XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 36 di Mercoledì 9 luglio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 2 

Audizione di rappresentanti di ADRai:
Fico Roberto , Presidente ... 2 
De Siervo Luigi , presidente di ADRai ... 2 
Bonaiuti Paolo  ... 4 
De Siervo Luigi , presidente di ADRai ... 4 
Fico Roberto , Presidente ... 4 
De Siervo Luigi , presidente di ADRai ... 4 
Bonaiuti Paolo  ... 4 
De Siervo Luigi , presidente di ADRai ... 4 
Margiotta Salvatore  ... 4 
Airola Alberto  ... 7 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 8 
Lainati Giorgio (FI-PdL)  ... 10 
De Siervo Luigi , presidente di ADRai ... 11 
Fabiano Andrea , consigliere del direttivo ADRai ... 13 
Fico Roberto , Presidente ... 14 

Audizione di rappresentanti di FISTel-CISL:
Fico Roberto , Presidente ... 14 
Vitale Vito Antonio , segretario generale di FISTtel-CISL ... 14 
Fico Roberto , Presidente ... 16 
Vitale Vito Antonio , segretario generale di FISTtel-CISL ... 16 
Fico Roberto , Presidente ... 17 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 17 
Airola Alberto  ... 18 
Vitale Vito Antonio , segretario generale di FISTel-CISL ... 19 
Fico Roberto , Presidente ... 19 
Vitale Vito Antonio , segretario generale di FISTel-CISL ... 19 
Airola Alberto  ... 20 
Vitale Vito Antonio , segretario generale di FISTel-CISL ... 20 
Fico Roberto , Presidente ... 20

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.
  Comunico, altresì, che dell'audizione odierna sarà redatto e pubblicato il resoconto stenografico.

Audizione di rappresentanti di ADRai – Associazione dirigenti Rai.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti dell'Associazione dei Dirigenti Rai, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Ricordo che l'audizione verte sulle misure relative alla Rai contenute nell'articolo 21 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89.
  Do quindi la parola al dottor Luigi De Siervo, presidente di ADRai – Associazione Dirigenti Rai, con riserva per me e i colleghi di rivolgergli domande e richieste di chiarimento al termine del suo intervento.

  LUIGI DE SIERVO, presidente di ADRai. L'ADRai è un'associazione che raggruppa il 95 per cento dei dirigenti della Rai, oggi 322, la metà di quanti eravamo vent'anni fa. Negli ultimi cinque anni, c’è stato un ringiovanimento medio dei dirigenti di oltre 5 anni.
  Peraltro, nel corso degli ultimi quattro anni, il numero delle donne dirigenti è stato pari a quello degli uomini, per cui nelle ultime tornate di nomine il numero è sempre stato equivalente. Questo dato non può però essere esteso a tutte le colleghe: tra i dirigenti, abbiamo solo una donna su cinque.
  La prima cosa che teniamo a dire è che l'ADRai ha scelto fin dal primo momento di essere contraria allo sciopero, non perché condividesse i contenuti del decreto n. 66, ma perché non avevamo nessuna paura in senso assoluto dei tagli, soprattutto non ne avevamo dei vari cambiamenti. Lo sciopero richiamava ai nostri occhi un effetto boomerang e difficilmente l'opinione pubblica avrebbe capito come mai un gruppo di dirigenti dell'azienda, in un momento particolare come questo di sacrificio per il Paese, potesse scioperare per un taglio.
  Entrando nel merito, vorremo dire che l'articolo 21 era incomprensibile dal nostro punto di vista per tre ordini di motivi, prima formali che sostanziali. Anzitutto, creava un precedente pericolosissimo, un prelievo forzoso in corso d'anno, un fatto che non si era mai visto e che ha preoccupato tutti i nostri colleghi.
  Inoltre, come abbiamo letto in tutti i pareri autorevoli che si sono succeduti nei mesi scorsi, si tratta di un prelievo su un'imposta di scopo.
  Soprattutto però ci è sembrata una cura senza che fosse stata fatta la diagnosi. Si è stabilito ex abrupto che la Rai dovesse in corso d'anno rinunciare a 150 Pag. 3milioni di euro, in un momento in cui il piano era stato approvato, gli impegni assunti. Tutti noi conosciamo la complessità di un'azienda che assume impegni con necessario anticipo per dar seguito a tutti i processi e le regole che la disciplinano.
  In realtà, nelle settimane successive le cose si sono chiarite. L'azione politica del sottosegretario Giacomelli ha fatto intravedere una soluzione del problema. Ha parlato varie volte della possibilità di anticipare i termini della concessione già alla fine di quest'anno o all'inizio del prossimo. Da un certo punto di vista, questo ha consentito a tutti di leggere il fatto in una chiave leggermente diversa.
  Abbiamo affrontato nel merito le questioni concernenti il tema di Rai Way. Senza entrare nel merito della scelta, stabilita prima dai vertici poi confermata in decreto – non si tratta di una cessione definitiva, come sappiamo, ma di quote di minoranza, con un controllo che resta in mano pubblico – onestamente possiamo dire che il tema è entrato e uscito dai piani industriali dell'azienda varie volte nel corso degli ultimi dieci anni, quindi non era un tabù. Quello che invece ha preoccupato e continua a preoccupare è il fatto che quest'azienda, che probabilmente sarà quotata sul mercato nel corso dei prossimi mesi, non abbia un contratto a cui attaccare il proprio valore come quello che legherebbe la Rai e il Governo con la concessione, se fosse rinnovata. In questo senso, vediamo che torna sempre un punto centrale del nostro ragionamento: l'assenza della concessione è un fatto su cui abbiamo manifestato varie volte le nostre preoccupazioni.
  Il nostro è un ruolo particolare, un po’ delicato, tra i vertici dell'azienda e i colleghi. Abbiamo cercato di farlo su basi nuove, di avere un atteggiamento costruttivo, che non fosse di contrapposizione. Riteniamo – perché partecipiamo spesso alla stesura dei piani industriali – di avere all'interno del nostro gruppo le competenze e le qualità per individuare alcune soluzioni. È per questo motivo che abbiamo pensato nelle settimane scorse di iniziare un evento che ha la caratteristica di essere lungo, che non svolge la sua funzione in una giornata, ma in cento giorni, perché riteniamo che la complessità della materia che riguarda la Rai difficilmente possa esaurirsi in una giornata di lavori per quanto articolata e complessa. Quest'evento, che abbiamo voluto chiamare 100 parole e 100 mestieri per la Rai, si articola in tre fasi. La prima, un evento di apertura che fosse di ascolto, in cui i dirigenti Rai e tutta l'azienda si sono messi ad ascoltare persone che insieme a noi, ma con ruoli diversi, contribuiscono quotidianamente a costruire, pensare, ideare il prodotto e gli scenari prossimi.
  Abbiamo definito la seconda, attualmente in atto, una fase di analisi. Cerchiamo di raccogliere tutti i contributi che arrivano dall'interno dell'azienda, di analizzarli in gruppi di lavoro divisi per aree tematiche, con l'obiettivo di arrivare con un lavoro anche, come diremmo noi, di aula, elaborando proposte che vorremmo presentare nei primi giorni di ottobre in un evento finale. In questi cento giorni, quindi, vorremmo avere una fase di ascolto, una fase di analisi e una fase di proposta, una fase aperta a tutte le dinamiche, interne ma anche esterne all'azienda.
  L'elemento conclusivo presenta alcune caratteristiche. La prima è di presentare le proposte che dovessero sorgere dall'interno. Quanto all'altra ci è sembrato corretto, visto che abbiamo una capacità tecnica di analisi, di fare un fact checking delle proposte che, invece, sono oggi al dibattito generale, non per porsi in cattedra, tutt'altro, ma per offrire un contributo e per capire come esse abbiano realmente possibilità di essere applicate ed entrare nel merito. Spesso, una buona proposta ha nell’execution la sua fase di complessità.
  In conclusione, siamo in un mercato estremamente complesso, come non devo dire a voi, cambiato terribilmente negli ultimi anni da tutti i punti di vista. Un esempio per tutti è il grande successo di marchi internazionali, come Discovery, che con 2 miliardi di euro di fatturato ottiene Pag. 4un miliardo di utili, con modelli produttivi totalmente diversi da quelli presenti in Italia, non solo quelli della Rai, di Mediaset, di LA7, ma evidentemente di Murdoch con Sky.
  La richiesta che, allora, vorremmo rivolgere alla Commissione vigilanza è di aiutare la Rai a cambiare, a modernizzarsi, a farlo nella maniera più naturale possibile e, soprattutto, a essere sempre meno un ministero che va in onda, perché questo è quello che purtroppo troppo spesso ci sentiamo.
  Se il Presidente Fico me lo consente, vorrei mostrarvi un documento interno all'azienda che rappresenta in maniera plastica il lavoro che ogni volta dobbiamo affrontare secondo le regole attuali, tutte legittime e corrette, per un appalto qualsiasi. Questi sono i 144 giorni che servono in ogni singola attribuzione di un appalto che avviene in Rai. Ogni singolo giorno è tracciato da un processo, quindi l'azienda rischia col tempo di trasformarsi da un'azienda editoriale a un'azienda di processo. È un documento che il direttore generale ha con sé e può produrre, ma dà la dimensione plastica della complessità del lavoro di un'azienda che, per certi versi, deve necessariamente stare sul mercato, dagli altri, ha invece regole proprie di una pubblica amministrazione. Questi sono i tempi minimi per una gara pubblica sopra la soglia comunitaria da aggiudicarsi secondo il criterio del prezzo più basso. Il primo giorno c’è l'impostazione della gara, con il valore, la base d'asta, la durata, le penali; la verifica integrazioni e informazioni preliminari richiede il secondo giorno; il procedimento in iter delle firme e l'informativa preliminare il terzo giorno; poi c’è la presa d'atto da parte del direttore generale o del consiglio d'amministrazione dell'informativa preliminare e l'utilizzazione dell'avvio della gara; la ricezione delle DA, conforme e completa di capitolato tecnico e di tutta la documentazione a supporto; la relazione del bando di gara; la trasmissione agli affari legali e societari dello schema del contratto; la richiesta del CIG (codice identificativo gara); l'approvazione degli affari legali; la pubblicazione del bando di gara. Qui siamo solo al sesto giorno.

