offerta di chiarire la mia posizione per quello che l'enfatizzazione mediatica ormai definisce «il caso Verro».
  Iniziamo dal fax, le cui modalità di redazione e di trasmissione francamente mi sfuggono sia perché sono passati ben cinque anni, sia perché né il sottoscritto, né la mia segreteria sono in possesso di copia della lettera. Spero che la prossima indagine dell'azienda riesca a fare in fretta chiarezza e a spiegare come mai questo fax sia stato ben conservato per cinque anni e tirato fuori proprio adesso, alla vigilia di una storica riforma Rai. Nulla toglie al fatto che il contenuto della lettera è sicuramente mio. Si tratta infatti di quello che da tempo si trovava nelle mie interviste e di cui dibattevo ogni giorno con i consiglieri di amministrazione e i dirigenti dell'epoca. Questo fax contiene solo considerazioni di cui tra l'altro in quei mesi parlavano tutti i giornali. Vi invito a rileggervi i quotidiani e i giornali pubblicati tra l'estate e l'autunno del 2010 e tra questi ovviamente anche Il fatto quotidiano. Va precisato innanzitutto che eravamo in un contesto politico totalmente diverso da quello odierno e la governance vigente era quella ante-Monti, quindi con tutti i poteri previsti dalla legge Gasparri in capo al consiglio di amministrazione. I commissari certamente ricorderanno che solo poco dopo l'insediamento del Governo Pag. 4Monti molti poteri furono sottratti al consiglio di amministrazione e delegati al Presidente. Quelli poi erano mesi caldi, in cui si parlava degli editoriali del direttore del Tg1, delle incognite della nuova stagione del programma di Santoro, del contratto di Travaglio che sembrava non arrivare e dei cambi al vertice delle reti e delle testate. All'intera opinione pubblica, grazie anche al continuo interesse della stampa, era noto il pensiero di ogni consigliere di amministrazione della Rai, e io mi permetto di dire grazie al cielo. Le differenti visioni presenti nel consiglio di amministrazione arricchiscono il dibattito democratico in questo Paese, non sono una cosa di cui provare imbarazzo, la Rai è un bene comune, è un bene di tutti e tutti hanno diritto di riconoscersi, in un modo o nell'altro, nei vertici della televisione pubblica, solo nei regimi non si dibatte su quello che va in onda nei telegiornali e nella TV. Ma non è questo in fondo il principale elemento di distinzione tra Rai e le altre aziende di Stato: la trasparenza nei confronti dei cittadini che pagano il canone ? C’è qualcuno ad esempio che conosce come la pensino i consiglieri di Poste o di Trenitalia sui diversi servizi pubblici che offrono queste aziende ? Io penso di no. Se invece parliamo di programmi e di giornalisti, siamo tutti pronti a dire la nostra e i giornali sono pieni di ricostruzioni su quello che si discute al settimo piano di viale Mazzini. Pensate soltanto a quanti articoli e a quanto dibattito ha generato questo fax, che in sostanza nulla aggiunge e nulla toglie a quanto già scritto e detto in passato, e nulla toglie e nulla aggiunge anche su di me. Non è certo un segreto la mia storia politica, come non è un segreto il mio rapporto con Silvio Berlusconi. In quei giorni, come oggi del resto, cercavo di assicurare un minimo di pluralismo nelle trasmissioni Rai. Queste battaglie hanno provocato non pochi risentimenti e per molti rappresentano una colpa grave. Sono tuttavia battaglie di cui personalmente vado fiero, perché il pluralismo si declina per addizione e non per sottrazione, cercando di aggiungere voci, offrendo al pubblico volti nuovi e idee nuove. Come è noto, la materia del servizio pubblico è regolata dalle leggi e dalla giurisprudenza costante che riconducono la governance della Rai all'area parlamentare e non a quella governativa. In particolare, l'articolo 49, comma 3 del testo unico prevede che il consiglio di amministrazione Rai svolga «funzioni di controllo e garanzia circa il corretto adempimento delle finalità e degli obblighi del servizio pubblico generale radiotelevisivo» quindi in primo luogo, quasi esclusivo la tutela del pluralismo.
  Capisco che la mia lettera possa prestare il fianco alla critica circa l'opportunità politica di aver riportato al capo dell'Esecutivo di allora considerazioni concernenti la programmazione Rai. Devo tuttavia invitare la Commissione, al netto delle legittime strumentalizzazioni politiche, a condividere alcune mie considerazioni.
  La lettera del 25 agosto ha carattere di corrispondenza del tutto personale e in quanto corrispondenza privata poteva essere inoltrata a qualunque destinatario. Oltre che di comunicazione privata, la lettera ha carattere interlocutorio, costituendo il seguito di una conversazione personale chiaramente menzionata nella lettera stessa.
  Vorrei fare un piccolo inciso, se il presidente me lo consente, a proposito dell'obiettivo, a parole condiviso da tutti, di garantire il pluralismo, e vorrei cogliere l'opportunità di questo incontro parlamentare per esprimere, cosa che ho già fatto in consiglio di amministrazione, tutti i miei dubbi circa gli effetti che l'annunciata riforma dell'informazione rischia di produrre. Trovo veramente singolare che io sia accusato da alcuni giornali di voler mortificare il pluralismo con un'insistente riproposizione di un fantomatico editto bulgaro bis, ma niente o veramente molto poco si dica sulla recente modifica organizzativa dell'informazione, che a mio modo di vedere mortificherà il pluralismo, riducendo a due testate e in una seconda fase ad una sola testata l'informazione del servizio pubblico. Il condiviso obiettivo di Pag. 5rendere più efficiente e meno costoso l'apparato dell'informazione Rai a mio modo di vedere si sarebbe potuto e dovuto raggiungere lasciando le testate autonome (al riguardo ribadisco che la garanzia di autonomia e indipendenza è garantita solo dalla presenza di un direttore editoriale e non certo dalla riconoscibilità di un brand) e delegando a un'unica segreteria di redazione il compito di coordinare, ridurre le troupe, gli appalti esterni, gli inviati e i tanto famigerati microfoni. Per concludere su questo argomento, ritengo che la differenziazione della linea editoriale delle testate Rai abbia prodotto e continui a produrre, grazie alla grandissima professionalità dei giornalisti Rai, un notevole valore sociale e culturale che appare a tutt'oggi in sintonia con l'opinione pubblica, come dimostrano incontrovertibilmente i dati di ascolto. Con questa riforma si rischia (questo è il mio timore) di passare da un'informazione di servizio pubblico a un'informazione di televisione di Stato.
  Tornando al merito della «questione Verro», va poi osservato che la lettera riporta la mia opinione personale circa il carattere non obiettivo di talune trasmissioni. Credo trattasi di espressioni legittime e fisiologiche in un contesto privato, che – tengo a ribadirlo – si connettono e coincidono quasi con le stesse parole con le mie posizioni istituzionali assunte nella sede del consiglio di amministrazione, ove, come si evince dalla stessa lettera, la mia posizione era stata rappresentata nei medesimi contenuti, senza tuttavia trovare (purtroppo, aggiungo io) presso il consiglio un esito adeguato. Tale posizione intende legittimare e tutelare il Governo nella veste di soggetto politico-istituzionale nei confronti del quale, a prescindere dal soggetto che guida l'Esecutivo, la Rai è tenuta alla correttezza e all'imparzialità della programmazione. Considerazioni queste – badate bene – che non sono solo mie, ma messe in evidenza dall'Autorità delle garanzie nelle comunicazioni, che all'unanimità fin dal 2002 evidenziava «come certi programmi si qualificano per uno stile di conduzione e un'articolazione editoriale che appare non rispondente a criteri di obiettività, imparzialità e pluralismo dell'informazione del servizio pubblico», richiamando la Rai a rispettare le norme «anche attraverso la presenza di soggetti portatori di opinioni differenziate». Osservazioni queste ripetutamente richiamate da successive delibere dell'Agcom, rispetto alla pesantezza delle quali francamente quello che dico io mi sembra veramente quasi irrilevante. Sentite cosa dice una delibera del 2003: «il comportamento del conduttore è stato fazioso e il pubblico si è palesemente schierato in una sola direzione, il tutto con lesione della credibilità presso l'opinione pubblica delle forze politiche che sostengono il Governo. Inoltre la successione concatenate di interventi, interviste, sondaggi, unitamente ai comportamenti del conduttore sono risultati suscettibili di incidere sul rispetto dei princìpi di concretezza, imparzialità e obiettività». Questa è una delibera presa all'unanimità dall'Agcom sotto la presidenza di Enzo Cheli.
  Alla luce di quanto sopra, le misure auspicate nella lettera di cui parliamo sono lontanissime da qualsiasi contenuto censorio o repressivo; al contrario, hanno un carattere migliorativo rispetto ai programmi menzionati. Auspico infatti la cautela nella composizione del pubblico che dovrebbe essere più pluralista, cautela nella selezione degli esperti che dovrebbero essere selezionati con criteri più plurali: opinionisti e pubblico scelti cioè non solo in base alla loro appartenenza politica. Tutto questo in assoluta coerenza con il contenuto dell'articolo 49 del testo unico. Tra l'altro, mi piace ricordare (è un'indagine che potete fare molto rapidamente) che più volte questa Commissione ha affermato che la tutela del pluralismo passa anche per l'osservanza di criteri concernenti le modalità tecnico-logistiche della programmazione, quali accorgimenti di regia, modalità pratiche di conduzione, e sono certo che molti commissari ricorderanno che nel corso della XV legislatura era stata avviata un'indagine conoscitiva Pag. 6concernente anche questo tema, indagine non conclusa a causa dell'anticipata fine della legislatura.
  Per concludere, i cinque anni trascorsi tra l'invio della lettera al destinatario e la sua divulgazione mediatica – essa sì illegittima – tolgono a mio modo di vedere ogni verosimiglianza ad un'ipotetica e mai esistita finalità di interlocuzione o vaglio politico-istituzionale dei contenuti della lettera stessa, gettando piuttosto consistenti ombre sulle reali e incomprensibili ragioni di una divulgazione così tardiva. L'impossibilità di ricostruire o intuire tali ragioni dovrebbe costituire un buon motivo per disattendere, specie nelle sedi istituzionali, il dibattito pseudo-politico che ne potrebbe discendere. Grazie.

