XVII Legislatura

XIV Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 9 di Mercoledì 25 febbraio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bordo Michele , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'ATTUAZIONE E L'EFFICACIA DELLE POLITICHE UE IN ITALIA

Audizione di Aldo Bonomi, Presidente di RetImpresa (Agenzia confederale per le reti di imprese).
Bordo Michele , Presidente ... 3 
Bonomi Aldo , Presidente di RetImpresa ... 3 
Bordo Michele , Presidente ... 7 
Berlinghieri Marina (PD)  ... 7 
Bergonzi Marco (PD)  ... 8 
Galgano Adriana (SCpI)  ... 8 
Bordo Michele , Presidente ... 9 
Bonomi Aldo , Presidente di RetImpresa ... 9 
Bordo Michele , Presidente ... 12 
D'Alvia Fulvio , Direttore di RetImpresa ... 12 
Sabatini Massimo , Direttore Area Politiche di Coesione di Confindustria ... 13 
D'Alvia Fulvio , Direttore di RetImpresa ... 15 
Scuvera Chiara (PD)  ... 15 
D'Alvia Fulvio , Direttore di ReImpresa ... 15 
Bonomi Aldo , Presidente di RetImpresa ... 15 
D'Alvia Fulvio , Direttore di RetImpresa ... 16 
Bordo Michele , Presidente ... 16

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MICHELE BORDO

  La seduta comincia alle 13.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

Audizione di Aldo Bonomi, Presidente di RetImpresa (Agenzia confederale per le reti di imprese).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'attuazione e l'efficacia delle politiche UE in Italia, l'audizione di Aldo Bonomi, presidente di RetImpresa (Agenzia confederale per le reti di imprese).
  Sono, altresì, presenti, Fulvio D'Alvia, direttore di RetImpresa e Massimo Sabatini, direttore Area politiche di coesione di Confindustria.
  Ringrazio i rappresentanti di RetImpresa per l'audizione di oggi, che si colloca nell'ambito di un'indagine conoscitiva che la nostra Commissione sta svolgendo sull'attuazione e l'efficacia delle politiche dell'Unione europea nel nostro Paese. L'audizione è importante e, in particolare, serve per acquisire elementi di valutazione e conoscenza su due principali questioni che presentano grande rilievo per il sistema italiano di piccole e medie imprese, e quindi, in generale, per l'economia italiana.
  La prima attiene all'adeguatezza degli interventi sinora prospettati dalla Commissione europea per definire una reale politica industriale comune e per perseguire l'obiettivo che, entro il 2020, la produzione industriale rappresenti almeno il 20 per cento del prodotto interno lordo comunitario. Non nascondo che, dalle tante audizioni che abbiamo svolto fino a questo momento insieme alla Commissione attività produttive, abbiamo ricevuto l'impressione che gli interventi proposti dall'Unione europea siano purtroppo molto generici e si fermino spesso anche ad affermazioni di principio, senza indicare concretamente strumenti e interventi effettivi.
  Il secondo profilo concerne il piano per gli investimenti presentato dalla Commissione europea. Sarebbe per noi interessante comprendere anche quale sia la vostra valutazione generale sull'adeguatezza e sulla forza del suddetto piano, con particolare riferimento alla stima delle risorse che esso mobiliterebbe e sull'opportunità di destinare alle imprese a media capitalizzazione, oltre che alle pubbliche e medie imprese, risorse specifiche della Banca centrale europea. Da una prima valutazione, mi pare infatti che le risorse messe a disposizione siano un po’ ridotte. Immaginare che quell'entità possa mobilitare investimenti enormi ci pare alquanto complicato. Rispetto a questo, abbiamo già manifestato qualche dubbio nelle valutazioni che abbiamo svolto nel corso delle sedute di Commissione dei giorni scorsi.
  Do la parola al presidente Bonomi per la sua relazione.

