XVII Legislatura

XIV Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 6 di Mercoledì 3 dicembre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bordo Michele , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'ATTUAZIONE E L'EFFICACIA DELLE POLITICHE UE IN ITALIA

Audizione del sottosegretario di Stato all'economia e alle finanze, Enrico Zanetti.
Bordo Michele , Presidente ... 3 
Zanetti Enrico (SCpI) , Sottosegretario di Stato all'economia e alle finanze ... 4 
Bordo Michele , Presidente ... 10 
Buttiglione Rocco (PI)  ... 10 
Kronbichler Florian (SEL)  ... 11 
Galgano Adriana (SCpI)  ... 11 
Albini Tea (PD)  ... 12 
Carinelli Paola (M5S)  ... 12 
Bordo Michele , Presidente ... 12 
Zanetti Enrico (SCpI) , Sottosegretario di Stato all'Economia e alle Finanze ... 12 
Kronbichler Florian (SEL)  ... 13 
Zanetti Enrico (SCpI) , Sottosegretario di Stato all'Economia e alle Finanze ... 13 
Bordo Michele , Presidente ... 14 
Zanetti Enrico (SCpI) , Sottosegretario di Stato all'economia e alle finanze ... 14 
Galgano Adriana (SCpI)  ... 14 
Albini Tea (PD)  ... 14 
Bordo Michele , Presidente ... 14 
Zanetti Enrico (SCpI) , Sottosegretario di Stato all'economia e alle finanze ... 15 
Bordo Michele , Presidente ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Nuovo Centro-destra: (NCD);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MICHELE BORDO

  La seduta comincia alle 9.25.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-TV e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del sottosegretario di Stato all'economia e alle finanze, Enrico Zanetti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'attuazione e l'efficacia delle politiche dell'Unione europea in Italia, l'audizione del Sottosegretario di Stato all'Economia e alle Finanze, Enrico Zanetti.
  Ringrazio il sottosegretario per l'audizione di oggi. Intendiamo approfondire una questione di grande attualità e delicatezza: il negoziato in corso tra il Consiglio e il Parlamento europeo sul progetto di bilancio per il 2015 e i bilanci rettificativi per il 2014.
  Nello scorso mese di novembre le due istituzioni non sono riuscite a trovare un'intesa, nonostante l'impegno della presidenza italiana e in particolare del sottosegretario qui presente.
  Ricordo, soprattutto per i colleghi, che per il bilancio 2015 la Commissione europea aveva proposto stanziamenti pari a 146,4 miliardi di euro, con un aumento dell'1,4 per cento rispetto al bilancio del 2014.
  Il Consiglio in prima lettura ha ridotto gli stanziamenti di 522 milioni.
  Il Parlamento europeo, ovviamente, ha contestato la posizione del Consiglio, considerandola non corrispondente ai fabbisogni effettivi dell'Unione europea ed ha aumentato in prima lettura il livello complessivo della dotazione per il 2015 di 6,5 miliardi rispetto alla posizione espressa dal Consiglio.
  Per quanto riguarda, invece, il bilancio del 2014, la Commissione ha presentato una serie di progetti rettificativi – una sorta di assestamento – che prevedevano l'utilizzo di maggiori entrate, provenienti in particolare da ammende e da ulteriori contributi degli Stati membri, per coprire i fabbisogni dell'Unione europea nel 2014.
  Il Parlamento europeo ha considerato indispensabile un'approvazione senza modifiche sostanziali di tali progetti, invocando il problema delle fatture non pagate dall'Unione europea.
  In seno al Consiglio, invece, è prevalsa l'idea di utilizzare le maggiori entrate da ammende per ridurre i contributi degli Stati membri al bilancio europeo e, quindi, di non prevedere nessun incremento rispetto all'anno precedente.
  Il punto di fondo è chiaro: ogni anno si ripropone l'eterna contrapposizione tra le istituzioni dell'Unione Europea e alcuni Stati membri in merito alla dotazione del bilancio europeo.
  Sottolineo sin da ora che questa contrapposizione è anche il frutto dell'attuale assetto delle risorse proprie dell'Unione europea, che in buona misura sono costituite non da entrate destinate direttamente al bilancio europeo, ma da contributi degli Stati membri in base al reddito nazionale lordo. Questo sistema finisce per sollecitare la logica del giusto ritorno, in Pag. 4cui ciascuno Stato, evidentemente, guarda al proprio saldo netto, negativo o positivo, piuttosto che ai fabbisogni complessivi dell'Unione stessa.
