XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 34 di Giovedì 26 giugno 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Calendario dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti di SLC-CGIL, UILCOM-UIL, UGL Telecomunicazioni, Snater e Libersind-Confsal:
Fico Roberto , Presidente ... 3 
Cestaro Massimo , segretario generale SLC-CGIL ... 3 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 5 
Airola Alberto  ... 8 
Lainati Giorgio (FI-PdL)  ... 10 
Fico Roberto , Presidente ... 12 
Baldasseroni Claudio , segretario generale Snater ... 12 
Di Cola Bruno , segretario nazionale UILCOM-UIL ... 12 
Lainati Giorgio (FI-PdL)  ... 13 
Di Cola Bruno , segretario nazionale UILCOM-UIL ... 13 
Lainati Giorgio (FI-PdL)  ... 14 
Tosini Fabrizio , vicesegretario UGL Telecomunicazioni ... 14 
Pietrafitta Giovanni , segretario nazionale Libersind-Confsal ... 14 
Fico Roberto , Presidente ... 15

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 15.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.
  Comunico altresì che dell'audizione odierna sarà redatto e pubblicato il resoconto stenografico.

Calendario dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che il prossimo mercoledì 2 luglio, alle ore 14, si svolgerà il seguito dell'audizione del sottosegretario allo sviluppo economico Antonello Giacomelli.
  Inoltre, in questo stesso giorno, alle ore 20.30 e alle ore 21.30, si terranno anche le audizioni dei rappresentanti, rispettivamente, di ADRAI (Associazione dirigenti RAI) e di Fistel-CISL.
  Ricordo infine che per mercoledì 16 luglio, alle ore 20.30, è prevista l'audizione del presidente dell'AGCOM, Angelo Marcello Cardani.

Audizione di rappresentanti di SLC-CGIL, UILCOM-UIL, UGL telecomunicazioni, Snater e Libersind-Confsal.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti di SLC-CGIL, UILCOM-UIL, UGL telecomunicazioni, Snater e Libersind-Confsal, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Ricordo che l'audizione verte sulle misure relative alla RAI contenute nell'articolo 21 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89.
  Do la parola al dottor Massimo Cestaro, segretario generale SLC-CGIL, che riferirà alla Commissione anche a nome delle altre organizzazioni sindacali qui rappresentate, e con riserva per me e gli altri colleghi di rivolgere loro, al termine dell'intervento, domande e richieste di chiarimento cui potranno rispondere anche i rappresentanti delle altre organizzazioni sindacali.