  ALDO BONOMI, Presidente di RetImpresa. Ringrazio il presidente Bordo e tutti voi per la vostra disponibilità.Pag. 4
  Vorrei premettere che sono un imprenditore con un'azienda che fattura 100 milioni di euro e pago le tasse in Italia. Sono convinto che questo funzioni perché sono un piccolo e medio imprenditore come il 98,5 per cento degli imprenditori italiani. Credo in questo progetto; noi siamo partiti 5-6 anni fa, nell'ambito di Confindustria e sostenuti dal Governo, ottenendo, dal mio punto, di vista un discreto successo. Innanzitutto perché diamo la speranza alle aziende di poter crescere e credere nel futuro.
  Si tratta di piccole e medie aziende che sono legate al territorio, e non di multinazionali, che decidono in quale Paese andare a investire seguendo esclusivamente un criterio economico. Questa è la mia premessa prima di cominciare: un appello accorato come imprenditore italiano che crede nell'Italia e che ha la fortuna di aver ereditato un'azienda, di averla fatta crescere e, probabilmente, di avere dei figli che continueranno questo lavoro.
  Desidero ringraziarvi per l'invito rivolto a RetImpresa, l'agenzia di Confindustria che promuove le reti di impresa, a esporre le proprie considerazioni sull'attuazione e sull'efficacia delle politiche dell'Unione europea in Italia. Il presidente Squinzi è già intervenuto in alcune occasioni in questa sede per parlare di Europa e mi preme ribadire i punti centrali della sua visione, che naturalmente condivido appieno.
  Nella sua Comunicazione «Per una rinascita industriale dell'Europa», la Commissione europea ribadisce l'importanza di mettere al centro tutte le azioni legislative di politica economica delle istituzioni europee, l'economia reale, l'industria e la competitività. Questo è un segnale estremamente positivo, un approccio che non possiamo che condividere.
  La visione di Confindustria e RetImpresa si fonda su due punti fermi e ben precisi: contrastare l'approccio eccessivamente rigorista che ha caratterizzato le scelte dell'Unione europea in questi ultimi anni, affermando allo stesso tempo la centralità e la strategicità della dimensione europea; riorientare l'operato delle istituzioni europee su un percorso di crescita e intensificare gli sforzi a sostegno della definizione di una strategia coerente volta al rilancio della competitività industriale.
  Le piccole e medie aziende italiane sono assolutamente le più competitive. Quando vorrete visitare la mia azienda, che i miei concorrenti considerano una delle migliori in Italia, non vedrete altro che una azienda esattamente uguale a tante altre piccole e medie aziende. Ecco perché credo che soprattutto le piccole e medie aziende debbano essere aiutate a compiere questo cambio di mentalità.
  Ora più che mai è necessario impegnarsi perché le politiche europee non siano tracciate nel segno del rigore assoluto e restrittivo ma, al contrario, che riescano a essere il vero motore di crescita di cui gli Stati membri hanno bisogno. Negli ultimi mesi qualcosa si sta muovendo. Ci sono segnali positivi, sia congiunturali sia politici, che ci si augura possano favorire la ripresa economica.
  Tra queste condizioni, dobbiamo citare la diminuzione del prezzo del petrolio, il deprezzamento dell'euro, le condizioni monetarie espansive e l'accelerazione del commercio mondiale, ma anche il Piano Juncker e il pieno utilizzo dei margini di flessibilità nel calcolo del patto di stabilità e crescita, recentemente individuati dalla Commissione europea, che potranno essere uno stimolo importante alla crescita degli investimenti pubblici e privati. Gli strumenti di sostegno alla crescita esistenti sono fondamentali, ma è ancor più importante saperne fare un utilizzo consapevole ed efficace.
  I fondi strutturali per la politica di coesione, ad esempio, rappresentano una vera e propria spinta propulsiva alla crescita, ma soprattutto nel nostro Paese l'utilizzo che ne viene fatto è ancora insufficiente. Ritardi, frammentazione della spesa, dispersione sul territorio e complessità procedurale, governance e progettualità inefficaci rendono difficile per il nostro Paese cogliere le opportunità di crescita che l'Unione europea ci offre.
  Se, da un lato, il Piano di azione e coesione, l'operazione di riprogrammazione Pag. 5dei fondi strutturali che ha indirizzato su programmi paralleli le risorse del cofinanziamento nazionale dedotte dall'ammontare complessivo dei programmi 2007-2013 ha avuto risultati importanti nell'aumentare il coinvolgimento e la responsabilizzazione degli attori in gioco, dall'altro sicuramente molto ancora resta da fare con riferimento sia alla vecchia sia alla nuova programmazione, che potrà disporre, da sola, di più di 60 miliardi di euro. Non possiamo permetterci di perdere quest'opportunità e stiamo lavorando nella giusta direzione.
  Secondo i dati relativi all'avanzamento della programmazione dei fondi strutturali 2007-2013, nel corso del 2014 si è registrata una fortissima accelerazione della spesa, che ha raggiunto una percentuale complessiva del 70,8 per cento, per un valore di 33 miliardi di euro su un totale di 46,6 disponibili. Nel complesso, il target fissato per il 31 dicembre scorso, pari a 31 miliardi di euro, è stato superato quindi di 1,9 miliardi di euro. Ora bisogna impegnarsi ancor di più, perché il 2015 sarà un anno cruciale. È, infatti, l'ultimo anno per completare le spese dei programmi 2007-2013 e il primo per iniziare la spesa per la formazione dei programmi 2014-2020. Per i programmi 2007-2013, l'impegno richiesto alle amministrazioni, nonostante l'accelerazione impressa, rimane elevato. Restano, infatti, da rendicontare spese per 13,6 miliardi di euro.
  Per quanto riguarda la nuova programmazione, i primi programmi operativi sono stati approvati solo nei giorni scorsi ed è necessario che siano implementati quanto prima per iniziare a utilizzare le risorse a disposizione. Per sfruttare al meglio queste opportunità occorrono azioni concrete e dall'impatto incisivo.
  È necessario, in primo luogo, migliorare l'efficienza della gestione pubblica dei fondi. In tal senso, l'Agenzia per la coesione, con la sua funzione di supporto e di monitoraggio permanente della spesa, può rappresentare un attore decisivo. Soprattutto, queste risorse dovranno essere utilizzate per agganciare il treno della ripresa. Per questo motivo, sarà per noi fondamentale rimettere l'impresa al centro della programmazione dei fondi strutturali, in linea con gli obiettivi europei che puntano a una quota del 20 per cento del PIL derivante dall'industria manifatturiera, come ricordava il presidente. Per fare questo, è necessario che le misure per la competitività siano le prime a partire per utilizzare i fondi europei anche in funzione anticongiunturale. Quali sono le misure da adottare ?
  L'Italia è spesso definita come il Paese del «piccolo è bello». Questa definizione racchiude in sé tutte le qualità ma anche tutti i difetti del nostro tessuto produttivo che, come ho già detto, è costituito, per il 98,5 per cento, da piccole-medie imprese e microimprese. Ve lo dice un imprenditore: il «piccolo è bello» ha consentito per molto tempo alle nostre imprese di guadagnare punti di forza importanti, come la capacità di personalizzazione del prodotto in risposta alle esigenze dei clienti, il raggiungimento di altissimi livelli di qualità, il mantenimento della propria storia ed eredità culturale, il legame con il territorio e la valorizzazione della tradizione artigianale del nostro made in Italy. Con l'apertura dei mercati e con l'inizio del processo di globalizzazione, tuttavia, le nostre piccole e medie imprese si sono ritrovate in una condizione di svantaggio nel gioco della competitività internazionale.
  Le piccole e medie imprese, da sole, non riescono a fronteggiare la nuova sfida ed essere competitive con i Paesi in via di sviluppo o con le grandissime aziende. L’export e l'innovazione – i due percorsi fondamentali per la sopravvivenza di un'impresa in questo periodo e in futuro – sono strade difficilmente percorribili da imprese di piccole dimensioni. Nel corso degli anni in Italia sono stati fatti numerosi tentativi per superare questo problema, stimolando la crescita dimensionale dell'impresa, ma nessun intervento è stata incisivo come l'introduzione del contratto di rete fortemente voluto da RetImpresa e Confindustria e, direi, dall'intero sistema Italia.Pag. 6
  Come sapete, a differenza degli altri strumenti proposti in passato, il contratto di rete permette alle imprese di lavorare insieme su progetti di sviluppo condivisi, mantenendo però intatta la propria autonomia imprenditoriale, che è la base per cui ci sono le piccole e medie aziende in Italia ed è la nazione in cui, in percentuale, ci sono più aziende nel mondo. È stata questa la svolta che ha interpretato il desiderio degli imprenditori, i quali, grazie alla collaborazione in rete, possono lavorare insieme su programmi condivisi, fare massa critica, sfruttare economie di scala, rimanendo tuttavia sempre autonomi e conservando, quindi, le proprie peculiarità e la loro storia imprenditoriale. Piccolo è ancora bello, se però si è insieme. I risultati ci dicono che l'intuizione era giusta.
  Qualche anno fa, ci siamo posti l'obiettivo di arrivare al 2016 con 2.000 contratti di rete stipulati e 10.000 imprese coinvolte. Era veramente un sogno, posso assicurarvelo, e siamo stati quasi derisi per questo nostro sogno. Oggi, con un anno di anticipo, possiamo orgogliosamente dire di aver raggiunto tale obiettivo e che ciò è stato possibile grazie al lavoro di tutti, imprese e istituzioni; lo ribadisco, grazie a imprese e istituzioni.
  Quella delle reti è un'eccellenza tutta italiana, come dimostra anche The Global Competitiveness Report 2014-2015, pubblicato da The World Economic Forum: nella classifica generale, infatti, l'Italia ha raggiunto solo il 49o posto, mentre ha raggiunto il 1o posto, a livello globale, per il grado di sviluppo delle aggregazioni di imprese, il loro grado di specializzazione e diffusione sul territorio e il loro contributo positivo alla catena di valore. Questo vuol dire che, se gli italiani lavorano insieme, possono essere i migliori al mondo, come abbiamo dimostrato partendo da zero. Anche l'Europa ultimamente ha acceso i riflettori sull'attitudine all'aggregazione delle nostre imprese e questo è stato per noi fondamentale.
  Le reti di impresa sono conosciute in Europa con il nome di business network, definizione con cui sono identificate per la prima volta nella Small Business Act Review del febbraio 2011. All'inizio dell'anno scorso, inoltre, nell'ambito della realizzazione di uno studio condotto dalla direzione generale per le imprese e l'industria della Commissione europea sulle forme di aggregazione tra imprese esistenti in Europa, RetImpresa è stata scelta come pivot per il case study sull'Italia per fare emergere l'esperienza positiva del modello di contratto di rete, che posso orgogliosamente definire una best practice italiana. I risultati di questo studio sono pubblicati sul sito della Commissione europea.
  Visti i risultati positivi di quest'esperienza, come RetImpresa ci aspettiamo che l'aggregazione delle imprese attraverso il ricorso al contratto di rete sia sostenuto sia a livello nazionale, sia a livello europeo. In Italia, il contratto di rete è stato sostenuto dal 2010 con un'agevolazione fiscale che consisteva in una sospensione di imposta sugli utili reinvestiti nello sviluppo del programma di rete. Questa misura, fondamentale per avviare il processo di diffusione della rete, aveva una durata triennale, che si è esaurita alla fine del 2013.
  Il Governo ha previsto nel DEF 2014 il rifinanziamento di tale agevolazione fiscale con 200 milioni di euro ma la misura non è stata poi inserita nella legge di stabilità o negli interventi successivi. Contiamo, comunque, di vedere concretizzata nel futuro questa misura che i nostri imprenditori considerano molto importante.
  Per tornare ai fondi europei con un focus specifico sulle reti di impresa, l'accordo di partenariato 2014-2020 nell'ambito della definizione delle strategie per le imprese e, in particolare, nell'Obiettivo tematico 3, dedicato alla promozione e alla competitività delle PMI, prevede risorse per favorire le aggregazioni tra imprese, non solo sul piano italiano ma anche su quello europeo. È questo un segnale importante dell'attenzione europea alla collaborazione tra imprese.
  Oltre ad aver provocato ricadute positive in termini di performance, la collaborazione tra le imprese attraverso il contratto Pag. 7di rete potrebbe essere lo strumento idoneo per facilitare la partecipazione ai bandi dei programmi a gestione diretta della Commissione europea. Su questo tema abbiamo lavorato molto per permettere alle imprese in rete di cogliere le opportunità che derivano dalla nuova programmazione e abbiamo ricevuto dalla Commissione un importante chiarimento, secondo il quale le reti di impresa rientrano tra le figure idonee alla partecipazione dei bandi Horizon 2020 e COSME.
  Prendendo spunto da quest'operazione, sarebbe auspicabile un impegno concreto delle istituzioni affinché la collaborazione tra imprese sul modello del contratto di rete diventasse una prassi riconosciuta e diffusa a livello europeo. Il concetto di competitività deve essere centrale in tutte le azioni politiche dell'Unione europea. Il sostegno all'aggregazione in rete fa parte di questa visione d'insieme. Questa è vera politica industriale.
  Credo che quello dato alle piccole e medie imprese sia un aiuto dato allo sviluppo futuro dell'Italia, nella quale fermamente credo, come ci credono la stragrande maggioranza delle persone, anche se purtroppo non tutte. In questo momento, peraltro, tutti hanno capito che solo le piccole e medie imprese potranno garantire il futuro dell'Italia.
  Vi ringrazio e resto a vostra disposizione.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Bonomi.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MARINA BERLINGHIERI. Innanzitutto, la ringrazio. Devo ammettere che, da due anni a questa parte, è la prima volta che facciamo un'audizione in cui c’è un'inversione rispetto ai soliti cahiers de doléances, poiché la sua relazione mette in luce una serie di aspetti positivi. Per questo siamo contenti e le siamo grati.
  Da quando ha avuto inizio questa legislatura, abbiamo ripetuto che uno degli obiettivi centrali, che doveva essere anche il centro del nostro lavoro, era favorire un cambio di passo non solo rispetto all'atteggiamento dell'Italia in Europa, ma anche al nostro atteggiamento nazionale nei confronti dell'Europa, cercando di favorire tutte quelle azioni che potessero creare un sistema Paese, con riferimento sia ad aspetti economici sia legislativi. Quanto abbiamo ascoltato oggi ci conforta, perché ci fa pensare che questo cambio di passo, perlomeno da alcuni punti di vista, sia stato realizzato e che, ove non realizzato completamente, siano stati comunque compiuti dei passi in questa direzione.
  Ho alcune domande da porvi. Vorrei capire se, rispetto all'azione che avete fatto nel tentativo di fare sistema tra imprese anche piccole, esistano difficoltà nell'accesso ai fondi europei, sia con riferimento ai fondi strutturali, quindi POR e PON nazionali, sia con riferimento ai fondi diretti: quali sono stati i limiti nel settennio 2007-2013 ? Quali possono essere le proposte da mettere in campo perché i sistemi di impresa possano essere facilitati ad accedere ai fondi ?
  Vengo ora a un aspetto che richiama la mia premessa. Visto che, nell'ultima parte della sua relazione, ha posto in evidenza come siate riusciti, anche attraverso un'azione di concerto con la Direzione generale impresa della Commissione europea, a far sì che le reti di impresa potessero, senza avere la personalità giuridica, accedere ai fondi europei, vorrei capire come sia strutturata la presenza della vostra associazione a Bruxelles. Non a caso, spesso registriamo che sovente le difficoltà a portare a casa alcuni risultati derivano dal fatto che non si è presenti nelle sedi opportune nei momenti opportuni. Visto che qui avete citato l'esempio di un risultato raggiunto e assolutamente opportuno, vorrei capire come e con chi interagiate e che tipo di presenza abbiate in sede europea.
  In ultimo, qual è la modalità con cui queste reti di impresa si concretizzano ? Avete un po’ di dati da fornirci ? Alcuni numeri sono riportati nella relazione, ma a me interessa anche capire il tipo di diffusione di queste reti di impresa sul Pag. 8territorio nazionale. Sulla base di una prima impressione, e anche dai dati a nostra disposizione, sembra che le reti di imprese non siano diffuse in modo omogeneo sul territorio nazionale. Alcune regioni sono destinatarie dei fondi strutturali e dei fondi di coesione in misura maggiore. Si tratta quindi di capire se ne ricevono in misura maggiore le regioni che ne necessitano di più o se, invece, il dato metta in luce la necessità di realizzare gli interventi opportuni in questo senso.

