XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 19 di Martedì 10 dicembre 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Calendario dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti di FISH – Federazione italiana per il superamento dell'handicap:
Fico Roberto , Presidente ... 3 
Barbieri Pietro Vittorio , presidente FISH ... 3 
Leone Stefania , consigliere direttivo ed esperta di problematiche ICT in ADV ... 6 
Biasco Lorenza , rappresentante FISH Campania ... 8 
Margiotta Salvatore  ... 9 
Fico Roberto , Presidente ... 10 
Anzaldi Michele (PD)  ... 10 
Barbieri Pietro Vittorio , presidente FISH ... 10 
Leone Stefania , consigliere direttivo ed esperta di problematiche ICT in ADV ... 11 
Biasco Lorenza , rappresentante FISH Campania ... 11 
Airola Alberto  ... 11 
Leone Stefania , consigliere direttivo ed esperta di problematiche ICT in ADV ... 12 

Audizione di rappresentanti di FIADDA Onlus:
Fico Roberto , Presidente ... 13 
Cotura Antonio , presidente nazionale FIADDA ... 13 
Viola Alessio , vicepresidente FIADDA sezione di Modica ... 15 
Cotura Valeria , consiglio direttivo FIADDA sezione di Roma ... 16 
Brasini Lucia , consiglio direttivo FIADDA sezione di Cesena Forlì ... 16 
Airola Alberto  ... 17 
Puppato Laura  ... 17 
Lainati Giorgio (FI-PdL)  ... 18 
Anzaldi Michele (PD)  ... 18 
Fico Roberto , Presidente ... 18 
Cotura Antonio , presidente nazionale FIADDA ... 18 
Cotura Valeria , consiglio direttivo FIADDA sezione di Roma ... 21 
Brasini Lucia , consiglio direttivo FIADDA sezione di Cesena Forlì ... 21 
Viola Alessio , vicepresidente FIADDA sezione di Modica ... 21 
Cotura Antonio , presidente nazionale FIADDA ... 22 
Anzaldi Michele (PD)  ... 22 
Fico Roberto , Presidente ... 22 
Anzaldi Michele (PD)  ... 22 
Cotura Antonio , presidente nazionale FIADDA ... 22 
Fico Roberto , Presidente ... 22 

Audizione di rappresentanti di ANIMU – Associazione nazionale interpreti lingua dei segni:
Fico Roberto , Presidente ... 22 
Marano Mariarosaria , vicepresidente ANIMU ... 23 
Magno Tiziana , referente AIMU regione Basilicata ... 24 
Marano Mariarosaria , vicepresidente ANIMU ... 25 
Margiotta Salvatore  ... 26 
Marano Mariarosaria , vicepresidente ANIMU ... 27 
Fico Roberto , Presidente ... 27

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 9.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  Comunico altresì che dell'audizione odierna sarà redatto e pubblicato il resoconto stenografico.

Calendario dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che il prossimo 16 dicembre alle ore 16 è previsto lo svolgimento dell'audizione del direttore generale dell'EBU Ingrid Deltenre.

Audizione di rappresentanti di FISH – Federazione italiana per il superamento dell'handicap.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dei rappresentanti di FISH – Federazione italiana per il superamento dell'handicap, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Questa audizione si inquadra nell'ambito dell'attività istruttoria che la Commissione ha avviato in relazione al nuovo contratto nazionale di servizio 2013-2015.
  Cedo quindi la parola al dottor Pietro Vittorio Barbieri, presidente FISH, alla dottoressa Stefania Leone, consigliere direttivo ed esperta di problematiche ICT in ADV – Associazione disabili visivi, e alla dottoressa Lorenza Biasco, rappresentante FISH Campania, che secondo quest'ordine riferiranno per i profili di proprio interesse sul nuovo Contratto di servizio, con riserva per me e gli altri colleghi di rivolgere loro, al termine degli interventi, domande e richieste di chiarimento.

  PIETRO VITTORIO BARBIERI, presidente FISH. Ringrazio il Presidente e la Commissione per averci dato l'opportunità di intervenire su un argomento che sembra marginale per la disabilità, ma che invece ricopre un estremo interesse.
  La Federazione è piuttosto ampia; è composta da moltissime organizzazioni, di cui 30 nazionali e 16 federazioni regionali. Abbiamo circa 800 sedi sul territorio – questo solo per fornirvi dei dati.
  Ci occupiamo da diverso tempo delle questioni relative alla disabilità su ogni fronte. Mettiamo assieme le varie organizzazioni che hanno un interesse specifico sull'argomento e abbiamo avuto modo di partecipare alle precedenti edizioni della sede permanente prevista dal Contratto di servizio pubblico con alterni successi.
  Partiamo dal presupposto che oggi vi è una norma internazionale, la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, che prevede indirizzi e impegni molto chiari su alcuni aspetti. Mi riferisco in particolare agli articoli 8 e 9. La Convenzione è stata ratificata dal Parlamento con legge 3 marzo 2009, n. 18, ed è gerarchicamente superiore alla nostra stessa Costituzione, essendo un'attuazione dei diritti fondamentali, ovvero della Dichiarazione Pag. 4dei diritti dell'uomo del 1948. Non si tratta di uno dei tanti documenti di intenti, bensì di una legge ordinaria cui ormai il nostro Paese si deve attenere, non solo perché ha sottoscritto la Convenzione, ma anche perché l'ha ratificata.
  In particolare, l'articolo 8 riguarda l'accrescimento della consapevolezza: vorrei leggerne alcune parti perché sono di importanza esiziale per il nostro mondo: «gli Stati partner si impegnano ad adottare misure immediate, efficaci e adeguate, allo scopo di sensibilizzare la società nel suo insieme, anche a livello familiare, sulla situazione di persone con disabilità e accrescere il rispetto per i diritti e la dignità delle persone con disabilità». Al punto b) si prevede di «combattere gli stereotipi, i pregiudizi e le pratiche dannose concernenti le persone con disabilità, compresi quelle fondati sul sesso e l'età in tutti gli ambiti». In un altro punto, nell'ambito di misure che gli Stati adottano a tal fine, si richiede esplicitamente che essi «incoraggino tutti i mezzi di comunicazione a rappresentare le persone con disabilità in modo conforme agli obiettivi della presente Convenzione».
  Qualche giorno fa, il 6 novembre, Alda D'Eusanio, ospite in studio, dopo un collegamento in diretta che ha mostrato la storia di Max Tresoldi, ragazzo rimasto in vita dopo un coma durato dieci anni e che al suo risveglio ha perso alcune funzioni vitali importanti come la capacità di riuscire a deambulare correttamente e la capacità di parlare, disse: «Rivolgo un appello pubblico a mia madre. Mamma, se dovesse accadermi quello che è accaduto a Max, ti prego, non fare come la mamma di Max: quella non è vita. Dirò una cosa controproducente, ma tornare in vita senza poter più poter più essere libero, indipendente, soffrire e avere uno sguardo vuoto, mi dispiace, ma proprio no. Quando Dio chiama, l'uomo deve andare». Non si tratta di un passaggio qualunque all'interno del nostro servizio pubblico, si tratta una conduttrice importante, che ha le sue opinioni rispettabili. È chiaro tuttavia che non viene rispettata l'idea della Convenzione di riuscire a modificare gli stereotipi che vengono invece acuiti in modo gigantesco. Si è aperto un enorme dibattito sul web, nel quale abbiamo riscontrato che una parte della popolazione italiana che ha risposto dà completamente ragione alla conduttrice. Secondo un'impostazione culturale di questa natura, non c’è modo che le persone con disabilità possano veder rispettare le proprie vite, che vivono con dignità e che devono essere foriere di una capacità dei mezzi di comunicazione di superare stereotipi e pregiudizi.
  Questo incipit mi ricollega all'altro tema, di cui parleranno le colleghe con maggiore competenza, quello dell'accessibilità, che diventa un diritto fondamentale. Se non ci sono le condizioni per garantire accesso ai sistemi di comunicazione, come a tante altre cose, le persone con disabilità sono discriminate e, paradossalmente, potrebbero ricorrere in tribunale contro chi le discrimina. Si sancisce un diritto alla comunicazione – come per esempio alla mobilità – del singolo individuo.
  Questi due macro-temi sono di un'importanza esiziale per noi. Ci sono Paesi che hanno già affrontato questi problemi. La fatidica e famigerata BBC inglese ha già compiuto degli enormi passi avanti in termini di accrescimento della consapevolezza. Penso, banalmente, a quello che è successo per le Paralimpiadi. Inviterei i componenti della Commissione a ripercorrere quello che è accaduto in Gran Bretagna per questo evento. C’è stata una campagna durata molto tempo che ha portato i cittadini inglesi a desiderare di andare a vedere le Paralimpiadi esattamente quanto le Olimpiadi per non disabili. Ciò grazie al fatto che c’è stato un impegno serio di quell'azienda e di aziende private di comunicazione. Insomma, il mondo della comunicazione si è mosso complessivamente e ha portato la popolazione di quel Paese a concepire lo sport per persone con disabilità esattamente come uno sport agonistico e non come un momento riabilitativo o un passatempo per persone che non hanno di meglio da fare e che se, magari, stessero nell'angolo sarebbe meglio per tutti.Pag. 5
  È chiaro che non possiamo più eludere questo tema sia perché c’è la Convenzione in base alla quale un cittadino qualunque potrebbe ricorrere in tribunale e ottenerne un oggettivo riscontro, sia perché la cultura sta crescendo e ci si aspetta che il servizio pubblico, ovvero la RAI, sia in grado di accompagnare quella crescita, non solo di anticiparla, cosa che sarebbe l'ottimo.
  I punti essenziali sui quali ci ritroviamo a dover riflettere riguardano, anzitutto, la coerenza linguistica del testo, in cui si trova indistintamente «portatori di handicap» o «persone con disabilità». La Convenzione ONU sancisce che la comunicazione deve riuscire ad assorbire le evoluzioni concettuali. L'espressione «portatori di handicap» non è mai piaciuta a nessuno perché sembra che riguardi un'altra persona, non quella con disabilità. Soprattutto, la Convenzione ONU mette l'accento su queste tre parole «persona con disabilità»; «persona» perché siamo tutti esseri umani, cosa non scontata; inoltre, mentre «portatore di handicap» è un'aggettivazione, «con disabilità» intende la disabilità come relazione, ma anche come discriminazione. Si tratta di una persona che, stante la sua condizione di salute, si ritrova a essere discriminata, se non esiste l'accessibilità, in questo caso più che mai.
  Da questo punto di vista, la sede permanente è stata uno strumento potenziale, che non ha mai dato tutto ciò che poteva, a partire dall'idea del monitoraggio. Infatti, in passato il monitoraggio è stato fatto molto parzialmente sulle questioni dell'accessibilità; per non parlare poi della questione più generale della consapevolezza, quindi del come si comunica la disabilità. In sede permanente sono state svolte ricerche affidate a università svizzere. Potremmo però anche pensare che il servizio pubblico RAI possa essere monitorato da università italiane. Ecco, dico questo en passant perché non vedo la ragione per la quale occorra rivolgersi all'università di Losanna, né quali caratteristiche straordinarie questa abbia di terzietà. In ogni caso, si trattava di analisi esclusivamente quantitative, che si realizzavano ogni qual volta si toccava qualche tematica riguardante il sociale. Per esempio, bastava una campagna come Telethon e all'improvviso la quantità di momenti in cui si parlava disabilità o di sociale cresceva. Invece, una valutazione oggettiva sulla qualità non è mai stata fatta.
  Lo IULM di Milano aveva messo in piedi un Osservatorio su disabilità e comunicazione, ma nessuno lo ha mai interpellato per sapere se effettivamente c'erano le opportunità di capire l'orientamento assunto dal servizio pubblico della RAI.
  Per quanto riguarda l'accessibilità, prima di lasciare la parola alle colleghe, vorrei evidenziare alcune questioni. La prima riguarda il livello di accessibilità per le persone sorde. In maniera molto chiara ed esplicita dico che siamo a un livello ancora molto inferiore alle aspettative e non ci muoviamo da lì. La sottotitolazione, che peraltro non riguarda solo le persone sorde, ma anche cittadini stranieri e persone che hanno piccole difficoltà nell'udito, che in altri Paesi ormai raggiunge quasi il 100 per cento delle trasmissioni, in Italia è ferma al 60, in più, con una qualità ancora non sufficiente e soprattutto con l'incapacità di garantire una programmazione orizzontale sui programmi di maggiore interesse. Per esempio, solo un paio di volte si è riusciti a sottotitolare trasmissioni come «Porta a Porta», per cui in una fase elettorale una persona sorda rischia di non partecipare per nulla al dibattito nazionale, cosa che è pura follia. Non mi riferisco, ovviamente, solo a «Porta a porta», ma potremmo estendere il discorso a tutti i programmi di informazione culturale e politica che servono a una persona per farsi delle idee ed esercitare appieno il suo diritto di voto. Questo continua a non accadere nel nostro Paese.
  Per quanto riguarda l'accessibilità ai ciechi, un tema fondamentale, che segnalo come spunto, riguarda la quantificazione e l'ubicazione delle audiodescrizioni. Non c’è mai stata una quantificazione delle trasmissioni televisive audiocommentate, Pag. 6tantomeno si ha una loro sistematicità, quindi una comunicazione alle persone cieche per informarle che quella trasmissione avrebbe potuto essere fruibile per loro.
  Chiedo quindi che la sede permanente venga rafforzata nei suoi compiti e soprattutto che le siano dati strumenti forti di controllo e di monitoraggio sia per combattere lo stigma e il pregiudizio, sia per quanto riguarda il tema di accessibilità, sul quale lascio la parola alle colleghe.