  ALBERTO AIROLA. Intanto la ringrazio di essere venuto, consigliere Verro, ovviamente lungi da noi l'intenzione di istituire un tribunale, ma vorrei semplicemente fare due riflessioni. Il contesto del servizio pubblico radiotelevisivo non ci è mai piaciuto: allora come adesso, in Italia ci troviamo in una situazione anomala, per cui il pluralismo, come lei ricorda, è stato il sistema con cui si è cercato di garantire la voce a tutte le parti politiche, ma dall'altra parte viviamo un'anomalia nel nostro Paese, che vede un grande imprenditore televisivo che entra in politica, fonda un partito e all'epoca dei fatti citati è Presidente del Consiglio.
  È vero che l'azione di vigilanza sull'attività del consiglio di amministrazione è lecita nel cercare di riportare l'equilibrio, però è anche vero che c'era un Presidente del Consiglio che godeva già di un ampio squilibrio nell'ambito dell'informazione in un contesto molto anomalo quale quello che tuttora abbiamo (se non c’è mai stata una legge sul conflitto di interessi non è certo colpa di Berlusconi). In questo caso era quindi più forte la componente governativa, che cercava di soffocare (la questione si potrebbe anche leggere così) delle voci che invece garantivano questo pluralismo, considerato che il PdL all'epoca godeva di un'ampia possibilità di rappresentare le proprie idee, politiche e non. In questo senso quindi verifico uno squilibrio e, alla luce di questo, se fossi nei suoi panni mi dimetterei, però dall'altra parte capisco anche che questa è una battaglia che continua ancora adesso. Le chiederei quindi di raccontarci come è adesso la Rai da quel punto di vista, perché secondo me non è cambiata molto.
  Lei ha accennato alla questione del motivo per cui la missiva è uscita dopo cinque anni, e che lei conferma nei contenuti ma smentisce nella forma. Lei ha detto infatti che all'alba di una riforma della governance basilare per la democrazia del Paese ci troviamo con questo fax che salta fuori dopo cinque anni. Se quindi lei può esprimerci una sua riflessione più ampia, potrebbe essere molto interessante.