  MASSIMO CESTARO, segretario generale SLC-CGIL. Certamente sapete che le organizzazioni sindacali qui presenti sono quelle che hanno indetto uno sciopero nazionale in RAI effettuato l'11 giugno, che ha visto una partecipazione altissima di lavoratori dipendenti.
  Siamo stati costretti a mettere in atto questa iniziativa perché l'intervento del Governo sulla RAI, attraverso il decreto n. 66 del 2014, introduce un elemento che, dal nostro punto di vista, è di una gravità estrema, per due ragioni. La prima riguarda in qualche modo i cittadini e il criterio stesso del canone. Devo dire – apro una parentesi – che abbiamo avuto in quei giorni un livello di informazione francamente molto discutibile, perché il canone è una tassa di scopo e, come tutte le tasse di scopo, deve avere una destinazione. La sottrazione di quantità economiche esercitata nel transito tra il cittadino e la RAI, azienda cui la tassa è destinata, francamente l'abbiamo trovata Pag. 4errata ma anche illegittima, tant’è che le organizzazioni presenti hanno messo in campo diverse azioni nei confronti del Governo, proprio per segnare questo elemento – di cui noi siamo convinti – di illegittimità di quell'atto.
  La seconda ragione riguarda la ricaduta all'interno dell'azienda. Forse è il caso di ricordare qui che stiamo parlando di un'azienda dove, come in tutte le aziende, si fanno bilanci, preventivi e consuntivi, si fanno piani industriali, si stabiliscono contratti e via dicendo. Questo prelievo forzato di 150 milioni a bilanci chiusi, a piano industriale realizzato e a contratti effettuati finisce per essere un danno pesantissimo per l'azienda. Proprio perché avviene in questo modo, siamo assolutamente sicuri che tutta la discussione che c’è stata sulla riduzione degli sprechi all'interno della RAI sia totalmente inutile, buona per l'opinione pubblica, ma chi si occupa di queste cose sa benissimo che quel tipo di intervento non produrrà alcun effetto sul versante degli sprechi, che pure ci sono, all'interno di questa azienda.
  Il tema principale è sicuramente questo. Esiste poi anche un versante nostro, sindacale. Abbiamo recentemente concluso un accordo con RAI, nel quale tra l'altro abbiamo messo in campo azioni dirette a contenere sensibilmente il livello degli occupati. Sono usciti, per effetto di quell'accordo, oltre 400 lavoratori, quelli più anziani, e sempre per effetto di quell'accordo stavamo aspettando che vi fosse un intervento legato a quel mondo di precariato che ruota attorno all'azienda. Abbiamo l'impressione che su quegli impegni, proprio per effetto del taglio di 150 milioni, rischiamo di non avere alcuna risposta.
  A questo si sono aggiunti alcuni altri elementi che per noi sono di preoccupazione per un verso e di perplessità per un altro. Esattamente all'indomani del giorno dello sciopero, la RAI ha provveduto a costituire una nuova società «RAI commerciale», con un nuovo consiglio di amministrazione, un nuovo amministratore delegato, un presidente, e non so se anche un direttore generale. Francamente, rispetto al dibattito che si è svolto anche a livello politico, nel Paese, sul tema del contenimento degli sprechi, l'idea di costituire una nuova società non ci pareva la migliore in quel contesto. C’è però anche un tema che riguarda la costituzione di questa società rispetto alla quale credo che questa Commissione dovrebbe interrogarsi. Uno dei problemi principali dell'azienda RAI è di avere forti limiti sulla produzione nel contesto nazionale e internazionale. Parliamo di un'azienda che compra molti prodotti all'estero e all'interno del Paese, ma produce molto poco. Da anni stiamo dicendo che questa deve tornare a essere un'azienda di produzione di qualità, sapendo che ciò significhi la possibilità di replicare i programmi nel tempo, quindi occupare spazio nei palinsesti, ma principalmente commercializzare i prodotti all'estero. La costituzione di questa nuova società, da quello che abbiamo capito, va in senso diametralmente opposto: una società, attualmente partecipata al 100 per cento da RAI, anche se in futuro non so cosa succederà, preposta alla commercializzazione, cioè all'acquisto di prodotti: esattamente il contrario di quello che per RAI sarebbe necessario.
  Poi c’è la grande questione di RAI Way, della rete. Ci pare di capire che ci sia stata anche per effetto dei famosi 150 milioni, un'accelerazione sulla parziale societarizzazione di RAI Way, quindi mettendo sul mercato quote, se non abbiamo capito male, di circa il 40 per cento del pacchetto azionario di quell'azienda. Francamente ci stiamo interrogando se quest'operazione sia totalmente legittima. Inoltre non si comprende quale sia l'obiettivo di questa operazione. Se è solamente quello di far cassa, non ci siamo proprio. Noi purtroppo veniamo fuori – ma in realtà vi siamo ancora dentro – da una fase complicata della crisi, nella quale le aziende sono impegnate a vendere i gioielli di famiglia, a fare un po’ di cassa, però indebitandosi nel corso del tempo. Ci chiediamo se la scelta di aprire RAI Way ai privati, in una quota così rilevante, sia utile ai fini del servizio pubblico. Soprattutto non riusciamo a capire, anche se Pag. 5sappiamo che RAI sta andando avanti abbastanza speditamente su questo terreno, le prospettive di questa operazione, che se venisse fatta per «soddisfare» il decreto n. 66, credo che sarebbe l'ennesima complicazione che quel decreto ha prodotto.
  C’è un tema complicato che lega l'azienda RAI di produzione e la sua rete. Vorrei ricordare che solo qualche mese fa si parlava della societarizzazione della rete di Telecom e anche in quel caso come sindacato siamo intervenuti dicendo che non ci pareva una scelta di totale buonsenso, perché scorporando l'azienda dalla sua rete si rischia di produrre un danno all'azienda stessa. Stiamo parlando di prodotti che hanno bisogno di forti investimenti sulla rete. La rete RAI Way, così come la rete Telecom, sono strutture a forte innovazione tecnologica: naturalmente c’è una correlazione tra processo e prodotto. Se questo rapporto tra processo e prodotto dovesse in qualche modo interrompersi il danno non è per la rete, ma per l'azienda che distribuisce i suoi prodotti. Come ho detto, non abbiamo capito niente rispetto a questa scelta.
  Concludo dicendo che siccome si è detto di voler anticipare alla fine di quest'anno la concessione tra RAI e Stato, anche su questo avremmo bisogno di capire qualcosa di più. L'impressione che abbiamo noi è di un'azienda impegnata a rastrellare un po’ di quattrini per corrispondere agli impegni del decreto-legge, ma sostanzialmente ferma sulle prospettive. Infatti, riguardo all'anticipazione della concessione, che può essere anche un elemento di positività, per essere chiari, bisognerebbe capire bene che idee ci siano dentro la concessione.
  Abbiamo l'impressione che questo insieme di azioni nei confronti di RAI abbia consegnato, contrariamente a quanto si poteva immaginare, una condizione di stallo dell'azienda. Di questo siamo ovviamente preoccupati.
  Anche sul tema del contratto di servizio, che abbiamo discusso all'interno di questa Commissione qualche tempo fa, non si sa esattamente a che punto sia quel lavoro.
  Questo è l'insieme delle questioni che brevemente ho provato a mettere in fila. Sono sostanzialmente le questioni sulle quali c’è stata la mobilitazione sindacale dell'11 giugno e rispetto alle quali continueremo a svolgere un'azione di pressione sia nei confronti della RAI sia naturalmente delle forze politiche e delle istituzioni. Le organizzazioni sindacali che sono qui presenti hanno predisposto ciascuna una nota che poi avremo il piacere e l'onore di consegnare alla presidenza.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Signor Presidente, voglio ringraziare per la comunicazione proposta e per le due note distribuite che ho avuto occasione di scorrere, seppur velocemente. Credo che siano molto utili e necessitino di un ulteriore approfondimento.
  Voglio dire subito, visto che giustamente è stato fatto il riferimento allo sciopero dell'11 giugno, che le sigle presenti oggi sono quelle che l'hanno promosso, mentre abbiamo già audito l'Usigrai, che non vi ha partecipato, e poi è prevista, se non sbaglio, l'audizione successiva di altre sigle che non vi hanno partecipato. Per quanto ci riguarda (l'abbiamo detto in altre occasioni, come Partito Democratico, e questa è l'occasione per ribadirlo) da parte nostra c’è il massimo rispetto, e ci mancherebbe altro, delle forme di mobilitazione che sono state scelte, quindi nel vostro caso dello sciopero, così come altre forme di mobilitazione delle altre sigle che hanno tutte come obiettivo una critica molto serrata del decreto-legge n. 66.
  Ovviamente abbiamo opinioni diverse, nel senso che noi abbiamo votato la fiducia al Governo sul decreto-legge, abbiamo votato il decreto che conteneva le norme cui avete fatto riferimento, ma ciò non toglie il rispetto per la mobilitazione.
  Avendo fatto parte della Commissione vigilanza anche nella scorsa legislatura, pensando a quelli che sono stati i momenti di tensione e di difficoltà che l'azienda ha Pag. 6vissuto anche negli anni precedenti con altri Governi, nel momento in cui è stato proclamato lo sciopero mi ha abbastanza sorpreso che sia accaduto in queste circostanze e non in altre che avevano comunque prodotto una fortissima tensione con l'azienda e all'interno dell'azienda. Questa, però, è una valutazione ovviamente personale. Io parlo del vissuto di chi è stato in questa Commissione vigilanza nella legislatura 2008-2013 ed è stato testimone di momenti di tensione molto forte tra l'allora Governo, laddove noi eravamo all'opposizione, e l'azienda.
