XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 12 di Mercoledì 23 ottobre 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Calendario dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Seguito dell'audizione del Direttore generale della Rai, Luigi Gubitosi:
Fico Roberto , Presidente ... 3 
Gubitosi Luigi , direttore generale della RAI ... 3 

Sull'ordine dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 8 
Airola Alberto  ... 8 
Fico Roberto , Presidente ... 8 
Brunetta Renato (PdL)  ... 9 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 9 
Centinaio Gian Marco  ... 9 
Fico Roberto , Presidente ... 9 
Gasparri Maurizio  ... 9 
Minzolini Augusto  ... 10 
Fico Roberto , Presidente ... 10 
Minzolini Augusto  ... 10 
Fico Roberto , Presidente ... 10 

Audizione del Presidente del consiglio di amministrazione e del Direttore generale della RAI sul Contratto di servizio 2013-2015:
Fico Roberto , Presidente ... 10 
Tarantola Anna Maria , presidente del consiglio di amministrazione della RAI ... 10 
Brunetta Renato (PdL)  ... 10 
Fico Roberto , Presidente ... 10 
Tarantola Anna Maria , presidente del consiglio di amministrazione della RAI ... 10 
Gubitosi Luigi , direttore generale della RAI ... 10 
Fico Roberto , Presidente ... 10 
Tarantola Anna Maria , presidente del consiglio di amministrazione della RAI ... 10 
Fico Roberto , Presidente ... 14 
Tarantola Anna Maria , presidente del consiglio di amministrazione della RAI ... 15 
Gubitosi Luigi , direttore generale della RAI ... 15 
Tarantola Anna Maria , presidente del consiglio di amministrazione della RAI ... 18 
Gubitosi Luigi , direttore generale della RAI ... 19 
Margiotta Salvatore  ... 20 
Marazziti Mario (SCpI)  ... 21 
Brunetta Renato (PdL)  ... 22 
Migliore Gennaro (SEL)  ... 23 
Gasparri Maurizio  ... 24 
Airola Alberto  ... 26 
Lainati Giorgio (PdL)  ... 28 
Fico Roberto , Presidente ... 28

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.10

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e, qualora sia terminata la seduta dell'Assemblea, sul canale satellitare della Camera dei deputati.
  Comunico altresì che dell'audizione odierna sarà redatto e pubblicato il resoconto stenografico.

Calendario dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che il prossimo mercoledì 30 ottobre, alle ore 14, avrà luogo il seguito dell'audizione del presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, professor Angelo Marcello Cardani.

Seguito dell'audizione del Direttore generale della RAI, Luigi Gubitosi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione del direttore generale della RAI, dottor Luigi Gubitosi, iniziata lo scorso 26 settembre e proseguita l'8 ottobre. Ricordo che il dottor Gubitosi, cui cedo la parola, deve ancora rispondere a parte delle domande formulate dai commissari sul piano industriale della RAI e sulla relazione semestrale.