  NICOLA FRATOIANNI. Ringrazio il consigliere Verro per aver accolto la nostra richiesta e per essere venuto qui a esprimerci il suo punto di vista e la sua ricostruzione.
  La prima cosa che mi pare di aver capito è che lei ci dice che questa lettera è sua, ma vorrei sapere se ho capito bene, perché non è un elemento indifferente, almeno per il lavoro di questa Commissione e per la nostra discussione.
  Una sola considerazione: credo che quella lettera abbia in sé un contenuto di gravità molto rilevante. Lei ci ha detto che la difesa del pluralismo, che è compito del consiglio di amministrazione, dei consiglieri (aggiungo io), del Parlamento, di questa Commissione, è un impegno che si produce non per sottrazione, ma per addizione di più voci, ma trovo che quella lettera racconti un'altra vicenda. In quella lettera quello che mi colpisce è il lamento nei confronti dell'interlocutore principale, che poteva essere chiunque altro come accade in una corrispondenza di natura privata (e lei giustamente lo ha ricordato), ma non era chiunque altro, era il Presidente del Consiglio dei ministri, cioè era il Governo che di solito ha meno degli altri il problema di essere tutelato dal pluralismo. In un Paese democratico di solito il problema del pluralismo tocca tutti, ma Pag. 7tocca il Governo e la sua possibilità di essere tutelato meno degli altri. Questo valeva per Silvio Berlusconi, vale oggi per Matteo Renzi, basta vedere i dati di esposizione che il Governo ha sul servizio pubblico per dire che tocca preoccuparsi quando non ci sono punti di vista non dico antigovernativi, ma quantomeno articolati rispetto alla posizione del Governo. In quella lettera quello che mi colpisce è che ci si lamenta in qualche modo del fatto che il tentativo di ridurre lo spazio di quelle voci, seppure con meccanismi di riorganizzazione, non sia andato a buon fine.
  A me pare che tutto questo stia dentro il problema che questa Commissione sta discutendo nella sua dimensione politica. Questo non è un tribunale, come ha ricordato il senatore Airola, non solo non lo potrebbe essere ma neppure lo vuole essere, ma vuole essere anzi anche un'occasione di tutela del suo punto di vista, ma mi pare che questo riproponga tutto intero il nodo politico che stiamo affrontando.

  GIORGIO LAINATI. Onorevoli colleghi, intorno a me ci sono molti fogli perché dopo 21 anni di presenza in Forza Italia e 14 in questa Commissione sono andato a cercare una minima parte di quella comunicazione politico-giornalistica che ha caratterizzato questa mia presenza lunga appunto 14 anni. In particolare, ha fatto bene il consigliere Verro nella sua introduzione a collocare nell'arco di questi anni quella lettera incriminata, perché è proprio nell'arco temporale più ampio possibile che dobbiamo approfondire le tematiche, per poi giungere alle conclusioni che, a differenza di quanto sostenuto più che legittimamente dal mio collega Fratoianni, non sono quelle che potevano essere indicate dal consigliere Verro.
  Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho cercato di ridurre ma tra Santoro, Minzolini, Annunziata, ci sono tematiche che nell'arco della XVI legislatura 2008-2013 hanno accompagnato tutto il servizio pubblico e la diatriba che la mia parte politica ha avuto con quella parte del servizio pubblico che abbiamo sempre ritenuto faziosa, a cui lei faceva riferimento. Nel momento in cui lei cita l'Autorità di garanzia nelle comunicazioni voglio che sappia che quelle sortite che sono antecedenti rientrano nella consequenzialità di decine di esposti che Forza Italia e poi il PdL hanno presentato all'Autorità di garanzia nelle comunicazioni proprio sulla questione della mancanza di pluralismo e di rispetto delle regole presente in vari programmi del servizio pubblico.
  Per illustrarvi il clima di quel quinquennio di legislatura e di mandato del consigliere 2009-2012, vorrei citare una cosa che mi ha sconvolto e che cito virgolettato. Nella puntata del 9 dicembre 2012 la signora Luciana Littizzetto ha apostrofato l'ex premier (era già ex premier) dicendo: «Berlusconi, hai rotto il cazzo». Ovviamente ho commentato questa espressione in modo molto duro, ma non solo io bensì tutti gli esponenti dell'allora PdL e anche molte persone del centrosinistra, che l'hanno trovata inaccettabile per la sua volgarità. Vorrei citare il commento del consigliere di amministrazione della Rai Antonio Verro, che alla luce della frase orribile che ho appena letto «auspica e confida nel senso di equilibrio e nella professionalità di Fabio Fazio, che condurrà il Festival di Sanremo a cui parteciperà la Littizzetto e che si svolgerà in un periodo della campagna elettorale, se non addirittura nell'immediata vigilia delle elezioni politiche», come poi accadde perché ci fu un anticipo di due mesi.
  Ho citato il virgolettato del consigliere Verro, che mi sembra una dichiarazione di grande equilibrio rispetto alla gravità dell'espressione della signora Littizzetto. Mentre noi chiedevamo che venisse cacciata, infatti, il consigliere Verro lunedì 10 dicembre 2012 si è affidato al buonsenso del conduttore del programma presso il quale collabora la signora Littizzetto e quindi non mi sembra un'espressione di aggressività particolarmente significativa. Pag. 8
  Questo è un esempio, credo che non mi darete la possibilità di farne molti altri perché occuperei troppo tempo. Potrei citare decine di dichiarazioni dell'onorevole Lainati, vicepresidente della Commissione vigilanza, in difesa dell'attuale senatore Minzolini quando era direttore del TG 1, ma voglio citare una dichiarazione del consigliere Verro. Il senatore Minzolini è stato protagonista di una serie di polemiche giornalistico-politiche che tutti noi conosciamo e che hanno avuto la loro ricaduta, come è logico che sia, in decine di dichiarazioni politiche di tutti i tipi (chiamata alle armi, richieste di fucilazione). Quando la collega giornalista (sono iscritto da 26 anni all'Ordine) ex conduttrice del TG 1 Maria Luisa Busi scrisse una lettera di durissima critica al direttore del TG 1 (non elenco tutte le polemiche per non rubare troppo tempo) dichiarai che il vicepresidente della Commissione vigilanza difendeva Minzolini dicendo «il direttore ha tutto il diritto di decidere una linea». Il consigliere di maggioranza Antonio Verro considera «non condivisibili le motivazioni addotte dalla giornalista» e si augura «che non siano strumentali a qualche altro ragionamento di tipo politico». Mi sembra anche questa una dichiarazione di grandissimo equilibrio e di grandissima moderazione, pienamente nell'ottica del suo ruolo istituzionale di consigliere di amministrazione della televisione pubblica.
  Non ho alcuna intenzione di sottrarre tempo ai colleghi quindi sarò costretto a concludere, ma vorrei ricordare che in quell'arco temporale ci fu un altro capolavoro di faziosità e di partigianeria al contrario, quando Lucia Annunziata (e vorrei ricordare gli esposti di Lucia Annunziata e Santoro che non ho tempo di leggero) ex presidente del consiglio di amministrazione della Rai 2003-2004 ebbe a dire che il segretario del mio partito cioè il Popolo della Libertà, l'onorevole Angelino Alfano, era una persona impresentabile e rappresentava un partito impresentabile. Io non ho mai sentito nessun giornalista dell'area politico-culturale del centro-destra usare in una diretta televisiva del servizio pubblico espressioni così inaccettabili nei confronti di un segretario di partito. Vedete, onorevoli colleghi, le persone impresentabili...

