XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 50 di Martedì 25 novembre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Audizione del presidente e del consiglio di amministrazione della Rai:
Fico Roberto , Presidente ... 3 
Tarantola Anna Maria , presidente della Rai ... 3 
Fico Roberto , Presidente ... 5 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 6 
Airola Alberto  ... 7 
Gasparri Maurizio  ... 7 
Rossi Maurizio  ... 10 
Fico Roberto , Presidente ... 11 
Pisicchio Pino (Misto)  ... 11 
Fico Roberto , Presidente ... 11 
Pisicchio Pino (Misto)  ... 11 
Margiotta Salvatore  ... 12 
Fico Roberto , Presidente ... 14 
Scavone Antonio Fabio Maria  ... 14 
Fico Roberto , Presidente ... 15 
Scavone Antonio Fabio Maria  ... 15 
Fico Roberto , Presidente ... 15 
Scavone Antonio Fabio Maria  ... 15 
Fratoianni Nicola (SEL)  ... 15 
Fico Roberto , Presidente ... 16 
Minzolini Augusto  ... 16 
Fornaro Federico  ... 17 
Brunetta Renato (FI-PdL)  ... 17 
Fico Roberto , Presidente ... 17 
Brunetta Renato (FI-PdL)  ... 18 
Fico Roberto , Presidente ... 18 
Colombo Gherardo , consigliere di amministrazione della Rai ... 18 
Fornaro Federico  ... 19 
Colombo Gherardo , consigliere di amministrazione della Rai ... 19 
Fico Roberto , Presidente ... 19 
Colombo Gherardo , consigliere di amministrazione della Rai ... 19 
Tarantola Anna Maria , presidente della Rai ... 20 
Colombo Gherardo , consigliere di amministrazione della Rai ... 20 
Tarantola Anna Maria , presidente della Rai ... 20 
Fico Roberto , Presidente ... 21 
Tarantola Anna Maria , presidente della Rai ... 21 
Fico Roberto , Presidente ... 23 
Tarantola Anna Maria , presidente della Rai ... 23 
Fico Roberto , Presidente ... 23 
Tarantola Anna Maria , presidente della Rai ... 23 
Fico Roberto , Presidente ... 23 
Pinto Marco , consigliere di amministrazione della Rai ... 23 
Tobagi Benedetta , consigliere di amministrazione della Rai ... 24 
Rossi Maurizio  ... 25 
Anzaldi Michele (PD)  ... 25 
Airola Alberto  ... 26 
Gasparri Maurizio  ... 26 
Fico Roberto , Presidente ... 26

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 20.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del presidente e del consiglio di amministrazione della Rai.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente e dei componenti del consiglio di amministrazione della Rai, che, anche a nome dei colleghi, ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione. Non è presente la dottoressa Todini, che il 20 novembre 2014 ha rassegnato le proprie dimissioni dall'incarico, come comunicato dalla presidente Tarantola con nota pervenuta in data odierna. Ricordo che l'audizione verte sull'approvazione avvenuta, lo scorso mercoledì, da parte del consiglio di amministrazione della Rai dell'ordine del giorno del consigliere Verro, con cui si impegna l'Azienda a ricorrere ai competenti organi giurisdizionali avverso l'articolo 21 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89.
  Do la parola alla presidente Tarantola, con riserva per me e per i colleghi di rivolgere, al termine di questo intervento, domande e richieste di chiarimento sia alla stessa presidente, sia agli altri componenti del consiglio di amministrazione.

  ANNA MARIA TARANTOLA, presidente della Rai. Non ho predisposto una relazione come nelle mie precedenti audizioni. Mi limiterò dunque a una semplice ricostruzione dei fatti.
  Il tema del ricorso è stato sottoposto all'esame del consiglio di amministrazione della Rai sin dal 28 maggio 2014, data in cui tre consiglieri hanno presentato una richiesta specifica di ordine del giorno finalizzata a consentire al consiglio di amministrazione di esprimersi sulla possibilità di procedere in sede giudiziaria a tutela degli interessi aziendali. Ciò in esito a verifiche e ad approfondimenti circa i profili di legittimità costituzionale della normativa.
  Il tema è stato quindi ampiamente trattato con audizioni dei costituzionalisti, professori Cheli e Pace, successivamente anche del professor Luciani, con relativo dibattito – in particolare nelle sedute con Cheli e Pace del 5, del 12 e del 25 giugno, del 9 luglio e del 23 ottobre – in relazione alla necessità per il consiglio di acquisire tutti gli elementi utili a formarsi un motivato convincimento. Il 17 ottobre, il consigliere Verro ha presentato un ordine del giorno al fine di procedere in via giudiziaria.
  A fine settembre, il Ministero dell'economia e delle finanze non ha versato alla Rai parte della prevista rata trimestrale del canone, per un importo pari a 12,5 milioni. Questa circostanza deve ritenersi elemento pregiudizievole dal quale far decorrere il termine di decadenza di 60 Pag. 4giorni per l'eventuale ricorso davanti al tribunale amministrativo regionale che scade il 30 novembre. Nella riunione del 23 ottobre, è stato condiviso un rinvio della votazione, a condizione di inserire questa materia del ricorso nell'ordine del giorno della riunione ordinaria successiva, coincisa con quella del 19 novembre 2014.
  Ricordo che all'epoca dei fatti, 23 ottobre, non era ancora nota la data di quotazione di Rai Way e la stessa quotazione era incerta in considerazione dell'ampia volatilità dei mercati. L'inserimento del tema del ricorso nell'ordine del giorno della riunione consiliare del 19 novembre era dovuto a un duplice motivo: l'urgenza data dall'imminente scadenza dei termini per proporre l'eventuale ricorso al TAR, come ho detto prima a fine novembre, e l'impegno assunto nei confronti del consiglio di amministrazione di trattare la materia alla prima riunione ordinaria.
  Nel corso della riunione consiliare del 19 novembre, sono stati auditi il professor Police, per i profili amministrativi, e il professor Luciani, come accennato prima, per i profili costituzionali. Il professor Police, in particolare, ha rappresentato al consiglio la possibilità di percorrere un'ulteriore strada per la tutela degli interessi della Rai mediante ricorso straordinario al Capo dello Stato, il cui termine di scadenza è di 120 giorni a decorrere dal 30 settembre, oltre a prospettare il ricorso dinanzi al giudice ordinario, soggetto a prescrizione decennale. In relazione a tale nuova possibilità, ho prospettato, anche su richiesta del consigliere Pilati, l'opportunità del rinvio della votazione. La maggioranza del consiglio, 5 contro 4, ha espresso la volontà di procedere immediatamente alla votazione stessa.
  Vorrei adesso fare qualche breve considerazione sulla mia posizione, che è stata oggetto di grande interesse. Mi sono astenuta perché ho considerato che sussistessero importanti elementi a favore e contro il ricorso. Per un verso, gli autorevoli costituzionalisti auditi hanno rappresentato la sussistenza di un rilevante e non infondato sospetto di incostituzionalità; per altro verso, ero perfettamente consapevole che un'azione giudiziaria avverso un'iniziativa legislativa dell'azionista costituisse una scelta assai delicata. Ero consapevole, inoltre, dell'esistenza di forti divergenze di opinioni in azienda, dentro e fuori al consiglio di amministrazione. In simili contesti, emerge con forza il ruolo peculiare che la legge e lo statuto attribuiscono al presidente. Ricordo che la legge prevede che il presidente sia nominato tra i membri del consiglio di amministrazione dopo l'acquisizione del parere favorevole di questa Commissione, il che impone al presidente, nei casi di scelte sostanziali rilevanti in cui si ravvisano divergenze forti in seno all'azienda, come quello in esame, di mantenersi al di sopra delle parti. L'astensione è una modalità di partecipazione alla volontà dell'ente prevista dall'ordinamento, che consente al presidente di perseguire la massima terzietà in rapporto alla particolare delicatezza della materia e ai suoi particolarissimi riflessi sul piano istituzionale. Il mio voto è stato assunto in piena scienza e coscienza. Ritengo che in questi casi il presidente debba astenersi nell'interesse dell'azienda. Del resto, vi sono stati precedenti anche nelle passate consiliature. Questa posizione di neutralità, non avendo aggravato il divario all'interno del consiglio, consente di continuare nel percorso virtuoso intrapreso dal consiglio stesso, nell'interesse dell'azienda, dei dipendenti e dei cittadini. Vorrei concludere questa breve annotazione dicendo che ritengo un diritto il poter esprimere una propria personale posizione, soprattutto se questa è frutto di indipendenza e di attenzione al funzionamento dell'azienda.
  Vorrei terminare con qualche osservazione su un altro punto che è stato oggetto di grande dibattito, e cioè il fatto che la Rai non voglia contribuire alla spending review e al finanziamento degli 80 euro. Dichiaro con forza che Rai, nelle persone di consiglieri presenti, vuole contribuire e sta contribuendo a queste due operazioni. Prima che intervenisse il decreto IRPEF – ve lo ricordo perché è stato oggetto già di mie e nostre audizioni in precedenza – già Pag. 5dal 2012 la Rai ha iniziato un importante processo di efficientamento e di ottimizzazione dei costi, con un risparmio che dal 2012 a oggi è pari a circa 300 milioni di euro. Come l'abbiamo ottenuto ? Citerò solo qualche esempio perché nelle mie audizioni precedenti ho fatto un elenco molto dettagliato. L'abbiamo ottenuto, per esempio, intervenendo sul costo del lavoro con la messa a punto di un piano esodi che ha riguardato circa 600 dipendenti, sui compensi riconosciuti agli artisti e ai collaboratori, sull'ottimizzazione dell'offerta, sull'aumento della saturazione dei centri di produzione, sulla maggiore efficienza negli acquisti di beni e dei servizi.
  Con il piano industriale 2013-2015, anche questo approvato prima del decreto IRPEF, l'attuale vertice Rai ha disegnato una precisa road map che si propone di costruire la Rai del prossimo decennio. Il piano industriale prevede un'ampia e approfondita revisione di dodici aree strategiche, i cosiddetti dodici cantieri, molti dei quali sono già stati portati a termine.
  Prevede anche il ritorno in utile a partire dal 2014, ma in realtà, come già sapete, quest'obiettivo è stato anticipato al 2013 con un utile consolidato pari a 5,3 milioni. Ricordo anche, come sapete meglio di me, che gli utili della Rai, quando distribuiti, vanno al Ministero dell'economia e delle finanze: se, quindi, la Rai è virtuosa e riesce a controllare e a ottimizzare i suoi costi e a produrre reddito, il reddito va a vantaggio della cittadinanza attraverso, appunto, la distribuzione al Ministero dell'economia e delle finanze. L'ottimizzazione dei costi, che ha comportato, come ho detto, 300 milioni di risparmi, è stata conseguita effettuando consistenti investimenti in tecnologia, quindi non abbiamo conseguito questo risparmio non investendo. L'azienda ne aveva molto bisogno e abbiamo fatto questi investimenti per un importo pari, nel biennio 2012-2013, a 250 milioni di euro.
  Sapete benissimo, perché siete venuti a Saxa Rubra a vedere la situazione, che abbiamo totalmente digitalizzato il TG1, il TG2 e il TG3, stiamo digitalizzando la TGR, i quattro centri di produzione TV, predisponendo il passaggio a un'offerta TV in alta definizione. La radio è oggetto di interventi tecnologici importanti. Dal 2013, è stato lanciato il portale Web di Rai News e nel 2014, come personalmente considero molto importante, è iniziata la digitalizzazione ad altissima qualità del patrimonio di immagine delle teche, sessant'anni di storia italiana veramente molto importante. Una volta totalmente digitalizzato, sarà messo a disposizione di tutti. Anche i processi decisionali e produttivi sono in corso di informatizzazione. Si tratta di progetti ad ampia portata e di rilevante valore per il sistema Paese, perché benefici di questi investimenti vanno a vantaggio di tutti i cittadini.
  Per senso di responsabilità, il consiglio di amministrazione ha approvato a maggioranza, nel giugno 2014, l'unica operazione possibile per sostenere la riduzione di 150 milioni di euro dell'introito da canone senza incorrere nelle previsioni dell'articolo 2446 del codice civile. La quotazione di Rai Way è stata portata a termine con impegno, determinazione, professionalità e un'eccezionale tempistica. Il consiglio di amministrazione ha costantemente approvato, sostenuto e assecondato la direzione generale in quest'operazione con grande senso di responsabilità e riservatezza.
  A mio avviso, tutto questo dimostra che la Rai ha già posto in essere una complessa operazione di riequilibrio finanziario e ha partecipato al finanziamento degli 80 euro. Lasciatemi dire che forse si tratta di una delle poche, se non l'unica, Spa pubblica che lo ha fatto.
  Concludo dicendo che siamo al 25 novembre, abbiamo adempimenti tecnici e operativi da completare entro metà dicembre: non posso sottacere che gli amministratori tutti nutrono un'apprensione sull'ammontare e sulla certezza delle risorse per il 2015.