  STEFANIA LEONE, consigliere direttivo ed esperta di problematiche ICT in ADV. Mi riallaccio a quanto diceva il presidente Barbieri sulla problematica legata alle audiodescrizioni. Essendo non vedente, mi occupo prettamente di questo tema per la FISH.
  Le persone non vedenti hanno due problemi fondamentali con la tv. Il primo è riuscire a comprendere il contesto dell'immagine, dove non ci sia un elemento parlato (un dialogo o un dibattito, che è già una descrizione di per sé). Invece, là dove si ha solo immagine, il contesto può non essere compreso. Il secondo problema è la fruizione di eventuali audiodescrizioni, là dove siano presenti. Mi spiego meglio. Quando seguo un film d'azione, molto spesso l'azione non è assolutamente comprensibile perché ci sono spari, gesti e operazioni che andrebbero descritte. L'audiocommento è fondamentale in questi casi, ma quelli previsti dai tre principali canali RAI sono solo due o tre alla settimana.
  Se vado a vedere l'elenco delle programmazioni audiocommentate, ne trovo al massimo entro due o tre alla settimana. Tuttavia, non me la posso prendere con nessuno perché sul Contratto di servizio non è previsto un minimo da cui partire per poi eventualmente migliorare. È scritto che la RAI si impegna a migliorare la quantità e la qualità delle audiodescrizioni, ma non essendoci una base di partenza, siamo sempre ai minimi termini. C’è stato persino un periodo in cui dovetti scrivere a Lorenza Lei perché furono completamente bloccate per tre o quattro mesi senza che ci fosse un motivo apparente. Non essendoci però una base di partenza, non avevamo un appiglio a cui richiamarci. C’è, naturalmente, la Convenzione ONU. Tuttavia, non essendo previsto nel Contratto di servizio, diventa difficile intervenire.
  Il secondo punto riguarda il come si fruiscano le audiodescrizioni. Non so se qualcuno di voi ha mai trovato o sentito parlare del secondo canale audio dedicato alle audiodescrizioni. Spero di sì perché, in tal caso, vi sarete resi conto di quanto sia complicato cercare di sintonizzarsi su questo canale. Infatti, bisogna cercare il menù «audio» o il menù «lingua» – è prevista quindi una doppia possibilità – sul telecomando del decoder, che cambia a seconda del modello o della marca. Una volta trovato il menù «lingua», si deve andare con le frecce su «altra lingua» e a quel punto si sentirà una voce in sovrimpressione che dice «canale dedicato alle audiodescrizioni», se la trasmissione in onda in quel momento non ha un audiocommento previsto, altrimenti si sentirà il normale audio del programma con delle spiegazioni tra un dialogo e l'altro. Ovviamente, la prima volta, per arrivare a questa sintonizzazione mi sono dovuta far aiutare da una persona vedente. Poi, con il mio televisorino, alla fine ci sono riuscita. Tuttavia, ricevo regolarmente una quantità di email sulla difficoltà delle persone non vedenti, ma soprattutto vedenti, di eseguire la procedura.
  Due settimane fa ero presso la sede di Saxa Rubra per parlare con il vicedirettore di Televideo della sezione ex Telesoftware (gli cambieremo nome perché questo è legato a una vecchia tecnologia). In quell'occasione, gli ho raccontato questo fatto; aveva il televisore acceso e lui e le sue colleghe non sono riusciti a trovare il secondo canale audio, pur avendo un bel Samsung grande. Vi invito a provarci perché mi penserete. Mi darete ragione perché non si trova.
  Il sistema decoder e quindi la programmazione legata al digitale è sicuramente molto migliore, a livello tecnico, rispetto alle audiodescrizioni che una volta venivano Pag. 7mandate per radio in onde medie perché c’è una sincronizzazione perfetta. L'audio è lo stesso nel senso che esce dal televisore. Tuttavia, se non si riesce a trovarlo, allora si deve tornare al vecchio metodo delle audiodescrizioni per radio. Ebbene, sul Contratto di servizio, la radio (sia AM sia FM) non viene proprio menzionata: in sostanza, non c’è un modo ufficiale per fruire di queste audiodescrizioni. Non è scritto da nessuna parte.
  Personalmente, in sede permanente, durante una riunione di due anni e mezzo fa, scoprii come si poteva usufruire di queste audiodescrizioni. Ora, però, le onde medie sono sparite. Non so se sia una cosa voluta o una dimenticanza. Mi rendo conto che, tecnicamente, hanno una qualità pessima poiché c’è una differita di qualche secondo, quindi seguire un commento di una trasmissione televisiva dalle onde medie e dalla televisione è un disastro. Tuttavia, a questo punto, bisogna trovare un'alternativa per le persone anziane o non vedenti che non abbiamo nessuno che li possa aiutare a trovare il secondo canale audio sulla tv o per televisori particolari che non abbiano questo canale. Anche su questo, bisognerebbe ci fosse uno standard perché non si può star dietro alle marche o ai modelli dei televisori per trovare le varie funzioni. Visto che da Contratto di servizio è previsto che ci si impegni a garantire l'accesso agli strumenti che la televisione ci mette a disposizione, bisogna che ci sia un impegno maggiore ed eventualmente scritto chiaramente da qualche parte.
  In generale poi l'accessibilità del decoder è completamente out. Il decoder si basa infatti su menu a video, quindi quando premo un tasto del telecomando che ho imparato a memoria – noi non vedenti usiamo il computer, quindi conosciamo 102 tasti a memoria, senza doverli guardare – non ho un feedback sonoro di quello che avviene sul video, quindi non so su quale canale mi sto sintonizzando, se ho digitato qualcosa per errore, che mi porta lontano dalla trasmissione, se ho un menu a video che mi può dare dei nuovi servizi. Insomma, il servizio è ottimo, ma non lo posso usare.
  Anche su questo, la sede permanente poteva – speriamo potrà – essere uno strumento di confronto su queste problematiche. Per esempio, due anni e mezzo fa convocammo gli industriali che si occupavano di queste tecnologie, i quali ci hanno detto che, semplicemente, non ci avevano pensato. Comunque, volevano capire quanto questo potesse essere un business, visto che dipende tutto dai soldi. Costruire un decoder parlante non è una cosa complicata; oramai tutto ci parla, i cellulari, i tablet, per non parlare di strumenti più semplici di vita quotidiana, lettori digitali, bilance e così via, che, per la nostra autonomia, ci permettono di ascoltare o di avere dei display tattili. Il decoder non è una cosa complicata da realizzare, eppure siamo fermi così. Impariamo a memoria quelle due o tre operazioni che si possono fare con un televisore e ci fermiamo a questo.
  L'ultima cosa, che però non è la meno importante, riguarda l'accessibilità del sito internet e della sezione Telesoftware di Televideo.
  In nessun punto del Contratto di servizio viene nominata la legge Stanca (legge 9 gennaio 2004, n. 4) che riguarda l'accessibilità dei siti web di pubblica utilità. Tra l'altro, sono stati aggiornati i requisiti tecnici di questa legge, che si sono conformati alle linee guida WCAG 2.0, che sono le linee guida internazionali. Quindi, a livello di normativa, in Italia siamo finalmente allineati al mondo, quindi anche i programmatori non avranno più il problema di scegliere a quali linee guida adeguarsi, se a quelle italiane o a quelle mondiali.
  Ciò nonostante, la legge Stanca non è stata nominata. L'unico punto in cui l'ho trovata è all'interno della Carta per l'abbattimento delle barriere comunicative, che è stata firmata dal Consiglio nazionale degli utenti, nella quale, appunto, è menzionato il fatto che una società come la RAI, essendo di pubblico interesse e con una partecipazione di capitale pubblico, è Pag. 8vincolata per legge ad avere un sito web accessibile. In realtà, il sito della RAI è accessibile solo in parte. I colleghi di Rainet, la società informatica che si occupa di questo, sono disponibili, ma se non è scritto da nessuna parte diventa un piacere personale che ci fanno, cosa inaccettabile, visto che ci spetterebbe di diritto, senza considerare che siamo dei fruitori importanti.
  Il sito internet potrebbe essere una valida alternativa a quei problemi di cui ho parlato in relazione al decoder. Mettere certe informazioni sul web – noi usiamo il computer con degli strumenti vocali che non ci deve fornire la RAI perché li abbiamo in maniera autonoma o da altre vie – potrebbe rappresentare una valida soluzione elettronica per fruire di alcuni contenuti.
  La sede permanente è un buon punto di confronto. Ho trovato infatti una grossa disponibilità da parte di alcuni rappresentanti. In audizioni diverse, ci sono state delle ottime collaborazioni. Tra l'altro, come Associazione disabili visivi abbiamo spontaneamente contattato la sede del Televideo per dire che la sede permanente non è convocata da più di due anni e che il Contratto di servizio è ancora in fase di discussione, ma intendevamo comunque segnalare degli aspetti problematici del sito. Ebbene, mi hanno convocato per parlarne perché sono molto disponibili. È chiaro, però, che non si può lavorare in base al buon rapporto che si era creato due anni e mezzo fa. Basta che cambi uno dei responsabili e finisce tutto il dialogo, come è successo, peraltro, ora che la sede permanente è stata riformata, per cui non conosciamo ancora i nuovi nominati da parte del Ministero e di RAI, quindi non c’è ancora nessun tipo di contatto. Del resto, non c’è stata nessuna convocazione, cosa che, probabilmente, dipende dal fatto che il Contratto di servizio è ancora in fase di firma.
  In ogni modo, dare tutti gli strumenti tecnici alla sede permanente diventa pericoloso perché basta che ci sia un vuoto di un anno e oltre, come succede regolarmente tra un contratto e l'altro, e noi rimaniamo senza interlocutore.
  A questo punto, non mi dilungherei ulteriormente. Vi ringrazio per l'attenzione.