  PAOLO BONAIUTI. Ci sono tutte le scadenze ?

  LUIGI DE SIERVO, presidente di ADRai. Ci sono tutte le scadenze: questo è un documento tecnico reale.

  PRESIDENTE. È consegnato alla Commissione ?

  LUIGI DE SIERVO, presidente di ADRai. Sì.

  PAOLO BONAIUTI. È la normale e tragica burocrazia dello Stato: c’è da mettersi le mani nei capelli.

  LUIGI DE SIERVO, presidente di ADRai. Ho citato l'esempio del ministero che va in onda, ma non volevo essere offensivo nei confronti dei ministeri, che svolgono una funzione chiave in questo Paese, però abbiamo questa dinamica dell'ultima ora della rincorsa di un mercato. La pubblicità si conquista, infatti, a suon di battaglie sui clienti.

  SALVATORE MARGIOTTA. Naturalmente, le cose da dire sarebbero tantissime. La presenza dei vertici ADRai, che ringraziamo per essere qui e a cui auguriamo buon lavoro essendoci stato un recente rinnovo, se le mie informazioni sono giuste, è molto stimolante. Riteniamo, infatti, che la sfida dei prossimi mesi sia davvero quella di una riforma complessiva della Rai e, comunque, come giustamente ha detto De Siervo, non valga neanche la pena qui soffermarci sul decreto n. 66, sostanzialmente superato dei fatti.
  Peraltro, a mio parere, è sufficientemente ben assorbito, per un verso, anche grazie al lavoro che abbiamo svolto in sede parlamentare di modifiche emendative. In particolare, mi riferisco alla vicenda delle redazioni regionali. Oltretutto, è a mio parere ben affrontata – vedremo il risultato finale, dove mi aspetto dati incoraggianti Pag. 5– dal management con piglio, appunto, manageriale non la questione della vendita di Rai Way, ma della collocazione di quote di minoranza della stessa azienda.
  Su questo abbiamo una scommessa con Airola, che parla sempre di svendita, e mi aspetto che mi paghi una cena. Immagino che la Rai riuscirà a recuperare ben più di 150 milioni di euro. Una cosa bella della vita è che sui numeri non si discute, quindi è un ragionamento che potremo fare solo a valle. Qui siamo nella fase del pronostico.
  Non c’è dubbio che per voi, che siete protagonisti veri del mondo che vivete, la sfida che lanciano il Governo, il Presidente del Consiglio e, in qualche modo, il Partito Democratico, architrave portante dello stesso Governo, sia tosta, ma assolutamente interessante. L'anticipo della concessione, diceva il dottor De Siervo, non è una vicenda casuale. Non si decide di anticipare la concessione per andare incontro a sofferenze. Dal mio punto di vista – credo, però, di interpretare bene il senso comune almeno del mio partito – esattamente nel quadro di riforma complessiva su cui lavorano Renzi e il nostro Governo, la Rai è ritenuto uno dei tasselli fondamentali per riformare il Paese.
  Questo è il vero punto che, secondo me, richiede da parte di tutti noi un salto di qualità anche nella discussione complessiva, non la vicenda Rai avulsa da tutto quello che sta accadendo, ma pienamente imperniata in una visione di riforma del Paese. Saranno i fatti a dire anche se ci riusciremo o meno, ma è la vera sfida del Governo attuale.
  Dicevo qualche volta scherzando che, esattamente allo stesso modo con cui, tra mille sofferenze soprattutto di noi senatori, si è messo mano alla riforma del Senato, con lo stesso principio si pensa di dover porre mano alla revisione della Rai.
  Certo, immagino che una delle argomentazioni che vengono dal vostro mondo sia che ancora non appare in lontananza il modello da costruire. Credo di non svelare nulla se dico che non c’è dubbio che è veramente una fase di costruzione alla quale siamo chiamati tutti, il Parlamento, la vigilanza che farà la sua parte, i partiti e, naturalmente, anche voi della Rai, in particolar modo i dirigenti, che rappresentano le eccellenze di quel mondo. Ognuno può avere il giudizio, ma alla fine di questo si tratta. Le eccellenze che lavorano in Rai sono raccolte dalla vostra sigla.
  Su questo dico – ho fatto una premessa sperando che non sia stata inutile e ripetitiva con cose che magari già sapete – che metterei in colonna i tre grandi temi che, obiettivamente, abbiamo: il canone, la governance e la riforma Rai.
  Enumero per ultimo questo pur essendo convinto, ma su questo, come sapete, non c’è piena condivisione nel dibattito, che i primi due punti debbano discendere dal terzo. Non esiste, infatti, un tema di come recuperare i soldi del canone se non sappiamo già che tipo di servizio pubblico vogliamo fare. Non esiste neanche la questione della governance, su cui pure troviamo il mondo d'accordo ad asserire che serve un unico amministratore, che non deve esserci più il consiglio d'amministrazione né la vigilanza – si prendono applausi dappertutto – dopodiché anche questa, che certamente è una verità, va però rapportata al modello di Rai che vogliamo costruire.
  Da questo punto di vista, penso che il modello di Rai – è uno dei temi che pensavamo di aver affrontato e superato attraverso il contratto di servizio; non so cosa ne pensi il capogruppo, ma immagino che tornerà nei prossimi mesi – abbia a che fare con la definizione di servizio pubblico. Nel contratto di servizio, abbiamo sostanzialmente sconfessato l'impostazione del precedente Governo, del precedente Viceministro Catricalà e della sua impostazione del bollino, benché sostenesse che la Rai dovesse fare informazione ed educazione e non intrattenimento. Nel momento in cui si parlava, però, di bollino, che avrebbe contrassegnato tutte le trasmissioni pagate con la pubblicità e non con il canone, di fatto si stava dicendo una cosa precisa o, almeno, così la leggevo.Pag. 6
  Abbiamo fortemente sconfessato quest'impostazione. Abbiamo ritenuto, citando molte volte il modello BBC, che nella Rai debbano esserci informazione, intrattenimento ed educazione. Dal mio punto di vista, quindi, la riforma della Rai prevederebbe una riforma di ciascuno dei tre settori. Serve un'idea forte sull'informazione, una sull'educazione e una sull'intrattenimento. È emerso più volte nel vostro convegno, i cui lavori del pomeriggio ho seguìto, che serve un'idea che ridisegni tutte le tre branche contemporaneamente, facendo affezionare il cittadino italiano al servizio pubblico.
  Per citare l'esempio di prima, credo che sentiate, quasi alla pari di come noi senatori sentiamo il giudizio della nostra utilità nel Paese, qualche volta il giudizio delle persone magari meno avvertite sul servizio pubblico. È un periodo in cui la critica investe, sostanzialmente, tutti i punti essenziali del nostro sentire.
  Ripeto che, da questo punto di vista, ho trovato interessantissimo il lavoro che avete svolto. Non ho condiviso alcune critiche ingenerose sul fatto che non è uscita ancora un'idea. Sarebbe ben strano che alla prima iniziativa già ci fosse un modello confezionato. Peraltro, il pomeriggio è stato anche arricchito grazie a voi da momenti particolarmente interessanti, come con la presenza di Albertazzi. Avete mostrato le potenzialità forti di un'azienda, cosa non da poco dal mio punto di vista. Queste potenzialità forti vanno, naturalmente, adesso organizzate e sistematizzate in un lavoro che anche noi dobbiamo svolgere. Se, da un lato, c’è l'incognita del fatto che nessuno di noi ha l'idea, dall'altro, c’è il fascino che l'idea è da costruire e non c’è dubbio che voi siate tra i principali artifici, insieme alle altre forze, di quello che c’è da fare.
  Pensate anche voi che le tre questioni stiano insieme, canone, governance e idea di servizio pubblico, e che dunque inevitabilmente la riforma complessiva non possa che essere contestuale su queste tre tematiche ? O ritenete, come pure nel dibattito inizia a venir fuori, che sia possibile disgiungere le diverse questioni, e dunque partire dalle più semplici ? Canone e governance sono senza dubbio le più semplici rispetto all'idea più complessiva dell'architrave.
  La seconda e ultima è una domanda, ovviamente, di dettaglio, ma che non può sfuggire in questa sede, che è molto problematica e viene fuori dal caso Floris, un caso delicatissimo, che interroga tutti noi su cosa debba fare il servizio pubblico. Qualsiasi cosa avesse alla fine fatto l'azienda, avrebbe facilmente ricevuto critiche da un lato e dall'altro. Se avesse chiuso un contratto a livelli più alti, molti di noi l'avrebbero criticata perché spendeva troppo. L'azienda non ha chiuso il contratto e molti l'hanno criticata perché si è lasciata sfuggire Floris.
  Su questo tema, capisco che si giochi molto. Se non capiamo bene cosa sia servizio pubblico, non sarà mai possibile trovare il parametro per giudicare quando è troppo e quando è troppo poco e ci sarà una difficoltà fortissima dell'azienda a vivere confrontandosi, da un lato, con un mercato impietoso e, dall'altro, con le regole della politica della spesa pubblica, impietose esse stesse.
  Ancora una volta, a mio parere, una questione così complicata non può che definirsi nella nuova concezione di servizio pubblico e di Rai, altrimenti non ci riusciremo e ci sarà sempre una trattativa che qualcun di noi riterrà eccessiva, che altri riterranno, invece, assolutamente sottodimensionata.
  Non so se siano numeri sbagliati, ma mi sono stati comunicati, quindi non ho fonti scritte, ma orali e qualche giorno fa raccontavo a Vinicio che alla domanda se serva ancora il servizio pubblico ho trovato la risposta migliore, se quei numeri sono giusti, nella persona che mi ha raccontato che le partite dell'Italia e i Mondiali – non me ne vogliano i dirigenti della Rai – con una qualità incommensurabilmente differente tra Sky e Rai, hanno comunque avuto circa 12 milioni di ascolti sulla Rai e 800.000 su Sky.
  Se questi numeri non sono sbagliati o sono abbastanza vicini alla realtà, bastano per dire cosa sia il servizio pubblico. Pag. 7Troppo spesso dimentichiamo che l'Italia non è fatta solo da persone che possono pagare il canone Sky o l'abbonamento, come più correttamente si dice, che c’è una domanda di servizio televisivo a costi bassi, nonostante ci sia la critica del canone. Alla fine, la domanda di un servizio televisivo a costi bassi è molto maggiore di quanto troppe volte, un po’ casta, pensiamo.
  È facile dire che Sky fa meglio il suo servizio, ma la gente ha visto le partite sulla Rai perché costava di meno. Non è il solo, ma certamente, anche dal punto di vista della mia cultura politica, è uno dei motivi per cui il servizio pubblico va difeso, preservato e migliorato.

