XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 44 di Giovedì 23 ottobre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Audizione del direttore del TG3, Bianca Berlinguer:
Fico Roberto , Presidente ... 3 
Berlinguer Bianca , direttore del TG3 ... 3 
Pisicchio Pino (Misto)  ... 5 
Berlinguer Bianca , direttore del TG3 ... 5 
Pisicchio Pino (Misto)  ... 5 
Gasparri Maurizio  ... 6 
Airola Alberto  ... 7 
Nesci Dalila (M5S)  ... 8 
Margiotta Salvatore  ... 9 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 10 
Rampelli Fabio (FdI-AN)  ... 11 
Lainati Giorgio (FI-PdL)  ... 12 
Berlinguer Bianca , direttore del TG3 ... 13 
Nesci Dalila (M5S)  ... 17 
Berlinguer Bianca , direttore del TG3 ... 18 
Nesci Dalila (M5S)  ... 18 
Berlinguer Bianca , direttore del TG3 ... 18 
Nesci Dalila (M5S)  ... 18 
Berlinguer Bianca , direttore del TG3 ... 18 
Nesci Dalila (M5S)  ... 18 
Airola Alberto  ... 18 
Berlinguer Bianca , direttore del TG3 ... 18 
Airola Alberto  ... 18 
Lainati Giorgio (FI-PdL)  ... 18 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 18 
Airola Alberto  ... 19 
Fico Roberto , Presidente ... 19 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 19 
Airola Alberto  ... 19 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 19 
Fico Roberto , Presidente ... 19 
Airola Alberto  ... 19 
Rampelli Fabio (FdI-AN)  ... 19 
Berlinguer Bianca , direttore del TG3 ... 19 
Fico Roberto , Presidente ... 20

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.25.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.
  Comunico, altresì, che dell'audizione odierna sarà redatto e pubblicato il resoconto stenografico.

Audizione del direttore del TG3, Bianca Berlinguer.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del direttore del TG3, Bianca Berlinguer, che, anche a nome dei colleghi, ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  La dottoressa Berlinguer riferirà sullo schema di regolamento predisposto dall'AGCOM in materia di tutela del pluralismo e di comunicazione politica e parità di accesso ai mezzi di informazione nei periodi non elettorali.
  La Commissione è, inoltre, interessata a conoscere le valutazioni del direttore sul progetto di riposizionamento dell'offerta informativa della RAI nel nuovo mercato digitale elaborato dal direttore generale e illustrato alla Commissione nella seduta dello scorso 23 settembre.
  Do quindi la parola alla dottoressa Berlinguer, con riserva per me e per i colleghi di rivolgerle, al termine del suo intervento, domande e richieste di chiarimento.

  BIANCA BERLINGUER, direttore del TG3. Avevo preparato una relazione scritta incentrata soprattutto sulla proposta di estendere il regolamento della par condicio – peraltro, ne è già in vigore uno, come sapete, con il controllo dell'AGCOM – a tutto l'anno. Se siete d'accordo, la leggerei e poi mi farete le domande che riterrete opportune su tutte le questioni.
  Signor Presidente, signori deputati e senatori, innanzitutto voglio ringraziarvi per avermi dato la possibilità, insieme con gli altri direttori della RAI, di illustrare il mio punto di vista su alcuni temi fondamentali su quello che è e che auspicabilmente dovrà essere il servizio pubblico radiotelevisivo negli anni futuri in una situazione di mercato che sicuramente non è più la stessa rispetto a quella che abbiamo conosciuto e che sempre meno lo sarà. Siamo qui per discutere anche di pluralismo nel periodo non elettorale sulla base dello schema di regolamento proposto dall'AGCOM. La cosiddetta par condicio agisce in due sensi: come obbligo di dare visibilità a tutte le forze politiche che ne abbiano diritto, secondo i criteri individuati dalla Commissione di vigilanza e dall'AGCOM; come misura di ripartizione degli spazi tra le forze politiche in relazione alla loro rappresentatività, tutto questo prescindendo dalla qualità dell'informazione che si produce e anche dal vantaggio che le forze interessate ne ricavano. Le regole sono necessarie durante il periodo elettorale per impedire abusi, cioè la sovraesposizione di alcuni soggetti a danno di altri, o la completa cancellazione Pag. 4di soggetti meno forti o meno rappresentativi, e quindi per evitare che l'informazione televisiva contribuisca ad alterare l'equilibrio della competizione e le pari opportunità di partenza tra le diverse formazioni. Sappiamo tuttavia che una rigida applicazione della par condicio – nelle ultime tornate elettorali le regole sono state estremamente dettagliate, con controlli e obblighi di riequilibrio a scadenza addirittura settimanale – produce a volte risultati paradossali, come la messa in onda di servizi completamente slegati da una logica informativa, a puro scopo di risarcimento, per riequilibrare gli spazi o per dare voce alle forze minori, o come la messa in onda, per lo stesso motivo, di servizi che sono soltanto la sommatoria di voci riportate casualmente e proposte senza un ragionevole filo conduttore. Quanto sia utile questa prassi agli stessi soggetti interessati è alquanto dubbio, quanto sia sgradita ai telespettatori credo sarebbe facilmente verificabile.
  Faccio questa premessa per dire che regole molto stringenti in periodo elettorale possono essere giustificate pur sapendo che finiscono col collidere con l'esigenza di un'informazione chiara ed efficace e, per giunta, non sempre raggiungono l'obiettivo per il quale sono state pensate. Non sarebbero giustificate, e anzi sarebbero molto dannose per l'informazione al di fuori di questi periodi, dove peraltro – è bene ricordarlo – domina l'anarchia, ma vigila comunque sempre l'AGCOM, che segnala gli squilibri nel medio e lungo periodo e obbliga alle compensazioni. Vigila, inoltre – voglio ricordarlo e non voglio che sia sottovalutato – il senso di responsabilità dei direttori, che, come sapete, rispondono di tutto quanto accade nei loro telegiornali, anche penalmente.
  In questo modo, è stato finora possibile conciliare la tutela del pluralismo con l'esigenza di un'informazione che rappresenti correttamente la complessità e l'articolazione della discussione pubblica, approfondisca e offra ai telespettatori una lettura corretta dei fatti. Questo certamente non ha evitato errori, ma nella sostanza ha consentito un'informazione sufficientemente equilibrata.
  Il criterio seguìto negli ultimi anni del TG3 è stato appunto questo, ovvero di abolire il cosiddetto pastone, cioè il servizio politico nel quale compaiono i sonori di tutti i gruppi secondo un bilanciamento che a volte grottescamente prescinde dalla necessità di informare, e di immaginare invece una pagina politica che spieghi e approfondisca sentendo le voci di chi in quel momento è al centro di un'iniziativa o di una polemica di attualità. Il tentativo che abbiamo fatto è stato quello di cambiare lo stile e il linguaggio dell'informazione, evitando di dare voci che prescindano dal racconto della giornata politica e, comunque, proposte non solo per ragioni di bilanciamento, ma cercando di dare solo le risposte raccolte dai giornalisti del TG3 a precise domande. È chiaro che questo modo di procedere richiede maggiore fatica da parte dei giornalisti, ma è altrettanto evidente quanto se ne giovino la chiarezza e l'efficacia della comunicazione dal punto di vista dei protagonisti politici, oltre che dei telespettatori. Credo che anche per questa scelta di linguaggio e di racconto il TG3 abbia mantenuto una sua precisa identità nel panorama dell'informazione televisiva.
  Seguendo quest'impostazione, è evidente che l'equilibrio non può essere considerato in modo rigido giorno per giorno, settimana per settimana, ma su tempi più lunghi, che consentono di bilanciare lo spazio dato a tutti, senza svilire il racconto politico quotidiano. Faccio un esempio semplicissimo: se oggi si manda in onda una lunga intervista a un esponente della maggioranza, se ne farà una altrettanto lunga a un esponente dell'opposizione, ma non necessariamente lo stesso giorno o la stessa settimana se non ci sono motivi che la rendano interessante e urgente. Anche l'articolazione all'interno dei due schieramenti tra diversi gruppi di maggioranza e diversi gruppi di opposizione dovrà essere rispettata in un periodo di tempo congruo, ma non certo in un'affannosa contabilità quotidiana. A questo principio abbiamo Pag. 5sempre cercato di attenerci, correggendo gli inevitabili errori nelle modalità e nei tempi più rapidi possibili.
  Il nodo essenziale – insisto – è il linguaggio dell'informazione politica. Più lo si ingabbia dentro regole formali e cronometriche, più perde di efficacia e di senso. Questo vale soprattutto nella fase attuale, nella quale la dialettica classica maggioranza/opposizione ha assunto dinamiche del tutto nuove. Basti pensare alla diversità di atteggiamento tra due delle forze che si collocano all'opposizione, Forza Italia e Movimento 5 Stelle, e ancora di più al ruolo di contestazione interna svolto da alcune componenti del partito del Presidente del Consiglio. In altre parole, quale astratto criterio quantitativo poteva regolare l'informazione intorno all'articolo 18 che ha visto un settore del PD dissociarsi dalle scelte del Governo ? Come sarebbe stato possibile compensare a tamburo battente lo spazio doverosamente assegnato al leader del Movimento 5 Stelle durante la tre giorni del Circo Massimo e, subito dopo, la sua visita a Genova ?
  La scelta di fondo alla quale un'informazione televisiva deve ispirarsi non è semplicemente di adesione formale a un principio astratto di servizio pubblico, ma di altra natura. La scelta è quella di garantire una gestione dell'informazione che, assicurando gli equilibri tra le forze politiche, rispetti l'esigenza di informare in modo completo, approfondito e innovativo. È fondamentale, d'altra parte, tenere conto del quadro generale di gestione dei media, al cui interno opera anche l'informazione televisiva, e il quadro è quello di un mercato altissimamente competitivo e largamente privo di regole, dove si muovono con sempre maggiore agilità e spregiudicatezza soggetti vecchi e nuovi che non sono tenuti a rispettare i vincoli stringenti e che risultano spesso incontrollabili e sottratti a qualunque autorità terza, come avviene spesso per tutta l'informazione che transita su Internet.
  Costringere i telegiornali a un surplus di informazione politica istituzionalizzata anche in periodi non elettorali rischia di portare a un ulteriore irrigidimento a solo vantaggio di chi ha meno vincoli o nessun vincolo e questo è un rischio che, francamente, molto mi preoccupa.
  Prima di concludere, spenderei due parole sul TG3, ma veramente ho quasi finito. Per quanto riguarda il TG da me diretto, vorrei dire che la nostra preoccupazione è stata sempre quella di garantire un'offerta editoriale diversa da quella degli altri telegiornali, privilegiando l'attenzione per i soggetti più deboli, per i diritti negati, dando voce a chi non ha rappresentanza politica, assumendo un punto di vista che dia conto il più possibile dell'esistenza reale delle persone e della loro quotidiana fatica del vivere.