  Le conseguenze di una mancata approvazione del bilancio 2015 entro la fine dell'anno sono ovviamente sia di natura politica che finanziaria.
  Con riguardo al primo profilo, se non arrivassimo a definire un accordo ci sarebbe un grave pregiudizio per il prestigio della nostra presidenza, visto che abbiamo il compito di mediare tra i diversi Stati i membri in seno al Consiglio e con il Parlamento europeo.
  Sul piano finanziario si produrrebbero due effetti negativi: relativamente al 2014, mancherebbero le risorse aggiuntive necessarie per le fatture non pagate, e per il 2015 sarebbe necessario il ricorso al meccanismo dei dodicesimi, con evidenti rallentamenti nell'erogazione degli stanziamenti relativi ai nuovi programmi di spesa.
  Lascio la parola al sottosegretario, al fine di chiarire meglio i termini esatti della questione, le sue implicazioni per l'Italia e le prospettive del negoziato in corso.
  Do la parola al sottosegretario Zanetti per lo svolgimento della sua relazione.

  ENRICO ZANETTI, Sottosegretario di Stato all'economia e alle finanze. Grazie, presidente. Innanzitutto ringrazio la Commissione per l'opportunità che mi offre quest'oggi di riferire sullo stato dell'avanzamento dei negoziati a livello comunitario che come presidenza stiamo conducendo nel settore del bilancio dell'Unione europea.
  Come ricordava il presidente, il negoziato riguarda due partite formalmente separate, ma che da un punto di vista politico il Parlamento ha chiesto espressamente di riunire: la partita degli assestamenti di bilancio relativamente al 2014, quindi la dotazione delle ulteriori risorse di cui ritiene necessario dotarsi la Commissione per far fronte agli impegni già assunti, e, d'altro canto, il bilancio di previsione 2015.
  Le due partite sono state unite proprio perché il Parlamento ritiene che senza una chiarezza definitiva sul bilancio 2014 qualsiasi discussione di confronto circa il previsionale 2015 risulti, in partenza, priva dei giusti presupposti di discussione.
  Le procedure comunitarie stabiliscono, come sapete, che sulle proposte della Commissione in materia di bilancio sia raggiunto un accordo tra il Consiglio e il Parlamento europeo e, quindi, valga la regola della codecisione.
  Non vi è dubbio che si tratta di un lavoro molto complesso. Lo è sempre stato, ma è chiaro che con l'acuirsi di una situazione di penuria di risorse, che si riflette naturalmente anche sui bilanci degli Stati membri, questi ultimi aumentano il livello di attenzione, soprattutto se sono tra i cosiddetti «pagatori netti», rispetto alla contribuzione che viene loro richiesta. Questo inevitabilmente porta a una dilatazione delle posizioni di partenza tra questi ultimi, gli altri Paesi in seno al Consiglio che viceversa sono beneficiari netti del bilancio e le altre istituzioni europee (Commissione e Parlamento). Questo indubbiamente rende ancora più complesso un lavoro di composizione già di per sé stesso non banale.
  L'Italia, nel suo ruolo di presidente dell'Unione, in questa fase ha un delicato compito di mediazione tra esigenze non convergenti del Consiglio e del Parlamento europeo in tema di impostazione del bilancio e delle sue principali variabili, costituite dall'ammontare degli impegni e dei pagamenti. Sottolineo, però, che la gran parte del dibattito e delle difficoltà di composizione si sono concentrati, non tanto sugli impegni, ovvero sul livello del bilancio in chiave prospettica, ma sulle dotazioni di pagamento che consentono di onorare gli impegni assunti.
  Nell'ambito dello stesso Consiglio, come dicevo, si contrappongono due distinte visioni, rispetto alle quali la presidenza è chiamata a trovare anzitutto una sintesi all'interno di questa istituzione, prima ancora di confrontarsi con le altre. C’è un primo blocco di Stati membri che è più orientato ad accogliere con favore le proposte Pag. 5della Commissione, che prevedono incrementi delle dotazioni di spesa, e un altro blocco di Paesi che invece assume una posizione maggiormente orientata al rigore e al contenimento delle spese di bilancio, in coerenza con le politiche perseguite sui bilanci nazionali.
  Bisogna anche aggiungere che nel corso della procedura di bilancio la presidenza ha dovuto affrontare il problema dei pagamenti aggiuntivi dovuti dagli Stati membri al bilancio comunitario il 1o dicembre 2014, per effetto della rivalutazione delle basi imponibili della risorsa IVA e RNL del periodo 1995-2013, effettuata dalla Commissione europea a seguito dei dati comunicati dagli istituti di statistica nazionali e validati da Eurostat.