  ALBERTO AIROLA. A noi hanno detto potenziali stupratori...

  GIORGIO LAINATI. Me ne rammarico, è altrettanto inaccettabile. Sono alcuni piccoli esempi di una grandissima storia di faziosità, rispetto alla quale il consigliere Verro non ha usato espressioni altrettanto ingiuriose di quelle usate da alcuni dipendenti del servizio pubblico.

  TOMMASO GINOBLE. Sono da poco in questa Commissione, è la prima volta che prendo la parola e permettetemi di dire, pur ringraziando il consigliere Verro, che oggi parliamo in maniera curiosa, forse un po’ surreale.
  Stiamo parlando di una storia vicina o di una cronaca lontana, ma, se fuori sapessero che stiamo parlando di un episodio di cinque anni fa, credo che non ci apprezzerebbero completamente. Dico questo ringraziando il presidente e il consigliere Verro anche perché, oltre a ricostruirci questa piccola storia, ci ha dispensato anche dei consigli, ci ha descritto la storia recente della Rai e mi permetto di dire, consigliere, che è stato un po’ divinatorio nel dirci che in seguito alla prossima riforma la governance sarà peggio dell'attuale, anche perché glielo dico facendo parte di un partito di maggioranza che comunque ancora non è in grado di offrirle questa governance, essendo oggetto di discussione. Sarebbe più giusto che su alcuni argomenti chi ha responsabilità si astenesse.
  Ho però il dovere di chiedere, presidente, se parliamo di una lettera – perché non voglio in questa Commissione dovermi riferire solo ad articoli giornalistici. Questa lettera c’è o non c’è ? Se c’è, credo che sia nostro diritto leggerla e poter esprimere un giudizio, se non c’è, che ci venga detto perché, pur rispettando le opinioni del consigliere, vorrei basarmi su qualcosa su cui posso confrontarmi. Se questa lettera Pag. 9esistesse, inviterei tutti i consiglieri nominati a rappresentare il Governo e il Parlamento in quel consiglio di amministrazione, pur non dimenticando la storia di appartenenza, come ha detto il consigliere Verro, a cercare di dimenticarsi in parte nello svolgimento di quel ruolo di chi li ha indicati per quella responsabilità. Il guaio è questo, ma non mi riferisco solo al consigliere Verro, ma a tutti, perché negli altri Paesi si viene indicati anche attraverso la politica, però hanno una cultura grazie alla quale si dimenticano l'appartenenza stretta e devo dire che la politica svolge il suo compito in maniera diversa, non facendo pesare in maniera eccessiva l'indicazione sulle persone.
  Noi ci riempiamo la bocca di termini come pluralismo, servizio pubblico, bene dell'informazione, ma queste parole camminano sulle gambe di persone e, se chi svolge un ruolo politico lo fa in maniera prepotente e chi riveste un ruolo non riesce a liberarsi di queste maniere prepotenti troviamo le condizioni che avvertiamo oggi e che i nostri cittadini avvertono verso la Rai, il servizio pubblico e l'informazione nel suo complesso.

  PINO PISICCHIO. Vorrei solo ricordare quale sia il senso di questa nostra riunione, che abbiamo concordato per consentire al consigliere Verro di esprimere la propria posizione. Come veniva giustamente ricordato, quindi, abbiamo voluto questa audizione non per esprimere opinioni, orientamenti, giudizi, né per trasformarci in quel che non siamo, ma per appurare in quanto organo di vigilanza cosa stesse accadendo in ragione dell'attingimento di informazioni da organi di stampa, che hanno anche generato un procedimento all'interno del consiglio di amministrazione della Rai; quindi la ringraziamo per la sua presenza. Il dato rilevante non è tanto la condivisione o meno di ciò che veniva espresso in quella missiva, condivisione che, essendo questo un organo che si esprime in modo necessariamente trasparente, ognuno di noi ha manifestato anche nel corso delle riunioni che la Commissione di vigilanza ha realizzato dall'inizio della legislatura e quindi ognuno sa quali sono i livelli di condivisione delle cose che lei ha espresso, seppur, come ricordava il collega Ginoble, riferite a un passato ormai molto remoto, perché i tempi della politica sono diventati assai più serrati di un tempo, quindi non è tanto il contenuto e quindi la condivisione da tutti misurabile quanto piuttosto se questa lettera è stata fatta oppure no.
  Lei ha dato delle indicazioni assai puntuali e dunque mi pare che sotto questo profilo non ci sia altro da sottolineare, prendo atto di questo.
  Come abbiamo già avuto modo di rilevare, lei fa parte di un consiglio di amministrazione che esprime un direttore generale in una fase di chiusura del ciclo (siamo a un mese dalla chiusura di questa esperienza) e, per quanto si possa mettere in conto un'eventuale estensione del percorso di questo il consiglio di amministrazione per un tempo ulteriore, questo sta terminando.
  Il dato politico rilevante, visto che siamo espressione della sovranità popolare ma anche di sensibilità politiche, era ed è comprendere se quelle modalità espressive che lei ha adoperato possano essere compatibili con un'esperienza all'interno di un organismo come il consiglio di amministrazione della Rai. Personalmente ho le mie opinioni e il mio modo di vedere, ma le sue risposte sono chiare.

