XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 37 di Mercoledì 16 luglio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 2 

Audizione del presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, Angelo Marcello Cardani:
Fico Roberto , Presidente ... 2 
Cardani Angelo Marcello , presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ... 2 
Fico Roberto , Presidente ... 7 
Buemi Enrico  ... 7 
Rossi Maurizio  ... 7 
Fico Roberto , Presidente ... 9 
Airola Alberto  ... 9 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 10 
Buemi Enrico  ... 12 
Fornaro Federico  ... 12 
Rossi Maurizio  ... 12 
Cardani Angelo Marcello , presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ... 12 
Martusciello Antonio , commissario dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ... 12 
Cardani Angelo Marcello , presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ... 13 
Airola Alberto  ... 15 
Martusciello Antonio , commissario dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ... 15 
Airola Alberto  ... 16 
Martusciello Antonio , commissario dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ... 16 
Buemi Enrico  ... 16 
Cardani Angelo Marcello , presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ... 16 
Fico Roberto , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 20.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.
  Comunico, altresì, che dell'audizione odierna sarà redatto e pubblicato il resoconto stenografico.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, Angelo Marcello Cardani.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, Angelo Marcello Cardani, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Il professor Cardani riferirà sul tema della tutela del pluralismo e della comunicazione politica e della parità di accesso ai mezzi di informazione nei periodi non elettorali, anche in relazione allo schema di regolamento in materia che l'Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni ha trasmesso alla Commissione lo scorso 28 novembre, ai fini della consultazione preventiva prevista dalla legge 22 febbraio 2000, n. 28.
  Inoltre, come convenuto dall'Ufficio di presidenza della Commissione, il professor Cardani riferirà per l'occasione anche sulla par condicio nei periodi elettorali.
  Do la parola al professor Cardani, con riserva per me e i colleghi di rivolgergli domande e richieste di chiarimento al termine del suo intervento.