  PRESIDENTE. Ringraziamo la presidente Tarantola. Sono le 20.55. Cerchiamo di darci un limite temporale: direi di concludere l'audizione entro le 23.15, se i colleghi sono d'accordo.

Pag. 6

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Innanzitutto, c’è una questione a mio giudizio preliminare. Oggi, ho guardato la casella e-mail istituzionale e ho visto questo scambio di lettere tra il presidente Fico e la presidente Tarantola. Ho visto la lettera con cui il presidente, anche su nostra richiesta, chiedeva di poter avere prima dell'audizione di questa sera il testo dell'ordine del giorno votato dal consiglio di amministrazione, e la lettera di diniego. A me una cosa simile pare mai vista. Ho chiesto anche il conforto degli uffici se sia mai accaduto. Non credo che sia un segreto di Stato il testo dell'ordine del giorno. Credo che, visto il tema dell'audizione di questa sera, fosse giusto consentire alla Commissione di vigilanza di avere a disposizione questo testo da leggere.
  Peraltro, non è la prima volta che c’è quanto meno una difficoltà. Faccio riferimento alla richiesta di informazioni che aveva inoltrato il presidente Fico, a cui c'era stata la risposta in relazione alla richiesta di parere all'Avvocatura, cui poi è seguita un'altra lettera dell'Ufficio di Presidenza nonché alla lettera che abbiamo inviato ai vertici dell'Azienda e al sottosegretario Giacomelli chiedendo di firmare il contratto di servizio e la relativa risposta. A me sembra che ci sia un problema evidente di rapporti istituzionali tra il consiglio di amministrazione, i vertici dell'azienda e la Commissione di vigilanza. Sono tra quanti in questa Commissione pensa che, attraverso una riforma complessiva della governance, si debba anche andare verso il superamento della Commissione di vigilanza. Finché, però, c’è, ne va rispettata la funzione e intendiamo farla rispettare, per cui credo che questa questione debba essere affrontata anche in una riunione dell'Ufficio di Presidenza.
  Rispetto alla discussione di questa sera, mi sembra anzitutto che ci sia un problema che definisco di sbandamento di questo vertice. Nella stessa giornata – non mi viene altrimenti da definire quello cui abbiamo assistito la scorsa settimana, il 19 novembre – in cui va in porto un'operazione lunga e complessa come quella dell'esordio di Rai Way in borsa, con un risultato, a detta degli analisti, assolutamente positivo, con la Rai che incassa 240 milioni di euro, un primo giorno con un aumento del 4,6 per cento in borsa, con investitori di medio periodo, anche molti stranieri, che danno quindi un giudizio positivo pensando a questo come a un investimento solido, c’è la scelta di ricorrere contro il prelievo di 150 milioni di euro del decreto IRPEF con un'azienda quantomeno incapace di valorizzare i propri successi, di guardare oltre il proprio ombelico. Colpisce poi, anche nella ricostruzione puntuale del presidente Tarantola, quest'arco di tempo, questi sei mesi per operare questa scelta: visto che ci sono voluti sei mesi, era proprio quello il giorno in cui era necessario fare una scelta di questo tipo ?
  Per quanto riguarda i pareri dei costituzionalisti, alcuni di quelli che ha citato anche il presidente Tarantola stati auditi anche in questa Commissione, come il professor Pace. In questa Commissione, abbiamo sentito i diversi punti di vista. Mi sembra di capire che, per quanto riguarda i pareri dei costituzionalisti, quanto meno questi fossero contrastanti, non tutti univoci. Da questo punto di vista, il consiglio di amministrazione ha fatto una scelta, cioè di ricorrere ascoltando talune opinioni e non altre. Inoltre, colpisce la pervicacia di un consiglio di amministrazione, di un vertice aziendale, che vuole negare il semplice principio che tutte le partecipate dello Stato contribuiscano alla spending review con risparmi, efficienza e che questo riguardi anche la Rai. Colpisce la scelta di procedere nonostante la spaccatura verticale nel consiglio di amministrazione, con la ridda di dichiarazioni che abbiamo visto sulle agenzie di stampa e sui giornali nei giorni seguenti, fino alle dimissioni di un consigliere, scelta personale, che è evidente sono frutto di un clima di scontro.
  Ho anche letto con interesse le dichiarazioni dei diversi consiglieri, così come le considerazioni del consigliere Verro, che diceva che è evidente che le loro dimissioni, nello scambio che c’è stato tra i diversi soggetti dei vertici aziendali, non Pag. 7fossero dovute, perché rispondono al Parlamento. È assolutamente così. Il PD non ha chiesto le dimissioni. Visto che c’è stato anche un confronto a mezzo stampa, una parlamentare del PD che fa parte di questa Commissione ha fatto un tweet, ma poi c’è stata una sua precisazione in merito molto chiara. Il PD non ha chiesto le dimissioni di nessuno. Peraltro, sono tra quanti in questa Commissione nella scorsa legislatura hanno partecipato al voto di questo consiglio di amministrazione. Nello specifico, ho votato i consiglieri Tobagi e Colombo, perché la scelta del Partito Democratico nella scorsa legislatura era quella di riformare la legge Gasparri. Siccome non ci siamo riusciti, essendo all'opposizione, la scelta era quella di non partecipare alle nomine con la legge Gasparri e di devolvere la nostra scelta a quella della società civile. Non sono pentito di quella scelta e credo che il rapporto con i consiglieri sia essenzialmente legato a quel voto: possono testimoniare che non li ho mai chiamati.
  C’è una questione diversa, però, a mio giudizio, per quanto riguarda il consigliere Pinto. Non c’è nulla di personale, evidentemente, ma sorge una questione. Non è nominato dal Parlamento, ma direttamente dall'azionista. È assolutamente giusto dissentire in base alle proprie convinzioni, però, essendo nominato direttamente dall'azionista, forse qui c’è anche una questione di coerenza. La coerenza è quella di dimettersi se non in linea con l'azionista che direttamente lo ha nominato.
  Tutta questa vicenda – ho concluso, presidente, e la ringrazio per il tempo che mi ha concesso – dimostra quanto sia urgente riformare la governance, ma non certo contro qualcuno, come è stato detto. Diciamo da tempo che è necessario modificare il meccanismo di governance. Se c’è forse un aspetto positivo in questa vicenda, è che possa accelerare la consapevolezza di tutti per questa riforma. Da tempo siamo pronti a fare la nostra parte. Come dicevo la settimana scorsa al senatore Airola, abbiamo predisposto un gruppo di lavoro che si è riunito questa mattina proprio per dare vita alla proposta del PD di riforma della governance. Pensiamo che la strada debba essere quella dell'iniziativa parlamentare, dove ogni partito fa la sua parte per arrivare a una riforma della governance.

  ALBERTO AIROLA. La mia domanda è un po’ speculare a quella del collega. Perché, avendo la possibilità di arrivare a questo voto, non si è fermata prima la delibera per la vendita di Rai Way ? Adesso, ci troviamo nella situazione in cui forse la Rai recupera una parte di soldi, ma non le antenne. Perché non fermarsi prima ? Perché non evitare di arrivare a questo punto ? Forse avremmo veramente salvaguardato il patrimonio pubblico senza dover arrivare a questa conclusione.

