XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 18 di Mercoledì 4 dicembre 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Calendario dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti di SNATER, UGL-TELECOMUNICAZIONI e LIBERSIND-CONFSAL:
Fico Roberto , Presidente ... 3 
Pellegrino Piero , segretario nazionale di SNATER ... 3 
Fico Roberto , Presidente ... 5 
Pellegrino Piero , segretario nazionale di SNATER ... 5 
Fico Roberto , Presidente ... 6 
Pellegrino Piero , segretario nazionale di SNATER ... 6 
Tosini Fabrizio , vicesegretario nazionale di UGL – telecomunicazioni ... 7 
Cuppoletti Marco , segretario nazionale di LIBERSIND-CONFSAL ... 8 
Fico Roberto , Presidente ... 10 
Cuppoletti Marco , segretario nazionale di LIBERSIND-CONFSAL ... 10 
Airola Alberto  ... 11 
Anzaldi Michele (PD)  ... 11 
Lainati Giorgio (FI-PdL)  ... 11 
Minzolini Augusto  ... 12 
Fico Roberto , Presidente ... 12 
Pellegrino Piero , segretario nazionale di SNATER ... 13 
Fico Roberto , Presidente ... 13 
Pellegrino Piero , segretario nazionale di SNATER ... 13 14 
Tosini Fabrizio , vicesegretario nazionale di UGL-TELECOMUNICAZIONI ... 14 
Cuppoletti Marco , segretario nazionale di LIBERSIND-CONFSAL ... 14 
Airola Alberto  ... 15 
Cuppoletti Marco , segretario nazionale di LIBERSIND-CONFSAL ... 15 
Minzolini Augusto  ... 15 
Cuppoletti Marco , segretario nazionale di LIBERSIND-CONFSAL ... 15 

Sull'ordine dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 15 
Minzolini Augusto  ... 16 

Audizione di rappresentanti del Comitato media e minori:
Fico Roberto , Presidente ... 16 
Mensi Maurizio , presidente del Comitato media e minori ... 16 
Fico Roberto , Presidente ... 16 
Mensi Maurizio , presidente del Comitato media e minori ... 16 
Del Grosso Remigio , vicepresidente del Comitato media e minori ... 20 
Mensi Maurizio , presidente del Comitato media e minori ... 22 
Margiotta Salvatore  ... 22 
Garofani Francesco Saverio (PD)  ... 23 
Migliore Gennaro (SEL)  ... 23 
Anzaldi Michele (PD)  ... 24 
Fico Roberto , Presidente ... 24 
Migliore Gennaro (SEL)  ... 24 
Airola Alberto  ... 24 
Mensi Maurizio , presidente del Comitato media e minori ... 24 
Lucchin Maria Eleanora , vicepresidente del Comitato media e minori ... 25 
Mensi Maurizio , presidente del Comitato media e minori ... 26 
Del Grosso Remigio , vicepresidente del Comitato media e minori ... 26

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  Comunico altresì che dell'audizione odierna sarà redatto e pubblicato il resoconto stenografico.

Calendario dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che lunedì 9 dicembre procederemo alle audizioni dei rappresentanti di Donne in quota, Donne e media, ANIMU – Associazione nazionale interpreti lingua dei segni, FISH-Federazione italiana per il superamento dell'handicap, Forum nazionale del terzo settore, FIADDA-famiglie italiane associate per la difesa dei diritti degli audiolesi.
  Intendo inoltre verificare se la prossima settimana, compatibilmente con l'organizzazione dei lavori delle Assemblee di Camera e Senato, sia possibile tenere un'ulteriore seduta martedì o giovedì.

Audizione di rappresentanti di SNATER, UGL-TELECOMUNICAZIONI e LIBERSIND-CONFSAL.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dei rappresentanti di SNATER, UGL-TELECOMUNICAZIONI e LIBERSIND-CONFSAL, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Questa audizione si inquadra nell'ambito dell'attività istruttoria che la Commissione ha avviato in relazione al nuovo Contratto nazionale di servizio 2013-2015.
  Cedo quindi la parola al dottor Piero Pellegrino, segretario nazionale di SNATER, al dottor Fabrizio Tosini, vicesegretario nazionale di UGL-TELECOMUNICAZIONI, e al dottor Marco Cuppoletti, segretario nazionale di LIBERSIND-CONFSAL, che secondo questo ordine riferiranno con distinte relazioni sul nuovo Contratto di servizio, con riserva per me e gli altri colleghi di rivolgere loro, al termine degli interventi, domande e richieste di chiarimento.

  PIERO PELLEGRINO, segretario nazionale di SNATER. Sono Piero Pellegrino, segretario nazionale dello SNATER, che è lo storico sindacato autonomo della RAI, presente dal 1957.
  Riguardo al Contratto di servizio 2013-2015, vorremmo dire che è errato confrontare l'azienda di servizio pubblico con le televisioni commerciali del panorama italiano, dalle quali ci divide innanzitutto la missione. Infatti, noi abbiamo la missione di servizio pubblico, mentre le televisioni commerciali hanno una missione imprenditoriale, quindi di profitto. Come rappresentante dei lavoratori, mi permetto di dire che ci divide anche il costo medio annuo lordo del lavoro. Il nostro lavoro è meno gravoso per circa 20.000 euro lordi l'anno, considerato che questi costi comprendono anche quelli degli stipendi dei giornalisti e dei dirigenti che sono sicuramente alti, e che quindi aumentano la media lorda annua.Pag. 4
  La RAI servizio pubblico si deve confrontare, invece, con le altre tv pubbliche europee. Rispetto a loro, abbiamo meno dipendenti e produciamo internamente un numero di ore di trasmissione maggiore per le nostre 17 reti, tra generaliste e tematiche, e per i 7 canali radiofonici, il tutto con il canone più basso d'Europa e con gli ascolti più alti. Questi sono i numeri. Non siamo quindi come qualcuno ci definisce, un «carrozzone» di scarsa qualità.
  Siamo radicati in tutto il territorio nazionale: dal 1979 ci sono le sedi regionali, in seguito all'istituzione delle regioni nel 1970. Per questo servizio riceviamo sovvenzioni che sono circa un nono di quelle che ricevono le altre tv pubbliche europee (riceviamo 33 milioni, mentre la media europea è di circa 270 milioni). Certo, ci sono regioni più attente, come il Friuli-Venezia Giulia, e altre meno, forse per la scarsità di risorse economiche.
  Dal 2005, come RAI, siamo obbligati a redigere bilanci con la contabilità separata, proprio per differenziare le risorse del servizio pubblico da quelle della parte commerciale. Da questo bilancio in contabilità separata si evince che circa 300 milioni l'anno della parte commerciale vanno a finanziare il servizio pubblico: secondo noi, questo è sbagliato.
  Da questo punto di vista, il nuovo Contratto di servizio da approvare contiene, all'articolo 19, un elemento positivo perché stabilisce l'obbligo per il Ministero di definire annualmente la quota di canone adeguata per svolgere il servizio pubblico. Oggi, invece, 300 milioni relativi alla parte commerciale migrano verso il servizio pubblico e proprio queste risorse che ogni anno vengono stornate sono la causa delle difficoltà economiche della RAI. Viviamo da anni una situazione economica difficile, con bilanci negativi. Nel 2012, anno pari, il bilancio è stato negativo di 200 milioni, proprio a causa del peso del servizio pubblico che i Contratti di servizio e la concessione affidano alla RAI. Dobbiamo inoltre considerare che abbiamo fatto il passaggio al digitale terrestre – RAI Way è la nostra consociata che gestisce i 2.500 trasmettitori presenti in tutta Italia – quasi interamente con le forze e le risorse interne, in termini sia di personale sia di fondi. Lo stesso non è avvenuto per gli altri servizi pubblici europei con cui dobbiamo confrontarci.
  Non aggiungo niente di nuovo citando l'annoso problema dell'evasione del canone, che è al 27 per cento, mentre in Europa è al 5. Vi sono Paesi virtuosi che hanno un'evasione all'1 per cento.
  Ecco, queste sono tutte negatività che si sommano sulla RAI. A ciò si aggiunge che, negli ultimi anni, vi sono stati piani industriali, come quello di Mauro Masi o quello di risanamento economico di Lorenza Lei, che tagliano pezzi del servizio pubblico. D'altra parte, se i soldi sono pochi e la pubblicità deve finanziare il servizio pubblico, è inevitabile che si arrivi a questi piani che per noi rappresentano una iattura.
  Negli anni scorsi abbiamo chiuso RAI Corporation a New York, la più importante finestra sul Paese; abbiamo chiuso uffici di corrispondenza importanti, come quello di Nuova Delhi, senza considerare che l'India è uno dei Paesi emergenti da cui dovremmo attingere le idee per un rilancio anche economico, o quello di Gerusalemme, con tutto quello che succede in Medioriente, o di Buenos Aires. In virtù di questi piani industriali in contrazione, abbiamo chiuso la produzione di RAI Internazionale. Ecco, questo ci preoccupa molto.
  Nel corso degli anni abbiamo chiuso anche le trasmissioni in onda lunga. La RAI, con la radio, abbracciava tutto il mondo. Oggi questo non succede più. Stiamo chiudendo anche quel poco che è rimasto di RAI Med, il canale RAI in lingua araba che, prodotto a Palermo, si affacciava sull'Africa, là dove abbiamo non pochi problemi di tipo politico.
  È chiaro che, se le risorse restano quelle che sono, la nostra necessità è di portare all'interno tutto il lavoro possibile, anche perché il Contratto di servizio in approvazione ci obbliga a sperimentare nuovi formati e linguaggi e a essere la fucina di programmi originali. Questo è il Pag. 5compito che ci affida il nuovo Contratto di servizio (all'articolo 4, se non erro), ma in parte ciò avveniva anche in passato.
  Occorre quindi riportare il lavoro all'interno, tagliando quegli appalti e quelle consulenze che non sono necessari. Dobbiamo peraltro considerare che, allo stesso tempo, dobbiamo rispettare, sempre secondo il Contratto di servizio, l'obbligo di finanziare l'audiovisivo in Italia, ovvero le fiction e il cinema, cosa che genera un indotto di migliaia di lavoratori. Come sindacati, nell'ultimo contratto che abbiamo firmato il 7 febbraio, abbiamo inserito aspetti importanti per riportare all'interno lavoro che oggi si svolge ancora all'esterno. Abbiamo introdotto maggiore flessibilità, modelli produttivi più snelli, il job posting e una mappatura delle competenze interne per capire quanto lavoro si possa riportare internamente.

  PRESIDENTE. Sta funzionando il job posting ?