  PINO PISICCHIO. Posso dire gentile direttora ? Non vorrei utilizzare delle espressioni improprie.

  BIANCA BERLINGUER, direttore del TG3. Sicuramente meglio direttora di direttrice, che mi ricorda quella delle scuole.

  PINO PISICCHIO. Infatti, ho utilizzato il termine in questo senso.
  Gentile direttora, gentili colleghi, che devo dire rappresentate in modo assolutamente positivo la testata, devo innanzitutto esprimere un ringraziamento per la vostra presenza e per le cose dette dalla dottoressa Berlinguer. Peraltro, credo che non possa essere rinvenuta nessuna traccia di sentimento piaggeristico se dico che va dato atto a questa testata di aver sempre tradizionalmente rifuggito da quella sorta di mainstream dell'informazione calderone, di aver fatto una scelta molto interessante dal punto di vista del ricevente, di chi deve cogliere il senso delle cose. Sotto questo profilo, proprio l'informazione credo rappresenti l'orma, il tratto di stile di questa testata, quindi esprimo una considerazione che credo possano condividere anche i miei colleghi.
  Andrò subito al punto. Sulla questione della par condicio mi pare di poter condividere l'impostazione della dottoressa Berlinguer, soprattutto con riferimento alla difficoltà di costruire una cronometria Pag. 6della presenza della politica nell'informazione. Il distillare gocce, minuti o secondi di presenza è un'operazione sicuramente molto interessate dal punto di vista dell'Osservatorio di Pavia, ma diventa molto complicato nella gestione. Credo che il giudizio debba sempre e comunque essere dato nella considerazione del senso e dell'orientamento complessivo verso il quale si muove l'informazione stessa. La modalità attraverso la quale si esprime un'attenzione dovuta alla rappresentazione della politica anche con riferimento a ciò che è nella società italiana credo sia stata utilmente richiamata e in modo condivisibile dalla direttora.
  Certo, c’è da domandarsi se quest'oggi, allo stato attuale del dibattito pubblico nel nostro Paese, la politica intesa in modo novecentesco possa esaurire davvero il panorama della rappresentazione del dibattito pubblico. Non v’è chi non veda la residualità progressiva dell'esperienza politica per far luogo a movimenti, associazioni e altre espressioni della società civile, per cui è un tema sul quale una riflessione andrebbe fatta. Mi consentirà, e concludo, la direttora di formularle, però, anche un'altra domanda per non rimanere sempre dietro l'angolo delle cose. È evidente, non è priva di senso rispetto a questo tema che riguarda il pluralismo dell'informazione, anche la direzione di marcia che sta prendendo l'idea di ristrutturazione del sistema informativo in Rai, il cosiddetto piano Gubitosi: quale valutazione viene fatta da questa importante testata ? Una reductio ad tandem, come viene detto può essere considerata coerente con un impianto di allargamento del pluralismo o no ? Terrei particolarmente ad avere l'opinione della direttora.

  MAURIZIO GASPARRI. A una precedente audizione, dissi al direttore – preferisco dire così – Bianca Berlinguer che il modello delle interviste poteva essere più esaustivo, addirittura proponendole, avendo la Rai varie testate, che in qualche modo, anche se non so quale, i direttori si equilibrassero, anziché dedicare ciascuno dieci, otto, quindici secondi quando la cosa è lunga, con un ribilanciamento delle presenze nel corso del tempo. Se si intervistassero solo le persone di una certa area, è ovvio che la cosa non funzionerebbe, anche in funzione dell'interesse. Il suo telegiornale ha avuto la cortesia di chiedermi, non per 10 secondi, ma per 50, delle opinioni su dibattito in corso nel mio partito ed è emersa una cosa che mi consentiva di esprimere la mia opinione, quindi anche chi seguiva poteva capire meglio che in dieci secondi. Certo, si potrebbero prendere dall'archivio, in modo che si potrebbe fare il telegiornale senza mandare nessuno in giro e il piano dei risparmi del direttore generale potrebbe essere totale utilizzando Rai Teche. Ogni tanto, arriva uno nuovo, si registra e si mette in Rai Teche e ci si realizza un telegiornale a costo zero, senza operatori, senza nulla. È un'ottima soluzione, non vorrei che la prendessero sul serio, ma io in Rai Teche ci sono, il problema è per quelli che non ci sono. Al di là delle battute, il problema è trovare un modo più giornalistico. Voglio ricordare, però, che la legge sulla par condicio, che la mia parte politica critica, nacque perché bisognava frenare l'invasore e tutte le vicende che conosciamo e che, per brevità di tempo, do per scontate ai membri della Commissione di vigilanza e ancor di più al vertice del TG3.
  Alla fine, cos’è successo ? Ricordo che tanti anni fa il Partito Umanista aveva diritto nei talk show allo stesso spazio dei partiti maggiori: essendosi presentato in più di cinque regioni per legge ne aveva diritto. Che fine ha fatto il Partito Umanista ? Non si sa, ma non perché l'abbia deciso la televisione, bensì perché non l'ha votato nessuno. Molti fanno le liste perché, soprattutto nei periodi elettorali di par condicio, qualcuno va lì, lo dice agli amici, ai parenti... in periodi di par condicio i telegiornali siano ingestibili, diventano una specie di bollettino. Credo quindi che si dovrebbe fare una riflessione. Certo, parlo da un settore politico che non volle quella legge, non per lasciare un libero arbitrio, bensì perché oggi se ne vedono le ottusità burocratiche per certi versi, perché ci sono Pag. 7forze politiche più importanti, altre meno importanti, in base al consenso e che hanno un interesse giornalistico, che incidono sugli equilibri della democrazia. Credo che sia tempo, tra le tante cose da fare, di rivedere una norma, non per abolire delle regole, ma appunto per capire come si debbano regolare le questioni anche nei periodi elettorali. C’è anche un principio di rappresentatività democratica che crea un ruolo diverso di forze politiche, soprattutto di quelle che spuntano strumentalmente. Andatevi a vedere quante liste si presentano al Viminale, non i simboli, che creano confusione sui giornali e nei telegiornali e che fanno tutti per tenere un marchio registrato: le liste non sono tante quanti i simboli, ma sono sicuramente più di quelle che hanno un'effettiva rappresentanza.
  Concludo dicendo che mi unisco alle parole del senatore Pisicchio – chiedo scusa – dell'onorevole Pisicchio. Non è ancora senatore, è ancora giovane, ma lo diventerà; anzi, il Senato è stato abolito e non ha fatto in tempo, ha perso l'occasione. Io ce l'ho fatta, lei non ce l'ha fatta. Abbiamo parlato della par condicio, ma il problema è come questo piano di riorganizzazione potrà rapportarsi al pluralismo, che è una storia vissuta della RAI. Il TG3 ha una sua storia, una sua nascita, che cito come fatto culturale della vita del Paese senza intento polemico. Altre testate sono state più legate alle maggioranze politiche di altri Governi.
  Secondo lei, se si faranno questi due contenitori, avremo una RAI asettica ? Si cita sempre la BBC, ma nessuno ricorda che Tony Blair ne ha cacciato il capo, quando si arrabbiò, dalla sera alla mattina. Lì non c’è neanche la Commissione di vigilanza e forse non lo disse neanche alla regina: quindi in ogni Paese i governi hanno una loro incidenza sulle emittenti. Se la mettiamo sul piano dei costi la cosa si potrebbe risolvere con Rai Teche. Il direttore generale gira con questa slide, questa foto di tutte le telecamere che sono andate in un posto e dice che bisogna eliminarle. Gli sprechi vanno eliminati, ma quelle telecamere a volte possono essere un punto di vista diverso per raccontare la stessa vicenda di cronaca o di politica ? In una logica di storia politico-pluralistica, può vivere questa situazione ? O ci sarà l'informazione asettica ? In quel caso, consiglio Rai Teche.