  È indubbio che tale elemento, eccezionale e non riproduttivo di precedenti esperienze, non ha contribuito a semplificare un quadro già particolarmente complesso per la distanza delle posizioni di partenza degli Stati membri e delle istituzioni europee.
  Per effetto dell'operazione di rivalutazione, quasi tutti gli Stati avrebbero dovuto automaticamente effettuare entro il 1o dicembre 2014 un versamento aggiuntivo in favore del bilancio comunitario. Nel caso dell'Italia, il versamento sarebbe ammontato a circa 1,5 miliardi di euro.
  Questi versamenti aggiuntivi sarebbero poi stati parzialmente compensati da conguagli a favore degli Stati membri. Per il nostro Paese, l'effetto finanziario netto dell'operazione ammonta a 340 milioni di euro.
  Questa situazione ha determinato, come si è visto, una dura presa di posizione di alcuni Stati membri, in particolare il Regno Unito, che avrebbe dovuto versare circa 3,6 miliardi di euro. Questi Paesi membri hanno chiesto alla Commissione di individuare delle soluzioni tecnico-giuridiche per risolvere il problema, ritenendo tale soluzione una precondizione per procedere alla discussione dei documenti di bilancio 2014 e 2015.
  Ci siamo, quindi, trovati in una situazione nella quale, per definire il bilancio 2015, c’è stato chiesto dal Parlamento dapprima di risolvere la questione dei rettificativi 2015. In questo contesto, già reso più complesso, si è poi inserita l'ulteriore precondizione posta da alcuni Stati membri di risolvere il problema della rivalutazione delle basi imponibili, in un gioco ad incastro che inevitabilmente ha reso la partita ancora più difficile e ha contribuito in modo decisivo all'impossibilità di conseguire un accordo quadro complessivo entro il termine ordinario della conciliazione.
  La Commissione, dopo aver effettuato i dovuti approfondimenti, ha proposto una modifica della normativa in materia di versamento delle risorse proprie al bilancio comunitario, rivolta a consentire la rateizzazione dei versamenti al bilancio dell'Unione europea in casi eccezionali, quale questo è stato ritenuto, in presenza di versamenti addizionali di notevole entità rispetto ai versamenti ordinari a carico dello Stato.
  La ricerca della soluzione a tale questione ovviamente è stata anch'essa una delle concause che, come vi dicevo, hanno determinato un certo slittamento delle discussioni di merito sui contenuti delle proposte dei bilanci rettificativi 2014 e di budget 2015 e, di qui, la mancata individuazione di una posizione comune tra le istituzioni entro il termine ordinario della conciliazione.
  Nella relazione mi soffermerò in primo luogo sul punto di partenza del negoziato relativo al bilancio 2015. In secondo luogo, parlerò dei rettificativi 2014 e chiuderò velocemente con un punto sullo stato dell'arte dei negoziati. Siamo fiduciosi sul fatto che i negoziati si concluderanno nel giro di un paio di settimane, in tempo utile rispetto alla chiusura dell'anno, nel secondo tempo della conciliazione, che scatta nei casi, non frequenti ma verificatisi talvolta anche in passato, in cui il primo tempo purtroppo non porta alla conclusione dell'accordo.
  Entrando nello specifico del bilancio 2015, evidenzio anzitutto che la dotazione di bilancio proposta dalla Commissione nel suo progetto iniziale era di 145,6 Pag. 6miliardi di euro in termini di impegni totali e di 142,1 miliardi di euro per quanto riguarda i pagamenti.
  Su questa proposta il Consiglio, ovviamente sotto la guida della presidenza italiana, dopo un complesso negoziato, il 2 settembre scorso ha formalmente adottato una posizione di compromesso, votata quasi all'unanimità, che prevede 145,1 miliardi di euro di impegni, con una riduzione di mezzo miliardo rispetto alla proposta della Commissione, e 140 miliardi di euro per i pagamenti, con una riduzione di 2,1 miliardi rispetto alla proposta della Commissione.
  In particolare, la riduzione relativa ai pagamenti è stata motivata dall'opportunità di lasciare adeguati margini di manovra rispetto ai massimali di pagamento previsti dal quadro finanziario pluriennale, per far fronte a spese impreviste in corso d'anno, che viceversa non erano presenti nella proposta della Commissione. Sapete, infatti, che ogni bilancio annuale viene inserito in un contesto di quadro finanziario su base settennale. Adesso siamo nel periodo 2014-2020.