  PIERO PELLEGRINO, segretario nazionale di SNATER. Le rispondo immediatamente. Prima però vorrei evidenziare che vi è, purtroppo, una prassi negativa in RAI, che è quella della lettera di infungibilità. Infatti, la struttura editoriale può dire che non c’è nessuno all'interno in grado di svolgere un certo lavoro, per cui si deve ricorrere per forza all'esterno: per noi questa è una prassi negativa.
  Vengo alla sua domanda, Presidente. Due settimane fa, lei ha posto la stessa domanda anche ad altri. Per quanto ci riguarda, devo rispondere che il job posting non sta andando come dovrebbe. Il primo job posting che abbiamo fatto in RAI ad agosto, su centinaia di posizioni di regia che si danno normalmente all'esterno, ha prodotto poche regie riportate internamente. Questo avviene proprio perché esiste la prassi della lettera di infungibilità che per noi è deleteria. Per molte delle posizioni che venivano messe sul job posting erano già pronte le lettere di infungibilità. Pertanto, abbiamo avuto forse 10 lavoratori su centinaia che sono stati impegnati in questo rientro di lavoro. Da poco abbiamo un nuovo direttore del personale che sicuramente si farà carico di questa situazione, dal momento che è una necessità riportare lavoro all'interno. Lo SNATER non si è mai sottratto ad accordi anche coraggiosi per cercare di aumentare la produzione interna e di riportare internamente il lavoro che siamo sicuri di essere in grado di svolgere. Oltre al già citato contratto del 7 febbraio, circa un mese fa c’è stato l'ultimo contratto dell'Orchestra sinfonica della RAI (che peraltro è una delle migliori d'Europa), che getta importanti basi per aumentare la produttività dell'Orchestra e fa rientrare, per esempio, la produzione delle colonne sonore delle fiction. Avendo un'orchestra di questo tipo, perché si producono all'estero ? Visto che abbiamo riportato all'interno le fiction, secondo noi, anche le colonne vanno riportate in Italia.
  Abbiamo altre sfide importanti, come quella di Rainews 24, che in un anno ha cambiato il piano editoriale e i modelli produttivi. Il sindacato, su questo, è stato «sul pezzo». Il risultato è che Rainews 24, in un anno, ha raddoppiato gli ascolti. Si tratta di un traguardo importante perché il nostro canale di informazione diventerà uno dei più rilevanti, dal momento che stiamo dando punti anche ad altri, come Sky, cosa che per noi costituisce motivo di orgoglio.
  Insomma, il sindacato non si sottrae a queste sfide. Tutta la RAI sta facendo la sua parte per cercare di risanare i conti economici e presentarsi al 2016 con tutte le carte in regola. Il nostro obiettivo è di arrivare a rinnovare la concessione con le carte in regola per essere «il» servizio pubblico in Italia. È vero che i 1.800 milioni di canone (ve ne sono anche 800 evasi) fanno gola a molti. Tuttavia, noi faremo la nostra parte, anche come sindacati, per farci trovare pronti per questa sfida.
  Il 2014 è un anno importante perché è pari; ci sono i mondiali di calcio e le olimpiadi invernali in Russia, per cui centinaia di milioni verranno spesi per i diritti sportivi. Insomma, non sarà facile. Il Contratto di servizio che state licenziando ha Pag. 6criticità anche da questo punto di vista perché crea problemi di tipo economico. Ne citerò alcuni.
  All'articolo 2, lettera g, si vieta alla RAI di trasmettere pubblicità nei programmi per i bambini in età prescolare. Il principio è giustissimo e da noi pienamente condiviso. Siamo tutti padri, per cui l'educazione e la crescita dei nostri figli è importantissima. Tuttavia, questo principio dovrebbe valere per tutte le televisioni, non solo per la RAI, altrimenti i bambini si sposteranno sulle televisioni commerciali. Abbiamo RAI Yo-Yo, gli altri hanno Cartoonito e così via. Siccome a quell'età la pubblicità è molto allettante – vedo i miei figli che sono attratti più dalla pubblicità che dai programmi – i bambini si sposteranno sugli altri canali. Questo però significa mandare sul ring il pugile RAI con un braccio legato. RAI Yo-Yo è un canale tematico che sta diventando importante, ma probabilmente senza la pubblicità avrà grosse difficoltà, a beneficio di qualcun altro.
  L'altro punto critico è l'articolo 2 lettera e), che riguarda la questione del cosiddetto bollino blu, ovvero l'obbligo di marchiare i programmi di servizio pubblico, dicendo che sono finanziati dal canone. La questione è particolarmente spinosa. Ci sono tanti programmi di servizio pubblico facilmente riconoscibili, come alcuni programmi in bilinguismo, RAI Parlamento, le testate giornalistiche regionali, il CCISS viaggiare informati, RAI Internazionale e così via. Altri però lo sono meno, specialmente quelli di intrattenimento, pur essendo sempre programmi di servizio pubblico: anche l'intrattenimento fa infatti parte del servizio pubblico.
  Cito uno dei più importanti programmi che va in onda in prima serata su Raiuno, «Ballando con le stelle», un programma di intrattenimento, ma anche di servizio pubblico. È la BBC che ne detiene il format e va in onda anche in Inghilterra. Cito la BBC perché è sicuramente la maestra del servizio pubblico in Europa. Pertanto, avere programmi di servizio pubblico più o meno riconoscibili crea un problema. Non vorremmo che il cittadino-utente trovasse una ragione in più per non pagare il canone, visto che trova programmi simili su altre televisioni commerciali. Purtroppo, la crisi economica tocca tutti noi italiani, quindi comprendiamo che il canone pesa.
  L'articolo 2, lettera t), ci obbliga, invece, allo sviluppo dell'HD. Nel 1990 la RAI fu una delle prime televisioni a sviluppare l'HD per i mondiali di calcio. Fu un grande lavoro del centro ricerche di Torino. Oggi riscopriamo che è un fiore all'occhiello della RAI. Abbiamo però perso molto tempo. Sono passati 23 anni e dobbiamo recuperare il terreno perso rispetto alle altre televisioni. Da questo punto di vista, Sky sta quasi su un altro mondo: dobbiamo investire, ma il problema sono le risorse.
  Il passaggio al digitale terrestre è stato realizzato da Rai Way stando interamente dentro le nostre finanze. Adesso dovremmo sobbarcarci anche l'innovazione tecnologica dell'HD. Lo stiamo facendo per il TG 2, il TG 1 e TG 3 e lo faremo per tutta la RAI, ma questo vuol dire investire. Ciò vale anche per il passaggio al DVB-T2, che è il sistema europeo definito per le trasmissioni in digitale. Ricordo infatti che siamo passati al digitale terrestre quando ancora l'Europa non aveva deciso lo standard ufficiale. Siamo stati i primi, ma adesso dobbiamo trasformare il sistema, obbligando, oltretutto, i cittadini utenti a cambiare il televisore o mettere un decoder che riceva il segnale in DVB-T2. Queste sono cose noiose per chi paga il canone, ma anche un carico economico per la RAI. Negli altri Paesi questi investimenti vengono finanziati dallo Stato perché un'azienda, in un passaggio così importante, non può fare da sola.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  PIERO PELLEGRINO, segretario nazionale di SNATER. Concludo con un appello alla politica. Troppo spesso girano voci di privatizzazione della RAI-servizio pubblico. Ecco, vi invito a considerare che queste voci, ogni volta che escono, hanno Pag. 7una grande eco e creano una scossa nella RAI, nei dipendenti e nella dirigenza. Penso soprattutto ai colleghi che rappresento: questo non fa bene alla gestione del servizio pubblico e alla più grande industria culturale del Paese.

  FABRIZIO TOSINI, vicesegretario nazionale di UGL – telecomunicazioni. Sono Fabrizio Tosini, vicesegretario nazionale di UGL – telecomunicazioni, con delega all'informazione.
  Onorevole Presidente, onorevoli commissari, l'attività della RAI, quale concessionaria di servizio pubblico, è regolata da apposite leggi che nel tempo si sono adeguate alle contingenze economiche e alle evoluzioni sociali. Tra queste, particolare importanza riveste la legge 3 maggio 2004, n. 112, cosiddetta legge Gasparri, che individua i principi generali che regolano l'assetto del sistema radiotelevisivo; il decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 (Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici), e il Contratto di servizio Stato-RAI, rinnovato con cadenza triennale, che definisce i rapporti e i compiti del servizio pubblico radiotelevisivo.
  Sulla necessità di un servizio radiotelevisivo pubblico si è pronunciata la Suprema Corte con la sentenza n. 284 del 2004, nella quale viene ribadito che l'esistenza di un servizio pubblico radiotelevisivo, cioè promosso e organizzato dallo Stato nell'ambito di un sistema misto pubblico-privato, si giustifica non solo per il rispetto dei principi generali del sistema, ma soprattutto svolgendo una funzione specifica per il miglior soddisfacimento dei diritti dei cittadini all'informazione e per la diffusione della cultura. D'altra parte, anche le più recenti direttive comunitarie hanno sottolineato che il servizio pubblico radiotelevisivo, pur rivestendo un'evidente importanza, non è paragonabile al servizio pubblico di altri settori economici in quanto nessun altro servizio ha simultaneamente accesso a un ampio settore della popolazione. Inoltre, l'informazione radiotelevisiva è percepita come fonte affidabile e per gran parte della popolazione la principale e forse l'unica fonte di informazione disponibile, in grado di avere forte influenza sui cittadini e sull'opinione pubblica. Il ruolo del servizio pubblico è riconosciuto dalla Comunità europea (Protocollo di Amsterdam), secondo cui il sistema di radiodiffusione pubblico è collegato direttamente alle esigenze democratiche, sociali e culturali della società. Il Consiglio dell'Unione europea, attraverso una raccomandazione agli Stati membri, li invita a far sì che il servizio pubblico radiotelevisivo sia fruibile dal maggior numero di cittadini, i quali devono beneficiare delle innovazioni introdotte dal progresso tecnologico. È affermata anche a livello europeo l'esigenza di un servizio di comunicazioni radiotelevisivo pubblico espletato dai singoli Stati membri.
  I compiti del servizio pubblico radiotelevisivo esercitati dalla concessionaria RAI sono espressi in dettaglio nell'articolo 45 del Testo unico citato, in cui vengono individuati gli indirizzi e le finalità della programmazione radiotelevisiva. Ruolo e missione del servizio pubblico sono inoltre declinate dall'articolo 1 del vigente Contratto di servizio.
  In previsione del rinnovo del Contratto di servizio per il triennio 2013-2015 vogliamo ricordare quanto citato nell'articolo 2, comma 1, lettera m), del citato Testo unico: «Il servizio pubblico generale radiotelevisivo è il pubblico servizio esercitato su concessione nel settore radiotelevisivo mediante la complessiva programmazione anche non informativa della società concessionaria secondo le modalità e nei limiti indicati al presente testo unico e dalle altre norme di riferimento».
  A nostro avviso tutta l'attività al servizio pubblico non può che esercitarsi se non attraverso la complessiva programmazione, formata da un equilibrato insieme di informazioni, cultura, sport e intrattenimento, ribadita, tra l'altro, dal Parlamento europeo attraverso una risoluzione del 1996. Reputiamo quindi inopportuna e fuorviante qualsiasi distinzione qualitativa della programmazione in quanto intrinseca all'attività del servizio pubblico radiotelevisivo. Ci limitiamo tuttavia a osservare che la RAI ha più volte dato Pag. 8l'impressione di rincorrere sul terreno dell’audience le tv commerciali, evidenziando un generale scadimento qualitativo e venendo via via meno al ruolo di guida e di riferimento nell'ambito della promozione culturale e dell'obiettività editoriale che aveva contraddistinto negli anni la sua funzione. Non per questo però la RAI non deve riappropriarsi del ruolo di guida che negli anni l'ha contraddistinta come la più grande azienda culturale del Paese.
  Siamo convinti che sia necessaria una maggiore trasparenza nella governance dell'azienda, come lo è già nei bilanci, attraverso la distinzione tra finanziamenti di attività derivanti da canone di abbonamento e da introiti pubblicitari. Crediamo, pertanto, che sia necessaria una valutazione sul ruolo del servizio pubblico in una società in continua evoluzione con crescente e mutate esigenze, non tralasciando l'enorme eredità in termini di informazione, cultura e spettacolo accumulata negli anni dalla RAI che costituisce un patrimonio inalienabile dell'intera collettività.
  L'avvento della tv digitale, con il moltiplicarsi dei canali, ha visto crescere in modo sensibile l'offerta televisiva sia generalista sia tematica ed è su queste piattaforme che il servizio pubblico deve svolgere compiutamente il suo ruolo di guida attraverso una maggiore attenzione alla programmazione dedicata ai minori, alle minoranze linguistiche e ai portatori di handicap, così come più incisivo dovrebbe essere l'interesse per tutte le realtà locali, a cominciare dalla promozione delle attività umane in tutte le loro forme (artistiche, enogastronomiche, artigianali). Analoga attenzione va riservata alla programmazione per l'estero poiché il mercato globale è in grado di offrire enormi opportunità a chi è in grado di proporsi con professionalità.
  La RAI è in grado di fare tutto ciò. A questo riguardo, vorrei ricordare – come ha anticipato il collega – che la digitalizzazione è stata tutta a carico di RAI Way, a differenza di ciò che è avvenuto per gli altri servizi pubblici europei.
  A nostro avviso, qualsiasi in proposito di rilancio del servizio pubblico radiotelevisivo risulterà vano, se non verrà garantita una certezza di risorse che nell'integrità del perimetro aziendale dovrà necessariamente esercitarsi attraverso un abbattimento dalla non più tollerabile evasione dal canone. Vi sono molti sistemi; basta avere la volontà di applicarli.