  ALBERTO AIROLA. Avevo risposto alla lettera della sua redazione sul piano Gubitosi, che forse ha letto, dove già esprimevo i nostri dubbi. Noi riteniamo che la correttezza dell'informazione si possa ottenere con una deontologia giornalistica, che faccia capo anche a un ambiente culturale di formazione di un certo tipo, come nella BBC, tanto citata anche in questa Commissione; come diceva e come è successo in Italia per tanti anni, con un pluralismo, cioè con tante voci.
  Per il mio movimento, questo è un problema. Purtroppo, infatti, questo consiglio d'amministrazione è stato eletto nel 2012, quindi rispecchia un'altra visione politica. Il piano di riorganizzazione dell'informazione che ci è stato proposto va a comporre uno scenario che non si sa bene dove incastonare. Da una parte, la governance resta questa, peraltro non aggiornata, quindi rispecchiando ancora diversi equilibri politici; dall'altra, abbiamo un riordino dell'informazione senza governance, che è qualcosa che lascia molto in dubbio.
  Abbiamo audito Gubitosi, che ci ha detto che le due macroaree, le news room che coordineranno i servizi per i TG, che restano come brand, saranno una fase intermedia e che diventeranno una sola. Si va proprio in quella direzione, ma senza avere tutti gli altri elementi.
  Lo scenario più inquietante, dunque, è che voi, finché esisterete probabilmente come testate, immagino che dovrete alzare il telefono e chiedere a un altro direttore della produzione di un servizio che rispecchi la vostra posizione nel quadro pluralistico nella RAI, cosa che è alquanto aberrante. Ci piacerebbe anche sapere chi saranno i direttori di queste news room. So che vi fondono con Rai News, TG1 con Pag. 8TG2: ci sarà uno scontro ? Eleggeranno qualcuno ? Ci sarà una votazione ? Ovviamente è una battuta.
  Ieri, è venuto il Sottosegretario Giacomelli e alla mia domanda se la questione dello sconto sull'affitto delle frequenze fosse uno step in un percorso o un'iniziativa singola, ha risposto che è uno step. Oggi, leggo che il Consiglio dei ministri non avrebbe – abbiamo fatto un comunicato stampa – opposto nessun veto alla privatizzazione parziale o meno di Terna rete elettrica e di Rai Way. Personalmente, ritengo che tutto faccia pensare che si vada verso una privatizzazione della RAI e una completa trasformazione, appunto, del pluralismo, senza intervenire sulla governance. Poi staremo a vedere se questa riforma anche della governance, come promessa dal Presidente del Consiglio, arriverà come decreto – anche oggi al Senato si è andati avanti con la fiducia, senza nessun dialogo, e alla Camera ne voteranno un'altra – o coinvolgendo le forze parlamentari, i lavoratori della RAI e così via, ma questo è il quadro.
  Sono molto conciso perché interverrà anche una mia collega. A questo punto, non possiamo che chiedere una riforma completa di governance e di RAI, e che questo sia fatto dal Parlamento. Sentendo tutti gli stakeholder possibili e immaginabili, questo è l'unico organismo che attualmente ci garantisce un po’ di democrazia, ovviamente con l'azzeramento del consiglio d'amministrazione. Per adesso, dobbiamo affidarci alla correttezza dei giornalisti e, purtroppo, il nostro movimento lamenta da sempre tramite interrogazioni un certo comportamento della RAI.
  L'unica cosa che possiamo chiedere, quindi, è che ci si affidi veramente alla serietà dei giornalisti, altrimenti questo Paese ha un deficit democratico notevole. Voi siete responsabili, come sapete benissimo, della democrazia, perché l'informazione è democrazia. Non è un caso che le dittature mettevano le mani subito sui mezzi di informazione. Il mio primo appello è questo, poi la mia collega procederà oltre.
  È vero che AGCOM controlla, ma poi non sanziona. Abbiamo fatto numerosi esposti, per esempio per le sovraesposizioni del nostro Presidente del Consiglio anche durante la campagna elettorale di maggio, quindi anche in par condicio. AGCOM ha riconosciuto, ma poi non è partita la sanzione, perché era troppo tardi.
  Lascio la parola agli altri, non voglio tediarla, ma il punto centrale è questo: vorrei che mi rispondesse se ritenga che la mia proiezione sia da voi condivisibile o meno.

  DALILA NESCI. Anzitutto, sullo spunto del senatore Gasparri, penso ci siano anche forze politiche che continuano a essere percepite come più importanti di altre proprio perché la TV le mantiene in vita e che magari nella realtà sono assolutamente scollate dalle aspirazioni sociali, dalla collettività.
  Ringrazio il direttore e vorrei fare una riflessione con lei e avere anche da parte sua un riscontro. Il Movimento 5 Stelle, com’è noto, presta particolare attenzione al tema del pluralismo politico, dell'informazione diffusa dal servizio pubblico radiotelevisivo anche e soprattutto nei periodi non elettorali. Mi sembra che il resto degli interventi si sia per lo più soffermato sui periodi elettorali.
  In diverse occasioni e con diversi strumenti abbiamo denunciato la presenza più o meno costante, più o meno omogenea tra le testate di due anomalie differenti: da un lato, la svalutazione sul piano qualitativo del lavoro parlamentare svolta dal Movimento 5 Stelle e penso, ad esempio, al modo in cui è stata raccontata dai notiziari la procedura di conversione in legge del famoso decreto IMU-Bankitalia; dall'altro, la svalutazione sul piano quantitativo delle ragioni delle opposizioni all'interno del Parlamento.
  Rispetto al pluralismo politico letto dal punto di vista qualitativo, tuttavia, sentiamo la mancanza di parametri di valutazione concreti da parte dell'AGCOM. Ci sono dei princìpi che la legge stabilisce e che il TAR ha recentemente richiamato, Pag. 9tra cui appunto la correttezza, la completezza e l'obiettività dell'informazione, ma concretamente non sappiamo come siano misurabili e tutto questo è rimesso ai comportamenti e alle autovalutazioni dei soggetti che compongono la catena dell'informazione, quindi dai direttori e dalle testate fino ai montatori dei servizi.
  Dall'altro lato, c’è l'aspetto quantitativo, altrettanto decisivo, legato al tempo di parola fruito dai soggetti politici. Dall'insediamento del nuovo Esecutivo, per esempio, ai dati relativi al tempo di parola di soggetti politici, tutte le edizioni del suo telegiornale evidenziano una marcata sottorappresentazione del Movimento 5 Stelle rispetto a soggetti analoghi sotto il profilo della rappresentanza parlamentare, seguendo l'attuale principio interpretativo dell'AGCOM. Quest'ultimo deve tenere conto anche del fatto che i partiti della maggioranza godono indirettamente anche del tempo fruito dal Governo e, soprattutto, del fatto che il meccanismo del premio di maggioranza è stato dichiarato incostituzionale dal giudice delle leggi anche per effetto della sentenza. Un servizio pubblico davvero serio e rigoroso tratterebbe oggi senza distinzioni perlomeno i principali soggetti parlamentari. Questa è la nostra opinione.
  Gli ultimi dati diffusi dall'AGCOM relativi al mese di settembre ci dicono che il tempo di parola del Movimento 5 Stelle è addirittura pari al 6 per cento contro il 18 per cento di Forza Italia e il 57 per cento del Partito Democratico. Si tratta quindi di squilibri enormi che non trovano, a nostro giudizio, alcuna giustificazione con riferimento né alle pur rispettabili sensibilità editoriali né all'agenda tematica e alla necessaria correlazione delle notizie all'attualità e alla cronaca.
  È davvero da troppo tempo che perdura questo stato di cose. Con l'occasione, abbiamo la possibilità di dirglielo. Per noi, questa situazione non è più accettabile. Ci aspettiamo una netta inversione di tendenza da parte del suo telegiornale per quanto riguarda sia i dati quantitativi sia il modo di rappresentare l'attività che questo movimento svolge quotidianamente all'interno e anche all'esterno delle aule parlamentari.