  La proposta della Commissione si attestava sul fronte dei pagamenti già al livello dei massimali previsti dal quadro finanziario. Questo determinerebbe delle problematiche nel caso in cui nel corso di un anno sorgano delle esigenze impreviste che necessitino di stanziamenti aggiuntivi. È chiaro che in quel caso si andrebbe automaticamente fuori dai margini, creando una serie di difficoltà operative che in larga parte molti Paesi preferivano prevenire, impegnandosi in sede preventiva di bilancio su dei livelli inferiori, proprio per lasciare, come dicevo, uno spazio all'occorrenza in corso d'anno.
  In ogni caso, va detto che, anche tenendo conto delle riduzioni proposte dal Consiglio nella sua decisione, la posizione di quest'ultimo prevedeva comunque un bilancio 2015 in incremento rispetto al bilancio di previsione 2014, sia in termini di stanziamenti di impegno, con un + 1,7 per cento, sia per quanto riguarda la complessa vicenda dei pagamenti, con un + 3,3 per cento. Queste riduzioni, quindi, non avevano un carattere recessivo del bilancio rispetto agli stanziamenti dell'anno precedente. C'era comunque una politica di incremento, però, come dicevo, con un incremento più contenuto, alla luce della volontà di non attestarsi già a ridosso dei massimali consentiti dal quadro finanziario pluriennale.
  In merito ai settori interessati dalle predette riduzioni, figurano principalmente quelli riguardanti interventi in fase di avvio, per i quali è realistico attendersi una graduale capacità di assorbimento delle risorse più basse nella fase iniziale. Questo è il motivo per cui la maggior parte dei tagli proposti dal Consiglio alla proposta della Commissione si concentrano maggiormente su alcune rubriche, quali la 1A (misure per la crescita) e la 1B (misure sulla coesione).
  La scelta è stata votata, non tanto a guardare il nome della rubrica e, quindi, il suo aspetto più charmant, ma a fare una pianificazione finanziaria. Oggettivamente, i capitoli legati alla coesione, essendo programmi di spesa sui quali gli impegni sono già stati massicciamente assunti, per cui ci sono molte fatture ancora da pagare, necessitano nell'immediato di maggiori disponibilità di pagamento rispetto ad altri programmi, altrettanto importanti, anzi probabilmente per certi versi ancora più centrali, ma che, essendo più in una fase di avvio, determineranno un forte volume di risorse finanziarie per onorare gli impegni assunti più spostato nel tempo.
  Si tratta di una logica di gestione del bilancio in un contesto di risorse scarse, logicamente e doverosamente, prettamente tecnico-finanziaria e orientata all'ottimizzazione delle risorse.
  Il Consiglio, in un'apposita dichiarazione, si è detto pronto a integrare in corso d'anno le dotazioni di pagamento del bilancio di previsione, qualora la Commissione ne ravvisasse l'esigenza in relazione allo stato di attuazione dei programmi di spesa.
  Nel definire la propria posizione, il Consiglio si è posto, quindi, l'obiettivo di trovare una soluzione equilibrata nell'impostazione del bilancio 2015, prevedendo Pag. 7un ammontare di risorse adeguato a promuovere la crescita e l'occupazione, salvaguardando i settori di spesa più importanti sotto questo profilo.
  In particolare, pur in un contesto di generale riduzione di spesa rispetto alla proposta della Commissione, come dicevo, la posizione del Consiglio ha salvaguardato gli stanziamenti in favore della politica della coesione, dell'agricoltura, delle PMI, del programma Erasmus per la formazione giovanile, delle politiche per il controllo dei flussi migratori, degli aiuti umanitari e delle politiche esterne dell'Unione di supporto ai Paesi limitrofi.
  Si tratta di settori di spesa che rappresentano oggettivamente importanti priorità, anche per il nostro Paese, perché naturalmente nel svolgere il nostro ruolo di presidenza del Consiglio non abbiamo certo dimenticato di rappresentare al contempo le legittime aspirazioni dell'Italia nell'ambito del bilancio.
  Nello stesso tempo, si è proposto un bilancio UE un po’ più prudente e ragionevole rispetto alla proposta della Commissione, che l'attestava subito sui massimali previsti dal quadro finanziario, creando, quindi, i margini necessari per far fronte a eventuali circostanze impreviste che dovessero sorgere nel corso del 2015.