  Vorrei fare alcuni commenti rispetto alla comunicazione che è stata fatta e alla nota che ci è stata distribuita. Credo che questa sia anche un'occasione per confrontarsi senza infingimenti. Siccome avete prodotto una documentazione molto netta, voglio esprimermi con la stessa franchezza. Peraltro, nella nota che ci è stata distribuita, c’è una scelta molto netta degli aggettivi: la scelta che viene imputata al Governo viene definita «grossolana», poiché – come dite – richiama il prelievo forzoso del presidente Amato sui conti correnti degli italiani. A voi la scelta – è ovvio – dei riferimenti più utili nel rafforzare le argomentazioni; a me pare, tuttavia, che questo denoti un elemento che secondo me è giusto richiamare. Intendo dire che quando richiamate il prelievo forzoso del presidente Amato sui conti correnti vi riferite a un momento che le famiglie italiane in larga parte ancora ricordano. Quel momento ha riguardato tantissime famiglie e una fetta significativa dell'opinione pubblica. Credo, invece, che la vicenda che riguarda l'azienda non abbia avuto lo stesso impatto sull'opinione pubblica, non sia stata vissuta nella stessa maniera. Credo che ci sia un rischio, quello dell'autoreferenzialità – che non è tanto nell'iniziativa vostra o di altri – che tutti quanti noi che, quota parte e da ruoli diversi, ci occupiamo di servizio pubblico e dell'azienda RAI dobbiamo evitare.
  Ritengo che noi, come Commissione di vigilanza sulla RAI, dobbiamo occuparci, ovviamente per quella che è la nostra competenza, di indirizzo e di vigilanza dell'azienda RAI, cercando sempre di non entrare in un ambito che rischia l'autoreferenzialità; dobbiamo sempre viverlo in connessione con l'opinione pubblica.
  Inoltre, e anche qui c’è la scelta di un aggettivo forte, definite le decisioni del Governo contraddittorie. Mi sembra giusto dire, per quanto riguarda la chiusura delle sedi regionali, che in questa Commissione, nella prima audizione che abbiamo svolto, quella con l'azionista, con il Tesoro, rappresentato dal viceministro Morando, il Governo si è assunto rispetto alle sedi regionali un impegno che ha prodotto il parere positivo sugli emendamenti presentati – il lavoro che è stato fatto in Commissione al Senato dai senatori Margiotta e Fornaro, insieme ad altri – e ha significato una modifica del testo che mi sembra abbia assorbito le preoccupazioni e abbia dato risposta alle stesse.
  Viene riaffermata la centralità dell'informazione locale con le sedi regionali, garantendo l'azienda la flessibilità dal punto di vista dell'organizzazione e dal punto di vista dell'elemento dell'autonomia finanziaria.
  Il secondo elemento per cui utilizzate l'aggettivo «contraddittorio» è quello della dismissione delle torri. Secondo me, è utile qui richiamare due punti di vista diversi. Noi teniamo a ribadire quello che abbiamo riferito in più occasioni in questa Commissione, e anche questo era nelle parole dell'audizione che richiamavo con il viceministro Morando. Si tratta di un'allocazione e di una vendita di quote di minoranza – di questo stiamo parlando – e questo significa che le torri sono saldamente in mano a RAI Way controllata da RAI. Quindi, stiamo parlando sempre di controllo pubblico delle torri. Peraltro, quando facciamo riferimento anche al contesto europeo, va detto che negli altri Paesi europei le torri non sono necessariamente di proprietà dell'azienda concessionaria di servizio pubblico. È giusto quindi ricondurre – ma si possono avere opinioni diverse – all'alveo dell'intervento, cioè che si tratta della dismissione di quote di minoranza e la proprietà rimane in capo a RAI, rimane in mano pubblica. Pag. 7Semmai si tratta di una valorizzazione di asset, laddove per noi questo dovrebbe consentire di fare un'operazione di più ampio respiro, di tipo sistemico, come avviene in altri Paesi europei.
  Il direttore generale Gubitosi ha usato come riferimento, su un campo completamente diverso, quello dell'energia, l'esperienza di Terna. Si tratta quindi di un'operazione che, a nostro giudizio, può diventare elemento di un'operazione di più ampio respiro, di carattere sistemico, esattamente nell'alveo di operazioni che sono state fatte in altri Paesi europei.
  Per quanto riguarda l'impatto sugli organici, anche su questo è utile comprendersi fino in fondo. Nell'audizione il direttore generale Gubitosi ha detto che l'operazione RAI Way a suo giudizio – cito – «è fattibile entro l'anno». Questa è la formula che ha utilizzato. Ciò significa, con riferimento alla mancata valorizzazione degli asset e al rischio sugli organici, che se l'operazione è fattibile entro l'anno non c’è, a detta del direttore generale, un problema rispetto agli organici su quest'anno. Questo può consentire di continuare nel solco del lavoro, che anche voi richiamate, che è stato fatto da questa dirigenza rispetto alla tenuta dei conti e di svolgere un'operazione di revisione dei costi di incidenza sugli sprechi richiamati (sono d'accordo, non li cito) in maniera ordinata.
  Allora, quando si fa riferimento agli impegni sugli accordi sindacali, non c'entrano i 150 milioni di euro: si tratta di scelte che l'azienda fa. Nell'audizione con Gubitosi, partendo dalle considerazioni che lui aveva fatto, ho utilizzato le stesse parole.
  Fate poi riferimento all'iniziativa della diffida con l'Associazione dei consumatori ed eventualmente, se comprendo bene, del ricorso per via giudiziale al TAR. Questo ovviamente è nelle vostre competenze; noi come Parlamento abbiamo svolto il percorso di conversione del decreto in legge, avendo votato sulle pregiudiziali di incostituzionalità, quindi abbiamo espresso il nostro punto di vista.
  Su una questione sollevata nella comunicazione, e poi ho visto che è in una delle due note, quella di RAI Com, con il riferimento molto puntuale alle convenzioni con la pubblica amministrazione, credo che questo sia un elemento di rilievo. Pertanto, ci prendiamo da subito un impegno, ma immagino che riguardi anche altri colleghi che saranno interessati a sottoporre esattamente questa domanda al direttore generale, quando lo audiremo, anche per comprendere se questo tipo di operazione corrisponda al piano industriale presentato. Mi sembra di capire, per come sollevate voi la questione, che non è esattamente come era previsto nel piano industriale. Tuttavia, ci facciamo carico di rivolgere questa domanda al direttore Gubitosi.
  Infine – concludo, Presidente, e ringrazio per la pazienza – con riferimento alla domanda che ponete e che leggo nelle vostre note su quale riforma della RAI, credo che questo sia il dibattito che finalmente si apre. Credo che la discussione sul decreto-legge n. 66 offra l'occasione di far ripartire un dibattito che era fermo sul futuro dell'azienda, su cosa sia il servizio pubblico. È necessario rimettere in moto una grande discussione su questo e credo che sia un'occasione che nessuno di noi può perdere, visto che, come avete detto a più riprese, si tratta di riformare profondamente l'azienda.
  Alla Camera abbiamo fatto approvare un ordine del giorno del Partito Democratico che impegna il Governo ad aprire da subito una fase di consultazione sulla scorta di quello che in Inghilterra è il percorso di rinnovo del Royal Charter Act. Ne aveva parlato Catricalà, poi Giacomelli; in quell'ordine del giorno, abbiamo chiesto di partire subito con una grande consultazione entro l'anno, in cui siano coinvolti tutti i soggetti interessati, gli stakeholder, voi, i soggetti che sono dentro l'azienda, l'opinione pubblica, e si interroghino intorno alla domanda su che cos’è il servizio pubblico oggi, quali sono le criticità e quali le priorità intorno alle quali costruire il rinnovo della concessione.Pag. 8
  Siamo convinti – è il secondo elemento dell'ordine del giorno – che, conclusa questa fase di consultazione, si debba anticipare il rinnovo della concessione. In questa Commissione ci sono opinioni diverse: ci sono alcuni colleghi che dicono che si debba procedere a bando di gara aperto; noi siamo dell'idea che si debba rinnovare la concessione alla RAI, ma che lo si debba fare in ragione di un'idea, sedimentata attraverso la consultazione e attraverso una proposta articolata, su qual sia il futuro dell'azienda. Intorno a questo si deve costruire il rinnovo della concessione. Siamo convinti che questo debba aprire una riflessione su cosa sia la governance, elemento che secondo noi non ha funzionato e quindi deve essere modificato. Abbiamo in corso l'audizione del sottosegretario Giacomelli, che ha ascoltato le nostre domande, tra cui queste, e attendiamo le sue risposte.
  Visto che è stato richiamato il canone, l'altro impegno che prevediamo nell'ordine del giorno è che il Governo entro l'anno avanzi una proposta di riforma del canone: si tratta di recuperare l'evasione, la cui dimensione voi conoscete benissimo, e prevedere una diversa formulazione del canone, con pesi diversi rispetto alle fasce di reddito.
  Questi sono gli impegni che si è assunto il Parlamento e che si è assunta la Commissione.

