XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 22 di Mercoledì 8 gennaio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti di Confindustria Radio Televisioni:
Fico Roberto , Presidente ... 3 
De Laurentiis Rodolfo , presidente Confindustria Radio TV ... 3 
Rossi Maurizio  ... 6 
Fico Roberto , Presidente ... 6 
Rossi Maurizio  ... 6 
Margiotta Salvatore  ... 7 
Ciampolillo Lello  ... 8 
Puppato Laura  ... 8 
Fico Roberto , Presidente ... 9 
Marazziti Mario (PI)  ... 9 
De Laurentiis Rodolfo , presidente Confindustria Radio TV ... 9 
Rossi Maurizio  ... 11 
Anzaldi Michele (PD)  ... 11 
Fico Roberto , Presidente ... 11 

Audizione di rappresentanti di DonneInQuota:
Fico Roberto , Presidente ... 11 
Martini Donatella , presidente associazione DonneInQuota ... 11 
Signoretti Claudia , Associazione piattaforma lavori in corsa: 30 anni Cedaw ... 14 
Puppato Laura  ... 16 
Anzaldi Michele (PD)  ... 17 
Martini Donatella , presidente associazione DonneInQuota ... 17 
Anzaldi Michele (PD)  ... 17 
Martini Donatella , presidente associazione DonneInQuota ... 17 
Signoretti Claudia , Associazione piattaforma Lavori in corsa: 30 anni Cedaw ... 17 
Fico Roberto , Presidente ... 17 
Martini Donatella , presidente associazione DonneInQuota ... 18 
Fico Roberto , Presidente ... 18

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 13.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  Comunico, altresì, che dell'audizione odierna sarà redatto e pubblicato il resoconto stenografico.

Audizione di rappresentanti di Confindustria Radio Televisioni.

  PRESIDENTE. Buon pomeriggio a tutti e auguri di buon anno.
  Voglio iniziare la prima seduta della Commissione del 2014 rivolgendo gli auguri a Pierluigi Bersani, sperando che ritorni il prima possibile a lavorare con noi alla Camera. Mi faceva piacere farlo a nome della Commissione tutta.
  L'ordine del giorno reca l'audizione dei rappresentanti di Confindustria Radio Televisioni, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione. L'audizione si inquadra nell'ambito dell'attività istruttoria che la Commissione ha avviato in relazione al nuovo Contratto nazionale di servizio 2013-2015.
  Cedo quindi la parola al presidente, avvocato Rodolfo De Laurentiis, che riferirà le valutazioni dell'associazione sul nuovo Contratto di servizio, con riserva per me e gli altri colleghi di rivolgergli, al termine del suo intervento, domande e richieste di chiarimento.