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della RAI. Cerco di rispondere rapidamente alle domande rimaste in sospeso dalla scorsa audizione, sperando di non aver dimenticato nulla.
  Il primo a cui vorrei rispondere è il senatore Fornaro, sul tema del centro di produzione di Torino. A questo riguardo, abbiamo avviato diverse azioni per valorizzarlo: nello specifico, è stata concentrata a Torino quasi tutta la produzione di Rai ragazzi, con particolare riferimento ai canali Yo-Yo e Gulp, trasferendo programmi precedentemente prodotti a Roma. La produzione è cresciuta e tenderà a crescere ulteriormente con i nuovi programmi prodotti dalla RAI. Inoltre, si è realizzato – ormai dovrebbe essere stato completato – un nuovo studio in cui si produrrà un talent di Raitre sugli scrittori, con una logica produttiva molto avanzata. Abbiamo poi razionalizzato diversi spazi per portare in via Verdi alcune strutture del Centro di ricerche e stiamo realizzando anche a Torino diversi prodotti per conto di RAI pubblicità – cosa che prima non si faceva. Del resto, come ricorderete dal mio intervento, tutti i centri di produzione oltre Roma, quindi Torino, Napoli e Milano, tenderanno a essere valorizzati con una certa specializzazione per settore.
  Il senatore Minzolini ha chiesto conferma dei dati sulla pubblicità e sulla raccolta per Carosello. In generale, non vorremmo dare troppi dati prospettici in quanto sensibili e competitivi. Comunque, per venire incontro alla richiesta, devo dire che fino ad agosto i dati Nielsen sono pubblici, quindi non c’è bisogno di dare ulteriori informazioni. Per quanto riguarda settembre, che si è già chiuso, la Pag. 4raccolta è in crescita di quasi il 7 per cento. Pure a ottobre la raccolta è in crescita, anche se il mese non è ancora completato; tuttavia, essendo ormai arrivati al 23, possiamo dire che sarà sicuramente positivo. Anche le prime avvisaglie su novembre sembrano positive. Lei chiedeva se riusciremo a raggiungere il range 670-685 che avevamo indicato come probabile o previsto a livello di piano industriale. A oggi, la risposta è sì perché, essendo ormai abbastanza vicini a fine anno, questi dati ci fanno pensare che, salvo drastici e imprevedibili cambiamenti del mercato, dovremmo raggiungere i risultati prefissati. Ovviamente, se il mercato sarà migliore, anche noi andremo meglio del previsto. In generale, anche se non abbiamo dati pubblici sull'intero mercato, ci sembrerebbe di poter dire che tutto il mercato si stia stabilizzando e che, peraltro, si assiste a una migliore performance di RAI rispetto alla maggior parte degli altri player. Per quanto riguarda Carosello, si tratta di una delle più importanti iniziative intraprese da Rai pubblicità e ha permesso di migliorare e ottimizzare le performance di vendita. Tra l'altro, vedremo qualche altra innovazione in questo senso. A oggi, anche se, come ripeto, non ci piace raccontare troppo questi dati, per dare un'idea, posso dire che parliamo di un fatturato derivante dal solo Carosello di circa 10-12 milioni di euro: questo, a occhio, dovrebbe essere l'impatto.
  Spero di aver risposto alla domanda del senatore Minzolini sulla pubblicità, quindi passerei alla domanda dell'onorevole Peluffo su Rai Yo-Yo senza pubblicità. Questo è coerente con il contratto di servizio, per cui il ministero ha richiesto che Rai Yo-Yo, che è destinato ai ragazzi di età prescolare, sia senza pubblicità. Ovviamente, questo ha un costo per la RAI, anche se pensiamo che la richiesta sia giusta. Da padre, infatti, mi sento di condividerla, anche se personalmente non sono convintissimo che la pubblicità faccia male. A ogni modo, non sarà una questione su cui solleveremo obiezioni. Abbiamo dunque ritenuto che abbia senso accettare la richiesta del ministero, che abbiamo accolto di buon grado, anche se ha un costo valutabile in diversi milioni di euro di mancata pubblicità per la RAI, stando ai valori del 2013, senza considerare che è un canale che sta crescendo. Detto questo, come preciserò parlando del contratto di servizio, trovo inusuale dire che sarebbe preferibile che questi canali siano senza pubblicità perché è inappropriata per i ragazzi, se poi questo deve valere solo per quelli della RAI: se i canali prescolari non devono avere pubblicità perché danneggia o si pensa possa danneggiare lo sviluppo dei ragazzi è bene che ciò valga per tutti. Tuttavia, per quanto ci riguarda direttamente, non abbiamo obiezioni in tal senso, quindi, una volta firmato il contratto di servizio, saremo disponibili a cancellare la pubblicità da Rai Yo-Yo.
  Il senatore Ranucci propone un maggior coordinamento tra RAI pubblicità e palinsesto. Sono assolutamente d'accordo: infatti, abbiamo i tre direttori di Raiuno, Raidue e Raitre nel consiglio di RAI pubblicità. Ricordo che l'anno scorso mi fu chiesto perché ci fossero. La risposta è perché in questo modo sono a conoscenza delle iniziative e dell'andamento di RAI pubblicità. Peraltro, vedo con piacere che si interessano e controllano anche l'andamento dei loro programmi. Oltre a questo, vi sono anche diverse riunioni congiunte a cui partecipano, ricordando sempre però che si fanno i programmi e poi si vende la pubblicità, non il contrario. Per quanto ci riguarda, vengono sempre prima i programmi e poi la pubblicità.
  Passiamo ora alla scuola di Perugia, su cui ho ricevuto domande dai senatori Minzolini e Gasparri e dal Presidente Fico. Rispondo a tutti e tre, visto che le richieste riguardano Perugia, compresa la domanda sul perché abbiamo designato Rizzo Nervo come presidente.
  In particolare, i senatori Minzolini e Gasparri chiedono del «pensionato» Rizzo Nervo. Innanzitutto, devo precisare che Rizzo Nervo è del 1953, quindi non è pensionato. Se ci ascoltasse l'ex Ministro Fornero, si preoccuperebbe di sentire di un pensionato del 1953. Invece non è così. In passato ha ricoperto il ruolo di direttore del TG3, poi del TGR, del TG La7 e Pag. 5delle news di MTV. È una persona con una vasta esperienza, un soggetto esterno, rispetto al quale si è ritenuto abbia, appunto, un'esperienza importante, mostri entusiasmo per l'insegnamento e per la formazione e sia una personalità autorevole per trasmettere questa conoscenza e questa capacità nell'ambito di una scuola di formazione che vogliamo rafforzare.
  Quindi, non si tratta di un pensionato, ma di persona di grande esperienza, persino unica, dal momento che abbiamo dei direttori che però non mostrano interesse per l'insegnamento perché vogliono continuare a svolgere il loro lavoro. Noi – quando dico noi mi riferisco a tutto il Consiglio, perché, se ben ricordo, anche questa nomina è passata all'unanimità – vogliamo rafforzare la scuola e crediamo che sia Rizzo Nervo come presidente, sia Socci come vicepresidente, sia Bagnardi come direttore, possano farlo in maniera importante.
  Per quanto riguarda l'assunzione di 35 giornalisti, la RAI è consapevole delle procedure di ammissione alla scuola di Perugia, che avviene con un bando pubblico: tuttavia, con il piano esodi avviato all'inizio dell'anno – ricorderete l'uscita dei 600 dipendenti come parte del piano – è emerso l'importante problema di recuperare velocemente alcune risorse, in quanto una gran parte dei giornalisti, per motivi anagrafici, si è allontanata dalle sedi regionali. Questo dipende dal fatto che nel 1978-1979 sono state create le sedi regionali ed è stato assunto un gran numero di giornalisti che sta arrivando – consentitemi il termine – a maturità in questi anni. Insomma, l'esodo si è concentrato e si correva il rischio di non andare in onda. Quindi, parte dell'accordo con l'Usigrai è stato per l'inserimento di giornalisti e prevedeva l'inserimento di 35 e poi di ulteriori 40 giornalisti con selezione interna, inclusa la partecipazione dei colleghi con partita IVA, selezione che sta avvenendo in questi giorni e che si completerà il 31 ottobre. Dopodiché, stiamo lavorando a un concorso nazionale per le future scelte. Il senatore Minzolini, che ha posto il tema dell'opportunità di assumere giornalisti dalla scuola di Perugia, ricorderà che la RAI nel 2010 aveva già assunto, direttamente dalla LUISS, 12 giornalisti per lo start up della redazione internet del TG1 al tempo della sua direzione, quindi non è inusuale adottare questo tipo di procedura nei momenti di urgenza.
  Per quanto riguarda la radio, l'onorevole Peluffo parlava del percorso di unificazione tra GR e GR Parlamento, mentre il senatore Ranucci chiedeva cosa fare per ringiovanire il target della radio. Nelle precedenti sedute ho ricordato che il GR Parlamento è nato da una costola del GR, quindi non mi è chiaro perché debba essere una testata separata. Avrebbe senso dunque l'unificazione del GR Parlamento con il GR RAI. Tuttavia, la radio ha problemi organizzativi importanti, pertanto prima di procedere con l'unificazione è necessario risolvere alcune priorità. Sto comunque giungendo alla conclusione che questo sia il suo target naturale. Tra le aree di intervento su cui stiamo lavorando figura anche, come diceva il senatore Ranucci, l'allargamento dell’audience a target più giovani, obiettivo che deve essere perseguito in primis da Radiodue. A tal fine, l'attuale palinsesto di Radiodue già include un maggior numero di programmi musicali rispetto al passato, che hanno sostituito o si sono aggiunti a programmi parlati, più adatti a target adulti.
  L'onorevole Peluffo, come già nella sua interrogazione, chiedeva notizie sull'Expo, in particolare circa il ruolo di host broadcaster, organizzazione logistica e informazione dell'evento. Con riferimento alle sue richieste, segnalo che nell'ambito degli accordi intercorsi tra la RAI e l'Expo non abbiamo previsto alcun canale dedicato all'esposizione universale Expo Milano 2015: ci sarà però un gruppo di lavoro che curerà la diffusione degli eventi più rappresentativi dell'Expo in tutti i canali RAI radio e televisione. A tal fine, stiamo completando la costituzione di uno specifico team incaricato di svolgere prevalentemente attività di ricerca e cura dei rapporti internazionali e istituzionali, di studio dei temi e dei sottotemi legati a Expo 2015, di progettazione, scrittura e attività di supporto ai colleghi delle redazioni e alle produzioni dei programmi.Pag. 6
  Attualmente, nell'accordo non è previsto che la RAI sia host broadcaster o tv principale dell'Expo. Si tratta di un'ipotesi che sarà esaminata puntualmente e definita nei prossimi mesi, anche in funzione dell'evoluzione dello scenario di riferimento. In ogni caso, è stata elaborata una prima ipotesi di progetto e di coordinamento comunicativo e informativo a favore di espositori in relazione ai media internazionali che saranno presenti durante tutte le fasi di Expo 2015. Il coordinamento del progetto è previsto a Roma per motivi funzionali, in quanto qui hanno sede tutti i canali RAI, ma proprio per dare il giusto peso al territorio abbiamo previsto anche una sede distaccata a Milano, città che rappresenterà il nucleo del progetto. Un ruolo importante sarà svolto anche dal TGR di Milano, che avrà a disposizione tutti i mezzi necessari per dare copertura all'evento. Ricordo, infine, che l'accordo con l'Expo prevede, in linea generale, che i piani operativi di dettaglio per lo sviluppo dell'iniziativa siano implementati entro marzo 2014. Approfitto per dire che sono circolate alcune agenzie su un eventuale obiettivo della RAI di ridurre l'attività a Milano. Ebbene, sono assolutamente infondate e prive di alcuna veridicità. Anzi, come ho già avuto modo di dire per Torino, potrei fare lo stesso ragionamento per Napoli e Milano; abbiamo infatti quattro centri di produzione e il nostro obiettivo è difenderli, specializzarli e dar loro tutta l'infrastruttura tecnologica di cui hanno bisogno per avere pari dignità tra loro e grande capacità di sviluppo e di realizzazioni professionali. Pertanto, all'Expo è rivolta una grande attenzione. È un grande momento per il Paese di dimostrare cosa sa fare l'Italia e noi vorremmo essere in prima linea a documentarlo e a raccontarlo.
  Per quanto riguarda gli immobili, il senatore Ranucci chiede quali si pensa di vendere e quale è, più in generale, il piano di riorganizzazione degli immobili. Riguardo all'organizzazione dividerei il tema in cinque punti, in relazione alle città che ospitano i quattro centri di produzione tv e le sedi regionali. Per Torino è stato avviato il progetto che prevede il trasferimento del personale RAI e di RAI pubblicità in via Cavalli. Per la sede di via Cernaia dovranno esser fatte le valutazioni sull'attività di bonifica e decidere la soluzione più vantaggiosa. Entro l'anno saranno completati i lavori e trasferiremo tutto il personale. In tal modo, la questione dell'amianto a Torino dovrebbe essere definitivamente risolta. Per quanto riguarda Roma, la priorità è data dalla ricerca di una sistemazione per trasferire il personale di viale Mazzini sul modello di quanto fatto a Torino. Si rende inoltre necessario razionalizzare il numero di sedi a Roma e il rinnovamento degli studi. Napoli non presenta problemi ed è gestita efficacemente. Ovviamente, sarà digitalizzata anch'essa e aggiornata, ma dal punto di vista immobiliare non presenta criticità. Per quanto riguarda la sede di Milano, non c’è – ripeto – alcuna intenzione di chiuderla, nemmeno parzialmente. Anzi, proprio in vista di Expo 2015 punteremo a rafforzarla. Per noi Milano e tutto il territorio lombardo hanno un ruolo strategico. A Milano sono perseguibili le sinergie con RAI pubblicità, in analogia con quanto fatto a Torino, dove Rai e RAI pubblicità occupavano due immobili diversi, mentre ora convergeranno in un'unica sede. È anche grazie a questo tipo di razionalizzazione che stiamo valutando la dismissione di alcuni immobili di RAI pubblicità. Rimane infine il fatto che alcune sedi regionali sono vecchie e in alcuni casi sovradimensionate rispetto alle esigenze del personale impiegato. Per esempio, Cagliari è una sede decisamente vecchia e così mi dicono anche di Pescara e di altre sedi come Genova e Firenze, che meritano una riflessione. Sicuramente, su alcune sedi regionali dovremo fare quindi una valutazione.
  Il senatore Gasparri chiedeva come mai, in alcuni casi, vi sia stato il mancato rispetto della delibera sull'incompatibilità tra ruolo di dirigente, giornalista e conduttore. In verità, non ho ancora avuto il tempo di occuparmene nel dettaglio: ci sono però alcuni casi di cui so di dovermi occupare. Tuttavia, visto che passo molto tempo su altre cose, non ce l'ho ancora fatta. Forse, quando diminuirà un po’ il Pag. 7flusso di interrogazioni parlamentari riuscirò a dedicarmi anche questo: ovviamente è solo una battuta. La risposta più formale è che l'incompatibilità tra le attività dirigenziali e quelle di conduttore è data dal fatto che la separazione dei ruoli garantisce una migliore allocazione del tempo e delle risorse umane, per cui è preferibile che la figura del controllore (o meglio del capostruttura) non coincida con quella del controllato o conduttore. Quindi, in linea di massima, dovremmo avere due persone differenti. Se uno sta conducendo e scrivendo un programma è difficile che possa pensare alla tipologia dei programmi di quel tipo. Di conseguenza, facendo salve le deroghe che servono all'azienda e che ottimizzano la nostra struttura professionale (eviteremo, insomma, di farci del male da soli), tenderemo a far rispettare la regola dell'incompatibilità del doppio incarico.
  Il senatore Scavone esprime preoccupazione per il calo di ascolti di certi programmi di intrattenimento, come La vita in diretta. A questo proposito, è necessario ricordare il successo registrato dalla soap opera di Mediaset Il segreto perché è giusto riconoscere il merito ai competitor quando fanno bene. Questa soap opera sta avendo infatti molto successo e questo sta incidendo sul programma direttamente concorrente della RAI. È stato inoltre fatto un lavoro di ritaratura sul programma che ha portato a un miglioramento della qualità, che è appunto cresciuta. Le tematiche sono in linea con quello che avevamo detto negli editoriali, quindi vogliamo evitare la strumentalizzazione del dolore e della cronaca, con un rapporto più sereno con l'attualità e, in generale, con «la vita in diretta». Peraltro, le ultime settimane fanno notare un trend di miglioramento, di cui siamo contenti: tuttavia, questo è stato un classico caso in cui abbiamo preferito la qualità alla quantità, considerando anche la bella performance da parte del competitor che ha azzeccato una soap opera che va molto tra certi tipi di pubblico.
  Passo, ora, alla domanda dei senatori Ranucci e Scavone su teatro e musica in tv. Riguardo al teatro, sarà avviato un tavolo di lavoro a cui parteciperà il Ministro Bray e alcuni tra i principali esperti di teatro – il primo incontro si terrà in RAI il 30 ottobre – per valutare un'ipotesi di percorso comune per la valorizzazione del teatro italiano. In questo senso, vorrei ricordare che abbiamo cambiato il posizionamento di Rai 5, che partirà con un nuovo management e un nuovo palinsesto. Sarà il canale della cultura e delle performing art. La nuova offerta di Rai 5 si baserà non solo sul teatro, ma anche su danza, musica colta, cinema d'autore, documentaristica d'autore, arti figurative e letteratura. Mi piace anche menzionare che l'intero consiglio di amministrazione della RAI, all'unanimità, ha esaminato il piano e ha espresso il proprio plauso nei confronti del management di Rai 5 per quanto ipotizzato: speriamo ne segua un successo di critica e pubblico. A ogni modo, quando inizierete le audizioni dei direttori di rete sono sicuro che rimarrete molto soddisfatti da quanto vi racconterà Rai 5.
  Il senatore Ranucci chiedeva anche come bilanciare l'acquisto dei diritti sportivi tra le varie discipline: questa è una bella domanda. Innanzitutto, va ricordato che il grosso della spesa riguarda quattro discipline (calcio, automobilismo, sport invernali e atletica). L'anno scorso abbiamo comprato i diritti a trasmettere 269 eventi. Dobbiamo cercare di dare quanto più possibile accesso a tutti gli sport, anche a quelli minori, perché fa parte della nostra missione. A parte le quattro grandi discipline che ho citato, vi sono anche la pallavolo e il basket, sport molto popolari. Dopodiché, per il resto, dovremmo valutare con buonsenso in funzione delle attività internazionali e di quello che non viene già trasmesso da altri canali free, che quindi non sia già fruibile dai telespettatori. In ogni caso, cercheremo di continuare a dare visibilità anche agli sport minori.
  Vi era poi una domanda da parte dei senatori Gasparri e Minzolini che chiedevano informazioni sul contratto di Crozza. In realtà, il contratto di Crozza non c’è perché, come avrete letto, la trattativa è sfumata. Su questo però terrei a darvi Pag. 8ugualmente una risposta, leggendo un estratto: «L'eventuale imposizione a RAI dell'obbligo di pubblicare i compensi dei conduttori, degli ospiti, degli opinionisti, nonché i costi di produzione dei propri programmi, sebbene volto a soddisfare l'esigenza di accountability del servizio pubblico, non sarebbe priva di implicazioni di carattere concorrenziale. L'imposizione dell'obbligo in parola creerebbe un'evidente asimmetria nel settore televisivo, atteso che RAI sarebbe l'unico operatore soggetto all'obbligo di rendere pubblici i propri costi a un livello di dettaglio disaggregato. Considerato che si tratta di dati per loro natura estremamente sensibili sotto il profilo commerciale, la loro pubblicazione potrebbe ridurre la capacità competitiva di RAI nell'acquisire e trattenere risorse, soprattutto umane, che costituiscono un input fondamentale per la fornitura di servizi radiotelevisivi, né può ritenersi condivisibile, sotto il profilo concorrenziale, un'ipotetica estensione dell'obbligo di trasparenza dei costi a tutti gli operatori televisivi».
  Queste, che condivido in pieno, non sono parole mie, ma di Antonio Catricalà quando era presidente dell'Agcm. Sotto questo aspetto, il caso Crozza è emblematico. Avevamo un artista che poteva rafforzare il palinsesto di Raiuno, riportando la satira in prima serata, ma non siamo riusciti a chiudere un accordo per le polemiche innescatesi nei giorni scorsi, che hanno generato un'atmosfera di forte tensione. In questo contesto, è comprensibile che Crozza abbia deciso di non sottoporsi a questa prova, preferendo una soluzione diversa. Personalmente credo che un paese che ha paura della satira sia in difficoltà morale. Non mi risulta sia mai successa una cosa del genere nei paesi in cui esiste il servizio pubblico radiotelevisivo ed è un peccato che sia successa in Italia. Ho letto cifre molto dettagliate in relazione all'ipotetico contratto di Crozza. Si parlava di 25,5 milioni per 53 puntate (cioè due anni e mezzo circa) e di un costo medio a puntata di 475.000 euro, per la durata di 70 minuti. È facile riempire le prime pagine dei giornali citando i compensi alle star. Mi limito a dire che il costo di una serata di Crozza sarebbe stato ripagato dai ricavi pubblicitari in misura significativamente superiore rispetto a quanto tipicamente avviene per le prime serate di Raiuno. Si è assistito all'intromissione nelle normali regole di concorrenza, cosa che rappresenta un'anomalia italiana. Vi leggo quanto dichiarato da Urbano Cairo, proprietario di La7, durante la conferenza stampa di giovedì 17 ottobre, in occasione dell'annuncio del rinnovo del contratto tra Crozza e La7: «Crozza rimane felicemente a La7 per i prossimi tre anni, in totale esclusiva con noi, per fare una trasmissione che ha una parte in primavera e una parte in autunno. Per quanto riguarda il cachet, mi permetto di mantenere la riservatezza. Non per altro, noi non abbiamo la Commissione di vigilanza, non abbiamo Brunetta che imperversa e ci chiede quanto costa e quanto guadagna, quindi possiamo permetterci di non dirlo. Diciamo che è un tema riservato che ci teniamo per noi». Io non so quanto lo paghi Cairo, e non lo posso sapere, ma Cairo sa quanto lo avremmo pagato noi. I nostri concorrenti sono bravi e non hanno bisogno di aiuti. A questo punto, penso che la Rai abbia già dato. Per favore, lasciateci competere nel mercato senza interferenze.

Sull'ordine dei lavori.

  PRESIDENTE. Prima di passare all'audizione della presidente Tarantola, do la parola ai colleghi che intendono intervenire sull'ordine dei lavori.

  ALBERTO AIROLA. Siccome, purtroppo, il nostro ultimo appuntamento si è concluso con una risposta del direttore a cui non ho potuto replicare, chiederei la possibilità di una replica. Tuttavia, essendo la replica funzionale anche al discorso che facciamo sul contratto di servizio, le domando se ritiene opportuno che intervenga adesso o nella prossima audizione.

  PRESIDENTE. Direi che possiamo rinviare tutto alla prossima audizione.