  ALBERTO AIROLA. Intervengo per riassumere le nostre posizioni, che ormai sono state abbastanza esplicitate nel corso di queste audizioni. Il Movimento 5 Stelle era contrario alla richiesta dei 150 milioni, con la successiva cessione – come viene definita – di parte delle quote di RAI Way, per i motivi che avete espresso anche voi.
  Riteniamo, cioè, che la vera spending review debba essere condotta su una RAI su cui si abbiano dati certi, soprattutto da parte di questa Commissione parlamentare, attraverso strumenti di trasparenza che abbiamo sempre richiesto ma purtroppo non ci sono mai stati completamente dati. Quindi, noi ci muoviamo al buio, in un rapporto con la RAI – soprattutto con il direttore Gubitosi e con parte del consiglio di amministrazione – quasi di mancata considerazione delle nostre richieste. Alle nostre interrogazioni si risponde in maniera molto superficiale. Mi riferisco, da ultimo, alla risposta data al senatore Rossi che chiedeva delle specifiche sulla strutturazione di RAI Way come società, sulle torri, sull'apparato complessivo: la risposta è stata non dico ridicola, ma molto superficiale, molto generica, direi inadeguata rispetto a quello che la RAI, concessionaria di servizio pubblico, dovrebbe dare.
  Purtroppo, anche dal punto di vista parlamentare, la strada non è stata facile, perché tutti i nostri emendamenti per abrogare l'articolo 21 (l'articolo 20 era stato già ridimensionato dal viceministro Morando) sono stati bocciati in Commissione e non abbiamo potuto ripresentarli in Assemblea giacché è stata posta la fiducia sul decreto. In qualche modo, siamo stati un po’ esautorati, ma a questo come opposizioni in Parlamento siamo abituati.
  Ci troviamo in un rapido incalzare di tempi che probabilmente sono dati – questa è la mia visione politica della situazione – da un desiderio di questo attuale Governo, forte probabilmente anche del suo riconoscimento elettorale, di trasformare le cose prima che interrompano il processo le voci delle opposizioni o di chi si oppone a questa forma di rivoluzione del settore. Peraltro, l'auspichiamo anche noi; a me e a noi del Movimento 5 Stelle la RAI così com’è non piace, l'abbiamo sempre detto. Non ci piace il consiglio di amministrazione, non ci piace la governance, non ci piacciono gli sprechi, consolidati da anni, non ci piace la lottizzazione, sebbene a volte io mi domandi se forse non avremmo dovuto farla anche noi, giacché l'informazione, come ricordavate prima, è stata anche impietosa nei vostri confronti e ho avuto anche modo di ricordarlo al dottor Di Trapani quando è venuto in audizione. Ritengo che anche con noi l'informazione sia sempre stata molto parziale.Pag. 9
  Al sottosegretario Giacomelli, visto che questa cessione potrebbe preludere ad altre vendite o a un principio di privatizzazione della RAI, abbiamo detto che intanto l'Italia avrebbe bisogno di una legge sul conflitto di interessi; poi avremmo bisogno degli strumenti di trasparenza.
  Sul contratto di servizio, visto che proponevate al riguardo una domanda, abbiamo chiesto di renderlo operativo subito almeno per questo periodo, altrimenti rischia di entrare in vigore nel momento in cui la RAI verrà riformata.
  Anche sulla questione della chiusura delle sedi regionali, che sembra sia rientrata, avevamo chiesto spiegazioni e trasparenza, per migliorare la situazione. Personalmente ho anche emendato la parte che in qualche modo limitava i doveri della RAI a essere presenti su tutto il territorio nazionale. Comunque, avere dei numeri per capire come valorizzare le sedi regionali può essere utile, ancor più alla luce di questa imminente riforma della RAI.
  Vi è un'altra questione che ho posto al sottosegretario Giacomelli: se, considerati i due grossi studi che sono stati prodotti sull'incostituzionalità dell'azione di utilizzare il canone per pagare gli 80 euro, non ci sia il rischio che, attraverso un ricorso a un TAR, il Governo debba restituire alla RAI 150 milioni dopo aver venduto, ovviamente, RAI Way. C’è questa possibilità ? Noi aspettiamo la risposta.
  Vengo da una città, Torino, dove gli amministratori, a causa dei forti debiti della città, hanno iniziato a vendere piccole parti e poi sono passati a vendere tutto. Ho dunque una predisposizione molto negativa nei confronti di questa operazione, però mi conforta che in questo senso siano arrivati anche pareri importanti come quello della EBU (European Broadcasting Union). Prima il collega diceva che in Europa questo avviene in molti Paesi: è vero, però ricordiamo che l'EBU sostiene che, in primo luogo, non è corretto sviare i soldi del canone per fare questo tipo di operazione; inoltre, rischiamo di avere una RAI che non può decidere in piena e totale autonomia gli investimenti e lo sviluppo industriale e tecnologico.
  Sono dunque tanti i motivi che dovrebbero farci indietreggiare. Concordo sulla critica della creazione di una nuova società (non ne conoscevo i dettagli) RAI Com, mirata alla commercializzazione. Siamo d'accordissimo – e proprio per questo abbiamo sempre chiesto trasparenza – che la RAI debba ritornare a produrre. Io stesso, ma anche il Presidente e altri commissari abbiamo fatto visita in varie strutture della RAI e ci rendiamo conto che c’è una grossa potenzialità, probabilmente non adeguatamente sfruttata. Anche per questo riflettiamo sulle esternalizzazioni, sull'intermediazione per esempio di certi soggetti nell'acquisto di prodotti che potrebbe acquistare direttamente la RAI sui mercati internazionali (mi riferisco a format televisivi) o sul fatto che a Torino ci siano eccellenze che purtroppo si stanno avviando alla decadenza. Insomma, tutta questa ristrutturazione è molto importante. Per questo anche noi auspichiamo una riforma della RAI che è necessaria, ma va fatta con intelligenza, sapendo dove si vuole arrivare, con una visione generale. Non possiamo fare piccoli interventi se non sappiamo dove vogliamo arrivare. L'abbiamo fatto notare e lo ribadiremo, chiedendo garanzie che la RAI non ci faccia rimpiangere la lottizzazione, soprattutto dal punto di vista dell'informazione. I nostri timori sono foschi, se volete, ma sono questi.
  Infine – scusate, ho molte cose da dirvi ma ho quasi concluso – sulla riforma vigileremo perché i tavoli che si aprono e questo lavoro concertato sia veramente espressione di tutti – così come vengono definiti con un termine che a me non piace – gli stakeholder, cioè tutti i gruppi interessati, i fruitori, i lavoratori, nell'ambito del servizio pubblico. Vigileremo perché è il momento più delicato: non ci vorremmo trovare con una riforma fatta da altri che hanno ascoltato quei quattro, cinque consigli che vengono integrati più o meno superficialmente per dare un «contentino». Visto che spesso in Italia le cose Pag. 10sono andate in questo modo, faremo attenzione e stimoleremo i colleghi della maggioranza e del Governo perché questo non avvenga e perché ci siano chiare garanzie – al di là del tessuto culturale italiano, che sappiamo non è proficuo in questo senso – di costruire un servizio pubblico il più possibile scevro da cattiva influenza politica. Sicuramente una vigilanza parlamentare ci può stare, non vogliamo dire che la RAI deve essere scevra da qualsiasi controllo, purché sia autonoma e indipendente.
  Parliamo tanto di BBC e citiamo quel modello. Ho partecipato a questa «Leopolda della RAI», a questa presentazione, sebbene solo in parte; ci sono stati anche interventi utili, che ponevano problemi importanti, però se vogliamo prendere a modello la BBC dobbiamo pensare a una struttura che sia veramente indipendente dai poteri forti. La BBC è un posto dove ai servizi segreti inglesi, se chiedono la chiavetta di Snowden, viene risposto in maniera negativa. C’è un rispetto per l'informazione, per la neutralità e l'indipendenza dei giornalisti particolarmente forte, che in Italia non è facile da realizzare, però auspichiamo che si vada in quella direzione, perché è molto importante arrivare adesso a quell'obiettivo. Su questo faremo da sponda a tutte le richieste. Non so bene, in questo grande lavoro, come sarà più opportuno designare anche questa Commissione per i contributi che potremo dare. Sicuramente si dovrebbero armonizzare tutti i tavoli e i consessi che dovrebbero dare degli stimoli, delle idee produttive, e porre delle questioni per la riforma della RAI.
  Spero veramente che questo avvenga, e qui lo chiedo ufficialmente ai colleghi della maggioranza, nella più totale trasparenza e nei modi più proficui per raggiungere questi obiettivi che ci siamo preposti.