  ALBERTO AIROLA. Ringrazio tutti, dal direttore al presidente. Avrei tantissime cose da raccontarle. In un anno di attività, abbiamo cercato veramente di lavorare per il miglioramento dell'azienda pubblica. Ci teniamo. Personalmente, ho lavorato nel campo dell'audiovisivo per vent'anni, conosco i prodotti e ritengo che la Rai in questo, con molte pecche, ma anche con molti aspetti virtuosi, potrebbe dare molto di più.
  Lei ci ha illustrato quest'incredibile foglio e il mio primo pensiero è stato che, nonostante questo, ci sono comunque sprechi, appalti poco chiari e così via. Le mostro cosa avevamo chiesto al direttore Gubitosi in termini di dati di trasparenza, un po’ il nostro nucleo forte. Per agire, infatti, questa Commissione ha bisogno di dati sulla trasparenza dell'azienda. Questo è quello che sappiamo dell'organigramma della Rai. Tutto sommato, mi sembra un foglio abbastanza poco significativo. Avremmo potuto, secondo noi, dare un contributo maggiore allo sviluppo di quest'azienda. Adesso ci troviamo a un punto che ci mostra scenari dal nostro punto di vista molto inquietanti. Per carità, la vedo come un'ipotesi e spero che non si vada in quella direzione, ma vorrei capire come evitare di finire a risultati simili.
  Lo scenario è quello di un'azienda pubblica, la Rai per l'appunto, che a cominciare da Rai Way, inizia un percorso di privatizzazione che il direttore generale Gubitosi ha intenzione di portare a compimento soprattutto, probabilmente, per ragioni di prestigio personale, per avere un curriculum con degli obiettivi, dei target importanti raggiunti.
  La Rai, infatti, subirà forse una trasformazione significativa, che sicuramente dà prestigio al manager che potrebbe portarla a compimento, ma con una perdita per i cittadini in ambito di servizio pubblico, premesso che la Rai così probabilmente non piace neanche noi. Siamo d'accordo che una riforma sia urgente, ma si rischia forse una perdita del controllo delle antenne, che ci sembra una risorsa.
  Peraltro, che mi risulti, Rai Way è in attivo, ha chiuso il 2013 con il +200-250 per cento di attivo, quindi è una realtà che potrebbe anche dare servizi alla telefonia, al web, che può generare ricavi dal tower rental, dall'affitto delle strutture. Cominciare col tagliare questa risorsa potrebbe far prevedere una serie di privatizzazioni di canali e di altre risorse future.
  Se gestito in un certo modo, potrebbe anche essere utile; vista, però, la nostra situazione culturale, sociale e politica italiana, ci fa preoccupare, soprattutto per quanto riguarda la garanzia dell'informazione. La lottizzazione o, comunque, il sistema pluralistico che ha garantito finora la varietà dell'informazione, sicuramente verrà a decadere col modello verso cui andiamo di riduzione dei telegiornali, di riduzione dell'informazione.
  Il primo dubbio è il seguente: vista la nostra situazione, che non è felice anche nel panorama internazionale, rispetto alla libertà di stampa e alla gestione dell'informazione – glielo dice uno che in un anno ha visto parecchio fango ingiusto nei confronti della sua parte politica – come garantire, uscendo dal pluralismo, un'informazione equilibrata ? Questo è un aspetto per il quale, sinceramente, non vorrei neanche essere nei suoi panni. A voler pensar male, il rischio è di avere un monocanale PD, visto che spesso mi trovo nella difesa – prendetela come un'ipotesi – di Forza Italia, al mio fianco anche nella discussione di questo rinnovo o nell'opposizione Pag. 8a una certa strada che potrebbe prendere. Questo mi fa pensare che, inevitabilmente, potrebbe esserci una perdita per loro e per altre forze politiche che fino adesso hanno avuto una voce all'interno della Rai.
  Dall'altra parte, sono convinto che sia necessario un superamento di questa situazione, ma mi domando come. La situazione, ad esempio, di Rai COM sempre in quest'ambito mi fa pensare a una società che gestisca il commerciale e che anche in questo senso faccia prevedere un'intenzione di privatizzare o rivolgersi al mercato di una realtà che, invece, forse sarebbe meglio restasse completamente pubblica. Anche su questo, ci piacerebbe qualche delucidazione, se abbia un ruolo all'interno di questo percorso.
  Sarebbe interessante capire anche nel dettaglio un po’ di più quali saranno gli attori coinvolti nei tavoli. Mi fa piacere sentire, cosa che non era stata presa in considerazione durante la convention di presentazione di questo lavoro che andiamo a svolgere, dell'audizione di risorse sia interne sia esterne. Penso che i dipendenti della Rai, al di là della difesa di un certo interesse, che possiamo definire anche corporativistico, dei lavoratori nel mantenere le loro posizioni, possano offrire un grande contributo alla Rai. Indubbiamente, all'interno della Rai io stesso, che non sono mai stato un dipendente, ho imparato il mestiere. Tantissime professionalità forse attualmente già sono un po’ stagnanti, non sono adeguatamente impiegate. Questo era un altro punto, cioè quali saranno i protagonisti di queste discussioni, di questo lavoro ai tavoli, quale ruolo avrà questa Commissione, che dovremo decidere anche con i colleghi, perché è un punto importante.
  Sono soddisfatto, come i colleghi, con cui parlavamo prima anche fuori da quest'aula, del nuovo contratto di servizio, che spero diverrà comunque operativo. Potrebbe costituire una buona base per lavorare, per far evolvere i princìpi espressi nel contratto, ma per tendere ad avere una Rai attrattiva commercialmente. Oggettivamente, è importante che i prodotti Rai siano vendibili.
  Prima ha citato Sky, che per esempio produce delle ottime fiction. Secondo noi, produce prodotti sul mercato molto più allettanti di quelli di Lux Vide, tanto per dircela così, che prende 30 milioni di euro all'anno, non bruscolini, anzi forse proprio la fetta più grossa. Discovery compra e vende molto di più. Secondo noi, la Rai dovrebbe tendere più a produrre anche per avere una ricaduta interessante. La Rai è tra i pochi soggetti che produce in Italia, ad esempio, anche cinema. Bisognerebbe avere un indotto su tutta una categoria di lavoratori, di giovani che crescono nel mondo dell'industria culturale, che vi sta a cuore come sta a cuore a noi, perché forse quella è l'industria che più potrebbe dare, a parità di investimenti, delle risorse. Anche in quest'ambito, secondo noi la Rai rischia una deriva eccessivamente commerciale. Forse è importante mantenersi sui binari di una Rai più pubblica possibile, il più in mano ai cittadini possibile e che riversi la sua attività e la sua ricchezza di nuovo ai cittadini, creando un circuito virtuoso culturale ed economico.
  Questa è un po’ l'idea che abbiamo e queste sono un po’ le nostre preoccupazione. Non voglio portarle via troppo tempo. So che il discorso è ampio, ma se potesse rassicurarci su alcuni punti, potremmo cominciare un ottimo lavoro.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Ringrazio anch'io il dottor De Siervo e il gruppo dirigente dell'ADRai per la comunicazione iniziale con cui ci hanno fornito una serie di dati credo di grande rilievo e utilità per la nostra discussione. Mi sembra particolarmente interessante anche il dato sul numero dei dirigenti Rai paragonato a quello di vent'anni fa e sull'età media diminuita di cinque anni. Questa mi sembra una notizia di rilievo e di interesse. Allo stesso modo, come mi suggerisce il senatore Margiotta, c’è un passo significativo in avanti sulla presenza femminile, non ancora sufficiente, evidentemente, Pag. 9trattandosi ancora di una dirigente su cinque.
  Per quanto riguarda il decreto-legge n. 66, abbiamo ascoltato e preso nota dei rilievi che sono stati qui riportati. Lo ha già fatto il senatore Margiotta, per cui non riprendo nel dettaglio le posizioni del Partito Democratico sui singoli aspetti, anche perché ho avuto occasione di ricordarle nelle precedenti audizioni, per cui considero questa parte già significativamente posta all'attenzione di questa Commissione.
  Vorrei concentrarmi su due aspetti. Anzitutto, considero interessante e utile il lavoro cui ha fatto riferimento De Siervo quando ha parlato di un lavoro iniziato con l'evento che avete promosso, 100 parole e 100 mestieri per la Rai. Ho avuto modo di vederne via streaming una piccola parte perché preso da altri impegni istituzionali. Il senatore Margiotta mi ha raccontato dalla parte cui ha assistito e mi è sembrato molto interessante per i materiali offerti.
  Mi sembra interessante l'idea di un percorso dato da un primo momento di ascolto, come avete detto, per poi presentare le proposte. Questo è il senso dell'impegno che si è preso anche il sottosegretario Giacomelli, che sosteniamo con forza, ossia l'idea che il Governo apra una consultazione su cosa sia servizio pubblico nei termini ricordati prima, che sia una discussione la più ampia possibile, che deve vedere il coinvolgimento di tutti gli stakeholder, quindi anzitutto chi in azienda vive quotidianamente e ha un punto di vista preciso, ma che sia allargata anche al mondo della cultura, dell'università, dell'opinione pubblica, un discorso effettivo di coinvolgimento sul modello del percorso del Royal charter act.
  Questo è anche il contenuto di un ordine del giorno che abbiamo promosso e fatto approvare come PD, che appunto prevede la consultazione, l'anticipo del rinnovo della concessione, la presentazione da parte il Governo di una proposta di riforma del canone entro l'anno anche per dare degli elementi di certezza all'azienda e degli elementi di riforma ai cittadini che corrispondono il pagamento del canone.
  Sul canone speciale abbiamo ricevuto una lettera di risposta dal direttore generale. In ragione della discussione fatta qui in Commissione e della lettera del presidente Fico, giudico importante che si arrivata quella risposta. Mi sembra che, essenzialmente, l'elemento di novità sia il penultimo punto. Prima c’è una ricostruzione e un riferimento alla normativa vigente che conoscevamo già. Mi sembra interessante che ci sia, da parte dell'azienda, il riconoscimento che ci sia stato dal punto di vista comunicativo un corto circuito, quello che abbiamo definito pasticcio, e ci sia anche la scelta di venire incontro ai cittadini, oltre a una precisazione importante rispetto a tutti i dubbi che erano stati sollevati con quella comunicazione.
  Dicevo, però, che rispetto al percorso dell'ADRai mi sembra anche interessante quello che è stato definito fact checking, ora abbastanza di moda come definizione. L'abbiamo visto per una serie di dibattiti televisivi e anche per le primarie del PD, per cui abbiamo imparato a cosa corrisponde questa definizione inglese. Credo che possa essere utile nel senso che, se il significato della consultazione è un ampio coinvolgimento per far emergere proposte, è anche utile che a questi materiali ci sia una sistematizzazione per capire anche la loro effettiva strutturazione. Questo può essere di grande aiuto.
  Credo, quindi, che questo lavoro sia uno stimolo, sia conferire dei materiali su cui, come diceva adesso il senatore Airola, presidente, credo che dobbiamo continuare la riflessione che abbiamo già aperto nelle precedenti audizioni. Il tema è come la Commissione concorra in questo percorso, a sua volta offrendo occasioni non solo, come questo ciclo uditivo, di confronto e di ascolto, ma anche come possibilità di intervenire con la sistematizzazione di questi materiali. Anche oggi viene una sollecitazione in questa direzione.Pag. 10
  Ho visto il documento che è stato srotolato. Anche dal punto di vista comunicativo dell'immagine, visto che i nostri lavori sono in diretta, credo che chi ha avuto l'occasione di guardare quella parte dell'audizione abbia avuto un impatto molto immediato e diretto.
  Chi ha lavorato e lavora per la pubblica amministrazione conosce benissimo la questione. Chi è stato amministratore locale, come il sottoscritto, conosce benissimo la questione. Mi sembra che questo metta in evidenza, però, un nodo strutturale dell'azienda Rai: fintanto che l'azienda Rai sarà un anfibio e viaggerà di gare a evidenza pubblica, di regole della pubblica amministrazione, ma anche di azienda che sta nel mercato e vive di concorrenza, il corto circuito sarà al massimo della sua evidenza.
  Per paradosso, quindi, per comprare le matite, c’è bisogno di quel documento; un'altra parte, magari la realizzazione di fiction, cinema o altro, viene data in affido diretto. È evidente che questo è un nodo strutturale, che deve essere affrontato. Credo che riguardi molto la riflessione complessiva sulla governance dell'azienda, sul suo profilo, su come è strutturata, quindi credo che sia necessario aver presente quel papiro srotolato anche nel momento in cui facciamo una discussione più complessiva sul profilo dell'azienda.
  Infine, valuti il presidente se sia pertinente con l'audizione – lo dico semplicemente nel massimo della trasparenza, per l'occasione di avere qui l'ADRai – ma nell'audizione delle sigle sindacali che hanno promosso lo sciopero è stata ripresa ed era anche nella nota che ci è stata lasciata, la questione che riguardava non tanto il decreto n. 66, ma una scelta aziendale. Potrebbe essere l'occasione per sentire anche il punto di vista dell'ADRai e del dottor De Siervo.
  Facevano riferimento alla decisione del consiglio di amministrazione di procedere alla societarizzazione dell'area commerciale. Nel rilievo che ci è stato consegnato è sollevata una serie di dubbi rispetto a quest'operazione. Faccio riferimento alla nota della CGIL-SLC. Siccome in quell'audizione abbiamo ascoltato e abbiamo detto che questo tema sarebbe stato sollevato nell'occasione che avremo di audizione del direttore generale, forse è l'occasione oggi per sentire anche il punto di vista dell'ADRai, che credo ci consenta di avere su questo un punto di vista completo.