  ANGELO MARCELLO CARDANI, presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Ringrazio il presidente e i componenti della Commissione per aver voluto ascoltar me, il collega Antonio Martusciello, la dottoressa Benedetta Liberatore e il professor Andrea Stazi, che mi accompagnano. Dato che l'ora non è delle più propizie, salterò qualche punto del documento, che comunque è stato distribuito. Le parti che non leggerò saranno comunque a loro disposizione.
  La consultazione odierna si inserisce, come ho avuto modo di ribadire in altre occasioni, nel processo di revisione della vigente disciplina regolamentare del periodo non elettorale che l'Autorità ha avviato a novembre 2013, adottando uno schema di regolamento che è stato loro trasmesso ai fini delle consultazioni previste dalla legge 22 febbraio 2000, n. 28. Lo schema di regolamento è stato, altresì, sottoposto a un ciclo di audizioni con le emittenti radiotelevisive, le associazioni maggiormente rappresentative del settore e con i Comitati regionali per le comunicazioni, Co.Re.Com., in virtù del ruolo rivestito da questi ultimi in materia di par condicio. In questa relazione, quindi, ragguaglierò tutti loro anche sulle principali indicazioni che sono emerse da questo ciclo di audizioni.Pag. 3
  L'esigenza di procedere alla revisione delle disposizioni attuative della par condicio nei periodi non elettorali deriva dalla concomitanza di vari fattori. In primo luogo, la vigente disciplina, che trae la sua origine dalle delibere n. 200/2000/CSP, n. 22/2006/CSP e n. 243/2010/CSP, essendo la risultante di interventi adottati via via nel tempo, appare oggi in uno stato disomogeneo e sicuramente molto datato. In secondo luogo, il processo di innovazione e trasformazione del sistema dei media introdotto dalla tecnologia digitale postula che, quanto meno nella normazione di secondo livello, si tenga conto dei cambiamenti intervenuti nelle modalità di fruizione del mezzo radiotelevisivo e nei format dei programmi.
  Lo schema di regolamento sottoposto all'attenzione di codesta Commissione, in attesa del nuovo intervento del legislatore in materia, che ho avuto più volte occasioni di auspicare, intende quindi dare attuazione coordinata alla vigente normativa del periodo non elettorale, unificando in un unico corpus regolamentare le norme attualmente contenute in provvedimenti diversi e introducendo, per quanto possibile, le innovazioni che si rendono necessarie a seguito del mutamento di scenario delle indicazioni fornite dalla giurisprudenza costituzionale e amministrativa e dalla prassi sino a ora maturata dall'Autorità.
  Passo a una breve illustrazione dello schema del provvedimento, che si compone di 43 articoli, suddivisi in 7 titoli.
  Nel titolo I è stato inserito un articolo dedicato alle definizioni per garantire maggiore chiarezza interpretativa, recependo formulazioni formatesi nella prassi applicativa e giurisprudenziale maturata nel tempo. Di particolare interesse risultano le definizioni di emittente televisiva e di soggetto politico. Per quanto concerne la definizione di soggetto politico, da leggere in combinato disposto con i criteri di monitoraggio dei programmi di informazione declinati al successivo titolo II, la stessa tiene conto dell'esigenza di assicurare un'efficace tutela del pluralismo, considerando anche quei soggetti che, pur non rappresentati in Parlamento, partecipino attivamente alla vita politica assumendo iniziative degne di nota. Quanto alla definizione di emittente televisiva, essa mira a chiarire che le norme da emanare sono applicabili non solo alle emittenti ex analogiche, ma anche ai canali nativi digitali che fanno informazione, a prescindere dalla piattaforma trasmissiva utilizzata, superando di fatto quel disallineamento terminologico e tecnologico imputabile al lungo intervallo temporale che c’è stato tra i due interventi legislativi, quello della legge n. 28 del 2000 e quello del testo unico del 2005, integrato e modificato nel 2010 con il cosiddetto decreto Romani.
  Il titolo II, relativo alle emittenti televisive e radiofoniche nazionali, è composto dagli articoli da 3 a 13, suddivisi in capi e sezioni. Il capo II è dedicato ai programmi di informazione. Nell'ambito della tipologia di programmi cui possono prendere parte i soggetti politici, la legge opera una distinzione tra i programmi di comunicazione politica (le classiche tribune elettorali) in cui gli spazi sono ripartiti secondo rigide medie aritmetiche (il cosiddetto equal-time rule) in ossequio al principio della parità di accesso di tutti i competitori politici e, dall'altra parte, i programmi di informazione, ai quali si applica il principio della parità di trattamento. È la stessa legge n. 28 del 2000 a prevedere che il criterio aritmetico di ripartizione degli spazi propri della comunicazione politica non si applichi alla diffusione di notizie nei programmi di informazione e tale interpretazione è stata più volte ribadita dalla Corte costituzionale e dalla giurisprudenza amministrativa.
  La comunicazione politica, genere sul quale il legislatore del 2000 aveva costruito il baricentro della legge sulla par condicio, rappresenta ormai uno strumento di informazione residuale. I dati di ascolto evidenziano una scarsa attenzione del pubblico verso questa tipologia di programmi. Di contro, è cresciuta l'attenzione del pubblico per i telegiornali e per i programmi di approfondimento che, prendendo le mosse da fatti di attualità, si Pag. 4esplicano attraverso format di vario tipo, che attraggono l'interesse del pubblico per il tipo di confronto proposto.
  Al riguardo, si segnalano due elementi di novità: la previsione di una verifica quadrimestrale d'ufficio sul rispetto del pluralismo da parte dei telegiornali, vincolata a scadenze predeterminate, e l'eliminazione del cosiddetto periodo preelettorale. I quadrimestri sono individuati con riferimento all'anno solare, a partire dal 1o gennaio di ciascun anno. Quanto al periodo preelettorale, una delle principali criticità registrate nell'applicazione della disciplina recata dalla delibera n. 22/2006/CSP è stata quella di individuare con certezza ex ante l'inizio del periodo preelettorale, coincidente con i 30 giorni che precedono l'indizione dei comizi, in caso di elezioni politiche e, in particolare, in caso di scioglimento anticipato delle Camere. Nel testo proposto, quindi, viene meno ogni riferimento al periodo preelettorale stante la sua indeterminabilità. Tuttavia, nella consapevolezza della ratio sottesa alla previsione elaborata nel 2006, nel testo presentato è previsto che, qualora nel corso del quadrimestre abbia inizio una campagna elettorale per una consultazione nazionale, il quadrimestre medesimo si considera concluso alla data della convocazione dei comizi, con la precisazione che l'Autorità effettuerà la valutazione di tale periodo prima dell'avvio della campagna.
  Circa i criteri di valutazione, lo schema di regolamento prevede che l'Autorità effettui la valutazione del rispetto del pluralismo politico nei telegiornali prioritariamente con riferimento al tempo di parola complessivamente fruito da ciascun soggetto politico istituzionale, da interi telegiornali diffusi e da ciascuna testata nel periodo considerato. La verifica è finalizzata ad accertare l'equa rappresentazione di tutte le opinioni politiche e il rispetto del principio di parità di trattamento tra forze politiche, tenuto conto del consenso elettorale conseguito alle più recenti elezioni politiche nazionali, nel rispetto dell'autonomia editoriale giornalistica e della correlazione dell'informazione ai temi di attualità e cronaca. Ai fini della decisione, l'Autorità tiene conto, quale fattore sussidiario di valutazione, anche del tempo di notizia.
  L'Autorità ha ritenuto che il tempo di parola, in quanto tempo fruito direttamente dal soggetto politico, senza alcuna intermediazione giornalistica, costituisca l'elemento più oggettivo per effettuare una corretta valutazione del pluralismo, mentre il tempo di notizia rappresenta solo un criterio sussidiario di valutazione. Quest'ultimo infatti, misurando il tempo dedicato a ciascun soggetto politico dal conduttore del telegiornale e dai giornalisti, è espressione della linea editoriale del notiziario, attraverso la quale si realizza l'autonomia editoriale dell'emittente. A tale autonomia, in quanto manifestazione della libertà di espressione di cui all'articolo 21 della Costituzione, la Corte costituzionale ha sempre riservato particolare attenzione.
  Nel testo proposto, il tempo di notizia riveste una rilevanza pari al tempo di parola in due fattispecie: allorquando, nel periodo oggetto di valutazione, i notiziari diffusi dalla testata monitorata hanno assicurato a tutti i soggetti politici un tempo di parola complessivamente molto esiguo, comunque non superiore ai dieci minuti, o nessun tempo di parola; nel secondo caso, in relazione a forze politiche che, pur avendo partecipato alle ultime consultazioni nazionali, non hanno superato la soglia di sbarramento. Ai fini delle valutazioni del rispetto della parità di trattamento, lo schema di regolamento introduce il nuovo criterio, mutuato dalle esperienze di altri Paesi europei, del consenso elettorale conseguito alle ultime elezioni politiche.
  Con riferimento alle edizioni dei telegiornali, oggetto della verifica, mantenendo la norma vigente, lo schema considera il dato relativo a tutte le edizioni dei notiziari andate in onda nell'arco di ciascuna giornata di programmazione. La previsione appare coerente con l'esigenza di assicurare il rispetto dell'autonomia editoriale della testata, vieppiù in considerazione del fatto che si tratta di periodo non elettorale, rispetto al quale la legge Pag. 5n. 28 non fornisce alcuna indicazione in materia di informazione. Inoltre, essa appare rispondente al mutamento editoriale intervenuto nel format dei programmi di informazione.
  Oggi l'informazione politica è diffusa sia dalle reti generaliste, attraverso le diverse edizioni dei telegiornali, sia dai canali tematici, sia dai canali all-news, che diffondono notizie con un rullo in costante aggiornamento. Inoltre, attraverso le nuove tecnologie, le edizioni dei telegiornali possono essere riascoltate anche a distanza di tempo e fruite on line attraverso le App degli smartphone, il che rende complessa l'attività di verifica sul rispetto del pluralismo svolta secondo canoni tradizionali risalenti all'adozione della legge n. 28 del 2000. Occorre tenere presente, a tale riguardo, anche la difficoltà di effettuare valutazioni sul pluralismo dell'informazione in mancanza di parametri quantitativi predefiniti dalla legge, parametri che allo stato sussistono in maniera esplicita solo per i programmi di comunicazione politica.
  Come regolare modalità e tempi dell'accesso nei programmi di informazione alla luce del cambiamento dei media ? L'ampliamento dei canali derivanti dall'uso della tecnologia digitale e il ruolo assunto da Internet sicuramente concorrono ad assicurare una più effettiva partecipazione di tutti i soggetti politici all'informazione politica. L'esigenza di assicurare un'efficace tutela del pluralismo resta tuttavia insuperabile, ancorché oggi si atteggi in maniera diversa. In assenza di precise indicazioni a livello di legislazione primaria, sulla scorta dell'esperienza maturata, l'Autorità ha ritenuto di chiarire nel testo proposto che il punto di partenza di ogni valutazione sul rispetto del pluralismo politico istituzionale non può che essere un criterio di tipo quantitativo (rilevazione del tempo di parola fruito dal soggetto politico), mitigato tuttavia dal ricorso anche a criteri di tipo qualitativo (attualità della cronaca, agenda politica, presenza di un contraddittorio, format del programma, cadenza temporale). Inoltre, è introdotta una serie di parametri di tipo qualitativo elencati in ordine decrescente di rilevanza, dalla struttura del programma alla modalità di partecipazione degli ospiti politici, alla periodicità del programma, al numero complessivo di puntate trasmesse nel ciclo, alle modalità di conduzione del programma, che concorrono ad assicurare una valutazione più rispondente alla realtà editoriale.
  Il titolo III, articoli da 14 a 21, è dedicato all'emittenza radiofonica e televisiva locale. Come è noto, con la legge 6 novembre 2003, n. 313, sono state introdotte nella legge n. 28 norme specificatamente dedicate all'emittenza radiotelevisiva locale privata, stante l'esigenza di prevedere per tale comparto una disciplina più flessibile e meno rigorosa in materia di par condicio. Il quadro normativo è stato completato dal codice di autoregolamentazione, approvato con decreto ministeriale dell'8 aprile 2004, che detta disposizioni specifiche in materia di informazione, comunicazione politica e messaggi autogestiti, sia per il periodo elettorale sia per quello non elettorale. Nello schema di regolamento proposto si fa quindi rinvio alle norme del codice di autoregolamentazione.
  Infine, il titolo VI reca le disposizioni procedurali. Particolare attenzione è stata prestata alla fase di impulso al procedimento, per la quale è previsto un doppio canale di attivazione, l'iniziativa d'ufficio dell'Autorità, ovvero la denuncia da parte di ciascun soggetto politico interessato. In ossequio ai princìpi di efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa, sono stati declinati in modo rigoroso i requisiti di procedibilità e ammissibilità della denuncia di parte, anche con specifico riferimento ai termini perentori entro i quali la medesima deve essere presentata, ovvero 30 giorni dalla realizzazione del fatto lesivo. L'obiettivo è di evitare azioni pretestuose o meramente dilatorie.
  Come ho anticipato, la proposta ha costituito oggetto di un ciclo di audizioni disposto dall'Autorità con i soggetti direttamente interessati. In chiusura ritengo quindi opportuno richiamare l'attenzione della Commissione sui principali elementi Pag. 6di criticità messi in luce dai soggetti intervenuti, taluni dei quali offrono interessanti spunti di riflessione.
  La maggior parte dei soggetti ha sollevato dubbi in merito alla legittimazione dell'Autorità a regolare i programmi di informazione in periodo non elettorale. In particolare, è stato evidenziato che le limitazioni previste dalla legge n. 28 del 2000 al diritto di informazione e cronaca costituzionalmente garantiti possono giustificarsi solo nei periodi interessati dalle campagne elettorali in relazione alla necessità di assicurare la parità di trattamento e l'imparzialità rispetto ai diversi soggetti politici. Una disciplina così penetrante non trova, però, giustificazione nei periodi non elettorali; peraltro, in assenza di specifiche disposizioni normative di livello primario, essa può costituire una restrizione non giustificata alla libertà di manifestazione del pensiero e alla libertà editoriale delle emittenti.
  Alcuni soggetti hanno evidenziato come lo schema di regolamento rechi previsioni più limitative di quelle fissate dalle precedenti delibere dell'Autorità, determinando di fatto un'assimilazione delle emittenti private alla concessionaria pubblica sotto il profilo dei vincoli in materia di pluralismo, senza tenere nella dovuta considerazione le differenze esistenti.
  Inoltre, diversi soggetti hanno rilevato un'inadeguatezza della regolamentazione proposta al mutamento intervenuto nel settore dei media, evidenziando che la televisione non è più l'unica fonte di informazione del pubblico e nemmeno il mezzo di informazione più pervasivo. Secondo questi soggetti, una disciplina della par condicio incentrata sulle emittenti televisive poteva trovare giustificazione nell'ottica del legislatore del 2000 a causa della sostanziale limitazione delle risorse frequenziali e, dunque, del limitato numero di emittenti concessionarie. Il nuovo regolamento, pertanto, dovrebbe rappresentare l'occasione per l'avvio di un processo di adeguamento della normazione secondaria al mutato panorama dell'informazione, caratterizzato da una proliferazione di media, di mezzi tecnici, di strumenti di fruizione e di nuove fonti di informazione, quali i siti Internet.
  In maniera pressoché unanime, i partecipanti alle audizioni hanno sollevato dubbi in ordine ai criteri di valutazione individuati con specifico riferimento al tempo di parola, al tempo di notizia e al consenso elettorale, suggerendo di prevedere criteri di ordine qualitativo e non quantitativo, ricorrendo a questi ultimi eventualmente in via sussidiaria.
  I rappresentanti di alcuni canali tematici tipo all-news hanno poi sottolineato che l'informazione, nel loro caso, rappresenta un unicum insuscettibile di essere scomposto e separatamente valutato sulla base di una distinzione tra tipologie di programmi.
  In merito al consenso elettorale, è stato contestato il riferimento anche a quelle forze politiche che, pur avendo partecipato alle ultime elezioni, non abbiano superato la soglia di sbarramento e alle forze politiche che si costituiscono successivamente allo svolgimento delle elezioni politiche, ciò in quanto questo ampliamento dei soggetti politici contribuirebbe a frustrare la qualità dell'informazione e il suo legame con il criterio di attuazione e di interesse pubblico delle notizie.
  Queste, in sintesi, sono le norme che abbiamo proposto e le osservazioni che abbiamo ricevuto. Si tratta, pertanto, di individuare una metrica ragionevole e proporzionata per l'informazione, volta ad adeguare il sistema della par condicio a un mondo di media in profonda trasformazione, dove convivono emittenti generaliste, canali tematici, canali all-news e, da ultimo, Internet. Naturalmente, il confronto con i rappresentanti della Commissione costituirà per l'Autorità un momento di importante riflessione in merito alle questioni a cui ho fatto cenno nel corso del mio intervento. La presente relazione è stata consegnata alla presidenza: aggiungeremmo anche questo appunto sul periodo elettorale, che costituisce una prima riflessione basata in parte sui risultati emersi relativamente al comportamento delle elezioni europee appena svoltesi. Abbiamo Pag. 7raccolto dei dati, su cui sono basate alcune riflessioni. In ogni caso, una revisione della parte relativa al periodo elettorale seguirà dopo aver sistemato definitivamente questa parte. Vi ringrazio per la vostra attenzione.