  LORENZA BIASCO, rappresentante FISH Campania. Sono Lorenza Biasco e rappresento tutto il mondo dei disabili uditivi. Mi riallaccio al discorso della mia collega perché sono anche figlia di un cieco, quindi capisco bene il problema dell'accessibilità in generale. Vorrei partire da alcune esperienze.
  Personalmente, fino a circa due anni e mezzo non sapevo dell'esistenza dei sottotitoli, che vi assicuro sarebbe stata un'agevolazione notevole per l'accessibilità alla televisione e soprattutto ai programmi RAI e ai telegiornali. In particolare, mi sono resa conto di come il mio piccolo mondo sia cambiato con una piccola agevolazione, o meglio con un certo tipo di accessibilità anche rispetto alle conoscenze in generale.
  Proprio perché ho avuto questa possibilità, mi preoccupo molto dei giovani che andranno a partecipare anche alla vita politica ed elettorale. In ordine al contratto, vi sono delle situazioni non completamente chiare. È interessante che si voglia continuare a far sì che vi sia un impegno per una maggiore accessibilità, soprattutto per le televisioni non solo generaliste, ma anche tematiche perché molti ciechi e sordi sono molto interessati ai programmi culturali.
  Vi sono anche molti minori che non hanno possibilità di accedere ai cartoni animati perché non possono leggere i sottotitoli. Questa sembra una sciocchezza, ma sul piano dell'istruzione, visto che c’è un impegno nel Contratto di servizio RAI per la diffusione della cultura, come prevede la Costituzione, è un impegno importante per i minori con disabilità.
  Un altro punto molto interessante, per riprendere il discorso della collega, è quello dell'accessibilità del web. Personalmente, sono per i sottotitoli e chiedo si arrivi dal 70 al 100 per cento perché essi Pag. 9includono tutti i disabili uditivi, sia segnanti che non. In particolare, ciò vale per i disabili uditivi che parlano, ai quali spesso non basta una lettura labiale. Non è vero che sappiamo il labiale, ma riusciamo a risalire, da una serie di messaggi, a quello che la persona dice. Quindi, i sottotitoli sono molto importanti. Del resto, siamo italiani; sappiamo leggere perché abbiamo avuto un'istruzione adeguata pertanto ciò deve essere garantito dal punto di vista costituzionale. Inoltre, il piano del web dà la possibilità di memorizzare. Mi riferisco alla possibilità della videoteca prevista nel contratto, ovvero della conservazione dei programmi negli archivi, mantenendo i sottotitoli. Oggi può sembrare inutile scriverlo, ma lo sarà per chi vorrà rivedere i programmi in un secondo momento anche sul web. Il mantenimento dei sottotitoli è molto importante e deve essere contemplato all'interno degli archivi, anche come forma di memoria storica.
  Questi sono i punti su cui sono molto preoccupata. In generale, nel contratto, all'articolo 11 si parla della variante sottotitolazione «o» traduzione LIS. Ebbene, sarebbe indicato inserire una «e», quindi «sottotitolazione e traduzione LIS» oppure far riferimento solo alla sottotitolazione.
  Inoltre, sono d'accordo con il presidente sul fatto che nel contratto vi sia bisogno di una uniformità di linguaggio perché non è più pensabile, nel 2013, di parlare ancora di «portatore di handicap»; dobbiamo parlare di «persone con disabilità sensoriale». Peraltro, non è possibile ritornare indietro quando c’è un'evoluzione molto importante anche di tipo normativo. Sarebbe interessante poi affrontare anche la questione di genere. Visto che avete citato anche il principio di discriminazione e di parità, proporrei di uniformare e inserire anche l'accessibilità.
  Nell'ambito dell'innovazione tecnologica la domanda che bisogna porsi ogni volta che si va avanti con la tecnologia è se questa tecnologia innovativa sia anche accessibile. Una tecnologia è tanto più evolutiva e innovativa quanto più è accessibile. L'accessibilità deve diventare non solo un principio, ma anche un criterio che si ricollega ai principi di efficienza, economicità, affidabilità e professionalità.
  Chiedo maggiore impegno soprattutto per i minori disabili sensoriali e per la sottotitolazione. Non è vero infatti che è poco economica perché, se fatta in maniera adeguata, rispetta anche i criteri di economicità. Chiedo anche che ci siano, all'interno del contratto, sia la parola «accessibilità» sia l'impegno al monitoraggio e alla valutazione.

  SALVATORE MARGIOTTA. Ringrazio gli auditi per la delicatezza dei temi che hanno affrontato e per il modo in cui ho hanno fatto. L'introduzione del presidente a proposito dell'episodio di «La vita in diretta» merita una riflessione. Anche io condivido che sia stato molto grave. Per la verità, c’è stata una reazione positiva da parte del conduttore che, almeno, ha cercato di limitare l'intervento davvero sconcertante della signora D'Eusanio. Condivido quanto detto, ovvero che, al di là di quell'intervento, bisogna capire il retroterra culturale da cui derivano affermazioni così sconcertanti e gravi, ben testimoniato dal dibattito che si è aperto.
  Detto questo, in un'intervista al «Sole 24Ore», il direttore Gubitosi evidenzia un obiettivo e dice che «la RAI – cito – deve diventare una media company che operi su tutte le piattaforme e vuole e deve imparare a soddisfare e a interloquire con ogni singolo utente». Si parla di una RAI in un sistema crossmediale che dialoga con il proprio pubblico. Ecco, è evidente che quando si parla di «singolo utente» o di dialogo con il proprio pubblico non si può pensare che il servizio pubblico escluda una parte di questo pubblico, ovvero tutte le persone con disabilità, come il presidente ci ha insegnato a descrivere le situazioni delle persone che rappresenta.
  Non esistono abbonati di serie B. Bisogna quindi trovare il modo di raggiungere Pag. 10tutti, i sordi e i ciechi. Abbiamo ascoltato proposte relative alle audiodescrizioni per i ciechi. Personalmente, mi concentro di più sulle problematiche dei sordi.
  Come prima questione, il canale all news di Rainews dovrebbe avere una copertura totale rispetto all'accesso dei sordi. È impossibile pensare che l'unico canale che informa in diretta di eventi anche gravi, come le emergenze climatiche e naturali, non sia fruibile anche dai sordi: occorre quindi accentuare molto questo tema rispetto a Rainews.
  In secondo luogo, abbiamo detto più volte – trovando una risposta positiva da parte del direttore, ma ancora non tradotta in atti concreti – che RAI Yo-Yo, canale dedicato ai bambini, dovrebbe colmare queste lacune. A tutti credo faccia particolarmente specie pensare che bambini che soffrono la propria disabilità debbano soffrire rispetto ai propri compagni di scuola anche perché questi ultimi ascoltano i cartoni animati di Peppa Pig, mentre loro non possono farlo. Anche sui canali per bambini credo occorra avere una copertura totale.
  C’è poi la questione alla quale faceva riferimento lei, quella della scelta tra sottotitoli o lingua dei segni. Non entro in questa discussione che so essere molto dibattuta al vostro interno.
  Mi convince la sua proposta di togliere la «o» e mettere la «e». Penso infatti che per alcuni programmi si debba agire attraverso sia il linguaggio dei segni, sia con i sottotitoli proprio perché ci saranno persone più portate a comprendere il primo piuttosto che i secondi.
  Addirittura, la BBC offre sul web pillole che insegnano il linguaggio dei segni ai più piccoli. Questo potrebbe essere interessante anche nel nostro Paese per creare una possibilità di linguaggio, di interlocuzione e di scambio tra le diverse persone.
  Mi pare, però, decisivo che il contratto espliciti tempi e scadenze. Va bene che ci siano affermazioni di principio, ma questo non è sufficiente se non si dice che entro un certo mese certi programmi avranno un certo tipo di copertura e certi altri un altro. Ecco, credo che questa sia una lacuna che dobbiamo colmare con il lavoro che stiamo facendo in Commissione.

  PRESIDENTE. Sottolineo che il vicepresidente Margiotta è anche relatore del Contratto di servizio. Anch'io, come Presidente, sono completamente d'accordo rispetto a quello che ha appena detto, ovvero di inserire norme molto più stringenti e chiare, oltre all'enunciazione di principi generali, in modo che nel Contratto di servizio vi sia scritto ciò che è veramente necessario fare.
  Credo che tutta la Commissione sarà d'accordo a procedere in questo senso. Andando avanti, se dovessimo avere ulteriori dubbi o perplessità su cosa è meglio o giusto fare vi contatteremo e continueremo il lavoro insieme.

  MICHELE ANZALDI. Vorrei porre tre domande semplici, che rispondono a tre curiosità.
  Innanzitutto, trasmissioni come quella di Piero Angela o del figlio hanno una sottotitolazione o un audiocommento ? Insomma, vorrei sapere se sono fruibili.
  Una degli auditi ricordava che si era dovuta rivolgere alla dottoressa Lei. Ecco, vorrei sapere quale fu la risposta e l'esito.
  Infine, come terza e ultima curiosità, vorrei sapere se avete agevolazioni sul pagamento del canone o siete esentati. Per esempio, per quanto so, una famiglia che ha un bambino con handicap ha una forte esenzione dell'IVA nell'acquisto dell'automobile.

  PIETRO VITTORIO BARBIERI, presidente FISH. Questo è un tema grave. La grandissima parte delle persone con disabilità, specie sensoriale, pur avendo accesso a poco o a nulla, paga interamente il canone, come chiunque altro. Questa è una discriminazione bella e buona.
  Vorrei aggiungere solo un paio di chiose. La prima è che vi manderemo un documento su tutto ciò di cui abbiamo discusso, in maniera da dettagliare le richieste. La seconda riguarda la diatriba tra lingua dei segni e oralismo. La lingua Pag. 11dei segni, oggi, sulla base dei dati oggettivi, raggiungere una comunità di 10-15.000 persone, mentre la sottotitolazione si rivolge all'universo mondo. Quindi, il problema è semplicemente di sostenibilità.
  È chiaro che se si deve fare un investimento con un certo ammontare di risorse a disposizione occorre puntare su ciò che raggiunge l'universo mondo. La lingua dei segni è importante per persone che però possono usufruire anche della sottotitolazione, la quale – ripeto – raggiunge anche loro, quindi non rimarrebbero escluse.

  STEFANIA LEONE, consigliere direttivo ed esperta di problematiche ICT in ADV. Rispondo alle altre due domande. Le trasmissioni di Piero Angela non hanno un audiocommento. Tuttavia, in generale, essendo documentari anche raccontati, sono fruibili al 75 per cento da chi non vede. Per esempio, io li ascolto. Ci sono delle parti in cui un audiocommento sarebbe molto utile e istruttivo. Per questo tipo di programmi, però, non è previsto. Di solito gli audiocommenti sono previsti su telefilm, serie di polizieschi e qualche telenovela come «Un posto al sole».
  Riguardo al canone, lo paghiamo per intero. Il discorso dell'IVA è un'altra cosa; abbiamo un'agevolazione dell'IVA al 4 per cento per gli strumenti che ci aiutano nell'accessibilità e fruibilità di determinati aspetti della vita. Per esempio, l'automobile è uno strumento di autonomia, quindi se intestata a noi ha uno sconto, come anche l'acquisto del televisore, che è uno strumento tecnologico, o di un cellulare. Questo tipo di tassa invece non prevede nessuno sconto.
  L'altra domanda riguardava la mia richiesta alla Lei. Non mi ha risposto, ma a un certo punto sono ripartiti i commenti. Probabilmente era un problema di fondi. Insomma, qualcosa li aveva bloccati. Le ho scritto e dopo un paio di settimane gli audiocommenti sono ricomparsi, ovviamente sempre in quelle due o tre trasmissioni a settimana. Questo è accaduto più di un anno fa.

  LORENZA BIASCO, rappresentante FISH Campania. Non per aprire una diatriba tra lingua dei segni e oralismo, ma per avvalorare quello che ha detto il presidente Pietro Barbieri, vorrei dire che attualmente, grazie a un'eccellente istruzione, molti sordi parlano. Ovviamente, se si vuole continuare su questa linea, è necessario che anche la RAI in qualche modo la supporti.
  L'ideale sarebbe passare dal 70 al 100 per cento di sottotitolazione sulla maggior parte dei programmi e l'accessibilità per tutti i disabili, soprattutto minori, perché la loro è un'età molto importante nella quale cresce l'autoconsapevolezza e la capacità di stare al mondo. Per esempio, personalmente non ho vissuto quella fase, quindi ho impiegato più anni rispetto a quelli che potrebbe impiegare un bambino.
  La mia battaglia è che la consapevolezza che ho ora arrivi prima per i più giovani e per i futuri disabili sensoriali. Non è vero che un sordo non possa parlare; non è vero che un cieco non possa vedere. Questo è il principio che deve essere chiaro a tutti.
  Come parlo io, lo può fare chiunque, con un percorso molto duro, difficile e anche frustrante. Tuttavia, certi strumenti aiutano. Per esempio, i sottotitoli possono essere anche in inglese in futuro. Vi assicuro che anche i sordi possono parlare in inglese. Questo riguarda quella dimensione dell'istruzione e dell'accessibilità che ha a che fare con lo stare al mondo. Se si vuole parlare in una maniera o in un'altra, è una scelta. Fondamentalmente, si deve garantire l'istruzione e l'accessibilità ai siti internet e soprattutto alla televisione, anche per una migliore partecipazione politica alla vita del nostro Paese.