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  RENATO BRUNETTA. Vorrei chiedere se questo finale di relazione del direttore generale possa essere accettato in silenzio da questa Commissione. È l'ennesima provocazione del direttore generale. A parte l'ordine dei lavori e come questi si organizzeranno, credo che mancare di rispetto a una Commissione parlamentare sia assolutamente da censurare. Penso che di questo si debba dar conto in maniera specifica in una prossima riunione della Commissione di vigilanza.
  Non è accettabile che una Commissione parlamentare venga insultata in questa maniera dal funzionario di un ente pubblico come il dottor Gubitosi. Su questo mi permetto di fare un'eccezione e chiedo una valutazione al Presidente, al quale lascio la decisione su come organizzare una specifica riunione della Commissione di vigilanza, al fine di valutare, appunto, i comportamenti del direttore Gubitosi in merito al rispetto che egli deve a questa istituzione parlamentare.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Intervengo anch'io sull'ordine dei lavori. Non ho nessuna intenzione di limitare il dibattito di questa Commissione sui diversi temi. Tuttavia, le chiedo di rispettare l'ordine del giorno con il quale siamo stati convocati. Avendo concluso il processo auditivo precedentemente iniziato, con le risposte che abbiamo sentito dal direttore generale, passerei quindi come da convocazione, all'audizione dei vertici RAI sul contratto di servizio, fermo restando che l'Ufficio di Presidenza valuti le discussioni successive da fare in Commissione.

  GIAN MARCO CENTINAIO. Mi dichiaro totalmente d'accordo con quanto dichiarato dal presidente Brunetta. Dottor Gubitosi, vorrei ricordarle che la differenza tra lei e Cairo è che lei ha pagato con i soldi dei cittadini italiani, quindi è tenuto a venire in Commissione di vigilanza RAI per spiegare quello che succede in azienda.

  PRESIDENTE. Innanzitutto, voglio dire che oggi ci soffermiamo sul contratto di servizio, che è un atto importantissimo, forse uno dei principali, che la Commissione deve esaminare. Siccome è molto importante procedere su questo tema e riuscire a completare questo lavoro fondamentale, cerchiamo di ragionare sui contenuti di questo contratto.
  Dopodiché, in un prossimo Ufficio di Presidenza, potremo tranquillamente valutare le richieste di tutti i commissari sia rispetto a un'ulteriore audizione del direttore generale Gubitosi su tematiche specifiche, sia rispetto a problematiche sollevate in Commissione in merito a richiami su cui possiamo confrontarci insieme.
  Se oggi il direttore generale va via, non significa che non verrà più, né che la Commissione non si riunirà più. Abbiamo il tempo di lavorare su tutte le questioni, mantenendo però in prima linea il contratto di servizio, che – ripeto – costituisce un atto fondamentale che questa Commissione deve esaminare. Poi, nei prossimi giorni in Ufficio di Presidenza o in un'ulteriore Commissione parleremo delle tematiche specifiche che tutti i commissari giustamente intendono sollevare.

  MAURIZIO GASPARRI. Intervengo anch'io sull'ordine dei lavori, visto che altri colleghi lo hanno fatto. Esprimo anch'io un po’ di sorpresa per la conclusione del direttore perché ci sono delle regole. Non sono solo – come ha detto il senatore Centinaio – il canone e la proprietà pubblica al 100 per cento della RAI che pongono dei vincoli. Infatti, stiamo qui a parlare del contratto di servizio della RAI proprio per la natura particolare del contesto giuridico e proprietario. Io pure mi divertirei a parlare con Cairo o con Confalonieri della loro performance, ma c’è una specificità RAI che lei, direttore, non può ignorare, con regole specifiche per quanto attiene i compensi, ma di questo parleremo nella discussione sul contratto di servizio. Insomma, ci sono regole che impongono la trasparenza. Lo so che è uno svantaggio competitivo. Peraltro, è anche un vantaggio avere assicurato metà del bilancio dal canone, cosa che gli altri non hanno.

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  AUGUSTO MINZOLINI. Vorrei chiedere una precisazione. In questi casi possiamo avere diritto di replica ?

  PRESIDENTE. In questo caso, no.

  AUGUSTO MINZOLINI. Ancora, vorrei dire che al dottor Gubitosi dovrebbe far piacere che abbiamo posto la questione Crozza. Infatti, tutti i giornali hanno dato delle cifre. Ora, se per lei questa è una cosa normale, rispetto all'opinione pubblica quelle cifre hanno creato se non un disappunto, almeno un disorientamento.

  PRESIDENTE. Passiamo ora al punto dell'ordine del giorno, ovvero all'istruttoria che stiamo avviando sul contratto di servizio. Successivamente, organizzeremo i lavori della Commissione anche rispetto a quanto detto finora.

Audizione del Presidente del consiglio di amministrazione e del Direttore generale della RAI sul Contratto di servizio 2013-2015.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Presidente del consiglio di amministrazione e del Direttore generale della RAI, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione. La dottoressa Tarantola e il dottor Gubitosi riferiranno, per i profili di rispettiva competenza, sul nuovo Contratto di servizio tra la RAI e il Ministero dello sviluppo economico, per il triennio 2013-2015. Questa audizione si inquadra nell'ambito dell'attività istruttoria che la Commissione ha avviato in relazione al nuovo Contratto nazionale di servizio 2013-2015.
  Cedo quindi la parola alla dottoressa Tarantola e al dottor Gubitosi, con riserva per me e per i colleghi, al termine dei loro interventi, di rivolgere domande e richieste di chiarimenti.

  ANNA MARIA TARANTOLA, presidente del consiglio di amministrazione della RAI. Grazie, Presidente. Buongiorno a tutti. Mi avvarrò di qualche lucido per illustrare la mia relazione.

  RENATO BRUNETTA. Si può sapere per quanto tempo parleranno la dottoressa Tarantola e il dottor Gubitosi, in maniera tale da capire se ci sia spazio per le domande ? Sarebbe infatti corretto conoscere i tempi di intervento dell'uno e dell'altro per evitare che parlino solo loro, come è successo l'altra volta.

  PRESIDENTE. Di quanto tempo ha bisogno ?

  ANNA MARIA TARANTOLA, presidente del consiglio di amministrazione della RAI. Penso che starò nell'ordine di una mezz'ora, forse anche meno.

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della RAI. In genere vado a braccio, quindi non ho calcolato quanto dovrò parlare. Cercherò di parlare il meno possibile: spero però di dire tutto ciò che è utile.

  PRESIDENTE. Solitamente, per prassi, dal 6 giugno stiamo mantenendo una tempistica di una quarantina di minuti per gli interventi e di un'ora e venti per le domande e le risposte.