  MARCO BERGONZI. Ho un paio di domande sui numeri relativi a queste reti di imprese. Mi piacerebbe conoscere il numero delle reti di impresa in Italia e il numero delle imprese che tali reti includono. Abbiamo parlato di circa 10.000 imprese coinvolte nei 2.000 contratti di rete, dato contenuto nel rapporto, e vorrei sapere se il suddetto dato riguarda soltanto RetImpresa di Confindustria o, globalmente, tutte le reti di imprese.
  Inoltre, mi interessa un particolare aspetto, che apparentemente potrebbe sembrare non collegato, ma che è, secondo me, molto pertinente. Poiché queste reti esplicano la loro funzione quando si va a lavorare all'estero, giudicate oggi l'Istituto nazionale per il commercio estero (ICE), anch'esso in evoluzione, uno strumento pienamente rispondente a quello che serve per proporsi all'estero, e quindi alla sua funzione ?
  Analogamente, alcuni Paesi utilizzano, per esempio, le proprie sedi consolari per favorire lo sviluppo dei rapporti commerciali con i Paesi in cui si trovano. Forse il nostro Paese non è ancora esattamente così: trovate quindi che l'ICE e le nostre rappresentanze estere siano pienamente rispondenti alle aspettative e alle necessità delle nostre aziende, anche consorziate in rete ? Quali possono essere i suggerimenti da questo punto di vista ?