  RODOLFO DE LAURENTIIS, presidente Confindustria Radio TV. La ringrazio, Presidente, anche per gli auguri che ricambiamo a lei a e tutti i membri della Commissione. Vorremmo associarci anche agli auguri di pronta guarigione per l'onorevole Bersani.
  Voglio ringraziare lei e la Commissione per averci offerto questa occasione interessante di confronto e di analisi su un tema sicuramente importante in una sede istituzionale così importante, cosa che ci consente, da una parte, di presentare la nostra associazione neocostituita, dall'altra, di esprimere alcune riflessioni che riguardano il Contratto di servizio all'interno di uno scenario sicuramente più ampio e che riguarda tutto il settore dell'industria audiovisiva nel nostro Paese.
  Confindustria Radio TV è un'associazione che raccoglie i protagonisti, i player più importanti del settore dei media televisivi e radiofonici. Insieme alle TV locali e alla radio, rappresentiamo circa il 98 per cento dell'intero settore. L'associazione è stata costituita a giugno; a ottobre ha visto la definizione dei propri organi associativi, quindi della governance del settore.
  Voglio sottolineare quanto sia importante che per la prima volta, a differenza di quanto accaduto in altri settori merceologicamente omogenei, abbiamo una voce unitaria di rappresentanza dell'intero comparto. Questo è segno di maturazione dei vari player del settore e anche una scelta derivante dalla necessità di un presidio costante su un settore, su un quadro di business economico e regolamentare che certamente è destinato e sta subendo Pag. 4grandi trasformazioni e modifiche strutturali. L'associazione ha un compito di rappresentanza sotto il profilo istituzionale, economico e sindacale e vuole svolgere questa missione che le è stata affidata in una logica di piena e reciproca collaborazione con tutte le istituzioni, a cominciare dal Parlamento. Per questo, siamo particolarmente grati che abbiate accettato la nostra richiesta di offrirci l'occasione per fornire alcuni elementi di riferimento sul tema in oggetto.
  Mi saranno consentite prima alcune considerazioni di carattere generale, a partire dalla modifica sostanziale della migrazione del segnale televisivo dall'analogico al digitale, che dal 2008 sta producendo, soprattutto dal 2012, anno in cui si è concluso, un arricchimento e una moltiplicazione dell'offerta televisiva, che ha sviluppato una certa concorrenza sulle diverse piattaforme, sia nel pay sia nel free. Ciò ha incrementato la possibilità del pubblico di fruire di prodotti più affini alle proprie inclinazioni e desideri e ha sviluppato un'azione più efficace della concorrenza stessa, che ha portato all'ottimizzazione di fattori produttivi impiegati nei processi che riguardano l'offerta televisiva.
  Oggi, quando parliamo di passaggio dall'analogico al digitale, ci riferiamo a un processo complesso, che ha comportato investimenti cospicui per diversi player nazionali e locali. Solo per il servizio pubblico, ad esempio, questo ha comportato oltre 500 milioni di euro di investimento ed è un fenomeno complesso che ha coinvolto circa 10 emittenti nazionali e oltre 550 locali, per un totale di 24.200 impianti di trasmissione. Si tratta di un caso unico in Europa per la complessità del sistema televisivo italiano e della gestione di questa transizione.
  Va dato quindi atto che tutti i soggetti del settore hanno svolto un'azione efficace di sviluppo dell'innovazione, cogliendo l'opportunità di investire un grande progetto Paese, ossia quello del passaggio dall'analogico al digitale. Ciò è avvenuto anche in un contesto strutturale di crisi economica, che ha visto ridurre la capacità e la disponibilità delle famiglie italiane alla spesa destinata all'investimento e il debutto di nuovi concorrenti che si sono affiancati ai broadcaster tradizionali sul mercato dell'offerta e della distribuzione di prodotti audiovisivi. Mi riferisco in particolar modo agli over the top. Questi, per dimensione, capitalizzazione, capacità finanziaria, mercati, internazionalizzazione, pervasività, sono inediti da questo punto di vista, ma hanno anche goduto e continuano a godere a tutt'oggi – mi si consenta di sostenerlo – di una condizione di favore sia dal punto di vista di un quadro delle asimmetrie normative sia da quello delle condizioni fiscali, producendo di fatto, a mio avviso, una distorsione nella fase competitiva in atto, ancor più accelerata dalla globalizzazione.
  Rispetto a ciò, l'attività svolta da tutti i player a livello nazionale e locale è stata quella di sviluppare e mantenere il passo della concorrenza, contenendo i costi per fronteggiare la crisi senza incidere sugli investimenti in senso ampio, su cui ritornerò successivamente. A mio avviso, si tratta di un importante elemento di valutazione.
  Oggi, del resto, il settore radiotelevisivo somma, in termini di fatturato, circa 9 miliardi di euro, rispetto ai quali, però, presenta una perdita di alcune centinaia di milioni di euro. Il dato serve a trasmettere il senso di difficoltà strutturale che si sta vivendo nel settore: esso somma circa 29.000 dipendenti diretti, a cui si aggiungono alcune decine di migliaia di addetti indiretti che rappresentano un elemento importante che svolge una forte azione di sviluppo e di crescita.
  Credo che la politica applicata al settore vada inserita all'interno di una scelta più ampia di politica industriale del Paese. Questo settore partecipa allo sviluppo, alla crescita del nostro Paese in maniera rilevante. Ho voluto citare solo alcuni dati, ma credo sia necessario accompagnarli, in questa fase di competizione, con la capacità, la forza, la determinazione e un quadro regolamentare e normativo coerente con le trasformazioni che si sono prodotte nel settore e che si stanno producendo, Pag. 5anche per eliminare quelle distorsioni di mercato cui facevo riferimento.
  I dati sulla pubblicità danno l'idea dell'andamento in quest'ambito. La pubblicità sui mezzi classici si è ridotta di circa un quarto, 2,5 miliardi di euro, mentre la pubblicità on line è cresciuta di oltre 1.000 per cento, superando la quota di 1,5 miliardi e diventando, dopo la televisione, il secondo mezzo pubblicitario in Italia. Si tratta di dati stimati per il 2011 e previsionali per il 2012. Nel frattempo, gli investimenti del 2012 hanno registrato cali superiori alle aspettative su tutti i mezzi classici, mentre nel 2013, secondo le prime proiezioni, i cali vanno riducendosi, indicando però una timida inversione di tendenza benché sia indubbio che l’on line crei, in assenza di regole chiare, risorse importanti al mercato. Anche le risorse economiche affluite da Internet hanno registrato un calo mese su mese nel 2013, ma il fatturato si è comunque attestato all'8-10 per cento del totale degli investimenti e le concessionarie pubblicitarie concordano su una ripresa guidata dai mobile device.
  In questo contesto, si è mossa l'industria radiotelevisiva, con un impegno profuso dalle emittenti nazionali e locali free e pay nel sostenere l'innovazione e la persistente centralità del mezzo televisivo nel consumo del pubblico italiano.
  Solo per fornire qualche dato da questo punto di vista, nel 2013 nella media nazionale la TV ha attratto 10,5 milioni di spettatori, che nella fascia 20.30-22.30 salgono a 26 milioni. Nel 2004, nel giorno medio il 16,7 per cento della popolazione italiana si trovava di fronte a un televisore acceso; nel 2013, siamo saliti al 18,1. È salito anche il tempo dedicato complessivamente dagli italiani alla televisione, passando dalle 4 ore di 10 anni fa alle 4,5 in media nel 2013: sono dati che confermano una evidente vitalità del settore.
  Vorrei solo fare un piccolo accenno al fatto che la fase di digitalizzazione del settore oggi coinvolge anche la radio, che si avvia quindi a una fase di innovazione profonda e, conseguentemente, dovrà essere accompagnata anche da investimenti importanti. Positiva è la prima fase di sperimentazione effettuata della digitalizzazione dalla concessionaria pubblica in Trentino. Occorre fare in modo che, sulla strada del processo di digitalizzazione, anche le TV e le radio locali di qualità non subiscano in questo contesto dei contraccolpi, dove è evidente che bisogna avere risorse importanti.
  Non ultimo, solo per inciso, è evidente che siamo in attesa, in quest'ambito, di un nuovo sistema di rilevazione degli ascolti, che oggi diventa lo strumento fondamentale anche per allocare le risorse pubblicitarie.
  Questo è il quadro all'interno del quale si muove la definizione del Contratto di servizio all'esame di questa Commissione e che è propedeutico, per certi aspetti, anche all'appuntamento del 2016 del rinnovo della concessione del servizio pubblico. Possono esserci contenuti, idee sostenibili e si può aiutare la ridefinizione del quadro normativo dal rinnovo della concessione. È evidente che la durata di questo Contratto di servizio ci accompagnerà fino a quella data di scadenza.
  Mi permetterei di sottolineare alcuni elementi meritevoli di attenzione, primo tra tutti il nuovo assetto della comunicazione commerciale sui canali tematici destinati ai minori dalla concessionaria pubblica, quindi con il superamento della pubblicità e i vincoli che ne derivano all'interno di quell'offerta destinata ai minori, una peculiarità in questo ambito che abbiamo accolto con attenzione e interesse.
  Altro elemento è rappresentato dal mantenimento e consolidamento dei vincoli che riguardano le quote di produzione nel sistema audiovisivo. Mi riferisco, in particolar modo, al cinema e alla fiction, che rappresentano il 15 per cento, se non sbaglio, del totale dei ricavi e che, insieme agli altri significativi investimenti, rappresentano una linfa vitale per tutta l'industria audiovisiva nel nostro Paese.
  Credo che un elemento di fondo accompagnato a questo Contratto di servizio sia un tentativo sempre più incisivo e Pag. 6costante sulla caratterizzazione dell'offerta complessiva del servizio pubblico sui principi e sulle specificità che lo caratterizzano. Questa caratterizzazione, che ritroviamo in diverse partizioni e articoli, è sicuramente un elemento da valutare positivamente e da registrare con attenzione.
  Mi permetterei, anche se questa non è la sede più appropriata, di ribadire la necessità che il Parlamento definisca azioni di contrasto vere contro l'evasione del canone, che nel nostro Paese ha raggiunto ormai cifre piuttosto significative, intorno al 27 per cento. Credo che sia un elemento su cui il Parlamento può fare molto anche in termini di giustizia redistributiva.
  A mio avviso, inoltre, il mantenimento degli investimenti e delle quote presenti all'interno del contratto di servizio vanno inserite nell'ottica di un'azione efficace di contenimento dei costi della concessionaria pubblica, che porterà nel 2013 sostanzialmente a un pareggio di bilancio e, probabilmente, nei prossimi anni a una positività sicuramente importante.
  È ovvio che il Contratto di servizio abbia la finalità della trasparenza che tuteli la concorrenza. Su questo, come Confindustria Radio TV, non possiamo che essere d'accordo.
  Mi permetterei solo di citare altri due elementi. Mi corre l'obbligo, come rappresentante di quest'associazione, di sottolineare in questo quadro anche il tema delle TV locali, che vivono un momento di grande difficoltà e che, a mio giudizio, avrebbero bisogno di un provvedimento quadro di politica industriale che le porti a superare le difficoltà finanziarie, investendo soprattutto sulla qualità dell'impresa, sul fatturato, sulla crescita dimensionale, quindi sulla capacità di reggere il mercato con un processo di aggregazione delle loro dimensioni e dei loro standard qualitativi e quantitativi di efficienza. Su questo, credo siano grandi l'attenzione e l'attesa da parte del settore delle TV locali.
  Il tema dell'innovazione riguarda anche l'Agenda digitale. Vorremmo svolgere un'azione più efficace. All'interno dei lavori dell'Agenda digitale infatti il settore finora escluso è quello della televisione. Francamente, mi riesce difficile capirne le motivazioni. Sono convinto che soltanto una mancanza di una rappresentanza unitaria avesse portato a un'assenza del comparto in quest'ambito: credo e ci auguriamo che vorrà essere recuperata nel più breve tempo possibile, facendo partecipare rappresentanti del comparto ai lavori strategici dell'Agenda digitale.

  MAURIZIO ROSSI. Anzitutto, credo che la nascita della vostra associazione sia un fatto di enorme importanza. Il conflitto che c’è stato tra tutti i vari componenti, specialmente quando esisteva un'associazione diversa, la FRT, vedeva in effetti la presenza di alcune parti e l'assenza di altre. La conflittualità è stata molto forte. Vedo con grande favore, come credo tutto il mondo politico, che in un'unica associazione siano riuniti tutti. Naturalmente, in questa situazione viene da chiedersi come sia possibile trovare un punto di incontro: immagino esistano posizioni molto differenti, ma ben venga un tavolo.
  Sappiamo che il Presidente Fico è stato convocato in Europa dalla Commissione Petizioni in riferimento al problema se il canone sia o meno legittimo, all'oscuramento di SKY da parte di RAI per molto tempo e al tema se il canone sia o meno un aiuto di Stato: gli chiederei se non ritenga, prima di andare, di convocarci per una chiacchierata tra di noi sul tema.