  ANNA MARIA TARANTOLA, presidente del consiglio di amministrazione della RAI. Cercherò di attenermi scrupolosamente ai tempi. Siccome avete già avuto modo di audire sia il viceministro Catricalà sia il presidente dell'Agcom, professor Cardani, non penso di fare un esame completo della bozza del nuovo contratto di servizio, ma mi limiterò a focalizzare la mia attenzione su due aspetti. Il primo è un'analisi comparata di cosa fanno i servizi pubblici europei, di come lo fanno, con quali risorse e con quali controlli; l'altro invece è un focus sulle principali novità, in particolare su quelle che hanno un impatto, economico o meno, rilevante per l'azienda.
  Come vedete, la prima slide riguarda il perimetro dell'attività, ovvero cosa fa la RAI in relazione a quello che fanno gli altri. Pag. 11A questo riguardo, abbiamo esaminato altri quattro Paesi, il Regno Unito con la BBC, la Spagna con RTVE, la Francia e la Germania.
  Tutti i servizi pubblici svolgono la loro attività in ambito sia nazionale e regionale sia internazionale su tutte le piattaforme. Ormai tutti sono presenti, come servizi pubblici, nell'ambito televisivo, radiofonico e web.
  Riguardo alle modalità con cui sono presenti, possiamo individuare due modelli: un modello integrato, tipico della RAI, della BBC e della radiotelevisione spagnola, e un modello specializzato proprio di Germania e Francia; troviamo quindi più società di servizi pubblici. Per esempio in Francia l'attività televisiva è distinta da quella radiofonica con delle società ad hoc, per cui Radio France è specializzata solo nella radiofonia.
  La slide successiva mostra quanti canali hanno questi diversi servizi pubblici. Con l'avvento del digitale tutti i servizi pubblici europei hanno sviluppato i canali tematici perché ormai l'interesse del pubblico è quello di farsi un proprio palinsesto, quindi di andare durante la giornata – questa è la linea di tendenza – sui vari canali tematici e scegliere, ora per ora, cosa vedere. I canali tv sono 17 in Italia, 47 in Gran Bretagna, 15 in Francia e 23 in Germania. L'unica che ne ha di meno è la tv spagnola, che ha subìto l'impatto molto forte di alcune norme interne che hanno assottigliato di parecchio l'attività del servizio pubblico.
  L'Italia rimane ai primi livelli, anzi è quella che ha l’audience maggiore, non solo in Italia, ma anche in Europa. Gli altri si attestano più o meno intorno al 30 per cento. La RAI invece è sull'ordine del 40 per cento.
  Riguardo ai generi offerti, la gamma è molto ampia. Si va dall'informazione, all'intrattenimento, alle fiction, allo sport, ai programmi per i bambini. Tutta l'offerta di tutte le emittenti è considerata unica e indivisibile, cioè è considerata servizio pubblico. La cifra del servizio pubblico non sta però nei generi, quindi in quel che si trasmette, quanto nella qualità dell'offerta e nel rivolgersi all'intera popolazione.
  Riguardo al finanziamento, tutti i servizi pubblici hanno un finanziamento pubblico. Si riscontrano due modelli. Il modello del Regno Unito e della Spagna prevede un finanziamento solo attraverso risorse pubbliche e, specificatamente, l'Inghilterra attraverso il canone e la Spagna attraverso un finanziamento pubblico diretto a carico del bilancio statale. Invece, in Germania, in Francia e in Italia vige un regime di finanziamento misto canone e pubblicità. Tuttavia, tutti possono sviluppare dei ricavi commerciali per la vendita, per esempio, di prodotti radiotelevisivi o dvd.
  Passiamo ora alla regolamentazione e al contesto normativo. Come vedete, tutti i servizi pubblici operano in virtù o di concessione o di una specifica legge e hanno contratti tra loro paragonabili. Uso questa parola perché il contratto non è proprio identico in quanto dobbiamo tener conto che i contesti normativi dei vari Paesi sono appunto molto diversi. In generale, la convenzione ha una durata più o meno decennale (in Spagna è di 9 anni). Vi è poi un contratto applicativo della convenzione o della previsione legislativa. In particolare, attraverso questi atti, quindi convenzioni, leggi e contratti, si tende a regolare le linee e gli indirizzi editoriali, quindi numero e tipologia di canale. Invece, la normativa italiana prevede anche una regolamentazione di generi e quote di programmazione.
  Gli altri Paesi, a esclusione della Spagna, sono finanziati con il canone. Ebbene, in questi Paesi il canone è considerata una tassa. Nel Regno Unito e in Francia è una tassa di possesso su tutti i device; in Italia è una tassa dovuta per il possesso di apparecchi atti e adattabili alla ricezione radiotelevisiva; in Germania è una tassa collegata all'abitazione, sia essa di proprietà o in affitto. In generale, in Europa sono previste sanzioni molto elevate per gli evasori, pari anche al doppio di quelle previste in Italia, con la possibilità, come in Gran Bretagna, di arrivare a sanzioni di natura penale. A titolo di esempio vi posso dire che la BBC può utilizzare i cosiddetti detective van, ovvero dei camioncini che girano e rilevano l'esistenza di un televisore acceso. Tutte le emittenti pubbliche realizzano campagne Pag. 12di comunicazione per la raccolta del canone. Tutti i sistemi pubblici hanno un sistema di controllo. Questa slide mostra, appunto, tutte le autorità che hanno poteri di controllo sui vari emittenti pubblici. Il sistema di controllo più articolato è quello italiano. Infatti, abbiamo un controllo da parte della Commissione parlamentare di vigilanza, del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero dell'economia e delle finanze, dell'Agcom, dell'Agcm, della Corte dei conti, della società di revisione e del collegio sindacale della RAI.
  Per passare a qualche dato, abbiamo visto che il servizio pubblico italiano ha un perimetro di offerta più o meno analogo a quello degli altri Paesi; è leader in Europa per quanto riguarda gli ascolti e ha un numero di canali e di risorse umane «analogo» (lo dico tra virgolette in quanto confronti diretti non si possono fare, anche se questi sono dei dati di riferimento) a quello degli altri Paesi. Inoltre, come vedete, ha il canone più basso e – come già sapete avendolo sentito proprio da me in una precedente audizione – il tasso di evasione più elevato, che oscilla intorno al 27 per cento, stando ai dati 2012, mentre in altri Paesi si aggira tra l'1 e il 5 per cento. L'evasione è dovuta a tantissimi fattori. Mi permetto di riportare la vostra attenzione su uno di questi, certamente non l'unico e forse neppure il principale. Mi riferisco al sistema di riscossione e normativo, che è meno incisivo rispetto a quello adottato in altri Paesi.
  Ora, a fronte dell'attività, simile a quella degli altri Paesi, dei controlli e dei numeri, cerchiamo di rispondere alla domanda sulla qualità. Ebbene, sul fronte della qualità dal 2009 facciamo una rilevazione sulla corporate reputation, che si basa su criteri condivisi all'interno della Commissione MISE-RAI. I risultati dell'ultima rilevazione condotta nella primavera dell'anno in corso mostrano dati confortanti. Ne richiamo soltanto alcuni: la RAI offre contenuti di qualità per l'85 per cento degli intervistati; è autorevole per l'82 per cento; è un'azienda prestigiosa per l'86 per cento; è tempestiva nel dare le notizie per il 91 per cento. Ovviamente, sono dati che fanno piacere, ma non devono farci dormire sugli allori. Dobbiamo sempre migliorare. Questa deve essere la cifra dell'azienda. Comunque, mi fa piacere condividere con voi il fatto che, a settembre, quando sono stata alla settimana per il Prix Italia ho avuto modo di incontrare diversi giornalisti di testate, anche autorevoli, di altri paesi, i quali, avendo avuto modo di conoscere questi dati – hanno una capacità incredibile di recuperare le informazioni – non dico che ci facevano i complimenti, ma erano particolarmente colpiti da questi risultati, che non riscontravano nelle loro realtà. Peraltro, lo stesso presidente della BBC ha fatto una dichiarazione ufficiale di apprezzamento di questi risultati.
  Riassumendo quanto abbiamo visto in queste slide, possiamo dire che tutti i servizi pubblici hanno sviluppato canali tematici e tutti considerano come futuro quello di avere un palinsesto anche attraverso canali dedicati e specializzati per soddisfare l'esigenza di autoformazione del palinsesto da parte della clientela (il cosiddetto «palinsesto on-demand»).
  L'intera programmazione è considerata di servizio pubblico. Il perimetro delle attività viene definito in termini di canali e di servizi, non in termini di genere di programmazione e, salvo che nel nostro Paese, non sono previsti obblighi relativi a quote minime di programmazione rispetto a determinati generi.
  Il canone è una tassa di possesso: ho detto che in Germania è collegata all'uso dell'abitazione. Il tasso di evasione è in generale molto basso e sono presenti incisivi strumenti di recupero. In Francia, in Germania e in Italia il sistema di finanziamento misto fa sì che gli introiti derivanti dalla raccolta pubblicitaria servano anche a finanziare le attività di servizio pubblico. Non esiste alcun vincolo che limiti l'utilizzo delle risorse pubbliche al finanziamento di una sola parte dell'attività di servizio pubblico.
  Veniamo ora al nuovo contratto. Anche su questo, come ho detto, accennerò soltanto ad alcuni aspetti innovativi e a impegni particolarmente sensibili per l'azienda. È ovvio che è un contratto estremamente delicato e importante in quanto traghetta la Pag. 13RAI verso la scadenza della concessione: dobbiamo quindi essere in grado di svolgere al meglio la nostra funzione di servizio pubblico per essere pronti all'eventuale rinnovo, che ovviamente auspichiamo. La delegazione RAI, in tutti i contatti che ha avuto con il MISE, ha affrontato – permettetemi di dirlo in qualità di presidente – questo tema con grande spirito di collaborazione e disponibilità. Inoltre, il consiglio di amministrazione ha condiviso e approvato l'intero schema contrattuale con senso di responsabilità, accettando anche alcune previsioni particolarmente onerose in punto sia economico sia gestionale, su cui il direttore generale penso avrà modo di intervenire nel dettaglio. L'obiettivo di fondo che ci si è posti è stato di avere un contratto che fosse semplice, razionale e ben strutturato in modo da rendere comprensibile a tutti, quindi anche al pubblico, che tutta la programmazione di servizio pubblico risponde con coerenza agli obiettivi di servizio pubblico. Per raggiungere questo scopo abbiamo operato sulla semplificazione degli articoli, che si sono ridotti da 32 a 24, e coordinato l'articolato, per esempio raggruppando in un solo articolo (articolo 2) gli obblighi per il triennio, in modo da avere un punto di riferimento chiaro.
  Il contratto si apre con un preambolo in cui è definita la missione del servizio pubblico. Mi fa piacere rilevare che è stata favorevolmente accolta la proposta della RAI di introdurre questo preambolo, in quanto esso mette in luce valori, contenuto e ruolo del servizio pubblico e trova ispirazione nella Carta dei valori dell'European Broadcasting Union (EBU) e negli indirizzi del Consiglio europeo. Vi sono poi sono sei capi (i princìpi generali, l'offerta, la tecnologia, il finanziamento e la gestione economico-finanziaria, i controlli e le norme finali).
  La prima novità è costituita proprio dal preambolo in quanto declina e dà contenuto ai principi generali del testo unico. In passato ho letto molte critiche perché in Italia non c’è norma in cui sia chiaramente espressa la missione di servizio pubblico. Invece, nel testo unico del 2005 abbiamo una norma in questo senso. Infatti, l'articolo 2, comma 1, lettera t), e l'articolo 7, comma 4, dicono che la concessionaria, nell'esercizio della sua attività, è tenuta ad attenersi al mandato pubblico in tutta la sua complessiva programmazione, anche non informativa. Il preambolo declina proprio cosa voglia dire attenersi nella sua complessiva programmazione al mandato pubblico. Pertanto, ancorché in un contratto e non in una norma di legge, questo preambolo dà questa definizione. Non ve lo leggo tutto, ma ricordo il punto a), che dice: «rendere disponibile ad ogni cittadino, nella molteplicità delle forme divulgative, su differenti piattaforme, una pluralità di contenuti, di diversi formati e generi che rispettino i princìpi dell'imparzialità, dell'indipendenza e del pluralismo al fine di consentire a ciascun cittadino di potersi autonomamente formare opinioni ed idee e partecipare in modo attivo e consapevole alla vita del Paese».
  Inoltre, dobbiamo «avere cura – cito ancora – di raggiungere le varie componenti della società, prestando attenzione alle diverse esigenze di generazione, di genere, territoriali, culturali, religiose e quant'altro», nonché «di veicolare corretti princìpi rivolti a formare una cultura di legalità, di rispetto della persona, di convivenza civile e di forte contrasto a ogni forma di violenza».
  Credo che sia importante anche per la Commissione parlamentare che tra l'azienda concessionaria e Parlamento, cittadini, MISE e così via, sia chiarita qual sia la missione di servizio pubblico.
  Tra l'altro, il preambolo comprende molti «considerato» che rimandano a normative italiane e internazionali. Non li cito tutti perché sono tanti. Richiamo però la vostra attenzione su uno di essi, che riporta, in maniera innovativa, la dichiarazione e la raccomandazione del Consiglio d'Europa sui media di servizio pubblico approvata il 16 febbraio 2012, che propone alcune linee direttrici per modernizzare il sistema di governance degli organismi di servizio pubblico. Viene, cioè, richiamata l'indipendenza, l'assunzione di responsabilità, la gestione efficiente, la capacità di risposta e responsabilità deontologica, Pag. 14la trasparenza e l'apertura. Come sapete, questa raccomandazione ha la finalità molto ben esplicitata di garantire la piena indipendenza editoriale e operativa dei media di servizio pubblico, chiedendo nel contempo ai governi degli Stati membri di bilanciare l'indipendenza con un sistema di controllo e di valutazione continua. Infatti, come abbiamo visto prima, tutti hanno un sistema di controllo. Intendo precisare che il preambolo è parte integrante del contratto di servizio.
  Tra le altre novità, ne richiamo un'altra. Dovendo scegliere le cose da dire in un tempo breve, ho deciso di cosa parlare anche in relazione alla mia sensibilità personale. Infatti, come avrete notato, il preambolo mi interessa molto, quindi ho attirato la vostra attenzione su di esso.
  L'altra novità importante è il rafforzamento delle previsioni che riguardano la dignità della persona e la promozione dell'uguaglianza di genere. Tra queste, mi preme richiamare l'attenzione sull'articolo 10, relativo alla rappresentazione non discriminatoria, ovvero l'impegno che la RAI si assume di promuovere e di attuare i principi enunciati nella Convenzione ONU sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne e nella Convenzione del Consiglio d'Europa dell'11 maggio 2011 sulla prevenzione della violenza domestica nei confronti delle donne. La RAI è il primo servizio pubblico che, con una comunicazione a firma congiunta mia e del direttore generale, assume una policy di genere. È una cosa che il Consiglio d'Europa aveva raccomandato, non obbligato. Tuttavia, dopo lunga meditazione abbiamo ritenuto che, al di là degli obblighi normativi o di quelli previsti nello stesso contratto di servizio, assumere una policy di genere fosse un segno di grande attenzione verso la corretta rappresentazione della figura femminile e verso il corretto equilibrio della presenza delle donne anche nella stessa politica interna dell'azienda. Ci tengo a dirvi che siamo i primi. Ecco, ogni tanto la RAI fa anche cose positive.
  Viene poi resa obbligatoria la rilevazione della presenza quali-quantitativa delle donne in video, che fa seguito alla sperimentazione prevista dall'attuale contratto. La sperimentazione è stata fatta e ha dato dei buoni risultati, ma è anche emerso che le metodologie di rilevazione non erano le migliori possibili, quindi sono state cambiate ed è partito l'avvio di una rilevazione non più sperimentale con metodologie più robuste. Probabilmente, i risultati saranno pronti all'inizio del 2014 e ovviamente, come abbiamo fatto per quelli sperimentali, verranno comunicati alla Commissione.
  Nell'ambito degli articoli 4, 5, 6 e 7 sono stati assunti impegni da parte della RAI per promuovere la conoscenza della Costituzione, dei meccanismi costituzionali e dello statuto dell'Unione europea. Cito queste novità perché sono principi importanti su cui il consiglio di amministrazione della RAI ha svolto un'opera attiva. Peraltro, su questi indirizzi sono già stati resi edotti tutti i nostri responsabili editoriali perché è importante partire per tempo.
  Ci sono anche altre novità che comportano un impatto significativo in termini economico-gestionali. Su questi però vi riferirà il direttore, quindi mi limito a indicarli per tema. Abbiamo l'impegno a divulgare le nuove tecnologie; il divieto per i canali tematici dedicati ai minori in età prescolare di diffondere la pubblicità; l'introduzione dell'obbligo per ciascun canale, semigeneralista e tematico, di destinare una quota di programmazione ai generi cosiddetti «predeterminati» (vi ricordo che siamo l'unico Paese che ha un vincolo di questo tipo); rendere riconoscibile per i telespettatori la programmazione dei generi predeterminati, inserendo la frase «programma finanziato con il contributo del canone». In particolare, questa previsione è stata oggetto di un intervento da parte dell'EBU, con una lettera che mi è stata inviata e che ho subito girato al Presidente della Commissione, al viceministro Catricalà e al presidente dell'Agcom. In sostanza, l'EBU ha sollevato alcune perplessità su questa previsione.

  PRESIDENTE. Devo aggiungere che è pervenuta la risposta del viceministro Catricalà, trasmessa a tutti i componenti della Commissione.

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  ANNA MARIA TARANTOLA, presidente del consiglio di amministrazione della RAI. Vorrei poi dirvi che alcune previsioni sono già in linea con quello che stiamo facendo o che abbiamo già avviato. Mi riferisco, per esempio, alla localizzazione delle fiction prevalentemente in ambito nazionale; alle informazioni da rendere ai produttori indipendenti; alla pubblicazione dei bilanci semestrali, annuali e rendicontazioni varie, prevista nello specifico articolo 27; alla rilevazione della presenza quali-quantitativa delle donne in video, alla costituzione di una struttura ad hoc per il dialogo con le associazioni di consumatori; alla graduale digitalizzazione dei sistemi di produzione per RAI all news (a questo proposito, sapete che l'anno scorso siamo partiti con il TG2 digitalizzato; siamo a buon punto con il TG1 e il TG3 e stiamo lavorando anche sui TGR, secondo il piano); ai programmi per la diffusione dell'educazione economico-finanziaria e tecnologica (è poco noto, infatti, che la RAI sta lavorando su questo fronte di concerto con il MIUR e andremo in onda a breve con specifiche lezioni di economia, di alfabetizzazione finanziaria e quant'altro); alla valorizzazione della presenza e dell'offerta internazionale.
  In conclusione, vorrei dirvi che questo contratto di servizio è per noi importante e impegnativo perché ci traghetta verso la scadenza della convenzione. Vorrei dar conto del grande senso di responsabilità che il consiglio di amministrazione ha avuto nell'approvarlo, anche se su alcune previsioni c’è stato un grande dibattito poiché sono particolarmente «costose» per l'azienda.
  Come amministratore, non posso non evidenziare che l'evasione dal canone, che è la più alta in Europa, è un problema grave e quindi un fenomeno da combattere. A questo proposito, l'articolo 19 del nuovo contratto prevede che il MISE si impegni a individuare, anche con il coinvolgimento delle amministrazioni competenti, le più efficaci metodologie di contrasto. La lotta all'evasione dal canone rappresenta la leva più importante per ridurre anche, tra gli altri fenomeni, una situazione di sbilancio ormai strutturale che di anno in anno si verifica nella contabilità separata che teniamo, sulla base dei principi dettati dall'Agcom. Del resto, la sicurezza dei finanziamenti è un elemento a cui tutte le norme europee attribuiscono grande valore al fine di tutelare l'indipendenza dei sistemi pubblici. Sul tema dello sbilancio si è espressa la Corte dei conti che, nell'ambito dell'ultima rilevazione relativa all'esercizio 2010, nel confermare lo sbilancio che emergeva dalla contabilità separata, ha preso atto che la RAI ha chiesto al Ministero dello sviluppo economico di provvedere al pagamento delle somme non erogate per compensare i costi del servizio pubblico. RAI non lo ha mai contabilizzato, ritenendo questo importo non incassabile. In più occasioni il collegio sindacale della RAI ha chiesto all'azienda di attivare azioni per il recupero di questo disavanzo.