  MARCO CUPPOLETTI, segretario nazionale di LIBERSIND-CONFSAL. Sono Marco Cuppoletti, segretario nazionale del sindacato autonomo LIBERSIND-CONFSAL, presente in RAI dal 1980. Vi ringrazio per questa audizione. Peraltro, non è la prima volta che vengo in Commissione parlamentare per intervenire sugli approfondimenti dei vari contratti di servizio rinnovati alla RAI.
  Come sindacato, mi spiace dire che registriamo, anche in questo caso, da parte delle forze politiche più che una volontà di inserire nel Contratto di servizio elementi che rafforzino e connotino sempre di più il ruolo della RAI come servizio pubblico al servizio dei cittadini, regole, obbligazioni e osservanze che tendono a ingessare e a zavorrare la capacità della RAI di essere competitiva.
  Voglio riportare un'espressione forte di qualche anno del Presidente Petruccioli, il quale disse che la RAI è un'azienda pubblica continuamente violentata dalla politica. D'altronde, gli esempi possono essere molteplici, a cominciare dalla sterile polemica che spesso viene attivata sul discorso del canone tv. Sono 113,50 euro all'anno per famiglia, che corrisponde a 31 centesimi al giorno. Ora, a Roma per prendere un mezzo pubblico occorrono 1,5 euro, quindi stiamo parlando di un costo marginale per un complesso di canali televisivi generalisti e tematici e reti radiofoniche, 21 sedi regionali, telegiornali, radiogiornali regionali e nazionali, canali per l'estero e siti web, senza contare che una parte non indifferente del canone viene girata per il finanziamento di un indotto importante come quello della produzione cinematografica, delle fiction e delle coproduzioni, settore che senza questo Pag. 9finanziamento, probabilmente, sarebbe, se non a rotoli, largamente ridimensionato.
  Eppure, si parla di privatizzazione. Non capiamo però quale potrebbe essere in Italia il soggetto interessato a questa privatizzazione. Forse si pensa a un investitore estero, in un momento nel quale nel nostro Paese si piange sul latte versato della cessione di aziende strategiche ? Faccio riferimento, per esempio, all'azienda leader delle telecomunicazioni, ovvero a Telecom, che è stata privatizzata, mentre oggi ci si rende conto che, forse, quelle missioni dovevano restare saldamente in mano alla cosa pubblica.
  Stiamo parlando di radio e televisione e di servizio pubblico radiotelevisivo, quindi credo che le forze politiche debbano fare una riflessione molto approfondita.
  Oltre ai problemi di bilancio, che sta cercando di recuperare, la RAI è un'azienda sana con un patrimonio tangibile e intangibile importante. I ricavi di pubblicità hanno avuto una flessione, ma l'esposizione finanziaria – come ricordavano gli altri colleghi – è dovuta quasi interamente allo sforzo che RAI ha dovuto affrontare per il passaggio al digitale terrestre. Del resto, stiamo parlando di un canone, ovvero di una tassa, che viene disattesa da oltre il 30 per cento degli italiani; si tratta di un ammanco di risorse necessarie al servizio pubblico radiotelevisivo di circa 500 milioni. Sotto questo aspetto, si pone anche una questione «morale» perché, se è vero che il 70 per cento degli italiani è corretto e paga il canone, c’è un 30 per cento che risulta essere impunito, senza contare che il recupero di queste risorse potrebbe anche attivare politiche sociali per allargare in modo serio e concreto i livelli di esenzione dal canone, che oggi sono molto ristretti. Parlando ancora di canone, abbiamo un'altra zavorra, visto che ultimamente il Consiglio di Stato ha sancito che la RAI deve fornire a Sky, che è un competitor, i canali free. Ricordo, infatti, che qualche anno fa RAI, con una decisione a questo punto opinabile, decise di scendere dalla piattaforma Sky, rinunciando a risorse importanti, perché c'era il progetto di costituire una piattaforma di canali free di servizio pubblico sul digitale terrestre.
  Sotto questo aspetto, non vi è nessuna soluzione all'ammanco del canone. Anzi, risulta addirittura impossibile incrociare i dati tra gli abbonati RAI e quelli Sky che godono della visione dei canali RAI, senza essere abbonati RAI, quindi senza aver pagato il canone. Questo ci sembra un ulteriore vincolo che va a ledere la capacità della RAI di avere le risorse necessarie.
  Un altro elemento che nel tempo tende a essere una zavorra è il fatto che da qualche tempo la RAI, pur essendo una società per azioni, è sottoposta ai vincoli dell'evidenza pubblica per quanto riguarda gli acquisti di beni e servizi. Ora, di fronte a un mercato competitivo come quello televisivo, compiere degli adempimenti pubblici che possono essere comprensibili per un ente locale o per un ministero significa rischiare di acquistare tecnologie contingenti in un certo momento, che diventano però obsolete ancor prima di averle acquistate. Per esempio, in questa logica, una sfida sull'HD risulta veramente difficile da affrontare.
  Questa è un'altra delle zavorre che vengono gravate sulla RAI, invece di dare ad essa, attraverso il Contratto di servizio, strumenti di snellimento per offrire ai cittadini un servizio sempre più autorevole ed efficiente.
  In questa logica, è del tutto legittima e costruttiva la polemica che periodicamente si accende in merito alla programmazione della RAI. In questi giorni sta succedendo con «Mission» oppure con particolari trasmissioni che vengono tacciate di essere poco pluraliste. Ben venga il dibattito, anche acceso, perché la RAI è il servizio pubblico radiotelevisivo che deve garantire un equilibrio complessivo e garanzia di accesso per tutti i soggetti politici, sociali e civili, come si addice a un presidio democratico. Noi pensiamo, infatti, che la RAI sia un presidio democratico di comunicazione e di informazione nel nostro Paese.Pag. 10
  In questo senso, faccio una piccola nota. Dal punto di vista sindacale, sembra che in Italia esistano solo CGIL, CISL e UIL. Se parliamo di pluralismo, ciò vale anche per l'ambito sindacale.

  PRESIDENTE. Noi abbiamo ascoltato tutti.

  MARCO CUPPOLETTI, segretario nazionale di LIBERSIND-CONFSAL. A ogni modo, in questa prospettiva, l'inserimento di un bollino per distinguere cos’è o meno servizio pubblico rischia di diventare un ulteriore vincolo perché il servizio pubblico o è o non è; il servizio pubblico è un modo di essere della RAI; è una policy generale, quindi un indirizzo complessivo che ci deve essere, sia che si parli di informazione, di intrattenimento, di approfondimento o di programmazione culturale. Anche questo quindi rischia di essere un ulteriore ridimensionamento della capacità di articolare palinsesti, oltre a creare un possibile e pericoloso aggancio a un discorso di parzializzazione del canone a cui molti sembrano puntare in virtù del rinnovo della concessione governativa del 2016.
  In merito alla pubblicità nei canali destinati ai bambini in età prescolare ha già detto il collega. I bambini che guardano altre emittenti in cui c’è la pubblicità non hanno problemi di questa natura ? Ecco, anche questo rischia di essere un ulteriore svantaggio competitivo per la RAI.
  Come sindacato, condividiamo l'impostazione che ha dato il viceministro Catricalà quando immagina che da qui al 2016 ci debba essere un dibattito politico sul ruolo del servizio pubblico radiotelevisivo. Tuttavia, ciò va fatto attraverso regole e adempimenti che il servizio pubblico deve rispettare, ma che non devono trasformarsi in un peggioramento della sua capacità di essere competitivo. Non credo che il dibattito intorno alla BBC, che viene preso a esempio, tenda a svilire quell'azienda. Credo che il dibattito di cui è oggetto la BBC quando deve rinnovare il Contratto di servizio con lo Stato sia teso a una valorizzazione del servizio pubblico, non a porre vincoli.
  Come anticipava il collega, chiediamo che RAI sia messa a confronto con gli altri servizi pubblici europei. Invece, metterla a confronto con il comparto dell'emittenza privata nazionale e locale, che ha indubbiamente le sue peculiarità industriali e deve esserci perché è un volano di sviluppo per il Paese, non è produttivo.
  In questa logica, non si comprende la ragione per cui RAI abbia aderito al comparto di Confindustria tv, in vista di una contrattazione collettiva della RAI insieme all'emittenza privata locale e nazionale. Viceversa, dovremmo cercare di capire quali sono i trattamenti e le questioni contrattuali che interessano gli altri servizi pubblici europei perché RAI non ha finalità industriali e non deve perseguire bilanci in attivo per ripartire utili ai soci. Deve essere amministrata bene. Su questo non ci sono dubbi. Deve chiudere i bilanci in pareggio, dopo aver fatto opportuni investimenti tecnologici, avendo garantito un livello di qualità, di garanzia di pluralismo e di contenuto culturale dei programmi che gli competono, senza inseguire l’audience in modo parossistico.
  Per esempio, «Masterpiece», che è un esperimento di buona televisione di servizio pubblico, ha un ascolto marginale (3,5 per cento). La RAI però lo deve fare perché è il servizio pubblico radiotelevisivo.
  Come sindacato dei lavoratori siamo veramente spiacenti che RAI sia spesso disegnata come un carrozzone inefficiente. Talvolta, viene dipinta come il mostro da sbattere in prima pagina o viene utilizzata da soggetti politici per guadagnare un lancio di agenzia.
  Colgo quindi l'occasione per consegnare al Presidente e a tutti i commissari il contratto collettivo di lavoro dei lavoratori della RAI (quadri, impiegati e operai), da cui si potrà evincere che i lavoratori della RAI, almeno come retribuzioni, sono in linea con tutte le altre realtà pubbliche e private, e forse anche più in basso. Si Pag. 11tratta di 10.000 lavoratori, madri e padri di famiglia, che quotidianamente svolgono il loro lavoro coscienziosamente.

  ALBERTO AIROLA. Abbiamo tutti a cuore il buon funzionamento della RAI e un buon adempimento del servizio pubblico. Penso che il Movimento cinque Stelle per primo non abbia mai messo in dubbio che in RAI ci siano degli ottimi professionisti. Io stesso sono un lavoratore del comparto, non dipendente RAI, ma ho lavorato come operatore esternamente, quindi ho una visione dell'azienda.
  Abbiamo sempre chiesto la trasparenza che servirebbe per rimuovere gli ultimi ostacoli affinché la RAI smetta di essere, in parte, un carrozzone. Nessuno di noi ha dubbi sul fatto che ci siano degli sprechi e soprattutto una gestione poco trasparente. Non parliamo di tecnici o quadri, ma di dirigenza. Si cita spesso la BBC, ma questa è una tv con un sito in cui ci sono i nomi dei dirigenti, il loro stipendio e il loro curriculum. È molto semplice.
  Se nel rinnovo del Contratto di servizio pubblico vogliamo auspicare un miglioramento della funzionalità della RAI, ma soprattutto del suo adempimento nei nostri confronti, crediamo che questo si possa ottenere anche con il vostro aiuto. Ritengo, infatti, che i sindacati abbiano diritto di ottenere trasparenza in merito agli appalti e al rispetto delle condizioni lavorative. Io stesso, da lavoratore, mi sono trovato spessissimo discriminato sulla mia pelle rispetto ad altri. Credo quindi che il ruolo della vigilanza possa essere armonizzato con quello dei sindacati.
  Sicuramente, il rinnovamento tecnologico è stato un grande onere. Penso però che siano stati fatti dei grossi errori, soprattutto dal punto di vista della scelta tecnologica. Tuttavia, ormai questo è il percorso. Sul passaggio all'HD, sarebbe da auspicare una razionalizzazione, visto che ci appropinquiamo a rendere digitale e poi HD parecchie testate giornalistiche. Ecco, forse, si potrebbe pensare a ridurre le testate giornalistiche o comunque a riorganizzare i comparti prima di fare il salto tecnologico. Questa è una questione che va al di là del contratto, ma è una riflessione importante.
  Sono contento che Rainews abbia raddoppiato gli ascolti. Immagino cosa fosse prima, visto che resta sempre a un livello molto basso.
  Comunque, in conclusione, spero che troviate nella vigilanza una buona sponda per rispettare la dignità dei lavoratori e garantire il buon funzionamento del rapporto fra RAI, Governo e vigilanza in relazione al Contratto di servizio pubblico.