  PRESIDENTE. Della convocazione avevamo già parlato nell'Ufficio di Presidenza. Senza dubbio, lo porremo all'ordine del giorno una prossima volta.

  MAURIZIO ROSSI. Per quanto riguarda il discorso di Confindustria Radio Televisioni, invece, direi innanzitutto che non credo molto, sinceramente, nel valore di questo Contratto di servizio, se non che è propedeutico ad arrivare al rinnovo della concessione. Il problema fondamentale che dovreste però risolvere internamente è quello di un riassetto totale. Il 6 maggio 2016 non scade la convenzione del servizio pubblico tra Stato e RAI, ma è l'occasione Pag. 7per riassettare completamente tutto il mondo dell'informazione. È chiaro infatti che in questo momento esistono problemi molto simili a quello che succede negli uffici pubblici e in quelli privati. C’è un enorme privilegio per i dipendenti pubblici e i dipendenti RAI rispetto a tutti i dipendenti privati, oggi per oltre il 50 per cento tra cassa integrazione, licenziamenti, contratti di solidarietà. Non credo che debba esserci un privilegio del settore pubblico e che il resto del mondo del lavoro debba essere carne da macello.
  Se c’è un gettito del canone utile, tra l'altro, anche al recupero dell'evasione – parliamo di 2,5 miliardi di euro all'anno, in 20 anni di concessione fanno 50 miliardi di euro – penso che sia veramente l'occasione di vedere come si possano ridistribuire queste risorse sul settore dell'informazione non solamente televisiva o radiofonica. Eventualmente potrebbero essere suddivise – è una mia teoria che i colleghi conoscono bene – valutando di arrivare, ad esempio, a bandi per l'assegnazione dell'informazione regionale non alle televisioni, ma al sistema informativo regionale, per salvaguardare i posti di lavoro che si perdono, dalla carta stampata alle radio, alle televisioni, anche alle piattaforme web.
  Il servizio pubblico, oggi, non è quello di 70 anni fa, ma è fornito di moltissimi mezzi di informazione. Dobbiamo, innanzitutto, ristabilire cosa sia il servizio pubblico. Se ne continua a parlare ma nessuno sa spiegarlo. Come è ed è stato scritto molti anni fa, non ha più nessun valore. Credo che il servizio pubblico debba prioritariamente essere vicino ai cittadini nei momenti dell'emergenza. Possiamo riferirci, senza parlare della Liguria, che genererebbe un conflitto di interessi, dai tempi del G8 del 2001 – allora non ero un uomo politico, quindi comunque potrei anche parlarne – all'azione di Telenorba in Puglia, a Ridolina in Sardegna, alle televisioni del Veneto e dell'Emilia-Romagna durante le alluvioni. C'erano solo loro in diretta, non la RAI.
  Quello è servizio pubblico e deve essere riconosciuto in un riassetto del sistema che proprio voi, all'interno, avendo tutti, potreste fare bene. Il giorno di Natale, ad esempio, non c'era la RAI, ma il sito del Secolo XIX, che tramite Internet ha reso un servizio pubblico in Liguria durante l'allerta 2 a Genova. Non se n’è occupata la televisione, che ha il contratto di solidarietà.
  Dobbiamo definire il servizio pubblico e, sulla base di quella definizione, bisogna certamente prendere le risorse che i cittadini pagano perché il cittadino riceva il miglior servizio al costo inferiore. Bisognerà quindi anche stabilire a quanto dovrà ammontare il canone della RAI a partire dal 6 maggio 2016. Potrebbe essere di 50 euro come di 150 – non ne ho la minima idea – ma sicuramente sarà un punto di passaggio. Bisogna anche permettere a tutti i mezzi di informazione, attraverso bandi regionali o altro, che sia riconosciuto il loro ruolo di servizio pubblico su tutte le piattaforme, dividendo il nazionale dal regionale.

  SALVATORE MARGIOTTA. Anche se i temi da affrontare sarebbero tantissimi, ne affronterò uno solo, cui peraltro ha fatto cenno il presidente nella sua ottima relazione.
  Anch'io sono tra coloro che ritengono assolutamente positivo che esista Confindustria radio e televisione. Sono molto lieto che ne sia presidente persona a me nota come persona di qualità. Non lo invidio perché non sarà facile tenere insieme i diversi interessi che, obiettivamente, convergono in un'associazione di questo tipo, ma ha le qualità per riuscirci.
  La mia domanda è netta e riguarda la questione della pubblicità dei minori, a cui lei ha fatto cenno. Il Contratto di servizio prevede che la RAI non trasmetta pubblicità nei canali dedicati. Secondo i conti della RAI medesima, ciò determina una perdita di circa 10 milioni di euro o comunque di una somma molto vicina. Naturalmente, la RAI ci sta, anche per le pressioni esercitate da questa Commissione, ma non manca di evidenziare che questo determini uno svantaggio competitivo rispetto alle altre reti. Mi chiedo se Pag. 8non possa essere proprio Confindustria radiotelevisiva, che lei presiede, a trovare una sorta di compromesso e regolazione in modo che quest'atto, secondo me positivo, che la RAI sta per compiere non determini uno svantaggio competitivo.

  LELLO CIAMPOLILLO. Lei ha parlato della sperimentazione della radio digitale da parte della concessionaria pubblica. Credo che lo standard che utilizzano sia il DAB+, può confermarmelo ? Siccome era già noto un problema serio nella ricezione indoor del sistema DAB+, vorrei capire anzitutto se erano stati positivi gli esperimenti o si è avuta la conferma che in effetti presenta dei problemi, trattandosi comunque di uno standard obsoleto, per cui già in altri paesi si sta pensando di abbandonarlo. Non si sta valutando di non partecipare a questo progetto, in considerazione di questi limiti dello standard ?
  Quanto alle TV locali, chiaramente il digitale terrestre ha portato come conseguenza a un miglioramento della qualità dell'immagine e dell'audio, ma ha moltiplicato il numero dei canali disponibili a disposizione dei precedenti cosiddetti concessionari. Quasi ovunque, allora, un singolo concessionario che aveva una frequenza, e quindi un'emittente televisiva, si è ritrovato con 6-7 canali, a seconda della qualità con cui si decide di trasmettere. Questo ha portato alla nascita dei canali +1, +2 e spesso assistiamo anche a canali vuoti, praticamente inutilizzati, anche se mi sembra di ricordare che esista l'obbligo, entro un certo tempo, di utilizzarli davvero. Questo ha determinato un crollo dell'ascolto, spesso anche forse per incapacità di creare nuovi contenuti, soprattutto per far fronte alla concorrenza della rete Internet, che offre in tempo reale sicuramente un'offerta più ampia e diversa. Vorrei capire la vostra posizione. Lei ha parlato di un provvedimento quadro di politica industriale: a cosa pensate ? Anche la voce di associazioni minori, che chiaramente è rimasta inascoltata, proponeva invece di assegnare a chi aveva un canale televisivo non un intero canale con relativo mux, ma solo un'emittente, quindi in rapporto 1 a 1. Vorrei conoscere la vostra posizione su questo problema, tenuto conto che con il crollo degli ascolti c’è stato anche un calo degli investimenti pubblicitari.