  SALVATORE MARGIOTTA. Molto rapidamente, non mi soffermerò sulla par condicio, che trovo già piuttosto grottesca in periodo elettorale, ancor di più in periodo non elettorale, difficile da garantire per le cose che, ovviamente, lei ben più di me sa dire e ha detto. Le rivolgerò, invece, poche domande, alcune anche anticipate da Pisicchio.
  Sul pluralismo, il direttore generale, che ha aperto quest'audizione a proposito del tema del riordino dell'informazione, ha detto una cosa interessante, benché anche quella difficile da garantire, e cioè che il pluralismo non dovrebbe essere più garantito da più reti con diversa ispirazione politica, ma in qualche modo dall'obiettività del singolo giornalista, quindi non affidando a più voci, con una sorta di informazione a canne d'organo, col risultato finale del pluralismo, quanto piuttosto all'obiettività e anche alla correttezza del singolo giornalista. Su questo vorrei conoscere la sua opinione.
  Se non ha cambiato idea dall'intervista che ha rilasciato al Corriere della Sera nel mese di luglio, credo di conoscere le sue opinioni sull'impostazione sin qui data alla riforma, su cui peraltro si sta interrogando la Commissione, che, anche grazie al relatore Pisicchio, redigerà una risoluzione finale.
  Le porrò tre questioni. Perché due news room e non una sola ? Se si va verso una semplificazione, meglio andare verso una sola. Ci è stato detto, come credo ricordasse Airola, che è perché si tratta di un momento di transizione, questione però non del tutto convincente. Il timore che ho è che pensare a due news room equivalga in qualche modo anche inevitabilmente a tornare al vecchio schema, per cui una news room avrà un orientamento politico e l'altra un altro. Ci sarebbe una semplificazione, certo, rispetto allo schema del 1975, ma senza fare un notevole passo in avanti.Pag. 10
  Inoltre – so di chiederlo a una persona che invece ha manifestato critiche al riguardo – l'altro punto non chiarissimo è perché ci sia un accorpamento e non un altro. Non ho ancora trovato nel mondo Rai chi mi spieghi bene perché il TG1 e il TG2 devono andare insieme e Rai Parlamento e TGR insieme a TG3. Non conosco la sua opinione.
  Infine, mi interessa anche di più questo: considerata anche la sua esperienza di direttore di testata, avrebbe una proposta alternativa a quella che oggi avanza ?

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Mi permetto di tornare all'oggetto dell'audizione, perché ho ascoltato anche con interesse colleghi commissari che hanno fatto rimostranze rispetto alla presenza della propria forza politica. Per questo hanno a disposizione le interrogazioni.
  Allo stesso modo, ho sentito il collega Gasparri cimentarsi su un terreno che non è quello proprio dell'audizione di oggi, nel senso che dovremmo discutere dello schema dell'AGCOM e non della par condicio in sé. Il senatore Gasparri ci ha provato, rimettendo in discussione, dal suo punto di vista, una legge rispetto alla quale – voglio ribadirlo anche in quest'occasione – se si vuole discutere, è giusto ricordare che, per quanto ci riguarda, si può farlo nel momento in cui si rimette mano in maniera seria al conflitto d'interessi e, soprattutto, alla legge Gasparri, su cui c’è un'opinione diametralmente opposta rispetto al senatore Gasparri.
  Vorrei riprendere alcune considerazioni del direttore Berlinguer sullo schema, perché nella sua relazione ha offerto alcuni spunti che credo debbano essere sottoposti a una riflessione per la discussione che facciamo in Commissione. Anch'io mi permetterò poi di rivolgerle una domanda sul progetto informazione.
  La prima questione sollevata dal direttore Berlinguer è quella per cui un conteggio meramente quantitativo rischierebbe di prescindere dalla qualità dell'informazione. Credo che questo elemento debba essere al centro della riflessione che dobbiamo svolgere nella predisposizione della risoluzione. Peraltro, questo conteggio, questo minutaggio sta diventando sempre più complicato. Se prima poggiava sullo schema delle coalizioni e, al loro interno, sulle singole forze politiche, adesso le coalizioni evidentemente non sono più soltanto due, visto che c’è, almeno dal risultato delle politiche, poi confermate, uno schema tendenzialmente tripolare, che a oggi non dà segnali di un riassorbimento, ma anzi presenta una tendenza in qualche modo strutturale.
  Oltre a questa necessità, di guardare in maniera più ampia a come si sta organizzando l'offerta politica, il direttore Berlinguer segnalava anche che l'attualità ci consegna un'articolazione all'interno dei singoli partiti. Da questo punto di vista, secondo me la riflessione proposta merita un approfondimento. Il conteggio o comunque l'attenzione non può essere soltanto di tipo quantitativo, non può essere solo il minutaggio, ma deve esser l'attenzione ai temi. Peraltro, c’è ormai una letteratura offerta anche dagli esperti di comunicazione politica per cui la parte fondamentale di ogni campagna elettorale è il cosiddetto agenda setting, cioè fare in modo che alcuni temi entrino nel dibattito in campagna elettorale, meglio prima della campagna elettorale. C'entra, cioè, e conta molto di più che alcuni temi siano al centro dell'attenzione dell'opinione pubblica piuttosto che questa o altra forza politica abbiano visibilità. Credo che sia una riflessione che è giunto il tempo di condurre, facendolo fino in fondo nella discussione che stiamo affrontando.
  Inoltre, il direttore ha fatto riferimento al senso di responsabilità dei direttori, che è stato richiamato anche dal collega Airola. Credo che non sia solo una rivendicazione giusta del ruolo e della categoria di appartenenza, ma che sia giusto proprio il riferimento al senso di responsabilità e alla responsabilità dei direttori. Credo che questo sia l'altro elemento non sufficientemente presente nello schema di delibera.
  Infine, sempre su questo, è stato messo in evidenza un problema rispetto al tempo di rilevamento: se fatto soltanto su base giornaliera, rischia di comprimere, di costringere Pag. 11a riequilibri con le caratteristiche che sono state richiamate, per cui questo tempo di rilevamento dovrebbe essere su un tempo più lungo.
  È emerso anche in altre audizioni, la mia domanda, invece, è: se il tempo di rilevamento deve essere più lungo, come mi è chiaro e ho compreso, ha senso anche che sia legato alle fasce orarie e alle fasce d'ascolto ? Era stato infatti messo in evidenza che se l'equilibrio è su base giornaliera e una forza è stata compressa in uno spazio temporale di maggiore ascolto e il riequilibro non avviene nella stessa giornata, ma a notte fonda, in termini di minutaggio c’è stato, ma in termini di impatto mi sembra di no. Va bene allargare a fasce di rilevamento, ma farlo per fasce d'ascolto potrebbe essere un criterio.
  Del progetto informazione ha detto il senatore Margiotta, per cui aggiungerò soltanto una postilla. Abbiamo rivolto questa domanda al direttore generale e non siamo riusciti a capire fino in fondo – limite nostro, forse – e anche ai suoi colleghi di TG1 e TG2, ma non riusciamo a comprendere la ragione, come appunto ha detto il senatore Margiotta, di questo passaggio intermedio e quella dell'accorpamento di TG1 con TG2 e di TG3 con TGR e Rai News. Dal punto di vista tecnico, ci sono piattaforme maggiormente compatibili o, invece, c’è una omogeneità di carattere editoriale ? Non si riesce a capire fino in fondo. Di primo acchito, il TG3, che è telegiornale nazionale, forse dovrebbe stare anche con TG1 e TG2. Forse oggi abbiamo la possibilità di comprendere fino in fondo la motivazione di questa scelta.
  Le porrò un'ultima domanda collegata a questa. Se n'era parlato un po’ di tempo fa: stiamo facendo il ciclo di audizioni per poi predisporci alla risoluzione e se, durante la discussione per esprimere il parere, va avanti il lavoro, rischiamo di esprimerlo a cose già fatte. Sono in corso riunioni tecniche, un'accelerazione, una riflessione ? Saperlo sarebbe anche un modo per avere qualche elemento in più sull'utilità del nostro lavoro.