  PRESIDENTE. Provvederemo a trasmettere il materiale depositato a tutti i componenti.

  ENRICO BUEMI. È interessante questo ragionamento intorno al tempo della parola e al tempo della notizia. Sul tempo della parola credo non ci sia molto da dire, in quanto il soggetto preso in considerazione si esprime con le capacità e le modalità che ritiene. Sul tempo della notizia, invece, passiamo attraverso la mediazione di colui che dà la notizia. Qualche ora fa, ho sottoposto al presidente della Commissione di vigilanza un caso, che cito perché mi interessa direttamente, ma anche perché è sintomatico di una modalità sulla quale chiederei una riflessione dell'Autorità garante. Lunedì, il tribunale di Torino ha condannato 4 esponenti politici, ex consiglieri regionali, a seguito delle vicende di «rimborso poli». Ebbene, i 4 soggetti e già altri 25 rinviati a giudizio erano trattati in questo modo: per i primi tre, erano citati nome, cognome e sanzione applicata; per il quarto, erano citati nome e cognome, sanzione applicata e l'ex appartenenza a una forza politica di circa vent'anni fa, mentre era omessa per tutte e quattro le persone coinvolte l'attuale appartenenza alla forza politica.
  È evidente che, dal punto di vista della sua concretezza, questo tipo di notizia sia corretta, perché questi quattro soggetti sono stati condannati. Tuttavia, l'omissione dell'appartenenza dei primi tre e l'introduzione di un'ex appartenenza, senza citare l'attuale, ha creato un danno di immagine al soggetto associativo politico che fa riferimento all'appartenenza di vent'anni fa.
  Chiedo all'Autorità garante come possa essere preso in considerazione questo tipo di comportamento. Ribadisco che qui non c’è un problema di non notizia, ma di cattiva notizia, ossia di notizia non data nei termini oggettivi. Se la citazione dei quattro fosse stata che questi appartenevano e oggi appartengono o che oggi appartengono senza citare l'ex appartenenza, tutto sarebbe andato liscio. L'utilizzo, invece, di un solo soggetto per colpire indirettamente una forza politica, a mio avviso, deve essere elemento di riflessione da parte dell'Autorità garante. Nulla quaestio sull'informazione, ma occorre che l'informazione, dal punto di vista non soltanto dei tempi ma anche della qualità, risponda adeguatamente. Inoltre, ritengo scarsamente interessante il periodo elettorale al fine della produzione di un'opinione pubblica informata correttamente. Le questioni principali si giocano non in campagna elettorale, ma nei periodi precedenti, oggettivamente più lunghi e che colpiscono in maniera meno propagandistica i soggetti destinatari, ma continuativa. Un'informazione parzialmente «mitigata» produce opinioni sicuramente più solide nel tempo.
  L'altra questione è relativa a come si possa garantire il pluralismo delle idee – lei in parte ha toccato quest'argomento – nei confronti di quei soggetti esclusi dalla rappresentanza politica in base a tecniche elettorali che introducono sbarramenti naturali e artificiali e attraverso premi di maggioranza, che ovviamente scompensano il dato oggettivo del consenso. C’è un consenso di voti e una rappresentanza e non sempre il rapporto tra voti e rappresentanza è lineare.
  Ho già evidenziato come valutare la differente qualità dei contenuti. Come si può trattare l'informazione palesemente distorta, prescindendo dai procedimenti di diffamazione ? Mi riferisco a mezze verità o a fatti taciuti che hanno rilevanza di notizia in una corretta attività professionale del comunicatore, ma che un comunicatore un po’ mistificatore omette o introduce.