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della RAI. Comincio con una rapida carrellata sul 2010-2012 e sugli adempimenti del contratto di servizio. In questo biennio, si è sviluppata la più ampia e diversificata offerta gratuita in Italia e in Europa. Non c’è bisogno che vi riparli dei canali, visto che ne abbiamo già discusso a proposito del piano industriale. Anche su questo, comunque, la situazione non è statica, ma stiamo lavorando per migliorare i canali esistenti. A questo stadio, non sono previsti nuovi canali. La produzione in HD è crescente e inizia a essere «HD native» per offrire a tutto il pubblico uno spettacolo ad alta definizione. Abbiamo mantenuto la leadership sia a livello di gruppo, sia a livello di canali, sia tra gli editori di canali nativi digitali. Abbiamo circa 20 milioni di utenti mensili al servizio televideo. Da questo punto di vista abbiamo quindi risultati soddisfacenti.
  Per quanto riguarda la radio, abbiamo la più ampia e articolata offerta in Italia. Copriamo tutti i principali eventi dello sport, della cultura e della musica, con 1,4 milioni di programmi radiofonici in archivio. Come forse ho detto poc'anzi, stiamo digitalizzando anche tutte le nostre teche sia radiofoniche sia televisive. Il progetto Pag. 16di digitalizzazione è partito; sarà un lavoro lungo, alla fine del quale avremo però l'archivio più significativo d'Europa.
  Inoltre, abbiamo la più consistente offerta informativa anche regionale del panorama italiano. Il TGR è estremamente importante per noi, quindi cercheremo di rafforzarlo ulteriormente. Peraltro, una caratteristica distintiva della RAI, come di tutti gli altri servizi pubblici, è proprio la presenza del servizio regionale. Tutti i nostri omologhi in Europa hanno un servizio regionale molto diffuso.
  Ampio spazio hanno la musica, i nuovi talenti, musica indipendente e di qualità. Insomma, cerchiamo di crescere su questi aspetti.
  Si è cercato di incrementare lo sviluppo dell'offerta cross-piattaforma, con rai.tv, che ha avuto un grande successo, e rai.it. Abbiamo un numero significativo di browser, in crescita rispettivamente del 29 e 27 per cento nei primi mesi del 2013: questa è però un'area in cui intendiamo crescere ulteriormente. È stata posta anche molta attenzione alla sicurezza della navigazione da parte dei bambini.
  Per quanto riguarda il servizio internazionale, è stata incrementata l'offerta. Per inciso, quella internazionale è un'area di tradizionale debolezza della RAI. Dal 1 ottobre è partito il nuovo palinsesto, quindi a mano a mano si dovrebbe vedere arricchire l'offerta RAI.
  Attualmente, all'estero trasmettiamo RAI Italia, che è un canale generalista, Rai Premium, canale tematico come il meglio della fiction di produzione targata RAI, e ritrasmettiamo Rainews 24. Su rai.tv si crea un'edizione con i programmi per i quali abbiamo i diritti anche per l'estero. Infine, Euronews è una società europea a cui partecipiamo al 33 per cento. Abbiamo dunque un'offerta significativa che sarà incrementata perché – ripeto – non siamo ancora soddisfatti del livello di offerta internazionale, anche se è sicuramente in crescita.
  Abbiamo rispettato le quote di investimento nell'audiovisivo italiano ed europeo. Ricordiamo che siamo il principale produttore di fiction e uno dei più rilevanti player nella produzione e distribuzione del cinema in Italia. Abbiamo rispettato anche le quote minime per documentari, cartoni animati e film di animazione.
  Raiway è il principale provider italiano di infrastrutture e servizi. Ha realizzato il passaggio alla tv digitale terrestre con quattro multiplex DVB-T, di cui uno regionalizzato – cosa estremamente complessa in un Paese come il nostro – la cui copertura è superiore al 99 per cento, mentre gli altri tre hanno una copertura superiore al 90 per cento della popolazione.
  A regime, avremmo investito circa 500 milioni. Tra parentesi, quando parliamo dell'indebitamento della RAI, i due numeri non sono particolarmente dissimili, quindi si può vedere quanto ha inciso questo elemento. In altri paesi, peraltro, c’è stato un contributo statale alla digitalizzazione, mentre da noi è stata interamente finanziata dalla RAI.
  Abbiamo sperimentato tra il 2010 e il 2012 il DVB-T2, che è una nuova tecnologia che, in sintesi, dimezza lo spazio di banda occupato, grazie a una maggiore capacità di compressione. Infine, riguardo alla fase di start up del digitale terrestre anche per la radio, devo dire che in Trentino-Alto Adige è partito il DAB+, che il 15 novembre sarà inaugurato anche in Friuli-Venezia Giulia: a mano a mano inizierà quindi la rete diffusiva nel nord Italia, che si estenderà fino alla copertura totale, entro il 2014.
  Questi sono gli investimenti: ricordo che in totale abbiamo speso finora 371 milioni, che cresceranno, appunto, anche a causa del piano di rimodulazione di alcune frequenze, volto a eliminare interferenze che si sono verificate. Questo per quanto riguarda il 2010-2012.
  Passo alle novità del nuovo contratto 2013-2015.
  Innanzitutto, ciascun canale semigeneralista avrà l'obbligo di trasmettere, nella fascia oraria dalle 6 alle 24, non meno del 40 per cento di programmi di generi predeterminati e non meno del 20 per cento entro il 31 dicembre 2014. Questo incide solo su Rai 4, che tende a trasmettere fiction di produzione tipicamente extracomunitaria e prevalentemente americana, che vanno molto. Si dovrà quindi Pag. 17ridurre l'ammontare di queste fiction perché nei generi predeterminati non c’è la produzione extraeuropea.
  Entro il 1 dicembre 2013 (ammesso che il contratto sia firmato entro questa data), la RAI dovrà rendere riconoscibile per i telespettatori, in modo agevole e immediato, la programmazione di generi predeterminati, inserendo la frase «programma finanziato con il contributo del canone»: di questo ha già parlato il presidente, quindi non mi dilungo.
  Inoltre, come abbiamo già detto, non ci potrà essere comunicazione commerciale audiovisiva tra i programmi per bambini in età prescolare, quindi su Rai Yoyo.
  Ancora, dovremo garantire la valorizzazione dei centri di produzione decentrati, assicurando il pieno utilizzo della loro capacità produttiva, in particolare per la realizzazione e diffusione di programmi dei generi predeterminati di servizio pubblico: questo obbiettivo fa peraltro parte del nostro piano industriale. In particolare, a Milano si svilupperà l'intrattenimento, che in questo momento non fa parte dei generi predeterminati, quindi potremmo avere qualche piccolo aggiustamento da fare in questo senso. Per esempio The Voice, il programma di punta di Raidue dell'anno scorso, è sviluppato a Milano.
  I punti che coincidono sono sostenere l'innovazione tecnologica, che è uno dei punti fermi del nostro piano industriale (stiamo, infatti, provvedendo alla digitalizzazione dei sistemi produttivi per poter sviluppare la trasmissione di prodotti televisivi in alta definizione), e sviluppare progetti attraverso consorzi di trasmissioni radiofoniche in tecnica digitale. Pertanto, come dicevo prima, siamo molto allineati con gli obblighi del piano.
  Per quanto riguarda la piattaforma, ricorderete dal piano industriale che vogliamo valorizzare la nostra presenza attraverso piattaforme connesse a tablet e a smartphone, così come vogliamo impegnarci ad avere un filo diretto con gli utenti in regola. Sotto questo aspetto, intendiamo sviluppare piattaforme che permettano di accedere alle nostre teche, per cui, una volta digitalizzate, bisognerà permetterne l'accesso: si potrà così andare indietro nel tempo per esaminare i principali programmi della RAI.
  Ancora, ci impegniamo a realizzare i prodotti audiovisivi di nazionalità italiana entro i confini nazionali. Credo che questo sia già sostanzialmente avvenuto: non mi risulta vi siano in questo momento fiction prodotte al di fuori dei confini, ove non sia strettamente necessario per motivi di sceneggiatura. Ugualmente, per quanto riguarda lo spazio a opere italiane ed europee prodotte negli ultimi 5 anni, riteniamo che non ci dovrebbero essere difficoltà nel continuare a garantire questo spazio, come peraltro facciamo.
  Al fine di realizzare best practice sulla trasparenza a livello europeo, divulgheremo le linee editoriali in anticipo. In sostanza, racconteremo i nostri obiettivi in termini editoriali per l'anno a venire, cosicché i produttori indipendenti possano attrezzarsi per offrire alla RAI quanto richiesto. Pertanto, anziché avere modalità di comunicazione uno a uno tra produttore e RAI, come in passato, avremo una diffusione anche a livello informatico delle principali linee editoriali, cercando di far sì che – come dice il punto b) – le modalità di presentazione dei progetti avvengano con tempi certi e ragionevoli. Cerchiamo così di rendere ancora più trasparente il rapporto con i produttori facendo sapere loro cosa vuole fare la RAI. Per questo – ripeto – ci impegniamo a raccontare tutti i nostri obiettivi.
  Per quanto riguarda la gestione economico-finanziaria, pubblicheremo il bilancio semestrale e il bilancio di esercizio. In realtà, noi già diamo anche i risultati trimestrali. In questo senso, ci siamo autoimposti di comportarci come una società quotata, per cui ogni tre mesi pubblichiamo i dati. Infatti, i risultati del terzo trimestre saranno disponibili dal 31 ottobre. Peraltro, mi fa piacere anticiparvi che saranno soddisfacenti.
  Comunque, secondo il contratto di servizio, semestralmente e annualmente pubblicheremo anche i dati relativi al personale dipendente e le retribuzioni per tipologie Pag. 18contrattuali, indicando numeri e costi di ogni rispettiva fascia dirigenziale e impiegatizia. Del resto, è quello che abbiamo fatto consegnando al presidente Fico la relazione del 27 luglio. Preciso che qui si cita solo la parte dirigenziale, ma l'abbiamo fatto per tutti i dipendenti.
  La RAI si impegna anche a spiegare come sono allocati i valori di servizio. Stabiliremo anche un filo diretto, in via telematica, con gli utenti che permetta loro di avere un'interlocuzione. Questo passerà anche per un notevole rafforzamento del nostro sito che conterrà molte informazioni ulteriori sulla RAI, volte a rappresentare la best practice. A questo proposito, mi piace ricordare che in Italia siamo gli unici ad aver dato un'informazione di questo genere, oltre alla Camera dei deputati.
  Nel 2015 redigeremo il primo bilancio sociale. Redigeremo già un bilancio 2013 di prova, così da avere, nel 2015, un 2014 comparato al 2013.
  La RAI si impegnerà a collaborare – questo è il nostro grande interesse – con le autorità competenti nel contrastare l'evasione dal canone, segnalando nelle sedi opportune dati ed elementi al fine di consentire l'effettuazione di controlli e accertamenti. Cercheremo di collaborare ulteriormente con l'Agenzia delle entrate e con la Guardia di finanza per combattere l'evasione.
  Infine, per quanto riguarda le comunicazioni, secondo l'articolo 21 del contratto di servizio, ogni tre mesi dovremo consegnare una relazione dettagliata su offerte, risultati di ascolti, traffico web, qualità dell'offerta, monitoraggio su pubblicità indiretta, pari opportunità e monitoraggio della pubblicità occulta.
  Dovremo monitorare il rispetto delle quote di emissione e di investimento per l'audiovisivo europeo e dovremo fornire una completa informativa sui risultati economico-finanziari di esercizio al Ministero dello sviluppo economico, al Ministero dell'economia e delle finanze, all'Autorità e alla Commissione parlamentare, informativa che conterrà informazioni sull'andamento del canone, sull'andamento della pubblicità, sui ricavi pubblicitari della concessionaria per mezzi e tipologia e sugli indici di affollamento pubblicitario.
  Trasmetteremo al MISE e al Ministero dell'economia e delle finanze piani industriali, previsioni economiche, bilanci consuntivi di esercizio e bilanci infrannuali al 30 giugno. Per la verità, già li stiamo trasmettendo – ripeto – anche trimestrali. Alla scadenza di ogni trimestre invieremo inoltre le rilevazioni dei messaggi pubblicitari trasmessi e una relazione per eventuali nuovi canali che tuttavia, come dicevo prima, non sono al momento previsti.
  In chiusura, su questa parte, abbiamo concordato con il Ministero di lavorare insieme per preparare la consultazione 2016. A questo proposito, vorrei approfittare della vostra attenzione ancora per qualche minuto per illustrarvi quello che definiamo internamente il «Progetto RAI 2016».

  ANNA MARIA TARANTOLA, presidente del consiglio di amministrazione della RAI. Vorrei aggiungere qualcosa su questo tema. Proprio perché siamo molto sensibili a prepararci bene per la scadenza dell'attuale concessione, studiando le iniziative adottate negli altri paesi (vi ho detto che più o meno tutti hanno una convenzione), ci siamo riferiti in particolare all'esperienza della BBC.
  In Inghilterra, è stato avviato un processo molto articolato su cui vorrei richiamare la vostra attenzione. Infatti, la BBC e il Ministero di riferimento – nel loro caso il Ministero della cultura, non quello dello sviluppo economico – hanno lavorato in modo separato, ma molto sinergico e coerente e hanno svolto diverse attività e consultazioni pubbliche su tematiche diverse. In particolare, la BBC si è focalizzata sulla qualità dell'offerta e il Ministero della cultura sui canali, sull'internazionalizzazione e sulla tecnologia. In un certo senso, l'aspetto hard è stato di interesse del ministero, anche attraverso la consultazione pubblica, invece l'aspetto soft, che riguarda le produzioni e l'offerta, è stato seguito soprattutto dalla BBC.
  Seguendo questo orientamento, abbiamo delineato un progetto chiamato Pag. 19«Progetto RAI 2016», che è stato sottoposto all'attenzione del consiglio e approvato, su cui adesso ci riferirà nei contenuti il direttore generale.