  MAURIZIO GASPARRI. Non so quale sia l'oggetto della discussione questa sera: ho appena ascoltato una requisitoria, incostituzionale come dimostrerò tra poco.
  La Rai è una società per azioni. La disciplina prevista dal codice civile, articoli 2392, 2380-bis e 2377, parla chiaro. La gestione della società spetta esclusivamente agli amministratori, i quali intraprendono le azioni che giudicano necessarie, al punto che possono impugnare le deliberazioni dell'assemblea dei soci, perché sono responsabili verso la società e non verso i soci dei possibili danni che derivano dall'inosservanza dei doveri. «Il rapporto tra amministratori, noi, e soci, l'azionista, secondo il codice civile, è assai diverso da quello che è stato prospettato in questi giorni». Lo ha detto il consigliere Gherardo Colombo, citazione dal Corriere della Sera del 21 novembre. L'onorevole Peluffo ha votato due consiglieri, quindi la votazione era irregolare, perché la legge dice che ognuno vota un nome e lui ha detto che ne ha votati due ! Forse bisognerà rivedere la votazione. Io ho votato la Todini, quindi faccio una dichiarazione pubblica, ho favorito l'autonomia della Rai, perché dal punto di vista di un ipotetico rapporto politico, i fatti dimostrano quanto siano autonomi i consiglieri. Non ho quasi mai condiviso quello che Pag. 8faceva, ma non doveva rendere conto a me. Fatta la votazione, finisce il rapporto tra la Commissione e il consiglio.
  Non so di cosa stiamo parlando ora. C’è un consiglio di amministrazione di una società che fa una sua valutazione. Ora, non faccio qui una requisitoria al contrario. Ho partecipato a tanti convegni e iniziative: a uno dell'Usigrai il costituzionalista Pace, che giudico molto distante dalle mie idee politiche, ha condotto un'intera dissertazione sul canone come tassa di scopo, che non può quindi essere dirottato ad altri impieghi. Sbaglia Pace, sbaglia Colombo, sbagliano sei consiglieri. Il rappresentante del Tesoro non è stato nominato per violare la legge, se il Governo dovesse sbagliare. È un signore che sta lì e svolge il suo mandato. Se il Governo sbaglia, c’è una controversia. Del resto, qui si è attivato un ricorso. Può darsi che in sede di accertamento, come accade in Italia, con il primo e il secondo grado, come accaduto per casi ben più eclatanti, i giudizi cambino. Vedrà la struttura deputata a decidere se è fondato. Stiamo parlando di un ricorso, non di una rivoluzione.
  Anche il rappresentante del Tesoro svolge la sua funzione in base al diritto del codice civile citato da Colombo, che è stato un'icona in questa vicenda. Rispetto alla mia parte politica, mi sono sentito dire che votavamo persone di scarsa reputazione o ex politici – sono un politico e, quindi, quando sarò un ex politico, la mia reputazione peggiorerà ancora rispetto a quella pessima che ho – mentre gli altri hanno votato la società civile. Tutti conosciamo il curriculum del dottor Colombo. Ha partecipato alla vita del Paese in vari ambiti, giustizia, editoria: chi ha voluto votarlo, lo ha fatto e ha fatto bene. Io ho dichiarato il mio voto, quindi anche il mio è stato affidato alla massima indipendenza. Anche la consigliera Todini, che ha fatto varie dichiarazioni contro i partiti, non ha fatto una dichiarazione contro quelli che l'hanno votata. Ho visto che è stata nominata alle Poste. Come funziona la nomina del presidente delle Poste ? Le nomina il Governo, cioè i politici ? Il Governo è guidato da un politico, che è il segretario di un partito: non mi risultano concorsi o prove di selezione. È una scelta in base a dei requisiti. Devo aggiungere che la Todini è stata nominata da Squinzi. Io l'ho votata. Non mi ha chiamato Squinzi. Ne ho parlato nel gruppo parlamentare che allora dirigevo, quindi mi sono confrontato, come la legge mi consente di fare.
  Credo, quindi, che questa discussione ne sottenda un'altra, che è stata enunciata. Oggi, ho molto apprezzato la dichiarazione del Sottosegretario Giacomelli e ho fatto una dichiarazione di apprezzamento. Le norme di designazione del consiglio di amministrazione della Rai cambiano periodicamente. Abbiamo avuto consigli di 15 membri, poi si è passati alle nomine da parte dei Presidenti di Camera e Senato: quando presentai la proposta di legge, l'articolo in questione non era scritto. Oggi anche Giacomelli, che ho apprezzato, ha detto che se ne sarebbe occupato il Parlamento. Quando facemmo la riforma, che riguardava molte altre cose, il SIC (Sistema integrato delle comunicazioni), l'Antitrust, le tecnologie, tutti dicevano che era sbagliato far nominare i consiglieri dai Presidenti di Camera e Senato. Ora si dice che è sbagliato che lo faccia la Commissione di vigilanza, poi faremo un'altra norma e tra qualche anno chi ci sarà dirà che era sbagliata pure quella, ma è normale. Si cambieranno. Noi la scrivemmo e nacque in Parlamento. Qui ci sono parlamentari che hanno fatto parte anche di quei Parlamenti.
  È chiaro che, se ci saranno delle proposte, il PD farà la sua, come è legittimo, noi la nostra, ma ha fatto bene oggi il Governo a dire che nascerà in Parlamento. Quel che nascerà, però, cari colleghi, non potrà andare contro le sentenze e l'ordinanza della Corte costituzionale. Le ricordo spesso, ma la sentenza n. 225 del 1974, un'altra del 1987 e un'ordinanza del 2009 ribadiscono in più passaggi la competenza del Parlamento. Nelle varie leggi i Presidenti sono il Parlamento, la Commissione di vigilanza è un organo del Parlamento formato in proporzione alla composizione dei gruppi, quindi al voto dei Pag. 9cittadini. Non siamo qui perché siamo più simpatici a qualcun altro. Quando de iure condendo legittimamente si metterà mano a uno degli articoli della legge – la legge ha tanti articoli: non se ne può cambiare uno ? – dovrà comunque muoversi nel solco delle sentenze e delle ordinanze della Corte, che sono a tutela della Rai e del servizio pubblico, che non è un mancipio dei Governi. Si è chiesto come si fosse permesso il consigliere nominato dal Tesoro a regolarsi in un certo modo: doveva violare il codice civile o dimettersi ? Si poteva anche mettere la pistola sul tavolo e si poteva forse anche sparare, ma almeno il suicidio non era stato chiesto. Il dottor Colombo è stato un magistrato tra i più importanti nella vita del Paese. Ne sa più di me. Ho citato lui perché la mia opinione conta poco. In campo di diritto civile e penale il dottor Colombo ne sa certamente più di me e non mi sento umiliato nel dirlo pubblicamente. Gli altri consiglieri hanno fatto delle valutazioni. La presidente ha anche spiegato l'astensione. Anche in Parlamento, presidente, ci si può schierare a favore, contro o astenersi. Non vengono arrestati i senatori e i deputati. Pensi che al Senato l'astensione vale voto contrario; alla Camera no, non viene computata. Ci sono, quindi, interpretazioni, prassi diverse, non è che l'astensione non esista o sia lesa maestà.
  Quello che mi ha preoccupato in questi giorni è il dibattito che quelli che hanno difeso l'autonomia del servizio pubblico hanno ritenuto lesivo di non si sa cosa e il fatto che sei o sette consiglieri, sei più un astenuto, di diversa provenienza, società civile, società incivile, ex politici, ex magistrati, hanno espresso un voto. Gli altri due non hanno sbagliato: hanno ritenuto di avere un'opinione diversa, come è legittimo. Non dico al dottor Pilati di dimettersi perché l'ha votata il qui presente Lainati che è del mio partito: ha fatto quello che riteneva di fare in coscienza.
  Il dibattito sul nuovo consiglio di amministrazione e sulle norme comincia questa sera perché il resto non ci compete. Riguarda il consiglio, che ha fatto ricorso. Chi dovrà decidere sul ricorso può darsi che dia torto o ragione e ne prenderemo atto. Degli 80 euro siamo contenti. Mi dispiace che non li abbiano dati ai pensionati e ai lavoratori autonomi, ma non c'entra la Commissione di vigilanza. Se la Rai fa utili e risparmia, fa quello che fa, come ci ha spiegato la presidente, gli utili vanno al Tesoro, che li darà non solo ai beneficiari degli 80 euro, ma semmai anche ai pensionati al minimo o alle ragazze madri.
  Mi pare che questa discussione sia un po’ surreale. Prendiamola come un'anticipazione del dibattito sulla riforma della governance della Rai, che giustamente Giacomelli, che ha competenze di Governo, demanda, fatte salve le proposte dei gruppi, al Parlamento. Non la faremo qui, ma nelle commissioni ordinarie, nelle Aule, come è giusto che sia, perché ogni tanto si cambia. Le sentenze, però, sono rimaste, quindi invito i gruppi di lavoro dei vari partiti, di dotarsi prima delle sentenze della Corte, poi discuteremo nelle commissioni. Le varianti hanno una cornice che è non il Parlamento, ma la Corte costituzionale, che va rispettata, come l'autonomia del servizio pubblico.
  Si è detto, presidente, in queste settimane di obbligo di dimissioni perché non si è fatto quello che dice il Governo, ma abbiamo fatto delle elezioni in Parlamento nel rispetto delle sentenze perché c’è un rapporto anche col Governo, l'amministratore, il direttore generale. Non voglio illustrare tutti gli aspetti della legge, ma c’è un intreccio tra ruolo del Governo e ruolo del Parlamento e un'autonomia del servizio pubblico che nasce da una giurisprudenza e da un dibattito che dura e si rinnoverà: credo che nessuno debba dimettersi. Si è dimessa la Todini perché il Governo con nomina politica l'ha nominata presidente delle Poste e il presidente di questa Commissione aveva pubblicamente sollevato una questione non infondata sulla compatibilità, quindi ha da fare per una nomina politica. Se le fa così schifo la politica, si dimetta anche dalla presidenza delle Poste.

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  MAURIZIO ROSSI. Innanzitutto, ho consegnato un parere pro veritate, perché la materia è talmente complicata che mi sembrava giusto chiedere una consulenza legale. Ce ne sono già altre, ma preferivo averne una nostra.
  Sul tema delle dimissioni o meno, conosco abbastanza bene le società per sapere che i consiglieri hanno non solo il diritto, ma possono essere preoccupati per subire conseguenze per le loro decisioni. Questo va totalmente rispettato. Sull'opportunità, quando si prende una decisione così importante contro l'azionista, della valutazione se dimettersi o meno è un fatto completamente diverso, perché chiaramente si crea una situazione di frattura tra il consiglio di amministrazione e l'azionista.
  Peraltro, proprio parlando di Corte costituzionale, l'altra ipotesi è, invece, l'opportunità di revocare i consiglieri. Tale revoca può essere fatta dal MEF, ma deve essere chiesta, proprio per sentenza della Corte costituzionale – è nel parere che vi ho consegnato – e valutata dalla Commissione di vigilanza Rai. Su questo ho scritto una lettera a lei, presidente, chiedendole di valutare di fare prossimamente, prima possibile, una Commissione direttamente dedicata alla valutazione se i consiglieri che hanno votato e il presidente che si è astenuto debbano essere revocati o meno, dopodiché dovremmo dare un nostro parere al MEF.
  Detto questo, mi meraviglia un altro fatto. Si è parlato di Rai Way. Ci si attacca adesso a questa situazione, che può essere legittima, come dicevo, e anche molto corretta da parte dei consiglieri che ritengono che potrebbero avere conseguenze per la decisione, appunto, di votare o meno di adire le vie legali per difendere la Rai.
  Dall'altra parte, da giugno continuo a chiedere quali siano i contratti d'affitto tra Rai e Rai Way e se fossero stati modificati o meno. Ho fatto un'interrogazione e non è stata data risposta. L'ho chiesto in una lettera alla presidente, e non mi è stata data risposta. L'ho chiesto al direttore generale Gubitosi, che mi ha detto che non può dare risposta perché saprei benissimo che rischiate aggiotaggio – parliamo di un contratto d'affitto – e di leggere, quando uscirà, il prospetto che faranno gli advisor.
  Sono andato a leggermelo, 540 pagine: dico ai colleghi che l'ho inviato loro e ho fatto una sintesi di tutti i punti principali che vi sono scritti. Dal documento che leggo e che interpreto, di moltissime schede, il contratto d'affitto tra Rai e Rai Way è stato modificato quest'estate con effetto retroattivo, firmato il 31 luglio con effetto dal 1o luglio. Pare che costi circa 60-70 milioni di euro all'anno in più di quanto costava in origine, contratto di 7 anni più 7 più 7. Ogni sette anni, quindi, la Rai si è presa l'impegno nei confronti di Rai Way di aumentare i costi di Rai di circa 500 milioni su sette anni. Mi meraviglio che ci sia un cambio di contratto di questo genere e non sia contestato dal consiglio di amministrazione. Abbiamo chiesto i dati dieci volte e non sono stati forniti, ho fatto quanto ha detto Gubitosi, sono andato a guardare il prospetto e tutti i parametri delle schede semestrali dei nove mesi: dal 2012-2013 agli anni successivi risulterebbe questo.
  Tenete conto che – così mettiamo anche un altro punto bene in chiaro – proprio nella relazione sulla vendita di Rai Way, tra i rischi connessi al mancato rinnovo della concessione di Rai, è scritto: «Per quanto sulla base dell'attuale assetto normativo Rai sia l'unico soggetto che possiede le caratteristiche per essere affidatario del servizio pubblico, anche successivamente alla scadenza prevista nell'attuale concessione non vi è certezza che Rai risulti nuovamente affidataria della concessione del servizio pubblico né che, in caso affermativo, lo diventi ai medesimi termini e condizioni dell'attuale concessione», che scade il 2016. «Esiste un collegamento tra il rapporto contrattuale tra Stato e Rai e il rapporto contrattuale tra Rai e Rai Way. Conseguentemente, il venir meno del primo ha effetti sul secondo». Lo dico perché vorrei capire una volta per tutte, se vorrete rispondere, quale fosse il vecchio contratto, quanto pagasse la Rai a Rai Way, perché in modo Pag. 11anticipato alla scadenza, che era al 31 dicembre di quest'anno, abbiate cambiato contratto – penso che sia per valorizzare Rai Way, perché chiaramente con un aumento di contratto l'EBITDA è volato, triplicato in confronto a prima – e per quale ragione sia stato fatto un contratto che impegna la Rai per 21 anni, 7+7+7, con una scadenza della convenzione al 2016. Questo è per me avere impegnato la Rai per i prossimi anni altro che per 150 milioni di euro, ma per cifre enormemente più grandi.
  Sempre rispettando il fatto che i consiglieri hanno tutti i diritti di proteggere la loro posizione, perché potrebbero averne conseguenze, come dissi già altre volte, credo che anche su questo contratto ci sarebbe stato da obiettare e molto, mentre è stato ratificato sia dal consiglio di amministrazione della Rai sia dal consiglio di amministrazione di Rai Way.
  Inoltre, chiedo alla Commissione di far avere a tutti colleghi e, naturalmente, al presidente e ai consiglieri tutta la documentazione corposa che ho mandato, affinché possiate valutarla e, se credete, di darci una risposta.

  PRESIDENTE. Questo sarà fatto.

  PINO PISICCHIO. Alla domanda che poneva un paio di interventi prima del mio il senatore Gasparri, la ragione per cui questa sera, con una prospettiva di lavoro terrificante fino alle 23.15, ci incontriamo...

  PRESIDENTE. Dobbiamo fare domande brevissime.