  GIORGIO LAINATI. Prendo la parola salutandovi tutti e ricordando che sono molti anni che ci incontriamo. Ogni volta sono costretto a dire questa cosa, facendo impazzire il Presidente Fico, che ha un'opportunità per dire che sono il primo da rottamare perché sono qui da dodici anni. Tuttavia, il fatto che sono qui da dodici anni ci ha consentito di incontrarci tante volte; non so quanti nodi siamo riusciti a sciogliere in questi nostri incontri, però la RAI ancora c’è e io auspico che rimanga ed esista in modo brillante. È altrettanto vero che non ho la soluzione a tutti i quesiti – credo che nessuno ce l'abbia – che avete posto anche tramite le vostre comunicazioni scritte. Però, siccome ci vediamo da più di dieci anni, non sono qui a dirvi che non c’è mai stata la lottizzazione in RAI; diciamo invece che la mia parte politica ha dato il suo contributo, come l'ha dato il centrosinistra, e comunque ognuno si assumerà le proprie responsabilità. Fortunato il Presidente Fico che non può dirlo ! Lo ripeto, non vengo da Marte e quindi non scopro oggi che sono stati fatti degli errori: la mia parte politica ha scelto persone sbagliatissime, molte volte; non a caso non hanno mai chiesto la mia opinione, e ci sarà un perché.
  Quindi, non per dare la responsabilità ad altri, ma il futuro della legge 112 dovete chiederlo al Presidente Renzi e al senatore Gasparri, non a me. Io nel 2004 l'ho votata, insieme ai colleghi dell'allora Casa delle Libertà (ve la ricordate ?). Non so qual è il progetto che ha in mente il Presidente del Consiglio per il futuro della RAI, perché comunque lui ha in mano la carta vincente, cioè può presentare un disegno di legge per rivedere la governance del servizio pubblico; non so se ha intenzione – questo possono dircelo i colleghi del Partito Democratico – di allargare l'ipotesi anche per ridisegnare il sistema RAI nella sua interezza.
  Non mi convince neanche il fatto che sia così necessario riformare la governance. Non so se ricordate il progetto del Ministro Gentiloni del 2007, nel secondo Governo Prodi: il disegno di legge sostituiva la 112, allora nata da pochi anni, con la storia delle fondazioni, i rappresentanti degli enti locali e via dicendo. Non si tratta di persone che vivono in un loro mondo Pag. 11senza simpatie politiche; comunque la politica non riuscirebbe mai a rimanere fuori dai piani alti di viale Mazzini.
  Non so quale sarà il progetto del Governo, e immagino che Forza Italia sia contraria alle privatizzazioni del servizio pubblico. Vado a pensare una cosa del genere per una serie di motivi che vi saranno chiarissimi. Ma non credo neanche che Renzi voglia privatizzare la RAI o uno dei canali. Non mi convince affatto, nonostante stimi moltissimo il collega Peluffo, questo continuo richiamare il paragone tra RAI e BBC: penso che siamo su due livelli diversi. La famosa frase «non è la BBC, è la RAI», non è una cosa ridicola; è invece qualcosa che sta a significare una specificità nella storia del Paese. Con più di cinquant'anni di storia di RAI, non so se possiamo fare un paragone anche sui criteri di organizzazione interna della BBC. Secondo me, la RAI è una cosa che va analizzata in modo a sé stante: è una delle più prestigiose reti televisive pubbliche del mondo, d'Europa; chiunque di noi gira l'Europa e accende i canali pubblici di Francia, Germania, Inghilterra dice «ridateci la RAI !». A mio avviso, sia sul piano dell'approfondimento giornalistico sia sul piano dell'intrattenimento la RAI è la migliore in assoluto, tenendo conto che deve sempre vivere con l'equilibrio pubblicità-canone. Non andrei a inseguire tanto la cornice legislativa dentro la quale si muove la BBC. Penso che si possano trovare strade alternative. Certo vanno salvaguardati i posti di lavoro, e su questo mi pare che siamo tutti d'accordo. Continuo a chiedere ai Giacomelli di turno se si potrà mai ipotizzare un canone più basso per i non abbienti, per gli anziani – misure di minima equità, che non mi sembrano tanto fantasiose – però non è facile. Cerchiamo di capire se anche il presidente Fico, che credo su questo sia d'accordo, ci potrà dare una mano per sollecitare il Governo in questa direzione. È anche vero che se si recuperano 300-400 milioni di evasione si può abbassare il canone, ma forse il passaggio precedente sarà abbassarlo a chi ha la pensione più bassa invece che a tutti.
  Per quanto riguarda tutte le altre questioni, ricordo che la nostra parte politica ha votato contro il decreto dei 150 milioni, quindi potrei cavarmela dicendo che eravamo contro a prescindere, ma sarebbe assolutamente stupido dire questo. Siccome la mia parte politica non è stata estranea a questo fenomeno di ingerenza politica del servizio pubblico, insieme agli altri, non me la sento neanche di criticare alcune prese di posizione su questa vicenda dei 150 milioni, perché effettivamente si potevano trovare altri modi. Peraltro, in una manovra gigantesca, 150 milioni sono una cifra estremamente risibile, mentre per la RAI rappresenta un problema che mi viene da chiedere se riguardi più quelli che guadagnano mille euro al mese o 15 mila. Il paradosso è anche questo. Ci troviamo di fronte alla necessità di salvaguardare migliaia di posti di lavoro a mille o 1.300 euro al mese e poi ci sono gli stipendi d'oro. Questo è un problema che si accompagna a quello della Clerici di turno per cui se togli 100 mila euro da 1,5 milioni si inizia a gridare allo scandalo.
  Ricordo – se non erro, ma possono spiegarmelo meglio gli amici della RAI – che quando ci fu questa discussione sul contratto delle star togliere 100 mila euro su un budget generale di 1,5 milioni sembrava una rapina al contrario. Siccome ci sono anche delle indisponibilità personali, caratteriali, prima donna, entertainer, non è facile neanche questo; né è facile dirlo perché così si aiuterebbe la concorrenza. Insomma, giriamo sempre intorno agli stessi argomenti: se non si paga quel conduttore poi se lo prende la concorrenza, quindi la RAI perde pubblicità. Mi sembra quasi una questione irrisolvibile. Però qualcuno un po’ di sacrifici li dovrà pur fare; non credo che sia il caso di chiederli a quelli che guadagnano mille euro al mese.
  Sono dell'avviso che, come ha detto anche il collega Peluffo, che ha molte più chance di me, essendo egli il capogruppo del maggiore partito italiano nonché del più importante partito della maggioranza – quindi immagino che abbia chance diverse Pag. 12di incidere presso il Ministero delle comunicazioni, Ministero dell'economia, Presidenza del Consiglio – possiamo svolgere un ruolo di controllo che sostanzialmente, come diceva anche il capogruppo Airola, sia di stimolo, non allontanando le responsabilità, anche se assumersi oggi le responsabilità può sembrare relativo, perché le cose sono già accadute.
  Vi ripeto, presumo che avremo modo di incontrarci di nuovo quando il Governo presenterà un progetto di riforma del servizio pubblico, e avremo modo di continuare questa discussione.