  LAURA PUPPATO. Sarò brevissima anche perché molti di noi hanno, a partire dalle 14.30, ulteriori Commissioni presso le loro realtà di Senato e Camera. Anzitutto, la ringrazio per la relazione.
  Vorrei porre poche questioni oltre a quelle già poste dai colleghi che mi hanno preceduto. Lei ha parlato di 9 miliardi complessivi come gettito del settore radiotelevisivo italiano: è possibile conoscere, attraverso documentazione anche cartacea o via e-mail, la diretta conseguenza nelle varie realtà societarie che esistono e operano, come corrispondenza economica per ogni singola realtà ?
  Per quanto riguarda, invece, il deficit di bilancio, cui ha accennato, per svariate centinaia di milioni, ugualmente gradirei avere, se possibile, la separazione per competenza societaria. Stiamo vedendo gli sforzi di RAI diretti al pareggio di bilancio. Siamo informati, anche grazie alle molte interrogazioni che pervengono, su come la realtà del bilancio RAI sia in miglioramento. Quando però si parla di complessivo pareggio nel 2013, per quanto riguarda RAI, comprensivo anche del canone, si intende il canone atteso o quello effettivamente pagato ? Le due cifre, come lei sa molto bene, divergono non di poco. A questo proposito, in occasione della sua elezione alla responsabilità di questo organismo nel luglio del 2012, ho letto le sue dichiarazioni circa il suo intento di lottare contro l'evasione del canone. Sappiamo, come ha già detto molto bene il collega Rossi, peraltro bene informato sul fatto, che esiste da questo punto di vista un'apertura di inchiesta da parte dell'Europa sulle modalità con cui, laddove il canone non sia pagato, si precluderà all'utente la possibilità di visionare attraverso l'apparecchio televisivo anche le trasmissioni non RAI. Al di là di questo, che andremo a stabilire in altra sede, cosa stiamo facendo per mettere a punto un Pag. 9modello un po’ più democratico su questa vicenda ? In tema di evasione, cui lei diceva nel luglio 2012 di voler far fronte anche con azioni concrete, è stato messo a punto un intervento di qualche genere o tutto si è limitato a un'ulteriore pubblicizzazione, vista peraltro sulle reti RAI e in cui si sollecita l'utente al pagamento sotto varie forme più o meno suadenti ?

  PRESIDENTE. Vi invito a essere più brevi per riuscire ad ascoltare i prossimi auditi, come è importante che avvenga.

  MARIO MARAZZITI. Rivolgo i miei compimenti al presidente, che ci ha offerto un quadro con moltissimi soggetti, 24.000 impianti. È in corso una grande trasformazione digitale: non rileva un eccesso di offerta ? In merito a tutto il dibattito sulla banda larga, la quantità della banda non è eccessiva, forse, rispetto alle necessità, vista anche la questione in prospettiva ?
  C’è poi un problema di dimensioni dei soggetti operanti. La sua associazione dovrà lavorare su questo tema. Abbiamo l'impressione, come anche lei ha sottolineato, che a volte ci sia un problema di «troppo piccolo», «troppo poco competitivo».
  In terzo luogo, lei ha citato un fatto importante, ossia il problema del nuovo sistema di rilevazione degli ascolti: state lavorando a una proposta, a un progetto ? È opportuno lavorare a un tavolo per giungere a una proposta operativa ?
  Quanto al canone, direi che invece sono d'accordo sul fatto che esista un problema sull'adeguatezza delle sanzioni. Si tratta, probabilmente, di rivedere il problema delle sanzioni – chiedo a noi, come Commissione vigilanza, se possiamo essere propositivi in questo campo – mentre sul problema della legittimità o meno, in questo momento sappiamo che, in tema di aiuti di Stato, per ora tutte le televisioni europee sostanzialmente seguono lo stesso percorso, seppure con modalità diverse. Per ora dunque sono d'accordo sul fatto che dobbiamo ripensare complessivamente alla questione del canone. L'osservazione del collega Margiotta, inoltre, mi sembra pertinente: evitare squilibri competitivi può essere importante quando si porta avanti una scelta giusta.

  RODOLFO DE LAURENTIIS, presidente Confindustria Radio TV. Credo che alcune considerazioni del senatore Rossi siano condivisibili, come quella dell'occasione per un ripensamento del sistema, visto l'avvicinarsi del 2016: ritengo si tratti di un'occasione ghiotta per arrivare a un sistema più funzionale.
  È chiaro che l'associazione deve trovare delle sintesi, ma deve lavorare soprattutto su un terreno comune. Non è quello di sostituirsi alla competizione tra i singoli player o di evitare che ci sia competizione, che è sana, fa bene, induce tutti a migliorare i propri standard.
  Il compito, il ruolo e la funzione di questa associazione è di presidiare quel terreno comune che appartiene a tutti i player. Questo vale dal punto di vista normativo, regolamentare. Naturalmente, credo che lavoreremo per organizzare sinergie tra i diversi player, ma lo sforzo di un settore, di un'associazione giovane è anche quello di fare abbattere le naturali diffidenze che possono esserci nella fase iniziale.
  Non credo che l'ammontare dell'evasione sia di 2,5 miliardi. Stiamo parlando di un'evasione che oscilla intorno ai 6-700 milioni, il 27 per cento: in altri Paesi ci sono però elementi fisiologici, come per il 5 per cento dell'Inghilterra, il 5 per cento della Germania e l'1 per cento della Francia. Persino la Finlandia, da ultimo, ha approvato una legge che pone fine alla questione dell'evasione. Solo per completare il quadro dei numeri, vediamo che l'Italia ha il canone più basso, 113 euro, contro le 145 sterline dell'Inghilterra e i 215 euro della Germania. Quanto al confronto tra i vari servizi pubblici in termini di share, l'Italia è al 40 per cento, la «mitica» BBC al 33 per cento; il personale del servizio pubblico italiano è di quasi 12.000 unità, quello della BBC di 22.000. Quanto ai canali, ne abbiamo 14 in Italia, a differenza degli 8 della BBC.Pag. 10
  È evidente che la pubblicità sui minori è uno svantaggio competitivo, ma credo che possa essere un elemento su cui fare da apripista: del resto, si tratta di una caratterizzazione del servizio pubblico. Se poi è una scelta del Parlamento e del Governo, credo che ne debbano essere rispettati i ruoli. In questo senso, ci auguriamo che possa essere anche un'esperienza esportabile in altri ambiti.
  Quanto alle difficoltà sugli standard, in questa fase sperimentale, ad oggi mi arrivano report positivi. Se mi consente, per non parlare di argomenti non approfonditi, mi permetterò di inviarle una nota più puntuale sui diversi aspetti.
  Parlo del provvedimento quadro: oggi, oltre 500 TV locali vivono una fase di competizione in un mercato che vede la fonte primaria di sopravvivenza, cioè la pubblicità, in una fase di ristrettezza di disponibilità. Molte di queste aziende rischiano di uscire dal mercato e credo che il provvedimento dovrebbe avere la finalità prioritaria di accompagnare una parte di queste, soprattutto spingendole a crescere dal punto di vista dimensionale.
  È chiaro che l'informazione legata al territorio, al cittadino, è un patrimonio del nostro Paese e va preservata perché rappresenta un elemento di arricchimento delle fonti. Sono convinto che maggiore è l'informazione e più le fonti sono diversificate, maggiore è il pluralismo. In questo senso dobbiamo però essere consapevoli – per evitare anche le recenti esperienze che la legge di stabilità diventi un disperato tentativo di raccogliere risorse – che c’è bisogno, a parte il canone, del coraggio di affrontare il tema della riorganizzazione.
  Uno strumento che possa accompagnare e che incentivi la crescita dimensionale, cioè il sistema industriale delle singole aziende, diventa dunque un fatto prerogativo. Non dobbiamo infatti fare assistenza, ma fare in modo che quelle realtà, puntuali, precise, importanti che svolgono un ruolo nevralgico, siano però caratterizzate da una sostenibilità del loro progetto industriale, altrimenti terremmo in vita aziende che è il mercato stesso a cercare di spingere ai margini.
  Ho fatto riferimento ad alcuni dati che riguardano il settore e che sono stati elaborati in via preliminare dal nostro centro studi. Ci siamo resi conto che uno dei primi elementi su cui occorrerà lavorare è quello di disporre di dati macroeconomici del settore assolutamente credibili. Un confronto con dati forniti da altri soggetti importanti, istituzionali, non sempre è possibile. Il compito su cui sta già lavorando il nostro centro studi è quello di definire quegli indicatori economici di sistema che riguardano le singole aree che possano essere utili, fruibili e, soprattutto, fondamentali per qualsiasi analisi, per qualsiasi dibattito e anche per ogni provvedimento.
  In tema di evasione, credo che alcuni provvedimenti siano specificità che riguardano la concessionaria pubblica: in questi mesi, un'azione più stringente tendente al recupero dell'evasione è stata condotta, tant’è vero che i dati sono lievemente confortanti. È evidente che, in un contesto di crisi economica, il primo elemento che le famiglie tendono ad accantonare è proprio il pagamento di quelle che considerano tasse non fondamentali. È chiaro che c’è una competenza di carattere aziendale e su questo ci sarà presto un'ulteriore iniziativa, che non mi permetterei di esplicitare in questa sede. Vi è, inoltre, un compito che riguarda il sistema, ovvero quello che appartiene alla responsabilità in primo luogo del Parlamento.
  Quanto all'eccesso di offerta, prima del suo avvio, il digitale aveva proprio l'obiettivo di superare la carenza della risorsa frequenziale, e quindi di sviluppare e arricchire la capacità trasmissiva, un obiettivo raggiunto. Oggi l'offerta interseca un mercato che si deve alimentare con la pubblicità e vede nuovi competitor, che continuano – lo sottolineo ancora – inspiegabilmente a godere di condizioni di favore. D'altra parte la partecipazione a una fetta pubblicitaria sempre più ristretta porta conseguenze dannose sull'assetto Pag. 11delle singole aziende: la dimensione diventa un elemento per competere. Bisogna crescere per competere.
  Sulla rilevazione degli ascolti, credo che si possa fare molto e trovare formule scientificamente provate e su cui da parte di tutti i player, di tutti i soci di Confindustria, c’è ampia disponibilità e attenzione a lavorare con le istituzioni per fornire anche una base di riferimento scientifico di comune interesse.