  GIORGIO LAINATI. Voglio prendere la parola per ringraziare i gentili ospiti, che peraltro conosco da molti anni e di cui apprezzo il lavoro. Chiedo scusa del ritardo, ma ho fatto un intervento in Commissione cultura e, siccome avvengono, gentile presidente, tutte le due alla stessa ora, è difficile essere contemporaneamente nei due luoghi.
  Non credo di dover intervenire tanto come Forza Italia. Presumo che la posizione di Forza Italia sulle questioni della Rai sia molto variegata, ma intervengo come frequentatore di questa Commissione e come partecipante da più di dieci anni. Apprezzo molto il lavoro che i vertici dell'associazione dei dirigenti della Rai stanno realizzando.
  Il nodo è sempre lo stesso, tale da molti anni, su quale debba essere il ruolo del servizio pubblico, quale debba essere la sua collocazione in un sistema misto radiotelevisivo e la legge cornice nella quale ci sarà un riordino di tutto ciò. Sinceramente, non sono in grado di dire se ci sarà una legge, essendo il mio un partito d'opposizione. Questo è un onere e un onore che spetta alla maggioranza di Governo. Ritengo che la mia parte politica segue e seguirà con molta attenzione tutto quello che sarà fatto dal Governo per assicurare quella che, a mio avviso, rimane la centralità del servizio pubblico, nonostante tutti gli incidenti di percorso e gli accadimenti recentissimi.
  Parlo di centralità del servizio pubblico perché, come dicevano anche i colleghi intervenuti prima di me, essendo la Rai nel comune sentire la più grande azienda produttrice di cultura e informazione, vorremmo che questo continuasse a essere. Anche se ci sono stati tagli sulle produzioni di cinema e fiction, rimangono produzioni di grande qualità. È vero che Pag. 11anche dei competitor privati si cimentano da anni sullo stesso terreno ma, oggettivamente, i dati di ascolto delle fiction Rai comunque rimangono e garantiscono un grande successo.
  Questo accade perché, intelligentemente, la Rai guarda la società, le problematiche sociali storiche e culturali nella loro interezza. Presumo che questo debba continuare a essere e a rimanere in questo cammino, perché è un bene che riguarda tutti i cittadini, è un prodotto che finisce nelle case di tutti.
  Anche quest'osservazione, però, sul prodotto culturale che finisce nelle case di tutti, va evolvendosi. Immagino avrete parlato del concetto di televisione generalista e di canali tematici: sta avendo un continuo cangiamento. Qui dovete esprimermi un po’ la vostra opinione. Se è vero che una forte componente dei telespettatori è ancora composta dal pubblico tradizionale che vede nei canali generalisti un punto di riferimento, c’è un'evoluzione che, da una parte, riguarda le nuove generazioni e anche la fruizione delle nuove generazioni sia dei canali tematici sia delle nuove tecnologie. Anche questo, quindi, è un punto di grande delicatezza.
  Il mio amico e collega Vinicio Peluffo reitera, giustamente dal suo punto di vista, la questione della BBC. Ho avuto modo di dire anche nell'ultimo intervento che non mi convince straordinariamente la questione BBC. La Rai, a mio avviso, ha uno specifico diverso, innanzitutto perché comunque magari ha un prodotto qualitativo migliore della BBC, soprattutto nel campo dell'intrattenimento.
  È chiaro che la produzione informativa della BBC riguarda il Commonwealth, quindi l'universo, il mondo inglese vastissimo. La nostra questione linguistica ci confina in un ambito diverso, anche se sapete meglio di me che gli appuntamenti annuali del Prix Italia vedono sempre la Rai protagonista. Al di là, infatti, della questione linguistica, alcuni contenuti culturali di divulgazione rimangono un patrimonio del servizio pubblico.
  Se dobbiamo guardare all'evoluzione della cornice legislativa che riguarda il servizio pubblico – non sono in grado di dirvi che dopo la Gasparri potrà esserci una riedizione della Gentiloni, tanto per essere molto pratici – ma qualora fosse così, presumo che chiaramente saremo contrari. Resto, però, consapevole che, avendo la legge n. 112 dieci anni di vita ed essendo intervenuta dopo 14 anni di vita della legge Mammì, forse dei correttivi, ma vorrei la vostra opinione in merito, si impongono.
  Per quanto riguarda un servizio pubblico del rilievo della Rai, ripeto che credo che nessuno dei presenti sia in grado di dirvi quale sia il miglior criterio di nomina del mondo della governance del servizio pubblico. Presumo che l'iniziativa che il dottor De Siervo, insieme a tanti altri dirigenti della Rai, abbia messo in cantiere, realizzato e avuto come scopo anche quello di mettere a fuoco quali possano essere i criteri prossimi venturi per assicurare al servizio pubblico una governance in grado di consentirle di essere quella televisione importante e prestigiosa pubblica che oggi e in futuro deve continuare a essere.