  FABIO RAMPELLI. Ringrazio il direttore della sua relazione e della sua professionalità. Direi anche che la capacità di dare, come si diceva, a una testata giornalistica un'identità specifica è un fatto decisamente interessante che sento di confermare. Nella moltitudine di testate che esistono, nel tentativo di procedere a una razionalizzazione, non v’è dubbio che il TG3 abbia avuto comunque la capacità di manifestarsi come prodotto originale con le sue caratteristiche, appunto con la sua identità.
  Il tentativo di ristrutturare il tema del pluralismo nell'informazione è, evidentemente, complicato. Penso che non lo scopriamo oggi, ma che sono decenni che si discute e potremmo proseguire a farlo per altrettanti decenni. Credo che tutto si possa dimostrare dialetticamente, ma il meglio è spesso nemico del bene, e quindi partirei dalla considerazione elementare che pluralismo significa garantire a tutti la possibilità di esistere, di manifestarsi e di essere apprezzati o disprezzati attraverso il logico ricorso all'informazione e alla notiziabilità delle iniziative intraprese, la possibilità di essere giudicate.
  Mi spiace che il collega Peluffo per la terza volta consecutiva abbia stigmatizzato il comportamento di chi utilizza in quota parte questo consesso anche per fare presenti delle difficoltà di presenza. Non vedo dove se non qui, altrimenti dovremmo stare attaccati al telefono o fare le «ventresche» davanti alle stanze dei direttori dei telegiornali. Penso sia molto molto meglio farlo qui, in perfetta trasparenza, come hanno fatto anche altri colleghi prima di me.
  Devo dire che per quello che riguarda Fratelli d'Italia e Alleanza Nazionale, la presenza è decisamente deludente e sta molto al di sotto della rappresentanza prevista anche dall'AGCOM con tutti gli incroci possibili e immaginabili e persino in periodo di par condicio.
  Per tornare al tema, a mio giudizio, ho sempre avuto un atteggiamento molto critico ritenendo la par condicio una sorta di machete con il quale tagliare a pezzettini l'informazione e, in quanto tale, decisamente Pag. 12deresponsabilizzante e poco conveniente. Va per, detto che se questo è appunto essendo il meglio nemico del bene, meglio una par condicio che garantisce l'1,5 per cento rispetto al 2-3 per cento che magari competerebbe a una forza politica, come quella che rappresento, e anche più stando ai risultati delle ultime elezioni, piuttosto che lo 0,4, 0,3, 0,2, 0,18 della norma, cioè quando salta l'ombrello della par condicio, dove la discrezionalità diventa spesso, non per tutti, ma per taluni, libero arbitrio.
  Tutto il resto è vero. Si può discutere di tutto. Potremmo discutere di quanto le iniziative intraprese siano notiziabili, di quanto appartenga alla maggioranza o all'opposizione una posizione distinta e distante sull'articolo 18 dal principale partito della maggioranza stessa, di tutto, ma ritengo che, se una base di partenza può prevedere un diritto all'esistenza, questo non esclude l'approfondimento con le interviste o altri strumenti che possono consentire i numeri che esistono.
  Penso che il 57 per cento dato al Partito Democratico e il 20 a Forza Italia siano numeri molto importanti. Non mi sento di aspirare a tali numeri, almeno finché avremo, per quello che mi riguarda, una forza che non tocca il 4 per cento, ma bisogna anche fare attenzione. Se è vero che il circuito mediatico è capace nel bene e nel male di evidenziare e valorizzare alcuni dati di alcuni partiti, è anche vero che, secondo il mio modestissimo avviso – ma anche un minimo di ricerca scientifica ha dimostrato quel che sto per aggiungere – una grande forza politica non raggiunge il 120 per cento dei risultati elettorali solo prendendo il 100 per cento dello spazio televisivo. Negli Stati Uniti d'America, danno addirittura agevolazioni ai nuovi movimenti per un certo periodo di tempo. Districarsi in queste percentuali significa, in buona sostanza, precludersi la possibilità di passare da una fase di radicamento, e quindi di riconoscibilità con il contatto, a una di penetrazione in parte dell'opinione pubblica, con la possibilità di misurarsi con le altre forze politiche per stabilire se uno abbia o meno la stoffa, i contenuti e tutto il resto per competere.
  Non parliamo di questioni di lana caprina. Qui nessuno vuole ingessare l'informazione o dire che i nostri giornalisti non sono capaci o altro: abbiamo il miglior giornalismo del mondo quando si palesa con delle eccellenze. Il mio giudizio è assolutamente positivo, da sempre, anche nei confronti del direttore Berlinguer, quindi non ho nulla da rimproverare, ma resta il fatto che si cammina sul filo del rasoio. Bisogna avere la capacità anche di rendersi conto che alcune sottovalutazioni e alcune conseguenti sottorappresentazioni possono comunque portare a risultati importanti non soltanto da un punto di vista del bilancino delle presenze televisive nei telegiornali, ma anche per gli effetti sociali e culturali che si possono determinare.
  Concludo dicendo che, a mio giudizio, la questione della par condicio può essere meglio regolamentata. Si può, secondo me, anche estendere il discorso della contabilizzazione quotidiana, un discorso sicuramente negativo, che si può mitigare, aggiustare. Bisogna essere meno fiscali. Se, però, l'alternativa alla par condicio anche in epoca non elettorale è quella del «si salvi chi può», io non sono d'accordo. Penso che non sia neanche giusto che un giornalista debba portare sulle spalle il peso, la delicatezza, la responsabilità incommensurabile di decidere il destino positivo o negativo, il futuro di una forza politica attraverso un errore, una svista, se vogliamo rimanere alle cose date.
  Non entriamo nel merito del fatto che comunque esiste un consiglio d'amministrazione che secondo la governance è previsto ancora oggi sia espressivo delle forze politiche perché nominate dal Parlamento, che vivaddio qualcosa conterà. Penso che eserciterà un minimo di condizionamento, come denunciavano anche i colleghi del Movimento 5 Stelle.

  GIORGIO LAINATI. La dottoressa Berlinguer, Giuliano Giubilei e Pierluca Terzulli sanno benissimo che ho passato una decina d'anni a invadere le agenzie di critiche al TG3, per cui non voglio tornare Pag. 13sulle polemiche del passato. Nel rispetto reciproco, la mia forza politica ha rivolto molte critiche al TG3 negli anni scorsi, e anzi ci sono stati conflitti molto accesi, come anche il presidente Gasparri ricorderà benissimo. È curioso che oggi, invece, non sia nella posizione di altri che, pur stando all'opposizione, hanno fatto rilievi su minuti, secondi e frame che non sarebbero loro attribuiti.
  Devo dire invece che ho trovato un'evoluzione, forse anche dalla bellezza dello studio, televisivamente tra i più belli che abbia mai visto, davvero. Sarà stata forse l'evoluzione tecnologica a favorirvi. Trovo un generale equilibrio, che si manifesta sempre con critiche del tutto legittime a varie forze politiche e a prese di posizione di vari leader, peraltro tenendo conto che ci sono anche degli spazi di approfondimento, una caratteristica storica del vostro telegiornale.
  Detto questo, mi associo alle osservazioni del collega Peluffo, facendogli però notare che Forza Italia nel 2000 ha passato tre giorni e tre notti davanti a Montecitorio, con un freddo micidiale, per protestare contro la par condicio, la legge che il governo Amato impose all'epoca. Abbiamo, quindi, fatto il nostro ruolo fuori e dentro il Parlamento all'epoca. Se il centrosinistra non ha approvato la legge sul conflitto d'interessi, non potete dare la colpa a noi, perché quella che abbiamo approvato noi, fatta dall'allora Ministro per la funzione pubblica professor Frattini, evidentemente non è ritenuta congrua, ma comunque è stata fatta e approvata dal Parlamento.
  Detto anche questo, concludo chiedendo a lei una valutazione su questa curiosa idea del direttore generale di creare queste news room, che dovrebbero portare a un risparmio economico, ma secondo me a un caos informativo assolutamente inquietante. Cerchiamo di intervenire prima che esploda questo caos. Non vorrei essere nei panni del presidente Pisicchio, che dovrà trovare una sintesi per una cosa che veramente si annuncia ai limiti dell'impossibile.