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della RAI. Siamo partiti da un progetto simile. Difatti, ogni 10 anni la BBC ridiscute la propria royal charter, che è l'equivalente del nostro testo unico, cioè definisce la missione, gli obblighi, la governance e il modello di finanziamento. Questa è poi presentata al Parlamento dal Ministro della cultura e viene promulgata dalla regina. Pertanto, l’agreement è l'equivalente del nostro contratto di servizio.
  Partendo con un certo anticipo, circa due anni e mezzo prima, la BBC ha avviato una consultazione pubblica definendola «review of the BBC's royal charter». Nello specifico, ha avviato una ricerca sull'opinione pubblica; ha fatto molti sondaggi d'opinione; ha aperto sei seminari tematici, guidati da esperti indipendenti; ha pubblicato un libro bianco dal titolo «A strong BBC, independent of government» e un'altra pubblicazione dal titolo «A public service for all: the BBC in the digital age». Il dibattito è poi continuato fino al luglio 2006, quando hanno approvato l’agreement, che la regina ha promulgato.
  In sostanza, la BBC ha fatto una riflessione sulla propria missione aperta ai cittadini, sia sul futuro editoriale sia sul senso del servizio pubblico in genere, integrato con quanto sviluppato parallelamente dal Ministero della cultura, media e sport, che svolge il ruolo del nostro MISE su queste tematiche, su quelle industriali e sull'immagine internazionale del Paese. BBC e Ministero della cultura hanno avviato due indagini parallele, contestualmente seguite dal Parlamento e dall'Ofcom.
  Seguendo l'esperienza BBC per il rinnovo della concessione, il consiglio di amministrazione della RAI ha preso atto di un'ipotesi di lavoro denominata «Progetto RAI 2016» per sviluppare un libro bianco sulla missione e sull'offerta e per effettuare un processo di confronto e analisi comprensivo di una consultazione pubblica, informandone ovviamente il MISE, nonché cooperare con lo stesso ministero per una consultazione pubblica, quando questo la avvierà.
  L'attività di analisi e di confronto sul libro bianco dovrebbe coinvolgere la popolazione. Si tratta, cioè, di un'analisi su un campione rappresentativo della popolazione, includendo soggetti sia italiani residenti all'estero, sia residenti in Italia di cittadinanza straniera, nonché istituzioni come università, enti culturali, istituzioni locali, figure di rilievo del mondo che circonda la RAI, la cultura e il mondo radiotelevisivo in genere, come autori, giornalisti, artisti, produttori, ma anche imprenditori, associazioni e i principali servizi pubblici europei, con i quali ci confrontiamo. L'intera RAI dovrà esserne coinvolta, partendo dall'azionista al vertice aziendale, al management, alle organizzazioni sindacali, ai dipendenti, ai collaboratori.
  La domanda alla quale vogliamo rispondere è qual è il valore generato e cosa deve fare il servizio pubblico. Vogliamo, perciò, porre una domanda fondamentale per poter rispondere in tempo. Per quanto riguarda il presidente e chi vi parla, questa è una domanda che ci vede partire come parte del management RAI, ma ci vedrà poi rispondere da cittadini in quanto è al di là della scadenza del nostro mandato. Comunque, ci piace avviare questo processo per collaborare alla continuità della RAI.
  Abbiamo quindi un'ipotesi di lavoro sulle aree su cui vorremmo concentrare il confronto. La prima è la missione e la creazione di valore del servizio pubblico. In sostanza, vogliamo chiarire cosa deve fare il servizio pubblico. La seconda è l'offerta di contenuti, canali e servizi, cioè di cosa si deve occupare il servizio pubblico. Inoltre, vogliamo chiarire qual è il rapporto con il Paese e il contesto internazionale; quale deve essere la sua struttura industriale e la sua innovazione tecnologica; qual è il rapporto con l'industria creativa, l'industria culturale e l'industria digitale del Paese e infine quale governance, quale finanziamento e quale natura giuridica dovrà avere la RAI. Naturalmente, Pag. 20il Ministero dello sviluppo economico sarà coinvolto e sarà probabilmente il driver su questi ultimi aspetti: sarà dunque l'occasione per discutere e riflettere su questi elementi.
  La BBC ha gestito l'evento in questo modo e così il consiglio di amministrazione della RAI ha inteso impostare un suo contributo al dibattito che si sta sviluppando. Peraltro, come sapete, si sono tenuti già numerosi convegni e discussioni sul tema.
  Vi do un esempio di cosa vorrebbe dire tutto questo in pratica.
  Quando parliamo della prima area, ovvero la missione e la creazione di valore del servizio pubblico, i servizi pubblici europei interpretano il ruolo del servizio pubblico attraverso sei principali direttrici: creazione di valore in termini di utilità per l'utente; crescita del capitale sociale del Paese; supporto all'industria nazionale dell'audiovisivo; rappresentazione di tutte le componenti della vita politica, area istituzionale per eccellenza in cui il pluralismo deve essere il driver di riferimento; espressione delle tante anime della società civile, quindi universalità dell'offerta, copertura di diverse culture, minoranze, fasce sociali, ovvero ridurre le disuguaglianze e soprattutto accrescere il rispetto reciproco; impatto sulla cultura nazionale e internazionale. In sostanza, dobbiamo misurare la capacità di contribuire allo sviluppo culturale del Paese, anche sotto il profilo della stabilizzazione tecnologica, così come curare la vicinanza e territorialità dell'offerta, attraverso l'offerta di canali locali e specializzati per genere editoriale. Vi sono ancora il rafforzamento dell'industria dell'audiovisivo e la rilevanza del servizio pubblico nello sviluppo e nella creazione di valori nel panorama industriale nazionale.
  Questa è una delle aree tematiche all'interno della quale andremo a vedere quali sono le missioni e le implicazioni strategiche. Non le sviluppo tutte per non gravare troppo sul tempo. Tuttavia, l'ipotesi è di creare un comitato consultivo per presentare il progetto nel 2014, con il piano per il libro bianco e un convegno per il lancio dell'iniziativa. Intendiamo effettuare ricerche demoscopiche e seminari sul libro bianco e sulle tematiche oggetto del percorso di riforma con le istituzioni centrali in tutte le sedi regionali, dopodiché prevediamo la consultazione pubblica e il contributo alla conclusione dei lavori. Ipotizziamo comitati consultivi a titolo gratuito e un supporto forte da parte di un team RAI. Insomma, è una grande attività per capire cosa vuole il Paese dalla RAI, quindi come fa il Paese a parlare a sé stesso. Prevediamo anche la trasmissione in diretta dei diversi seminari, la predisposizione e gestione di un sito dedicato, la pubblicazione a cura di RAI Eri (la nostra casa editrice), del libro bianco RAI 2016, editoriali sulle differenti tematiche nei contenitori del TG e sezioni dedicate a RAI 2016 in occasione dei novant'anni della radio e dei sessant'anni della televisione.

  SALVATORE MARGIOTTA. Signor Presidente, dico in premessa che ho molto apprezzato la sua idea, anche a seguito della proposta del capogruppo del PD, onorevole Peluffo, di rinviare ad altra riunione l'approfondimento di alcune delle questioni che sono emerse all'inizio, perché credo che sia il momento per la Commissione di vigilanza di fare un po’ di chiarezza al proprio interno. Troppe volte pare che il compito di questo organismo, anziché quello istituzionalmente previsto dalla legge, sia quello di contrapporsi alla RAI, al servizio pubblico e al suo management. Ecco, non credo che questo aiuti il Paese e il suo servizio pubblico. Chiudo con una battuta, dal momento che ho visto che c’è una grandissima enfasi sui giornali sulla dichiarazione del presidente Brunetta. Non ritengo che il direttore abbia insultato la Commissione di vigilanza. Personalmente, non mi sento affatto insultato da un'analisi che ha fatto, che si può condividere o meno, e che ha portato a un risultato, ovvero, dal mio punto di vista, a un indebolimento del servizio pubblico e della RAI nei confronti degli altri competitor.
  Ciò detto, vengo al contratto di servizio, soffermandomi su una sola questione. Se Pag. 21ne potrebbero trovare tante altre, ma un dato saliente è quello del famoso bollino, anche a seguito della lettera che la Presidente Tarantola ha voluto inviarci e a diversi articoli che sono comparsi sui giornali e che, a mio parere, meritano un approfondimento critico. Dirò subito che non ho certezze sull'argomento. Quando il viceministro Catricalà ce ne ha parlato, egli stesso ha evidenziato che si tratterebbe di una sperimentazione i cui risultati sono tutti da vedere. Certo, a me convinceva molto e continua a convincere l'idea che per trasparenza sia utile distinguere il tipo di programmazione finanziato con il canone da quello finanziato con la pubblicità. Tuttavia, i problemi mi sembrano molti e profondi, anche dal punto di vista strettamente giuridico e normativo. Intanto, la lettera all'Unione europea di Radiotelevisioni europee associate, che è l'associazione delle tv pubbliche europee, evidenzia che in nessun altro paese vi è questa distinzione e soprattutto che non esistono differenziazioni e gradini. Ho difficoltà a ritenere che informare ed educare sia servizio pubblico e determinare momenti di divertimento sia invece avulso dal servizio pubblico.
  Sono molto più convinto di quello che stabilisce la legge, considerato che all'articolo 2, lettera t), del testo unico della radiotelevisione del 2005 si parla di servizio pubblico e complessiva programmazione. Le stesse parole si trovano nella sentenza della Corte costituzionale n. 826 del 1988 e, coerentemente con questo indirizzo, ritroviamo anche una risoluzione del 1996 del Parlamento europeo e la determinazione del 2003 della Commissione dell'Unione europea, dati, peraltro, presenti in un articolo di un importante costituzionalista, il professor Alessandro Pace, che è già stato fondatore e presidente dei costituzionalisti.
  Il professor Pace chiude il suo intervento dicendo che probabilmente qualcuno ha l'idea di arrivare a una sorta di privatizzazione pro parte della RAI, quindi tutto quello che è finanziato dalla pubblicità, nel momento in cui si dice che esula dal servizio pubblico, diventa terreno di nessuno o di praterie. Su questo vorrei sentire il parere del presidente e del direttore, che hanno condiviso il contratto. Tuttavia, credo che anche da parte loro debba esserci un approfondimento critico di una problematica che nell'analisi del contratto di servizio da parte della Commissione rappresenterà uno dei punti fondamentali, se non il punto fondamentale.
  Infine, vorrei aggiungere una notizia che non c'entra con il contratto di servizio. Annuncio che ho presentato la mia prima interrogazione relativa agli articoli di giornale che si riferiscono all'utilizzo di fondi, da parte della direzione precedente, per regali e omaggi di cui non si conoscono bene i destinatari. Aspetto dunque una risposta alla mia interrogazione.