  MAURIZIO ROSSI. È una materia che sinceramente non vi invidio, dal momento che è assolutamente ingestibile.Pag. 8
  Fin dal 1977, ho vissuto tutto il mondo dell'emittenza locale, radiofonica e poi televisiva, in tutte le fasi della par condicio da un punto di vista completamente diverso. Siamo però in Commissione vigilanza RAI, quindi dovremmo parlare della par condicio primariamente in RAI.
  Quello dell'emittenza televisiva e radiofonica, nazionale e locale, è un problema estremamente interessante, che deve essere affrontato, a mio modesto parere, in questo senso: laddove esista pluralità di informazione, andrebbe abolita totalmente. Nelle aree geografiche dove non ci sono posizioni palesemente dominante, ma ci sono siti Internet, televisioni, radio e quotidiani, obiettivamente è impossibile. Dove c’è pluralità vera, il problema della par condicio non esiste. Tutti siamo stati coinvolti nella par condicio per colpa di Berlusconi. Il problema è emerso quando un soggetto politico aveva tre televisioni nazionali che facevano il 48 per cento di share e, nello stesso tempo, era un soggetto politico che si presentava alle elezioni. Ricordo i dibattiti di quei tempi, ricordo Marco Pannella a cui, quando si iniziò a parlare di par condicio, chiesi un'opinione in un incontro a Genova, dove aveva fatto una manifestazione: mi rispose che non avevo idea di quello che sarebbe accaduto. Ci furono dei periodi in cui la par condicio vietava proprio tutto, tanto che avvenne un fatto estremamente negativo: l'emittenza televisiva locale di tutto il Paese – ai tempi ero vicepresidente nazionale dell'associazione FRT – non fece campagna elettorale per paura di essere sanzionata. Anziché informare sul territorio, decisero di non fare campagna elettorale perché c'era il terrore di essere multati. Ribadisco che la par condicio dovrebbe essere abolita in tutti i territori dove esiste una vera pluralità di informazione.
  Va riconosciuta solamente dove ci sono posizioni fortemente dominanti, per l'emittenza televisiva nazionale, ma tanto più quando ci sono conflitti di interesse pesanti come quelli che ci sono in taluni casi. Oggi, però, dobbiamo parlare specialmente del fatto che c’è una netta differenza tra l'analisi della par condicio quando si è servizio pubblico e quando si è realtà privata. Quella che trattiamo oggi è, ovviamente, quella della RAI. Questo è il problema drammatico. Purtroppo, fanno i furbi in RAI: ci sono mille modi per aggirare la questione. Il problema è alla base. In RAI, dovrebbe esserci una coscienza e un'etica che non consenta assolutamente di fare i furbi.
  Ho citato l'esempio e anche fatto un esposto sui 15 minuti di pubblicazione del banner durante le immagini di Renzi con Obama, di Obama con il Papa, quando ci fu la visita del Presidente degli Stati Uniti: per i 15 minuti consecutivi in cui passava il banner su Rai News con scritto «Renzi impressionato dalla visione del Papa», Obama e il Papa diventavano i testimonial di Renzi. Quello non è previsto. Queste sono le furbate che non so in quale modo riuscirete a risolvere.
  Quanto alla par condicio a livello territoriale, ho iniziato a far politica nel gennaio del 2013 e non sono mai stato citato o invitato a Rai Tre Regionale. Non faccio denuncia perché è inutile; sarà un fatto soggettivo dei giornalisti – sarò loro antipatico e ne avranno anche tutte le motivazioni, non dico di no – ma obiettivamente è la RAI che deve cercare di fare trasparenza e parità di trattamento: o bisogna sempre e solo attivarsi con denunce ? Nel servizio pubblico di oggi e, eventualmente, nel servizio pubblico di domani, qualora ci sia una differenza con altri soggetti cui sia riconosciuto di essere servizio pubblico, secondo me ci si deve attenere strettamente a una par condicio.
  Sono, ad esempio, per l'abolizione totale delle tribune elettorali, ovunque. Sono inutili, non fanno ascolti, sono narcisismo proprio perché non portano nulla. Non parliamo degli orari di trasmissione. La par condicio entra in modo pesante solamente nei telegiornali e nei programmi che si rifanno alla testata giornalistica e, come giustamente diceva Buemi, tutta la preparazione è una campagna elettorale. Sappiamo che l'anno prossimo si andrà alle elezioni regionali in talune regioni: da adesso siamo già in campagna elettorale. La gestione di questi spazi, decidere di Pag. 9privilegiare determinati soggetti è già pienamente campagna elettorale, quindi è falsa la differenza tra i tre periodi fino alla convocazione dei comizi elettorali, tra la convocazione e la presentazione delle liste e così via.
  Ne ho discusso più di una volta anche con l'amico Rognoni, che non sapeva che esistesse la par condicio nel periodo non elettorale. Taluni partiti, come il Partito Democratico – non lo dico assolutamente per polemica – sono molto abili a fare le primarie. Nessuno sa che, quando ci sono le primarie del PD o quando c’è una Festa dell'Unità, dove molto intelligentemente si invitano i grandi personaggi e tutti i giorni sono sulle emittenti nazionali, quel tempo dovrebbe essere parificato a quello di tutti gli altri partiti: non viene fatto. Lo stesso discorso riguarda oggi l'abilità di avere un Presidente del Consiglio contestualmente segretario del partito: com’è tarato quest'altro spazio ? Non so come farete. Non sono riuscito a leggere il documento perché oggi siamo stati in Assemblea tutto il giorno, ma credo che in Commissione si debba dedicare qualche riunione per pensare ai suggerimenti da poter offrire a voi che avrete questo arduo compito.

  PRESIDENTE. Il dibattito è aperto: stiamo proprio svolgendo un percorso che ci porterà ad approvare una delibera sulla par condicio in periodi non elettorali.