  BIANCA BERLINGUER, direttore del TG3. Comincerei, visto che siete tutti molto interessati, dal piano informativo di Gubitosi. Mi avete posto varie questioni, alle quali rispondo volentieri. Peraltro sapete, come ho detto subito anche al direttore generale, che ho espresso delle riserve rispetto a questo piano anche ben diverse da quelle dei direttori degli altri telegiornali. Ascolterete anche il direttore di Rai News.
  Mi sento di concordare – per farvi capire la riserva più grande che mi lascia molto perplessa rispetto al piano – soprattutto con quello che ha detto il senatore Airola. Penso che la Rai abbia sicuramente bisogno di una riforma importante, magari anche radicale, ma non si può partire dall'informazione. Non sappiamo ancora che tipo di governance avremo, che tipo di Rai si avrà sul futuro, cioè quale servizio pubblico per il futuro, non sappiamo niente delle reti. Penso che sia sbagliato portare avanti una riforma dell'informazione senza tener conto delle reti.
  Oltretutto, ciò che ha fatto grande la Rai nel passato – ci sono da molti anni, quando ho cominciato a collaborare ero molto giovane, quindi ricordo i tempi in cui era davvero la grande Rai – è stata una politica di canale molto precisa, molto caratterizzata, in cui l'informazione del telegiornale interagiva anche con il modello di reti dentro il quale si trovava rappresentato. Cito l'esempio, che tutti ricordano – ne parlavo, prima di entrare, anche col Presidente Fico – che riguarda il Canale 3: il telegiornale di Curzi con la Rai Tre di Angelo Guglielmi. Anche il TG1, quando era a livelli di ascolto che oggi non ha più nessuno e non solo il TG1, perché c’è molta più concorrenza rispetto ad allora, interagiva strettamente con il canale dentro il quale faceva la sua informazione.
  Da questo punto di vista, penso che questa riforma parta dai piedi e non dalla testa. Bisognerebbe prima riformare la Rai e pensare a quale sia il mandato editoriale delle reti e poi, dentro questo, analizzare quello che può essere il mandato editoriale Pag. 14dei telegiornali, che in questa riforma ancora non vedo. Vedo un accorpamento di due testate, TG1 e TG2 più Rai Parlamento, TG3 e Rai News più i telegiornali regionali, che però a quanto ho capito arriverebbero dopo, nel 2016 – mi è parso di capire che ci sarebbe prima un accorpamento di TG3 e Rai News e poi dei telegiornali regionali – ma non vedo nessun mandato editoriale che li distingua l'uno dall'altro. Mi sembra un accorpamento un po’ troppo precipitoso rispetto a un'analisi, a un ragionamento di cui, oltretutto, non può essere responsabile solo il consiglio d'amministrazione della Rai.
  Tutti dicono che c’è necessità di riformare la governance: se è così, c’è anche necessità di capire quale sarà il mandato del servizio pubblico e come si articolerà. Siamo sicuri che la Rai del futuro continuerà ad avere tre reti distinte, caratterizzate in questo modo ? Francamente, non so dirlo. Inoltre, oggi, i telegiornali nei tre canali in cui vanno in onda, rappresentano una delle punte d'ascolto più importante del canale dentro il quale si trovano, e quindi stiamo anche attenti a far sì che non si vada a perdere quell'ascolto, anziché a guadagnarne. Queste sono perplessità che ho espresso subito al direttore generale, dicendogli che mi sembrava di non essere d'accordo proprio per questo motivo. Tra l'altro, relativamente al discorso del risparmio – si dice molto che quest'accorpamento servirà soprattutto per risparmiare – non so se sia vero, ma sento parlare del fatto che forse dietro quest'accorpamento ci sarebbe, anche se non è stato ufficializzato in nessun modo, un piano che prevede un certo numero di esuberi giornalistici, come è successo per molte altre aziende. Se così fosse, si capirebbero i risparmi, ma credo che sia giusto dichiararlo esplicitamente, cioè dire esplicitamente che dietro a questo piano, siccome si vuole risparmiare, c’è questo; allora, è un'altra logica a muoverlo. Diciamo che ci muoviamo in una logica ben diversa da quella in cui è stato presentato.
  Anch'io credo che, se riforma deve essere, comunque non riesco a concepirla svincolata dai canali dentro cui i telegiornali lavorano. A quel punto, come ho detto anche nell'intervista al Corriere della Sera che avete ricordato, non si capisce perché non si faccia un unico grande telegiornale di tutti e tre e Rai News separatamente. Proprio perché è un all news, vedete tutti che Rai News ha un modo di impostare le notizie molto diverso da quelli dei telegiornali che vanno in onda in precise edizioni e in determinate fasce di ascolto. Si potrebbe avere da una parte i tre telegiornali, TG1, TG2 e TG3, dall'altra, l’all news, come è giusto che sia, con tutte le sue caratterizzazioni che la rendono diversa. Tra l'altro, il TG3, essendo previsto un accorpamento a una all news, sarebbe quello anche forse più destinato a perdere l'identità. Inevitabilmente, l'informazione dell’all news andando in onda 24 ore continuativamente, ha un'identità più sbiadita rispetto a quello che può essere, non per responsabilità di nessuno, ma proprio perché così è concepita l’all news.
  Quanto a una proposta alternativa, attualmente non posso dire di averla, proprio perché non riesco a pensare a una proposta svincolata da una riforma generale della RAI, anche più radicale di questa. Penso però che prima si debba lavorare a quello e poi procedere a una riforma anche drastica, molto significativa dell'informazione. In questo momento, mi sembra che questo sia più un accorpamento che una riforma. Se è un accorpamento destinato a produrre dei risparmi, li vedo solo in funzione, appunto, di un piano di esuberi, che però non è stato dichiarato, per cui devo pensare che non ci sia, altrimenti sarebbe stato dichiarato. Per quanto riguarda il numero di troupe, è vero che per certi avvenimenti se ne potrebbe utilizzare solo una, e invece se ne utilizzano di più, ma dove è possibile, soprattutto per l'informazione politica, cerchiamo sempre di ridurre al massimo e di utilizzare un'unica troupe. Credo che il progetto stia andando avanti. Non ho informazioni precise dirette in merito, quindi non posso dirvi che qualcuno mi ha comunicato che sta andando avanti, ma mi risulta che ci si stia lavorando. Oltretutto, da quanto ho capito, c’è un problema di Pag. 15accorpamento tecnico molto più complicato di quanto fosse previsto, soprattutto per quanto riguarderebbe il TG3 e Rai News, che hanno due tecnologie differenti. Dal momento che invece abbiamo fatto recentemente la digitalizzazione in tutti e tre i telegiornali, per TG1 e TG2 l'accorpamento sarebbe più semplice. Mi risulta quindi che si stia lavorando anche piuttosto intensamente a risolvere queste questioni, che però non prevedrebbero, ma dovete chiederlo al direttore generale che ne sa molto più di me, tempi brevi. Mi dicono, infatti, che quest'accorpamento tecnologico non sarebbe molto rapido, soprattutto tra il TG3 e Rai News.
  Quanto alla nomina dei direttori di queste due news room forse ancor prima di arrivare alla fine di questo processo di accorpamento, se i tempi risulteranno più lunghi, non so se si procederà prima del processo o alla fine. Circolano in Rai notizie di vario genere, ma non mi sento di riportarvele. Per qualcuno, faranno prestissimo i direttori, per qualcun altro, invece, si aspetterà un po’ più di tempo, c’è chi parla del 15 dicembre, ma non sono notizie ufficiali, bensì ufficiose, quindi non posso darvele con la certezza che siano vere o non lo siano. Come potete immaginare, in un'azienda come la RAI circola ogni giorno praticamente un po’ di tutto, anche secondo quello che scrivono o no i giornali.
  Veniamo alla questione della par condicio e del minutaggio. Sapete tutti, ed è inutile che vi ricordi che la par condicio è nata perché c'era il conflitto d'interessi, ancora non essendo stato risolto il quale, quella legge è ancora in piedi. La mia relazione era soprattutto legata al fatto che bisogna ridiscutere anche la par condicio. Peraltro, il senatore Gasparri ricorda, quando ero stata appena nominata, la mia prima audizione in Commissione parlamentare di vigilanza: dissi che avrei abolito completamente i pastoni, che non volevo più vederli perché danneggiano il telegiornale e gli stessi politici. Come sapete, infatti, spesso si fanno addirittura dichiarazioni piantate nel vuoto, senza neanche la domanda del giornalista, per la quale si chiedono venti secondi per riequilibrare e far vedere che qualcuno c’è. Quello non serve né al politico né al giornalista. Ne abbiamo tenuto conto e abbiamo fatto esclusivamente interviste e mai preso dichiarazioni che non fossero rilasciate ai giornalisti del TG3 a precisa domanda, cui arriva la risposta dell'uomo politico.
  Per quanto concerne il Movimento 5 Stelle, mi sono portata i dati. L'esempio richiamato dall'onorevole del Movimento 5 Stelle è corretto: abbiamo sottorappresentato il Movimento a settembre, ma nei dati di ottobre è stato il primo partito rappresentato nel TG3. A ottobre infatti ci sono state molte iniziative politiche, la tre giorni del Circo Massimo, la visita di Beppe Grillo a Genova, un dibattito politico anche nel movimento molto intenso che abbiamo seguito e rappresentato.