  MICHELE ANZALDI. Ho seguito con attenzione tutti i dati che ci avete fornito. Vorrei chiedervi però se avete dei dati e dei raffronti con l'estero sia sulle direzioni delle altre televisioni, sia sul numero di direttori e delle posizioni apicali (vicedirettori, capiredattori). Chiedo, insomma, un confronto tra i numeri della RAI e quelli delle altre televisioni estere.
  Visto che siete riusciti a ottenere un'inversione di tendenza su Rainews 24, vorrei chiedervi se avete un'idea per ottenere un'inversione di tendenza sugli ascolti e sul ritorno al servizio pubblico del Giornale Radio, dal momento che in questa stessa sede ci è stato detto che è precipitato al settimo posto.
  Infine, avrei un'altra curiosità su due punti sui quali abbiamo poche informazioni. Visto che è stato citato «Masterpiece», vorrei sapere il vostro giudizio in merito. Inoltre, vorrei dei ragguagli sulla trasmissione che andrà in onda stasera e che crea molta curiosità (e speriamo non anche molte polemiche), ovvero «Mission».

  GIORGIO LAINATI. Le parole del collega Anzaldi mi danno l'opportunità di interloquire con voi, che avete fatto un excursus su quello che immaginate dovrebbe essere il servizio pubblico.
  Partendo da quest'ultima osservazione del collega Anzaldi, vorrei ritornare sulla vicenda «Mission», anche perché oggi due autorevolissimi membri del consiglio di amministrazione della RAI, la signora Tobagi e la signora Todini, hanno, giustamente, Pag. 12rilanciato la richiesta ufficiale affinché i cosiddetti vip che saranno protagonisti di queste due serate di «Mission» rinuncino ai compensi, qualora ci siano, devolvendoli alle organizzazioni umanitarie che operano nelle zone di maggiore emergenza.
  Il riferimento è al Sudan del sud, in cui c’è stata una guerra civile che si è trascinata per un ventennio, dopodiché, fortunatamente, con gli accordi voluti dall'ONU, si è posto fine al conflitto armato tra i cristiani del sud e i mussulmani del centro-nord, e alle zone in cui c’è una permanente situazione di guerriglia, cioè alla Repubblica democratica del Congo e alla Repubblica del Mali.
  Sono tutte località dove questi cosiddetti vip andranno o sono già andati a fare delle riprese. Presumo che anche voi sarete d'accordo nell'associarvi alle richieste dei consiglieri di amministrazione, nonché di tutta la Commissione di vigilanza. Come ha detto molte volte il Presidente, immaginiamo che il servizio pubblico non debba dare compensi ai protagonisti di un'operazione di carattere umanitario, ma, semmai, devolverli a chi, in forma di Ong, opera da molti anni in quell'ambito.
  Per il resto, conosciamo le vostre osservazioni, anche perché, per chi è qui da molti anni come me, ci siamo già incontrati in occasione degli altri contratti di servizio. Abbiamo peraltro l'autorevole collega vicepresidente, nonché relatore del parere, che ha recepito le vostre indicazioni.
  Tuttavia, atteso che non riusciremo mai – non so se ci riuscirà il presidente Fico – a sciogliere il nodo di cosa deve essere il servizio pubblico e di dove finisce il servizio pubblico e inizia la competizione con gli operatori commerciali, vorrei ricordare che quando si parla di pubblicità nell'ambito dei canali per i bambini, dobbiamo considerare – come ho già detto anche al viceministro Catricalà – che è giusto che non si facciano le pubblicità delle merendine, altrimenti i bambini diventano obesi, ma se ne possono fare altre per non far perdere 11-12 milioni di euro a RAI pubblicità. Siccome si è accennato a questo, credo che dovrebbe essere uno dei problemi da affrontare.

  AUGUSTO MINZOLINI. In merito alle critiche che vengono fatte sul servizio pubblico, vorrei dire che, specialmente nell'ultima fase, provengono dai vertici del servizio pubblico. Molto spesso abbiamo l'idea che la nuova gestione, quella che è cominciata un anno fa, sia una sorta di anno zero. Siccome io c'ero prima, ma non ci sono adesso, vorrei sapere come giudicate la nuova gestione e se realmente c’è stata la svolta che viene descritta. Inoltre, per quanto riguarda gli ascolti, Rainews, come Sky, ha raddoppiato, ma parliamo di un settore estremamente marginale sul piano dell’audience. Invece, ho notato un problema di flessione degli ascolti delle reti generaliste, su cui dovremmo cominciare a riflettere – mi rivolgo a lei, Presidente – nelle prossime settimane.

  PRESIDENTE. Vorrei rivolgervi due domande, pregandovi di rispondere sinteticamente. La prima è per il dottor Cuppoletti, che ha parlato di paletti e norme che diventano delle zavorre per la RAI. Ecco, le chiedo di portare qualche esempio specifico, poiché, dal momento che siamo nella fase del parere sul Contratto di servizio, potremmo capire alcune questioni e quindi riuscire a superarle.
  Riguardo al job posting e alla questione dell'infungibilità, so che «Domenica in» aveva bisogno di un regista, per cui si è adottato il metodo del job posting. È stato scelto il regista, ma subito dopo questa persona non è andata bene, quindi il job posting non ha funzionato. A quel punto, è arrivata una lettera di infungibilità e il regista è stato preso all'esterno. Ciò significa che all'interno dei nostri – dico questo perché vogliamo valorizzare sia le risorse interne sia la RAI – non c’è un'altra persona che può fare il regista di «Domenica in». Questo processo non è sempre chiaro perché quando parliamo di valorizzazione delle risorse interne ci riferiamo proprio alla possibilità che ci sia Pag. 13un regista professionalmente formato per «Domenica in».

  PIERO PELLEGRINO, segretario nazionale di SNATER. Rispondo solo ad alcune delle questioni, lasciando le altre ai colleghi.
  Partirei dall'ultimo quesito del Presidente, che citava la mia considerazione sul job posting e l'infungibilità. Nel corso degli anni, lo spostamento di alcuni lavori all'esterno è stato sistematico, fino al punto in cui alle risorse interne venivano affidati compiti di minor pregio. Ciò non toglie che ci siano delle professionalità. Abbiamo mandato diverse persone in prepensionamento, ma le professionalità interne ci sono ancora e sono molte. Per questo suggerivamo all'azienda un meccanismo diverso, ovvero di non fare ad agosto il job posting per i programmi che partono a settembre. Innanzitutto, occorre fare in modo che di 150 regie non ne rientrino solo 10 perché le altre hanno la lettera di infungibilità. Questa è la prassi sbagliata di cui parlavo poc'anzi. Dopodiché, una volta individuate le competenze interne – adesso il job posting è sulle regie, ma poi si può fare anche su altre figure perché le consulenze e gli appalti esterni riguardano diverse professionalità – occorre dare la possibilità a quei lavoratori di seguire quella trasmissione, mettendoli magari in affiancamento per un periodo. Insomma, è necessario partire prima con il job posting.
  Per esempio, si parta a gennaio per la prossima stagione in modo da dare la possibilità a quelle professionalità di entrare in sintonia con l'autore della trasmissione. Forse, il problema di «Domenica in» era proprio quello oppure, sebbene fosse stato assegnata all'interno, nel pensiero di qualcuno la regia doveva essere data all'esterno. Sono un po’ maligno, ma è quello che penso.
  In merito alla trasparenza, lo SNATER chiede trasparenza in RAI sugli appalti, sulle consulenze e sui soldi che vengono spesi. Studiamo il bilancio della RAI passo per passo. Abbiamo gente capace di farlo, quindi «facciamo le pulci» in continuazione. Nel contratto firmato il 7 febbraio abbiamo messo dei vincoli all'azienda proprio sul rientro degli appalti, sull'utilizzo di risorse interne e così via. Purtroppo, non riusciamo a beneficiarne perché le riunioni di verifica saltano o vengono spostate.
  In verità, c’è molto lavoro. È una fase complicata, quindi non voglio mettere la croce su nessuno. Questa però è la strada giusta. Se i vertici capiscono la bontà delle nostre azioni sicuramente ci seguiranno. Peraltro, i vertici stanno facendo cose importanti. Per esempio, è stato riattivato l’auditing interno che una volta valutava comportamenti poco chiari, che spesso però finivano su binari morti. Oggi, invece, ci sono dei semi-processi che alla fine portano a individuare delle responsabilità, per cui persone che generalmente hanno compiti importanti vengono spostate. Questo contribuisce a fare chiarezza e a togliere quelle sacche un po’ oscure che in questi anni, come lavoratori, abbiamo visto in certa dirigenza.
  Per quanto riguarda i compensi, proporrei di seguire la BBC. Personalmente, posso dichiarare che guadagno 30.000 euro netti l'anno. Sono 30 anni che lavoro in RAI; faccio le notti, Natale, Capodanno, Pasqua (quest'anno lavorerò il 31). Per noi quindi gli stipendi possono essere trasparenti.
  Sul passaggio all'HD, vi faccio un esempio sull'importanza delle risorse. Andiamo in appalto sistematicamente sul CPTV di Napoli per le trasmissioni in HD perché i nostri mezzi non sono HD. Far diventare HD un mezzo RAI costa circa 3 milioni, mentre il progetto interno dei lavoratori 1,5 milioni. Si sta ragionando sul progetto esterno, ma non funziona, quindi nel frattempo andiamo in appalto. Ebbene, con 20 giorni di appalto i nostri colleghi metterebbero il pullman in HD e non faremmo gli appalti. Questo è il rientro di quelle risorse che, secondo noi, non sono necessarie.

  PRESIDENTE. Perché non si fa ?

  PIERO PELLEGRINO, segretario nazionale di SNATER. Non lo chieda a me, non Pag. 14sono un dirigente, ma un sindacalista. Lo sto chiedendo e arriverò al direttore generale, al quale chiederò un'audizione. La RAI è molto grande. È inutile nasconderci una verità di questo genere. Secondo me, i vertici stanno facendo cose importanti. Dopodiché, le mani e le braccia sono tante. La cosa migliore sarebbe che la mano destra sapesse quello che fa la sinistra.
  Accolgo volentieri l'invito del senatore Airola che dice che la vigilanza è una sponda per i sindacati che vogliono migliorare. Sotto questo aspetto, vi terremo in assoluta considerazione.
  Onorevole Anzaldi, sulle tv estere abbiamo dati per confrontare gli ascolti, il canone, quante sovvenzioni e così via, ma non sappiamo quante direzioni gestiscono la BBC piuttosto che la ARD tedesca. Sappiamo però che le nostre sono tante; secondo noi, 72 riporti di direzione sono sproporzionati. Da quello che ho capito, nel piano industriale di questo vertice vi è una riduzione di queste direzioni. Quindi, ben venga, anche in questo senso, quello che si sta facendo.
  Il Giornale Radio della RAI è storico. Pertanto, raccolgo e mi associo al suo appello. Il Giornale Radio deve recuperare tutte le posizioni che ha perso nel corso di questi anni, anche per le altre radio, perché il pubblico radiofonico è giovane e incline a certi programmi. Radiodue, su questo punto, fa molto bene; sui Giornali Radio abbiamo qualche difficoltà, ma dobbiamo seguire i gusti del pubblico e finanziare la radio che in questi anni ha avuto scarsi finanziamenti. So che ci sono dei cantieri che stanno lavorando, come ha detto anche il direttore generale qui in audizione, proprio per rinnovare e mettere sul binario giusto tutta la RAI, quindi anche il Giornale Radio.

   MICHELE ANZALDI. C’è un elenco delle direzioni italiane ?

  PIERO PELLEGRINO, segretario nazionale di SNATER. Non ho un elenco ufficiale. Ho quello che ho tirato fuori conoscendo l'organigramma dell'azienda. Credo però che basti chiederlo alla direzione. Avete tutta la possibilità di farlo, richiedendo anche un confronto con le aziende estere. In ogni caso, le nostre sono tante.