  ADRIANA GALGANO. La ringrazio per la carica di energia che ha portato nella nostra riunione.
  Sono assolutamente d'accordo con lei: l'Italia è uno dei cinque Paesi manifatturieri che ha un surplus di esportazioni superiore a 100 miliardi di dollari, come è bene ricordare, perché siamo forti e lo siamo sui mercati. Naturalmente, c’è ancora tantissimo da fare.
  Ho una prima osservazione sul documento che lei ci ha consegnato, in particolare sul fatto che si dovrebbe allentare la cultura rigorista dell'Europa e riorientarci alla crescita. Sono d'accordo con voi sulla fatto che abbiamo bisogno di maggiore flessibilità ma dobbiamo anche essere consapevoli che la crisi economica ha riguardato, principalmente, soltanto alcuni Paesi: i Paesi del nord Europa hanno un tasso di disoccupazione che è esattamente la metà del nostro. Alcuni Paesi, a differenza dell'Italia, sono cresciuti, pur in un contesto economico molto difficile.
  Inoltre, negli ultimi vent'anni, pur avendo perseguito una strategia di sviluppo del Paese attraverso la spesa pubblica, la quale è costantemente cresciuta, non abbiamo tuttavia avuto un incremento del PIL proporzionale all'investimento in spesa pubblica.
  Vi chiedo veramente di aiutarci nell'affrontare tale questione, perché l'allentamento dei vincoli imposti dall'Europa rischia di essere vissuto da una parte della classe politica come la possibilità di riprendere a fare spesa pubblica non qualificata. So benissimo che non è il vostro obiettivo, ma è molto importante che pensiamo a come coniugare crescita e spesa pubblica con una profonda riqualificazione della spesa, anche dal punto di vista del metodo. Sarebbe importantissimo che deste questo messaggio, altrimenti il vostro approccio rischia di essere inteso come adesione alle opinioni di coloro che vogliono tornare a vecchi metodi.
  Vengo adesso all'oggetto della nostra audizione. L'Europa ha l'obiettivo molto importante della reindustrializzazione. Si è visto che un posto di lavoro creato nell'industria genera da 0,5 a 2 posti di lavoro in altri settori, quindi ha un valore occupazionale molto importante che non è solo rimane solo nell'ambito dell'industria, ma è a beneficio dell'intero sistema. È stato definito un obiettivo, vale a dire che Pag. 9dal 15,1 per cento di media attuale la parte di prodotto interno lordo prodotta dall'industria diventi, entro il 2020, il 20 per cento. Posto che l'Italia ha oltre il 16 per cento del PIL prodotto dall'industria, quindi più della media, vorrei sapere se voi pensate si tratti di un obiettivo raggiungibile.
  Vorrei inoltre la vostra opinione sulle priorità che dovrebbero essere perseguite dall'Europa e dall'Italia per ottenere quest'obiettivo. La prima domanda che vi rivolgo riguarda l'energia: quanto il costo dell'energia influenza la dimensione industriale del nostro Paese ? Costituisce una priorità ridurlo ?
  In tema di semplificazione, ci siamo occupati del piano dell'acciaio, che cito solo perché esiste un dato preciso, e abbiamo visto che, solo per gli aggravi burocratici previsti dalla normativa europea, una tonnellata di acciaio ha un carico rispetto ai concorrenti extraeuropei di 18 dollari, decisamente tanto: quanto è importante operare una semplificazione normativa in Europa, in particolare in Italia ? È una domanda che rivolgo alle aziende. Lo vediamo qui tutti i giorni, essendo la Commissione per le politiche dell'Unione europea, e quindi valutiamo la compatibilità della normativa italiana con quella europea.
  Adesso non più, ma in passato ci siamo continuamente adeguati alla normativa europea in senso restrittivo. Già l'Europa è sovra-regolamentata: facendolo ancora di più, abbiamo creato un mostro. Ho ricevuto da poco un dossier sulla digitalizzazione delle aziende italiane: ebbene, emerge che solo il 4 per cento vende on-line contro un 15 per cento della media europea. La legislazione che regolamenta questo settore è una camicia di forza rispetto a quello che succede in Europa.
  Vi chiedo, allora, quanto questo sia prioritario. Se lo è, combattete insieme a noi, assieme a quelli che qui dentro cercano di semplificare, perché possiamo ottenere risultati concreti e velocemente.
  L'ultimo punto riguarda lo sviluppo di una mentalità digitale. Abbiamo tante aziende eccellenti, ma tante altre in ritardo rispetto all'utilizzazione dei vantaggi che la tecnologia offre in termini organizzativi. Vorrei sapere da voi quanto sia importante quest'aspetto, sempre nell'ottica di raggiungere il nostro 20 per cento di PIL.

  PRESIDENTE. Do la parola al presidente Bonomi per la replica.