  AUGUSTO MINZOLINI. Sarò molto veloce perché da una parte, per quanto riguarda la questione della veridicità della lettera, se ho ben capito la posizione è che non si ricorda quando e se di fatto è stata scritta, mentre ne condivide i contenuti, perché addirittura erano pubblici, nel senso che erano dichiarazioni che lei ha fatto alla stampa.
  Il secondo punto, cui ha accennato, è se lei abbia una sua interpretazione del fatto che questa lettera vecchia di cinque anni esca fuori oggi, perché da una parte un dato importante è la veridicità, dall'altra anche perché questa lettera intervenga.Pag. 10
  Terzo passaggio, che mi interessa nella logica e nelle questioni poste da Airola e Fratoianni: di quei propositi, di quelle tematiche quante sono state poi messe in atto alla fine ? Dato che andiamo verso una nuova governance e un altro sistema, vorrei capire se il vecchio sistema fosse impermeabile a operazioni di questo tipo e come dovrebbe essere congegnato il prossimo per evitare che queste cose avvengano. Se partiamo dal presupposto che il proposito alla fine si risolve in nulla, ciò significa che quel sistema, che stiamo andando a cambiare, almeno da quel punto di vista funzionava. Questa è forse la tematica più interessante che ci occupa oggi, perché credo che le due questioni su cui dovremmo ragionare, al di là del detto o non detto, fatta o non fatta quella lettera, sono perché esca oggi, visto che ci sono due appuntamenti importanti, riforma della governance e riforma del sistema dell'informazione Rai, e il fatto che quel sistema da molti criticato in realtà su questi temi funzionasse, quindi dobbiamo individuare altre garanzie. Se tutti i propositi di un Presidente del Consiglio alla fine non arrivavano a condizionare il servizio pubblico, immagino che quel sistema avesse una sua logica. Prima il sistema di informazione puntava ad avere un pluralismo nei fatti ma era anche una filosofia: non ricordo infatti di aver mai detto che Santoro e Travaglio non dovessero essere in Rai, ma ho sempre detto che il pluralismo è quello di dare una rappresentazione ampia della società italiana; non so se in un sistema informativo basato su una redazione unica e un telegiornale unico questo tipo di pluralismo possa essere garantito.

  MAURIZIO GASPARRI. Non so se la lettera sia vera o meno, ma il consigliere Verro ha chiarito alcune sue opinioni su alcune trasmissioni, programmi, impostazioni, comportamenti che tutti conosciamo e che prima anche l'onorevole Lainati descriveva, ricordando alcune vicende, alcune delle quali avevo rimosso, perché la Littizzetto fa spesso uscite offensive. Penso che lei, consigliere Verro, dovrebbe essere destinatario del «Tapiro», perché ciò che questa lettera elenca dimostra il fallimento dalla sua azione critica, perché tutti questi programmi e comportamenti proseguono. Lucia Annunziata continua a fare un abuso fazioso della televisione pubblica con trasmissioni unilaterali: l'altro giorno ha invitato un candidato della Regione Campania non mettendolo a confronto con il suo avversario. Mi si obietterà che non c’è ancora la par condicio, non siamo già in campagna elettorale, però sappiamo tutti come si fa borderline la propaganda. Cito un fatto dell'altro giorno, che anzi denuncio nella Commissione di vigilanza: ritengo che non sia stato corretto mettere in trasmissione un candidato, laddove, anche se non c’è ancora l'altro, c’è un presidente in carica in quella regione che sarà comunque candidato. L'ho trovato un modo scorretto, anche se formalmente non siamo in regime di par condicio, ma sostanzialmente è una violazione. Non so se lei, consigliere, voglia fare una lettera a qualcuno, ma lo dico apertis verbis.
  Santoro alternato lavora alla Rai, a Mediaset, candidato al Parlamento nelle liste della sinistra, è un militante politico, ma lo dico con rispetto in quanto sono un militante politico e considero motivo di onore essere un militante politico di un'idea. Ovviamente nel suo caso ha anche la fortuna che, avendo degli ascolti, va in tutte le televisioni (adesso è a La7 dopo vicende complesse con la Rai), è da tempo un protagonista del circuito mediatico, alternando anche candidature politiche che denotano un'appartenenza che non gli ha impedito poi di tornare alla Rai o altrove. Anche a me piacerebbe alternare (forse non avrei gli stessi numeri di ascolto, ma non ci ho mai provato) la militanza politica con la possibilità di fare dei talk show. La Gabbanelli è continuamente al centro di polemiche spesso anche all'interno della Rai, con cause, contestazioni, anche se sostiene di avere sempre ragione. A volte al Corriere della sera la contestano perché le fanno fare articoli non essendo giornalista di quella testata, è Pag. 11il dibattito quotidiano della vita del Paese. La Dandini l'hanno tolta dal video perché non faceva ascolti, mica l'ha tolta Verro, l'hanno messa alla radio invece che in video; direttore attuale di Rai 3 è Vianello, che io stimo ma non è certamente un seguace del pensiero di Verro.
  Lei deve avere un «Tapiro», perché tutte le cose di cui si è lamentato continuano ad andare in onda, quindi spero che Staffelli l'aspetti qui sotto e glielo consegni, perché, se lei aveva quegli obiettivi, li ha mancati tutti.
  Per il resto noi possiamo solo fare una discussione politica, perché non abbiamo poteri di revoca. Il consiglio di amministrazione è soggetto anche all'azionista, ma sappiamo quanto questo tema sia delicato. Oltre a denunciare la faziosità di Lucia Annunziata con la trasmissione su De Luca come in tante altre occasioni di gestione unilaterale (ricordo che Berlusconi una volta abbandonò il programma, quindi le polemiche su Lucia Annunziata sono la scoperta dell'acqua calda, mentre Santoro ne ha avute anche con esponenti dalla sinistra), concludo ricordando anche la questione del pubblico. Quando vado in trasmissione mi dicono di portare cinque persone, ma gli altri duecento chi li sceglie ? Conosco lo squilibrio in alcune trasmissioni e, se volete, vi cito le date, gli orari e i conduttori delle trasmissioni, e il pubblico fa le trasmissioni, perché quando scatta l'applauso a un certo punto crea il clima, e non credo che siano abbonati estratti a sorte, perché l'applauso in una certa direzione che scatta automatico è strano. La reazione del pubblico di talune trasmissioni è infatti sproporzionata rispetto all'elettorato perché, se fosse così, alcuni partiti dovrebbero avere il 90 per cento, non il 40 per cento. Non dico che il pubblico debba avere una rappresentazione proporzionale, ma c’è una rappresentazione certamente sproporzionale, un dato di fatto che avvantaggia alcuni settori.
  Mi lamento invece di Padoan, perché nei giorni scorsi ho letto dai giornali quanto dichiarato a Radio 24 dal ministro, secondo cui il consigliere di amministrazione del Tesoro, Marco Pinto, avrebbe dovuto votare sul piano dei telegiornali come diceva il ministro Padoan, il quale non ha mai smentito questo fatto. Nei giorni scorsi denuncio che la portavoce di Padoan ha chiamato la mia addetta stampa per chiedere da dove avessimo tratto questa notizia ed è stato risposto da Radio 24, ma poi è stata ripresa dalle agenzie e da alcuni quotidiani (la portavoce di Padoan non se n'era accorta). Il rappresentante del Tesoro non è comunque tenuto a fare quello che dice il Ministro del tesoro, come avete tutti riscontrato quando Pinto è venuto qua a parlare del taglio dei 150 milioni al bilancio Rai, che poi ha costretto alla quotazione di Rai Way e a tutte le altre cose che sono scaturite per colpa di chi ha tolto 150 milioni alla Rai: lo stato di necessità di quotare in Borsa Rai Way l'hanno creato Renzi e il Governo. Pinto è venuto qui ed era uno dei 7 su 9 consiglieri contrari al taglio, per cui credo sia stato presentato un ricorso. Pinto quindi è stato libero rispetto al Tesoro su una vicenda finanziaria, dove poteva essere più comprensibile che il consigliere del Tesoro quando si tratta di soldi possa risentire del suo designante, ma figuriamoci se sul piano Rai il consigliere del Tesoro che svolge il suo mandato nel rispetto del codice civile deve fare quello che dice Padoan !
  Chiedo quindi la convocazione di Padoan e di Pinto per sapere se ci sia stata una vessazione, una limitazione dei suoi diritti, come ho desunto dalla lettura dei giornali e delle agenzie, in base a ciò che la portavoce di Padoan non ha sentito, ma che Radio 24 ha mandato in onda. Non ho preso nota della registrazione perché non faccio l'esegeta di Padoan, però chiedo che si convochi in Commissione su questo punto Padoan e Pinto.