  PRESIDENTE. Do la parola agli altri auditi dopo aver ascoltato i colleghi e aver sentito che questa pratica barbara della lottizzazione – chi più chi meno – è stata normale.

  CLAUDIO BALDASSERONI, segretario generale Snater. Le osservazioni espresse sulle note riguardano in realtà la nostra nota. Recepisco la vostra posizione sulle sedi regionali e sulla questione RAI Way, ma rimane sempre contraddittoria, perché se da una parte ci dite che la RAI deve essere diversa dai privati, dall'altra oggettivamente il vincolo sulla presenza territoriale è stato ridotto, quasi azzerato.
  Non leggo chissà quali garanzie nell'articolato. Si parla di «proprie redazioni», e fin qui ci siamo, se quel «proprie» è riferito anche alle strutture, forse, ma è da vedere. Sul discorso di RAI Way da una parte vengono tolti 150 milioni, ma ricordo essere il budget dell'intera RAI 2, dell'intera radiofonia e di un altro pezzo di RAI: non sono dettagli, ma interventi forti.
  Nel consiglio di vendere una parte di quote di RAI Way, solo per coprire quel buco, non vedo cosa possa esserci di industriale o di buona gestione. È un obbligo, va fatto per forza. Non so come si comporterà il direttore generale, ma ce lo dirà perché siamo stati convocati.
  Tutto questo si interseca con la questione del canone, delle risorse. Non è vero che il sottosegretario Giacomelli non ha detto quello che vuole fare; ha detto troppo, ha detto cose diverse su come riformare il canone. L'unica cosa certa che sappiamo su questo è che non verrà fatto almeno l'intervento di recupero dell'evasione, perché questa è una tassa odiosa. Sono le stesse cose, in perfetta continuità, che venivano dette precedentemente. Prima, però, c'era il Presidente Berlusconi che fra l'altro veniva accusato di conflitto di interessi. Ma oggi vedo in questo la continuità. Ecco perché è difficile mandar giù tutto questo, tra l'altro in un momento in cui stiamo andando incontro al rinnovo della concessione. Parliamo di un'azienda ferma, senza alcuna certezza di risorse, dove i due pilastri delle sedi regionali e di RAI Way sono messi in discussione. Possiamo, allora, avere timore di quello che succederà ? La contraddittorietà è in questo; non è nei singoli punti, ma nel complesso dell'intervento.