  MAURIZIO ROSSI. Molto velocemente sulla questione frequenziale, siamo in grave infrazione verso tutti i Paesi europei perché stiamo disturbando veramente un mare di frequenze. Sono assolutamente convinto che questo sia l'altro tema che dovete affrontare. Devono nascere gli operatori unici regionali e le televisioni locali devono avere un quinto delle frequenze attuali.

  MICHELE ANZALDI. Nel corso di molteplici audizioni, è emerso il problema del canone, un tema che abbiamo posto in più audizioni, ma penso che così come martelliamo i cittadini sul canone in un momento di grande difficoltà, bisognerebbe riuscire ad avere il dato sul numero di dirigenti RAI: quanti sono, quali sono quelli operativi, quelli che per adesso non hanno incarico. È un dato cui non riusciamo ad accedere.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente De Laurentiis e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di DonneInQuota.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dei rappresentanti di DonneInQuota, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione. L'audizione si inquadra nell'ambito dell'attività istruttoria che la Commissione ha avviato in relazione al nuovo Contratto nazionale di servizio 2013-2015.
  Cedo quindi la parola alla dottoressa Donatella Martini, presidente dell'associazione DonneInQuota, e alla dottoressa Claudia Signoretti, dell'associazione Piattaforma Lavori in corsa: 30 anni Cedaw, che riferiranno le valutazioni delle rispettive associazioni per i profili di proprio interesse sul nuovo Contratto di servizio, con riserva per me e gli altri colleghi di rivolgere loro, al termine degli interventi, domande e richieste di chiarimento.