  FABRIZIO TOSINI, vicesegretario nazionale di UGL-TELECOMUNICAZIONI. Sarò brevissimo. Vorrei rispondere in merito al discorso sulla trasparenza in RAI.
  La nostra organizzazione sindacale si è sempre battuta per la trasparenza delle retribuzioni dei «big» e dei dirigenti. Spesso abbiamo anche denunciato episodi poco chiari. Per esempio, la storia di Sanremo che sta su tutti i quotidiani è nata da una nostra denuncia: insomma, abbiamo fatto la nostra parte. Prendiamo quindi con soddisfazione la sponda che troviamo in vigilanza, della quale faremo sicuramente buon uso.
  Sulla trasparenza vorrei fare due osservazioni. La prima riguarda la responsabilizzazione dei dirigenti, che troppo spesso non hanno pagato per gli errori fatti. L'altra è il cambiamento della governance. Si sente molto spesso parlare di Costituzione; ebbene, l'articolo 46 della Costituzione italiana parla della partecipazione dei lavoratori. La politica faccia dunque uno sforzo per modificare la legge sulla governance e inserire la possibilità dei lavoratori di essere nel Consiglio di amministrazione della RAI. In questo modo, le cose cambieranno.

  MARCO CUPPOLETTI, segretario nazionale di LIBERSIND-CONFSAL. Vorrei aggiungere una considerazione per quanto riguarda la radio. È ovvio che la radio deve essere potenziata perché, sebbene sia considerata la sorella minore del servizio pubblico radiotelevisivo, i dati d'ascolto complessivi del mezzo radiofonico indicano che ci sono 38 milioni di contatti giornalieri. È quindi un mezzo vivo e dinamico che deve essere fruito attraverso opportuni accorgimenti, per esempio, per raggiungere coloro che si muovono durante la giornata in macchina per lavoro. A questo proposito, devo segnalare una ritornata attenzione su Isoradio, un servizio importantissimo che deve essere un Pag. 15faro che accompagna da nord a sud gli automobilisti e che negli ultimi anni era sceso veramente ai minimi livelli.
  Sulla radio si può fare si deve fare molto perché c’è una potenzialità di pubblico eccezionale, per cui riteniamo importante che si torni – come sembra si voglia fare – a investire sul mezzo radiofonico.
  Per quanto riguarda Rainews 24, riteniamo vi possano essere dei miglioramenti. Per esempio, la tecnologia digitale potrebbe consentire, in particolari orari della giornata, di diffondere il canale anche a carattere regionale. La RAI ha 21 sedi regionali, che rappresentano una potenzialità produttiva importantissima, non solo dal punto di vista informativo, ma anche per raccontare, non solo agli italiani, le peculiarità delle regioni, il made in Italy, la cultura. Insomma, immaginare che il canale Rainews 24, in particolari orari, possa non solo ribattere un'informazione regionale, ma anche programmi con provenienza regionale potrebbe essere un modo per accattivare e raccogliere audience migliori di quelle che oggi, purtroppo, registra, sia pure in crescita (circa 75.000 spettatori nell'ascolto medio).

  ALBERTO AIROLA. Si riferisce alla possibilità di attingere informazioni dalle regioni e trasmetterle sul nazionale oppure di trasmette regione per regione contenuti mirati ?

  MARCO CUPPOLETTI, segretario nazionale di LIBERSIND-CONFSAL. Entrambe le cose. I programmi possono essere cuciti sia in maniera di racconto nazionale sia andare in diffusione regionale, come avviene in particolari orari su Raitre, per un'uniformazione regionale più diffusa, con tempi maggiori, non nei pochi minuti concessi all'informazione regionale dal palinsesto di Raitre.
  In merito ai programmi, «Mission» è un programma completamente d'acquisto. Dal punto di vista sindacale ci preoccupano due aspetti. Innanzitutto, facciamo una questione di buonsenso; speriamo quindi che non sia una spettacolarizzazione delle gravi sofferenze di alcuni popoli. Sotto questo aspetto, riteniamo che i compensi (qualcuno parli di rimborsi spese) possano essere devoluti in beneficenza. Inoltre, visto che parliamo di una prima serata di Raiuno, l'ammiraglia RAI, dal punto di vista sindacale ci preoccupa soprattutto il fatto che si ipotizzino ascolti del 10-12 per cento. Se ciò dovesse essere correlato anche a una minore raccolta pubblicitaria, in questo momento di grave crisi, potrebbero venire a mancare risorse importanti: questo ci preoccupa molto.
  Il Presidente mi chiedeva una considerazione sulle «zavorre». Ho elencato delle «zavorre» che si sono affastellate sulla RAI nel corso di tanti contratti di servizio. Nel Contratto di servizio in fase di discussione la questione del bollino e quella della pubblicità mancante sui canali destinati ai bambini in età prescolare sono ulteriori lacci che possono essere dannosi per una normale conduzione aziendale.

  AUGUSTO MINZOLINI. Sulla questione della gestione ?

  MARCO CUPPOLETTI, segretario nazionale di LIBERSIND-CONFSAL. Sulla questione della gestione, c’è un piano industriale che ci risulta stia andando avanti con dei cantieri, tra cui quello della radio. È stato fatto un piano di esodi incentivati, ma speriamo si fermino a questo e non vadano avanti con altri strumenti. In generale, debbo dire che è una gestione che ha dichiarato di voler prendere un passo di distanza dalla politica. Tuttavia, sulle ultime nomine mi sembra che il cosiddetto «Manuale Cencelli» sia sempre in voga. Pensiamo, comunque, che qualcosa stia cambiando, anche se, francamente, dobbiamo cogliere ancora i dati concreti di questo cambiamento.

Sull'ordine dei lavori.

  PRESIDENTE. Do la parola al senatore Minzolini che ha chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori.

Pag. 16

  AUGUSTO MINZOLINI. Sulla vicenda del meeting vi sono state diverse interrogazioni. Peraltro, la risposta è stata molto singolare. Infatti, sapere che non è stato fatto perché il meeting non ha dato più l'esclusiva alla RAI sfiora la comicità, nel senso che non capisco a quale altra televisione il meeting venderà questa esclusiva. Detto questo, la vicenda mi ha molto colpito perché non capisco il meccanismo per cui si è messa in piedi un'operazione di questo tipo. Non so se una logica di questo tipo è stata utilizzata anche su altre manifestazioni culturali o pseudopolitiche. Quindi, per andare fino in fondo, vorrei sapere se c’è un elenco del passato, del presente e, visto che il meeting era per il futuro, del futuro, su sponsorizzazioni di questo tipo (come sarebbe più giusto definirle). L'argomento è centrale perché se diciamo che la RAI non deve essere condizionata dalla politica, cosa su cui siamo d'accordo, non vorrei neppure che avvenga esattamente il contrario, cioè che sia la RAI a condizionare la politica, incentivando un settore o un soggetto piuttosto che altri.
  Essendo un'azienda pubblica, penso alle «sponsorizzazioni» che nel passato faceva l'IRI rispetto a soggetti politici o parapolitici. Andrò quindi fino in fondo; farò un'altra interrogazione e chiederò se nel passato, nel presente o nel futuro ci sono stati episodi di questo tipo.

Audizione di rappresentanti del Comitato media e minori.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dei rappresentanti del Comitato media e minori, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Questa audizione si inquadra nell'ambito dell'attività istruttoria che la Commissione ha avviato in relazione al nuovo Contratto nazionale di servizio 2013-2015.
  Cedo quindi la parola al professor Maurizio Mensi, presidente del Comitato media e minori, che riferirà sul nuovo Contratto di servizio, con riserva per me e gli altri colleghi di rivolgergli, al termine degli interventi, domande e richieste di chiarimento.

  MAURIZIO MENSI, presidente del Comitato media e minori. Vorrei trasmettere la gratitudine mia personale e del Comitato, qui rappresentato, oltre che dal sottoscritto, dalla dottoressa Lucchin, alla mia destra, e dal dottor Del Grosso, che sono i due vicepresidenti.
  Questa occasione ci dà la possibilità di porgere qualche considerazione sui profili di nostra competenza, che riguardano la tutela dei minori, con riferimento specifico alla parte dello schema del Contratto di servizio dedicato a questo tema.
  Conto di lasciarvi una relazione scritta, di cui ho portato qualche copia. Ovviamente, vi consegnerò anche il testo su supporto informatico affinché possa essere messo a disposizione di tutti.

  PRESIDENTE. Grazie. La metteremo agli atti e la manderemo a tutti i commissari.