  A settembre risulta, ad esempio, molto rappresentato il Partito Democratico per la questione che spiegavo prima. Poi sull'articolo 18 gran parte dell'opposizione a quella riforma del lavoro è arrivata proprio da dentro il Partito Democratico. Non possiamo muoverci secondo un criterio astratto e predeterminato. È chiaro che ci atteniamo al dibattito politico. Rappresentiamo quello. Voglio leggere questo dato, perché sapevo che ci sarebbe stata quest'obiezione. È verissimo che durante il mese di settembre il Movimento 5 Stelle è stato sottorappresentato, ha avuto il 3,7 per cento, che naturalmente non corrisponde alla sua forza. Durante il mese di ottobre, ha avuto il 27,3 per cento, il dato più alto di tutti – potete confrontarlo come volete. Sto parlando del tempo concesso direttamente in voce a rappresentanti del movimento.
  Quando ci fu tutto il grande dibattito sulla divisione, quando ancora c'era il PdL, tra Forza Italia e Nuovo Centrodestra, per mesi sono stata richiamata, perché dicevano che davo troppo spazio al PdL. Nei nostri dati – questa considerazione vi farà sorridere – ero richiamata da viale Mazzini. Devo dire che il direttore generale ci richiama e ci dice di non prendere multe, perché altrimenti le paghiamo noi, quindi Pag. 16dobbiamo stare molto attenti. Ero richiamata e mi dicevano che dovevo assolutamente riequilibrare perché Forza Italia, allora PdL, aveva troppo spazio nel mio telegiornale.
  Devo dare atto che Fratelli d'Italia è sottorappresentato e che, effettivamente, gli ultimi dati sono un po’ carenti, quindi recupereremo. Ogni volta però che c’è stata un'iniziativa di Fratelli d'Italia, segnalatami spesso dall'onorevole La Russa, l'abbiamo sempre seguìta. Ci atteniamo spesso anche alle iniziative e alla partecipazione al dibattito politico sulle questioni di attualità. Questo è quello che muove soprattutto l'informazione di tutti i telegiornali e anche del nostro. Dai dati però l'avevo già notato, quindi ci impegniamo, onorevole Rampelli, a riequilibrarli.
  Questo è quello che soprattutto ci porta a decidere l'agenda politica della giornata. Come sapete, spesso cerchiamo di avere direttamente, non solo durante il telegiornale delle 19.00, esponenti politici in diretta. È chiaro che, se chiamo un esponente politico in diretta alle 19.00 e gli do più o meno quattro minuti, questo è un tempo molto lungo per un telegiornale. Mi basta chiamare due volte al mese un esponente politico di qualunque partito in diretta alle 19.00 per avere, per esempio, durante il periodo elettorale problemi gravissimi di riequilibrio, perché non sono in grado di riequilibrare otto minuti concessi a un esponente politico. Sapete benissimo che abbiamo l'informazione di Linea Notte, che prevede un'ora di dibattito in studio, ma quella è cosa diversa perché non possiamo riequilibrare le 19.00 e le 14.30 attraverso Linea notte, per la questione che giustamente poneva l'onorevole Peluffo. Se si sottopesasse qualcuno nel telegiornale delle 19.00, il recupero in Linea notte non sarebbe possibile già adesso, perché sarebbe un imbroglio. Il telegiornale delle 19.00 è infatti quello di massimo ascolto del TG3, diverso rispetto a quello, sia pure importante e significativo, di Linea notte, molto inferiore nei numeri. Già oggi, quindi, se si sottorappresenta alle 14.30 e alle 19.00, si deve poi recuperare in quei due telegiornali considerati di massimo ascolto.
  Solo per dirvi quello a cui portano alcune considerazioni di par condicio nel periodo elettorale, quando ci sono le elezioni regionali, di cui dobbiamo dar conto, non possiamo intervistare o neanche far fare una battuta ai due, tre governatori considerati davvero in corsa, che potrebbero vincere le elezioni. Non possiamo neanche invitarli a partecipare ai dibattiti a Linea Notte, altrimenti saremmo costretti a sentire tutti quei venti esponenti che, senza nessuna possibilità di riuscita, ma senza neanche ottenere un solo consigliere regionale, partecipano a quelle elezioni. Tutta una serie di questioni va, a mio avviso, ridiscussa e questo è compito della politica.
  Quanto al senso di responsabilità dei direttori e dei giornalisti, francamente credo che a tutt'oggi ci si debba affidare soprattutto a quello, alla correttezza e al senso di responsabilità dei giornalisti e dei direttori. Codificare tutto dentro schemi rigidi non ci servirebbe, non sarebbe possibile e, soprattutto, schiaccerebbe il dibattito politico dentro numeri non rappresentativi di quello che sta succedendo. In più, dobbiamo tener conto, come è stato sottolineato, che viviamo un momento politico molto diverso da quello che abbiamo conosciuto negli anni precedenti. Sia dentro la maggioranza sia dentro l'opposizione ci sono situazioni molto più sfaccettate, eterogenee, complicate di come non fossero le due coalizioni come le abbiamo conosciute negli anni passati. D'altra parte, come dicevo nell'introduzione, basti pensare alla differenza di opposizione che fa Forza Italia rispetto al Movimento 5 Stelle.
  Quanto al Movimento 5 Stelle, ho già detto e sono stata anche attaccata da Beppe Grillo per averlo detto, ma lo ridico, durante un'iniziativa pubblica. È molto condizionante e negativa per noi direttori di telegiornali, per noi giornalisti, non poter contare sulla partecipazione di esponenti politici del Movimento, ad esempio, a una rubrica di approfondimento, Pag. 17come facciamo regolarmente tutte le sere con Linea Notte, dove oltretutto, specie in questa situazione politica, cerchiamo di discutere di temi precisi, dalla riforma del lavoro alla legge di stabilità. Visto che ormai quel dibattito tra maggioranza e opposizione come è stato concepito negli anni passati si è molto modificato, e da qui naturalmente anche la crisi dell'informazione e dei talk show – quello di cui avete sentito molto parlare in questo periodo di cui è inutile parlare ora – cerchiamo di occuparci di questioni concrete. È chiaro che l'assenza di un movimento di opposizione importante come il Movimento 5 Stelle, che siede in Parlamento, ci penalizza molto, perché ci impedisce di sentire un punto di vista a cui siamo tutti interessati, ma penso che penalizzi molto anche voi, perché tutto sommato ci sono dei posti di dibattito anche tranquilli, con due esponenti politici e un giornalista, dove sarebbe utile e interessante per tutti sentire anche la vostra opinione. Anche se durante il telegiornale cerchiamo sempre di sentire il punto di vista del Movimento 5 Stelle, si rischia comunque di rappresentarlo solo attraverso quelle che sono le bagarre di Aula che abbiamo raccontato nei mesi passati.
  Voglio attribuirmi la bellezza di quello studio. È vero che c’è la tecnologia. In realtà, non voglio attribuirmela, ma attribuirla a tutto il TG3. Come avete visto però tutti hanno cambiato lo studio: se il nostro vi piace particolarmente, credo che il TG3 debba esserne molto orgoglioso, perché ci ha lavorato tutta la redazione, non solo il TG3, anche tutti gli scenografi e i tecnici. Peraltro, il processo di digitalizzazione è andato in porto in tempi rapidi, così come era stato previsto dal direttore generale e devo dare atto a questa direzione di aver accelerato in modo importante quel processo, cosa che è stata utile per tutti i telegiornali e che era indispensabile. Non potete immaginare le condizioni di arretratezza tecnologica in cui lavoravamo. Si rompeva sempre tutto, non si poteva neanche aggiustare perché non esistevano più i pezzi di ricambio. Quello è stato un momento in cui ho rivisto la Rai degli anni passati, in cui ci si è tutti mobilitati per dar vita a questo studio di cui siamo molto soddisfatti perché, oltre a essere esteticamente piacevole, prevede anche le telecamere che girano sui carrelli, quindi anche metodi di ripresa molto innovativi rispetto al passato.
  Quanto al pluralismo, mi considero soddisfatta di quest'audizione perché assieme alle critiche, che inevitabilmente ci sono, e agli errori che tutti commettiamo, mi sembra che abbiate tutti anche sottolineato che il TG3 cerca di rappresentare tutti. Soprattutto, la cosa a cui ho tenuto di più in questi anni in cui sono stata e sono direttore è di cercare di differenziare il TG3 dagli altri telegiornali, dandogli quello che credo sia molto importante: una linea editoriale precisa non di identità politica, ma di identità culturale, che ci ha portato a scegliere di seguire delle questioni e di non seguirne altre.
  Seguiamo, ad esempio, pochissima cronaca nera, non ne facciamo quasi mai, pochissima cronaca tradizionale, mentre seguiamo moltissimo tutte le questioni sociali, tutte le vertenze lavorative e davvero abbiamo dato e diamo voce a soggetti che non sono affatto rappresentati né in Parlamento né sindacalmente, ma che regolarmente ci contattano, quindi hanno un filo diretto col nostro telegiornale, proprio perché vogliono far sentire la loro opinione. Questa è una specificità nostra.
  Allo stesso modo, ho cercato di utilizzare un linguaggio anche politico diverso da quello degli altri, a cui tengo molto e che rivendico in ogni situazione sia possibile rivendicarlo, perché penso che sia stato quello che ha caratterizzato il TG3 in un momento in cui non è facile cercare di mandare in onda telegiornali differenti gli uni dagli altri.