  DONATELLA MARTINI, presidente associazione DonneInQuota. La richiesta di audizione è stata inoltrata da entrambi i gruppi. Come sapete, il Contratto di servizio 2010-2012 conteneva, per la prima volta nella storia della RAI, ben 13 emendamenti sull'immagine delle donne nella televisione pubblica. Nessuno di quei 13 emendamenti è stato però applicato, nemmeno al monitoraggio, come ci era sembrato in un primo tempo.
  La presidente Tarantola, dopo i nostri ripetuti solleciti, ci ha comunicato che l'Osservatorio di Pavia le ha consegnato i risultati del monitoraggio a fine dicembre. Attendiamo con interesse la pubblicazione dei dati, che devono essere visibili anche al pubblico. Questa è la nostra prima richiesta di emendamento per il nuovo Contratto di servizio, articolo 21, comma 3, lettera g), apposito monitoraggio effettuato non dalla concessionaria, ma da un ente terzo, che dovrà essere pubblicato prontamente sul sito RAI e sugli altri siti di interesse come quello del Ministero dello sviluppo economico e dell'Agcom.
  Alla scadenza del contratto ci siamo adoperati affinché i 13 emendamenti, migliorati, se possibile, dalle nostre o altrui osservazioni, fossero contenute nella nuova bozza. A fine luglio, abbiamo quindi inviato al Viceministro Catricalà, il quale era già stato, come già in passato, sensibilizzato dal Comitato unico di garanzia del Ministero dello sviluppo economico, le nostre osservazioni. A settembre, insieme alle amiche della piattaforma Lavori in corsa, l'abbiamo anche incontrato. Nel nuovo testo, abbiamo trovato molte delle nostre osservazioni e ci riteniamo abbastanza Pag. 12soddisfatte, ma ci sono ancora spazi di miglioramento che si riferiscono, in particolar modo, alle pubblicità sessiste e alle trasmissioni dell'accesso.
  I media in generale, ma la RAI in particolare, hanno grosse responsabilità nei confronti delle donne. Non intendiamo ribadire ancora una volta la stretta connessione tra immagini sessiste e violenza di genere, che spesso sfocia in femminicidio, perché presumiamo che il concetto sia ormai chiaro. Il 17 dicembre, anche le colleghe di Appello donne e media hanno insistito su questo punto.
  Ci concentreremo invece sui danni provocati dalla veicolazione di un'immagine delle donne non corretta, non veritiera, che nei fatti si traduce nella sottorappresentanza ovunque si decida. Ci occupiamo infatti di rappresentanza politica femminile con la precisa convinzione che non possa esistere vera democrazia se la composizione delle istituzioni non rispecchia quella della società, attualmente 52 per cento di donne e 48 per cento di uomini.
  DonneInQuota è un'associazione culturale senza scopo di lucro nata nel 2006 a Milano dal corso Donne, politica e istituzioni promosso dal Ministero delle pari opportunità e tenuto ancora oggi in decine di università italiane. L'obiettivo dell'allora Ministro Prestigiacomo era di avvicinare le donne alla politica favorendone l'ingresso nelle istituzioni. Il nostro obiettivo principale è lo stesso. Come esempio della nostra attività sul tema, vi citiamo il ricorso al TAR contro l'ex giunta regionale lombarda, composta da 15 uomini e una sola donna, che la nostra associazione ha vinto nel 2012. Come naturale conseguenza del nostro impegno sulla rappresentanza, dal 2008 ci occupiamo anche dell'immagine della donna nei media. Come esempio di una nostra attività sul tema, nel giugno 2011 abbiamo organizzato, presso la sede RAI di Milano, il primo meeting sull'immagine della donna nella televisione pubblica, a seguito del quale abbiamo scritto una lettera alla RAI con alcune precise richieste. Questa nostra iniziativa ha dato il «la» al primo convegno sull'argomento in RAI a Roma il 7 marzo 2012, organizzato dal comitato pari opportunità della RAI alla presenza dell'allora direttrice generale Lorenza Lei, della Ministra Fornero e di Emma Bonino. Durante il convegno, la direttrice ha annunciato un programma intitolato «Il talento delle donne», che poi non è mai stato realizzato.
  Nel settembre 2012, abbiamo anche organizzato il flash mob «Non solo miss» davanti alla sede RAI di Milano per protestare contro le cinque serate che la RAI aveva dedicato a Miss Italia. Proprio qualche giorno fa, il 3 gennaio, la RAI ha compiuto 60 anni di attività. Abbiamo letto, visto e sentito articoli, special e interviste che ne hanno parlato, affrontato il tema da più punti di vista, ma nessuno ha approcciato la storia di questi 60 anni dal punto di vista del genere femminile, dato che nessuno in Italia si occupa di sessismo nei media, tranne le associazioni femminili come la nostra, una specie di bilancio di genere della televisione pubblica. Un tentativo è già stato compiuto nel 2009 con il video Il corpo delle donne, circa 20 minuti che, però, riguardavano sia la RAI sia le televisioni private. La visione di questo video, che ci auguriamo che tutti abbiate visto, è devastante.
  Come si è evoluta nella TV pubblica l'immagine delle donne in questi decenni ? Rispecchia la realtà ? Vediamo la moltitudine di donne che compongono la società ? Ci sono donne magistrato o capitane d'industria, politiche ed esperte che popolano le trasmissioni ? Nelle tribune elettorali, vediamo le nostre politiche o soli i loro colleghi uomini ? Diamo ai nostri ragazzi e alle nostre ragazze role models, donne e uomini, di cui hanno bisogno per costruire una società migliore, più paritaria ?
  Possiamo affermare con assoluta sicurezza che non è così. Il bilancio è assolutamente fallimentare. Nonostante gli appelli e le esternazioni del Presidente Napolitano, che sostiene dall'inizio l'Appello donne e media e si è ancora espresso sul tema della rappresentazione delle donne lo scorso novembre, le esternazioni della Pag. 13Presidente della Camera Boldrini e della stessa presidente della RAI Tarantola, la situazione resta pressoché immutata.
  La rappresentazione delle donne nei media, in generale, ma nella TV pubblica in particolare, ha danneggiato gravemente il 52 per cento della popolazione. Ha, di fatto, impedito il raggiungimento della parità effettiva tra donne e uomini e la pubblicità è la peggiore e più invasiva forma di sessismo.
  La nostra seconda richiesta di emendamento al Contratto di servizio è proprio questa: bisogna inserire un controllo, se possibile preventivo, sulle pubblicità trasmesse in quanto continuano a veicolare immagini sessiste e stereotipate delle donne. Il monitoraggio deve includere anche le pubblicità, articolo 10, comma 1, su tutta la programmazione, pubblicità compresa. Cito solo i cambiamenti, ma posso inviarvi le osservazioni. Bisogna aggiungere un comma 6, in totale accordo con l'articolo 11, comma 5, che invece parla di minori. Nell'articolo 11, si parla di monitoraggio per i minori, non menzionato invece nell'articolo 10. La RAI è tenuta a istituire, appunto, un idoneo sistema di analisi e monitoraggio della qualità e della quantità delle offerte di cui ai commi 2 e 3, e fornire un'adeguata informativa con cadenza semestrale al ministero, all'Autorità e alla Commissione parlamentare, noi aggiungeremmo naturalmente anche al pubblico.
  Nel 2008, il Parlamento europeo ha emesso una risoluzione intitolata all'impatto del marketing e della pubblicità sulla parità tra donne e uomini. Per adeguarsi alla raccomandazione del Parlamento europeo, il nostro Paese non ha fatto assolutamente niente. In Italia, non esistono norme su sessismo e pubblicità e in questo vuoto i pubblicitari sguazzano.
  Eccoci alla nostra terza richiesta di emendamento. Riteniamo indispensabile, per ottenere processi efficaci di vigilanza sul palinsesto e sulla produzione, che la composizione del consiglio di amministrazione, come qualsiasi altra struttura interna alla RAI, sia paritaria, donne e uomini, e la nomina di un ulteriore componente del consiglio di amministrazione da parte del Ministero delle pari opportunità delegata a valutare i prodotti secondo una visione rispettosa e paritaria per quanto riguarda il gender, capace di rimuovere gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione di opere di qualità e promuovere azioni di garanzia qualitativa per la tutela dell'immagine femminile. In questo modo, si potrà evitare che si verifichino ancora situazioni come l'attuale composizione della Commissione di vigilanza, che dal punto di vista di genere lascia un po’ a desiderare, una donna, la senatrice Puppato, su 19 tra i membri senatori, e 5 donne su 16 tra i membri deputati. Chiediamo di emendare l'articolo 20, comma 2, specificando che i 12 membri devono essere 6 donne e 6 uomini.
  Vengo alla quarta richiesta di emendamento. Per quanto riguarda le trasmissioni dell'accesso, ne abbiamo usufruito due volte con facilità: il problema è che gli spot sono trasmessi a orari improbabili, alle 10.30. Quando l'abbiamo chiesto, addirittura era martedì; in Lombardia, adesso è il sabato, ma è sempre alle 10.30. Chiediamo quindi che sia emendato l'articolo 13.2 e sia aggiunto e messo in onda negli orari di maggiore affluenza.
  In ultima analisi, proponiamo la nascita di una struttura inizialmente sperimentale chiamata Gender educational, affiancata da un laboratorio ideativo e produttivo di nuovi format che interpretino le esigenze dell'utenza femminile per una corretta crescita culturale nel rispetto delle differenze in nome della pluralità. Attraverso questa struttura, la creatività femminile potrà esprimere, con i format ideati e realizzati dalla struttura stessa, linguaggi e cultura proprie di genere. Le pari opportunità potranno trovare finalmente un campo di azione e una dignità di espressione in materia di intrattenimento e di informazioni.
  Ricordiamo, inoltre – come è molto importante – che il Contratto di servizio si riferisca solo alla RAI: lasciamo le TV private senza norme ? Per quanto riguarda il sessismo, al MISE, Dipartimento comunicazione, stanno lavorando da tempo a Pag. 14un codice di autoregolamentazione recante linee guida sulla corretta rappresentazione dei generi nel sistema media. Esso dovrebbe essere firmato da tutte le TV private, di modo che non esistano più sperequazioni e diseguaglianze tra la TV pubblica e le TV private in termini di norme. Sarebbe auspicabile appoggiare con forza il codice affinché possa entrare in funzione.
  Le nostre quattro richieste di emendamento vanno sommate agli emendamenti richiesti dalle colleghe della piattaforma Lavori in corsa e alle colleghe dell'Appello donne e media.
  Cedo ora, col permesso del Presidente, la parola alla mia collega, Claudia Signoretti, di Pangea, che fa parte della piattaforma Lavori in corsa. Se rimarrà tempo, leggerei solo due richieste da parte dell'avocata Barbara Spinelli, che a sua volta fa parte della piattaforma Lavori in corsa, che ha avuto un imprevisto e non è potuta essere presente.