  FRANCESCO VERDUCCI. Grazie al presidente e al consigliere Verro che la Commissione ha convocato in audizione per aiutarci in un lavoro che questo Ufficio di Presidenza ha deciso fosse di Pag. 12istruttoria su un caso che abbiamo ritenuto particolarmente rilevante.
  La rilevanza di questa vicenda chiama in causa un consigliere ancora in carica, il consigliere Verro, ed è stata ritenuta particolarmente rilevante anche dalla presidente Tarantola, dalla quale abbiamo appreso la settimana scorsa dell'apertura di una istruttoria interna per accertare e ricostruire i fatti nella loro esattezza e per valutare eventuali violazioni del codice etico.
  Ritengo che dovremo fare le nostre valutazioni come Commissione di indirizzo e di vigilanza quando ci verranno consegnati, nel minor tempo possibile (così abbiamo chiesto e questo è l'impegno della presidente Tarantola) gli esiti di questa istruttoria, anche sulla eventuale violazione del codice etico.
  Questa audizione avviene quindi a tutela dell'azienda, ma anche dell'interessato, che del resto di questo ha voluto ringraziare la Commissione all'inizio dell'audizione. Noi dobbiamo ricostruire il fatto e da questo punto di vista questa audizione dice cose importanti, perché il fax che il consigliere Verro avrebbe indirizzato il 25 agosto 2010 all'allora Presidente del Consiglio oggi non viene smentito dalle parole del consigliere Verro. Il tema riguarda il contenuto di quel fax, e da qui anche l'urgenza con la quale questa Commissione ha voluto accendere i riflettori sul fax e su quei contenuti, perché, qualora non venisse smentito come oggi non è stato smentito, dice con tutta evidenza e con molta forza (mi permetto di dire anche con una forza e una evidenza eclatanti) di un rapporto distorto tra un membro del consiglio di amministrazione e il Capo del Governo di questo Paese. Sappiamo bene che i fatti si sono svolti all'epoca, ma ai nostri fini il tema è intatto ed è il rapporto distorto tra il consiglio di amministrazione e il capo del potere esecutivo nel nostro Paese.
  Naturalmente ho ascoltato le argomentazioni dei colleghi Gasparri e Minzolini, le ho colte anche nel loro elemento di provocazione, in quanto non si è riusciti a portare in fondo quello che c’è scritto nella lettera, ma questo elemento di provocazione non toglie minimamente la gravità del contenuto. In quella lettera si «denunciano» delle trasmissioni per il loro teorema antigovernativo, ma posizioni antigovernative hanno chiaramente a che fare con il pluralismo, si parla di decisiva interdizione, di paletti, di strettoie da immettere, di puntuale controllo di un direttore e addirittura di un'ipotesi di nomina. Noi ci dovremo attenere alla ricostruzione dei fatti e su questo decideremo, ma in riferimento alle ricostruzioni fatte dai colleghi Minzolini e Gasparri, vorrei ricordare che nel nostro Paese abbiamo avuto vicende in cui interdizioni, controlli, paletti hanno portato all'espulsione dal nostro servizio pubblico di importanti professionisti con una perdita per il nostro servizio pubblico di credibilità, di pluralismo e di capacità competitiva anche dal punto di vista commerciale, oltre che nei confronti dalla concorrenza.
  Chiudo dicendo che questa vicenda testimonia ulteriormente quanto sia urgente nel nostro Paese riformare la governance della Rai, in modo che questa azienda possa finalmente avere piena autonomia, che è quella che serve per il suo rilancio a partire dai suoi contenuti dentro la grande trasformazione della rivoluzione digitale.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Volevo soltanto aggiungere alcune brevissime considerazioni a quanto hanno già detto i colleghi del Partito Democratico, l'onorevole Ginoble e il senatore Verducci che mi hanno preceduto.
  Con l'odierna audizione compiamo il secondo passo dopo l'audizione della presidente Tarantola rispetto al compito cui siamo chiamati, in quanto questa Commissione è chiamata a esprimere un punto di vista, un giudizio su questa vicenda, non è in capo a questa commissione la potestà di revoca di membri del consiglio di amministrazione, ma è in capo a questa Commissione esprimere un punto di vista sulla vicenda, e questo è l'impegno che ci siamo presi e abbiamo intenzione di farlo attraverso un percorso di audizioni e di Pag. 13riflessioni con i materiali che ci consegnerà anche l'azienda in relazione al procedimento cui faceva riferimento la presidente Tarantola. A differenza del collega Lainati non ho lo scranno pieno di carte, mi basta la memoria perché diversamente da molti altri colleghi ho fatto parte di questa Commissione (non quanto il collega Lainati, ma solo nella precedente legislatura) e ho memoria della dinamica e della dialettica in questa Commissione nella scorsa legislatura, soprattutto nella prima parte, quando la parte politica a cui appartenevo e appartengo si è trovata più volte a sollevare in Commissione di vigilanza la questione dei tentativi continui di limitazione e di chiusura di determinati programmi televisivi. Nel periodo 2008-2011 la storia della Commissione è stata di un continuo tentativo di limitare trasmissioni, e siamo arrivati al paradosso perché ricordo una campagna elettorale per le amministrative nella quale non ci furono i momenti di approfondimento, togliendo la possibilità ai telespettatori di accedere alla programmazione di approfondimento perché così era stato deciso dalla maggioranza.
  Leggere la lettera che non è stata smentita, rivedere i commenti riaffermati, solleva quello che credo sia il punto, cioè che non solo c’è stata una dialettica laddove la maggioranza guidata dall'allora Presidente del Consiglio Berlusconi cercava di limitare e chiudere le trasmissioni che considerava non avessero la stessa sintonia o fossero in netta opposizione, ma che mi ritrovo ad avere come «avversario politico» un membro del consiglio di amministrazione come non ha senso che sia, in quanto, una volta nominati dal Parlamento in consiglio di amministrazione, non si è lì a rappresentare una parte politica, non si è lì come consiglieri di quel partito di maggioranza o di minoranza, perché l'interlocuzione e la dialettica politica deve essere tra le forze politiche, chi è nel consiglio di amministrazione deve avere un unico vincolo nei confronti dell'azienda.
  Credo che questa sia la cosa che non ha funzionato in quegli anni e che questa vicenda riporta in tutti i suoi elementi, e che dimostri anche quello che continua a non funzionare nella governance aziendale. Da quello che è accaduto, seppure, come veniva ricordato, cinque anni fa, è giusto ricostruire quei cinque anni perché sono stati quelli in cui c’è stato un tentativo di limitare il pluralismo dell'informazione in azienda, ma soprattutto perché dimostra che è necessario recidere il legame tra la politica, i partiti e la gestione dell'azienda, tra la politica, i partiti e i palinsesti, tra la politica, i partiti e la messa in onda, perché non accada più che ci siano dichiarazioni, fax e interventi di quella natura.
  Credo che ci siano le condizioni perché tutti si concorra a superare non solo quello che è stato, ma anche l'evidente stortura dell'azienda di servizio pubblico.