  PINO PISICCHIO. Una qualche ragione ci sarebbe proprio per il motivo evocato dal collega Gasparri, e cioè che noi rappresentiamo il Parlamento. Si è verificata una situazione particolarmente rilevante all'interno del consiglio di amministrazione della Rai, con esiti assai carichi di significato. L'attingimento di informazioni dirette sotto questo profilo diventa anche una necessità che sta tutta all'interno del ruolo che, secondo l'ordinamento vigente, ci compete, quindi la esercitiamo in questa direzione.
  In realtà, però, torna ad avere ragione Gasparri quando dice che, nel momento in cui si è esaurita la comunicazione che ci mette nella condizione di attingere all'informazione, tante cose da dire da parte nostra in termini di punti di domanda al consiglio di amministrazione, al netto di quelle che già circolano copiosamente nei media negli ultimi giorni, probabilmente non ci sarebbero.
  Vorrei solo rilevare due profili. Un primo è stato l'oggetto, come si è ricordato, di importanti approfondimenti anche da parte di costituzionalisti. Credo che abbia anche fatto da ispirazione diretta al comportamento, alla scelta compiuta dalla parte largamente maggioritaria del consiglio di amministrazione. Guardate che il profilo giuridico formale – ovviamente non entrerò nel merito – tende a sottolineare la gracilità di una tesi volta a rendere possibile il prelevamento di quelle risorse che sono dentro una tassa di scopo. Non aggiungo una parola, perché tutto è stato detto. C’è anche il precipitato di una serie di situazioni di responsabilità che vengono a cadere su chi esercita il ruolo di consigliere di amministrazione.
  Non è da parte nostra opportuno, necessario, in questo momento entrare nella valutazione giuridico-formale, tuttavia questa c’è e credo abbia avuto una sua rilevanza. Accanto a questa, però, c’è anche una valutazione – mi consentiranno la presidente e signori consiglieri – di carattere, con tutte le virgolette del caso, politico, non solo nel rapporto con il dante causa, con il Governo, ma anche con riferimento a una valutazione che vorrei anche rivolgere, non nell'ordine delle domande ma delle valutazioni, ai colleghi componenti la Commissione di vigilanza.
  È evidente che il consiglio di amministrazione che rappresentate, rappresenta, all'interno dell'ordinamento vigente, il punto di equilibrio possibile tra la dimensione dei tecnici e quella della politica. È il punto di equilibrio possibile in un certo tempo, in una certa stagione. Ebbene, che Pag. 12questo, almeno tra i colleghi che formano la Commissione vigilanza Rai, e che dunque sono qui in ragione di una scelta politica compiuta dai gruppi parlamentari che li hanno espressi, sia chiaro.
  È evidente pure che quella stagione è conclusa, si è chiusa, non tanto e non con riferimento ai tempi in scadenza per il prossimo anno del consiglio di amministrazione e del direttore generale. Parlo della stagione politica. Si è conclusa. La grande stagione dei tecnici non c’è. Non va svolta in questa sede la valutazione se si sia espressa in modo adeguato o con qualche elemento di difficoltà, ma comunque una nuova stagione si è affermata nel nostro Paese, in cui la politica riprende un suo protagonismo. È questo il punto sul quale credo che noi tutti dobbiamo esprimere una valutazione. Forse il privilegiare il profilo tecnico, che pure compete a chi deve anche esprimersi con riferimento a scelte che hanno a che fare – lo capisco bene – con la responsabilità del consigliere all'interno di una struttura societaria, in questo momento è apparso e ha trovato un elemento di sconnessione rispetto al contesto nel quale è andato a collocarsi. È una stagione nuova, che impone anche strumenti nuovi, ma questa è una faccenda che riguarderà il Parlamento. Non possiamo certamente metterla in capo e farne parte in termini di responsabilità al consiglio di amministrazione uscente. Diventa, però, fondamentale prenderne atto dal punto di vista del Parlamento.
  Le scelte compiute da alcuni, da una consigliera, dagli altri consiglieri che non hanno immaginato potesse esservi altra scelta se non quella che li ha portati a esprimere quel voto, credo che abbiano poi un significato sicuramente importante per la vicenda, ma che si stinge all'interno della valutazione politica che ho appena consegnato. Si chiude una stagione, se ne deve aprire un'altra. Forse questo compito non è del consiglio di amministrazione della Rai uscente.

  SALVATORE MARGIOTTA. Sarò molto breve perché il capogruppo Peluffo ha già parlato a nome del PD, esponendo una serie di punti su cui sono assolutamente d'accordo, ma voglio svolgere alcune valutazioni, anche a seguito degli interventi che ci sono stati, in particolar modo del presidente Gasparri, che ho ascoltato con l'attenzione e anche con la simpatia che sempre gli riservo. Proverò, però, a contraddirlo su alcuni punti, non senza aver fatto una battuta, perché il presidente Gasparri è così bravo che, a seconda dei casi, sui diversi temi della Rai l'abbiamo trovato in strane alleanze, una volta Gasparri-Usigrai, una volta Gasparri-Berlinguer, stasera Gasparri-Colombo: erano tutte alleanze che mai avremmo pensato poter vedere, ma succede anche questo. È nella politica di questa fase. Naturalmente, è una battuta. Fa bene a fare così.
  Anzitutto, nessuno ha chiesto le dimissioni di componenti del consiglio di amministrazione. Non l'ha fatto il Partito Democratico, non l'ha fatto il Governo. Se l'avesse fatto, avrebbe sbagliato dal mio punto di vista. Non si può ritenere che un tweet o l'affermazione di un singolo parlamentare corrisponda alla linea del partito. Neppure quando qualcuno ha pensato che potesse essere colta la palla al balzo di un contrasto così evidente in seno al consiglio di amministrazione per arrivare a un'accelerazione del cambio del consiglio medesimo, questa tesi ha mai sfiorato lontanamente la testa né del partito né del Governo, tanto che siamo qui non certo a processare il consiglio di amministrazione, ma a tentare una valutazione politica su quel che è successo in consiglio di amministrazione e a provare a trarne alcune conseguenze.
  Non entro nel merito della valutazione costituzionale e sono convinto che coloro che hanno espresso il loro parere, l'abbiano fatto, come diceva la presidente riferendosi ad altri, in scienza e coscienza. Non ho elementi per controbattere a quella tesi, così come non posso controbattere alle cose che ha espresso proprio il dottor Colombo al Corriere della Sera in punto di diritto civile. Penso, però – contraddico le cose dette dal presidente Gasparri – che ci sia un giudizio politico Pag. 13da dare, che sfugge completamente alla questione costituzionale, legale, giuridica, che ripeto non appassionarmi più di tanto. Il tema politico è se sia opportuno o meno che un consiglio di amministrazione sostanzialmente impugni un atto del proprio azionista. Questo, secondo me, è il punto vero.
  Non sono proprietario di aziende. Se lo fossi, mi dispiacerebbe che i miei consiglieri di amministrazione impugnassero una mia decisione. Anche alleggerendo un po’ il tono della discussione, per metterla sulla mia passione calcistica, se i consiglieri di amministrazione nominati da Thohir si opponessero alle decisioni di Thohir nella mia Inter, dovrebbero, appunto, trarre delle conseguenze.
  Cosa succede oggi, dopo questo voto ? Questa vicenda ci restituisce un consiglio di amministrazione spaccato almeno su un punto così importante, in dissenso dal proprio direttore generale, che ha immediatamente detto che non condivideva la scelta del consiglio stesso. Il tutto succede esattamente nel giorno in cui l'operazione Rai Way riesce. Avevo scommesso con Airola che non avremmo potuto parlare di svendita di Rai Way e ho vinto la scommessa, perché non c’è stata svendita, ma una vendita molto buona di quote di minoranza di Rai Way stessa. Nello stesso giorno in cui la Rai dimostra di poter assolutamente far fronte a quella richiesta di 150 milioni di euro che il Governo le aveva chiesto di fronte a esigenze dello Stato, dei cittadini, vi è quest'atto di impugnativa di una decisione del Governo. Francamente, la cosa sconcerta. Ripeto che sicuramente è legittima, sicuramente ha un fondamento anche di ragionamento politico, oltre che costituzionale, ma certamente ci restituisce una situazione paradossale. Ha ragione Peluffo quando dice – non me ne voglia il consigliere di amministrazione nominato dal Governo – che la situazione più paradossale appare essere la sua, nella quale appare un momento di grande difficoltà di un'azienda spaccata nel consiglio di amministrazione, spaccata tra consiglio di amministrazione e direzione. Da questo punto di vista, sarà utile per noi acquisire i contributi, se vorranno, dei singoli consiglieri di amministrazione.
  È vero quello che diceva Peluffo, che il PD sta lavorando sull'idea di una riforma della governance radicale – proveremo a farcela entro la scadenza di questo consiglio di amministrazione – una riforma che non sia manichea e giacobina. Penso, per esempio, che il Parlamento dovrà continuare ad avere un certo ruolo, ma è una mia opinione personale, poi vedremo se prevarrà o meno nel dibattito del mio partito in Parlamento. Non c’è dubbio, però, che questo tema diventi ancor più cogente a valle dell'ultimo consiglio di amministrazione, che ha evidenziato tutte le debolezze di una governance che, così com’è, non può restare. Ha ragione Pisicchio quando dice che è un momento di svolta e dobbiamo guardare al futuro.
  Su questo voglio dire due cose e concludo. È stato detto, ma voglio ribadirlo perché ne siamo consapevoli, che non può esserci solo la riforma della governance, perché dobbiamo assolutamente ragionare anche sul rinnovo della concessione. Non voglio neanche ottimisticamente parlare di anticipo del rinnovo della concessione. Dico rinnovo della concessione perché mi è chiaro che, perché esso si metta in pratica, bisogna superare la legge Gasparri o fare una gara, come ci insegnò Catricalà in una delle prime riunioni di questa Commissione. Non c’è dubbio, quindi, che l'altro punto essenziale che questo Parlamento, mi auguro, vorrà affrontare sia come modificare la Gasparri, rendendo, dal punto vista del PD, inevitabile e certo il rinnovo della concessione, in modo da dare non solo certezza, come sta provando a fare il Governo, sia pure oggi con qualche stop and go – ma fa parte della politica – di risorse economiche attraverso la riforma del canone, ma anche di rinnovo della concessione, altrimenti quest'Azienda risulterebbe ulteriormente indebolita.
  Approfitto della presenza della presidente e di tutto il consiglio di amministrazione per una sola lamentela che la presidente conosce bene: un po’ ci dispiace Pag. 14che questa Commissione, avendo lavorato a lungo sul Contratto di servizio, penso anche bene, assisterà all'assoluta indifferenza del consiglio di amministrazione, della presidenza, un po’ anche del Governo, nel provare almeno a ragionarci. Crediamo che si fosse svolto un buon lavoro, di aver provato anche a dare qualche bussola e che in questo momento è assolutamente nel dimenticatoio e nella totale non considerazione.
  Peraltro, poiché appunto di anticipo del rinnovo della concessione mi pare non si parli più, di fatto la Rai sta continuando a operare sulla base di un contratto di servizio molto vecchio, molto antico, molto superato, che parlava di un'altra Rai. Penso che sia superato pure quello che abbiamo fatto noi sei mesi fa, per intenderci, figuriamoci quello approvato tanti anni fa.

  PRESIDENTE. Ringrazio il collega Margiotta. Chiaramente, mi associo all'appello per l'approvazione del Contratto di servizio, perché abbiamo lavorato molto. Anche secondo me è stato un ottimo lavoro. Il Sottosegretario Giacomelli qui ha detto che non avrebbero iniziato la procedura dall'inizio proprio perché era stato modificato dalla Commissione di vigilanza e che per lui era un buon punto di partenza. Rinnovo dunque l'appello all'approvazione della sottoscrizione del Contratto di servizio a tutto il consiglio di amministrazione. È molto importante, anche perché ci sono dei punti rilevanti che concernono le disabilità.
  Do ora la parola la parola al collega Scavone, ricordando che sono le 21.35.