  Vediamo ora l'aspetto legato, invece, agli adeguamenti del bilancio 2014, ossia ai bilanci rettificativi per il 2014. Relativamente a essi, il Consiglio ha esaminato le richieste della Commissione di adeguamento dei livelli di pagamento del corrente esercizio, i quali, ad avviso della stessa Commissione, erano da ritenersi necessari per far fronte a spese già sostenute dagli Stati membri per l'attuazione di programmi comunitari, per i quali era, quindi, necessario erogare i corrispondenti pagamenti.
  Questo dossier, come vi dicevo, è stato connesso in modo totale alla procedura di approvazione del bilancio per il 2015, in quanto il Parlamento europeo ha condizionato qualunque ipotesi di accordo con il Consiglio a una preventiva intesa sulla chiusura del 2014.
  Tuttavia, per far fronte all'ingente ammontare delle fatture giacenti nel 2014 relative a rimborsi dovuti agli Stati membri per spese già sostenute, soprattutto nel settore della coesione, i massimali di pagamento per il 2014 previsti dal quadro finanziario pluriennale non si sono rilevati sufficienti.
  Ciò ha indotto la Commissione a richiedere, in particolare con il bilancio rettificativo numero 3 (i bilanci rettificativi nel complesso arrivano fino al settimo), di attivare uno specifico strumento di flessibilità di bilancio, che si chiama contingency margin, per un ammontare pari a circa 4 miliardi di euro.
  Inevitabilmente, questa richiesta ha ulteriormente complicato il quadro, poiché non è stata ritenuta legittima da alcuni Stati membri, tipicamente i net payers, i quali inizialmente hanno sostenuto l'assenza tecnico-giuridica delle condizioni di eccezionalità e di imprevedibilità che sono invece necessarie per poter attivare questo strumento.
  Successivamente, nel corso del negoziato, a seguito anche di una forte attività della presidenza italiana, questi Paesi membri hanno accettato per spirito di compromesso di ricorrere a questo strumento per il 2014, però per un importo pari alla metà di quello richiesto dalla Commissione, quindi per circa 2 miliardi di euro.
  Si tratta, comunque, di un passaggio non banale, perché si è quantomeno accettato, anche da parte di questi Paesi che inizialmente erano rigidissimi nel non volerlo fare, che questo strumento speciale – il margine di contingenza – potesse essere attivato per la specifica circostanza data dall'esistenza di ingenti fatture, già emesse per impegni assunti in bilancio, non ancora onorate nei pagamenti per mancanza di risorse. È stato riconosciuto che questa circostanza può consentire l'attivazione dello strumento speciale del contingency margin.
  Un altro punto critico della negoziazione è stato rappresentato dall'attivazione, sempre nell'ambito dei bilanci rettificativi, di altri strumenti speciali di Pag. 8flessibilità di bilancio, quali in particolare il Fondo di solidarietà, gli aiuti di urgenza e il Fondo di adeguamento alla globalizzazione, con la richiesta di stanziamenti di pagamento, anche in questo caso, al di sopra dei massimali di spesa del 2014 previsti dal quadro finanziario pluriennale.
  Dopo a dir poco lunghe discussioni, il Consiglio ha faticosamente raggiunto un accordo sul pacchetto dei bilanci rettificativi, sulla base di una proposta di compromesso presentata dalla presidenza italiana.
  Tale accordo prevede, come detto, l'utilizzo del contingency margin in misura un po’ più contenuta rispetto alle richieste della Commissione nonché il finanziamento degli altri strumenti speciali di flessibilità, però all'interno dei massimali di pagamento previsti per il 2014 dal quadro finanziario pluriennale, fronteggiando le maggiori spese mediante una riallocazione di risorse già esistenti in bilancio su altre rubriche. Per quanto riguarda l'utilizzo degli altri strumenti speciali, quindi, si è raggiunto l'accordo di consentirne l'utilizzazione, ma non in modo tale da sforare i massimali.
  Quello era un punto centrale, perché, mentre quando si sforano i massimali col contingency margin si ha comunque l'impegno negli anni successivi del settennio a recuperare questa sorta di anticipazione di risorse, sforarli con questi altri strumenti speciali significa non dover più tornare indietro e, quindi, di fatto aumentare la dotazione complessiva nel settennio.
  Di qui nasce la comprensibile maggiore rigidità di alcuni Paesi rispetto, peraltro, a una situazione che anche da un punto di vista giuridico, sulla base delle analisi tecniche che sono state svolte dai vari uffici delle istituzioni, risultava molto meno definita e pacifica relativamente alla possibilità di utilizzazione.