  ALBERTO AIROLA. Sarò anch'io molto breve rispettando questa comune sintesi. Come dicono i colleghi, il problema è che si sta cercando di risolvere una serie di violazioni con strumenti coercitivi di controllo, mentre probabilmente servirebbe una legge antitrust, sul conflitto di interessi nell'editoria, che i giornalisti rispettassero semplicemente il loro codice deontologico, che la politica non fosse così invasiva di tutti i media. Il problema è che stiamo cercando di trovare strumenti impropri per fronteggiare uno tsunami, una marea. Questi strumenti non saranno mai adeguati. Mi ha interessato molto l'appunto sulla distinzione quantitativa e qualitativa. Certo, sul metodo qualitativo bisogna veramente capire che criteri si vogliono identificare e applicare. Ho una formazione anche in parte semiologica e giornalistica e non saprei dove sbattere la testa.
  Le questioni sono diverse. C’è, ad esempio, la questione dell’all-news. È sicuramente un modo di fare notizia che è emerso in questi anni, sebbene Rai News lo svolga in modo forse improprio: non sono stato l'unico a notare che sono spariti dei servizi di approfondimento. Quando la notizia è una ripetizione, e quindi la ripetitività vince sul contenuto o sulla capacità di focalizzare l'attenzione dello spettatore, la televisione si comporta come una radio – mi riferisco prevalentemente alla televisione: si ripetono costantemente notizie e magari si perde l'attenzione per i dettagli delle notizie e restano solo alcuni punti. Si tratta di un meccanismo di disinformazione che spesso viene attivato, ovviamente quando lo si fa in mala fede. Sistemi per interrompere la ripetitività forse esistono. Approfondendo le notizie, però, è sicuramente più facile recuperare un equilibrio, una certa imparzialità: queste sono valutazioni più sul sistema che sul merito dei contenuti.
  Vorrei avere anche qualche delucidazione sulle sanzioni. A me è capitato di fare un esposto all'Agcom l'anno scorso, nel periodo di novembre, perché la presenza del Movimento 5 Stelle nei Tg era bassa. Mi era stato risposto che in effetti avevano rilevato delle alterazioni, ma le cose sono migliorate. È anche successo con il premier Renzi in campagna elettorale. L'Agcom si era espressa su più casi di sovraesposizione. Probabilmente, le sanzioni andrebbero applicate il più in fretta possibile. Capisco che, per avere un quadro, bisogna avere un intervallo di tempo, ma forse quattro mesi sono tanti. Potrebbero succedere altre cose nel frattempo. Avete detto che effettuate un monitoraggio globale. In alternativa, bisogna intervenire prima. Soprattutto in certi periodi, quando si fa il danno, poi è molto difficile riuscire a recuperare.
  Un'ultima considerazione riguarda le percentuali considerate per la rappresentanza Pag. 10dei gruppi politici non più basate sulla consistenza in Parlamento, ma sui risultati delle ultime elezioni politiche ovvero sul consenso elettorale: vorrei che mi chiariste questo punto. Trovo che sia giustissimo perché il premio di maggioranza è viziato da una legge incostituzionale. Soprattutto, vorrei capire se sarà un criterio applicato anche in periodo non elettorale. Già adesso ci sono sproporzioni mostruose. Per non riferirmi sempre al solito Movimento 5 Stelle sottoesposto, dico che, per esempio, il Nuovo Centrodestra attualmente ha delle percentuali – guardavo l'Osservatorio di Pavia l'altro giorno – veramente miserevoli, così come altre forze politiche.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Voglio ringraziare anch'io il presidente Cardani per la relazione che ci ha illustrato in larga parte e per i testi che ci ha consegnato, per noi materiali di rilievo per incardinare nel modo più corretto, prima, il percorso auditivo che abbiamo e, poi, per formulare il parere della Commissione di vigilanza nel meccanismo di consultazione con l'Agcom rispetto allo schema di regolamento. Come hanno detto i colleghi commissari, è materia particolarmente delicata e complicata, quindi credo sia importante da parte di questa Commissione un percorso fatto di audizioni e di approfondimenti sui testi che ci sono stati forniti.
  Credo che alcune questioni messe in evidenza possano essere già oggetto questa sera di una primissima occasione di confronto. Anzitutto, credo sia ampiamente condivisa la considerazione che è alla base dello schema del regolamento stesso che la normativa sulla par condicio e sui regolamenti applicativi siano disciplina datata in relazione a mutamenti di scenario.
  Il presidente Cardani ci offre un'interpretazione di questo elemento di una disciplina datata intorno a due questioni. Una è quella di un oggettivo mutamento di quadro politico, cioè di un tendenziale superamento del bipolarismo fondato su due coalizioni incardinate intorno a due soggetti politici. I risultati delle politiche dello scorso anno hanno indicato un assetto che poi è stato in parte confermato dalle europee, seppure con valori diversi, tendenzialmente di non due, ma tre soggetti politici, oltre una presenza di altri partiti. Non so se questo sia l'elemento di evoluzione definitiva del quadro politico. Può darsi che sia un passaggio intermedio verso una riaggregazione nella quale immagino che avranno un'incidenza sia la legge elettorale che sarà approvata sia le riforme istituzionali, come sempre hanno le regole rispetto agli assetti. Credo che questo primo elemento sia quanto meno una fase di passaggio, in cui è ancora difficile scattare un'istantanea che possa durare nel tempo. Può darsi di sì, ma può darsi anche di no. Può darsi che ci riconduciamo a un assetto compiutamente bipolare basato su coalizioni o che ci sia una tendenza a una loro maggiore frammentazione. Credo che questo sia un elemento soggetto a confronto, a dubbi e a rilievi.
  Il secondo argomento è legato al mutamento di scenario dell'innovazione del sistema dei media con l'impatto del digitale in termini di opportunità e di pluralità, di offerta che diventa canale e di tutte le considerazioni formulate e che mi trovano assolutamente d'accordo. Credo che questo sia l'elemento di mutamento di scenario di maggior rilievo e di maggiore impatto, nel quale si inseriscono anche elementi di novità che oggettivamente prima non erano presenti. Sono stati richiamati dal presidente Cardani e anche da altri commissari: pensiamo ai canali all-news, che hanno una configurazione e una stretta connessione tra l'offerta legata all'informazione e la stretta attualità che deve avere l'informazione stessa. È difficile pensare di operare in termini di compensazione e riequilibri su un dato che non può che essere legato all'attualità. Questo è un elemento di ulteriore complicazione, di ulteriore difficoltà. Allo stesso modo, è evidente, complessivamente, l'impatto di Internet. In termini di informazione, basta pensare ai numeri d'accesso che hanno i principali siti di informazione e quindi a quanto incidano in periodo elettorale e in periodo non elettorale, alla possibilità di Pag. 11informarsi legata alla competizione elettorale non solo dei cittadini. Hanno spesso numeri di gran lunga superiore al numero delle copie cartacee vendute o di diffusione.
  Sempre in relazione ai siti Internet, è più difficile una perimetrazione, basti pensare alla questione dei sondaggi vietati negli ultimi 15 giorni: ormai ci siamo abituati a tornate elettorali in cui questi stessi sondaggi erano disponibili su siti che non avevano domini italiani, registrati in Italia; l'ultima evoluzione è quella del mascheramento dei sondaggi legati a conclavi, a gare ippiche o simili: quanto, effettivamente, si è di fatto aggirato un elemento che, invece, ha un forte elemento di certezza ?
  In ragione di questi mutamenti e degli strumenti previsti dalla normativa vigente, per quanto riguarda la comunicazione politica, sono d'accordo anch'io che dobbiamo andare un po’ al consuntivo dell'esperienza, guardando cosa hanno significato e che cosa significano in termini di ascolti. Ho dato un'occhiata velocissima al materiale che ci è stato offerto in riferimento alle ultime elezioni europee, ai dati di ascolto delle tribune elettorali, e non credo si discostino molto da precedenti politiche: mi sembra che i dati indichino come questo sia degli strumenti di minore accesso all'informazione per quanto riguarda la configurazione dell'orientamento elettorale.
  Per quanto riguarda i telegiornali, che costituiscono la parte più delicata, il monitoraggio è legato all'intera giornata: abbiamo discusso su questo punto in occasione del regolamento per le europee ed è stato oggetto anche di una serie di emendamenti. Bisogna chiedersi se il monitoraggio non debba avvenire per fasce orarie: è evidente che il telegiornale, senza andare nello specifico della rete, della sera abbia un rilievo assolutamente diverso rispetto a quello della notte o a quello del primo mattino. Se poi il riequilibrio avviene su quello del mattino rispetto a quello della sera, è evidente che la discrasia permane. Per questo, vorrei capire se l'idea sia anche quella del monitoraggio per fasce.
  Per quanto riguarda i programmi di informazione, cui si applica il principio di parità di trattamento, ho guardato con attenzione, avendo ascoltato il professor Cardani, anche la parte della relazione in cui si fa riferimento alle audizioni: comprendo anch'io alcuni dei dubbi riferiti dai soggetti auditi in termini di estensione al periodo non elettorale della par condicio sui programmi di informazione. Li avverto e credo che siano materiale su cui sia necessario un ulteriore approfondimento. L'idea cui, ad esempio, si è fatto riferimento di puntare al riequilibrio o, comunque, al conteggio complessivo sul ciclo nel programma nel corso dell'intera stagione per alcuni programmi, secondo me ha un senso, per altri è più complicato. È stato oggetto di una precedente audizione del presidente Cardani, circa un anno fa e ricordo che era di attualità in quelle settimane perché c'era stato un ricorso del presidente Brunetta, cui aveva corrisposto una delibera dell'Autorità rispetto ai programmi di Fazio e dell'Annunziata. Soprattutto quello dell'Annunziata prevede il singolo ospite e la delibera prevedeva il riequilibro, che significava, però, di fatto, fare il palinsesto per il resto della stagione di quel programma. L'azienda RAI aveva fatto ricorso e lo aveva vinto. Cito quell'occasione non per aprire una querelle rispetto alla quale avevamo avuto l'occasione già di confrontarci, ma per dire che comprendo i dubbi sollevati, come esempio di quanto sia complicato per alcuni programmi di informazione e non per altri che hanno, con la stessa cadenza, una maggiore frequenza e un maggior numero di ospiti, e quindi più facilità di riequilibro.
  Mi sono permesso, Presidente, di sollevare alcune questioni che mi venivano in mente ascoltando il presidente Cardani e i commissari, ritenendo però, come ho detto, che questa davvero sia l'occasione per noi di incardinare la discussione, quindi un primo momento di approfondimento Pag. 12che credo ci consenta anche di poter svolgere al meglio il nostro lavoro.