  MAURIZIO MENSI, presidente del Comitato media e minori. Se mi consente, Presidente, vorrei procedere all'illustrazione delle nostre considerazioni con un intervento articolato su vari punti.
  In primis, vorrei discutere della digitalizzazione e della trasformazione dell'offerta audiovisiva.
  Il sistema di media audiovisivi sta attraversando una fase di profonda trasformazione tecnologica e commerciale, legata alla digitalizzazione, che ha condotto alla moltiplicazione degli strumenti e delle occasioni di accesso ai contenuti audiovisivi, nonché delle modalità di offerta e di fruizione di contenuti. Ai tradizionali servizi editoriali lineari e non lineari si sono affiancate forme ibride, tra cui, per esempio, piattaforme caratterizzate da forme di interazione orizzontale fra utenti oltre che fra gli utenti e i prestatori di servizi, quali la condivisione di audiovisivi sui social network. I minori, meno legati alle tradizioni, alle abitudini di consumo e più aperti, per loro natura, all'innovazione, sono fra i soggetti più direttamente coinvolti da queste trasformazioni.Pag. 17
  Le regole normative vigenti, con riferimento specifico al rapporto fra servizi audiovisivi e minori, sono state adeguate soltanto in parte a queste trasformazioni. La direttiva 2010/13/UE, le cui previsioni anche in tema di minori sono oggetto di riesame da parte della Commissione europea, ha introdotto principi importanti, come la neutralità di piattaforma, ma, al tempo stesso, è imperniata sul concetto di «fornitore di servizi di media audiovisivi» e su una distinzione fra servizi lineari e non lineari che ha già evidenziato grossi limiti.
  L'effettività delle regole di tutela dei minori previste per i soli fornitori di servizi di media audiovisivi e con diverse gradazioni per servizi lineari e non lineari è messa in crisi dalle strategie di soggetti che, di per sé, sfuggono a responsabilità di natura editoriale, pur lucrando sull'offerta audiovisiva tramite il mercato pubblicitario, nonché dallo sviluppo di modelli di fruizione dell'audiovisivo rimasti ab origine fuori dal perimetro della direttiva, ma oggi di sempre maggiore importanza sociale, come lo scambio o la condivisione sui social network.
  A questi limiti strutturali della disciplina europea si aggiunge la problematica relativa all'applicazione delle regole giuridiche ad attività globali, come quella svolta su internet, e la scarsa effettività delle sanzioni che deriva dalla difficoltà di individuare e raggiungere il destinatario.
  Questo fenomeno rende importante, per la garanzia della legalità su internet e il contrasto alla criminalità in generale, predisporre i necessari e più idonei sistemi tecnici di filtraggio realizzabili a livello nazionale con la partecipazione dei fornitori nazionali di connettività di cui sono già poste in essere importanti applicazioni in settori, per esempio, del gioco d'azzardo illegale e della pedopornografia.
  Infatti, internet, per le sue caratteristiche intrinseche, non può essere considerato un luogo completamente sicuro per i minori, come dimostrano l'abnorme livello di diffusione di contenuti pornografici o di violenza, anche reale ed efferata, e l'estrema facilità di accesso ai medesimi per chiunque, compresi, purtroppo, i minori.
  In questo contesto, si può affermare che, in rapporto a internet, la televisione additata da una celebre, ma ormai non recentissima opinione come «cattiva maestra», costituisce, in realtà, sotto vari profili una sorta di safe harbor, una sorta di porto sicuro per i minori. Essa è da sempre realizzata da editori che sono ben consapevoli del loro ruolo e delle loro responsabilità giuridiche e sociali.
  Dal 2003, in Italia esiste un Codice di autoregolamentazione tv e minori il cui rispetto è assicurato dal Comitato di applicazione, che è quello da me presieduto. Il Codice ha rappresentato il modello a cui si è ispirato lo stesso legislatore che, con la legge 3 maggio 2004 n. 112 e le successive modifiche, ne ha reso vincolante l'osservanza per tutte le emittenti.
  Peraltro, il passaggio di un decennio rende necessario e indifferibile procedere a un aggiornamento del Codice in vigore che non riflette più appieno l'attuale realtà televisiva. Al tempo stesso tuttavia le scelte valoriali che costituiscono la base del Codice rimangono sicuramente attuali e sono pienamente condivise dall'emittenza pubblica e privata, nazionale e locale.
  Vorrei fare ora qualche considerazione sul Codice tv e minori e sul Comitato media e minori, che mi consente di porgervi qualche elemento di analisi sul nuovo testo del Contratto di servizio.
  Come ho appena ricordato, il Codice tv e minori è stato firmato il 29 novembre 2002 presso il Ministero delle comunicazioni dai rappresentanti delle imprese nazionali (RAI, Mediaset, La7, MTV Italia) e dalle associazioni che raggruppano centinaia di emittenti operanti in Italia ed è entrato in vigore l'anno successivo. La legge n. 112 del 2004, all'articolo 10, trasfuso nel Testo unico di cui al decreto 31 luglio 2005, n. 177, ha conferito forza di legge alle sue previsioni che sono quindi obbligatorie e vincolanti per tutte le imprese televisive diffuse su qualsiasi piattaforma di trasmissione, anche qualora non abbiano sottoscritto il Codice stesso.Pag. 18
  Anche l'Autorità per le comunicazioni ha il compito di garantire l'osservanza del Codice, ferme restando le prerogative del Comitato.
  Al Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione media e minori che nel 2007, in seguito al decreto del Presidente della Repubblica del 14 maggio 2007, ha mutato la sua denominazione, passando da «tv e minori» a «media e minori», è affidata l'applicazione del Codice. Ne fanno parte 15 membri effettivi e 15 supplenti, che sono stati nominati di recente, con decreto del Ministro dello sviluppo economico d'intesa con l'Autorità per le comunicazioni, rispettivamente il 17 luglio e il 6 novembre 2013. Sono pariteticamente rappresentate le emittenti televisive firmatarie del Codice, le istituzioni (Autorità per le comunicazioni e Ministero dello sviluppo economico) e gli utenti, questi ultimi su indicazione del CNU (Consiglio nazionale degli utenti). Il Codice si prefigge di tutelare i diritti e l'integrità psichica e morale dei minori ed enuncia sette principi generali e delle norme di comportamento.
  Nei principi generali le imprese televisive si impegnano a migliorare la qualità delle trasmissioni destinate ai minori e ad aiutare le famiglie e il pubblico più giovane a un uso corretto della tv. Le norme di comportamento riguardano, invece, la partecipazione dei minori alle trasmissioni televisive, la televisione per tutti, la televisione per i minori, programmi di informazione, i film, la fiction, gli spettacoli vari e la pubblicità. Non mi soffermo a sintetizzare il contenuto del Codice, anche perché ciò è contenuto nella relazione che mettiamo a vostra disposizione. Vorrei però limitarmi a ricordare i poteri di cui il Comitato dispone.
  Contro le violazioni del Codice, il Comitato procede d'ufficio oppure su segnalazione da parte di singoli utenti o di associazioni. Vi è un'apertura di procedimento che viene notificata all'emittente interessata che, in contraddittorio, è messa in condizione di far valere le proprie ragioni a difesa. Il Comitato accerta le eventuali violazioni e adotta decisioni motivate contro le quali non è ammesso appello. Le violazioni del Codice sono sanzionate mediante l'obbligo da parte dell'emittente interessata di dare notizia del provvedimento con le modalità deliberate dal Comitato, quali, per esempio, l'ingiunzione di modificare, sospendere o trasferire i programmi in altra fascia oraria, oppure di adeguare il proprio comportamento alle prescrizioni del Codice.
  Le delibere del Comitato sono poi trasmesse all'Autorità per le comunicazioni. Se è stata accertata una violazione del Codice, il Comitato inoltra una denuncia circostanziata, accompagnandola con una dettagliata documentazione. A differenza del Comitato, che adotta sanzioni a carattere ripristinatorio o inibitorio, l'Autorità ha il compito di adottare sanzioni a carattere pecuniario, laddove ne ravvisi i presupposti; può imporre quindi il pagamento di una somma di denaro, ma anche arrivare al punto di disporre la sospensione o la revoca della licenza o dell'autorizzazione a trasmettere. Si tratta peraltro di due distinti procedimenti – quello innanzi al Comitato e quello innanzi all'Autorità per le comunicazioni – che possono giungere a differenti risultati.
  Il concetto di servizio pubblico radiotelevisivo, così come delineato dalla disciplina interna nel quadro dei principi europei, è caratterizzato dall'idea portante della specificità dell'emittenza pubblica, finanziata mediante fonti impositive, per consentirle di offrire servizi che il mercato, di per sé, potrebbe non garantire con certezza. In tal senso, l'emittenza pubblica presenta caratteristiche diverse da quella commerciale e tale diversità dovrebbe manifestarsi nella capacità di offrire contenuti di elevata qualità e valore sociale, riconducibili a tipologie che il mercato potrebbe non ritenere di proprio interesse.
  Il rapporto tra servizio pubblico radiotelevisivo e minori si ritiene debba essere visto in questa ottica. Non vi è dubbio che l'emittente pubblica debba osservare le regole di tutela dei minori. Piuttosto, si ritiene che essa debba differenziarsi sotto due aspetti, un più elevato livello di tutela e sensibilità verso l'esigenza di bambini e Pag. 19adolescenti e un'offerta più ricca di contenuti di qualità e di valore sociale ed educativo rivolti a bambini e adolescenti. L'emittenza pubblica, in altri termini, dovrebbe essere un luogo non soltanto più sicuro, ma che offra un valore aggiunto, educativo, formativo, culturale e di intrattenimento di qualità, reso possibile dall'utilizzo del denaro pubblico: naturalmente, l'utenza dovrebbe avere una netta percezione di questa diversità.
  Come dimostrano le linee guida dell'Autorità per le comunicazioni per il rinnovo del Contratto di servizio, scaduto da circa un anno, la specificità del servizio pubblico, anche sotto l'aspetto in esame, dovrebbe essere uno dei temi centrali del nuovo contratto. Ecco, riteniamo che di tale specificità sia stato ampiamente tenuto conto nel testo in esame, di cui passo a evidenziare gli elementi che, a nostro avviso, sono meritevoli di una particolare attenzione.
  Risulta particolarmente apprezzabile, innanzitutto, la grande importanza attribuita alla tutela dei minori nello schema in esame, a partire dal suo preambolo che richiama il contenuto dell'articolo 45 del Testo unico sulla necessità di trasmettere contenuti che tengano conto delle esigenze e della sensibilità della prima infanzia e dell'età evolutiva, più diffusamente declinata nella parte dedicata agli obblighi di servizio pubblico, alla qualità dell'offerta e valore pubblico, alla qualità dell'informazione, all'offerta televisiva e radiofonica, alla programmazione televisiva per i minori e alle comunicazioni (vigilanza, controlli e sanzioni).
  All'articolo 3, dedicato all'oggetto del Contratto di servizio, appare molto positivo il rimando al Codice tv e minori di cui all'articolo 34 del Testo Unico. Questo richiamo fatto con riferimento ai principi, ai criteri e alle regole di condotta contenute nel Codice etico aziendale e le normative – quindi il contenuto del Codice – è ricondotto a questi principi che la RAI è tenuta dall'osservare nell'esercizio la propria attività. Al riguardo, ci permettiamo di segnalare l'opportunità di richiamare, alla lettera b) dello stesso articolo, anche le determinazioni e le raccomandazioni adottate dal Comitato media e minori, preposto, ai sensi del Codice, ad applicare le sue previsioni, come era già previsto all'articolo 7, paragrafo 1, del Contratto di servizio 2007-2009.
  Si apprezza, inoltre, che la tutela dei minori non sia limitata a un generico richiamo all'osservanza delle norme poste a presidio del loro corretto sviluppo fisico, psichico e morale, ma sia declinata in obblighi di facere (segnatamente, nell'obbligo di un'offerta ampia e mirata di contenuti adatti ai minori e rivolti alla loro educazione, attraverso canali tematici presenti nelle piattaforme multimediali, nelle reti radiofoniche, fondata su valori positivi umani e civili, differenziata e distinta secondo il pubblico di riferimento, ovvero fra minori in età prescolare e quelli in età scolare).
  Lo schema dedica al tema della tutela dei minori, oltre a numerosi riferimenti sparsi nel testo, un articolo specifico, l'articolo 9, che riprende in buona parte le previsioni normative e regolamentari già vigenti. Emergono tuttavia alcune novità apprezzabili, come la previsione della valorizzazione del centro di produzione di Torino quale centro specializzato per la produzione di programmi per minori e l'inserimento della programmazione per minori anche nei principali contenitori dei canali generalisti collocati nei palinsesti quotidiani dell'offerta generalista tra le 7 le 23. Sul punto occorre rilevare che, in generale, l'offerta televisiva attuale si caratterizza per la scarsità di programmi per minori realizzati in studio. La programmazione per minori è pressoché monopolizzata da cartoni e serie spesso di produzione straniera. In tal senso, il ritorno a uno dei generi tradizionali della televisione per minori, ovvero il programma per bambini realizzato in studio, risulta certamente auspicabile e apprezzabile.
  Il paragrafo 4 dello stesso articolo 9 indica anche alcune caratteristiche di impostazione e contenuto che dovrebbero avere i programmi per i minori in RAI. Pag. 20L'elenco è certamente condivisibile, benché possa essere arduo verificare l'effettivo rispetto di tali parametri.
  Un'importante novità che risulta dall'articolo 9, ma soprattutto dall'articolo 2, paragrafo 1, comma 4, lettera g), è l'eliminazione della comunicazione commerciale audiovisiva dai canali tematici e dai programmi dedicati ai minori in età prescolare. Si tratta di un aspetto di effettiva differenziazione fra la RAI e l'emittenza privata, ove la comunicazione commerciale, pur nel rispetto della specifica disciplina esistente, si rivolge anche minori più piccoli. Riteniamo che questa previsione contribuisca non poco al valore e alla fruizione di programmi, rappresentando un significativo incentivo alla loro visione.
  Valutiamo con favore anche la previsione che obbliga a inserire nei canali tematici per minori in età scolare programmi informativi ad hoc, volti a valorizzare gli aspetti legati alla cittadinanza. Anche l'informazione specifica per i più giovani è un genere che riteniamo sia poco presente nei palinsesti televisivi, ma che può assumere un grande valore sociale, favorendo nei giovani il sorgere dell'abitudine a informarsi e non soltanto divertirsi attraverso i media. Allo stesso modo, è da valutarsi con favore anche l'ulteriore previsione di programmi per minori dedicati al tema dell'informatica e all'uso responsabile delle nuove tecnologie.
  Appare quindi positiva la previsione di un obbligo di investimento specifico in opere di animazione appositamente prodotte per la formazione dell'infanzia, nonché di produzione e acquisto di documentari italiani ed europei anche di produttori indipendenti, in quanto valorizza aree di produzione televisiva di evidente importanza rispetto alla programmazione per minori.
  Per quanto riguarda l'attività svolta su internet, lo schema di contratto contiene, all'articolo 8, l'obbligo di rendere disponibile l'offerta televisiva anche in live streaming, ove possibile, oltre a una previsione relativa alla futura accessibilità on demand dei programmi di archivio. Come rilevato, internet costituisce, ormai, l'ambito preferenziale di accesso agli audiovisivi da parte dei minori e degli adolescenti ed è peraltro la piattaforma che presenta le minacce più gravi per i minori. Sul punto, si ritiene che la RAI possa svolgere un ruolo molto efficace e peculiare di allestimento e promozione di offerte audiovisive per i minori su internet, anche in questo senso anticipando future tendenze di mercato.