  MARIO MARAZZITI. Ringrazio il direttore generale e la presidente Tarantola. Devo dire che mi fa piacere poter parlare di cose robuste, dalle quali mi auguro derivi un innalzamento della qualità e dell'offerta del servizio pubblico nei prossimi anni. In questo senso, condivido l'osservazione di chi mi ha preceduto: siamo di fronte a un compito importante.
  Credo che sia importante anche quello che ci è stato detto in merito all'esempio del percorso inglese per A strong BBC, independent of government. Infatti, condivido il percorso scelto dalla RAI di una maggiore pubblicità, di consultazione di diversi soggetti italiani e del pubblico per arrivare a una RAI 2016 pronta almeno a concorrere alla nuova richiesta dello Stato italiano perché la RAI rimane ancora il soggetto più titolato per questo, visto il lavoro che ha fatto fino ad oggi. Questo quindi sembra essere il percorso giusto.
  In questo senso, mi sembra giusto anche il desiderio di una RAI «independent of government». Devo dire che questo non dipende molto dalla RAI, ma più da noi. Tuttavia, ritengo che questo, per noi, significhi dover mettere seriamente sul tavolo l'opzione di un ripensamento, non solo sulla riforma della RAI e del servizio pubblico, ma sull'esistenza stessa di un soggetto, quale la Commissione parlamentare di vigilanza, come strumento di controllo e di indirizzo.Pag. 22
  Credo infatti che per l'Italia potrebbero essere maturi i tempi per un completo ripensamento, quindi per superare l'esistenza della Commissione parlamentare di vigilanza e per la nascita di una fondazione per la valutazione della congruità e della qualità del servizio pubblico radiotelevisivo. Per l'Italia sarebbe un segnale il ritiro dei partiti dalla RAI. Parlo non di un'abdicazione della responsabilità della politica, ma di un ritiro materiale e pratico, per rendere la RAI indipendente a tutti i livelli: annuncio dunque che su questo studieremo, lavoreremo e prenderemo iniziative.
  La seconda osservazione riguarda le importanti cifre dello studio comparato sul canone e sui servizi pubblici europei. Emerge con chiarezza come la RAI si mantenga a livelli bassi di finanziamento complessivo. I 2.787 milioni comprensivi di tutte le entrate, oltre al canone, sono analoghi a quelli della ZDF e sono quasi la metà di quelli della BBC. Su questo, siamo convinti che in RAI vi sia un eccesso di dispersione di offerta e troppi canali, ma dobbiamo anche dire che la dispersione si configura più nel disordine dei canali RAI che nell'eccesso. La BBC, infatti, ne ha 47: insomma, dobbiamo ragionare insieme su cosa vuol dire compattare l'offerta RAI per essere più competitivi a livello anche europeo.
  Sul canone, mi preme dire che l'impostazione italiana come tassa di possesso, sebbene analoga a quella di altri paesi, rimane forse la più antiquata. La tassa di possesso è sul mero apparecchio radiotelevisivo, quando ormai l'offerta radiotelevisiva riguarda varie piattaforme e vari device. Anche su questo, sarei favorevole a che, a livello parlamentare, lavorassimo, sia congiuntamente sia anche indipendentemente da voi, per strutturarci in una direzione simile a quella tedesca (cioè di una tassa legata all'abitazione, quindi al possesso di più device) oppure a quella francese. In ogni caso, occorre prevedere un'imposta per tutta l'offerta radiotelevisiva che lo Stato possa riallocare in base alla quantità di servizio pubblico richiesto, eventualmente anche verso altri soggetti. In sostanza, non è detto che questa riscossione da parte dello Stato – a quel punto senza il 27 per cento di evasione che sembra esserci attualmente – possa essere lo strumento di finanziamento del servizio pubblico, ma anche di altri soggetti e di riequilibrio del mercato, qualora questo possa essere considerato utile e necessario.
  Infine, vorrei fare una piccola annotazione sull'ultima osservazione della presidente Tarantola sull'internazionalizzazione e su come il Ministero della cultura fosse più attento all’hardware che al software. Secondo me, nella mission della RAI il problema dell'internazionalizzazione è ancora poco coraggioso rispetto ai tempi. Penso infatti che il Mediterraneo e le sue grandi trasformazioni ci vedano deboli e che il nuovo contratto di servizio pubblico debba interagire con Parlamento, Governo e Stato, ovvero con la mission del Paese in questa area decisiva nell'attuale momento storico mondiale. Sotto questo aspetto ritengo che bisognerebbe rafforzare il piano industriale e tenere conto nel contratto di servizio dell'Italia all'estero, nel senso sia tradizionale della tv per l'Italia all'estero – che, peraltro, oggi può contare anche sugli italiani all'estero non più in chiave folcloristica, quindi può essere two ways – sia di creazione di modelli di cooperazione all'origine dell'informazione o della conoscenza dell'altro, in collaborazione con altri soggetti in altre parti del Mediterraneo. Ecco, direi che questo elemento avrebbe bisogno di essere non residuale, come purtroppo è stato fino adesso.

  RENATO BRUNETTA. Ricordo a me stesso, alla Commissione, al dottor Gubitosi e alla dottoressa Tarantola che l'attuale contratto di servizio, tuttora in vigore e in regime di prorogatio, all'articolo 27, comma 7, prevede l'obbligo da parte della RAI di pubblicare gli stipendi percepiti dai dipendenti e dai collaboratori, nonché informazioni sui costi della programmazione di servizio pubblico. Quest'obbligo del contratto di servizio attualmente in vigore è stato ampiamente disatteso sia dalla precedente gestione della RAI sia dall'attuale. Pertanto, si potrà tranquillamente dire che l'attuale dirigenza Pag. 23RAI ha contravvenuto al contratto di servizio, non pubblicando, secondo quanto previsto dallo stesso, gli stipendi percepiti dai dipendenti e dai collaboratori. Ricordo, inoltre, che esiste una normativa specifica che prevede questo e che il contratto di servizio prendeva spunto proprio da questa normativa. L'attuale dirigenza non ha – ripeto – rispettato il contratto di servizio. Inoltre, annuncio che su questo punto non sono d'accordo con il viceministro Catricalà, che aveva fatto la proposta, oggi ribadita dal direttore generale, di pubblicare i compensi per fasce e in maniera generica. Comunque, su questo ci sarà la discussione in Commissione di vigilanza. Ricordo ancora che il garante, in data 30 giugno 2010, aveva dato il proprio nullaosta a questo tipo di procedura prevista dal contratto di servizio. In sostanza, il punto centrale è la trasparenza, che deve essere la stella polare per un'azienda e per una dirigenza pubblica. È paradossale, dottor Gubitosi, che una semplice richiesta di trasparenza su un cachet faccia saltare un contratto. Siamo nell'ambito di quello che la letteratura economica chiama «azzardo morale», cioè comportamenti opportunistici post-contrattuali, in questo caso pre-contrattuali. Cosa aveva di speciale quel contratto, se è bastata una semplice richiesta di trasparenza per fare allontanare l'uno, l'altro o tutti e due i contraenti ? Se il contratto era buono, che problema c'era ? Una richiesta di trasparenza da parte del sottoscritto o di chiunque altro ha il potere di far saltare un contratto, se il contratto è buono ?
  Su questo ci potrebbe essere addirittura un'azione di responsabilità nei confronti del direttore generale, che è venuto meno al proprio dovere di stipulare un contratto considerato ottimo semplicemente perché ha avuto paura della trasparenza. Dottor Gubitosi, questo è azzardo morale: se non conosce la letteratura in questione, se la faccia spiegare della dottoressa Tarantola.
  Infine, parafrasando sempre il dottor Gubitosi, un'azienda pubblica che ha paura della trasparenza è, nei confronti dei suoi dirigenti, in evidente difficoltà morale.

  GENNARO MIGLIORE. Nel massimo rispetto delle prerogative del collega Brunetta, vorrei esprimere, in premessa, una mia considerazione relativamente a quanto lui ha appena affermato. Il tema della trasparenza è per me fondamentale. Ciò nonostante, credo che quello della tutela dell'efficacia dell'azienda, ancorché pubblica, debba essere altrettanto validamente considerato, semmai cambiando, su questo punto specifico, il contratto di servizio, o imponendo, così come è emerso dalle recenti dichiarazioni di altri operatori, un comportamento analogo ai concorrenti, cosa che preferirei. La distorsione che si può verificare in casi di asimmetria – non sono un economista come il professor Brunetta, ma penso che ciò accada nella realtà dei fatti – è che ci possa essere una controfferta più vantaggiosa: questo è tutto, e quindi l'elemento di danno c’è. Anche se il contratto fosse stato ottimo, Cairo, che non so quanto effettivamente abbia offerto, probabilmente ha fatto una controfferta migliore. Non sappiamo se ha pagato di meno. A ogni modo, gli elementi di asimmetria sono fondamentali nei mercati: non lo debbo certamente ricordare io.
  Sono invece profondamente preoccupato (colgo, peraltro, l'occasione di scusarmi di non essere stato presente all'epoca dell'audizione del viceministro Catricalà) delle intenzioni di Catricalà di perseguire questa che considero una gravissima violazione dell'autonomia aziendale e anche di indebolimento del servizio pubblico, ovvero la divisione per generi e la bollinatura. In questo, mi associo anche ad alcune considerazioni dei colleghi. Tuttavia, sono un po’ più pesante rispetto alla prudenza. Questo Governo deve decidere se è contro il servizio pubblico e quindi dire se – come giustamente ha ricordato l'EBU – vuole indebolire l’assett strategico, che giustamente la presidente Tarantola ha identificato nella sua narrazione come un servizio pubblico completo che non può distinguere tra intrattenimento, informazione e parte educativa, oppure voglia agire in tutela di un patrimonio pubblico che personalmente ritengo sia da difendere Pag. 24come tale. Questo è un punto sul quale non credo si possa fare nessuna concessione. Se il Governo volesse, tra le tante sue proposte di privatizzazioni, privatizzare anche la RAI, è meglio che lo dica prima perché l'indebolimento strutturale di un'azienda, che per quanto mi riguarda deve e dovrà rimanere l'unica concessionaria pubblica, serve solamente a creare – come dicevano autorevoli commentatori – uno spacchettamento che porta inevitabilmente al depauperamento del patrimonio pubblico. Quindi, dal mio punto di vista, non esiste la possibilità che si possa introdurre questa distinzione e che vi possano essere dei bollini. Del resto, quale sarebbe l'effetto ? La raccolta pubblicitaria fatta su programmi di intrattenimento deve essere utilizzata per valorizzare, per esempio, Rai 5, o anche programmi di qualità di Raiuno, Raidue e Raitre oppure bisogna che i due canali siano definitivamente separati ? Che senso avrebbe questo ? Inoltre, nel momento in cui questa azione avviene alla vigilia del rinnovo della concessione, si può pensare che si stia lavorando perché ci possano essere privati – cosa che è risuonata anche in quest'Aula quando è stato audito il presidente dell’Authority – che vincano concessioni di pezzi di servizio pubblico, e che quindi partecipino alla divisione del canone, visto che questo è per il servizio pubblico, non solo sul possesso ? È pensabile che vi siano più player che abbiano diritto a una parte pro quota del canone ?
  Ecco, personalmente considero questo una mancanza di autotutela da parte del Governo come azionista nei confronti dell'azienda pubblica: lo dica quindi chiaramente. Dopodiché, facciamo una battaglia pubblica. Se volete privatizzare – lo chiedo al vice ministro Catricalà – dovete dirlo. Se invece non volete privatizzare, dovete tutelare l'azienda, quindi è giusto il richiamo che è stato fatto ai vertici della RAI perché non vi sia questa bollinatura, anche perché questo non avviene in nessuna parte del mondo. Per questo motivo, penso che sia importante anche ragionare su tutti i procedimenti che possano favorire il rafforzamento del servizio pubblico. Uno di questi – non è questa l'unica sede nella quale discuterne, forse potremmo farlo addirittura nelle prossime leggi di stabilità – è rimodulare il canone e verificare se sia più corretto che venga erogato, anche per aggirare la questione strutturale dell'evasione, attraverso altre forme, per esempio con una quota sulla bolletta della luce elettrica o con una parte direttamente legata alla fiscalità generale. In ogni caso, non possiamo affrontare un'evasione del 30 per cento come se fosse un'evasione frizionale. Quell'1 per cento della Francia mi ha stupito, quindi la prima cosa che dovremmo fare è vedere come riscuotono il canone i francesi. Chi froda il canone ruba alla collettività. Questo è un punto che non può essere eluso.
  Per quanto riguarda l'articolo 23, le dico, direttore, che ero preoccupato per la formulazione iniziale perché mi sembrava troppo generica e vaga. Siccome lei l'ha precisata in queste slide, preferirei che nel contratto ci fosse la precisazione del percorso che lei ha indicato, perché altrimenti, se si tratta solo di sondaggi demoscopici e di una generica consultazione, non si comprende l'effettivo peso della partecipazione che lei ha enunciato correttamente e positivamente. Mi riferisco, in particolare, alla partecipazione delle associazioni, delle università e degli enti che possono rappresentare stakeholder di interesse su questo terreno: sarebbe meglio pertanto se questo potesse essere implementato nella direzione che lei rappresentava.
  Questa non è la sede per discutere neppure delle funzioni della Commissione di vigilanza. Mi associo tuttavia al collega Marazziti, non sulla proposta, perché non ci ho riflettuto, ma sull'esigenza di mettere mano alle funzioni di questa Commissione per darle da un lato più poteri e dall'altro meno discrezionalità, in modo che possa essere chiara la mission sulla quale lavoriamo.