  ENRICO BUEMI. Mi chiedo come si possa garantire la pluralità dei soggetti. In alcune trasmissioni si vedono sempre gli stessi personaggi. È evidente che c’è una caratura politica in ogni personaggio. Basta guardare certe trasmissioni per chiedersi «Che ci sta a fare questo qui tutte le sere ?». Non è un elemento di rilevanza giuridica, professore, ma è – definiamolo così – un elemento di buongusto. L'Autorità garante è in grado di prendere in considerazione anche quest'aspetto o no ?

  FEDERICO FORNARO. Ho molto apprezzato l'approccio pragmatico della relazione dell'Agcom, anche se devo dire che per una volta sono totalmente d'accordo con il collega Airola: provare a regolamentare una materia così complessa è un tentativo complicato, difficile, ai limiti dell'impossibile. Vorrei aggiungere un elemento di ulteriore criticità nell'applicazione concreta.
  Inizialmente, si pensa ai grandi canali nazionali, ma c’è anche un tema concernente le tv private locali e penso anche a competizioni che non sono necessariamente nazionali, ma regionali, quindi si va in par condicio anche sulle elezioni regionali. In parte ha introdotto il tema anche un altro collega: esiste anche una diversa strategia di comunicazione delle campagne elettorali che pone alle tv locali un problema al limite del paradosso, che provo a spiegare. Non tutti i partiti hanno lo stesso radicamento e non tutti i partiti scelgono, per esempio, di organizzare eventi fisici, convegni, comizi all'interno della campagna elettorale. Può esserci, quindi, un partito che, a parità di peso, decide di organizzarli e altri che decidono di organizzare cene, quindi attività private. Dovendo rispettare la par condicio, la tv privata è in enorme difficoltà.
  Sono stato testimone del fatto che si tengono fermi i servizi su notizie che, a quel punto, passano alla settimana successiva perché ce ne sono altri, nella logica bipolare di Peluffo, dall'altra parte. Non può esserci neanche una penalizzazione al contrario. C’è chi organizza e quella è una notizia e la notizia va data. Si può discutere se quella notizia debba avere un certo rilievo o una certa durata, ma l'evento in sé è e deve rimanere una notizia. Ho introdotto quest'elemento perché, dovendo riandare a mettere mani a questo tema completo e complesso, c’è anche tutto il tema delle tv locali. Non parliamo soltanto delle grandi corporation o dei grandi canali nazionali, che comunque hanno, soprattutto nelle elezioni di livello non nazionale, un peso e un'importanza non secondario e in molte realtà possono determinare o, comunque, avere una capacità di orientamento dall'opinione pubblica molto significativa.

  MAURIZIO ROSSI. Visto che siamo in Commissione vigilanza RAI, la parte Internet privata è un discorso, mentre a mio giudizio la parte Internet del servizio pubblico è cosa totalmente diversa. Secondo me, la parte Internet del servizio pubblico pagato da tutti i cittadini non può, per una decisione anche della stessa Commissione, essere fuori della par condicio.

  ANGELO MARCELLO CARDANI, presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Chiederei all'amico e collega Martusciello di iniziare con le risposte ai quesiti.