  Riferisco ora sullo stato del negoziato. Come ho detto precedentemente, il Parlamento europeo ha subordinato la discussione sul budget 2015 alla preventiva definizione della questione delle spese insolute nel 2014, con la richiesta al Consiglio di approvare integralmente le proposte della Commissione europea sui rettificativi 2014. Senza tale approvazione, il Parlamento si è detto indisponibile ad avviare il negoziato sul 2015.
  In particolare, la posizione del Parlamento, fermamente ancorata all'accoglimento delle richieste della Commissione, sottolinea la necessità dell'attivazione del contingency margin per l'intero ammontare, quindi per tutti i 4 miliardi, e anche la necessità del finanziamento sopra i massimali di spesa 2014 degli altri strumenti speciali di flessibilità, sostenendo la piena legittimità del ricorso a tali strumenti di flessibilità di bilancio, in contrapposizione alle interpretazioni più restrittive date da alcuni Stati membri in ambito del Consiglio.
  Per il Parlamento l'imprescindibilità dell'obbligo di pagamento delle fatture pregresse giacenti nel 2014 è sostanzialmente il punto di partenza di qualsiasi discussione. Il Parlamento evidenzia che tali pagamenti non comporterebbero alcun onere aggiuntivo a carico degli Stati membri in termini di aumento della contribuzione al bilancio comunitario, essendo coperti da maggiori entrate proprie dell'Unione, derivanti in particolar modo da multe e sanzioni, che sono state accertate nel corso del 2014.
  Per quanto riguarda, inoltre, il bilancio 2014, il Parlamento, nella sessione plenaria del 22 ottobre scorso, ha approvato degli emendamenti alla posizione del Consiglio, aumentando notevolmente il livello degli stanziamenti sia d'impegno che di pagamento. In termini complessivi, il Parlamento ha chiesto 1,3 miliardi di euro in più per l'impegno e ben 6,1 miliardi di euro in più per i pagamenti rispetto alla posizione del Consiglio.
  Capite bene che c’è un'ampia forchetta tra i punti di partenza delle istituzioni, anche dopo aver faticosamente trovato innanzitutto una posizione interna al Consiglio.
  Le modifiche proposte dal Parlamento sono superiori a quelle della stessa Commissione europea di oltre 700 milioni di euro in impegni e di circa 4 miliardi di Pag. 9euro in pagamenti. Se la Commissione era partita ponendosi sui livelli massimi in un contesto di quadro finanziario pluriennale, il Parlamento nella sostanza ha completamente bypassato il quadro finanziario pluriennale e si è andato a collocare addirittura al di sopra dei massimali stessi.
  Appurata la divergenza delle posizioni tra Consiglio e Parlamento sui due dossier, come previsto dal Trattato dell'Unione europea, si è aperta la procedura di conciliazione, della durata di 21 giorni, allo scopo di raggiungere un compromesso tra le due istituzioni di bilancio.
  Tuttavia, come vi dicevo, nonostante gli sforzi profusi dalla presidenza italiana, al termine di questi 21 giorni le divergenze sopra richiamate non hanno trovato una piena composizione, anche se alcuni passi avanti sono stati compiuti. In questo contesto, come vi ricordavo, l'ulteriore questione della rivalutazione delle basi imponibili non ha certo aiutato, ma è stato un ulteriore elemento di complicazione in un processo già complesso.
  In particolare il Consiglio, sulla base di una proposta di compromesso presentata dalla presidenza italiana, aveva raggiunto un'ipotesi di accordo sul bilancio rettificativo numero 3, che prevedeva l'utilizzo del contingency margin per un importo di circa 2 miliardi e l'aumento dei pagamenti sul 2015 rispetto alla posizione iniziale di circa 780 milioni.
  Su questa posizione, il Parlamento ha ritenuto comunque di non dare il suo assenso, considerando insufficienti i passi avanti fatti dal Consiglio, in particolare il livello dei pagamenti previsto per il contingency margin e la mancata attivazione degli strumenti speciali di flessibilità oltre i massimali di spesa.
  Ciò ha indotto la Commissione europea nella fase finale della conciliazione a presentare una proposta di compromesso, discussa nella serata del 17 novembre, ultimo giorno utile per la conciliazione. Questa proposta contemplava l'attivazione del contingency margin per un importo di 3,8 miliardi di euro – invece di 4 miliardi – l'utilizzo degli strumenti speciali oltre i massimali di spesa e l'aumento degli stanziamenti di pagamento sul 2015 per un importo di ulteriori 560 milioni, oltre ai passi avanti per arrivare a 780 milioni già compiuti dal Consiglio stesso.