  CLAUDIA SIGNORETTI, Associazione piattaforma lavori in corsa: 30 anni Cedaw. Vi ringrazio per l'occasione offerta. Pangea è una delle realtà promotrici di Lavori in corsa: 30 anni Cedaw, una piattaforma nazionale di organizzazioni che si stanno occupando dal 2009 di favorire e promuovere l'applicazione della Convenzione delle Nazioni Unite per l'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne in Italia. Insieme a Giuristi democratici, Pangea ha partecipato alla sessione di valutazione del Governo italiano che si è svolta a New York nel 2011. Partirei proprio dall'approccio che ispira la nostra piattaforma basato sul rispetto dei diritti umani fondamentali e del principio di non discriminazione, appunto l'approccio che guida la convenzione Cedaw e per la quale ci sta molto a cuore il modo in cui sarà redatto il testo finale di questo Contratto e, soprattutto, come sarà applicato.
  Partirei dal presupposto che il problema della rappresentazione non stereotipata di donne e uomini è un problema legato all'esercizio dei diritti umani fondamentali. Citerei le ultime raccomandazioni che il Comitato Cedaw ha rivolto all'Italia nel 2011, per cui tra l'altro dichiara che il Comitato è profondamente preoccupato per la rappresentazione della donna quale oggetto sessuale e per il ruolo stereotipato dell'uomo e della donna nella famiglia e nella società.
  Tale stereotipizzazione, anche nelle dichiarazioni pubbliche rese dai politici, mina la condizione sociale delle donne, come emerge dalla posizione svantaggiata delle stesse in una serie di aree, incluso il mercato del lavoro, l'accesso alla vita politica e alle posizioni decisionali, e condiziona le scelte delle donne nei loro studi e in ambito professionale, genera politiche e strategie con risultati e impatti diseguali su uomini e donne.
  Riteniamo fondamentale che si superi questa rappresentazione stereotipata. Riconosciamo che negli ultimi anni sono state adottate misure in tal senso, ma sono ancora piuttosto insignificanti in termini di impatto. Dalle ultime ricerche – abbiamo, per esempio, raccolto l'ultimo studio dell'Osservatorio di Pavia sulle «donne che fanno notizia», una raccolta di dati sulla presenza delle donne nei notiziari – risulta che l'Italia è il Paese con la più bassa presenza femminile in Europa nelle notizie di politica, pari al 13 per cento, e con la più marcata dicotomia tra ruoli comuni e anonimi, maggiormente rappresentati dalle donne, e ruoli autorevoli e prestigiosi e correlati all'esercizio di una specifica professione, rappresentati dagli uomini. Anche la nuova indagine del Censis, che raffronta i dati del 2012 con quelli del 2006, non rivela sostanziali miglioramenti rispetto alla rappresentazione delle donne in TV, tuttora legata solo a programmi e contenuti di intrattenimento leggero, sensualità, moda, spettacolo, alla sfera domestica o a episodi legati alla microcriminalità. Le donne. Infatti spesso appaiono, ovviamente, come vittime degli episodi di microcriminalità e violenza, ma è ancora scarsissima la percentuale di donne presenti nella televisione come esperte, professioniste e simili.Pag. 15
  Tutto questo serve a spiegare che la situazione resta tuttora molto problematica nonostante le ultime misure adottate e, soprattutto, per riflettere sull'influenza dei modelli continuamente proposti alle nuove generazioni, estremamente stereotipati, soprattutto delle donne, ma anche degli uomini. Tali modelli influenzano le loro scelte di vita, le opportunità e le scelte rispetto alle loro aspirazioni, agli obiettivi professionali e personali, influenzano decisamente e, anzi, formano l'opinione che questi si fanno rispetto ai ruoli e ai comportamenti degli uomini e delle donne nella società e nella famiglia.
  Hanno allarmanti conseguenze sul piano della salute psicofisica. Gli ultimi dati dell'Organizzazione mondiale della sanità ci rivelano che si stanno diffondendo a macchia d'olio problemi di disturbi alimentari, che stanno sempre più colpendo le giovanissime. Sta scendendo sempre di più l'età delle bambine e delle ragazze affette da problemi di anoressia e bulimia. Tutto questo non può non essere legato a un modello estetico continuamente riproposto alle giovani di un ideale assolutamente rigido e anche irrealistico secondo cui bellezza uguale a snellezza, uguale a giovinezza. Non troviamo infatti ancora nella televisione altri tipi di rappresentazioni della figura femminile che non siano quelli della figura snella, giovane, in carriera o della madre di famiglia.
  Chiediamo, fondamentalmente, una rappresentazione molto più variegata e diversificata di tutti i talenti femminili, le competenze delle donne, e quindi una pluralità. Rispetto alla precedente versione del testo del Contratto, c’è sicuramente un estremo miglioramento e di questo siamo molto contente. Va ribadito il principio non solo di rispetto della dignità della persona, ma anche dei diritti umani fondamentali ed evitata e contrastata la rappresentazione eccessivamente sessualizzata delle figure femminili. Questa rappresentazione è sempre più proposta anche alle bambine, soprattutto nelle pubblicità. Mi ricollego a quanto illustrava Donatella Martini: è sempre maggiore una tendenza all'erotizzazione dei corpi delle bambine. Alle bambine sono cioè proposti gli stessi modelli adultizzati proposti alle loro madri, e quindi anche le bambine devono essere sexy, avvenenti ed è riproposto anche a loro il ruolo degli adulti e delle madri.
  Un altro suggerimento che proponiamo rispetto all'attuale testo del Contratto è non solo di prevenire quei contenuti e linguaggi che veicolano pregiudizi e stereotipi di genere e che incitano o giustificano episodi di violenza, ma anche di garantire una corretta informazione degli episodi degli atti di violenza di genere. Tuttora infatti quando si parla di femminicidio, di violenza di genere, si tende molto a colpevolizzare, erotizzare le donne che ne sono vittime. Vorremmo che se ne parlasse in un altro modo. Anche se, appunto, se ne sta parlando sempre di più, se ne parla ancora in modo non corretto.
  Un altro suggerimento è non solo quello di diffondere contenuti non discriminatori, ma anche linguaggi, con la conseguente importanza di adottare un linguaggio rispettoso dell'identità di genere, ad esempio incentivando sempre di più l'uso del genere femminile quando si parla di cariche istituzionali per le donne.
  Per concludere, ci preme molto che sia adottato sì un testo che rispecchi il nostro approccio e i principi appena descritti, ma anche che siano previsti meccanismi per garantire la piena attuazione di questo Contratto, che altrimenti resterà un documento come tanti altri che abbiamo, purtroppo, in Italia e che rimangono solamente lettera morta. Bisogna prevedere dei meccanismi e in questo il testo ci sembra ancora un po’ debole per garantire la piena attuazione.
  Oltretutto, è stata propria tra le raccomandazioni principali del Comitato Cedaw all'Italia di prevedere che non ci sia solamente l'uguaglianza, la parità formale, ma anche un'uguaglianza sostanziale, altrimenti continueremo a disattendere tutti gli obblighi internazionali e avremo tantissimi bei documenti e leggi, che però saranno di scarsa applicazione.
  Mi preme sottolineare un'ultima questione. Per un superamento effettivo di Pag. 16una rappresentazione stereotipata, giudichiamo fondamentale accompagnare l'adozione di questo testo a un percorso di formazione affinché tutti gli attori e le figure professionali coinvolte nel mondo della comunicazione siano pienamente consapevoli delle discriminazioni di genere. Diversamente, continueremo a parlare di stereotipi senza saperli effettivamente riconoscere. Alcuni infatti sono più evidenti e palesi, ma altri sono molto più subdoli, per cui riteniamo fondamentale una formazione di tutti gli operatori e di tutte le figure, dai giornalisti ai cameraman, ai registi, a qualunque figura professionale. Parliamo di una formazione ovviamente non accademica, nozionistica, ma esperienziale, che parta proprio dal vissuto di tutti noi, qualcosa che ci riguarda quotidianamente in qualunque attività. Bisogna cercare di far emergere gli effettivi stereotipi e la loro nocività reale o possibile, il peso delle loro conseguenze e il modo per decostruirli e superarli.