  ANTONIO FABIO MARIA SCAVONE. Lo considero come un richiamo alla brevità e lo rispetterò senz'altro.
  È una bella occasione incontrare il presidente e l'intero consiglio di amministrazione in un'occasione precisa in cui tutti ci siamo interrogati su cosa sia davvero successo. Ovviamente, incontrando presidente e consiglio di amministrazione, ognuno di noi in relazione alle proprie posizioni, all'appartenenza politica, alla considerazione che si ha del sistema pubblico, cerca e ha cercato di parlare di altro. Il richiamo alla valutazione quantomeno del lungo lavoro che abbiamo svolto per quanto riguarda il Contratto di servizio, Rai Way, di cui sono state dette tante cose, il problema della nuova governance, che impegnerà tutti nei primi mesi dell'anno prossimo, sono i grandi capitoli che forse è opportuno trattare in un'altra occasione che spero possa esserci di confronto importante e proficuo.
  Quello da cui mi permetto di partire è un evidente dissenso – mi spiace farlo, ma ovviamente mi spinge a farlo una maniera non polemica – dal mio amico Margiotta, cui mi legano affinità, simpatia e anche il tifo per l'Inter, perché credo che il 19 novembre avessimo veramente qualcosa da festeggiare, non tanto l'operazione brillantemente condotta, come ha detto il presidente, in tempi strettissimi, con l'occasione ovviamente di mettere in cassa 240 milioni di euro. Penso che su questa vicenda – ne abbiamo parlato nel passato – ognuno abbia la propria posizione e vedremo se i rischi paventati, affiorati nell'intervento di qualcuno dei colleghi di stasera, potranno essere un vincolo e una zavorra per la Rai piuttosto che un'occasione, ma diciamo che l'occasione da festeggiare il 19 novembre era quella dell'affermazione, per la prima volta del consiglio di amministrazione della Rai, dell'indipendenza del servizio pubblico.
  Siccome conservo le carte, ho preso un documento che il presidente Fico aveva voluto gentilmente distribuire il 16 dicembre, quando abbiamo ascoltato Ingrid Deltenre, in cui era riportata la raccomandazione del 15 febbraio 2012 del consiglio dei ministri delegati. Era la riunione 1134. A fondamento del documento, i ministri, compreso quello italiano che lo ha votato, fissano un capitolo importante che suona: «Garantire l'indipendenza del servizio pubblico rispetto allo Stato». Questo è avvenuto il 19 novembre.
  Piuttosto che cogliere il disappunto, mettendo in campo un gruppo di otto saggi che devono, per una parte politica, rimettere a punto i rapporti tra il Governo Pag. 15e il consiglio di amministrazione, reo di aver violato un'indicazione che viene dal Governo, credo che forse meritasse il rispetto di una condizione che, però, non abbiamo capito se sia di sofferenza, di prudenza, di politica, che è forse l'unica ragione per cui siamo qui a incontrarci e che vorremmo, almeno io personalmente, cercare di comprendere nella realtà.
  Che si sia trattato di una situazione complicata, probabilmente di sofferenza, è sottolineato dal fatto che credo che ci siano stati ben quattro riunioni del consiglio di amministrazione prima di procedere al voto. Rispetto a questo, vorrei anche capire esattamente cosa il presidente Tarantola pensi dell'indipendenza del servizio pubblico in relazione alle affermazioni riportate dal quotidiano la Repubblica l'indomani, il 20 novembre, contestualmente ai lavori del consiglio di amministrazione, secondo cui «Chi vota contro l'azionista ha il dovere di dimettersi». Lei, presidente, è d'accordo che il componente del consiglio di amministrazione sia reo di avere violato l'indicazione dell'azionista – mi sembra che su questo, appunto, sia proprio l'ultimo degli interventi, richiamato poco fa e che non voglio ripetere – o piuttosto, in maniera genuina e vera, è convinta delle sue dichiarazioni del 14 ottobre all'Agenda del futuro della Rai secondo le quali sono i cittadini i veri proprietari del servizio pubblico ? O ritiene piuttosto che sia il Governo ad avere il potere di rappresentarli, e quindi di dirvi direttamente cosa fare ?
  Abbiamo letto dalle cronache e lei stessa in qualche modo ci ha detto che avete sentito diversi pareri di costituzionalisti come Pace, Cheli, Luciani. Pare che rispetto ai primi due, che avevano posizioni opposte, un terzo parere poi abbia convinto e indirizzato il voto dei componenti del consiglio di amministrazione, preoccupato probabilmente di essere chiamato, ma anche questo è comprensibile – però vorremmo saperlo – da un rischio di danno all'erario, e quindi di responsabilità personale.
  Certamente diversa, come è stato detto da qualcuno, con cui concordo, è la posizione del consigliere Pinto. Mi chiedo se il consigliere rappresentante del Tesoro, e quindi del Governo, abbia espresso una posizione, come ho detto, sicuramente sofferta, per evitare un'eventuale responsabilità personale e se, ma non lo penso, sia una indicazione che viene dal ministro Padoan o piuttosto stia maturando di accettare il consiglio del direttore generale e di dimettersi...

  PRESIDENTE. Fate attenzione. Scavone sta concludendo.

  ANTONIO FABIO MARIA SCAVONE. Guardando tra le carte, ho visto che c’è un precedente similare tedesco, dove il consiglio di amministrazione votò contro un provvedimento però forse più banale come l'aumento del canone: forse è stata questa la ragione per cui avete orgogliosamente ritenuto di garantire l'indipendenza del vostro organo, quindi il rispetto del servizio pubblico. Formulo un'ultima considerazione e concludo. Il principio che avete applicato il 19 novembre, rispetto al taglio dei 150 milioni di euro, è un caso unico ? Ritenete di ripeterlo nella finanziaria del 2015 – sarete chiamati a valutarla – circa gli 80 milioni ? Inoltre, cosa pensate di fare rispetto al mancato adeguamento del canone deciso dal Governo Letta, ma credo tra l'altro si riferisse alla norma Gasparri, e che ancora continua a essere atteso ? Non ho altro da aggiungere. Spero di non essere stato troppo lungo, presidente.

  PRESIDENTE. Scavone, è stato perfetto.

  ANTONIO FABIO MARIA SCAVONE. Vi ringrazio di avermi ascoltato.

  NICOLA FRATOIANNI. Sarò quasi telegrafico, anche perché devo confessare che anch'io, forse complice la mia brevissima esperienza in questa Commissione – sono qui da qualche seduta, quindi non posso certo definirmi esperto della materia né dei lavori di questa Commissione – ho vissuto questa riunione e vivo questa Pag. 16discussione con una dimensione un po’ straniante. Aggiungo che questa percezione aumenta per il fatto, anche per metterlo a verbale, che credo di essere d'accordo quasi su ogni parola di quelle pronunciate dal senatore Gasparri, il che per me, per la mia collocazione politica, è un poco sorprendente. Purtroppo, però, è un dato di realtà. Bisogna dirlo.
  Ho l'impressione che la discussione di stasera – lo dico al collega Peluffo e anche al collega Margiotta, che si stupisce delle alleanze di Gasparri, ma abbiamo visto proprio tante alleanze strane in questa legislatura, quindi non mi avventurerei su questo punto – che in questo Paese si sviluppa ciclicamente sulla Rai, sul suo modello di governance, sempre un «non detto». L'impressione è che non si discuta mai di quale sia il proprietario di questo servizio pubblico, l'azionista. L'impressione è che ogni volta, secondo chi si trova in posizione conveniente, si confonda la proprietà pubblica e il compito delle pubbliche istituzioni, a cominciare dal Parlamento, di esercitare la propria funzione di indirizzo, con la proprietà del Governo. A me pare che questo sia un problema.
  Dirò e concluderò subito, così mi atterrò a ciò che mi ero riproposto, che mi auguro che la discussione sulla governance, che anche a me pare assolutamente urgente e necessaria, in nome della da tutti condivisa necessità di rendere la Rai sempre più autonoma dai partiti non finisca per renderla autonoma dai partiti e dipendente esclusivamente dal Governo. Non mi sembrerebbe un capolavoro. Un po’ dei toni della discussione di questi giorni mi hanno dato quest'impressione. Ben venga il lavoro che il PD ha messo in piedi. Credo che lo faremo anche noi e molti altri. Bene che si apra su questo la discussione. Sia chiaro, però, che questa discussione deve andare al nodo di questo problema: o lo si fa una volta per tutte o ci troveremo ciclicamente in condizioni come quella che abbiamo affrontato in questi giorni.

  PRESIDENTE. Ringrazio il collega Fratoianni. Il mio augurio personale è che, quando si dice che la Rai deve essere tolta dalle mani dei partiti, si ricomprenda anche il Governo, se no siamo a punto e a capo.

  AUGUSTO MINZOLINI. Anch'io sarò breve. Francamente, la discussione è stata molto interessante, soprattutto per gli interventi di Gasparri, Airola e Fratoianni. Solidarizzo con i consiglieri di amministrazione che hanno avuto il coraggio di opporsi a questo tipo di richiesta da parte del Governo. Possiamo metterla come vogliamo, ma viviamo in un'azienda assolutamente grigi, come diceva Fratoianni: non sappiamo se l'azionista principale sia il Governo o il Parlamento, né se la natura della società sia privatistica, partecipata o pubblica.
  Immaginate quello che è successo in quest'occasione. Improvvisamente il Governo ha chiesto 150 milioni di euro. In Commissione ne abbiamo parlato – se lo ricorda, presidente – l'azionista di riferimento aveva posizioni diverse. Seguendo però il discorso il senatore Rossi – e su questo vorrei una risposta da parte della presidente – siamo partiti da 150 milioni di richiesta: per farvi fronte, si fa un contratto per cui alla fine l'azienda nei prossimi sette anni pagherà 500 milioni di euro – sbaglio, Rossi ? – e negli altri successivi 1.500 milioni, per incassare poi, e diciamo tutti che è un successo, 250 milioni. O Rossi dice delle cose che non stanno né in cielo né in terra se no questa è una totale follia. Non so se ce ne rendiamo conto. In questo ha ragione Airola: se questo era il problema, forse bisognava fermarsi prima.
  Da questo punto di vista, immagino che aver avuto il coraggio da parte di alcuni consiglieri di dire di fermarsi un attimo, di ragionare, sia la cosa più giusta, perché almeno pone il problema su cosa sia la Rai. A questo punto, non riesco neanche più a capirlo.
  Leggo sui giornali di oggi e me lo faceva presente anche un collega del PD che è notizia di stampa che debbono essere assunti altri 25 dirigenti. Dall'inizio, sono assunti circa 50 dirigenti senza concorso – Pag. 17quindi non è un'azienda pubblica – scelti come si vuole. C’è qualcosa che non va.
  Ben venga una revisione della governance, ma con idee chiare. Che si abbia innanzitutto l'idea di cosa debba essere la Rai, a chi debba rispondere, quale sia l'aspetto pubblico e quale quello privato, altrimenti andremo avanti con discussioni per le quali chi arriva per ultimo chiederà di cosa stiamo parlando, perché è un assurdo.

  FEDERICO FORNARO. Vorrei concentrarmi su un unico aspetto per avere un chiarimento da parte della presidente relativo alle tempistiche di questo ricorso.
  Ricordo l'audizione del giugno 2014, quando si discusse a lungo attorno alle problematiche conseguenti al decreto-legge n. 66, poi convertito in legge il 23 giugno 2014, e devo dire che avevo molto apprezzato nel vostro ruolo le preoccupazioni per gli impatti sul bilancio e sui conti economici dell'azienda, fino al punto da prefigurare da settembre un rischio ai sensi dell'articolo 2446 del codice civile, quindi la necessità di una possibile riduzione del capitale per perdite, con la conseguente responsabilità del consiglio di amministrazione. È una posizione che ho rispettato. Oltretutto, dietro aveva un punto interrogativo molto grande, essendo a metà dell'esercizio: era come poter effettivamente tagliare o recuperare 150 milioni di risorse che venivano a mancare rispetto ai conti originari. Di lì, sia in fase emendativa, quando al Senato si era riusciti a togliere la partecipazione del 3 per cento dell'azienda alla spending review, così come per le altre partecipate, sia, successivamente, agevolando e velocizzando la possibilità di dismissione di una quota di minoranza di Rai Way, nel mese di novembre quel punto interrogativo, che era giusto a giugno, si è sostanzialmente risolto favorevolmente.
  Il dubbio che quel taglio di 150 milioni fosse incompatibile o mettesse addirittura a rischio la stabilità aziendale si è rivelato una giusta prudenza, che però per fortuna non si è verificata alla luce dell'andata in borsa dell'Ipo positivo nonostante la situazione, ricordata dalla presidente, di turbolenze di mercato molto forti, che per la vendita del 30 per cento produce un incasso di 240 milioni, quindi anche superiore al taglio dei 150, che ricordo a tutti noi e a me stesso era ed è stato ribadito dal Governo una tantum. Una tantum, quindi, era il taglio di 150, una tantum evidentemente era l'incasso relativo. Detto in altri termini, emergerebbe a una lettura esterna che le preoccupazioni rispetto alle ripercussioni economiche di quel taglio si siano positivamente risolte. Non ho nessuna difficoltà a dire che il lavoro svolto dalla direzione, dal consiglio di amministrazione rispetto all'Ipo relativa a Rai Way è straordinario, per velocità, tempi e risultato, tutt'altro che scontato. Aprire i giornali e vedere, viceversa, il ricorso mi pone un altro dubbio e concludo. Mi pare di capire che il ricorso sia fondato, sostanzialmente, su dubbi di costituzionalità del decreto, la preoccupazione di pericolosi precedenti, le motivazioni che sono state espresse anche in interviste da diversi consiglieri. A questo punto, è legittimo – personalmente, non ho riserve sul fatto che ci fosse il vostro diritto anche di sollevare questo dubbio di costituzionalità – ma andava fatto in estate, non a fine novembre, perché allora non capisco più. C’è una prima preoccupazione di carattere economico risolta; quando è risolta questa, si ritira fuori la questione di costituzionalità. Francamente, su questo chiederei, nel rispetto dei ruoli e delle vostre scelte, un chiarimento. Vista da fuori, questa cosa francamente stride.