  LUIGI DE SIERVO, presidente di ADRai. Proverò a rispondere rapidamente alle domande. Per il senatore Margiotta, che ringrazio, probabilmente la risposta alla prima domanda arriva dalla seconda. Il caso Floris spiega l'urgenza di un'analisi complessiva di tutti i tre punti individuati. Governance e risorse non risolverebbero il problema quotidiano che affrontiamo per ogni scelta compiuta in azienda.
  Qualunque decisione deve avere e ha sempre in ogni suo passaggio una scelta se questo sia corretto, lineare rispetto agli obiettivi del servizio pubblico che abbiamo e che rivendichiamo. Anche l'attività che svolgo nel mio ruolo preciso – tra l'altro, sono da una settimana l'amministratore delegato della fantomatica Rai COM, per cui avrò modo di rispondere nel merito – di commercializzazione, dalla scelta di un libro o dell'attività di un DVD allegato a un quotidiano, attività che hanno puramente una finalità commerciale, da noi è sempre svolta in una dinamica che risponde Pag. 12agli obiettivi di servizio pubblico che questa Commissione ci dà. Riteniamo che si debba fare e presto, possibilmente, e tutto insieme. Per quanto, infatti, questo sia un momento storico articolato, con grandi complicazioni.
  Sui numeri della Nazionale, semplificando, visto che le partite sono differenti come numero, il rapporto matematico è che per uno spettatore Sky ce ne sono 10 sulla Rai. Questo dà una dimensione abbastanza plastica del risultato di questi campionati mondiali. Su questo, ciascuno ha il suo giudizio sul prodotto editoriale: noi lavoriamo costantemente anche per migliorarlo.
  Senatore Airola, proverò a rispondere anche andando un po’ oltre forse, perché la domanda è posta come se fossi il direttore generale, quindi ai vertici. Il direttore ha scelto con il consiglio d'amministrazione di procedere nella direzione di Rai Way perché era l'unico strumento tecnico per ottenere un risultato così rilevante su un anno in corso. È un po’ quello che anche noi lamentavamo. Quell'intervento diventa l'unico strumento che si può esperire in un tempo così stretto. Inoltre, la struttura di costi della Rai, come abbiamo visto per gli impegni che dobbiamo assumere con largo anticipo, per il personale, come sappiamo, è estremamente rilevante. Abbiamo una situazione dei costi molto rigida e non potrebbe essere diversamente dovendo garantire un prodotto con largo anticipo. Posso, però, rassicurarla sul fatto che l'attività di Rai Way già svolge un'attività verso terzi di commercializzazione, quindi di tower rental, verso telefonia e i vari interlocutori: sono 35 milioni di euro all'anno, un valore anche leggermente cresciuto nel corso degli ultimi anni e che accrescerà il valore e la redditività di quest'azienda, su cui Rai ha dichiarato – sarà così, evidentemente – che non perderà mai il controllo. Dal punto di vista dell'impatto che questo potrà avere sull'informazione, ritengo non ve ne sarà nessuno per quello che riguarda la nostra decisione.
  L'informazione è un tema spinosissimo, ma personalmente, come abbiamo anche detto varie volte, riteniamo che debba esistere un superamento della riforma del 1975: è nelle cose. In un processo di trasformazione e di revisione, arriveremo anche lì. Non siamo preoccupati, non vediamo l'ora di avere minori vincoli e lacciuoli per offrire un prodotto migliore. Il nostro obiettivo è sempre e soltanto quello di raggiungere il numero maggiore di ascolti.
  Di Rai COM ho detto: mi scuso, ma ho un conflitto di interessi, sono la persona che ha portato a termine quest'operazione. Svolgo questo ruolo in azienda nell'area commerciale da 15 anni. Quest'azienda si chiamava Rai Trade prima, Sacis prima ancora, ed è sempre stata un'azienda esterna alla Rai, non perché ci fossero mode del tempo, ma perché tutti i servizi pubblici al mondo, con la sola eccezione della RTVE in Spagna, hanno società di commercializzazione esterne al gruppo: è lo strumento tecnico più idoneo. Mi permetto di esprimere un giudizio, anche questo personale, ma probabilmente fu un errore internalizzarla tre anni fa. Averla riportata fuori rimette soltanto in condizione l'azienda di svolgere al meglio il suo mestiere. Su questo mi aggancio alle risposte ai sindacati. Anche se non ero tenuto, ho già incontrato tutte le sigle e le ho rassicurate. In questa fase, la paura, anche comprensibilmente, è che a un processo di cessione di una quota di minoranza di Rai Way segua un processo sfrenato di privatizzazione. Non è così. Questo richiederebbe una condivisione politica prima che aziendale, ma non è assolutamente né nel piano industriale né nei nostri progetti.
  Siamo e restiamo quello che siamo sempre stati, cioè l'azienda di valorizzazione dell'attività intellettuale del gruppo Rai. Lo facevamo fuori, per tre anni ci hanno chiesto di farlo dentro con regole particolarmente articolate e complesse, che forse ne hanno sacrificato anche alcune opportunità. Adesso, finalmente possiamo portare più risultato alla Rai, che consentirà di portare risultati economici migliori. Non c’è nessun problema per i dipendenti, tanto che l'accordo sindacale Pag. 13consente, in caso teorico di problema, com'era per Rai Way e per Rai Cinema, di tutte le altre società del gruppo o di Rai Pubblicità, di rientrare in azienda in caso di difficoltà. Non c’è, quindi, un problema rispetto al personale.
  Per quanto riguarda l'evento, ci aspettiamo molto dal contributo esterno alla Rai, perché non siamo autoreferenziali in nulla, quindi pensiamo che il contributo esterno debba esserci ed essere profondo.
  Sul valore delle nostre fiction, anche la concorrenza produce e realizza prodotti eccellenti, ma lo fa tra l'altro con gli stessi produttori con cui produciamo moltissime fiction che Rai rappresenta, dopodiché è chiaro che ci sono quote rispetto a determinati prodotti. Anche i prodotti che citava, però, hanno raggiunto e battuto negli anni progressivamente i propri record dell'anno precedente. Qui torniamo al punto del valore della audience televisiva. Il nostro prodotto della fiction si è molto rinnovato negli ultimi anni. Cito per tutti I braccianti rossi, ma anche le ultime fiction con Cotroneo – cito queste, ma potrei citarne altre – che hanno avuto un racconto anche delle dinamiche sociali, di questo Paese, evolutive rispetto a quello che abbiamo visto. La Rai è talmente ampia che c’è davvero un po’ di tutto, questo forse sì. Da un lato, quindi, si riescono ad assecondare certi bisogni, ma se ne scontentano altri. Il valore del prodotto è, però, sotto gli occhi di tutti in termini di risultato, poi è chiaro che il giudizio resta un po’ soggettivo.
  Ringrazio l'onorevole Peluffo. Sul tema di Rai COM penso di aver risposto. La nostra dinamica un po’ anfibia, che avete colto perfettamente, è un po’ la criticità di questi anni. Chiediamo a voi di aiutarci ad assumere una forma più definita con l'obiettivo di dare un servizio migliore a questo Paese.
  Onorevole Lainati, la ringrazio innanzitutto della presenza. Cito solo un fatto, poi semmai risponderà nel merito sulla parte dell'offerta il collega Fabiano. Siamo contenti se anche in un contesto come questo ci è riconosciuta come azienda la capacità di svolgere il nostro ruolo non in termini di sudditanza psicologica rispetta alla BBC, spesso citata, come un maglio sulla testa della Rai. La Rai è in grado, come ha dimostrato sempre in sessant'anni, di realizzare prodotti di qualità. È chiaro ed è complesso. Con questa dinamica del doppio peso, abbiamo difficoltà. Fornisco soltanto un riferimento, che può stridere forse all'orecchio, ma non certo di persone attente come voi: The Voice va su BBC 1. Anche questo mito dell'intrattenimento che non fa parte del servizio pubblico dovrebbe forse essere un po’ rivisto.
  Lascio la parola ad Andrea Fabiano in caso voglia rispondere nel merito sulla parte editoriale.