  REMIGIO DEL GROSSO, vicepresidente del Comitato media e minori. Sono Remigio Del Grosso, vicepresidente del Comitato, in rappresentanza degli utenti, dei consumatori e dei telespettatori. Nel mio intervento parlerò di tre argomenti che mi stanno maggiormente a cuore che riguardano il servizio pubblico radiotelevisivo: la qualità, la trasparenza e la tutela dei minori.
  Per quanto riguarda la qualità mi vorrei riallacciare alle considerazioni svolte tempo fa presso questa Commissione dall'ex presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, Corrado Calabrò, sul tema della scarsa qualità delle trasmissioni offerte dal servizio pubblico e della conseguente negativa influenza sulle giovani generazioni. Ora, al di là dei meccanismi di divieto e di dissuasione a porre in essere determinati comportamenti nocivi per i minori, ancora oggi c’è un problema di qualità dei contenuti che sono veicolati dalla tv pubblica, che presentano livelli di banalità e di volgarità. Voglio citare i reality, ma anche i monologhi di quei pseudocomici che offendono politici, che usano il turpiloquio e dileggiano la religione cattolica in prima serata, collocando la televisione pubblica al di sotto di altre televisioni pubbliche europee.
  La verità è che fin quando le trasmissioni saranno dominate dall'assillo di ricavi pubblicitari – cosa che ha detto anche il Presidente di questa Commissione – e questi saranno connessi esclusivamente all’audience, spesso in prima serata, i tentativi di risollevare la qualità dell'offerta della televisione pubblica risulteranno inefficienti. Pertanto, se non si ha il coraggio Pag. 21di fare come altre televisioni pubbliche europee che hanno eliminato o ridotto la pubblicità, bisognerebbe quantomeno separare nettamente le trasmissioni di servizio pubblico da quelle più prettamente commerciali. Oggi, inoltre, c’è un ritrovato interesse dei giovani per il teatro, per i concerti, per la musica classica, per le mostre, per i musei, per la partecipazione a una qualche attività artistica. La RAI dovrebbe assecondare queste tendenze; invece le ignora preferendo insistere sul ripetitivo, sul becero, sui «pacchi». A riguardo, ritengo che bisognerebbe sostenere le proposte che vengono dal di fuori, ma per fortuna questa volta anche dall'interno dalla concessionaria, mirate a lanciare due nuovi canali tematici culturali, RAI teatro e RAI scienza.
  Mi permetto, infine, di fare un breve accenno al programma che andrà in onda stasera sul servizio pubblico, nonostante tutti i tentativi contrari messi in atto da questa stessa Commissione, da esponenti della società civile e di varie organizzazioni umanitarie. A questo punto, c’è solo da augurarsi – per dirla con le parole del Presidente della Camera dei deputati – che «Mission» non sia offensivo per i profughi, non dia alcuna spettacolarizzazione del dolore, non sia diseducativo e non offenda la sensibilità dei minori.
  Per quanto riguarda la trasparenza del servizio pubblico radiotelevisivo, è un'antica battaglia delle associazioni dei consumatori che mi onoro di rappresentare, ripresa dal viceministro Antonio Catricalà, da sempre sensibile a questi temi, che ha rilanciato, proponendo che almeno le trasmissioni finanziate dal canone vengano d'ora in poi segnalate con un apposito bollino di riconoscimento. L'adozione del bollino, inspiegabilmente ostacolata anche dalla EBU (European Broadcasting Union), l'associazione delle tv pubbliche europee cui aderiscono anche alcuni operatori privati, consentirà, fra l'altro, di verificare la corrispondenza delle trasmissioni finanziate dalle risorse pubbliche, ma non dalla pubblicità, ai criteri di qualità a suo tempo definiti dal Comitato scientifico RAI, del quale ho avuto l'onore di far parte, nonché rilevati dalle indagini Qualitel e Corporate reputation.
  La concessionaria, almeno fino al 2016, non può ulteriormente sottrarsi all'impegno di diventare una casa di vetro, come stanno tentando di fare tutte le pubbliche amministrazioni. A riguardo, sono stato letteralmente basito dal tenore di alcune risposte fornite dei vertici RAI alle giuste istanze poste dagli onorevoli membri di questa Commissione. Non l'ho scritto nella relazione, ma ricordo espressioni come «toglietevelo dalla testa che io pubblico gli stipendi dei dirigenti RAI». Ecco, non si può dire «toglietevelo dalla testa» ai membri di questa Commissione.
  Come hanno osservato alcuni autorevoli rappresentanti di istituzioni preposte alla vigilanza e al controllo della RAI, non può bastare, per considerare assolti gli obblighi di trasparenza, la pubblicazione sul sito web del documento, comprensivo dei criteri metodologici sui conti annuali separati. Sia la Corte dei conti sia l'Agcom, infatti, hanno sempre richiesto che la RAI fornisse dettagliate informazioni circa la destinazione delle risorse pubbliche e, in particolare, adeguata comunicazione circa i costi afferenti alla programmazione televisiva e alla programmazione radiofonica rientranti nell'ambito delle attività di servizio pubblico. I contribuenti italiani che pagano una tassa sul possesso del televisore hanno tutto il diritto di sapere, per esempio, se dopo essersi sorbiti trasmissioni non proprio edificanti, hanno dovuto pagare anche le sanzioni comminate alla RAI dall'Autorità, nonché le spese legali sostenute dalla concessionaria per i relativi ricorsi proposti dinanzi al tribunale amministrativo, come quello presentato proprio in questi giorni contro la multa comminatale per gli insulti razzisti ai napoletani da parte di un giornalista del TGR Piemonte.
  La RAI, inoltre, è forse l'unica impresa pubblica ancora inadempiente per l'applicazione della legge 24 dicembre 2007, n. 244, perché non ha ancora pubblicato sul proprio sito web i nomi e gli importi recepiti dai consulenti e professionisti Pag. 22esterni. La mancata pubblicazione degli estremi dei contratti di consulenza comporta l'illegittimità dei relativi pagamenti. La norma prevede che, in caso di violazione, gli stessi consulenti della RAI siano tenuti al rimborso, a titolo di danno erariale, di una somma pari a dieci volte l'ammontare delle somme illegittimamente erogate. Anche in questo caso, saranno i contribuenti a pagare.
  Mi sia consentito, infine, lanciare un appello alla concessionaria affinché metta maggior cura nella realizzazione dei palinsesti dei vari canali. Tra le serie televisive segnalate al Comitato, vi sono, infatti, Castle e Cold case, trasmesse da Raidue. Non dovrebbe essere consentito che Castle vada in onda alle 21 in Italia, cioè poco dopo la fine della cena familiare, mentre sul canale televisivo che lo produce, lo statunitense Abc, non è trasmesso prima delle 22. Cold case è andato in onda in piena fascia protetta, alle 18,45, mentre sulla CBS americana andava in onda alle 22.
  Chiediamo quindi che il nostro servizio pubblico radiotelevisivo presti maggiore attenzione alle esigenze dei minori e cerchi di turbare il meno possibile la sensibilità dei nostri figli e nipoti. Ringrazio tutti i membri della Commissione di vigilanza che – voglio osservare – finché c’è, è utilissima. Un particolare ringraziamento va ai membri più attivi, quindi oltre al Presidente, ai commissari Airola, Anzaldi, Margiotta e Peluffo.

  MAURIZIO MENSI, presidente del Comitato media e minori. Manifesto il mio sconcerto per la performance a cui ho assistito. Se non sbaglio, questa è la convocazione del Comitato media e minori, che si è espresso attraverso le parole del suo presidente. È il presidente – ripeto – che rappresenta il Comitato media e minori.
  Pertanto, mi dissocio completamente rispetto a quanto è stato detto dalla persona che ha parlato poc'anzi. Probabilmente, sono considerazioni svolte a titolo personale. Le mie considerazioni, invece, sono attribuibili al Comitato media e minori. Mi dispiace che questa occasione di confronto sia diventata strumento per considerazioni di carattere personale che non sono in alcun modo riconducibili a quelle del Comitato media e minori.

  SALVATORE MARGIOTTA. Apprezzata la relazione, vorrei porre alcune domande. Anzitutto, avrei una curiosità. Il Comitato per i minori è importante e fa un lavoro positivo. Mi chiedo però in quale maniera venga finanziato e se siete supportati dei giusti i mezzi tecnici per poter svolgere il vostro lavoro.
  In secondo luogo, mi farebbe piacere acquisire la vostra opinione su una questione di cui si è parlato poc'anzi. Nel Contratto di servizio si stabilisce che su RAI Yo-Yo non ci sarà più alcun tipo di comunicazione commerciale e che sugli altri canali i programmi per minori in età prescolare non potranno essere interrotti dalla pubblicità. Questa è stata peraltro una richiesta di autorevoli membri di questa Commissione ed è un dato sacrosanto, che determina però uno svantaggio competitivo della RAI rispetto alle altre televisioni, con una perdita netta stimata in circa 10 milioni di euro l'anno. Il Comitato media e minori potrebbe intervenire a proposito, per esempio, cercando di evidenziare un'opinione che richieda che vi sia un'uniformità di comportamento anche nelle altre tv ?
  Un altro tema su cui abbiamo molto insistito è quello dei minori disabili sensoriali, che devono aver garantito l'accesso all'intera programmazione dei canali dedicati ai ragazzi (RAI Yo-Yo e RAI Gulp). Personalmente, facevo al direttore generale l'esempio di Peppa Pig, un cartone animato che piace moltissimo ai bambini, per cui i bambini non udenti si sentono doppiamente handicappati perché tutti i loro amici vedono questo programma e loro non possono. Per la verità, il direttore Gubitosi si è impegnato a intervenire immediatamente al riguardo. Penso tuttavia che sarebbe bene che la RAI si impegni sin da gennaio 2014, quando parte la nuova serie, a tradurre in LIS le puntate per i bambini non udenti.Pag. 23
  C’è un'altra questione essenziale, ovvero quella dell'eccessivo uso che i nostri bambini fanno della tv. Da una ricerca fatta ultimamente dal Movimento italiano genitori, pare che il 21 per cento dei cosiddetti «nativi digitali», la generazione che conosce solo il digitale, preferisce guardare la tv, anziché incontrare i propri coetanei, per non dire che la preferiscano rispetto al parlare con i propri genitori (questo va di default). In qualche modo, la programmazione dovrebbe considerare il fatto che molti ragazzi utilizzano la tv quasi come propria unica attività di tempo libero, strutturando programmi che tengano conto di questo e che aiutino i nostri ragazzi a crescere, anche tenendo conto della multimedialità, della crossmedialità e delle social tv. Su questo, nel Contratto di servizio si parla solo di sperimentazione, non di obbligo. Ecco, forse, bisognerebbe insistere un po’.
  Infine, abbiamo parlato già altre volte del fatto che riteniamo che questo Contratto di servizio, essendo l'ultimo prima dell'eventuale rinnovo della concessione – che do per scontato, ma so che ci sono opinioni discordanti in tal senso – debba effettivamente lanciare un grandissimo dibattito nella società italiana sulla carta di identità della RAI, su che cosa debba essere il servizio pubblico e su cosa gli italiani si aspettano dalla RAI e dal servizio pubblico in generale.
  In questo, naturalmente, anche i minori devono essere coinvolti, visto che, come dicevo poc'anzi, ne sono i fruitori principali e che la televisione ha una funzione essenziale nella loro vita.

  FRANCESCO SAVERIO GAROFANI. La domanda che volevo porre è stata anticipata dal collega Margiotta ed è relativa alla pubblicità nei programmi per minori. Mi rifaccio quindi all'intervento del collega.