  ANTONIO MARTUSCIELLO, commissario dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Rispondo al senatore Buemi. Lei ha correttamente posto la questione del tempo di notizia, ma non posso che richiamare i princìpi che si applicano ai programmi di informazione e che sono princìpi generali che riguardano l'obiettività, la completezza, il pluralismo e l'imparzialità di informazione. Certamente, in periodo elettorale devono essere osservati in maniera molto più rigorosa, ma, come si evince anche dal tenore dell'articolo 5 della legge n. 28, di fatto quella è l'unica norma che regola e che la stessa legge dedica all'informazione. Siamo in un terreno abbastanza ampio e non Pag. 13molto rigoroso dove, però, esiste il tema del diritto di rettifica. È evidente che, se la notizia fosse palesemente falsa, ci sarebbe la possibilità di intervenire con la richiesta di rettifica, altrimenti la legge 28 si ferma ai princìpi generali.
  La seconda questione che ha posto è relativa al meccanismo di valutazione del consenso elettorale, e quindi della riforma elettorale che ha istituito il premio di maggioranza. L'Autorità ha ritenuto che, in un sistema democratico, la misura del consenso elettorale fosse la più significativa espressione della volontà popolare e, di conseguenza, il più corretto parametro di riferimento di quel pluralismo interno, che è quello che ci interessa approfondire ed è l'elemento fondante attraverso il quale facciamo la verifica della par condicio. Proprio per questo, riteniamo che questo meccanismo della valutazione del consenso elettorale sia proprio quello che consenta alla forza politica di avere voce in misura proporzionale rispetto al numero degli elettori che hanno con il proprio voto dato quel determinato consenso. Sempre in fase elettorale, teniamo conto di valutazioni di tipo diverso che stabiliscono, per quel che riguarda la comunicazione politica, di avere lo stesso livello di comunicazione e che fissano, per quel che riguarda l'informazione, una serie di criteri appresi e mutuati dalla giurisprudenza costituzionale e amministrativa, che ci ha indotto a fare determinate scelte nel corso degli anni.
  Quanto all'ultima questione, che riguarda la presenza di alcuni soggetti politici anziché altri, è chiaro che questo appartiene all'autonomia editoriale. Possiamo garantire la presenza del soggetto politico in quanto partito, ma non possiamo pensare che un determinato personaggio politico debba andare in video al posto di un altro, perché questo non ci è consentito.
  Il senatore Airola ha posto una questione molto rilevante, su cui anche il TAR ci ha chiamato a una valutazione: ovvero sul criterio di ordine qualitativo rispetto a quello quantitativo che abbiamo sempre adottato. È chiaro che la valutazione quantitativa è quella – uso un termine un po’ forte – scientifica, nel senso che applichiamo rigidi criteri e parametri con cui abbiamo, in qualche misura, risolto la questione di garantire lo stesso livello di accesso al mezzo televisivo, quindi la stessa opportunità di comunicare a tutti allo stesso modo.
  La questione di ordine qualitativo si pone alla luce della sentenza del TAR richiamata, che riguarda un provvedimento che abbiamo emesso nei confronti di due trasmissioni televisive, condotte rispettivamente da Annunziata e Fazio. La RAI in questo momento vince nei confronti dell'Autorità al TAR – abbiamo presentato ricorso al Consiglio di Stato – perché il giudice ritiene che la valutazione debba essere di ordine qualitativo. È chiaro che, però, questo espone a una miriade di valutazioni assolutamente soggettive che un'Autorità come la nostra non può consentirsi di fare, perché non sono nello spirito della legge sulla par condicio. La legge istitutiva prevede, come dicevo, la parità di accesso al mezzo televisivo da parte delle forze politiche, la stessa opportunità. Introdurre criteri qualitativi è un auspicio, richiamato soprattutto dalle emittenti private nella consultazione che abbiamo svolto, ma è molto pericoloso perché, ripeto, potrebbe introdurre elementi di grande soggettività e di rischio.