  Questa proposta di compromesso della Commissione, purtroppo, non ha riscontrato il consenso del Consiglio e, a dir la verità, nemmeno quello del Parlamento.
  Il Consiglio e in particolare i Paesi net payers, che sono sufficienti a determinare una minoranza di blocco e a non consentire l'adozione della decisione con la maggioranza qualificata richiesta, hanno ritenuto ancora troppo elevato il livello di attivazione del contingency margin (d'altro canto da 4 miliardi si era scesi appena a 3,8) e non è stato ritenuto accettabile il finanziamento oltre i massimali di spesa 2014 degli altri strumenti speciali di flessibilità del bilancio. Ed è proprio su questo aspetto che c’è stato il maggior irrigidimento. Prima ancora che su una trattativa sugli importi, è stato su questa questione di principio che alcuni Paesi non hanno ritenuto ci fosse il margine di discussione.
  D'altro canto, il Parlamento ha mostrato ancora una certa rigidità nell'accettare riduzioni di spesa rispetto alle richieste iniziali della Commissione e soprattutto continua a richiedere il finanziamento oltre i tetti di spesa degli strumenti speciali di flessibilità.
  In questi giorni, anche oggi, auspichiamo che ci possano essere dei passi avanti importanti. Innanzitutto, a norma del Trattato dell'Unione europea, una volta che è scaduto infruttuosamente il periodo di conciliazione, la Commissione presenta un nuovo progetto di bilancio, come ha fatto lo scorso 28 novembre.
  Questa proposta conferma per ora il livello degli stanziamenti di pagamento pari a 141 miliardi e 337 milioni di euro. Sugli adeguamenti per il bilancio 2014 e le relative richieste d'incremento degli stanziamenti di pagamento, la Commissione ha invece confermato la richiesta di finanziamento degli strumenti speciali oltre i massimali di spesa previsti nel quadro finanziario pluriennale. D'altro canto, però, ha Pag. 10ridotto il livello di attivazione del contingency margin dall'originario importo di 4 miliardi a circa 3,2 miliardi.
  Sulla base di questa proposta, si è riavviato il negoziato tra Consiglio e Parlamento per il raggiungimento di un accordo complessivo che consenta l'adozione sia dei rettificativi 2014 sia del previsionale 2015.
  Restano ovviamente da definire alcune questioni controverse, a cominciare dagli strumenti speciali dentro o oltre i massimali di spesa, le quali dovranno essere contemperate proprio nel corso dei prossimi giorni. Ribadisco che già oggi potremmo avere delle notizie interessanti da Bruxelles, tra cui l'accordo sul livello di utilizzo del contingency margin e il rispetto dei massimali di spesa nell'attivazione degli altri strumenti di flessibilità del bilancio.
  Ai fini del raggiungimento di questo accordo con il Parlamento europeo, sono stati calendarizzati degli appositi triloghi tra le istituzioni. Si tratta di incontri in cui la presidenza italiana, in rappresentanza del Consiglio, farà di tutto per far convergere le diverse istituzioni su una posizione comune su entrambi i dossier.
  Pertanto, le riunioni del trilogo diventano la sede in cui si tenterà una nuova conciliazione tra le varie posizioni. Al riguardo, la presidenza italiana svolgerà la sua opera di mediazione, cercando di assicurare un'adeguata chiusura del bilancio 2014 e naturalmente un livello di stanziamenti sul bilancio di previsione 2015 che possa trovare la convergenza sia del Consiglio, quindi di tutti i Paesi membri, sia del Parlamento.
  L'accordo politico in termini formali dovrebbe essere raggiunto in questa sede e sarà poi confermato da un voto del Consiglio dei ministri dell'Unione europea o dell'Ecofin il 9 dicembre oppure del Consiglio educazione, gioventù, cultura e sport il 12 dicembre. Queste dovrebbero essere le due finestre per la formalizzazione dell'accordo.
  Una volta fatto questo, ci sarà la sua approvazione definitiva in occasione della sessione plenaria del prossimo 15-18 dicembre nel Parlamento europeo. Se invece questo non si verificasse, rimarrebbe la strada, che nessuno vuole accada, dell'esercizio provvisorio per dodicesimi. È evidente che questa sarebbe una sconfitta per tutte le istituzioni europee, rispetto alla quale nessuno avrebbe di che guadagnarci.
  Rimangono indubbiamente sul terreno quelli che si sono manifestati come punti di forte e crescente divergenza. È indubbio, come ricordava il presidente all'inizio, che questa situazione mette una volta di più al centro il tema del ripensamento delle risorse del bilancio europeo.