  ALBERTO AIROLA. Sono Alberto Airola del Movimento cinque Stelle. Vorrei ringraziarvi per la vostra relazione e sottolineare che stiamo lottando per una RAI che abbia un livello culturale più alto in generale, non soltanto in merito alle discriminazioni. I fatti che avete citato sono gravissimi. Meriterebbero sanzioni pesantissime Pag. 12sia per i programmi sia per i conduttori che fanno certe affermazioni.
  Vorrei chiedervi se, con una relazione, anche in futuro, ci potete dare qualche dettaglio sull'attività radiofonica, nello specifico soprattutto per i non vedenti. Mi riferisco a informazioni su quanti programmi hanno audiodescrizioni e se anche su quello si può fare qualcosa. Chiedo questo perché la radio è un apparato che tendiamo a considerare di meno, anche qui in Commissione vigilanza.

  STEFANIA LEONE, consigliere direttivo ed esperta di problematiche ICT in ADV. Come dicevo, gli audiocommenti che passano per radio sono quasi completamente spariti. Anche se io preferisco ascoltarli tramite il secondo canale audio della TV digitale e pertanto personalmente non li uso, sono molto richiesti dai non vedenti perché sono lo strumento più semplice per sintonizzarsi. La radio è uno strumento facile da usare. Tuttavia, le onde medie hanno una qualità, per loro natura, piuttosto scarsa, specialmente in certe ore notturne, visto che i segnali arrivano poco e male perché sono coperti. Questo dipende molto anche dalle diverse zone geografiche d'Italia e anche questa è una discriminante perché dipende appunto da dove si abita. La cosa più semplice sarebbe passarli su FM, visto che le radio nazionali sono su FM e hanno un ottimo segnale.
  Per quanto riguarda invece la relazione, sicuramente vi sarà inviata.
  Vorrei fare un ultimo inciso per segnalare un altro problema nella comunicazione relativa alla disabilità. Si è fatto un gran parlare di falsi invalidi. Premettendo che le persone disabili vere sono danneggiate dai falsi invalidi – questo è a monte – la campagna che si è fatta è stata quasi una caccia alle streghe. Si è demonizzato o si è gridato al falso invalido semplicemente perché una persona non vedente ha infilato la chiave nella serratura. Personalmente, mi aspetto che prima o poi la finanza mi prenda perché faccio regolarmente questa operazione. Una volta arrivata al portone, lo individuo e vado.
  Dico questo perché ci sono operazioni che teniamo molto a fare in autonomia. Non posso avere paura di camminare da sola senza il bastone aperto perché è un percorso di pochi metri che conosco a memoria, magari evitando una persona semplicemente perché fa un colpo di tosse o sento i passi o ha una chiave in tasca che tintinna. L'udito mi funziona, quindi la evito.
  Se qualcuno mi vedesse camminare in ufficio penserebbe che sto facendo finta di non vedere perché conosco a memoria il percorso per andare dalla mia stanza al bagno, quindi non prendo il bastone bianco. Faccio il corridoio, avendo dei riferimenti anche per terra. Insomma, ci inventiamo delle cose pazzesche per riuscire a trovare i riferimenti. Semmai, evito anche un crocchio di persone che stanno ferme a parlare davanti a una porta.
  Vi faccio questo esempio perché al pubblico passa che i falsi invalidi sono il problema dell'Italia. Una volta, anche un politico lo disse. Questo è un problema, perché la maggior parte di queste persone non è cieco assoluto, bensì ipovedente. C’è una differenza fra il cieco e l'ipovedente perché l'ipovedente può anche andare in bicicletta, rischiando la sua pelle e quella degli altri. Secondo me, fa male a farlo; tuttavia, con due o tre decimi di vista si riesce anche a portare una bicicletta. Poi, se questo ipovedente percepisce un'indennità di accompagnamento per cieco assoluto è chiaro che si tratta di un falso. Quelli, però, sono altri aspetti tecnici.
  Al pubblico che sta a casa in poltrona passa l'idea che i ciechi prendano tutti i soldi a sbafo. Se si tratta di un cieco che guida la macchina, non c’è niente da dire: è un falso invalido. Ci sono però altre situazioni in cui la notizia andrebbe prima filtrata e poi data.
  Noi, come associazioni, abbiamo delle riviste sonore che ci arrivano a casa in cui gli articoli dei giornali vengono letti da volontari. Quindi, oltre alle notizie date per radio e per televisione, ci arrivano anche quelle più di nicchia. Molte volte ho Pag. 13ascoltato di persone che si sono trovate in tribunale a dimostrare che se riuscivano a coltivare l'orticello di quattro metri per tre davanti casa, pur non vedendo niente, era perché lo conoscevano a memoria. Il vicino di casa, però, aveva fatto una denuncia e loro erano dovuti andare in tribunale a dimostrare che comunque rimanevano delle persone cieche.
  Ecco, le contro-notizie come questa non vengono mai date, quindi il messaggio che passa in generale al pubblico è quello di cui parlavo. Anche mio padre, qualche settimana fa, si sorprendeva dei numerosi falsi invalidi, ma gli ho dovuto spiegare che se qualcuno mi guarda mentre esco di casa la mattina è probabile che non si accorga che non vedo perché a un certo punto mi fermo, arriva il taxi o la macchina e salgo. Se però sento l'inizio della macchina, giro intorno alla macchina senza che la persona scenda, vado, trovo lo sportello, lo apro ed entro. È possibile che se qualcuno in quel momento mi sta osservando non si accorga minimamente che non vedo. Ciò nonostante, mio padre, che è una persona che mi conosce e conosce il problema, d'impatto, ha detto che si sono troppi falsi invalidi. Vi invito quindi a riflettere su questo.

Audizione di rappresentanti di FIADDA Onlus.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dei rappresentanti di FIADDA Onlus, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Questa audizione si inquadra nell'ambito dell'attività istruttoria che la Commissione ha avviato in relazione al nuovo contratto nazionale di servizio 2013-2015.
  Cedo quindi la parola al presidente nazionale dell'associazione, dottor Antonio Cotura, alla rappresentante del consiglio direttivo della sezione di Roma, dottoressa Valeria Cotura, alla rappresentante del consiglio direttivo della sezione di Cesena/Forlì, dottoressa Lucia Brasini e al vicepresidente della sezione di Modica, dottor Alessio Viola, che riferiranno per i profili di proprio interesse sul nuovo Contratto di servizio, con riserva per me e gli altri colleghi di rivolgere loro, al termine degli interventi, domande e richieste di chiarimento.

  ANTONIO COTURA, presidente nazionale FIADDA. Vi ringrazio per l'invito e l'accoglienza. Il tema del Contratto di servizio RAI è di assoluta rilevanza per le persone sorde e per le loro famiglie. Per poter accedere alla cultura e alla partecipazione alla vita collettiva è necessario avere l'accessibilità come garanzia di vita quotidiana.
  È facile immaginare che siamo per l'accoglienza della progettazione universale. Quando si entra in un ristorante o in un luogo pubblico in Italia si viene a frastornati dal chiasso; l'acustica ambientale dei luoghi pubblici è estremamente dannosa. Allora, un criterio di progettazione universale sarebbe quello non solo di curare l'acustica ambientale, ma anche di utilizzare i sottotitoli al posto del televisore ad alto volume che ormai è presente in tutti i luoghi pubblici. Basta fare un giro nel resto del mondo per vedere che si trova esattamente questo. Fare una passeggiata a New York significa entrare in un ristorante in cui c’è il televisore acceso e il sottotitolo sempre visibile. Questo, in Italia, non accade e pone un problema culturale importante.
  Il sottotitolo è la progettazione universale per eccellenza, pertanto è altamente inclusivo. La RAI e tutte le altre emittenze private dovrebbero quindi attrezzarsi e dotarsi della strumentazione per la creazione di sottotitoli sia in tempo reale sia in preregistrato.
  Ciò accadeva nel precedente Contratto di servizio, che è quello ancora in vigore, sebbene scaduto. Quando abbiamo cominciato a parlare di sottotitoli la RAI produceva circa un 18 per cento di programmazione sottotitolata. È stato necessario un contratto per passare dal 18 al 60 per cento; poi, con un altro contratto, siamo passati dal 60 al 70.
  L'obiettivo che ci ha trattenuti sul 70 per cento di programmazione era la scarsa Pag. 14capacità tecnica delle piattaforme digitali dell'epoca di fornire servizi al 100 per cento. La BBC, ma anche televisioni di Paesi dell'America latina, i più impensabili, hanno già una produzione del 100 per cento di programmazione sottotitolata, se non addirittura sottotitoli durante la pubblicità o gli eventi sportivi: un elemento da cui non si può prescindere.
  Essendo una progettazione universale, tutta la cittadinanza fruisce dei sottotitoli. Tuttavia, in particolare, circa due milioni di persone ne hanno un bisogno maggiore. Sono persone anziane deboli di udito, persone immigrate che vogliono migliorare la conoscenza della lingua del Paese e tantissime altre persone che si trovano in ambienti difficili. Poi, c’è una quota particolare della popolazione che non può farne assolutamente a meno, ovvero le persone sorde.
  Ricordo che una volta in Italia le persone sorde si chiamavano «sordomuti» e solo grazie a dodici anni di attività della FIADDA siamo riusciti a trasformare il titolo «sordomuto» in «persona sorda». Le tre persone a fianco a me fino al 2006 erano definite sordomute per legge, mentre in realtà hanno un'alta competenza linguistica verbale italiana, hanno frequentato la scuola di tutti e hanno fatto un percorso di vita assolutamente normale. Sotto questo aspetto, l'Italia ha anche un altro particolare primato. È forse l'unico Paese al mondo che fa inclusione scolastica da quarant'anni nella scuola vicino casa. Questo è un modello molto importante che tutti noi dovremmo impegnarci a salvaguardare e difendere perché viene imitato nel mondo e a volte gli altri superano le nostre performance. Infatti, talvolta, con delle degenerazioni applicative delle buone prassi, mettiamo a rischio questo modello eccellente.
  Il Ministero dell'istruzione dice che gli alunni che frequentano le scuole italiane che hanno la certificazione di sordità sono 6.500; i comuni d'Italia invece sono 8.200. Quindi, statisticamente, gli alunni effettivamente sordi sono distribuiti meno di uno per ogni comune.
  Questo è un problema importante su cui riflettere perché mentre noi richiediamo progettazione universale, buone prassi inclusive e accesso al lavoro, ovvero un'inclusività sociale importante, altre persone, per motivi o interessi differenti dai nostri, chiedono cose che stanno fuori statistica. Pertanto, non chiederemo nient'altro che progettazione universale, ovvero che la RAI applichi le buone prassi e sottotitoli tutta la programmazione generalista fino al 100 per cento. È tempo che questo accada, visto che ha quattro anni di ritardo sulle piattaforme digitali.
  Poco tempo fa c’è stato un bando della RAI per digitalizzare queste piattaforme in modo che anche i tecnici che fanno i sottotitoli, attraverso le piattaforme, facilitano il proprio lavoro, riducendo il fastidio che a volte creano alle persone sorde quando c’è molto ritardo tra scritto e parlato. Questo è stato uno dei problemi. La qualità del sottotitolo è infatti fondamentale.
  Negli anni scorsi non abbiamo chiesto il 100 per cento di sottotitolazione perché non ritenevamo la RAI tecnicamente adeguata. Oggi, gli strumenti e le potenzialità ci sono, quindi non vediamo ostacoli perché si debba rimanere ancora al 70 per cento quando la produzione televisiva è molto più che decuplicata. Quando fu stabilito il 70 per cento la televisione non era ancora digitalizzata, per cui non c'erano tanti canali tematici o specialistici. Successivamente, c’è stato un aumento notevolissimo di produzione di programmi televisivi, mentre i programmi sottotitolati sono sempre rimasti al palo.
  Un luogo importante in cui sono stati dati tutti gli aiuti possibili alla RAI è la sede permanente RAI, che è uno strumento fondamentale per portare le politiche sociali e accrescere la funzione sociale che dovrebbe avere un ente pubblico. In quei tavoli, negli anni, abbiamo suggerito metodi e procedure che la RAI ha anche utilizzato. Per esempio, è passata da semplici programmi preregistrati sottotitolati a quelli in tempo reale. Con il GT dei Ragazzi di Tiziana Ferrario, nel 1998, hanno cominciato timidamente a sottotitolare Pag. 15in tempo reale. Dopodiché, sono arrivati gli stenotipisti, poi gli stenotipisti in remoto, che collaborano da casa per fare sottotitoli, poi i respeaker e i respeaker con gli editor.
  Insomma, ci sono tecniche molto avanzate, finché si arriverà, quando riterranno di essere in grado di farlo, all'automatismo nella creazione di sottotitoli. In molti Paesi del mondo già accade; sulla qualità si può discutere, ma – ripeto – già accade. Non vedo perché una potenza come la RAI non debba investire su questo.
  Ribadisco anche il concetto che non è solo la RAI che dovrebbe rendere questo servizio, ma tutte le emittenti. Il legislatore dovrebbe ragionare su questa eventualità. Nel caso di un supermercato, non gli si dà la concessione, quindi non può aprire, se non ha la rampa di accesso per le persone con disabilità. Ecco, con l'emittenza pubblica e privata dovrebbe accadere la stessa cosa: non si dovrebbe assegnare la concessione a chi non rispetta i criteri di accessibilità.
  Ora, il criterio di accessibilità per le persone sorde è essenzialmente il sottotitolo. Le altre cose sono palliativi o strumenti accessori. Quello che serve, universalmente e in particolare alle persone sorde, sono i sottotitoli. Ci saranno anche richieste diverse, ma hanno un'estemporaneità e comunque non qualificano il servizio.
  Attualmente, 12.000 ore di sottotitolazione sono un patrimonio importante, ma insufficiente proprio perché la produzione è cresciuta molto. Vi sono poi altri aspetti di dettaglio che i miei accompagnatori spiegheranno meglio di me. Sono infatti con me il vicepresidente della sezione FIADDA di Modica, un consigliere della sezione di Roma e un consigliere della sezione di Forlì-Cesena.
  Abbiamo 41 anni di storia come associazione e rappresentiamo la tradizione italiana nella sordità, che è quella oralista. In Italia, si è sempre sostenuto che qualunque persona sorda può parlare, leggere e scrivere come qualunque altro e talvolta anche meglio, se si avvia quel processo virtuoso che parte dalla diagnosi precoce e dagli interventi abilitativi e logopedici.
  Tra l'altro, oggi nei casi estremamente difficili, che statisticamente sono molto ridotti, cioè di sordità alla nascita o congenite di tipo molto grave o profondo, si utilizza con sempre più appropriatezza anche l'implantologia cocleare, che anche se non può restituire l'udito – si rimane persone sorde – migliora molto la capacità percettiva uditiva. Questa capacità percettiva, attraverso apparecchi acustici, impianti cocleari e un percorso importante che nasce dalla diagnosi precoce, mette tutti in condizione di acquisire una competenza linguistica. Poi, da adulti, come accade a tante persone sorde, si comincia anche a utilizzare il linguaggio dei segni, che può essere accessorio. Invero, da taluni è ritenuto fondamentale, ma, dal nostro punto di vista, non è quello che fa inclusione sociale, scolastica e lavorativa per le persone che hanno una disabilità uditiva.