  BRUNO DI COLA, segretario nazionale UILCOM-UIL. Da sindacalista, ascoltare un contraddittorio e non partecipare è terribile. Mi ha stimolato l'intervento del deputato del PD, l'onorevole Peluffo. Premetto che credo che il sindacato confederale, il sindacato in generale non abbia mai abbandonato la guardia sulla difesa del servizio pubblico, la libertà di stampa, il pluralismo. Abbiamo una duplice veste: di sindacato per gli aspetti generali e di chi rappresentiamo nell'azienda.
  Partendo da quelli che rappresentiamo nell'azienda, il mio segretario generale Angeletti ha detto che faremo le barricate per difendere il servizio pubblico. Noi rappresentiamo (uso una metafora) quelli dei titoli di coda. In un'azienda industriale – industria culturale, ma un'industria – dire a metà mandato di togliere 150 milioni dalle previsioni è un attentato a quell'industria, a meno che non si capovolga il piano. Nel piano di un'industria, oltre alla produzione, agli investimenti, ai programmi, c’è anche la gestione. I palazzi di Torino, a via Cernaia, il palazzo di viale Mazzini: due bombe di amianto. Abbiamo l'impegno di intervenire: si blocca tutto ? Non so cosa ci dirà il direttore generale nel presentarci il nuovo piano industriale, Pag. 13alla luce del decreto che prevede, nell'esercizio in corso, il taglio di 150 milioni. Se entro l'anno la DEAR non viene messa a norma va chiusa, a seguito di denuncia dell'ASL, e non so quanti posti saltano. Aumentano gli appalti ? Quei 500-600 soggetti che ci lavorano e che non potranno produrre alla DEAR, uno dei centri di produzione di eccellenza della RAI, in assenza dei 30 o non so quanti milioni di intervento per mettere a norma l'impianto...

  GIORGIO LAINATI. Ci dice che cosa è successo alla DEAR ?

  BRUNO DI COLA, segretario nazionale UILCOM-UIL. Da varie ispezioni, comprese quelle della ASL, è emerso che se gli impianti elettrici... non vengono messi a norma non c’è più la deroga ed entro il 31 dicembre si dovrà chiudere. È un problema di impianti elettrici, di sicurezza. A parte la produzione, noi rappresentiamo quei lavoratori, al di là di tutte le filosofie. Io capisco – un po’ di politica negli anni l'ho fatta anch'io – che ci sia anche una difesa di parte, però siamo in presenza di una situazione, al di là del servizio pubblico e di questioni che non voglio dimenticare, per cui si mette a rischio la sopravvivenza della gente, il posto di lavoro e si va incontro all'aumento degli sprechi.
  Qualcuno diceva che negli anni passati l'attuale vivacità del sindacato non l'abbiamo verificata, ma noi vi portiamo un'enciclopedia delle denunce che abbiamo fatto. Purtroppo, però, dentro la RAI, per il lavoratore, quello dei titoli di coda, il sindacato non ha la potenza del sindacato dei dirigenti. Penso a un bel convegno che si è tenuto qualche giorno fa e non entro nel merito perché non voglio beccarmi nessuna denuncia. Né vogliamo avere la stessa rappresentanza o potere di interdizione dei giornalisti, che stranamente, il giorno dopo del decreto hanno messo in piedi un convegno invitando tutto il mondo dell'opinione e della cultura. Tutti hanno gridato allo scandalo, ma dopo aver avuto – scusatemi la franchezza – assicurazioni che quella parte non sarebbe stata toccata e dopo aver caricato il mondo intero per fare lo sciopero e la manifestazione, si sono subito defilati.
  La faccio breve, non voglio annoiarvi, anche perché ho visto che le cose le sapete. I giornalisti non si toccano, i dirigenti si sono messi da parte. Vendiamo un pezzo di RAI Way e chi paga il taglio di 150 milioni in corso sulla gestione ? Pagano quelli dei titoli di coda ?
  Attraverso lo stimolo che Renzi ha dato con quella misura si apre una discussione nel Paese per anticipare la concessione. Se ne parla entro l'anno ? L'azionista allora dia le indicazioni, gli obiettivi, faccia fare un piano industriale. Il direttore generale lunedì 7 ci convoca per presentarci il piano industriale: ma l'azionista gli ha dato le indicazioni per fare il piano industriale o è un piano industriale di tagli ? Alla Clerici non taglieranno nulla, tanto per citare un nome. Dove tagliano ?
  Sulla vendita di RAI Way non vorrei ripetermi; ho dato anche una memoria di quello che RAI Way significa per la RAI e per il Paese. Se salta RAI Way ed entra il privato non so se diventa più un'azienda da mettere a risorsa o un'azienda alla quale la RAI dovrà pagare il canone, perché quel 49 o 40 per cento che entra come privato vorrà guadagnare se investe capitale e la RAI avrà altri problemi. Vendiamo un pezzo di RAI Way e il resto rimane invariato ? Credo che sia filosofia dire che vogliamo una RAI diversa, vogliamo la lotta agli sprechi, vogliamo abbattere gli appalti. Credo che una sana riflessione dovrebbe portare a chiedere all'azionista di dare indicazioni precise su che tipo di RAI vuole. Ci sarebbe altresì una discussione da fare rispetto a una riforma della RAI che auspichiamo da anni e che effettivamente possa togliere la RAI dalle gabbie politiche permettendole di competere con il Paese. Al di là dell'esempio di Telecom citato da Cestaro, ne abbiamo un altro, che credo qualcuno di voi conosca. Come è iniziata la morte di Cinecittà ? Cominciando a venderne un pezzetto. Sono arrivati gli imprenditori illuminati e Cinecittà è una città morta.