  ALDO BONOMI, Presidente di RetImpresa. Risponderò solo sulle questioni che conosco bene.
  Risponderò alla terza domanda dell'onorevole Berlinghieri, che riguardava la diffusione territoriale e mi ricollegherò così anche alla sua seconda domanda. Abbiamo creato complessivamente 2.000 reti di imprese a livello nazionale, con 10.000 imprese. Riuscire a far lavorare insieme gli imprenditori è difficile quanto riuscirci con i politici. Anzi, noi siamo ancora più autonomi, perché ciascuno di noi pensa di essere migliore degli altri. Parlo di me stesso, ma credo che ciò sia vero per la stragrande maggioranza degli imprenditori.
  Naturalmente, il sistema ha funzionato prima dove c'erano le cooperative, dunque in Emilia-Romagna e in Toscana, poi in Lombardia, dove ci sono più industrie. È stato attuato su tutto il territorio nazionale, in tutte le regioni, e continua a crescere. A gennaio 2010 abbiamo festeggiato perché avevamo fatto cinque reti di impresa e ciò significava che eravamo riusciti a cambiare la mentalità a cinque persone.
  Lo sviluppo è avvenuto su tutto il livello nazionale: soprattutto, dove ci sono le piccole e medie imprese, ma anche con le grandi imprese. Vi cito l'esempio di Gucci, che purtroppo non è più di proprietà italiana, ma continua a lavorare in Italia e ha fatto realizzare delle reti di impresa a tante aziende per mantenere il lavoro in Italia, per la specializzazione che trova nel nostro Paese. Anche la Rolls-Royce ha creato delle reti di impresa per operare in Italia, utilizzando manodopera specializzata italiana.
  Parliamo, quindi, di 2.000 reti di imprese; si tratta di una macchina che si sta Pag. 10muovendo e che sta andando avanti. Ecco perché abbiamo necessità che gli imprenditori cambino mentalità, il che rappresenta la cosa più difficile. Si nasce con una certa idea ed è poi difficile che la si cambi. Ciò è tanto più vero per gli imprenditori.
  Le reti di imprese sono state create in tutta Italia, da imprese grandi e piccole, e soprattutto da microimprese, che hanno necessità di crescere.
  Lo hanno fatto perché hanno avuto questa necessità, perché il «piccolo è bello» è finito, perché l'alternativa sarebbe stata diventare piccoli artigiani o, addirittura, cessare la loro attività, dato che le grandi imprese nel frattempo diventavano più competitive.
  La burocrazia ci sta uccidendo. Parlo della mia azienda perché la conosco: chiedete ai ragionieri quanto sono arrabbiati per tutto quello che arriva tutti i giorni, per tutto quello che devono fare e del tempo che perdiamo. A proposito dei costi, la burocrazia è ciò che più ci costa in assoluto, perché ci costringe a lavorare per adempiere a oneri burocratici anziché per produrre, vendere, guadagnare e, di conseguenza, pagare le tasse.
  Soprattutto con riferimento alle migliaia di piccole e medie imprese, che cosa possono fare ? Dovrebbero andare dal fiscalista e perdere così il loro tempo anziché pensare a fare gli imprenditori ? Ecco perché la questione dello sviluppo del digitale è importantissima ma più importante è eliminare la burocrazia, e consentirci di lavorare e pensare a produrre.
  Potrei portare la mia esperienza, su quanto tempo ho impiegato a costruire l'azienda, quanto mi è costato – cito l'esempio dei 4,4 milioni di euro di oneri di urbanizzazione e di quando il sindaco mi disse che avrei potuto trovare un'altra sede –: adesso che ho 200 dipendenti occupati e pago 200.000 euro all'anno solo di IMU, è molto contento. Non potevo saperlo prima ? Sono un italiano che ama il suo Paese e vuole stare in Italia, perché ho sessant'anni e non ho più voglia di andare all'estero, ma se ne avessi venti, andrei via. È chiaro che faccio in modo che mio figlio e gli altri imprenditori rimangano in Italia e oggi ne sono contenti, ma dov'era cinque anni fa questo sindaco ? I miei, peraltro, sono problemi che tutti gli imprenditori affrontano.
  Lo sviluppo è avvenuto, quindi, in tutta Italia e ha coinvolto piccole, medie e grandi imprese, soprattutto per le piccole, che devono essere collegate al territorio. Vogliamo difendere il nostro territorio, perché, come imprenditori, vogliamo difendere il nostro territorio. Abbiamo solo la nostra reputazione, nient'altro. Se falliamo, per noi è un disastro, perché perdiamo tutto: la famiglia, gli amici.
  Vogliamo rimanere legati al territorio, essere importanti per il territorio. Così come voi siete dei punti di riferimento per il vostro territorio e volete fare bella figura, lo stesso fanno gli imprenditori. Credo che sia l'unica possibilità lavorare assieme per fare questo e le reti di impresa sono uno strumento molto importante.
  Abbiamo stipulato accordi con il MISE e con l'ICE, che dal nostro punto di vista sta funzionando, ha fatto un cambio di passo. Gli imprenditori cominciano a rivolgersi all'ICE, hanno ritrovato la fiducia legata a questo cambio di mentalità. Non tutto funziona nella maniera corretta, perché le cose sono fatte dagli uomini e ci sono quelli più bravi e quelli meno bravi, ma le rappresentanze estere stanno cominciando a funzionare, seguendo un po’ l'esempio della Francia o della Germania, dove il Presidente va e porta con sé tutti gli altri. Come sempre, infatti, occorre che il capo conduca le cose e che gli altri lo seguano andando, come bravi soldati, nella stessa direzione.
  C’è, quindi, un cambio di mentalità e credo che questa sia la cosa più giusta per permetterci di far valere sempre di più non il nome del singolo imprenditore, ma il nome dell'Italia e del made in Italy; altrimenti vale solo la piccola azienda e non è sufficiente. È l'Italia che deve funzionare: come esiste il made in Germany, deve esserci il made in Italy e il rispetto, da parte di tutti, nei confronti degli italiani che vanno all'estero.Pag. 11
  Posso garantirvi che qualche anno fa per noi imprenditori era difficilissimo andare all'estero, perché chiedevano anzitutto cosa facesse il nostro Premier. Eravamo svantaggiati prima ancora di parlare del nostro lavoro. Abbiamo necessità che la nostra rappresentanza lavori bene con noi.
  Per quanto riguarda ciò che chiediamo, prima bisogna risparmiare per investire e poi investire per ottenere risultati. Le piccole e medie aziende funzionano normalmente perché non hanno un grande azionista a cui rispondere. Continuano a investire perché, di norma, sono sane, perché il made in Italy è un marchio importante e l'unica possibilità che hanno è continuare a investire sperando di ottenere, in futuro, risultati importanti.
  Queste sono le ragioni per cui le aziende italiane sono molto più efficienti di tante altre. Il piccolo imprenditore crede in quello che sta facendo. Purtroppo, tante volte è convinto di riuscire, ma fallisce. Le aziende devono essere gestite come la propria famiglia: prima occorre smettere di spendere e poi si investe.
  Se c’è del pane, bisogna mangiarlo fino alla fine e non voler mangiare i grissini. Prima si mangia il pane e poi si compra il resto. Solo se si risparmia, infatti, si è in grado di investire e, di conseguenza, di guadagnare. Se non si risparmia, invece, non si può investire e, quindi, nemmeno guadagnare. È semplicissimo. Uno dei motivi per cui l'Italia è finita è perché ha sperperato senza avere risorse sufficienti. È come un'azienda che avesse sempre investito e non avesse avuto un guadagno: ovviamente non potrebbe andare avanti; tante aziende sono fallite anche per questo motivo.
  Credo che riqualificare il lavoro significhi anche risparmiare, dare lavoro a tante piccole e medie aziende, a tanti piccoli imprenditori, ma soprattutto a tante aziende legate al nostro territorio che hanno necessità di stare in Italia a lavorare. Non possiamo consentire che si ripeta quanto è accaduto dopo la Seconda guerra mondiale, quando molti nostri compatrioti sono stati costretti ad andare all'estero a trovare lavoro.
  Abbiamo la capacità, secondo me, di creare lavoro e di essere sufficientemente forti per combattere. Questa è, infatti, una guerra che dobbiamo combattere e che credo noi italiani siamo in grado di vincere se lavoriamo tutti assieme: le industrie assieme al Governo e il Governo assieme alle banche.
  Come RetImpresa e come rete di imprese siamo stati in grado di coinvolgere tutto il sistema, perché con noi hanno lavorato le banche, le istituzioni, le camere di commercio e i nostri concorrenti di Confindustria. A noi interessa il risultato finale, cioè che riuscire a fare in modo che tutti i soggetti coinvolti vadano nella stessa direzione e che le aziende siano facilitate nella loro attività.
  Per quanto riguarda la domanda con cui si chiedeva de saremo in grado di far crescere la quota di PIL rappresentata dalla produzione industriale dal 16 al 20 per cento, credo che dobbiamo sognare, perché, realisticamente, le difficoltà sono moltissime. Ecco perché dobbiamo rimboccarci le maniche, lavorare da mattina a sera e un po’ di più di quanto abbiamo fatto fino adesso, cercando di essere di esempio per gli altri. Le parole, infatti, possono essere di incitamento, ma quello che trascina gli altri è l'esempio. Credo che dobbiamo essere d'esempio per fare questo. Anzitutto, bisogna procedere a una semplificazione, eliminare un po’ di lacci.
  Sappiamo che, per vivere in un mondo civile, dobbiamo tutti rispettare determinate regole. La prima cosa da fare è questa: dateci gli aiuti così che avremo la forza per andare avanti. Senza di voi, noi imprenditori non possiamo ottenere niente. Dateci le regole e noi combatteremo. L'importante è che ci siano regole chiare e un campo da gioco ben definito.
  Saremo noi a dimostrarvi di essere in grado di farlo, ma abbiamo bisogno che voi ci indichiate la giusta direzione. Quando ci vengono date indicazioni chiare, noi italiani in generale lavoriamo. A mio parere, infatti, su 60 milioni di Pag. 12cittadini italiani, la stragrandissima maggioranza è costituita da brave persone, mentre i delinquenti ci sono in Italia come da altre parti. Persone che non pagano le tasse sono in Italia come negli altri Paesi. Io appartengo alla vecchia generazione e mi ritengo una persona assolutamente in grado di combattere con gli altri. Credo che le aziende italiane siano in grado di battere tantissimi concorrenti, e ciò spiega perché i grandi gruppi vengono da noi a comprare le aziende. Vengono perché c’è la tecnologia ! Non possono crearne di nuove a causa della burocrazia.
  Non abbiamo nessuna multinazionale che viene in Italia a stabilire una fabbrica. Vengono tutti ad acquistare le nostre aziende: dateci una mano a non venderle e a continuare a combattere essendo sempre più forti !
  Purtroppo, il «piccolo è bello» è finito. Io vorrei essere sempre piccolo. Cito la mia esperienza: la mia azienda è considerata leader in Italia e ha 100 milioni di euro di fatturato; il mio concorrente americano ha un fatturato di 24 bilioni: dove posso andare con un concorrente così ? Anch'io devo lavorare insieme ad altri e ho bisogno di essere aiutato dalle banche. Devo infatti allearmi con qualcuno per diventare più forte: credo che questa sia l'unica nostra possibilità, altrimenti compreranno tutte le nostre aziende e, fatto ciò, le dislocheranno in altri Paesi.
  Chiediamo quindi a voi parlamentari, che avete un ruolo così importante per il Paese, avendo la responsabilità di legiferare: prendete le decisioni necessarie e indicate gli indirizzi da seguire. Noi possiamo solo combattere con le armi che ci date: dateci le armi e combatteremo fino in fondo.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Bonomi e do la parola agli altri ospiti per eventuali integrazioni.