  PAOLO BONAIUTI. Vorrei con spirito bonario pregare tutti gli amici che sono qui dentro e che vedo fare molta filosofia di riflettere sui fatti.
  Ciò che avveniva cinque anni fa è profondamente diverso da ciò che avviene oggi, e non dico che sia migliore oggi o ieri: dico soltanto che cinque anni fa, quando il Presidente Berlusconi (allora era a Palazzo Chigi) fece un'intervista al TG 1 che superava di 23 secondi il tempo che gli era concesso avemmo tre giorni di attacchi di tutti i comitati di redazione, si mobilitarono La Repubblica, Il Messaggero, La Stampa, con titoli come «Berlusconi occupa la televisione». Mi pare che oggi (lo dico agli amici del PD) un Presidente del Consiglio vada in televisione, ci vada assai spesso, ma con limiti di tempo che mi sembrano molto più marginali rispetto a quelli di cinque anni fa, basta vedere i dati, quindi non possiamo giudicare con la testa di oggi quello che è avvenuto ieri.
  Se ieri come sottosegretario all'editoria alla Presidenza del Consiglio avessi detto che si sarebbero aboliti due telegiornali, si riunivano e si accorpavano, il titolo da parte di tutti sarebbe stato immediato: «Il Ministero della cultura popolare è in funzione, contro l'oppressione difendiamo i posti di lavoro». Avrei dovuto ricevere a Pag. 14Palazzo Chigi l'amico Beppe Giulietti, l'UsigRai, tranquillizzare tutti e dire che non sarebbe accaduto. Oggi gli amici che un tempo avrebbero protestato dicono che è la spending review, quindi bene, viva la spending review, però diamo un calcio nel sedere a giornalisti cinquantenni che sarà molto difficile ricollocare.