  ANDREA FABIANO, consigliere del direttivo ADRai. Si accennava alla mobilità, ai cambiamenti della fruizione da parte del pubblico. Questi comportamenti sono monitorati ogni giorno, perché l'Auditel, anche con tutti i suoi limiti e con tutte le linee evolutive che si stanno percorrendo, lo certifica ogni giorno.
  Oggi sappiamo che, mediamente, il 40 per cento del pubblico dedica il tempo televisivo alle offerte diverse da quelle generaliste classiche, il restante 60 per cento rimane appannaggio di Rai Uno, Rai Due, Rai Tre e le altre commerciali. Il punto è che questo non è un dato statico. Nel corso della giornata e della settimana i dati si muovono molto. La mobilità ormai è un dato di fatto acquisito.
  Cito l'esempio piccolo ma emblematico del canale della Conferenza episcopale italiana, Tv2000, che ha un pubblico particolare, molto concentrato sul target femminile piuttosto adulto, che in certi momenti della giornata riesce a raggiungere livelli di ascolto molto importante perché trasmette contenuti esclusivi. È il canale n. 28 del digitale terrestre e trasmette nel pomeriggio il rosario in diretta da Lourdes. Questo prodotto riesce a raggiungere ascolti molto importanti. È un pubblico che si muove dalle reti generaliste e va al n. 28 di Tv2000 poi, finito questo programma, ritorna.Pag. 14
  La mobilità ormai è totale. Questo significa che, per chi fa il nostro mestiere di editore televisivo e non solo, pone la sfida di dover pensare in modo totalmente diverso dal passato. Non ha neanche forse più senso pensare in modo così separato di offerta generalista e specializzata. Dobbiamo sempre più ragionare in termini di servizio complessivo, che con la televisione da Rai Uno a Rai Scuola, con la radio, da Radio Uno a Isoradio, con l'offerta web e l'offerta che proponiamo nel cinema, offre nel suo complesso un servizio al tempo stesso capace di aggregare grandi fasce di pubblico e servire anche fasce un po’ più ristrette.
  Questa è la sfida che tutti gli editori, non solo quelli italiani e pubblici, hanno di fronte e cercano di interpretare con cambiamenti importanti, tanto nell'offerta quanto nel modo con cui promuovere, comunicare l'offerta.
  La Rai sta cambiando in questo senso. È chiaro che la strada da percorrere è ancora molto ampia e ricca di incertezze, ma su questo percorso siamo, sostanzialmente, dalla stessa parte di tutti gli altri editori, compresi quelli che vengono da altri settori merceologici, tra cui la carta stampata, che ha queste sfide davanti forse ancora più pesanti.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor De Siervo e i suoi collaboratori e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di FISTel-CISL.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti di FISTel-CISL, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Ricordo che l'audizione verte sulle misure relative alla Rai contenute nell'articolo 21 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89.
  Do la parola al dottor Vito Antonio Vitale, segretario generale di FISTel-CISL, con riserva per me e i colleghi di rivolgergli domande e richieste di chiarimento al termine del suo intervento.

  VITO ANTONIO VITALE, segretario generale di FISTtel-CISL. Credo che sia soprattutto nostro il ringraziamento per averci invitato, perché è uno dei motivi che ci consente di esprimere la nostra posizione su quanto sta accadendo e accade soprattutto oggi nel mondo Rai. Farlo con voi è uno dei motivi più fondanti perché siete la parte principale del sistema che crea e ha creato le condizioni Rai oggi nel sistema Paese.
  Prima di entrare nello specifico di alcuni temi, vorremo dire che, essendo un'organizzazione confederale, le nostre non sono solo posizioni a tutela dei lavoratori della Rai: riteniamo che la tutela debba essere per loro, ma anche verso il cittadino come utente, per cui la nostra è una posizione molto aperta, soprattutto perché l'interesse deve essere globale per il sistema Paese.
  La nostra posizione non nasce oggi. Alla relazione abbiamo allegato un documento che richiama un nostro convegno, nella cui relazione introduttiva si esprime in modo preciso la posizione della CISL nel sistema emittenza, soprattutto della Rai. Questo convegno risale al 2012 e richiama, su molti punti, una convergenza su alcuni temi oggi in evidenza nel dibattito che si sta ormai manifestando all'interno del sistema Paese.
  Parlavamo di fiscalizzazione del canone già da allora. È un tema che sentiamo abbastanza frequentemente oggi. Si trattava di una fiscalizzazione legata anche al sistema di tutela delle varie fasce di reddito, quindi volta a proteggere i meno abbienti, cercando di trovare le soluzioni più idonee senza dover ancora più sacrificare le persone deboli di questo Paese con il sistema impositivo.
  In questi ultimi anni, abbiamo affrontato diversi temi. L'opportunità che ci state offrendo oggi parte da una considerazione, che faccio già all'inizio: non ci siamo mai sottratti a una responsabilità per affrontare una nuova riforma Rai e, al Pag. 15contrario, siamo stati i fautori del convincimento che questa Rai ormai non possa più andare avanti in questo modo.
  Il decreto-legge ha determinato un qualche effetto dirompente: chiedere somme a chi ha già approvato il piano editoriale e industriale della Rai, non crea effetti positivi. È normale che il prelievo dei 150 milioni può creare qualche perplessità sulle scelte governative, pur essendo ben sostenibile la posizione di dare risorse a quei 10 milioni di lavoratori. Non abbiamo, quindi, sposato una contrarietà su questo tema, ma chiedere soldi in questo modo, nel corso dell'esercizio annuale, ha creato qualche difficoltà e criticità. Inoltre, l'assenza di un progetto di riforma non ha certo aiutato il clima interno.
  Ci siamo dissociati dallo sciopero perché ritenevamo e riteniamo ancora oggi che nei momenti in cui bisogna mettere idee, creatività e anche ricerca e coraggio, bisogna affrontare i temi per come sono posti. Siamo convinti che all'interno della Rai si possa procedere a una razionalizzazione dei costi. Prima di chiedere di vendere quote di Rai Way, siamo convinti di poter trovare formule di razionalizzazione entrando nelle specifiche competenze interne delle spese della Rai.
  Da parte del segretario generale Raffaele Bonanni prima del decreto legge è stato rivolto un invito al Governo e all'azienda, per aprire immediatamente un tavolo di responsabilità per cercare di capire assieme se ci fossero condizioni per sopperire alle conseguenze del decreto stesso, con la ricerca di formule all'interno. Questa richiesta è stata in qualche modo annullata e non è stata accolta, cosa che ci ha fatto dispiacere: è uno dei punti su cui confermo che c’è stata amarezza. Non era un'azione di comodo, ma di presa d'atto di responsabilità, che avrebbe poi spinto le parti a trovare le formule più adatte per porre rimedio ai problemi dell'azienda.
  Cos’è successo durante il percorso del decreto ? Non abbiamo voluto dare la sensazione alla parte sana di quest'azienda di essere considerati dei privilegiati, nell'ambito della tutela verso i lavoratori che rappresentiamo. Questo è uno dei temi che ci ha fortemente convinto a non dover agire in questo periodo soprattutto mediante scioperi che avrebbero dato un'indicazione diversa per le modalità di svolgimento. Oggi è facile prendere il consenso popolare e rivoltarlo contro la Rai. Il vero problema, invece, è avere la responsabilità di accogliere la sfida e attuarla in termini di impegni.
  Cosa, invece, ci ha lasciato perplessi da un lato e contenti dall'altro ? Durante il dibattito, formulavamo alcune proposte circa il superamento delle sedi regionali, uno dei temi per noi fondanti: la Rai è l'unica azienda che ha una sua presenza sul territorio, per cui è uno dei temi che sosteniamo in modo molto caloroso. Riteniamo che le sedi regionali, ben riviste, abbiano tutte le condizioni per esprimere e riprendere al meglio il valore politico e sociale, ma soprattutto la cultura di quei territori, che deve sposarsi in pieno con l'indirizzo di carattere nazionale manifestato da questo servizio pubblico. Aver riscontrato che tale posizione veniva rivista in tal direzione, ci ha già trasmesso un senso di positività; il fatto che fossero accolte le proposte riferite all'anticipazione della concessione è stata un'altra positività, dato che mette tutti in condizione, finalmente, di disegnarne una molto più vicina alle reali condizioni tra Stato e Rai, per raccogliere ancor più ciò che in questo momento per noi è fondamentale, il tipo di comunicazione e informazione ben configurato sul servizio pubblico, in un nuovo clima sociale con cambiamenti ormai dietro la porta.
  Per cercare di essere aiutati nella conoscenza del sistema di comunicazione della Rai, ci stiamo avvalendo di sociologi e di professori universitari che studiano proprio il soggetto della funzione pubblica e dei comportamenti sociali. Notiamo che i cambiamenti sono velocissimi. Probabilmente, il servizio pubblico deve essere altrettanto veloce per cercare di colpire nel segno per il bisogno che la Rai deve dare come immagine, come leader del Pag. 16servizio pubblico, per le condizioni che la politica e il sistema sociale devono difendere.
  I temi sono, quindi, le sedi regionali, la concessione anticipata e anche l'opportunità di rivedere la questione del canone. Questi tre temi, accompagnati dal senso di responsabilità, ci hanno spinto a prendere una posizione di distanza dallo sciopero, perché non saremmo stati capiti.
  Abbiamo avuto un ventennio per scioperare – mi spiace dirlo in questa sede – in cui le lottizzazioni politiche, anziché aiutare la Rai, l'hanno affossata. Come si è potuto dal 1994 a oggi avere 13 presidenti, 12 direttori generali, continui cambi dei consigli di amministrazione ? Nessuna azienda, di fronte a questi continui cambiamenti, può strutturare e predisporre un progetto aziendale. Un piano di azienda non può essere formulato e cambiato in ogni istante, a maggior ragione se questo nasce in considerazione di una lottizzazione di carattere politico. All'interno di Rai, avremmo tanto voluto valorizzare le risorse professionali per meriti e capacità e non per collocazioni di carattere politico, che hanno invece preso il sopravvento e che oggi determinano una condizione di ingessatura della creatività dell'azienda.
  Fornisco un dato per maggiore chiarezza: la Rai spende 900 milioni per lavoratori interni; ci sono 301 dirigenti, 327 dirigenti giornalisti su un organico di 1.800, e circa 8.000 lavoratori. Il costo economico di questa forza organica è appunto 900 milioni. Spendiamo, per lavori all'esterno, un miliardo e 100 milioni di euro. Volete dirmi con quale miopia politica e gestionale si comprano all'esterno anche prodotti di registi, quando all'interno abbiamo circa 1.300 registi non valorizzati in termini professionali ? Lascio a voi la riflessione sulla ragione di queste dinamiche. È qualcosa che non è più accettabile.