  LAURA PUPPATO. Giustifico i colleghi che hanno dovuto allontanarsi perché ci sono in Commissioni contemporaneamente al Senato e alla Camera. Io stessa sono rimasta solo per rispetto profondo nei confronti del lavoro che state svolgendo per tentare di ridurre le differenze eclatanti e credo non più eludibili, Presidente, rispetto al tema delle differenze di genere e dei diversi approcci che la televisione sia pubblica sia privata hanno messo in campo nel nostro Paese. Mi soffermerò con un paio di osservazioni anche su alcune richieste che rivolgerò a questa Commissione, anticipando che sottoscrivo gli emendamenti che sono stati presentati dalla dottoressa Martini e le osservazioni e le raccomandazioni che sono state rappresentate dalla dottoressa Signoretti. Credo infatti che il lavoro da loro svolto vada obiettivamente non solo sostenuto e rappresentato, ma messo nella condizione di poter essere conosciuto non solo dalla RAI, di cui siamo organo di vigilanza, ma, anche alla luce della recente precedente informazione che ci è venuta dall'associazione che raggruppa tutte le emittenti radiotelevisive italiane, conosciuto e inviato anche a loro stessi perché ne prendano atto e inizi un percorso finalmente di parificazione della rappresentanza di genere anche in Italia nelle televisioni pubbliche e in quelle private.
  Sento non solo di sottoscrivere queste raccomandazioni e questi emendamenti al Contratto di servizio RAI, ma di ragionare soprattutto su due temi, in particolare sul sessismo in pubblicità, la lacuna più evidente, come mi pare, che avete voluto oggi denunciare rispetto al Contratto di servizio RAI. Il sessismo in pubblicità comporta questo modello stereotipato che viene a essere rappresentato come se l'Italia fosse ancora quella del 1930 o del 1950, per stare in tempi relativamente ancora bui dal punto di vista della piena parità di genere. Credo sia un elemento che vada compiutamente inserito nell'ambito non solo del Contratto di servizio. A mio avviso, andando anche alla proposta, può utilmente raccogliersi – mi si è illuminata una lampadina quando la dottoressa Martini ha proposto di mettere in campo un gruppo di lavoro femminile, eventualmente anche interno all'ambito RAI – un gruppo che lavori con alcune figure femminili che possono, per esempio, rappresentare le stesse dipendenti, gli stessi dirigenti, per quanto le dirigenti RAI non siano poi così numerose, ma qualcuna ci sarà, le stesse giornaliste. Credo sia importante coinvolgere anche le rappresentanze politiche che vogliono parteciparvi, tutti naturalmente privi di alcun emolumento e senza ulteriori costi a carico della RAI tantomeno di altri organi, per riuscire effettivamente ad analizzare con serietà e continuità ciò che avviene all'interno della struttura radiotelevisiva rispetto ai temi rappresentati e anche alla rappresentanza delle cosiddette componenti femminili di questa società negli ambiti che avete così correttamente elencato. Mi parrebbe una buona capacità di strutturare in maniera sistemica, ribadisco senza oneri, un effettivo controllo. Le idee che hanno espresso e gli esempi che hanno citato, Presidente, mi portano a ritenere che non possiamo più credere alle promesse plateali dei convegni o degli Pag. 17stessi incontri anche all'interno di questa Commissione rappresentate da parte delle dirigenze massime della RAI o di altre istituzioni.
  Non esiste davvero alcuna consecutività, conseguenza reale, fattibilità delle promesse assunte. Si faceva riferimento, poc'anzi, se non vado errata, a un programma già titolato, che doveva essere mandato in onda addirittura nel 2012 e di cui si è persa traccia, come a dire che veramente ci prendiamo in giro e abbiamo la derisione, la beffa oltre che il danno. A mio avviso, non si può più credere in ciò che è teoricamente garantito, ma non è effettivamente realizzato. Penso quindi che dobbiamo spingerci non solo a scrivere, ma a realizzare, concretamente e progressivamente. Per fare questo, credo si possano adottare gli accorgimenti che sono stati da loro intelligentemente suggeriti.
  Inoltre, chiedo conto, attraverso il Presidente, della modalità, a cui dovrà rispondere il dirigente massimo della RAI, Gubitosi, ed eventualmente anche il presidente dell'associazione che abbiamo testé sentito, con cui hanno potuto adempiere alle raccomandazioni dell'Unione europea del 2008 relativamente al tema che è stato rappresentato. Il Cedaw, nel 2011, ugualmente è tornato sugli stessi punti. Cerchiamo di ottenere una risposta quanto più compiuta possibile rispetto alle due raccomandazioni rimaste ancora lettera morta rispetto alle modalità con cui dovrebbero procedere le emittenti radiotelevisive sul tema femminile, e quindi sul tema di genere.

  MICHELE ANZALDI. Vorrei chiedere alle audite se hanno il sentore del fenomeno, emerso anche nel corso di altre audizioni, se non sbaglio in quella delle associazioni sindacali, per cui la presenza femminile, in particolar modo nei talkshow, non seguirebbe più tanto la notizia, bensì dei criteri estetici. Si parla di quella notizia, ma magari non è affrontata dalla persona che ci ha lavorato o che è più competente in quel campo, bensì, per motivi di ascolto, nei talkshow soprattutto, si privilegia un criterio estetico. C’è sempre una donna, che però non è il numero uno in quel campo, ma secondo altri criteri. Non so se ricorda che il sindacato aveva parlato di questo problema.

  DONATELLA MARTINI, presidente associazione DonneInQuota. Abbiamo il sentore che manchino esperte in televisione. Nei talkshow, che lei cita, non esistono presenze femminili di riferimento autorevoli non perché non ne esitano, ma perché non sono indicate o non si conoscono, eppure ormai sappiamo che esiste un nutritissimo gruppo di esperte di genere nel senso più generico e nei vari settori. Notiamo quindi la mancanza di esperte in assoluto, ma anche le nostre donne in politica mancano nelle trasmissioni politiche.

  MICHELE ANZALDI. Pensavo a un fenomeno più specifico. Di fronte alla scelta di una rappresentante politica, si sceglie quella più avvenente, anche se meno competente: avete sentore di quello che anni fa era l'effetto copertina dei grandi settimanali ?

  DONATELLA MARTINI, presidente associazione DonneInQuota. Noto la non competenza, non l'avvenenza. Essendo donna, dell'avvenenza di altre donne non so dirle, ma noto la scarsità di presenza di donne competenti.

  CLAUDIA SIGNORETTI, Associazione piattaforma Lavori in corsa: 30 anni Cedaw. Confermo che il criterio di selezione per le donne resta ancora anzitutto estetico e non solo in campo televisivo, ma in qualunque altro campo. Per poter dimostrare e far valere la propria professionalità e competenza, le donne incontrano molta più difficoltà rispetto agli uomini. Sicuramente, è premiato e incoraggiato prima qualcos'altro e poi la professionalità, quindi sicuramente è un criterio tuttora valido.

  PRESIDENTE. Vi chiedo di lasciarci questo appunto e di inviarci anche tutte le note che ho visto prendere a matita sugli Pag. 18emendamenti, in modo da avere chiaro il processo da illustrare in Commissione.

  DONATELLA MARTINI, presidente associazione DonneInQuota. Le lascio la copia dell'intervento di Barbara Spinelli che non sono riuscita a leggere. Elaborerò il mio, che contiene gli appunti che ha visto, e glielo manderò.

  PRESIDENTE. Forniremo i riferimenti anche alla dottoressa Signoretti. Sono molto d'accordo, circa l'opportunità di inserire una serie di emendamenti al testo: il controllo sull'applicazione delle norme è fondamentale.
  Ringrazio le audite e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.05.