  ALESSIO VIOLA, vicepresidente FIADDA sezione di Modica. Buongiorno a tutti. Sono Alessio Viola, vicepresidente della sezione di Modica, una realtà nata in Sicilia da appena un anno. Sono molto fiero e orgoglioso di essere qui per esporre soprattutto la mia esperienza sull'importanza del sottotitolo.
  Il sottotitolo non va soltanto incontro alle nostre esigenze, ma va a migliorare noi stessi. Infatti, ci dà una maggiore comprensione di ciò che guardiamo, sia esso un telegiornale, un programma televisivo o un film. Lo ritengo importante anche da un punto di vista sociale perché, se mi trovo in una stanza in presenza di compagni, il sottotitolo per me diventa fondamentale perché ho bisogno di comprendere appieno ciò che sto guardando, anche per evitare di chiedere a chi è con me cosa si sta dicendo. Questa difficoltà crea, peraltro, anche un po’ di imbarazzo. Il sottotitolo serve soprattutto a noi sordi perché, per quanto possiamo recuperare con una protesi acustica o con l'impianto, questo non ci permette di acquisire una piena comprensione di ciò che vediamo, Pag. 16nonostante abbiamo capacità di lettura labiale. Tutto questo non basta, per cui il sottotitolo dà una maggiore comprensione di ciò che vediamo.
  Inoltre, come diceva il presidente, è necessario passare dal 70 per cento al 100 per cento, anche perché la tecnologia va avanti e con l'avvento del digitale terrestre ormai non esistono più solo Raiuno, Raidue e Raitre, ma molti altri canali che trasmettono programmi che abbiamo interesse a seguire, per cui avremmo bisogno di sottotitoli.
  Un'altra cosa fondamentale è inserire i sottotitoli sul web. Per esempio, se voglio seguire on line una replica di un programma che è già stato trasmesso in televisione, purtroppo oggi non riesco a farlo oppure posso farlo con molta difficoltà. Se si tratta di un telegiornale, cerco di orientarmi con la lettura labiale, ma spesso questo non è abbastanza. Quindi, chiedo anche l'inserimento di sottotitoli on line perché talvolta viene detto che sono presenti, ma non sono attivati.
  Ho espresso la mia opinione e raccontato la mia esperienza. Per il resto, passerei la parola a Valeria, consigliere FIADDA.

  VALERIA COTURA, consiglio direttivo FIADDA sezione di Roma. Cercherò di essere molto breve. Ho seguito la storia dei sottotitoli con la RAI in età abbastanza precoce. Avevo 12 anni, quindi la mia esperienza è abbastanza lunga, anche se è stata spesso interrotta perché nella vita ho tanti altri interessi.
  Nei diversi incontri parlamentari o con la RAI vedo che la percentuale si è alzata, ma vi è una certa lentezza a raggiungere gli obiettivi. Oggigiorno, sulla base della mia esperienza, anche per gli studi che ho fatto che sono legati al mondo dello spettacolo (recitazione, cinema, teatro e televisione) credo che si possano adottare nuovi metodi.
  Mi preme, in particolare, che se devo vedere una puntata già trasmessa con i sottotitoli oppure semplicemente un film o una fiction in internet, nel palinsesto web non ci sono i sottotitoli. Ecco, questo, oggi, che siamo quasi nel 2014, è inconcepibile perché siamo veramente in ritardo. Eppure, basterebbe davvero poco. Per esempio, si potrebbe fare sul canale YouTube. Inoltre, si può creare una sorta di banca-dati o un archivio di sottotitoli perché non esiste un contenuto anche storico di Televideo e di altri enti che hanno curato i sottotitoli. Sarebbe interessante creare un archivio anche perché altrimenti rimaniamo sempre più chiusi sui tre canali (Raiuno Raidue Raitre), mentre la RAI non è solo le tre emittenti generaliste, ma molto altro.
  Esiste RAI Premium che ripete le stesse fiction per le quali ci sono i sottotitoli di Televideo. Basta quindi attivarli anche sugli altri canali digitali. Insisto molto su questo aspetto perché è inconcepibile che ancora non si metta in pratica una via così facile.
  Per quanto riguarda il contratto, vedo che c’è poco spazio per i minori con sordità. RAI Education o RAI Storia hanno contenuti culturali, educativi e di intrattenimento che dovrebbero essere diretti anche a bambini e adolescenti con sordità. Credo che nessuno abbia mai pensato di approfondire questo aspetto. Insisto su questo punto perché la mia esperienza è iniziata con GT Ragazzi, nel 1998, all'età di 12 anni. Ciò vuol dire che anche oggi è possibile insistere su questo aspetto.
  Pertanto, non ci sono – ripeto – solo i tre canali generalisti. Per esempio, c’è anche RAI Movie: bisognerebbe quindi investire anche sul palinsesto web. È davvero inconcepibile che non si possa neppure rivedere una puntata.

  LUCIA BRASINI, consiglio direttivo FIADDA sezione di Cesena Forlì. Ho letto il contratto RAI e mi sono chiesta, visto che si parla molto di innovazione e di proposte nuove per fare della RAI una pioniera della comunicazione verso tutti, perché non si possa partire dalla sottotitolazione del palinsesto radio (magari cominciando da uno o due programmi) sul web in tempo reale o con un testo fruibile successivamente. Questo potrebbe Pag. 17essere uno strumento molto positivo per lanciare questa idea.
  Mi è piaciuta molto la frase contenuta nella prima pagina del contratto che dice che la RAI si prefigge di raggiungere ogni cittadino, «al fine di consentirgli di potersi autonomamente formare opinioni e idee e partecipare in modo attivo e consapevole alla vita del Paese, così da garantire l'apprendimento e lo sviluppo del senso critico, civile ed etico della collettività nazionale».
  Questo tira le fila di tutto quello che abbiamo detto finora perché dobbiamo essere autonomi nel poterci fare un'opinione sulla vita sociale, civile e politica dello Stato.

  ALBERTO AIROLA. Vi ringrazio molto per la vostra relazione. Mi avete fatto capire un aspetto importante dei sottotitoli che, in effetti, mi sfuggiva, cioè il fatto che sono utili non solo agli audiolesi, ma anche agli stranieri presenti in Italia che vogliono seguire i programmi.
  Vengo da un quartiere, a Torino, dove c’è una fortissima immigrazione, quindi trovo questo spunto molto utile, anche nel senso di aumentare alcune trasmissioni in lingua originale, sottotitolandole automaticamente in lingua italiana per favorire l'apprendimento di lingue straniere: questa può essere un'ottima idea.
  Inoltre, vorrei chiedervi se bisogna anche prevedere una descrizione dell'azione, nel caso fosse, per esempio, fuori campo, oppure una buona sottotitolazione potrebbe supplire alla difficoltà di accessibilità di alcuni canali.
  In merito al web, concordo con voi. Ci sono siti che si occupano di produrre sottotitoli gratuitamente per telefilm o serie straniere, per cui non vedo perché la RAI non possa avere un adeguato catalogo di sottotitoli per le trasmissioni andate in onda. Peraltro, sul web c’è molto da fare e questa Commissione sta lavorando, perché la RAI è molto indietro in termini di adeguamento del suo canale web.

  LAURA PUPPATO. Innanzitutto, vi ringraziamo per le informazioni che ci avete fornito. Vorrei fare una domanda alla persona che ha seguito, nel corso di questi anni, l'evoluzione della produzione sottotitolata RAI dal 18, al 60 e quindi al 70 per cento.
  Mi pare che oggi siano scomparse le ragioni tecnologiche che hanno portato a una riduzione della capacità di sottotitolare il 100 per cento della produzione RAI. Come giustamente avete fatto osservare, oggi c’è tutta la questione relativa a Radio RAI, a RAI Movie e a tutte le trasmissioni digitali che vanno a implementare la quantità di trasmissioni disponibili per gli spettatori dei siti radiotelevisivi.
  L'altra vicenda che giustamente avete richiamato è che, come Commissione di vigilanza, dovremmo – anche se non so fin dove arrivano le nostre potenzialità – produrci in un'iniziativa che metta tutto il comparto radiotelevisivo italiano nella condizione di assolvere a un obbligo, che ritengo fondamentale e che, oltretutto, la Costituzione si è data, di estendere le opportunità all'intero universo degli ascoltatori e dei telespettatori. Pertanto, non si capisce per quale ragione le televisioni private non debbano procedere in questa direzione. Questa è un'osservazione a cui, personalmente, non avevo mai pensato perché i cosiddetti «normodotati» non sempre si rendono conto di ciò che manca rispetto all'offerta.
  Gli spunti che sono venuti sono molto interessanti. Quindi, da una parte, a noi compete dire che il 100 per cento di ciò che produce la RAI deve essere sottotitolato e rendersi fruibile da parte di tutte le utenze, ovvero da tutti i cittadini italiani; dall'altra, dovremmo anche fare un procedimento ulteriore che ci faccia capire come possiamo intervenire affinché le licenze siano date con la garanzia richiesta a qualunque nuova apertura, ovvero di rendere fruibili le opportunità per tutti i cittadini italiani.
  Mi piacerebbe capire se, a suo avviso, questo sia un dovere che oggi può essere compiuto con risorse irrilevanti rispetto ai costi complessivi dei servizi televisivi e radiofonici e se con la tecnologia attuale si possa realizzare in maniera serena e veloce. Pag. 18Se ci conferma questo, credo che la Commissione e il suo Presidente possano attivarsi in tal senso.