  RENATO BRUNETTA. Sto cercando di capire e di ricostruire. Grazie a un ordine del giorno Verro, mi pare, approvato dal consiglio, la Rai farà ricorso contro il decreto IRPEF del 24 aprile scorso, che prevedeva, se ben ricordo, che si dovessero tagliare 150 milioni di euro entro l'anno, quindi non entro l'estate, dalle casse della Rai. Questi sono i termini.

  PRESIDENTE. Mancato versamento.

Pag. 18

  RENATO BRUNETTA. Credo che il decreto di aprile avesse profili di illegittimità o di incostituzionalità, perché prevedeva, tra le coperture dei famigerati 80 euro, anche questi 150 milioni; è corretto ? Benissimo. Evidentemente, la Rai, che ha nel canone una tassa di scopo, si trovava, si troverebbe o si sarebbe trovata a indirizzare verso un altro scopo una tassa che, invece, deve andare solo in quella direzione. Gli inglesi la chiamerebbero marcatura dell'orecchio, earmarking, una tassa che serve solo a una cosa. Si dice marcatura dell'orecchio proprio per questa ragione.
  Che, quindi, la Rai sia chiamata a contribuire al risanamento della finanza pubblica è legittimo, ma che lo sia distorcendo una tassa di scopo non è accettabile. A mio modo di vedere, trovo assolutamente ultronea – non so come altro dirlo – questo confronto, che mette in discussione una legittima decisione del consiglio di amministrazione, tra l'altro nelle sue componenti molto variegata, che a mio modo di vedere bene ha fatto a eccepire, o meglio a chiedere che qualcun altro giudichi quel decreto. Non ha dichiarato quel decreto illegittimo, non avendone la potestà, ma chiesto se quel decreto IRPEF – è lì il punto – fosse corretto o meno, legittimo o meno, costituzionale o meno nella sua modalità di copertura. Si copre, cioè, un taglio fiscale, o meglio un trasferimento, perché dal punto di vista tecnico gli 80 euro sono un trasferimento, da parte dello Stato ad alcune tipologie di famiglie o contribuenti attraverso una modalità di finanziamento di copertura illegittima.
  Credo quindi e ribalto l'argomento che, se il consiglio di amministrazione avesse subìto quel decreto senza fare nulla, sarebbe stato possibile chiamarlo a un'azione di responsabilità, proprio perché subiva un atto illegittimo. Va bene questa discussione, ma è anche inutile, perché stiamo discutendo a livello di Commissione di vigilanza di un atto che considero dovuto del consiglio di amministrazione e, in ogni caso, assolutamente legittimo, giustificato, doveroso del consiglio di amministrazione nella sua autonomia.

  PRESIDENTE. Ringrazio il collega Brunetta.
  Esauriti gli interventi, possiamo procedere con le risposte. Preciso che la Commissione questa sera non è qui riunita per impugnare un atto del consiglio di amministrazione, ma per esercitare la sua semplice potestà di vigilanza, e quindi chiedere chiarimenti a chi quest'atto ha votato o meno. Stiamo solamente chiedendo chiarimenti e li chiediamo al consiglio di amministrazione, che da questa Commissione sappiamo essere eletto per 7 consiglieri su 9, solo questo.

  GHERARDO COLOMBO, consigliere di amministrazione della Rai. Cercherò di limitarmi agli aspetti assolutamente tecnici, e quindi a non coinvolgere la responsabilità del consiglio, perché è la presidente che ne ha la voce. Ti prego, quindi, presidente, se esorbito, di dirmelo e mi fermerò, perché credo che sia una necessità assoluta di correttezza.
  Comincerei proprio da quello che mi sembra essere un equivoco di fondo che non ci permette di capirci. L'articolo 49 del testo unico, decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, recita: «Per quanto non sia diversamente previsto dal presente testo unico, la Rai Radiotelevisione Italiana Spa è assoggettata alla disciplina generale delle società per azioni anche per quanto concerne l'organizzazione e l'amministrazione». Credo che qualsiasi consigliere di amministrazione Rai facente parte del consiglio di amministrazione della Rai debba, per vedere come svolgere il suo lavoro, leggere il codice civile, che detta disposizioni molto precise sul punto. Ne ha citate tre il presidente Gasparri prima. Siccome sappiamo da dove le aveva prese, non posso far altro che condividere, altrimenti sarei in contraddizione personale.
  Queste disposizioni sono dettate dall'articolo 2392, che afferma che gli amministratori devono adempiere i doveri stabiliti dalla legge e dallo statuto con la Pag. 19diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e sono solidalmente responsabili verso la società – attenzione, verso la società, non verso i soci. Sono responsabili verso la società. Secondo me, qui si annida il principale degli equivoci. Sono responsabili verso la società dei danni derivanti dall'inosservanza di tali doveri verso la società.
  L'articolo 2380-bis stabilisce che la gestione dell'impresa spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l'attuazione dell'oggetto sociale. La gestione spetta solo agli amministratori, quindi, e non ai soci.
  L'articolo 2377 statuisce che le deliberazioni dell'assemblea dei soci che non sono prese in conformità della legge o dello statuto possono essere impugnate dai soci assenti o dissenzienti o astenuti, dagli amministratori, dal consiglio di sorveglianza e dal collegio sindacale. L'articolo 2377 attribuisce, cioè, ai consiglieri di amministrazione la facoltà, che poi vedremo delle volte diventa dovere, di impugnare addirittura le delibere prese dall'assemblea dei soci. Non vorrei scadere in un linguaggio troppo tecnico, spero di no, semmai, me lo farete notare.
  Secondo l'articolo 2364, comma 1, n. 5, l'assemblea autorizza le attività del consiglio di amministrazione quando è necessaria un'autorizzazione, ferma restando la responsabilità degli amministratori per gli atti compiuti. Ciò significa che, se anche gli amministratori fossero autorizzati dall'assemblea dei soci a compiere un atto, ma questo contrastasse con gli interessi della società, sarebbero responsabili nonostante l'autorizzazione dei soci.
  Credo che sia abbastanza chiaro il quadro presentato dal codice civile, che ricordiamo, risale al 1942 e ha subìto varie modifiche, è legge dello Stato. L’iter, attraverso il quale si è giunti alla decisione, è di una certa complessità, la presidente ha ricordato che si è trattato di più tappe. Abbiamo cominciato a maggio a discutere di quest'argomento e, per essere proprio sicuri, abbiamo sentito tre costituzionalisti. Dipende, onorevole Peluffo, da come si leggono le cose. Sono stati piuttosto espliciti nel ritenere che esistesse il problema della necessità di valutare la costituzionalità di questa legge. Occasionalmente, anche un altro esperto si è pronunciato in un nostro comitato molto chiaramente, il professor De Vergottini. Sosteneva, se ricordo bene, proprio rigorosissimamente l'incostituzionalità della legge. Abbiamo sentito un amministrativista a proposito delle procedure. Diteci voi, cosa potevamo fare ? Avevamo da osservare il codice civile, non tanto per paura di essere inseguiti dalla Corte dei conti, ma perché si tratta di mettere all'opera i compiti effettivi del consiglio di amministrazione, e avevamo questi pareri.
  La tempistica dipende dal fatto che abbiamo dovuto sentire varie persone. Non credo di rivelare dei segreti se dico che parte dei consiglieri ha sollecitato più volte che si arrivasse finalmente al voto. Quelli che hanno sollecitato ci hanno messo del tempo a convincere il complesso del consiglio di amministrazione.
  Non so, vedrò male io, ma forse ci sono altri motivi di lamentela a proposito della coincidenza tra la votazione di quest'ordine del giorno e la quotazione di Rai Way. Capirei se, una volta che abbiamo votato per il ricorso, le azioni di Rai Way fossero crollate: e invece sono salite. Oggi valgono 3,16 e sono state quotate a 2,95.

  FEDERICO FORNARO. Non c’è legame tra ricorso e Rai Way.

  GHERARDO COLOMBO, consigliere di amministrazione della Rai. Dico, appunto, che non c’è legame. Sono state poste al consiglio delle domande in proposito.

  PRESIDENTE. C'erano anche domande in argomento: non le aveva rivolte il senatore Fornaro, ma c'erano. Prego, dottor Colombo.

  GHERARDO COLOMBO, consigliere di amministrazione della Rai. Visto che il consiglio di amministrazione e tutta la struttura hanno lavorato per arrivare alla quotazione, fornendo evidenza dell'indipendenza della società di cui la Rai possiede Pag. 20la maggioranza, una condizione essenziale per potersi quotare, credo che non sarebbe stato possibile dare una maggior dimostrazione di indipendenza addirittura dal socio di riferimento.
  Credo ci siano altri aspetti. Ho preso alcuni appunti molto rapidi. Relativamente all'osservazione circa la ragione per cui abbiamo deciso di ricorrere anche dopo aver quotato Rai Way, e quindi dopo aver raggiunto la sicurezza che non saremmo andati in passivo, vorrei osservare che non è che, dopo aver venduto una parte di Rai Way, la legge sia diventata sicuramente costituzionale. Siamo responsabili nei confronti della nostra società non di finire in attivo comunque, ma se l'attivo deve essere 500, siamo responsabili per non aver ottenuto 500 e, se mancano 150 – parlo di numeri a caso – siamo responsabili di quella mancanza.
  Non dovrei dirlo io perché sembra quasi autolodarsi, ma mi sembra che sulla tempistica siamo stati particolarmente attenti. Non è stata una decisione presa a cuor leggero, non ci siamo accontentati del primo parere. Sentito il primo, abbia sentito il secondo. Sentito il secondo, quando finalmente siamo arrivati al momento cruciale, ne abbiamo sentito anche un terzo. Per fare tutto questo, ci vuole tempo.

  ANNA MARIA TARANTOLA, presidente della Rai. Occorreva anche il verificarsi dell'evento pregiudizievole.