  GENNARO MIGLIORE. Ringrazio, innanzitutto, il presidente per la sua relazione. Vorrei riproporre alcuni spunti di riflessione e rivolgere alcune domande al Comitato che lei presiede. In primo luogo, mi farebbe piacere conoscere, anche in una successiva comunicazione scritta, quali sono gli interventi fatti, sulla base di quali criteri e come sono stati distribuiti tra la RAI e le altre tv private. La domanda è per farmi un'idea di quale sia il tipo di criteri – spero non siano quelli illustrati dal vicepresidente – utilizzati nella definizione della qualità e dell'adeguatezza del prodotto per minori.
  Non credo che essere minori d'età significhi essere minori nelle capacità di interazione critica con la realtà. Questo, per quanto mi riguarda, è un elemento fondamentale che attiene al protagonismo e alla necessaria ricerca, da parte nostra, della stimolazione al pensiero critico delle persone di età inferiore a quella maggiore legale. In questo senso, credo che non si tratti di parlare di protezione quanto di avere la capacità anche di stimolare forme di protagonismo. Ovviamente, per le fasce prescolari il discorso è diverso.
  In particolare, mi ha stupito il fatto che non vi siano stati accenni a strumenti di partecipazione diretta e di protagonismo dei giovani. Penso, per esempio, a quella straordinaria esperienza che è il Festival del cinema di Giffoni, che è il più importante festival di cinema rivolto ai ragazzi al di sotto e al di sopra dei diciotto anni, i cui vincitori, come ben si sa, sono spesso film che si occupano di temi difficili, come il bullismo, l'omofobia o questioni che riguardano la vita quotidiana dei ragazzi, non una sorta di angelicato mondo dei più piccini, cosa che comporterebbe una diminuzione importante del valore educativo. Da questo punto di vista, penso che sia giusta e fondata la critica dell'EBU, che per primo ho espresso in questa Commissione, al fatto di distinguere il servizio pubblico dall'intrattenimento attraverso la bollinatura. Ciò significa, sostanzialmente, dimagrire – per questo la critica viene sostenuta dai più importanti network pubblici europei – la funzione pubblica del concessionario, che, invece, mi auguro rimanga e si rafforzi come RAI. Mi aspetto dunque che ci siano programmi per ragazzi, ma soprattutto programmi nei quali i ragazzi esprimano le loro potenzialità.Pag. 24
  La seconda questione, sulla quale vorrei porre un interrogativo che sarebbe necessario estendere anche ai vertici della RAI, riguarda il rapporto con la scuola, che è il luogo deputato e principale nella formazione delle persone di età inferiore ai diciotto anni. Dovrebbe essere dunque trovato un canale di comunicazione, anche perché in quel luogo della vita delle persone giovani si ritrovano spesso anche le sperimentazioni più avanzate per quanto riguarda il contatto con la realtà.
  Infine, penso che la questione legata all'inibizione della pubblicità per i programmi destinati ai minori debba essere regolamentata in maniera equivalente su tutti i network, come giustamente veniva detto anche dai sindacalisti RAI che prima abbiamo ascoltato. Altrimenti, si riprodurrebbe uno svantaggio competitivo per l'azienda di servizio pubblico che potrebbe minarne l'autonomia, l'indipendenza e la capacità di stare sul mercato. Siccome penso che sia una finalità giusta e l'Authority è competente in questa materia, con il decisivo contributo del Comitato media e minori, si potrebbe avere un'attenzione nel promuovere questa iniziativa in modo tale da essere più efficaci e più intensi in questa azione.

  MICHELE ANZALDI. Forse non è pertinente, tuttavia vorrei chiedere un parere agli auditi sulla trasmissione di cui dibattevamo prima, ovvero «Mission». In particolare, vorrei sapere se hanno valutato se l'eventuale visione di bambini in sofferenza o in situazioni drammatiche come quelle nei campi profughi possa creare dei problemi.

  PRESIDENTE. Per inciso, aggiungo che dobbiamo ancora comprendere se si tratta di campi profughi o meno.

  GENNARO MIGLIORE. Il problema non è vedere la realtà, ma il filtro critico che ci si applica. Una cosa è vedere le sofferenze, che non vanno nascoste, con un'adeguata illustrazione della condizione reale e delle ragioni; un'altra è la spettacolarizzazione, cioè se si vede non la persona in sofferenza, ma il vip che va lì a fare il buono. Ecco, dal mio punto di vista, questo è il problema.

  ALBERTO AIROLA. Concordo con entrambe le vostre dichiarazioni. Ritengo tuttavia che in RAI si possa fare di più in termini di programmi culturali che sviluppino il senso critico dei giovani.
  Mi domando, inoltre, se avete specificato più precisamente cosa intendete per «misure adeguate su internet». Sicuramente, su questo la RAI deve fare un grosso sforzo, sia tecnico che di contenuti.
  Infine, sulla questione dei canali tematici, mi chiedo se pensate a un incremento, visto che gli spettatori più giovani sembrano preferirli alla tv generalista.

  MAURIZIO MENSI, presidente del Comitato media e minori. La prima questione è come funziona il Comitato e da quali fondi è alimentato. In realtà, nessun membro del Comitato percepisce alcunché, trattandosi di un incarico a titolo gratuito per il presidente e i membri. Per provvedere all'assetto organizzativo e funzionale del Comitato, come previsto dal Codice, era stata costituita qualche anno fa un'associazione delle emittenti firmatarie su base volontaria. Pertanto, le emittenti firmatarie si erano impegnate a conferire all'associazione un importo annuo (mi pare fosse di circa 80.000 euro) per consentire di pagare le quattro persone che lavorano presso la sede del Comitato, che è ospitato presso il Ministero dello Sviluppo economico, Dipartimento delle comunicazioni, in Viale America. Queste persone hanno il compito di esaminare i programmi e di preparare la relazione istruttoria, sulla quale si svolge la vera e propria attività deliberativa del Comitato.
  Questa associazione ha quindi il compito di garantire il funzionamento del Comitato. Peraltro, a fronte dell'esigenza di assicurare su base continuativa e stabile e non semplicemente su base volontaria l'attività di organizzazione e di funzionamento di un Comitato che, oltretutto, è previsto per legge, si sta procedendo – ancorché non sia stato adottato nessun Pag. 25provvedimento formale in questo senso – verso una situazione in cui il finanziamento delle emittenti dovrebbe essere a breve sostituito da un finanziamento di Confindustria radiotelevisioni, che si è creata da poco. Questa, per ora, è soltanto un'ipotesi, che vediamo con favore perché è destinata a costruire su basi più solide il funzionamento del Comitato.
  Quello della pubblicità è un aspetto importante e delicato. Nella nostra relazione abbiamo evidenziato che la RAI si confronta certamente in un mercato concorrenziale, ma è anche un soggetto sui generis, qualificato da una natura giuridica particolare, quella di cui al Testo unico, e dalla circostanza che è finanziata, seppure indirettamente, attraverso un canone di abbonamento. Da qui la necessità che il servizio pubblico si distingua dalla programmazione offerta da altri soggetti. Da questo punto di vista, il fatto che la RAI sia destinata a proporre una programmazione più positiva e qualificante per i minori è un aspetto significativo perché fa parte delle caratteristiche di un servizio pubblico e costituisce un elemento distintivo rispetto agli altri. Ovviamente, questo ha un costo per la RAI. Ne siamo tutti consapevoli. Allo stato, ci limitiamo a ritenere positiva questa misura che va a beneficio dei minori in età prescolare. Dopodiché, nel momento in cui il legislatore dovesse intervenire per estendere questa misura ad altri soggetti, potremmo valutarla con favore. Attualmente, ci viene chiesto di valutare l'adeguatezza di questo intervento, che non possiamo non considerare positivo perché rende più appetibile la programmazione per i bambini in età prescolare che, in questo modo, si trovano di fronte a dei programmi più adatti a loro, rispetto a quelli che, invece, contengono la pubblicità.
  Riguardo alla LIS, siamo favorevoli alla presenza della traduzione volta a rendere fruibile questo tipo di programmazione anche per i bambini disabili: ben venga un intervento di questo genere, il nostro giudizio al riguardo è molto positivo.
  In merito alla carta di identità della RAI, vorrei dire che questo, oggi, è un elemento qualificante, che sarà ancora più importante nel futuro prossimo, dal momento che ci si avvicina alla scadenza della concessione (la data fatidica del 6 maggio 2016). Tanto più la RAI riuscirà a definire una propria carta d'identità, ovvero presenterà quelle caratteristiche e specificità che la rendono un quid unicum, tanto più risulterà agevole un nuovo affidamento di servizio pubblico, quindi un rinnovo della concessione.
  Certamente, a questo proposito, è corretto che anche i minori vengano chiamati a contribuire. Come Comitato, non possiamo far altro che plaudere a iniziative come il Festival di Giffoni e ogni altra proposta, da parte della RAI, volta a predisporre un'offerta che valorizzi l'apporto partecipativo e che stimoli la coscienza critica e la vivacità intellettuale dei giovani.
  Sebbene, non avendo fonti di finanziamento, viviamo in base alla credibilità che deriva da quello che facciamo, un elemento qualificante del nostro Comitato è quello della media education. Stiamo infatti per avviare iniziative e rapporti di collaborazione nell'ambito dei quali cercheremo di qualificare la nostra azione proprio su questo tema: in questo senso, il rapporto con la scuola è fondamentale. Peraltro, mi risulta che, in passato, anche la RAI abbia avviato iniziative con le scuole, dal momento che, senza di loro, si fa poca strada. Posso dire dunque che il rapporto con la scuola costituisce un elemento fondamentale, non solo per noi, ma anche per la RAI.

  MARIA ELEANORA LUCCHIN, vicepresidente del Comitato media e minori. Sono Maria Eleonora Lucchin, vicepresidente del Comitato minori e media, in rappresentanza della componente emittenti. Avendo seguito la vita del Comitato fin dalle sue origini, dal 2003, e avendo sulle spalle tutta la sua storia, mi permetto di rispondere alla domanda sui criteri.
  Abbiamo portato dei dati, ma, se ritenete opportuno, possiamo produrvi successivamente le tabelle che sono state realizzate a consuntivo di tutta l'attività Pag. 26del Comitato e che rispondono esattamente alla domanda che lei ha fatto in merito al tipo di equilibrio che si è cercato di mantenere nei confronti del servizio pubblico, ovvero della RAI, e dei programmi di tutte le altre emittenti.
  Ovviamente, a oggi, il limite del Comitato è che può intervenire sulle emittenti firmatarie del Codice. Pertanto, finora si è lavorato sulle segnalazioni relative alle emittenti firmatarie. In ogni caso, vi invieremo le tabelle.
  In linea di massima, la risposta complessiva finale è che il Comitato minori lavora – come ha detto il presidente – sulla base delle segnalazioni che arrivano dalle associazioni o dai singoli utenti. Fin dalla partenza non si fa una valutazione di distinzione tra emittenza pubblica, privata o locale. Si prende in considerazione tutto ciò che arriva. Inizialmente, tutte le segnalazioni – ripeto – vengono prese in considerazione. Si valuta però se queste segnalazioni rispondono a criteri minimi di attendibilità perché, ovviamente, devono contenere i «dati anagrafici» relativi al programma. Per esempio, dobbiamo essere sicuri che il programma segnalato sia andato in onda e che effettivamente contenga l'elemento problematico o comunque oggetto della segnalazione.
  Non credo che il risultato della statistica dei procedimenti adottati dal Comitato possa rendere molto l'idea dell'equilibrio, perché le segnalazioni sui canali dell'emittenza commerciale, che ha caratteristiche diverse rispetto a quelle dell'emittenza pubblica, sono state, ovviamente, superiori. Pertanto, il ragionamento sulla percentuale ha bisogno di qualche riflessione ulteriore, che comunque è stata fatta all'interno del Comitato ed è contenuta nell'ultimo consuntivo del 2011, che è stato pubblicato e che ci preoccuperemo di farvi avere in copia cartacea, in modo che riusciate a leggere nelle righe tutte i criteri che sono stati adottati e gli eventuali equilibri mantenuti.

  MAURIZIO MENSI, presidente del Comitato media e minori. Aggiungo una considerazione relativa al fatto che il Comitato agisce su segnalazione, ma anche d'ufficio. Abbiamo queste due modalità, per cui, se riteniamo che ci siano i presupposti, interveniamo.
  Nel caso di «Mission» abbiamo letto, ma non abbiamo ancora visto il programma. Un intervento preventivo ci sembra dunque oltremodo inopportuno. Dopo aver visto, nel momento in cui dovessimo ravvisare elementi meritevoli di intervento, lo faremo in modo puntuale ed efficace, come è giusto che sia.

  REMIGIO DEL GROSSO, vicepresidente del Comitato media e minori. Mi sono già dissociato a suo tempo quando ho proposto al Comitato di occuparsi delle ricadute sui minori di un programma come «Mission». La maggioranza non ha voluto occuparsene, per cui mi sono dissociato.

   PRESIDENTE. Nel ringraziare gli auditi per il contributo, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.20.