  GIORGIO LAINATI. Nella scorsa legislatura, nella realizzazione del parere sul Contratto di servizio, il collega del Partito radicale, onorevole Marco Beltrandi, si è molto battuto per sostenere le vostre giustissime richieste nei confronti del servizio pubblico. In questa legislatura, in assenza del collega Beltrandi, che come esponente politico è sempre sulla scena, anche se non è presente in Parlamento, vorrei assicurare al presidente della FIADDA e ai giovani amici che sono qui che la sensibilità del Presidente della Commissione, del relatore, vicepresidente Margiotta, e di tutti noi nei confronti delle richieste della vostra associazione è assoluta.
  Sono certo che ci adopereremo per supplire alle giuste richieste che il collega Beltrandi ha sostenuto nella scorsa legislatura e in quella ancora precedente perché è un dovere civile – come ha giustamente ricordato la nostra amica di Cesena – per tutti noi sostenere le vostre ragioni.

  MICHELE ANZALDI. Vorrei porre una domanda. Siccome la questione è abbastanza complessa per chi non è addentro al problema, mi sorge una curiosità. Che voi sappiate, ci sono persone con i vostri problemi che lavorano in RAI, a livello operativo e dirigenziale ? Siete mai stati contattati per delle assunzioni ?

  PRESIDENTE. Il problema è se ci sono persone che non sono in grado di parlare come voi perché, magari, non hanno fatto i vostri studi, quindi non sono in grado di esprimersi con le stesse modalità. Per questo si poneva, per esempio, la questione del linguaggio dei segni.

  ANTONIO COTURA, presidente nazionale FIADDA. Vi ringrazio per i numerosi quesiti. Proverò a fare un riassunto delle principali tematiche.
  La prima domanda riguardava il sottotitolo in generale o quello per non udenti. La differenza è che se sbatte una porta non c’è il verbale, quindi un sottotitolo può dire «porta che sbatte». La regola generale è il sottotitolo integrale perché le persone sorde possono leggere, parlare e scrivere in modo ordinario, quindi sta all'abilità del sottotitolatore di non interferire molto nella comprensione generale di quello che accade e di dare qualche un suggerimento in via eccezionale. La prassi generale è che il sottotitolo deve essere il più possibile integrale. A volte l'eccesso di verbalità o le sovrapposizioni di voci e le interferenze inducono l'esperto a fare delle scelte.
  L'Università di Forlì-Cesena ha studiato e stabilito una standardizzazione dei sottotitoli perché il sottotitolo può essere diverso secondo gli operatori. Sintetizzando in due battute, il sottotitolo deve essere integrale perché, se anche ci fosse una persona sorda che non ha competenza al 100 per cento e si perde qualche battuta, è pur sempre meglio perdere qualche battuta, ma riferirsi alla realtà del dialogo e di ciò che si vede.
  Tecnicamente, c’è un effetto di trascinamento poiché una persona in difficoltà nel seguire i sottotitoli avrebbe un motivo in più per migliorarsi. Questo è compito anche delle nostre associazioni, che danno aiuti nel caso servano. Ci sono tecniche, come la logogenia, che servono a migliorare il livello di scrittura e comprensione dello scritto anche per coloro che parlano poco o male. In Italia, c’è la scuola della professoressa Radelli che promuove la logogenia, cosa che facciamo anche noi abitualmente con i piccoli quanto trovano difficoltà nella lettoscrittura.
  In merito a questo, servono la buona scuola e le buone famiglie, ovvero quel concerto sinergico che mette la persona sorda con delle difficoltà da superare nella migliore condizione di poter essere anche in anticipo rispetto ai coetanei. Infatti, un bambino sordo comincia prima del coetaneo il processo educativo-abilitativo e, se questo è ben fatto, arriva alla scuola elementare anche in condizioni di vantaggio.Pag. 19
  In Italia, il vero problema è che in alcune province, ma in una in particolare, perfino lo screening audiologico neonatale è fermo al 15 per cento. Intervenire tardi su un bambino che nasce sordo significa rendergli difficile la vita e doverlo riabilitare, piuttosto che abilitare.
  Ci sono poi dei veri e propri luoghi di perdizione. Conosciamo dei posti in cui ci sono bambini che hanno impianti cocleari, ma fanno solo lingua dei segni, il che è pura follia. Significa che in quei territori c’è un po’ di malvagità diffusa; c’è qualcosa che non funziona e ci sono anche delle responsabilità oggettive perché è una contraddizione in termini: se l'impianto serve a restituire in buona parte un recupero di capacità uditiva, non si capisce perché venga fornito uno strumento comunicativo che non ha niente a che fare con il recupero di capacità uditiva. Purtroppo, questo accade in alcuni luoghi d'Italia perché c’è un immaginario collettivo fasullo dal punto di vista statistico in merito a quanti sono i bisogni delle persone.
  L'immaginario collettivo è spesso fondato su tre minuti di TG in LIS e non su 12.000 ore di sottotitoli perché il TG in LIS è visibile, quindi molta gente che non si pone domande pensa che le persone sorde siano ancora oggi quelle che utilizzano solo il linguaggio dei segni. Solo mio zio ottantaduenne, che è una persona sordomuta, è giustificato nel sostenere questo, non tutti gli altri.
  Oggi, la possibilità è alla portata di tutti, ma solo se si fanno le giuste politiche. In Italia, per esempio, c’è un fenomeno stranissimo, che è il turismo sanitario. Ci sono luoghi in cui, fatta la diagnosi, non accade più niente, quindi bisogna farsi l'Italia in su e in giù, dalla Sicilia al Trentino. Il turismo sanitario è uno sperpero di risorse, mentre l'investimento sui territori renderebbe pari dignità a tutti.
  Per quanto riguarda i tavoli di confronto o tecnici, abbiamo sempre portato una parola di stimolo. Per esempio, all'interno della RAI, che è un mastodonte, non abbiamo riscontrato la necessaria comunicazione tra i vari settori per essere sinergici nella produzione. Durante questi tavoli abbiamo scoperto che le direzioni regionali non sapevano quello che faceva il nazionale o che chi dirigeva il palinsesto non conosceva chi dirigeva il contratto. È stato un impegno per metterli assieme, tuttavia i tavoli di confronto sono risultati molto utili.
  Questo significa che se – faccio un esempio a caso – Fazio prepara un programma molto seguito, ma si tiene segrete le carte fino all'ultimo momento e non collabora con chi deve fare i sottotitoli, gli rende la vita difficile. Poi, se all'ultimo momento cambia anche tutto ciò che è stato predisposto come programma, gli rende la vita ancora più difficile. Per contro, per migliorare qualità e quantità di sottotitoli, molte cose andrebbero preparate. Nelle tv private questo accade con più frequenza; il sottotitolatore viene facilitato in partenza, quindi il prodotto può risultare meno estemporaneo e più studiato.
  Emilio Fede fu il primo che, con il suo TG4, introdusse il TG in LIS. In assoluto, il primo TG in lingua dei segni lo ha fatto Emilio Fede. Tuttavia, nel 2010, lo stesso Emilio Fede, consapevole dell'evoluzione della situazione, smise di fare i TG in LIS e introdusse i TG sottotitolati, ampliando anche il contenuto. Infatti, a guardarli bene, i TG in LIS sono dei notiziari. Invece, con un po’ di competenza linguistica, su cui dobbiamo investire e lavorare, i TG potrebbero essere alla portata di tutti.
  D'altra parte, molti dei sostenitori del linguaggio dei segni hanno un percorso oralista, cioè sono competenti verbalmente, dopodiché per scelta o per piacere – non voglio dire per opportunismo – danno una mano anche agli altri. Molti provengono proprio dalla famiglia della FIADDA e hanno svolto anche incarichi particolari all'interno delle sezioni. Questo, a volte, ci mette in cattiva luce, come se noi fossimo contrari all'approvazione o al riconoscimento della LIS, ma non è questo il punto.Pag. 20
  Il punto è che il potenziale intellettivo della persona sorda viene sfruttato se si acquista una competenza linguistica verbale. Questo è il concetto. Non a caso, in Italia quattro legislature si sono occupate del riconoscimento della LIS, pervenendo alla conclusione che non è questa la strada, anche perché la Costituzione italiana quando parla di minoranze, all'articolo 6, le tratta come in nessun Paese al mondo, per esempio come si fa in Alto Adige o in Sud Tirolo.
  È una questione molto delicata. Noi riteniamo che una persona sorda, anche in modo profondo, debba avere come lingua l'italiano. Ben vengano strumenti accessori, di aggiunta o di aiuto, ma la priorità va distinta da ciò che è accessorio. Questo ci dice anche perché ci sono persone sorde che non sono mai andate al cinema. Tuttavia, se rendiamo il cinema accessibile anche quelle persone possono trovarvi un minimo di interesse.
  Riguardo alla popolazione di cui stiamo parlando, gli iscritti all'INPS che percepiscono l'indennità di comunicazione, in Italia, sono 45.000. Tra questi, ci sono anche loro tre, tutti i bambini che frequentano la scuola e gli adulti, i quali all'origine non erano neanche sordi troppo profondi, addirittura sordastri, semplicemente perché lo erano prima dei 12 anni di età e veniva riconosciuto loro questo indennizzo. La realtà di quel momento e di quel contesto ambientale rendeva anche i casi di sordità non troppo grave, quindi alcuni sordastri, bisognosi di queste tutele.
  Tuttavia, statisticamente, la popolazione che nasce con sordità profonda nel periodo preverbale è dello 0,4 per mille. In Italia, nascono 200 bambini all'anno in condizioni difficili, ma a cui oggi viene, nella stragrande maggioranza dei casi, proposta una soluzione o con apparecchi acustici digitali e percorsi abilitativi o con implantologia cocleare, che è sempre più diffusa. La premura che dovremmo avere è che quando si segue questo percorso venga fatto con buone prassi, con il consenso informato e con puntigliosità, non con trasandatezza, altrimenti anche quello sarà un investimento sbagliato.
  Quanto al processo lavorativo, la RAI non ha mai chiamato per assumere. La realtà italiana è una, grave e drammatica: le persone in età da lavoro che hanno disabilità vengono assunte nella percentuale del 16,5 per cento. Questo è un dramma nel dramma. La situazione di un Paese che ha un elevato tasso di disoccupazione o comunque di precarietà lavorativa diventa ultradrammatica quando ci riferiamo a persone con disabilità. Questi sono i dati precisi e ufficiali. Solo il 16,5 per cento delle persone con disabilità in età da lavoro viene occupato. Se poi distinguiamo tra maschi e donne, la situazione si aggrava ulteriormente perché le donne subiscono una discriminazione nella discriminazione. Non bisogna fare una legge per questo; c’è la legge 12 marzo 1999, n. 68, sul collocamento mirato che è molto finalizzata e molto intelligente perché non dice che bisogna occupare una persona disabile in quanto tale, come avveniva in precedenza, allorquando bisognava solo stabilire una percentuale. La legge n. 68 dice che una persona con disabilità ha un potenziale lavorativo alto quindi se si lavora bene negli uffici del collocamento e nella società, può essere una risorsa importante. C’è un problema culturale su cui la RAI potrebbe investire per far capire alle aziende che l'assunzione di una persona con disabilità può essere remunerativa e di alta efficienza. Ci sono persone tetraplegiche, che non muovono né mani né piedi, ma hanno un potenziale intellettivo e dominano spazio e tempo come pochi.
  Piuttosto che dare esoneri ad aziende che pretestuosamente non vogliono impegnarsi nella risoluzione di un problema sociale, che, peraltro, sarebbe anche a loro vantaggio, bisognerebbe spiegare loro che è un bene comune e che ci guadagnano tutti ad assumere persone con disabilità, che, fra l'altro, costano pure di meno. Quindi, se sono altamente capaci di produrre, il guadagno dell'azienda diventa doppio. Questo è un problema serio.Pag. 21
  Riguardo alla domanda sulle persone che non riescono a seguire i sottotitoli, direi che ne possono beneficiare tutti, anche quelli che hanno difficoltà nella verbalizzazione, che sono comunque un numero ristretto. Peraltro, questi non sono sicuramente quelli che fanno i comitati a favore della LIS, i quali parlano molto bene anche più lingue, ma fanno le battaglie a favore del riconoscimento della LIS per scelta, non perché ne abbiano un bisogno stretto e personale. Anche su questo si crea un immaginario deformato. Tra i giovani che sono in giro oggi in piazza e che chiedono con insistenza il riconoscimento della lingua dei segni, la stragrande maggioranza ha grande competenza verbale. Alcuni di loro sono stati dei pupilli o addirittura gioielli della FIADDA.