  GHERARDO COLOMBO, consigliere di amministrazione della Rai. Sicuramente, per quello che riguarda il ricorso amministrativo. Era necessario cioè che esistesse un atto amministrativo da impugnare. Sotto il profilo del ricorso al giudice ordinario per l'accertamento del diritto, non era necessario, ma avevamo anche da scegliere se esperire l'uno o l'altro o, eventualmente, tutti e due. Abbiamo fatto quello che ritenevamo essere nell'interesse, come dicevo, dell'azienda e non dei soci.
  Per quel che riguarda la separazione netta tra i soci da una parte e gli amministratori dall'altra, forse, senatore Rossi, può prendere nota di una sentenza della prima sezione della Corte di cassazione, la n. 23381 del 15 ottobre 2013, rubricata «Società di capitali, società per azioni, organi sociali, amministratori, revoca e sostituzione, società con partecipazione maggioritaria di un comune, giusta causa, nozione e fattispecie».
  La giusta causa per la revoca dell'amministratore prevista dall'articolo 2383, terzo comma, del codice civile, può consistere non solo in fatti integranti un significativo inadempimento degli obblighi derivanti dall'incarico, ma anche in fatti che minino il pactum fiduciae e ledano l'affidamento riposto al momento della nomina sulle attitudini e capacità dell'amministratore, sempre che siano oggettivamente valutabili come capaci di mettere in forse la correttezza e le attitudini gestionali dell'amministratore revocato e non costituiscano invece il mero inadempimento di un'inesistente soggezione dell'amministratore stesso alle direttive del socio di maggioranza, pur se pubblico. Nella specie, la Suprema Corte ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva escluso la giusta causa in una vicenda in cui l'assemblea dei soci di una società per azioni partecipata in via maggioritaria da un comune aveva deliberato di revocare l'amministratore sulla base di atti e risultati in realtà coerenti con i doveri dallo stesso assunti con il mandato ad amministrare la società, come in particolare l'iniziativa giudiziaria promossa contro il comune inadempiente rispetto agli obblighi assunti contrattualmente con la società e il rifiuto opposto all'indebito accesso alla contabilità sociale da parte di alcuni consiglieri comunali.
  Questo è il quadro sotto il profilo delle regole. Credo che noi, ma siete voi a dirlo, abbiamo quel riferimento, non un riferimento che, invece, credo sia giusto abbiate voi, ma perché siete dall'altra parte del tavolo.

  ANNA MARIA TARANTOLA, presidente della Rai. Voglio rapidamente rispondere ad alcune delle domande che riguardano il mio ruolo e la mia posizione.Pag. 21
  A me dispiace molto, dottor Peluffo, che abbia avuto l'impressione che il consiglio della Rai o la Rai siano in una posizione di difficoltà nei rapporti con la Commissione parlamentare, perché non è così. È vero che qualche volta da qualche tempo non diamo le risposte che vi aspettate, ma vi abbiamo anche dato una motivazione. C’è una diversa interpretazione, ma penso che questo faccia parte dei normali rapporti tra diversi organi, l'azienda e l'organo istituzionale per eccellenza, che siete voi, e di diversa interpretazione sui poteri della Commissione quando fa richieste su questioni che attengono all'attività gestionale. Sapete benissimo che abbiamo richiesto un parere attraverso il nostro azionista e siamo in attesa di riceverlo.
  Per quanto riguarda, però, i due casi che ha citato, non ho assolutamente mandato una lettera di diniego al presidente della Commissione parlamentare in esito alla richiesta di avere l'ordine del giorno del dottor Verro. Ho riportato testualmente il contenuto dell'ordine del giorno nella mia lettera. Se il problema è avere la fotocopia, vi ho esattamente ripetuto le parole. Se il problema è quello, ve la do, ma non mi sembrava di aver negato nulla avendo riportato testualmente il testo. Forse è un mio errore di valutazione, ma non c’è nessun problema sotto quest'aspetto.
  Allo stesso modo, per quanto riguarda il Contratto di servizio, la Rai è uno dei due soggetti, ma sapete benissimo che non è soggetto attivo, bensì passivo del Contratto, nel senso che firmiamo il Contratto insieme con il MISE, ma è il Ministero che deve chiamarci. Ho detto nella mia lettera al presidente che Rai è perfettamente disposta, se ci chiamassero anche stasera, a riprendere gli incontri per poter definire il Contratto. Non c’è mai stato da parte nostra nessunissimo no, perché non siamo stati più interessati da tempo. La lettera che ho mandato non aveva assolutamente nessuna intenzione né di negare né di offendere nessuno ma – qui dichiaro la mia ingenuità – richiamava due aspetti, due passi che erano successi e che mi sembravano dare a me una chiave di lettura nel senso che voi stessi steste attendendo qualcosa. Nell'audizione, Giacomelli aveva detto questo in sostanza. Forse la mia interpretazione non è stata corretta, ma certamente non era nel senso che non volevamo assolutamente portare avanti i lavori. Siamo perfettamente disponibili come azienda in qualsiasi momento a partecipare nuovamente al tavolo di lavoro, se ci sarà richiesto. Non volevo dirlo, ma giustamente il consigliere Rositani mi suggerisce che l'abbiamo anche sollecitato.

  PRESIDENTE. Come consiglio di amministrazione, quindi, avete sollecitato il Sottosegretario Giacomelli e il Ministro dello sviluppo economico per la firma del Contratto di servizio ?

  ANNA MARIA TARANTOLA, presidente della Rai. Abbiamo detto che siamo disponibili a riaprire il tavolo. Quello che ci avete detto va in qualche modo recuperato, rimesso dentro, quindi non è una firma pura e semplice, ma un'integrazione che dovrebbe essere fatta, e quindi c’è bisogno che si riaprano i contatti.
  Il dottor Margiotta parlava di consiglio di amministrazione spaccato. Posso dirle che, innanzitutto, non è la prima volta che il consiglio di amministrazione ha delle posizioni diverse. Ormai operiamo da due anni e mezzo e ci sono state anche altre occasioni. Oggi abbiamo fatto un consiglio di amministrazione, abbiamo avuto posizioni anche questa mattina in parte pienamente convergenti, perché abbiamo assunto delibere all'unanimità. Fa parte dalla normale attività dialettica avere posizioni di non condivisione unanime e avere delle posizioni, invece, di condivisione unanime.
  Credo che questo consiglio – do una mia valutazione, che però credo condivisa anche dai consiglieri, che, se non è così, sono assolutamente liberi di intervenire – sia perfettamente in grado di portare avanti questi sei mesi impegnativi che ci aspettano per il bene dell'azienda, avendo in mente solo ed esclusivamente un percorso Pag. 22virtuoso di quest'azienda, che deve andare avanti. Poi, ovviamente, la politica deciderà sul futuro dell'azienda.
  Il senatore Scavone mi chiede cosa pensi dell'indipendenza del servizio. Ho scritto e detto in tantissime occasioni che credo che il servizio pubblico abbia un ruolo pubblico molto importante da realizzare: tanto più è indipendente, tanto più questa missione del servizio pubblico è possibile che sia realizzata, quindi non posso che essere a favore dell'indipendenza, con le modalità che ovviamente saranno decise, ora nella piena osservanza del quadro regolamentare attuale, e sono pienamente d'accordo con altri esponenti della Commissione che hanno detto essere molto complesso. Del resto, se ricordate, in una delle mie prime audizioni avevo detto che la difficoltà di gestire in autonomia quest'azienda deriva proprio dal quadro normativo estremamente complesso. L'articolo 49 della legge del 2005 ci richiama al rispetto delle norme del codice civile; il dato di fatto ci dice che abbiamo un azionista, perché siamo una Spa, al quale dobbiamo rispondere sotto certi aspetti; un'altra norma ci dice che un nostro referente, tra l'altro avallato ulteriormente da diverse sentenze della Corte costituzionale, è il Parlamento. Dobbiamo riuscire a combinare queste tre esigenze. Effettivamente, devo dirvi che non è facile, ma è nostro compito. Cerchiamo di gestire al meglio quest'azienda, raggiungendo gli obiettivi di un'azienda sana, prudente, se possibile redditizia, comunque in equilibrio economico, che fa investimenti e investe in qualità del prodotto, tenendo presente tutte queste regole.
  Sulla tempistica mi sembra che il consigliere Colombo abbia già dato notevoli riferimenti.
  Per quanto riguarda la parte di Rai Way, mi riservo di darle una risposta più articolata. Non ho tutti gli elementi di valutazione in questo momento, in quanto l'oggetto della serata riguardava la votazione sul ricorso. Ho presente il prospetto, che è veramente molto corposo. È stato fatto nell'ottica delle richieste della Consob per un'operazione di quotazione, e quindi rispecchia esattamente tutte le regole che la Consob ha richiesto. Tutta l'analisi dei rischi, anche i più potenziali, come quello che lei ha richiamato, è dovuta al fatto che, nel momento in cui un'azienda si offre al mercato, e quindi chiede anche al piccolo investitore di investirvi, deve essere talmente trasparente da dire i potenziali rischi, anche se hanno una probabilità di verificarsi molto bassa. Quanto al mancato rinnovo della convenzione, che scade il 16, c’è comunque un dubbio, ancorché minimo, che non sia rinnovata in capo alla Rai. È un fatto di trasparenza. Tutti i potenziali rischi, anche i più piccoli, devono essere detti. La persona che decide di sottoscrivere quelle azioni, deve farlo in modo consapevole, conoscendo tutti i potenziali rischi.
  È ovvio che abbiamo letto e ci avete anche detto, lo stesso dottor Margiotta questa sera, che volete rifare la convenzione con la Rai, quindi probabilmente quello è un rischio che non si verificherà, come tanti altri in quell'elenco sicuramente non si verificheranno, ma è stato necessario dirlo proprio per questo fattore.
  Per quanto riguarda il contratto, mi riservo di dare una risposta – quando si parla di numeri, bisogna che vada a rivederli, se non le dispiace – ma non mi sembra che ci sia un aumento così eccessivo. Abbiamo dovuto rivederlo perché è cambiata la configurazione dell'azienda. A questo punto, è un'azienda che va sul mercato, quindi non è più al 100 per cento posseduta da Rai, ma deve avere delle caratteristiche nella definizione del contratto tali da garantirne l'indipendenza e l'autonomia rispetto alla casa madre. La cosa importante è che, siccome Rai ha mantenuto il controllo, comunque Rai Way sarà, è ancora adesso, pur dopo l'operazione di quotazione, consolidata nel bilancio Rai, quindi gli utili di Rai Way saranno dentro il bilancio Rai. Nel nostro consolidato Rai Way c’è ancora, perché siamo ancora la società che controlla. Questo va tenuto presente. Siccome, però, non ho Pag. 23tutte le informazioni, se può farmi avere una nota, la leggerò con molta attenzione e mi riservo di darle delle risposte.

  PRESIDENTE. Faccio un appunto per le risposte future che la presidente vuole inviarci. È già successo in un'altra occasione di dover aspettare risposte scritte sui numeri, proprio sulla questione di Rai Way, mi sembra nel corso dell'audizione del direttore generale Gubitosi, e non sono arrivate o sono arrivate incomplete. Questa volta vorremmo averle in modo specifico con tutte le domande che ha posto Rossi comunque già formulate nei precedenti quesiti.

  ANNA MARIA TARANTOLA, presidente della Rai. Sui quesiti precedenti non vorrei adesso assumere l'impegno di dare una risposta scritta. Mi impegno su quello che lei ha chiesto questa sera, cioè sul discorso del prospetto informativo...

  PRESIDENTE. E sui dettagli del contratto d'affitto, che è modificato.

  ANNA MARIA TARANTOLA, presidente della Rai. Su questo non posso assumere un impegno che coinvolge il direttore generale.

  PRESIDENTE. Faremo richiesta anche al direttore generale, ma vorremmo che lei e voi per la vostra parte ci forniste tutti i documenti. Proporrei di terminare e fare un giro finale.