  FULVIO D'ALVIA, Direttore di RetImpresa. Integro molto brevemente l'intervento del presidente Bonomi sul fenomeno delle reti di imprese. Il dato riportato dal presidente è relativo a tutte le aziende italiane, quindi non ai soli soci di Confindustria. Sono ormai 2.000 i contratti di rete per 10.000 aziende. Questo dato è stato reso noto proprio in questi giorni. Si tratta di aziende dislocate in tutte le regioni italiane; con le prime tre aziende che si trovano in Val d'Aosta abbiamo coperto anche l'ultima regione che era rimasta scoperta. Non l'ho con me, perché non sapevo di questo vostro interesse così particolare, ma posso inviarvi una cartina geografica dell'Italia con la localizzazione di tutte le aziende e le unità produttive regione per regione.
  Le regioni con maggior presenza di stabilimenti produttivi sono la Lombardia, la Toscana e l'Emilia-Romagna. Ci sono poi alcune regioni particolarmente votate alle reti, come l'Abruzzo, dove un altissimo numero di aziende ha fatto contratti di rete. Questi sono numeri assoluti, ma bisogna tener presente il tessuto produttivo nel quale operano queste aziende. È evidente che in Lombardia ci siano tantissime aziende che fanno contratti di rete, ma è anche vero che in Lombardia c’è un tessuto produttivo estremamente forte e strutturato.
  In altre regioni, il fenomeno ha dimensioni diverse in base al territorio. La Puglia, ad esempio, è un territorio in cui tantissime aziende stanno utilizzando questo nuovo strumento. La Sicilia sta iniziando ora, ancora sono sull'ordine del centinaio di aziende.
  Voglio richiamare molto rapidamente tre caratteristiche dei contratti di rete. Si tratta di contratti, secondo noi, molto interessanti perché le aziende che li stipulano devono obbligatoriamente presentare un programma di rete. È quindi l'unica forma di aggregazione che prevede, per legge, che gli imprenditori che si mettono insieme debbano dichiarare i propri obiettivi e descrivere il proprio business plan. Questo è un elemento di grande interesse per la pubblica amministrazione, in quanto consente di capire in che direzione vanno indirizzate certe misure. L'aiuto non arriva semplicemente per effetto dell'associazione, ma perché questa è Pag. 13finalizzata alla realizzazione di qualcosa di importante, come innovazione, export e internazionalizzazione.
  L'altra caratteristica è l'assenza di un vincolo territoriale. Quasi il 30 per cento di questi 2.000 contratti di rete coinvolge aziende collocate in regioni diverse, come il caso di aziende della Lombardia con aziende del Piemonte o della Puglia e così via.
  Inoltre, non è stabilito un vincolo dimensionale, per cui può essere fatto dalle piccole aziende, ma anche da aziende grandi con aziende medie o piccole. Abbiamo avuto alcuni casi di aziende molto strutturate che, per esempio, volevano migliorare la qualità all'interno della loro filiera di riferimento, per l'innovazione ad esempio, e hanno fatto dei contratti di rete con la catena di fornitura.
  Inoltre, un altro aspetto che penso possa essere di vostro interesse, non è stabilito alcun vincolo di tipo settoriale, potendo essere stipulati da aziende di comparti diversi. Nel settore del turismo, ad esempio, rispetto al quale si pensa immediatamente ai soli albergatori, in realtà, essi uniscono ad aziende dell'agroindustria (oleifici, aziende vinicole, aziende specializzate nell'informatica per creare delle piattaforme per vendere i prodotti on-line, e così via). Ciò avviene in tutti i settori, anche in quello manifatturiero. Pensate alla meccatronica: ci sono tantissime aziende meccaniche con aziende elettroniche e dell'informatica. Questi sono alcuni flash che volevo darvi, poi vi faremo avere una mappatura molto dettagliata di tutti i dati che abbiamo a disposizione.
  Inoltre, ad integrazione a quanto accennato dal presidente, faccio presente che abbiamo un accordo con l'ICE, il quale si è prestato, anche per aziende non appartenenti a RetImpresa e Confindustria, a una valutazione gratuita del piano per l’export. Sul nostro portale di RetImpresa on line un imprenditore può caricare il suo progetto, noi lo inoltriamo all'ICE e insieme con questo diamo un parere tecnico (2-3 cartelle) in cui valutiamo la fattibilità dell'idea presentata e se potrebbe andare incontro a particolari difficoltà.
  Stiamo collaborando anche con il Ministero degli affari esteri. Abbiamo un rapporto che sta portando dei primi risultati molto interessanti. Mi piace citare anche degli esempi pratici, forse anche per darvi il senso di quello che sta avvenendo. Proprio nei giorni scorsi, la rete di impresa Internovation è stata in Ecuador per presentare le industrie italiane dell'elettrodomestico. Si intendeva, sostanzialmente, intercettare una proposta del Governo ecuadoregno di promuovere l'utilizzo dei piani di cottura a induzione. Tutte le nostre aziende della rete Internovation sono andate a presentare i loro prodotti, anche grazie al lavoro dell'ambasciatore italiano in Ecuador. Comincia quindi a esserci questo scambio di idee e di informazioni.
  Un'altra rete che mi piace sempre citare è costituita da dodici costruttori di macchine utensili che aderiscono alla nostra associazione, Federmacchine. La rete si chiama Ict India ed è nata per andare a Pune, dove c’è un distretto automotive, per presentare macchine utensili alle industrie del luogo. Oggi sono presenti su quel mercato, come da soli molto probabilmente non avrebbero potuto fare, hanno un loro rappresentante indiano, e hanno messo in piedi una rete di assistenza post-vendita dei prodotti italiani. Questo serve a fornirvi qualche esempio pratico anche di quali siano le potenzialità che la rete può aiutare a sviluppare.
  Sul tema dell'accesso ai bandi europei, col permesso del presidente, cederei la parola al dottor Sabatini.