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  GIORGIO LAINATI. Vorrei solo fare una piccola chiosa. Ho citato la vicenda della Clerici perché tre anni fa ci fu una polemica sulla riduzione del cachet. Voglio dire, però, a onore del servizio pubblico, che sul piano dell'intrattenimento nel concetto di televisione generalista Antonella Clerici rappresenta un'eccellenza. I programmi che fa la Clerici per RAI 1 e per il pubblico generalista e tradizionale di quella rete sono semplicemente perfetti, quindi sono ben felice che faccia quei programmi. Secondo me, la chiave di volta del servizio pubblico sta nel saper coniugare, da una parte, per questo tipo di tv generalista, i bei programmi della Clerici, e dall'altra, per esempio su RAI 2, un programma per i giovani che ha avuto un successo straordinario come The Voice of Italy. Ecco, questo è il servizio pubblico che a me piace.

  FABRIZIO TOSINI, vicesegretario UGL Telecomunicazioni. Vorrei rispondere ad alcune questioni sollevate dai commissari. L'onorevole Peluffo del PD ha detto che le organizzazioni sindacali RAI si sono attivate in questo contesto, ma non ne ha visto l'attività prima.
  Qualcuno dei miei colleghi ha affermato che possiamo presentare un'enciclopedia con l'elenco delle attività. Volevo ricordare che abbiamo organizzato due scioperi generali, uno contro la direzione generale di Mauro Masi e uno contro la direzione generale di Lorenza Lei, che hanno visto la partecipazione dell'80 per cento dei lavoratori. Non è esatto, dunque, quello che è stato affermato.
  Per quanto riguarda il servizio pubblico radiotelevisivo, «mamma RAI», a mio avviso il taglio dei 150 milioni sta provocando dei danni le cui ripercussioni vedremo sicuramente nei prossimi anni. Questo potrebbe andare bene se comunque il Parlamento si impegnasse in modo solenne a occuparsi dell'evasione del canone per garantire risorse certe alla RAI.
  Quanto alla scelta di vendere una parte di RAI Way, è come se le Ferrovie vendessero i binari. Sicuramente RAI Way deve essere valorizzata e vorrei ricordare che la digitalizzazione dei centri trasmittenti è avvenuta a spese della RAI, operazione che in altri Paesi d'Europa, chiamati in causa come termine di paragone, è stata condotta a spese della collettività e dello Stato.

  GIOVANNI PIETRAFITTA, segretario nazionale Libersind-Confsal. Vorrei ringraziare il Presidente Fico per le parole che ha usato prima, durante e dopo lo sciopero. Lo faccio a nome della mia organizzazione sindacale e di chi stava in piazza a scioperare.
  Il collega che mi ha preceduto mi ha rubato la battuta: chiedo scusa, probabilmente ricorderà male o forse ho capito male io sui due scioperi di cui parlava Fabrizio Tosini prima. Li abbiamo fatti durante il Governo di centrodestra e abbiamo portato a Roma, in viale Mazzini, qualcosa come 2-3 mila persone, quindi non è un discorso di destra o di sinistra. Quando la RAI viene attaccata ci muoviamo e difendiamo gli interessi dei lavoratori. Non parlo di lavoratori come la Clerici; noi ci interessiamo di quelli che sono nei titoli di coda, che percepiscono 1000-1.200 euro al mese, situazione ben diversa.
  Riprendendo il discorso del senatore Airola sulla domanda di Rossi, certo lui è interessato, però ha fatto delle dichiarazioni molto precise e molto importanti, cui non è seguita una risposta da parte dell'azienda. Ho seguito anch'io la vicenda, quindi so perfettamente quello che ha detto, e ho sentito anche la risposta del nostro direttore generale, che non mi pare abbia soddisfatto la richiesta.
  Per quanto riguarda le sedi regionali, abbiamo letto l'emendamento, abbiamo visto che c’è un cambiamento, che ad avviso delle organizzazioni sindacali che sono presenti non mi pare abbia dato una risposta ai lavoratori. Forse l'ha data all'Usigrai, ma a noi un po’ meno e questo ci lascia molto preoccupati.
  Il senatore Airola parlava dell'EBU e, mi creda, mi ha raffreddato. La lettera precedente dell'EBU, soltanto di qualche anno fa, ricorda la Grecia e un periodo Pag. 15molto duro e brutto della nostra storia, della storia dell'Europa: mi riferisco a quando hanno chiuso la televisione in Grecia. Scusate, è un piccolo riferimento, ma così è, e la lettera è molto simile a quella precedente, quasi la ricalca. Ha fatto benissimo il senatore Airola ad averla ricordata, e di questo lo ringrazio.
  Per quanto riguarda le lottizzazioni, vi prego, cercate di non farcele rimpiangere. Stiamo andando verso un periodo in cui rischiamo di rimpiangerle.
  Passo adesso all'argomento dolente, RAI Way, che non è solamente, come ho sentito in alcuni interventi, le torri. RAI Way è qualcosa di molto più serio e più importante: sono gli impianti che permettono di portare il segnale da e verso il posto più sperduto della penisola. RAI Way nasce come una rete unica e inscindibile dalla RAI, è quella parte della RAI che permette di dare sicurezza al trasporto e alla diffusione verso l'ultimo degli utenti.
  RAI Way è strutturata in modo tale da dare la certezza e la sicurezza che se il Presidente del Consiglio o il Presidente della Repubblica, non soltanto durante il discorso di fine anno, ma quando vogliono (il Presidente Berlusconi è stato ricordato all'inizio, ma anche gli altri lo hanno copiato), decidono di parlare in televisione, riescono ad arrivare con certezza all'ultimo degli utenti. Questo non può farlo un'azienda privata; queste certezze le dà soltanto un'azienda pubblica. Non voglio entrare nel merito delle ragioni di tutto questo, ma per come è strutturata RAI Way – vi prego di informarvi – è l'unica che può dare la garanzia di tutto questo. Non a caso, durante le guerre – adesso l'Europa unita ha allontanato lo spettro della guerra sotto casa nostra, ma Lampedusa è stata ieri mattina, la guerra del Golfo è stata qualche giorno fa, mica chissà quanto tempo fa – lo Stato italiano ha tenuto a presidiare con l'esercito i siti di RAI Way. Non l'ho deciso io, come sindacato; ci ha pensato lo Stato e un motivo l'avrà anche avuto. Magari potreste informarvi, perché il motivo potrebbe essere più serio di quello che si crede.
  Se qualcuno inserisce in un decreto la vendita del 40 o del 49 per cento di RAI Way e non capisce che c’è anche un discorso di sicurezza del trasporto e della diffusione del segnale televisivo, qualche problema sinceramente me lo porrei. Mi fermo qui perché comprendo che abbiamo poco tempo e ringrazio tutti.

  PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.15.