  VALERIA COTURA, consiglio direttivo FIADDA sezione di Roma. Vorrei dare una risposta rapida e più tecnica alla domanda sui sottotitoli. Per tanto tempo si è creduto di ribaltare le frasi per rendere più semplice la comprensione alle persone sorde. Io sono contraria perché ritengo sia meglio essere fedeli al testo. A volte, per esempio, un congiuntivo diventava indicativo o le parolacce sono eliminate. Invece, per fortuna, un po’ alla volta stiamo ritornando nella normalità.
  Diverso è il discorso dello spazio perché non possono superare le due righe. Tuttavia, contesto il cambiamento del testo per renderlo più semplice alla persona sorda. È come se, quando parla un attore o un'attrice si semplificasse il testo per renderlo più semplice al pubblico. Ci tengo quindi a precisare questo.
  Anche riguardo ai rumori, a volte vedo che le descrizioni sono un po’ ossessive. Sono necessarie e importanti, ma non per ogni singolo rumore. A volte ho trovato cose del tipo «musica paurosamente spaventosa». Ecco, non sempre è necessario precisare. Forse chiedo troppo, ma a volte cambia anche la descrizione dei dialetti. Capisco che questo è più complicato, ma capitano frasi in napoletano o in siciliano che non ci sono. Mi rendo conto, però, che entriamo troppo nello specifico. Tengo a precisare il discorso della fedeltà perché spesso il testo viene cambiato pensando che, forse, il sordo è più scemo o ha più difficoltà a seguire. Il testo deve rimanere fedele. Poi, se il sordo non è in grado di capire, sarà una difficoltà in più che dovrà risolvere da solo.
  A fine seduta vorrei darvi una copia dello spot che abbiamo prodotto.

  LUCIA BRASINI, consiglio direttivo FIADDA sezione di Cesena Forlì. Sono una capo scout e mi è sempre stato insegnato che il momento più importante è la verifica. Quindi, chiedo di verificare più spesso questo contratto che dura tre anni. È infatti importante sapere i passi che ci sono ancora da fare durante il cammino.
  Inoltre, sul discorso dei segni che lei faceva poc'anzi, la nostra sordità è molto invisibile. Se cammino per strada e parlo con qualcuno, nessuno pensa che sia una persona sorda. Invece, la persona che comunica con i segni è molto visibile, per questo nel pensiero comune si ha l'idea del sordo che parla con i segni. Quindi, noi siamo doppiamente invisibili.

  ALESSIO VIOLA, vicepresidente FIADDA sezione di Modica. Vorrei rispondere a due quesiti che sono stati proposti. Il primo, riprendendo il discorso della mia collega, è se vi sono persone che non parlano. Innanzitutto, vorrei precisare che una persona sorda o audiolesa comunica comunque, anche se in modo particolare. Voglio dire che ogni persona sorda ha una storia a sé.
  Guardando le diagnosi, sono tutte storie diverse.
  Per esempio, noi due abbiamo entrambi una protesi acustica, ma sentiamo in maniera diversa. Tuttavia, comunichiamo perché abbiamo diversi canali di comunicazione. Qualche giorno fa, nella mia città è stato fatto un convengo sul lavoro e ci è stato chiesto com’è possibile che un sordo comunichi. Ho cercato di rispondere che comunichiamo. Basta solo la buona volontà e la pazienza. Possiamo comunicare tranquillamente come stiamo Pag. 22facendo noi tramite la parola o la lettura labiale, pur avendo difetti di pronuncia, perché questo non ci limita, né ci ostacola nella nostra volontà di renderci autonomi, di voler produrre per la società e di guadagnarci uno stipendio.
  Un altro quesito riguarda il tipo di sottotitolo più adatto a noi. Nel guardare alla televisione un programma con i sottotitoli, ci deve essere sempre un limite che non va oltrepassato. Voglio dire che guardando un programma con i sottotitoli non mi interessa sapere quello che succede intorno alla persona che parla. Mi interessa solo essere alla pari con una persona normoudente. Vorrei sentire anche io quello che sente quella persona. Per esempio, nel caso del telegiornale, voglio percepire una notizia come fa una persona normale. È importante rispettare questo limite e non andare oltre. Bisogna esprimere quello che viene detto, tenendo conto che le persone devono essere messe sullo stesso livello.

  ANTONIO COTURA, presidente nazionale FIADDA. Vorrei precisare che se negli anni passati il sottotitolo è stato molto trattato è anche perché ci sono stati alcuni specialisti che con finanziamenti a progetto, a volte replicati anche a spese della RAI, hanno studiato questo tema: qualche specialista in meno e un po'più di normalità e regolarità ci farebbe tornare a riacquistare maggiore rispetto.
  Aggiungo questo giusto per essere precisi. I ragazzi sono giovani e non conoscono questi passaggi. Si fa sempre il discorso di come scrive e legge una persona sorda; ebbene, scrive e legge come tutti gli altri, se le si dà l'opportunità.
  Il metodo di verifica e controllo non è un elemento secondario. Il vizio dei contratti RAI è stato sempre quello di essere autoreferenziali nel controllo e nella verifica. Questo è un elemento da superare perché se ci si controlla da soli, ci si giustifica anche quando si sbaglia.
  Anche in merito all'altro contratto, sempre in questa sede, feci dei nomi. Ci sono università e luoghi di studio che hanno chiaro il quadro dell'evoluzione e dell'applicazione del contratto. Anche noi, dal nostro punto di vista, siamo in condizione di farlo. Se nelle sedi permanenti e nei tavoli di confronto ci viene data questa opportunità, possiamo portare un contributo di valutazione, di verifica e quindi di aiuto.

  MICHELE ANZALDI. Vorrei tornare sul discorso delle assunzioni per capire se la legge n. 68 è applicata male, poco o nulla. Siccome l'azienda RAI è la più grande, se, come mi pare di capire, ci fosse un problema, vorrei che la Commissione ne prendesse atto.

  PRESIDENTE. Intende un problema rispetto all'applicazione della legge ?

  MICHELE ANZALDI. Sì. Le categorie svantaggiate sono assunte in percentuale, quindi vorrei capire.

  ANTONIO COTURA, presidente nazionale FIADDA. Non ho una risposta precisa. Non so se la legge si rispetta. Di fatto, c’è molto precariato anche nella RAI, per cui quando si va a contare la percentuale rispetto alla legge n. 68 non sappiamo contabilizzare bene le assunzioni che fanno per tre o quattro mesi. Ci sono molti giornalisti RAI che lavorano anche in altri settori e che già sanno che d'estate saranno disoccupati, per cui ci riesce difficile fare questo calcolo. Tuttavia, mea culpa, non so rispondere adeguatamente.

  PRESIDENTE. Questo è un quesito che potremmo rivolgere direttamente alla RAI, che dovrà rispondere. Se volete, potete consegnare il CD, del quale metteremo a disposizione una copia in Presidenza per tutti i commissari. Vi ringrazio della partecipazione.

Audizione di rappresentanti di ANIMU – Associazione nazionale interpreti lingua dei segni.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dei rappresentanti di ANIMU – Pag. 23Associazione nazionale interpreti lingua dei segni, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Questa audizione si inquadra nell'ambito dell'attività istruttoria che la Commissione ha avviato in relazione al nuovo contratto nazionale di servizio 2013-2015.
  Cedo quindi la parola alla vicepresidente nazionale dell'associazione, dottoressa Mariarosa Marano, che riferirà sul nuovo Contratto di servizio, con riserva per me e gli altri colleghi di rivolgere loro, al termine degli interventi, domande e richieste di chiarimento.

  MARIAROSARIA MARANO, vicepresidente ANIMU. Innanzitutto, vi ringrazio per l'invito. Siamo l'associazione nazionale di categoria degli interpreti. Ci occupiamo di lingua dei segni. L'associazione è nata oltre 25 anni fa; è iscritta al CNEL e fa parte dell'EFSLI, che è un forum europeo delle associazioni nazionali di lingua dei segni, al quale partecipano oltre 30 associazioni di interpreti.
  La nostra esperienza a livello internazionale ci aiuta a dire che, purtroppo, l'Italia è un po’ indietro. Paesi non solo europei, ma anche quelli che chiamiamo «del terzo mondo», come il Marocco, sono più avvantaggiati perché hanno una traduzione in lingua dei segni dei notiziari, ma anche di trasmissioni culturali, politiche e di qualsiasi contenuto molto più alta della nostra a livello di percentuale. Purtroppo, la RAI, nelle reti generaliste, fornisce soltanto tre edizioni di telegiornale quotidiano. Ogni edizione è chiamata «flash» perché dura al massimo 3 minuti: siamo messi male.
  La sordità è una disabilità non soltanto dal punto di vista del deficit uditivo, ma limita anche la persona dal punto di vista culturale. Normalmente, la mattina quando ci svegliamo, mentre ci prepariamo sentiamo la tv per sapere quello che è successo. Il sordo, purtroppo, non ha questo accesso, a meno che non si metta davanti alla tv per tre minuti alle 7.30, alle 15 e alle 18. Diversamente, la continua mancanza di informazioni impoverisce il sordo, quindi parliamo di un limite culturale.
  La RAI è un'agenzia formativa che può essere paragonata alla scuola. Tuttavia, nel paragone siamo perdenti perché dovrebbe garantire l'accesso e ampliare l'offerta, soprattutto per persone che utilizzano un'altra modalità, che sia la traduzione in lingua dei segni o la sottotitolazione.
  Su questo farei un passaggio perché la sottotitolazione non può sostituire la lingua dei segni e la lingua dei segni non si sostituisce alla sottotitolazione. A queste due metodologie hanno accesso sordi con disabilità diverse, nel senso che la disabilità è la stessa, ma il metodo di apprendimento è diverso.
  La lingua dei segni si chiama «lingua» perché è una lingua vera e propria; infatti, come per la lingua parlata, ci sono forme dialettali, una sintassi, una grammatica. Se parliamo di lingua, capiamo però che la struttura di quella lingua è diversa dalla nostra lingua. Facendo un esempio semplice, per rendere l'idea, se dico «io ho mangiato la mela», in lingua dei segni traduciamo «mela mangiare fatto», quindi «mela» diventa il soggetto della conversazione perché, siccome si tratta di una lingua visiva, io già sono presente nella conversazione. Questo ci fa capire che i sottotitoli possono funzionare solo in parte. Peraltro, il sordo vive nel nostro stesso territorio, per cui si deve sempre favorire anche l'apprendimento della lingua italiana. È ovvio, tuttavia, che il segnante ha più difficoltà a leggere il sottotitolo, mentre per il sordo educato alla forma oralista la comprensione del sottotitolo è più facile. L'oralista infatti è più portato all'italiano, quindi segue maggiormente il sottotitolo.
  Di base, però, la struttura del pensiero del sordo, sia segnante sia oralista, è sempre quella visiva. Il sordo non vede la brocca, ma un tavolo, ovvero un appoggio, e poi la brocca. In sostanza, ragiona sempre in modo visivo perché vede per immagini, di conseguenza non ha gli articoli o commette errori nella coniugazione verbale, quindi ha delle difficoltà.Pag. 24
  Allora, chiediamo di incentivare la sensibilità. Prima di parlare della bozza del contratto vorremmo che si capisse che il bambino sordo non ha nessun accesso alla tv. Non ha nessun programma dedicato. In questo periodo c’è il tormentone di Peppa Pig, che è una famiglia di maialini che ogni giorno racconta delle storie. Il bambino sordo non sa nemmeno chi è, anche se Peppa Pig è su tutti i grembiulini, le borse, i diari; al bambino sordo l'accesso è completamente negato.
  Il sordo adulto ha dedicati nove minuti al giorno, che sono veramente irrisori. Sulle altre reti, tolte quelle generaliste, non c’è niente. Di tanto in tanto, nei periodi elettorali, con bontà d'animo, vengono tradotti in lingua dei segni determinati confronti (dico «determinati» perché non rappresentano nemmeno il 10 per cento di tutto quello che succede in tv).