  MAURIZIO GASPARRI. Credo che per quanto riguarda il contratto di servizio abbiamo avuto informazioni valide e adeguate. Lo strumento in sé è molto enfatizzato, ma c’è sempre una differenza tra Pag. 25la teoria e la pratica. Questo va detto perché, se tutto funzionasse con gli auspici e con le descrizioni che ne abbiamo fatto, vivremmo in un mondo migliore. Dico questo per esperienza, avendo promosso nel passato, in vari ruoli, la valorizzazione del contratto di servizio e una sua discussione più ampia. Credo che dobbiamo però perseverare perché, comunque, in teoria è uno strumento utile.
  Ritengo, tuttavia, che alcuni temi siano connessi. Non voglio citare fatti di attualità per spirito polemico, ma credo che vada visto tutto l'insieme. Per esempio, c’è l'evasione del canone e c’è una questione di pagamento del canone abbinato a strumenti di prelievo tipo bollette, al quale personalmente sono favorevole. Ciò nonostante, questo tema aleggia da anni, ma poi non si arriva mai a portarlo a compimento per delle perplessità che hanno frenato governi di vari orientamenti. Se però è giusto perseguire questo obiettivo, quindi combattere l'evasione e trasformare il canone in un elemento fiscale quale poi di fatto è, come viene percepito e anche interpretato in tanta giurisprudenza, c’è una conseguenza, che emerge anche nell'intervento precedente, che vedo strettamente connesso a questo. Certo, c’è tutta una filosofia di servizio pubblico che potrà essere rivisitata, ma per il momento questo è. Poc'anzi alcuni colleghi hanno detto «mai si muti». Credo tuttavia che la RAI possa diventare una sorta di public company, quotandosi in borsa e cedendo rami di azienda. Peraltro, i canali che ha il servizio pubblico non sono tutti indispensabili. Il progresso tecnologico, con la digitalizzazione, ha consentito la moltiplicazione dei canali, ma non credo che per fare servizio pubblico ci sia bisogno di 12, 13, 14 canali, che diventano sempre più fruibili.
  È chiaro che le reti storiche generaliste sono quelle che attraggono gran parte del pubblico. Ora però ora la gente si abituerà. Poi, dipende anche dai contenuti. Se mettessimo su Rai 4 un prodotto di alto richiamo, è ovvio che lieviterebbe l’audience. Tuttavia, non si può nemmeno fare una mossa troppo azzardata perché il pubblico deve ancora abituarsi a questa maggiore offerta, che c’è e rappresenta un fatto di democrazia.
  Penso, per esempio, ai canali per bambini. Prima chi voleva canali tematici per bambini era costretto a fare l'abbonamento alla televisione a pagamento. Infatti, i fattori che hanno trascinato Sky sono stati lo sport e Disney Channel. Per questo è cresciuto a dismisura. L'informazione è stata trascinata da questi due veicoli di mercato. Oggi invece uno che non si può permettere Disney Channel ha altri canali. Del resto, conosco bene la situazione perché ho seguito la nascita di queste emittenti, quindi sono contento. Oggi chi non si può permettere l'abbonamento pay ha Yo-Yo e altri canali che consentono un intrattenimento importante.
  Per questo, proprio sul digitale terrestre aspetto tonnellate di autocritiche da parte di quelli che hanno banalizzato l'argomento non rendendosi conto della moltiplicazione di offerta. Sull'informazione, per esempio, c’è stata la possibilità di un canale all news, che peraltro la RAI aveva da tempo. Ora sta cercando di rinforzarlo, ma c'era e adesso con il digitale tutti possono vederlo. Poi, se in qualche zona ci sono le montagne e non si prende, dobbiamo ricordare che succedeva così anche prima. Non banalizziamo però il digitale con i temi della copertura, che pure vanno affrontati in un Paese orograficamente un po’ complicato.
  Vedo dunque questi aspetti positivi che la riflessione sul contratto di servizio ci consente di fare. Dopodiché, c’è l'altra faccia della medaglia. Vogliamo arrivare a un canone prelevato tramite le bollette ? Ebbene, non credo che su questo tema esistano posizioni pregiudiziali dei partiti. Peraltro, nei partiti non si è mai fatta una vera discussione approfondita. Personalmente, sono favorevole, ma questo comporta poi un obbligo di trasparenza.
  Onorevole Brunetta, non faccio richiami dottrinali e giurisprudenziali, ma dico che il richiamo a quella norma del contratto di servizio è motivo di riflessione per tutti. So che c’è uno svantaggio competitivo perché l'altro non è costretto a Pag. 26determinare le cifra, anche se poi le cifre vengono fuori nella dialettica. Siamo un Paese libero, ci sono i giornali, i giornalisti, i programmi televisivi di ogni tipo. Per esempio, noi uomini politici, quindi pubblici, siamo soggetti a questo, ma è giusto proprio per il ruolo pubblico che ricopriamo. Veniamo eletti, per cui abbiamo degli obblighi a cui ci dobbiamo sottoporre, che aumentano perché – ripeto – è giusto, soprattutto in ragione di grida di allarme. Anche il resto però fa parte di un sistema pubblico e parapubblico. Pure la star di una televisione commerciale si dovrà adattare alla curiosità sui compensi, sulle sue abitazioni e su altre cose. Così funziona il mondo. Allora, credo che quella norma del contratto di servizio vada rispettata, pur con tutti gli svantaggi che la RAI può avere, in relazione ai quali ha altre garanzie. Se dobbiamo rafforzare i modi di prelievo del canone ed esaltare la funzione di servizio pubblico con il contratto, c’è anche l'altra faccia della medaglia.
  Direttore, senza forzare i toni, vorrei dire che non posso eludere l'attualità. Non contesto che Fazio prenda un certo numero di milioni. Voi, peraltro, l'avete difeso (la pubblicità e quant'altro), ma questo è opinabile. L'onorevole Brunetta ha fatto delle osservazioni puntuali sulle fasce d'ascolto. Il tutto dipende infatti anche dalla collocazione e dal confezionamento dei programmi. In ogni caso, a me non è piaciuta l'arroganza di quella risposta.
  Un personaggio pubblico, pastore delle coscienze qual è Fazio, non può comportarsi in quel modo. Non può fare il moralista e fare il programma con Saviano in cui è l'educatore delle coscienze, dopodiché se gli chiedono dei soldi, non ne parla. Le due cose non funzionano bene. È meglio, allora, fare le canzonette con Baglioni (peraltro, faceva bene anche quelle) e sottrarsi all'obbligo. Può fare come Al Bano che va a cantare a Mosca con Romina.
  Se però fa il pastore delle coscienze con Saviano, poi deve rispondere quando gli chiedono quanto guadagna, altrimenti che cavolo di pastore delle coscienze è, visto che quel programma è stato importante ? Ricordo, peraltro, ancora quella performance di Saviano, quando hanno fatto vedere la sala dedicata a Falcone e Borsellino e non hanno detto che era una sede del PD.
  Comunque, la risposta – «sono tenuto alla riservatezza» – è inaccettabile. Sembrava stesse in questura o dal procuratore. È come dire «mi avvalgo della facoltà di non rispondere». Non va bene.
  A questo si aggiunge l'episodio successivo. Facciamo lo spot sul canone obbligatorio con l'immagine di Fazio e Maradona ? Io non sono Befera; non sono esattore fiscale, quindi non mi deve i 39 milioni, come dicono i suoi avvocati. Il problema non è Maradona, che è un personaggio. Anch'io se fossi un conduttore e avessi Maradona in diretta, lo ospiterei perché fa audience, ma dopo che fa quel gesto, il conduttore deve dire qualcosa, se è un pastore delle coscienze, altrimenti fa la spalla o il massaggiatore di Maradona.
  Devo dire che su questo l'azienda ha reagito debolmente. Certo, ha stigmatizzato, come ho letto dai comunicati, ma il pastore delle coscienze doveva prendere le distanze da quell'episodio, altrimenti quando tornerà con Saviano a parlare dell'antimafia o dell'anticamorra, gli manderemo Maradona, che non so chi frequentasse, ma forse su questo piano non ha tanti requisiti, visto che, in fondo, faceva il calciatore, non il moralista o il moralizzatore.
  Su questo invito l'azienda a fare qualche riflessione che collego al contratto di servizio. Grazie, Presidente, per la tolleranza sul tempo.

  ALBERTO AIROLA. Buongiorno e grazie di essere intervenuti. Mi riaggancio all'ultima volta che ci siamo visti in cui, forse per un quiproquo, mi ha risposto che non avrebbe fornito dati che le chiedevo in merito ai curricula dei dirigenti perché, giustamente, l'azienda l'amministra lei. Questo è vero, ma è pur vero che questa Commissione vigila sugli 1,7 miliardi che investite per conto dei cittadini italiani per rendere un servizio pubblico televisivo.
  Il tema della trasparenza è quindi fondamentale perché è vero che l'azienda RAI deve rispettare un regime di concorrenza, Pag. 27ma le altre aziende non hanno questa marea di soldi pubblici. Quindi, come sanciscono sia il vecchio contratto sia quello che stiamo esaminando, ritengo sacrosanta la trasparenza sull'organigramma e sui meriti dei dirigenti che lavorano in azienda. Purtroppo, l'organigramma che ci avete fornito ha dati aggregati, perciò poco significativi. Come si fa a esercitare la vigilanza con dati parziali ? È veramente impossibile. Certo, posso fare dei conti. Per esempio, posso vedere che i giornalisti sono il 30 per cento del costo del personale e che prendono ciascuno 152.000 euro a testa, ma questo è un dato che non mi dice nulla. Peraltro, non so se sono inclusi gli extra, le indennità e quant'altro.
  Stiamo parlando di trasparenza e di necessità di definire come essa deve essere applicata e in quale misura, sempre nel rispetto dei cittadini italiani che qui rappresentiamo.
  Mi sono reso conto che il primo articolo è molto importante. Come avete detto anche voi, il servizio pubblico che la RAI effettua si basa sul rispetto della nostra Costituzione, che è la carta fondamentale, il cui primo articolo prevede che sia centrale la dignità e il diritto al lavoro.
  Tuttavia, continuano a lavorare nell'azienda – purtroppo, è un dato noto anche alle procure, visto che sono in corso numerose cause in merito – i giornalisti precari. Lei aveva promesso che non avrebbero più dovuto anticipare i soldi in partita IVA, pagandoci le spese, invece continuano a farlo. Anche i lavoratori degli appalti esterni continuano a essere sfruttati in misura ben peggiore e ben diversa rispetto ai lavoratori interni, che invece giacciono e si lamentano di non essere adeguatamente sfruttati. Un altro impegno presente nel contratto è quello di saturare l'attività aziendale con le sue risorse interne. Vedo che avete un monitoraggio – era previsto in quello vecchio, quindi presumo anche in questo nuovo – della corporate reputation, quindi ciò deve rientrare in questi compiti.
  In merito alle fiction, continuiamo a non avere una reale trasparenza sui soldi che vengono dati alle aziende. Continuo a sentire delle affermazioni rese dal consiglio delle amministrazioni, ovvero da Pilati, che, riferendosi proprio alle cosiddette happy five, diceva che erano la punta di un iceberg di diverse vicende giudiziarie che coinvolgevano una di queste società. Anche su questo fare trasparenza è importante.
  Inoltre, sulla questione dei prodotti anch'io rilevo che esiste una discrepanza tra quello che è scritto nel contratto e la sua attuazione. Per esempio, cito il fatto che negli ultimi cinque anni siano stati persi la metà degli introiti di pubblicità. Evidentemente, ci sono prodotti poco attrattivi o comunque dedicati a certe fasce. Questo, peraltro, è un fatto perché lo dice il piano industriale che ci avete presentato. Invece, ampliare, diversificare e rendere trasparente l'appalto e la fornitura di prodotti da parte esterna alla RAI aiuterebbe a rinvigorire, a patto che non lo facciano sempre gli stessi. Lo dico in due parole, per non rubare altro tempo.
  Con riferimento alla questione dell'informazione, mi fa piacere che un collega abbia rilevato che esiste un'influenza della politica nella RAI, considerato che nel nostro ultimo incontro mi è stato detto che vedevo solo lottizzazioni e corruzione. Non è così, non mi sono mai permesso di dire che tutti gli oltre 11.000 dipendenti della RAI siano politicizzati: tuttavia, è evidente che esiste un problema di politica in RAI. Questo è innegabile.
  Siccome ci si avvia all'ammissione di questo fatto, direi che l'informazione – come sanciscono sia il vecchio sia il nuovo contratto – deve essere fatta in maniera imparziale, seguendo la deontologia giornalistica e nel rispetto del pluralismo (parola che viene citata diverse volte). Ciò nonostante, controllando i dati dell'Osservatorio di Pavia mi rendo conto che il Movimento cinque Stelle scompare dai TG e dalle rubriche. Per esempio, nel TG prime time abbiamo un 22 per cento del Popolo della Libertà, un 19 per cento del Partito Democratico e un 7-8 per cento Movimento cinque Stelle. Questi sono dati che avete anche voi.Pag. 28
  Detto questo, possiamo anche fare delle battute, ma vi assicuro che non c’è niente da ridere dato che – purtroppo per voi – rappresentiamo il 30 per cento degli italiani. Gradirei quindi che non siate così maleducati da ridere mentre sto parlando perché non vi ho interrotto, anche se avete detto cose estremamente ridicole.
  Comunque, chiedo che su questo punto ci sia un cambio di rotta perché non è ammissibile che l'informazione prosegua con una gestione parziale. Mi auguro che sia con l'Agcom sia con la RAI si possa assistere a un cambiamento e a un miglioramento in questo senso.
  Rilevo, infine, una nota positiva. Sulle delocalizzazioni delle fiction, assistiamo, per adesso, a un freno. Ricordiamo però che Olivetti – prodotto che state lanciando e pubblicizzando come di grande qualità – è stato realizzato quasi interamente a Praga, con soldi pubblici, mentre in Piemonte, a Ivrea, sono state girate solo alcune inquadrature. La compagnia è Casanova. Il regista e produttore è Barbareschi.

  GIORGIO LAINATI. Gentile Presidente, prendo la parola sull'ordine dei lavori per far notare a lei e ai colleghi che fra pochi secondi riprenderanno i lavori d'Aula sia alla Camera sia al Senato. La pregherei di predisporre, a misura del possibile, una seconda parte dell'audizione del presidente e del direttore generale, collegando le disponibilità di tutti, data l'importanza degli argomenti in discussione, come è stato evidenziato dagli interventi che abbiamo ascoltato finora.

  PRESIDENTE. Mi trovo costretto a chiudere la seduta. Continueremo da dove abbiamo lasciato, con gli interventi di sette commissari, i colleghi Minzolini, Centinaio, Peluffo, Garofano, Lainati, Cuomo e Rossi. Dovremmo metterci d'accordo se proseguire martedì o mercoledì prossimo.
  Ringrazio la presidente Tarantola e il direttore Gubitosi e dichiaro conclusa la seduta.

  La seduta termina alle 15.55.