  MASSIMO SABATINI, Direttore Area Politiche di Coesione di Confindustria. Fornirò rapidamente qualche indicazione rispetto alle domande poste.
  Credo che la questione si possa così riassumere: l'accesso di imprese aggregate sotto forma di rete all'utilizzo dei fondi strutturali è un concetto che si è consolidato, come ricordava il presidente, negli ultimi anni, quindi nel corso del precedente Pag. 14ciclo di programmazione 2007-2013. Il fenomeno che abbiamo osservato è che i bandi, le misure e gli interventi si sono dovuti adattare a questa nuova forma di aggregazione, e quindi si è cercato di capire, di volta in volta, se il concetto di rete potesse adattarsi alla misura, e quindi se la rete potesse essere o meno un soggetto eleggibile per accedere alle misure finanziarie e ai fondi.
  RetImpresa ha curato, insieme alla Conferenza delle regioni, un lavoro di ricognizione sull'utilizzo di questi strumenti con il quale, nel corso dell'ultimo ciclo di programmazione ha cercato di capire quali fossero le esperienze, cosa si fosse fatto e quali indicazioni potessero venire per il futuro.
  La differenza sostanziale tra il periodo di programmazione precedente e l'attuale è quello di favorire il concetto di integrazione e di collaborazione tra imprese e di inserirlo nella programmazione, anche dal punto di vista teorico, fin dal momento in cui essa è stata costruita. Quando abbiamo collaborato alle prime fasi di predisposizione dell'accordo di partenariato, abbiamo posto particolare attenzione su questo tema, affinché gli interventi di politica industriale fossero sensibili alle nuove forme di integrazione.
  Secondo Confindustria, questo è uno dei canali principali attraverso cui si può sostenere la competitività delle imprese in tutto il Paese e, in particolar modo, ovviamente, nel Mezzogiorno, tenuto conto del fatto che i fondi strutturali sono destinati per due terzi alle regioni maggiormente in ritardo.
  Perciò, come ricordava il presidente, per quanto riguarda gli Obiettivi tematici 1, 3 e, parzialmente, 6, si è data, nell'accordo di partenariato, l'indicazione di costruire le misure tenendo conto di questa priorità e della necessità di favorire l'accesso in forma collaborativa orientato, come il dottor D'Alvia ricordava, agli interventi che l'accordo di partenariato propone di realizzare. Si tratta di interventi per lo sviluppo della ricerca e dell'innovazione, per la promozione e per l'internazionalizzazione dei sistemi produttivi, per il sostegno al turismo e per i collegamenti di questo con altri settori, anche apparentemente lontani. In linea teorica, nell'accordo di partenariato si cerca di favorire un utilizzo integrato di misure di natura diversa, considerando fin da subito le reti come un soggetto ammissibile.
  Un problema tecnico specifico che vale la pena sottolineare è che, nell'ammissibilità della spesa dei fondi strutturali c’è, ovviamente, il vincolo territoriale. Soprattutto nei casi di reti sovraregionali, quindi, bisognerà trovare delle forme di collaborazione.
  Poiché abbiamo un programma che sostiene la competitività delle imprese, ma solo per alcune regioni e non per tutto il territorio nazionale, dovremo trovare il modo di favorire forme di collaborazione che vanno al di là dei confini amministrativi. Peraltro, quest'indicazione viene anche dalla Commissione europea, la quale esorta gli Stati membri a promuovere un tipo di progettualità che sia anche eleggibile alle gare a gestione diretta bandite direttamente dalla Commissione.
  Attualmente, nella fase di predisposizione dei programmi e, soprattutto, di attuazione delle misure conseguenti, stiamo quindi cercando di lavorare con i colleghi della delegazione di Bruxelles e con i servizi della Commissione per trovare tutte le formule a favore di questo tipo di collaborazione.
  Abbiamo collaborato, tra l'altro, anche all'elaborazione di un vero e proprio manuale, prodotto dalla direzione generale per le politiche regionali assieme alla direzione generale ricerca e alla direzione generale concorrenza, per mettere «nero su bianco» quali possano essere, in linea di principio, queste forme di collaborazione. Il lavoro è tuttora in corso.
  Infine, vorrei segnalare che le misure per la competitività delle imprese, per la ricerca e per l'innovazione non sono il principale obiettivo dell'accordo di partenariato. A tale riguardo, vi ricordo che a questi obiettivi tematici è destinato un quarto del complesso delle risorse della programmazione dei fondi strutturali, con le quali vengono finanziati molti altri Pag. 15interventi di diversa natura: infrastrutturale per l'inclusione sociale, per la formazione, per l'occupazione e per l'istruzione. Molti degli interventi che, anche ordinariamente, l'amministrazione attua, trovano nei fondi strutturali una fonte di finanziamento.
  La proposta che abbiamo avanzato è che il ciclo di programmazione 2014-2020 fosse la leva per fare i conti con quello che è successo durante la crisi, e che quindi le misure per la competitività delle imprese, per la ricerca e per l'innovazione, potessero essere le prime a partire nel nuovo ciclo di programmazione, anche prima dell'approvazione dei programmi operativi, riconoscendo la spesa come ammissibile.
  Questo è quanto stanno facendo, ad esempio, alcune regioni nel centro-nord, in particolare la Toscana, le Marche e l'Emilia Romagna, le quali hanno visto approvati i programmi nelle ultime settimane, ma che si sono mosse in anticipo, prima ancora dell'approvazione dei programmi, proprio perché si tratta di risorse fondamentali per realizzare gli interventi per noi al momento più importanti.
  Concludendo davvero, siamo più volte intervenuti in audizione sul tema citato del gold plating proprio per richiamare la delicatezza del tema stesso. Secondo le nostre imprese associate, questa è forse una delle principali questioni, in crescita e di ostacolo all'attività di impresa, proprio perché rende incerta la possibilità di realizzare gli investimenti. Una delle ultime occasioni in cui siamo intervenuti è stata proprio qui in Parlamento, in Commissione affari costituzionali. Se ci fosse interesse, eventualmente potremmo fare una raccolta di tutte le occasioni in cui abbiamo trattato questo tema e metterla a vostra disposizione.