  PRESIDENTE. Perché ciò avviene ?

  VITO ANTONIO VITALE, segretario generale di FISTtel-CISL. Avvengono per il sistema ultraventennale di lottizzazione politica. Andate a guardare quante aziende sono nate per diventare servizi e prodotti culturali, quanti sono gli appalti per le fiction, tutta la composizione del famoso prodotto esterno.
  Oggi in Rai i nostri lavoratori, produttori, collaboratori potrebbero affrontare questo tipo di lavorazione. Piuttosto che lanciare progetti formativi di riprofessionalizzazione interna, si è creata una povertà culturale e lavorativa per cercare sempre di più di cogliere all'esterno e meno all'interno. Non riesco a capire perché non si debba rivalorizzare all'interno di questa benedetta azienda tutti i lavoratori che hanno capacità, professionalità e volontà. Su tutti questi temi non possiamo essere inerti e assenti. Non basta un sindacato. Siamo stati accusati talvolta di essere fautori del male. Non credo sia così. Ancora negli ultimi anni, ci siamo fatti carico di accordi di natura sindacale per risparmiare e trovare formule che aiutassero la cosa pubblica. Se, però, il nostro risparmio deve essere dilapidato da una mancanza di carattere gestionale e creativo della funzione pubblica, saremo i primi a opporci. Ormai, siamo stati rasati a zero: non ho neanche più i capelli, quindi tutto questo trova ancora più attualità.
  Di fronte a questi temi, la CISL non può che accogliere l'invito e, soprattutto, il dialogo e la costruttività di un progetto di riforma sulla Rai. L'invito che faccio a lei, Presidente, è che, se dopo tutte queste audizioni, venisse la grande felice idea di aprire un momento di confronto pubblico che parta dalle istituzioni e da tutte le associazioni, compresi i cittadini. La CISL pensa alla partecipazione all'interno di un consiglio d'amministrazione delle associazioni dei cittadini, non per gestire, ma per il controllo e l'indirizzo politico di quello che un management deve fare sulla base di quello che gli viene offerto.
  Abbiamo troppe idee spesso arenate da un ambiente ostile, che fa di tutto per cercare di impedire una crescita. È facile gestire un'azienda cui sono offerti 3 miliardi di euro e spenderli: dobbiamo avere la capacità di spendere i soldi pubblici Pag. 17nell'indirizzo della creazione. Avete mai visto, negli ultimi anni, se il servizio di informazione e istruzione è stato ripreso dalla Rai ? Se c’è un servizio di informazione e cultura che abbia il suo peso ? Credo che il servizio pubblico, negli ultimi anni, per seguire altre idee, si sia lasciato andare e abbia commesso gravi errori di cui oggi stiamo pagando le conseguenze.
  Mi auguro che tutto questo possa servire al clima costruttivo per condividere con voi un processo. Vi chiedo la cortesia di non tenere fuori le organizzazioni sindacali che negli ultimi anni hanno cercato di dare un aiuto al sistema pubblico e privato del Paese. La nostra è una posizione di grande rispetto verso le istituzioni e i cambiamenti, ma possibilmente li vorremmo vivere con voi.

  PRESIDENTE. Da quando è stata formata questa Commissione, abbiamo audito tutte le sigle sindacali, anche quelle che in passato non lo erano state, quindi il percorso partecipativo di audizione è davvero massimo. Se si potrà fare di più, lo faremo.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Sulla dinamica sindacale e le diverse forme di lotta contro il decreto n. 66 scelto dalle sigle sindacali, abbiamo avuto occasione, almeno noi come PD, di significare in Aula al Senato, alla Camera e anche in questa Commissione, le ragioni del nostro sostegno, rivendicandone le modifiche che abbiamo apportato.
  Qui è giusto ricordare che alcune delle modifiche cui si è fatto anche riferimento sono nate anche nel percorso delle audizioni e degli impegni che si era preso nella prima audizione il Viceministro Morando sulle sedi regionali, sull'esclusione della Rai dall'articolo 20, quindi l'ulteriore concorso della spending review, quello sì strutturale, non una tantum, come dice l'articolo 21. Rimarchiamo dunque le nostre ragioni al sostegno del decreto e anche che questo percorso di audizioni ha consentito di offrire argomenti, piste, percorsi per migliorarlo.
  Tra l'altro, Presidente, visto che questa è una delle ultime audizioni sul decreto n. 66, vorrei aggiungere una considerazione: anche oggi è stato ricordato l'intervento sulla Rai che viene a budget in corso, quindi con rischi di effetti che avete significato bene. Ho dato una scorsa veloce, guarderò con maggiore attenzione la documentazione riportata in maniera dettagliata nella documentazione. Qui è giusto dire che, in relazione ai decreti appena trasferiti al Parlamento, come quello sulla pubblica amministrazione che abbiamo alla Camera, ma anche il decreto competitività all'esame del Senato, l'argomento utilizzato dal Governo, in un momento di difficoltà, di razionalizzazione della spesa, che tutti saranno chiamati a concorrere, nel decreto n. 66 riguardava anche la Rai. Oggi, con questi decreti, si vede come non fosse rivolta esclusivamente alla Rai, ma all'interno di un'idea di estensione della revisione della spesa ai diversi gangli dello Stato, tanto che, per esempio, in questi minuti in prima Commissione c’è l'audizione delle authority che nel decreto della PA sono chiamate all'accorpamento e a concorrere alla riduzione della spesa, dove stanno adducendo una serie di argomenti in riferimento all'intervento del Governo. Allo stesso modo, nel decreto spalma incentivi al Senato, sono in corso audizioni in cui il comparto delle rinnovabili, per esempio, fa riferimento al provvedimento che, tendendo alla riduzione della spesa, chiede un sacrificio anche a chi ha avuto modo di fare capitalizzazione nel corso di questi anni. Credo che questa considerazione legata a questi giorni dia un po’ più il senso complessivo dell'azione di Governo, di cosa significhi revisione della spesa e di cosa significasse quel richiamo anche alla Rai.
  È stata proposta una seconda considerazione con cui voglio confrontarmi, perché credo sia di rilievo: manca un progetto di riforma, addotto come ulteriore aggravio alla considerazione rispetto al taglio. Credo che anche in questo caso si sia fatto un passo avanti nelle dichiarazioni del sottosegretario Giacomelli, anche quando è stato audito qui, e si sia capito il senso di marcia complessivo del Governo, laddove intervenire anche rispetto alla Rai chiedendo Pag. 18di fare fino in fondo revisione della spesa è legato a un'idea di profondo rinnovamento della Rai medesima. È anche nelle parole del Presidente del Consiglio, è nell'ordine del giorno che abbiamo proposto come PD, votato alla Camera, che richiama esattamente l'idea di una consultazione che sia l'occasione di una discussione complessiva su cosa sia servizio pubblico, sull'anticipo del rinnovo della concessione. Questo dà non solo elementi di certezza all'opinione pubblica su come debba essere il servizio pubblico, ma anche all'azienda Rai. Secondo noi, infatti, si tratta di rinnovo della concessione. Su questo ci sono posizioni diverse all'interno di questa Commissione.
  Inoltre, abbiamo chiesto al Governo, seguendo anche le dichiarazioni del sottosegretario Giacomelli, che presentasse una proposta di riforma del canone Rai entro dicembre di quest'anno, altro elemento di certezza rispetto all'azienda.
  Un'altra considerazione mi sembra di rilievo – uso un'esemplificazione veloce, per non rubare il poco tempo rimasto – rispetto all'idea che per rilanciare l'azienda, è necessario, come spesso è riportato, fare fuori i partiti dalla Rai. Faccio parte di un gruppo politico, il PD, che di questo è convinto da tempo, che nella scorsa legislatura è stato l'unico a presentare progetti di legge che andassero in questa direzione con la proposta di riforma della governance. Siamo convinti che nel percorso di consultazione, nella discussione su cosa siano servizio pubblico e rinnovo della concessione, questa debba essere una parte essenziale. Pensiamo che, infatti, a valle della legge sul rinnovo della concessione, debba esserci anche un intervento rispetto al rinnovo della governance dell'azienda.
  Credo che sia fondamentale anche in riferimento a un dato che avete citato e che sono andato a rivedere, il rapporto tra i costi interni, incluso il costo del personale, e il costo esterno con quello squilibrio che avete indicato con precisione, 900 milioni contro 1 miliardo e 100 milioni. Credo che questo, come è opinione diffusa in questa Commissione, sia uno degli elementi ereditato da questa gestione, che però non può più essere lasciato negli stessi termini e che deve, al contrario, essere affrontato, tenendo conto di tutti le questioni, tra cui anche, per esempio, la vicenda dei lavoratori atipici che, in azienda ormai elementi essenziali per la messa in onda di programmi. Quelle professionalità sono, in realtà, spesso figure di lavoro dipendente altrimenti normato con contratti di carattere atipico: è fondamentale riprendere il percorso della trattativa in corso.
  Su questo squilibrio dei rapporti, è stato detto che è tutta colpa della politica: indubbiamente, come ho detto prima, una parte di colpa ce l'ha, ma secondo me ci sono anche interessi consolidati di produzioni, di meccanismi, di automatismi, che credo alla fine siano diventati per l'azienda una gabbia che non ha consentito di fare innovazione, di stare al passo con le trasformazioni, una gabbia che però a questo punto deve essere rotta anche a beneficio della capacità dell'azienda di stare al passo con i tempi, con l'offerta e il mercato televisivo e con il ruolo di servizio pubblico.
  Infine, sul ruolo della Commissione che avete sollecitato: anche nell'audizione precedente c'era una sollecitazione. Mi sembra che sia stata oggetto di intervento da parte di più colleghi – starà poi all'Ufficio di presidenza e alla Commissione nel suo complesso decidere; mi sembra però diffusa la consapevolezza da parte di tutti i gruppi in Commissione che in questo percorso di consultazione, riflessione e discussione, il suo ruolo anche sul decreto-legge n. 66 debba essere confermato, mantenuto, e che ci sia un protagonismo della vigilanza Rai anche nel concorso alla ridefinizione del servizio pubblico.