  DALILA NESCI. La ringrazio per la sua risposta, ma sinceramente non la ritengo dello stesso tenore della mia domanda, che era abbastanza articolata.
  Illustrerò tre punti velocissimi sulla sua risposta. Non è certificato da nessuna parte che questi talk show rappresentino e forniscano servizio pubblico ai cittadini.

Pag. 18

  BIANCA BERLINGUER, direttore del TG3. Questi abbiamo.

  DALILA NESCI. Al contrario, sono il posto in cui in maniera più superficiale sono condotte le discussioni e servono soltanto, a nostro avviso, a impressionare i cittadini e a non fornire alcuna reale informazione.
  In secondo luogo, non è possibile aspettare un mese per veder riequilibrate le proprie posizioni, ricordandoci anche che il pluralismo, il diritto alla completezza dell'informazione e tutti i princìpi che richiamavo, sono un diritto dell'utente prima che dei vari partiti a rappresentare qualcuno o qualcosa, un diritto dei cittadini ad avere un certo tipo di servizio pubblico. Dalla sua risposta mi pare di capire che, per vedere riequilibrata la posizione di un partito o di una coalizione politica, bisogna aspettare la polemica interna al partito. Questo è assolutamente indecente e vengo al terzo punto.
  Lei non può dire che siete costretti a occuparvi del Movimento 5 Stelle quando fa bagarre in Aula.

  BIANCA BERLINGUER, direttore del TG3. Non ho mai detto questo.

  DALILA NESCI. L'ha detto poco fa.

  BIANCA BERLINGUER, direttore del TG3. Non l'ho affatto detto.

  DALILA NESCI. La invito, a questo punto, sempre con rispetto, ma senza alcun timore reverenziale, che non dovrebbe esserci in questo caso, a visionare tutta l'attività parlamentare di tutte le parti politiche. Non esistono solamente le bagarre e i momenti di tensione all'interno dell'Aula, ma anche i nostri interventi, le attività di Commissione. Se è vero quindi, come lei dice, che a questo punto esistono solo i talk show per approfondire, cominciamo ad approfondire anche all'interno dei TG, dove partecipiamo e ci siamo, seguendo anche, oltre alle attività parlamentari, anche quelle di Commissione, perché il Parlamento è fatto anche di questo.

  ALBERTO AIROLA. Ha detto che date spazio a tutte le componenti lavorative e anche quelle meno ufficiali: visto che è stato molto pubblicizzato lo sciopero del 25 di CGIL, CISL e UIL, mentre quello di domani...

  BIANCA BERLINGUER, direttore del TG3. Solo CGIL.

  ALBERTO AIROLA. Scusate. Per quello di domani, invece, dei sindacati autonomi, sono stato contattato perché c'erano squilibri sull'informazione. Colgo la palla al balzo visto che siete qua e vi pregherei, rispetto alla vostra indipendenza, di dare anche rilievo alla manifestazione di domani.

  GIORGIO LAINATI. Questa è la Commissione di vigilanza sulla RAI e ne sono anche il vicepresidente e voglio dichiarare formalmente di non condividere neanche una parola tra quelle che ho sentito dalla rappresentante del Movimento 5 Stelle. Da molti anni il servizio pubblico, pagato dai cittadini compreso il sottoscritto, offre a mio avviso uno straordinario lavoro qualitativo e professionale per tutti i telespettatori. I programmi di approfondimento del servizio pubblico sono tra i migliori d'Italia e anche della programmazione dei servizi pubblici televisivi. Forse la rappresentante del Movimento 5 Stelle ha confuso il telegiornale coi servizi parlamentari, che giustamente vengono qui, riprendono quello che succede e, negli spazi propri dei servizi parlamentari, spiegano quello che avviene nelle Commissioni bicamerali e nelle Commissioni permanenti, ma sono due cose completamente diverse.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Ringrazio il presidente Lainati per le parole istituzionali che ha speso e nelle quali mi ritrovo. Peraltro, la commissaria Nesci avrà modo, rileggendo il resoconto, di Pag. 19rendersi conto che i suoi riferimenti alle parole del direttore Berlinguer sono completamente fuori luogo.
  Mi permetto una nota a margine: colpisce, presidente, che il Movimento 5 Stelle, che è entrato in quest'aula dicendo di voler cambiare completamente la RAI, adesso...

  ALBERTO AIROLA. Ti contesto quest'affermazione. La fai tutte le volte. Siccome mi hai interrotto, adesso io interrompo te. Continui a tirare in ballo questa storia. Te la contesto, Peluffo. La prossima volta...

  PRESIDENTE. Airola lasci terminare.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Adesso ha come unica preoccupazione quella di occupare la RAI, innanzitutto i telegiornali, non rispondendo invece agli inviti alle trasmissioni di approfondimento, e quindi contribuendo allo squilibrio delle presenze nelle trasmissioni di approfondimento.

  ALBERTO AIROLA. È inaccettabile. Questo, Peluffo, è inaccettabile.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Inaccettabile un bel niente ! Non sei nelle condizioni di giudicare le posizioni degli altri. Sei intervenuto, hai detto il tuo. Io intervengo e dico il mio. Non puoi giudicare se le posizioni degli altri siano ammissibili o meno.

  PRESIDENTE. Uno alla volta. Con calma, Airola.

  ALBERTO AIROLA. Sono calmissimo. Innanzitutto, noi non abbiamo lottizzato la RAI, voi sì. In secondo luogo, da un anno e mezzo sono qua dentro e chiedo che la RAI sia liberata dalla politica, come ho avuto modo di dire più volte. Quindi, Peluffo, non dire bugie.

  FABIO RAMPELLI. Questa è una gag che va in onda regolarmente. Speriamo che uno dei due riesca a convincere l'altro. Mi ritengo parzialmente soddisfatto della risposta, nel senso che ci sono comunque degli elementi che mi inducono a riflessione. Vorrei ricordare, in questo tentativo di rimettere a registro il pluralismo dell'informazione, e quindi il diritto di tutti ad avere il proprio spazio non di visibilità, ma di informazione, che forse sarebbe opportuno anche cercare di capire, entrando nel merito, quanto possa essere legittimo ancorarsi esclusivamente o prevalentemente a una rappresentanza parlamentare, posto che alcuni movimenti, alcuni partiti nascono da scissioni parlamentari e hanno il doppio, il triplo, il quadruplo della presenza di chi, invece, ha avuto un mandato popolare esplicito, come democrazia impone. Anche quest'aspetto nella regolamentazione dovrebbe, secondo me, essere meglio congegnato. Questo potrebbe comunque andare a conforto anche di chi svolge un certo mestiere.

  BIANCA BERLINGUER, direttore del TG3. Permettetemi solo una rapida risposta all'onorevole Nesci, perché non ho affatto detto che l'informazione politica si manifesta o ha un senso solo nei talk show. Oltretutto, il nostro non è un talk show. Non considero Linea Notte un talk show, ma la trasmissione di approfondimento di un telegiornale, che dura un'ora e che, come sapete, contiene molte cose, tutta una parte di politica estera, una di notizie che riguardano la giornata, una di rassegna stampa. È l'approfondimento del telegiornale e non un talk show. Non ha niente a che vedere con i talk show.
  Potrei leggere tutti i dati, ma lei li conosce meglio di me. Il Movimento 5 Stelle è stato sempre rappresentato dal TG3 tranne, appunto, nel mese di settembre, ma non bisogna aspettare il mese di ottobre per riequilibrare. Non è questa la questione. Questo non riguarda solo il Movimento 5 Stelle, ma tutti.
  Come ho spiegato nella relazione all'inizio relativamente alla par condicio, il TG3, come tutti i telegiornali, si attiene anche all'attualità politica, altrimenti staremmo solo a far fare dichiarazioni. È Pag. 20chiaro che ci sono mesi in cui risulteranno più rappresentate alcune forze e sottorappresentate altre forze politiche e viceversa. Questo riguarda tutti. Ci sono stati momenti in cui è stata sottorappresentata Forza Italia, altri in cui lo è stato il Partito Democratico, soprattutto in una situazione come quella attuale, in cui c’è una sovrarappresentazione del Governo, che naturalmente è al centro di molte iniziative, come sapete, quelle di cui ragioniamo, per cui spesso è molto presente nel telegiornale. A questo spesso corrisponde, invece, una sottorappresentazione del Partito Democratico, ma perché questo è il dibattito politico attuale. Non lo sto inventando io. Naturalmente, cerchiamo di riportare nel modo più corretto possibile quello che succede, ma non ho mai detto che l'informazione politica si manifesti solo attraverso i talk show, anche perché dirigo un telegiornale, quindi mi darei la zappa sui piedi da sola dicendolo. Nelle edizioni delle 14.30 e delle 19.00, il Movimento 5 Stelle è stato sempre ben rappresentato. Il mio era un auspicio, un desiderio, per dire che mi farebbe piacere che al nostro approfondimento partecipassero ogni tanto, visto che non si verifica mai, anche esponenti del Movimento 5 Stelle, poi naturalmente la decisione sta a voi, non certamente a me. Era un desiderio, che ho manifestato pubblicamente, e basta.

  PRESIDENTE. Ringrazio la dottoressa Berlinguer e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.55.