  FULVIO D'ALVIA, Direttore di RetImpresa. Mettiamo a vostra disposizione anche lo studio fatto con la Conferenza delle regioni su tutti i finanziamenti a favore delle reti e delle aggregazioni di imprese.

  CHIARA SCUVERA. Vorrei chiedere molto brevemente come valutiate il cosiddetto «investment compact», nel quale, a nostro avviso, c’è una lacuna in materia di reti di impresa. Vorremmo, infatti, presentare un emendamento al provvedimento e, comunque, cercare di sensibilizzare il Governo sul tema, anche in prospettiva, attraverso la presentazione di ordini del giorno. In Commissione Attività produttive abbiamo inoltre presentato una risoluzione in materia di reti di imprese.
  In particolare, con riferimento alla parte del provvedimento dedicata alle riforme delle banche popolari, vorrei sapere: a vostro giudizio, quest'operazione che, secondo noi, porterà al consolidamento e alla razionalizzazione del sistema, dando alle banche popolari una veste giuridica appropriata alla loro attuale fisionomia economica, non certo mutualistica, potrà avere un effetto positivo, sostenendo l'accesso al credito delle micro e piccole imprese ?

  FULVIO D'ALVIA, Direttore di ReImpresa. Sul tema dell’investment compact c’è stata un'audizione dei rappresentanti di Confindustria. Il tema delle reti di impresa è stato segnalato dal nostro direttore generale, la dottoressa Panucci, come uno dei temi non affrontati dal provvedimento. Come ha detto anche il presidente nella suo intervento iniziale, c'era una grande aspettativa che potesse trovare spazio una riproposizione della misura introdotta, a suo tempo, per tre anni, dal 2010 al 2012. C’è questo auspicio.

  ALDO BONOMI, Presidente di RetImpresa. Vorrei aggiungere che gli imprenditori devono fare il loro lavoro perché ci credono e indipendentemente dagli aiuti che ricevono, perché devono guadagnare con la loro attività. Se, però, lo Stato mostra un'attenzione nei loro confronti e indica una direzione per la quale si sarà comunque premiati, questo intervento servirà da stimolo.
  Noi imprenditori dobbiamo cambiare la mentalità. Il vostro dovere è di aiutarci a fare questo ! Anche quando ci date 200 milioni di euro, se, come mi auguro, nei prossimi tre anni saranno 30.000 le imprese, Pag. 16date a ciascuno pochissimo, ma passerà l'idea che lo Stato aiuta ad andare in una certa direzione e favorisce la crescita delle imprese.
  Ecco perché vorremmo i soldi. Io non ho mai preso nulla. Non mi interessano perché credo in questo progetto. Dateci una mano a far credere anche a tanti piccoli imprenditori che questo progetto funziona e che li aiutate ad andare in una determinata direzione. Anche se poi riceveranno poco, non ha importanza: sapranno che siete loro vicini. Di questo abbiamo bisogno.

  FULVIO D'ALVIA, Direttore di RetImpresa. Le imprese si muovono a volte con dinamiche che vanno oltre la struttura organizzativa e trovano conveniente, in tantissimi casi, sviluppare delle alleanze, perché i contratti di rete sono appunto alleanze tra imprese. L'analisi del fenomeno economico mostra, concretamente, che ormai il 30 per cento è costituito tra aziende di territori diversi.
  Si sta andando oltre la mentalità che fa riferimento al distretto. Si tratta di aziende di una regione o, addirittura, di più regioni. Quando queste imprese si interfacciano con misure regionali, hanno il problema che ogni regione finanzia solo quelle.
  Proprio in questi giorni, abbiamo un rapporto di collaborazione con la Conferenza delle regioni e abbiamo già sviluppato un ciclo di tre incontri con le regioni e con gli imprenditori di diversi contesti: uno al nord, a Torino, uno qui a Roma e uno a Napoli per le regioni del sud. L'idea, ancora in fase di sviluppo, è di prevedere un fondo interregionale o un altro meccanismo di collaborazione, sulla quale la Conferenza delle regioni sta riflettendo, al quale fare riferimento nel caso di progetti presentati da reti con aziende in regioni diverse. Il problema è molto sentito, perché, mentre, inizialmente, le reti sovraregionali erano poche, adesso rappresentano il 30 per cento del totale e spesso sono quelle più interessanti.

  PRESIDENTE. Ringrazio i colleghi della Commissione e i rappresentati di RetImpresa, in particolare il presidente Bonomi, per questa dettagliata e significativa audizione.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.05.