  ALBERTO AIROLA. Vi ringrazio molto di essere qui. Purtroppo, ripeterò considerazioni rivolte anche agli altri vostri colleghi che si sono presentati in audizione.
  Come MoVimento 5 Stelle, abbiamo provato a far emergere tutte le contraddizioni dell'operazione della vendita di Rai Pag. 19Way, dei 150 milioni, a cominciare dall'interrogazione al Governo rispetto ai soldi che il Governo dovrebbe alla Rai, un debito pregresso che si è accumulato nel tempo e rispetto ai dubbi di costituzionalità di quest'operazione.
  Al sottosegretario Giacomelli ho chiesto io stesso cosa avrebbero fatto in caso di sentenza negativa, se avrebbero restituito i soldi alla Rai. Questo non li ferma, è questo il punto: devono assolutamente procedere alla cessione di Rai Way.
  Come dicevo in un'audizione precedente, la nostra paura, lo scenario che prefiguriamo – ci auguriamo non succeda, ma può essere verosimile – è che questo, in realtà, sia il primo passo di una serie di vendite e di privatizzazioni nell'ambito di una ristrutturazione che può essere assolutamente virtuosa, per carità, ma che ci mette e vi mette, soprattutto, di fronte a un dubbio. È vero e sono d'accordo con lei che forse sarebbe stato necessario scioperare negli ultimi vent'anni per evitare che la Rai arrivasse a questo punto. Senza entrare nel merito delle scelte dei colleghi che hanno deciso di scioperare o meno e che rispetto pienamente – in quanto, peraltro, lavoratore anche io nel settore, per cui non mi permetterei mai: indubbiamente però forse uno sciopero adesso non basta.
  Ho sentito di possibili esuberi: in una ristrutturazione, è molto probabile che licenziamenti ci siano, comunque un ridimensionamento del personale può avvenire. Mi domando, alla luce di questo, se pensiate di opporvi e come, se con una serie di scioperi o con altre forme di protesta.
  Premetto che non sappiamo nulla di questo: ho chiesto stamattina alla dirigenza Rai qualche delucidazione su come questi tavoli si comporranno. Ci è stato detto che in qualche modo i lavoratori vi parteciperanno, come invece dalla convention di presentazione non sembrava, a parte brevi spot video di testimonianze di lavoratori, che però fisicamente non c'erano. Non abbiamo ricevuto una risposta chiara, non sappiamo ancora quale sarà il processo né come sarà gestito né chi saranno i soggetti interessati né a cosa porterà.

  VITO ANTONIO VITALE, segretario generale di FISTel-CISL. Avevo due punti da ricordare all'onorevole Peluffo. Non mettiamo in discussione che la rivisitazione degli sprechi del decreto legge vada inserita in una configurazione più ampia. L'abbiamo inteso, lo capiamo. Oltretutto, siamo rappresentanti di più settori, energia, comunicazione, trasporti, tutti in qualche modo toccati da questa rivisitazione. In Rai, il tema è un po’ diverso. Anzitutto, i 150 milioni sono qualcosa che non versate: raccogliete il canone nel corso dell'anno, e poi decidete di non devolvere l'ultima rata di 150 milioni. Credo che si soffra qualche difficoltà a sostenere e attuare un piano industriale ed editoriale, con il disagio arrecato anche dal calo della pubblicità, che ancora una volta sta minando la sostanza e il peso di quest'azienda. Non so se vi sia stato detto, ma chiudiamo l'anno in corso con un debito di circa 250 milioni di euro.

  PRESIDENTE. Che tipo di debito ? L'indebitamento finanziario netto ?

  VITO ANTONIO VITALE, segretario generale di FISTel-CISL. Sì. Abbinare a questo i 150 milioni, significa prendere i libri e portarli in tribunale: il problema non è solo quello. Stiamo parlando dell'anno 2014: cosa avverrà ? Qual è l'indirizzo su Rai Way ? È quello di iniziare una privatizzazione che porterà, nel tempo, a un problema di esuberi ? Sono temi che abbiamo cercato di porre alla direzione dell'azienda ma che non sono stati per nulla chiariti: ci viene solo risposto che sono in attesa di decisioni che verranno prese dal Governo.
  Oggi, quest'immobilizzazione nel sistema di controllo e di gestione della Rai preoccupa non poco. Abbiamo firmato accordi sugli atipici, abbiamo un problema contrattuale già scaduto: volete dirmi perché i lavoratori devono ancora rimetterci e perché debbano pagare gli atipici, che Pag. 20avevamo in lista per essere finalmente, dopo decenni, messi nella condizione di poter assumere il proprio posto di lavoro ?
  Non mi riferisco agli atipici che guadagnano milioni di euro. La cosa strana all'interno della Rai, infatti, è che ci sono atipici che si guarderebbero bene dall'essere inclusi in un rapporto di lavoro. Se venissero assunti, il loro ritorno economico sarebbe di ben lunga inferiore di quello che in realtà acquisiscono con le partite IVA e con i contratti atipici. Ne abbiamo diversi.
  Per tutti gli altri lavoratori oggi ci viene risposto che c’è un problema legato ai conti, e quindi si deve cercare di venir meno agli impegni assunti. Per quanto ci riguarda, nessuno è contrario al progetto di riforma e ai cambiamenti: ci sono però modi, formule e azioni.
  Il senatore richiamava lo sciopero e ci interrogava su altre possibili azioni: saremo cocciuti nell'individuare le professionalità interne e a denunciare come inaccettabile che sia il sistema del lavoro a rimetterci mentre coloro che guadagnano in termini considerevoli non siano toccati.
  La denuncia è questa. Non andiamo a vedere i risvolti. A oggi, nessuno ci ha detto che abbiamo esuberi. A oggi, siamo preoccupati proprio del fatto che nessuno ne parli. L'effetto è quello di non sapere e la cosa che più ci angoscia è cosa debbano aspettare management e direzione.
  Quella dei 150 milioni è una legge: se la modificate, tanto di cappello; se non lo farete, bisognerà intervenire immediatamente e non difendere le proprie collocazioni personali. Questa azienda deve essere rivista, riposizionata, soprattutto rilanciata, ma con le persone che all'interno hanno fatto in modo che continuasse a vivere.
  Non è ammissibile una forma di sciopero. Voglio scioperare su temi e su progetti, ma come ultima spiaggia. Non è l'elemento di cui in questo momento questo Paese ha bisogno. Siamo per il confronto: porteremo proposte e a ogni proposta metteremo nome e cognome e il risparmio che ne consegue. È il modello su cui vogliamo creare una contrattazione e un confronto, perché riteniamo che di spazi ce ne siano tanti !

  ALBERTO AIROLA. È un anno che facciamo richieste sul lavoro da intraprendere sulla razionalizzazione e sulla trasparenza. Non è stato facile. Nelle audizioni, soprattutto di Gubitosi, non ci è stato concesso granché, anzi, poco o nulla. Se riuscirete in quest'operazione, ne sarò ben contento.

  VITO ANTONIO VITALE, segretario generale di FISTel-CISL. Ce la metteremo tutta. Insieme ce la faremo.

  PRESIDENTE. Nel ringraziare il nostro ospite dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.10.