  TIZIANA MAGNO, referente AIMU regione Basilicata. Vorrei fare un chiarimento in proposito. Per quanto riguarda l'utilizzo della lingua dei segni, come associazione di categoria, in questo momento rappresentiamo anche i sordi, non solo noi interpreti perché il sordo fruisce dell'interprete come figura professionale per accedere a determinati contenuti della vita quotidiana.
  D'altra parte, ci sono varie tipologie di sordi e di sordità. Oggi, al bambino che nasce sordo subito gli si propone l'impianto cocleare. Noi non siamo né a favore, né contro. Non bisogna escludere niente perché tutto può essere perfettamente integrato. Va bene l'impianto cocleare o la protesi. Tuttavia, l'Italia, per quanto possa essere piccola, è vastissima sotto tanti aspetti, per cui il sordo rieducato in Lombardia sarà diverso da quello rieducato in Campania o in Basilicata o in Calabria. Purtroppo, esiste questa differenziazione.
  Esistono – ripeto – molte forme di sordità, quindi nell'ambito dello stesso handicap esistono diverse sfaccettature. Del resto, questo vale per il bimbo che nasce oggi, ma dobbiamo pensare anche a una buona fetta di sordi che hanno un'età media tra i 40 i 60 anni che sono stati rieducati prevalentemente all'oralismo perché venivano tolti alle famiglie e assistiti in alcuni istituti, dove alcuni hanno trascorso anche 20 o 30 anni. Dopodiché, uscendo da quell'ambiente, hanno imparato a utilizzare una lingua che li accomuna a quella categoria. Il sordo sa che c’è un certo numero di persone, 20.000 o 50.000, che ha ricevuto la sua stessa istruzione.
  Per questo diciamo che niente esclude niente. Il sordo nato negli anni Quaranta o Cinquanta sarà diverso da quello nato negli anni Ottanta, Novanta o Duemila perché hanno caratteristiche diverse. La sordità è la stessa, ma il tipo di rieducazione è completamente diverso.
  A un certo punto, abbiamo deciso di chiudere gli istituti, cosa molto positiva perché i sordi venivano ghettizzati. Oggi sono tutti inseriti – parlo anche da insegnante – nelle scuole pubbliche, ma neanche la scuola pubblica sa offrire un'istruzione adeguata per queste persone.
  Ogni sordo ha una vita a sé, quindi a ognuno viene data la possibilità di utilizzare la sua lingua. Se accendo la televisione e vedo una persona che parla una lingua, vorrei che quella persona traducesse per me tutto quello che viene detto. Non dimentichiamo infatti che il 90 per cento delle informazioni viaggia sul canale uditivo.
  Come diceva la mia collega, se la mattina accendo la radio o la televisione so che cosa succede nel mondo perché ho possibilità di sentire anche mentre mi faccio la doccia. Personalmente, provengo da una famiglia di sordi, quindi so che cosa significa vivere senza informazioni perché da piccola passavo due o tre ore della mia serata davanti alla televisione spiegando ai miei genitori, quando non c'erano i sottotitoli, cosa veniva detto in quel film o in quel telegiornale. Questo non perché mamma o papà avessero delle difficoltà, ma perché mancava il canale di comunicazione con loro. Se ci fossero stati dei sottotitoli o degli interpreti Pag. 25venti o trent'anni fa, sicuramente la mia vita sarebbe stata diversa, come anche la loro.
  D'altronde, il sottotitolo potenzia sicuramente il lessico, ma se alla base non c’è un lessico ben formato non si può fruire l'informazione. Ecco, tenevo a fare questo inciso per far capire le diverse sfaccettature dello stesso tipo di handicap.

  MARIAROSARIA MARANO, vicepresidente ANIMU. Tornando al problema del Contratto di servizio, vorrei dire che del precedente alcune misure non sono state rispettate. Per esempio, si era chiesta l'introduzione di un TG regionale tradotto in lingua dei segni e una sottotitolazione al 70 per cento. Tuttavia, per non scontentare nessuna delle due metodologie, non è stato realizzata né l'una, né l'altra. In qualche regione, come la Basilicata, è stata fatta una sperimentazione del TG in lingua dei segni. Tuttavia, siccome è finanziato dal CoReCom, quando il CoReCom non ha più risorse, finisce pure l'informazione. Quando finiscono i soldi, i sordi vanno in vacanza a livello informativo. In questo momento non ci sono soldi, quindi c’è una vacanza per i sordi.
  Ciò nonostante, i nostri colleghi, da grandi professionisti, stanno fornendo le loro prestazioni gratuitamente, il che non mi sembra giusto, se parliamo, appunto, di professionisti. Poi, se parliamo di volontariato, dobbiamo organizzare un'associazione di volontariato per fornire un servizio in più. Sulla rete pubblica, quindi sulla RAI, non dovrebbe esserci il problema di fare ancora volontariato, considerato che le prestazioni professionali sono di alto livello.
  Questa è una delle cose che è venuta a mancare nel contratto precedente. Vorremmo quindi fare delle proposte, ma inserendo dei punti relativi a una scadenza. In sostanza, si tratta di sapere cosa pensa di fare la RAI ed entro quando. Occorrerebbe un osservatorio che le stia con il fiato sul collo. Altrimenti, se chiediamo cento, ma ci viene dato cinquanta e a rate, diventa una tragedia. Se invece riusciamo a collaborare, forse riusciremo a un creare una piccola cosa, ma bene e nei tempi giusti.
  Oltre alle edizioni del TG, vorremmo qualche altra trasmissione di informazione, magari su Rainews, che è un canale che fa informazione 24 ore su 24 per gli udenti, ma non per i sordi. Ciò nonostante, il sordo paga il canone. I sordi non hanno deciso di non pagarlo, anche se non ricevono quasi nulla in cambio. Occorre quindi creare delle piccole iniziative che possono garantire l'informazione e soprattutto tenere in considerazione i bambini, che sono il nostro futuro; saranno i dirigenti del domani, ma quali dirigenti possiamo formare se non sanno nemmeno chi è Peppa Pig ?
  Un'altra proposta è quella di tradurre l'Angelus del Papa o la messa domenicale, facendo in modo che il sordo possa accedere anche a queste trasmissioni. Si fanno, per esempio, le comunicazioni del sociale, ma se non c’è la traduzione il sordo non ne è informato. Avete parlato e straparlato della legge sul femminicidio e si è sensibilizzata una parte della popolazione, ma il sordo non ne sa nulla. Lo stesso per la morte di Mandela; vede la foto e chiede cosa è successo. Insomma, il sordo non può accedere a informazioni che per noi sono il pane quotidiano. Pertanto, vorremmo da parte vostra innanzitutto sensibilità, cosa che non è in dubbio, visto che se ci avete invitato. Bisognerebbe – ripeto – creare piccole cose, non scriverne diecimila per non farne nessuna. Inoltre, dovreste dare delle scadenze a quello che proponete, cioè stabilire come ed entro quando deve essere fatto. Questo ci farebbe veramente contenti.
  Inoltre, siccome la nostra è una professione non regolamentata, in quanto associazione, siamo stati riconosciuti dal Ministero dello sviluppo economico ai sensi della legge 14 gennaio 2013, n. 4. Siamo quindi «accreditati», per cui vorremmo offrirci anche gratuitamente per una consulenza tecnica sul monitoraggio della qualità delle prestazioni che vengono date, su come potrebbero essere date, sulla logistica.Pag. 26
  Dico questo perché, a volte, in trasmissioni come «Porta a porta» o «Ballarò», il conduttore, preso dalla foga di essere la prima donna, non vuole la finestrella perché l'interprete che smanetta dà fastidio a chi guarda da casa. Abbiamo vissuto questi problemi ed è per questo che anche la traduzione del telegiornale è arrivata con molto ritardo. Su Raitre questo servizio si fa da pochi anni proprio perché molti lamentavano la distrazione della finestrella. Ora, se non la vogliamo mettere su Raiuno, mettiamola su Rainews o sulla piattaforma. Facciamo in modo che il sordo la sera possa accedere a «Porta a Porta», guardandolo sull'iPad tradotto in lingua dei segni. Insomma, se vogliamo, si possono trovare degli escamotage e promuovere una sperimentazione. Bisogna averne la volontà.

  SALVATORE MARGIOTTA. Per non annoiare i colleghi, avendo già fatto un intervento simile nel corso della prima audizione, sarò molto sintetico.
  Vi ringrazio del vostro intervento, che ho trovato molto competente. Avete toccato i punti che io stesso volevo sottolineare e che proverò a ribadire, per poi arrivare a una conclusione simile alla vostra.
  In primo luogo, come avete detto, nel momento in cui il servizio pubblico si rivolge a ogni cittadino, in particolare a quello che paga il canone, non può avere utenti di serie B. Abbiamo posto più volte questo problema al direttore Gubitosi. Peraltro, su questo tema c’è una totale sintonia con il Presidente Fico, quindi lavoreremo bene anche sul Contratto di servizio. Come hanno evidenziato altri auditi, avete detto che la RAI non ha solo tre canali, ma un'offerta molto più ampia, quindi bisognerebbe che il problema dei sordi fosse in qualche modo recepito anche dagli altri canali. Lei stessa portava l'esempio di Rainews, che io condivido perché è l'unico canale all news che dà notizie immediate anche in caso di catastrofi o emergenze, per cui non avere la possibilità di ascoltare le notizie per una parte dei fruitori è davvero molto dannoso e limitante. Non c’è dubbio quindi che su Rainews, in sede di approvazione del Contratto di servizio, dobbiamo condurre una seria riflessione e anche una battaglia.
  Personalmente, ho insistito molto sulla vicenda di RAI Yo-Yo e Peppa Pig. Mi ha fatto piacere che voi stesse lo abbiate citato come esempio di come, in particolare per i bambini, può diventare discriminante il non accesso a programmi che vedono tutti gli altri amichetti a scuola. In questo modo, rischiano di non avere neanche argomenti di cui parlare, il che è francamente molto limitante per bambini di quell'età, anche dal punto di vista della formazione, della psicologia e di come si cresce insieme agli altri.
  Abbiamo avuto un assaggio del dibattito tra chi preferisce i sottotitoli e chi il linguaggio dei segni. Penso che la RAI non debba entrare nel merito e debba utilizzare tutti e due gli strumenti, proprio perché – mi ha fatto piacere ascoltare una precisazione da parte vostra su questo – ci sono sordità di tipo differente e approcci diversi, per cui ci sarà la persona che riesce a recepire meglio la lingua dei segni e quella che invece è più attenta ai sottotitoli.
  Poc'anzi, si faceva notare che nell'articolo del Contratto di servizio in cui si parla di questo aspetto c’è scritto «lingua dei segni o sottotitoli». Credo quindi che dovremmo emendare questo testo dicendo «lingua dei segni e sottotitoli», con buona pace di chi dice di sentirsi disturbato dalla finestrella perché, come avete detto, ci sono moltissime soluzioni anche a questo problema, attraverso la crossmedialità, il web e tanti altri strumenti per riuscire a fornire il servizio nella maniera migliore possibile.
  Come avete detto, tutti questi ragionamenti sono validi e utili; la Commissione è unanimemente in sintonia con quello che avete detto e con le cose scritte nel Contratto di servizio. Tuttavia, se il Contratto di servizio non reca tempi, date e modalità certe, rimane una dichiarazione di intenti. Poc'anzi, il collega vicepresidente Lainati ha ricordato quanto su Pag. 27questo tema sia molto combattuto anche nella precedente Commissione, in maniera particolare attraverso un deputato del Partito radicale. Ecco, se rimanesse generico, faremmo un cattivo servizio a noi stessi e a voi professionisti che rendete un servizio che, come giustamente dite, va retribuito.
  Pertanto, dobbiamo far sì che attraverso gli emendamenti al Contratto di servizio la questione sia posta in modo molto più cogente e stringente per dare certezze, non solo a voi che fate questo lavoro, ma soprattutto, come primo obiettivo, alle persone con disabilità che hanno tutto il diritto (peraltro pagando il canone) di poter fruire del servizio pubblico nella stessa maniera di tutti gli altri.

  MARIAROSARIA MARANO, vicepresidente ANIMU. Vorrei ringraziare tutti, sperando di aver messo nella vostra mente, oltre agli altri problemi che avete, un piccolo tassello che riguarda il nostro settore.

  PRESIDENTE. Nel ringraziare gli auditi del contributo, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 11.30.