  MARCO PINTO, consigliere di amministrazione della Rai. Sono stato chiamato in causa ripetutamente, quindi vinco la mia ritrosia a parlare in pubblico. Mi sono sentito un po’ sul banco degli imputati, perché nella peggiore delle ipotesi avrei concorso a prendere una decisione sbagliata; nella migliore, avrei dovuto dimettermi e non l'ho fatto.
  Non ripeto tutto quello che ha detto, in particolare, il consigliere Colombo, che peraltro è frutto anche di discussioni svolte nell'ambito del consiglio e che spiega quale faro guidi l'azione della società per azioni. Dico che, dal mio punto di vista, inteso come amministratore di una società per azioni, una volta che si era arrivati al convincimento, come ha detto la presidente, in scienza e coscienza che l'interesse dell'azienda era nel senso di esperire un'azione giudiziaria a tutela di quell'interesse – qui aggiungo – contro chiunque, non in uno schieramento di «abbasso il Governo o contro il Governo», ma nell'interesse dell'azienda leso in modo molto pesante, la conclusione era obbligata.
  Non mi nascondo dietro un dito. Non è che non dica e non capisca e non riconosca che è stata una decisione anche un po’ sofferta. Non è propriamente molto gradevole, ma una volta che siamo, sono arrivato al convincimento che l'interesse dell'Azienda e il ruolo di amministratore, quale delineato dal codice civile e non da altre regole o logiche extra aziendali e fuori dal codice civile, che non conosco, non accetto e che non potevo applicare, era leso, per me la scelta era obbligata a quel punto.
  Mi permetto due rapidissime osservazioni. In due anni e mezzo, come ha ricordato la presidente, siamo stati molto impegnati su alcuni fronti: l'equilibrio finanziario, il tentativo di dare, seppure con le regole attuali, un buon assetto di governance alla società, il potenziamento del controllo interno, il delineare procedure per qualsiasi tipo di attività dell'azienda. Se infatti non ci sono procedure, non c’è trasparenza, ovviamente il rischio di malaffare si innalza. Abbiamo rafforzato la struttura finanziaria della società. Tutte queste cose, frutto di decisioni nell'ambito del consiglio, sono state ispirate sempre e solo a una logica: l'interesse dell'Azienda. Questo è il parametro che ho avuto davanti sempre e questo è il parametro che mi ha guidato in questa seppur sofferta decisione. Tengo a dirlo.
  Quanto agli interessi extra aziendali, come consiglio abbiamo sempre cercato di tenerli fuori dalla porta del consiglio stesso. Abbiamo cercato anche di evitare le cosiddette asimmetrie informative, ovvero tutti i consiglieri devono avere le stesse Pag. 24informazioni e devono averle in consiglio. La presidente si è battuta anche per questo. In questo caso, mi veniva veramente difficile e, comunque, era per me una prestazione inesigibile quella di far entrare nella mia scelta decisioni che non fossero quelle guidate dal codice civile e dall'interesse dell'azienda. Se questo è vero, non vedo perché dovrei dimettermi.
  Quando sono stato nominato due anni e mezzo fa, chi mi ha nominato – ringrazio il Parlamento che all'epoca diede l'intesa, la Commissione bicamerale, non mi riferisco all'iniziativa che fu assunta dal Governo – conosceva il mio curriculum vitae, sapeva che avevo rivestito incarichi di tutti i tipi, che ho un certo tipo di professionalità e di personalità. Non lo dico in positivo, dico quello che era. Probabilmente, quindi, ci si aspettava che sarei stato un amministratore nei fatti indipendente. In due anni e mezzo non ho mai avuto nessuna sollecitazione da parte di nessun membro del Governo.

  BENEDETTA TOBAGI, consigliere di amministrazione della Rai. Voglio cogliere l'occasione, visto che il primo a parlare, il capogruppo del PD, onorevole Peluffo, con riferimento ai pareri più volte evocati dei giuristi, dei costituzionalisti in particolare, si è riferito alla non univocità degli stessi, visto che è un'occasione anche di scambio e di chiarezza, mi farebbe piacere precisare, senza tediarvi, che la non univocità in realtà per noi è stato un elemento di pesanti valutazioni. C'era una gradazione, dal più prudente al più assertivo. Potremmo dire che il professor avvocato Cheli è stato più prudente e il professor Pace è stato il più assertivo. In ultimo, il professor Luciani, in realtà con toni pacati, è stato comunque anche lui molto assertivo, anche se meno vocale di Pace.
  Il punto, però, molto rilevante è che tutti uniformemente hanno rilevato – prendo le parole di Cheli per dare il sapore della prudenza, ma anche la sostanziale gravità del fatto rilevato – che si potevano avanzare censure di incostituzionalità con riferimento ad almeno due profili. Ha parlato del vizio di irragionevolezza della norma. Inoltre, visto che siamo in Commissione parlamentare di vigilanza, aveva anche evocato il problema del non coinvolgimento del Parlamento attraverso la Commissione di vigilanza. La non univocità, però, è stata interessante, perché si è proprio articolato anche questo problema della costituzionalità o meno. Sono emersi via via profili diversi, ma talune cose, per esempio il problema della violazione del legittimo affidamento, è stato ripreso dal professor Luciani oltre che da Pace. Pace ha parlato della manifesta incostituzionalità rispetto al diritto di credito che Rai vantava. Luciani addirittura, oltre al tema del legittimo affidamento e un problema di certezza del diritto, visto che la decisione è intervenuta a budget, a esercizio in corso, ha sollevato anche un problema molto grave dell'affidamento dei terzi contraenti, cioè i cittadini che pagano il canone.
  In ultimo, proprio il 19 novembre, è stato sentito anche il professor Police, che è un amministrativista, per cui ha completato il quadro. Si era consultato con Luciani rispetto alla costituzionalità e ci ha dato anche valutazioni in più rispetto alle modalità di questo ricorso. È stato detto, ma è bene ribadirlo – prendo a prestito un'altra espressione di Peluffo – che bisogna guardare oltre il proprio ombelico: dal punto di vista di amministratori dell'azienda di servizio pubblico, guardare oltre il proprio immediato ombelico vuole anche dire certe altre cose.
  Una decisione, un decreto-legge ha inciso pesantemente su Rai. Si è fatto di tutto per scongiurare rischi di rosso, ma sottoporre questa norma alla valutazione, di modo che si sappia che è decisa da chi di competenza se sia costituzionale o meno, può essere considerato – lo porto come riflessione – un modo di guardare oltre il proprio ombelico e oltre l'immediato.
  Badate bene, dopo essersi il più seriamente possibile, con la diligenza richiesta dall'incarico, occupati in ogni modo non solo dell'immediato del benessere della Rai, ma anche cercando di stare nella situazione Paese, Paese in crisi, la presidente Pag. 25ha detto una cosa che mi piacerebbe non passasse tra le tante: che forse siamo l'unica Spa partecipata dallo Stato che ha dato il proprio contributo anche in quel momento del decreto IRPEF, in cui comunque il Governo ha ritenuto di dare un contributo ai cittadini meno abbienti. In relazione alla non univocità, quindi, tutti ci hanno segnalato che c'era quanto meno un dubbio di costituzionalità, addirittura articolandolo in maniera diversa.
  Vengo a un'altra piccola precisazione relativa all'ordine del giorno Verro. Abbiamo assunto una delibera il 19 novembre che in qualche modo lo incorporava, però è una delibera assunta dal consiglio di amministrazione, peraltro molto asciutta nei suoi termini e che riassume anche tutto l'iter di discussione e anche dei pareri consultati.
  Il mio è un contributo anche per svelenire certi toni che hanno voluto dare un sapore squisitamente politico a questa scelta. È chiaro che la nudità e asciuttezza della delibera che abbiamo assunto ha un contesto politico, ma questo può essere anche un aiuto ulteriore a capire cosa abbiamo fatto.

  MAURIZIO ROSSI. Vorrei chiarire alcuni punti alla presidente. Innanzitutto, il fatto che la Rai faccia un consolidato non c'entra nulla con il contratto d'affitto. Non è detto, innanzitutto, che, se la Rai prende un impegno per 21 anni, tra 21 anni sia ancora azionista al 70 per cento di Rai Way. Sono due partite totalmente diverse. La Rai si è impegnata con un nuovo contratto d'affitto enormemente più costoso di quello in atto e non si capisce per quale ragione, perché il passaggio al digitale è già stato fatto, quindi gli investimenti ci sono.
  Posso dirle che nel documento che le ho preparato ci sono nel dettaglio tutte le schede del prospetto. In una ci sono i ricavi da Rai: Rai Way incassa soldi sia da Rai sia da soggetti terzi. Se prendo la scheda dei ricavi da Rai, nel 2013 per 9 mesi sono 67 milioni, il che vuol dire praticamente che, parametrato a 12 mesi, sono 90 milioni di euro. Questo è il contratto che risulta dal prospetto presentato. Se andiamo a vedere poi quello che, invece, si dice sul contratto all'articolo 6.4.2, «Definito il contratto tra Rai e Rai Way, è previsto un sistema di corrispettivi di natura forfettaria per la prestazione di servizi, pari a complessivi 85 milioni dal 1o luglio al 31 dicembre e, a partire dal 2015, a 175 milioni di euro». Se prendo 90 da una parte e 175 dall'altra, c’è una differenza talmente grande che non è comprensibile: conosco il settore. Non entro in altro merito, su cui comunque le ho scritto prima ancora che si andasse a decidere per la privatizzazione di Rai Way. Con questo contratto si impegna la Rai praticamente, ad avere 5 frequenze, in taluni casi anche 6, per tutto il periodo del contratto. Non solo si dice, come non è così relativo, che la Rai potrebbe non avere contratto – sono convinto anch'io che in qualche modo alla scadenza ci sarà un nuovo contratto con Rai – ma si precisa che potrebbero non essere le stesse condizioni. Questo è un fatto molto importante. Anziché 5 frequenze e 15 canali, come ho detto più di una volta, può darsi che si chieda a Rai di avere solamente 5 canali, come in Francia, in Germania, in Spagna, in altre parti. Avere 5 programmi vuol dire che non servono 5 frequenze, ma 1 o 2. Ci si impegna per un contatto, anche se 7+7+7, per cui teoricamente, alla fine dei primi sette, si può disdire una parte del contratto – è scritto, per onestà – ma abbiamo nel 2016 questo problema. Sa perché ripeto queste cose ? Perché è la sesta volta che faccio interrogazioni e richieste dirette a lei e al direttore generale ! L'abbiamo chiesto veramente a tutti.

  MICHELE ANZALDI. Voglio solo precisare che quello sui cattivi rapporti tra questa Commissione e l'Azienda non è un giudizio personale dell'onorevole Peluffo, ma un orientamento preso all'unanimità dall'Ufficio di Presidenza, che addirittura ne ha dato esito in una lettera. C’è un problema, come sta anche rilevando il senatore Rossi, che l'Ufficio di Presidenza all'unanimità ha messo per iscritto, sui rapporti tra questa Commissione e Pag. 26l'azienda. Non è un'opinione dell'onorevole Peluffo.

  ALBERTO AIROLA. Anch'io voglio unirmi al coro di richieste dei documenti che abbiamo fatto più di un anno fa. Avete riconosciuto la centralità del Parlamento, usate adeguatamente la parola trasparenza: questa Commissione non chiede altro. Purtroppo, un anno è un termine eccessivo per ottenerla.

  MAURIZIO GASPARRI. Mi dichiarerei ampiamente soddisfatto se dovessi fare una valutazione del genere, ma voglio ricordare ai consiglieri, che dovrebbero saperlo, che i consiglieri di una precedente consiliatura furono chiamati a rispondere addirittura per la nomina di un direttore generale – caso Meocci – che era stato proposto dal Governo. Furono chiamati a rispondere i consiglieri. Qua c’è gente che dovrebbe sapere queste cose. Capisco alcuni nuovi, ma alcuni che fanno gli esperti le devono sapere. Ricordo che il consigliere Petroni, designato dal Ministero del tesoro di un altro Governo, fu revocato dal Governo Prodi e fu reintegrato, a dimostrazione di come la figura del consigliere rappresentante del Tesoro non sia quella di un cameriere del Governo, ma di una figura che, una volta nominata, è tutelata dalla legge. Non aggiungo altro. Mi ritengo soddisfatto. Credo che aver chiesto quest'audizione non sia stata una delle iniziative migliori di chi l'ha chiesta, perché non ne ha tratto argomenti a proprio favore.

  PRESIDENTE. Ripeto quello che hanno detto Anzaldi e Airola circa il fatto che stiamo procedendo in Ufficio di Presidenza sulla comprensione della vicenda del parere che forse l'Avvocatura di Stato dovrebbe fornire sulle competenze della Commissione, chiedendo informazioni a voi e al Ministero dell'economia. Sia ben chiaro che non vogliamo assolutamente gestire l'azienda, ma vogliamo trasparenza e i documenti per poter lavorare, visto che dobbiamo vigilare su molti aspetti concernenti l'azienda pubblica.
  Ringrazio la presidente i componenti del consiglio di amministrazione e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 22.45.