  ANTONIO VERRO, consigliere di amministrazione della Rai. Ringrazio i commissari per le domande e soprattutto per l'attenzione che hanno voluto dimostrare alla mia vicenda personale, attenzione di cui do una lettura di un grande interesse a questa azienda e al suo futuro.
  Distinguerei le mie risposte sulla parte fax e sulla parte contenuti. Sulla parte fax credo di essere stato chiaro ma lo ripeto: ho dei grossi dubbi e francamente non ricordo le modalità di redazione fisica e di trasmissione di questo fax, non sono in possesso della copia di questo fax, posso ipotizzare delle ricostruzioni, ma attendo anch'io con ansia che la commissione, che giustamente anche a mia tutela la presidente Tarantola ha attivato, arrivi alle conclusioni e possa fornire gli elementi per una ricostruzione più completa e più puntuale di quanto avvenuto.
  Quanto invece al contenuto francamente, onorevoli, forse sarò ingenuo, sarò un inguaribile ottimista, ma vorrei essere giudicato per quello che ho fatto in consiglio di amministrazione e per le mie dichiarazioni pubbliche. Adesso magari deluderò il senatore Gasparri, ma ho pubblicamente difeso Santoro e la Annunziata, vi inviterei ad andare a rileggere alcune delle mie dichiarazioni dell'epoca. In un momento storico in cui c'era stato un contrasto di idee tra il direttore dell'epoca di Rai 3, Ruffini, e l'Annunziata dichiaro sul Corriere della sera del luglio 2011: «sono ammirevoli la chiarezza, la coerenza, la determinazione e la professionalità con la quale Lucia Annunziata porta avanti le proprie idee, doti di una giornalista che il servizio pubblico non dovrebbe farsi scappare via».
  Su Santoro Il fatto quotidiano, che non mi è certamente amico e che adesso vedrete quante punture di spillo mi fa, scrive: «persino il consigliere Antonio Verro, berlusconiano di forchetta a Palazzo Grazioli e di strategia in cda, si è avventurato in una difesa (ipocrita o meno ?) di Santoro».
  Forse sbaglierò, ma credo di aver sempre improntato (e per questo vorrei essere giudicato per quello che ho fatto «di ufficiale») la mia attività (almeno mi sono sforzato di farlo e spero di esserci riuscito) a un grande senso delle istituzioni, a senso di responsabilità e a un grandissimo attaccamento all'azienda, di cui sono profondamente innamorato, perché è un'azienda che ha mille difetti, mille problemi, mille cose migliorabili, ma credo che possiamo dare lezioni di come si fa televisione in Europa.
  Vengo anche alla domanda del senatore Airola sul confronto e il cambio di governance. Come ho detto nell'ultima audizione con tutti i consiglieri, la cosa più facile, più demagogica e che strappa applausi è dire fuori i partiti, fuori la politica dalla Rai, ma il problema di fondo è un altro: se esce la politica, chi ci entra ? Questo è il punto, ma non perché adesso c’è un Governo che non è il Governo Berlusconi, qualunque Governo sia.
  Tra l'altro, l'organismo europeo delle televisioni ci ha bacchettato sul discorso dei 150 milioni perché c’è stata un'ingerenza del Governo. Se deve uscire la politica, quindi il Parlamento, ed entra il Governo, mille volte meglio la politica, se devono entrare i poteri forti, mille volte meglio la politica. Voi mi direte che la legge Gasparri è inamovibile, intoccabile ? No, certo, modifichiamola, diamo più poteri al direttore generale o all'amministratore delegato, togliamo dei poteri gestionali, eleviamo il limite della cifra di competenza, sono tutte operazioni di pulizia e di manutenzione di governance che secondo me sono auspicabili e doverose. Pag. 15Attenzione, però, prego voi che avete una grossa responsabilità nei confronti dell'azienda che tra qualche mese lascerò e nei confronti del Paese, stiamo molto attenti a seguire le sirene del «fuori la politica dall'azienda e dentro non si sa bene chi».
  Il senatore Minzolini mi chiedeva perché questo avvenga dopo cinque anni, ma onestamente non lo so, senatore. Tradendo i miei princìpi che sono sempre stati contrari a inseguire processi alle intenzioni, devo dire però che ho sempre assunto delle posizioni abbastanza scomode, sono riuscito (e qui, senatore Gasparri, non merito il «Tapiro») a indurre il consiglio a votare per il ricorso sul taglio dei 150 milioni ed è stata una posizione scomoda, sono stato contro Rai Way, sono contro il piano di riforma delle news, come si è capito sono contro al «fuori la politica, dentro non si sa chi». Che questo fax venga tirato fuori dopo cinque anni oggi, alla vigilia di questa riforma importantissima, credo onestamente che non possa essere soltanto una coincidenza.
  Ultima cosa. Vero è che con la legge Gasparri in vigore i consigli di amministrazione (almeno la maggior parte) sono eletti dal Parlamento e quindi teoricamente la strumentalizzazione politica può dire di rispondere al partito, però vorrei farvi osservare che il partito non è un'entità astratta, il partito è un anello di congiunzione e di mediazione tra una parte di società e l'azienda che produce cultura e informazione. Secondo me, quindi, un consigliere non può, ma deve svolgere questo ruolo e questa funzione di intermediare e intercettare tutti gli umori. Questo concetto astruso, difficile, complicato, essendo abituato a banalizzare le cose, è stato riassunto da quello che ha detto il senatore Gasparri: non mi consentivano di portare più di cinque persone al seguito. In una platea televisiva di 200 persone non si può sempre sceglierne 180-190 di una parte e 10 dell'altra. A questo mi riferisco quando parlo di accorgimenti tecnici, come anche l'inquadratura in un particolare momento: sono cose che in quella lettera dico con molto fair play, perché la delibera dell'Agcom del 2003 parla di faziosità, di scorrettezze tecniche. Non mi sono mai sognato di scriverlo, ma perché non era la mia cultura, e sono stato felice quando abbiamo messo Ferrara: in quel caso ho contribuito a che venisse realizzato in termini concreti il concetto di pluralismo, declinato per addizione e non per sottrazione. Francamente più di questo non so che dirvi, rivendico soltanto una cosa: la convinzione in quello che ho fatto e in quello che faccio, e la coerenza con i miei i princìpi. Io non so se rispondo al partito A o al partito B, certo rispondo alla mia coscienza.

  NICOLA FRATOIANNI. Conferma che è sua la lettera ?

  ANTONIO VERRO, consigliere di amministrazione della Rai. I contenuti sono sicuramente miei, come quella lettera è stata scritta e trasmessa mi riservo di dirglielo dopo che la commissione della Rai avrà fatto tutti i suoi accertamenti.

  ALBERTO AIROLA. Avevo chiesto al consigliere se mi poteva dare brevemente la sua opinione sulla situazione attuale della Rai rispetto ad allora. Siccome allora, da quanto ho capito anche dai colleghi, c'era un battagliare molto acceso e ora la situazione è più calma, come si sente da molte voci, volevo capire la sua impressione e la sua motivazione.

  ANTONIO VERRO, consigliere di amministrazione della Rai. Oggi sicuramente la situazione è più calma rispetto all'attenzione mediatica che c'era allora perché (anche questo l'ho detto in coerenza con quello che ho affermato in epoca non sospetta) l'azienda oggi è commissariata. Pag. 16Da quando è arrivato Monti, con gli ampi poteri che sono stati attribuiti al presidente e di fatto al direttore generale, l'azienda è commissariata. Se lei mi chiede se preferisca questa azienda commissariata o l'azienda (mi metto nei suoi panni) super-politicizzata di allora, le dirò una via di mezzo, perché sono profondamente convinto che la politica non debba uscire dalla Rai, ma debba rispondere delle scelte che fa, perché il vero senso di responsabilità della politica è scegliere le persone giuste da mettere al posto giusto.

  PRESIDENTE. Ringrazio il consigliere Verro e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.30.