  ANGELO MARCELLO CARDANI, presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Il commento dal quale vorrei iniziare è che è un mestieraccio. Lo è, purtroppo, perché, come del resto credo l'onorevole Peluffo stesse dicendo prima, si intrecciano vari tipi di problemi: molto banalmente, il numero di soggetti politici e le diverse piattaforme che abbiamo oggi, che non sono quelle che avremo nella prossima campagna elettorale, perché sorgeranno sicuramente altri tipi di messaggistica e altri tipi di diffusione dell'informazione.
  Come ha già detto Antonio Martusciello, l'atteggiamento più prudente è di utilizzare criteri «inoppugnabili», come appunto il tempo, che è misurabile con Pag. 14precisione e non espone a rischi di pretesa parzialità. D'altra parte, ci rendiamo anche conto che imponiamo ai direttori di testata obblighi che non sono, anche da parte loro, facilmente rispettabili. Prendiamo il caso di trasmissioni come quella che abbiamo appena menzionato, di Lucia Annunziata, con un solo intervistato, e altre trasmissioni, come Ballarò, dove c’è invece una larga platea d'intervistati: evidentemente, chi conduce Ballarò ha una possibilità di composizione dei partecipanti molto maggiore. Quando si tratta di correggere, quindi, su nostro stimolo, delle «parzialità» precedenti, ha una gamma di strumenti molto più ampia, che può combinare meglio. Per chi, invece, come il format della trasmissione di Annunziata, ha un solo personaggio per volta, si verificano quelle situazioni ricordate dall'onorevole Peluffo. Se interveniamo con un tipo di misura, dicendo che si deve riequilibrare, di fatto imponiamo un palinsesto fisso fino alla fine della trasmissione, intervenendo per salvare un principio importante, come la parità di accesso, ma conculcando invece un altro principio importante come la libertà di espressione e anche la libertà di scelte editoriali. Il giornalista, infatti, sia esso della carta stampata o televisivo, ha dei diritti di esprimersi che sicuramente non vogliamo conculcare. Contemporaneamente, un direttore di testata che si trova a voler seguire con precisione le nostre norme, si potrà trovare in obbligo, in fase elettorale – la peggiore dal punto di vista della costrittività delle norme – a suddividere il tempo a sua disposizione, che non è infinito, in 27 o 28 «fettine» di dimensioni diverse secondo i soggetti politici. Anzitutto è mortificante, poiché credo che, da un punto di vista professionale, un giornalista, con tutto il rispetto che ho per i salumieri, non usi un'affettatrice; d'altra parte, non possiamo ricorrere a strumenti diversi, proprio perché il tempo è una metrica certa e neutrale.
  Abbiamo questo problema molto grosso che riguarda proprio la definizione di soggetto politico, con le aggregazioni e disaggregazioni che possono accadere: non faccio certo riferimento ai presenti, ma il mondo politico è maestro nel gestire queste cose, per cui a un certo punto aggregazioni politiche si disaggregano proprio per poter guadagnare tempi di presenza sia in televisione sia altrove.
  Il problema di Internet, a mio parere, al momento ha due facce, ma quanto dico probabilmente domani mattina sarà già smentito dall'evoluzione dei sistemi. Internet, in quanto non imposto da una presenza esorbitante, come è quella delle società televisive principali, è immaginabile come un'edicola nella quale siamo tutti liberi di comprare i giornali che sappiamo a priori avere diverse intonazioni politiche. D'altra parte, questa è una visione abbastanza congelata o ferma dell'evoluzione, nella misura in cui Internet entra in una fase di penetrazione nella vita quotidiana: il ricorso alle enciclopedie del tipo Wikipedia è continuo per cercare informazioni, come il ricorso ad altri strumenti di diffusione è crescente. Qualsiasi legame tra questi strumenti e soggetti politici, espresso in maniera più o meno patente, più o meno aperto, complica moltissimo le cose. Il nostro obiettivo, per il momento, come ho cercato di spiegare, è di ristrutturare la parte, relativamente più semplice, che è il periodo non elettorale. Contiamo di ricevere in maniera diretta o indiretta, attraverso il loro rapporto, un'ulteriore gamma di osservazioni per cercare di arrivare a una conclusione; passeremo poi alla parte più complessa, perché più delicata, del periodo elettorale.
  Non nascondo loro che la nostra speranza è che, nel frattempo, il Parlamento si faccia carico di un riesame dell'intera materia. Sicuramente vado oltre le mie responsabilità, ma la mia interpretazione è che questa Commissione abbia un dovere di vigilanza sulla televisione pubblica proprio in quanto pubblica. Moltissime delle considerazioni che si applicano, ma non tutte, alla televisione pubblica, quindi espresse da loro, ci permetteranno di tradurle in norme sulla televisione in generale. Se loro si fanno, come spereremmo, alfieri di una revisione dell'intera materia, il fatto di avere un nocciolo duro costituito Pag. 15dalla televisione pubblica ci permetterà di avere una revisione complessiva delle norme sulla televisione in generale e, a quel punto, anche di tutti quei mezzi che fanno continuamente concorrenza alla televisione, come ad esempio Internet. Peraltro, è molto delicato, anche secondo quanto suggeriva il senatore Rossi entrare nel mondo di Internet, perché è oggettivamente visto con una sensibilità particolare da una fetta molto ampia del pubblico.
  Il momento deve venire e verrà – se non oggi, la settimana prossima o tra qualche mese – in cui bisognerà entrare in Internet con una normativa che si occupi non solamente del problema, peraltro importante, della par condicio, ma di una serie di altri temi, come per il caso di chi lavora con Internet effettuando una concorrenza non dico sleale, ma diversa sicuramente, con una strumentazione completamente diversa, ma non per questo meno pericolosa in termini concorrenziali. Sarà necessario pian piano intervenire, entrare in Internet con una normazione che riguardi tutti questi aspetti e non esclusivamente l'applicazione della par condicio.
  Abbiamo toccato con mano come sia difficile lavorare su Internet, ad esempio proprio in relazioni ai sondaggi mascherati da corse di cavalli o altri camuffamenti, che credo destino interesse più perché sono vietati che non perché forniscano qualche ispirazione in più al momento del voto. Dobbiamo intervenire in quanto siamo servitori dello Stato. Laddove c’è una contravvenzione della norma, dobbiamo intervenire. Possiamo peraltro ritenere che appunto la corsa di cavalli non cambierà il risultato finale delle elezioni.
  Il problema delle tv locali è estremamente importante: non ce ne occupiamo direttamente, se ne occupano i Co.Re.Com. che, qualora abbiano delega, terminano il trattamento della presupposta infrazione e, se non hanno delega, passano a noi per una decisione finale; dato però che quasi tutti i Co.Re.Com. hanno delega, se ne occupano principalmente loro. La tematica delle televisioni locali è simile, non uguale. Ci sono problemi diversi, come quello della verifica del fatto che gli spot elettorali siano pagati o meno, cosa che non si avverte a livello nazionale, problema anch'esso di una certa difficoltà: accertarlo non è sicuramente semplice. I Co.Re.Com. svolgono un lavoro straordinario, quindi abbiamo grande fiducia nella loro capacità di gestire questi problemi.
  Quanto ai problemi delle edizioni principali e delle edizioni secondarie, innanzitutto esiste un vero problema di definizione su cosa sia un'edizione principale e cosa un'edizione secondaria. La fascia oraria di per sé non garantisce la definizione di principale. Quella della fascia oraria della cena, ad esempio, è un'edizione in cui generalmente i telegiornali di Rai Uno hanno un'attrattività molto maggiore e i telegiornali di Rai Due una molto minore, mentre in altre fasce della notte i telegiornali di Rai Due hanno più successo. Allora, la definizione di principale e secondario o di fuori fascia diventa estremamente complessa: non è l'appartenenza a una fascia oraria che ci permette di stabilirlo.
  Quando cominciamo a declinare tutte queste possibilità, il nostro lavoro diventa veramente difficile, se si cerca di farlo con coscienza e in maniera pulita. Purtroppo, iniziare una cosa e non farla bene fino in fondo ci espone a più critiche che non l'occuparsene molto meno. Sui sondaggi abbiamo detto...credo di aver toccato più o meno tutti i temi. Se, però, per qualcuno avessi dimenticato qualcosa, sarei felice di tornarci.

  ALBERTO AIROLA. Vorrei che tornasse sulla questione della rappresentanza rispetto alla presenza in Parlamento.

  ANTONIO MARTUSCIELLO, commissario dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Come abbiamo detto, abbiamo ritenuto di assumere come criterio fondamentale quello del consenso elettorale, che corrisponde evidentemente al numero di voti attribuiti alla singola lista, un criterio molto più rispondente al principio Pag. 16dell'effettiva rappresentanza democratica.

  ALBERTO AIROLA. Quando entrerà in vigore ?

  ANTONIO MARTUSCIELLO, commissario dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. È già in vigore. L'abbiamo già applicato anche durante le elezioni.

  ENRICO BUEMI. Credo che anche qualche altro collega abbia posto il tema dei tempi di risposta: quattro mesi sono tempi lunghi, quindi c’è probabilmente da riflettere su questo elemento.

  ANGELO MARCELLO CARDANI, presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Utilizzare un intervallo di quattro mesi cerca di dare la possibilità della massima libertà editoriale possibile all'interno di costrizioni imposte dalla suddivisione per soggetto politico. Riteniamo quindi che quattro mesi, che potrebbero essere tre o cinque, permettano a un responsabile di bilanciare o, meglio, ribilanciare, a seguito di nostri rilievi, lo sforamento da una parte o dall'altra. D'altra parte, ci siamo ispirati al sistema applicato in Francia.
  Nel periodo strettamente elettorale il concetto di notizia non può essere dimenticato, ma deve sposarsi con il concetto di soggetto politico, ad esempio la notizia che un leader politico sia stato assassinato, ma anche ovviamente eventi meno sanguinosi che possono coinvolgere un leader politico, e che quindi meritano la presenza in un notiziario, indipendentemente dalla distribuzione. Più rilasciamo la regola, come intenderemmo fare nel periodo non elettorale, più c’è la possibilità di assorbire gli scossoni dati da notizie specifiche per qualche partito.

  PRESIDENTE. Come Commissione vigilanza cercheremo di lavorare al meglio per produrre la delibera di cui è relatore anche il capogruppo del Partito Democratico Peluffo. È chiaro, però, che il problema è molto più alla radice e che, se non andiamo a intaccare la legge n. 28 del 2000 sulla par condicio, all'interno del Parlamento, quindi come legislatore primario, non riusciremo a uscire da questa situazione. Spero quindi che riusciremo a fare il lavoro migliore per produrre anche uno stimolo nuovo al Parlamento diretto a cambiare questa normativa. Il problema va ancora più in profondità. Quando parliamo d'informazione e di libertà d'informazione, parliamo di conflitto d'interessi, di antitrust, nel caso del servizio pubblico di riforma della governance della RAI, di riassetto del sistema radiotelevisivo. Questo significa anche libertà, in generale, d'informazione, concetto molto più ampio: è su questo che il Parlamento deve confrontarsi e riuscire a lavorare, a produrre una legislazione nuova e attuale, al passo con i tempi, che guardi al presente e anche al futuro.
  Ringrazio i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 22.