  È certo che così avremo anno dopo anno una crescente conflittualità tra le istituzioni europee propriamente dette, intese come europee nella loro genesi, e l'istituzione Consiglio, che inevitabilmente, se è il Consiglio dell'Unione Europea per tantissime questioni, quando si parla di un bilancio rispetto al quale i contribuenti continuano a essere i singoli Stati membri si tramuta – ahimè – su questo specifico dossier in modo palese in nulla più che un tavolo multilaterale a 28.

  PRESIDENTE. Ringrazio il sottosegretario Zanetti.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Grazie, signor sottosegretario. Il quadro pluriennale è stato approvato dal Parlamento in cambio della promessa di una revisione di medio termine. Si hanno notizie di questa revisione di medio termine ? Se ne parla ?
  La mia impressione è che sarebbe molto più facile far passare in Parlamento l'accesso a una posizione meno rigida, se ci fosse chiarezza sul fatto che le risorse che non si spendono adesso verranno recuperate in sede di revisione di medio termine e orientate all'interno di nuovi progetti.
  Che rapporto esiste tra questa discussione e il progetto Juncker ? Secondo le ultime notizie, Juncker vuole rastrellare nel bilancio dell'Unione europea circa 21 Pag. 11miliardi di euro da usare come leva finanziaria per un progetto di 300 miliardi di euro di investimenti. La leva sembra piccolina per una cosa così grande. Ricordiamo, per fare un paragone (non perché sia giuridicamente vincolante) che oggi la Banca centrale europea e le autorità di vigilanza chiedono 11 euro di patrimonio proprio per 100 euro di investimenti. Qui cadremmo molto al di sotto di questa soglia.
  Penso che alla fine il valore della revisione dell'IVA sarebbe di 3 o 4 miliardi di euro. Gli Stati membri la vogliono immediatamente incorporare. Va benissimo, ma c’è qualche orientamento su dove si vanno a prendere queste risorse, visto che si è detto che non si prendono dalle IFM e si devono trovare nel bilancio dell'Unione europea ? Come ? Dove ? In quale bilancio ?
  Si hanno notizie della commissione Monti ? Se la commissione Monti funzionasse e facesse rapidamente le sue proposte, questo potrebbe cambiare potentemente le carte in tavola. La commissione Monti – ricordo a me stesso – ha il compito di studiare un nuovo sistema di finanziamento dell'Unione in cui le risorse proprie acquisiscano un'importanza molto più grande che al presente. Oggi le risorse proprie sono una frazione piccola delle risorse dell'Unione e dovrebbero aumentare. Questo aiuterebbe anche a ragionare in una prospettiva più europea, cioè dentro una visione del bene comune europea, senza un conto così immediato e cogente per cui «do tanto e voglio tanto», che è quello che si registra adesso al tavolo del Consiglio europeo.

  FLORIAN KRONBICHLER. Signor sottosegretario, se ho capito bene, questa sua relazione sembra molto realistica ma rassegnata. In altre parole, l'Europa si rassegna a non poter fare politica. Muovendosi sempre tutti a livelli superiori della spesa, le mediazioni che si propongono avvengono continuamente al ribasso.
  Lei ha accennato genericamente a dei Paesi, ma può essere un po’ più chiaro in merito. Chi frena ? Sono sempre le solite forze che tengono alla politica di rigore e di risparmio ?
  Se ho seguito bene la discussione, l'Italia con la sua presidenza si è presentata con grandi ambizioni, ma andando avanti – adesso siamo già alla fine – si è dovuta accontentare dell'ordinaria amministrazione, che, tra l'altro, ha fatto bene.
  Quali forze esattamente si contrappongono alla volontà, espressa, per esempio, dal presidente della Banca centrale, di aprire il portafoglio un po’ di più ? In questo progetto di bilancio per l'anno prossimo non c’è un aumento sostanzioso della spesa che in fondo tutti invochiamo.

  ADRIANA GALGANO. Innanzitutto ringrazio il sottosegretario Zanetti per la relazione circostanziata che ha svolto.
  Io mi associo alla domanda dell'onorevole Buttiglione, perché la questione è che le risorse previste dall'Unione europea per il piano di investimenti, il cosiddetto piano Juncker, sono già poche. Inoltre, abbiamo dubbi su come e dove saranno reperite. Questo è molto importante per capire la credibilità di questo piano.
  Ho un'altra domanda. Leggevo che uno degli orientamenti per far fronte ai pagamenti è quello di utilizzare i soldi delle multe, anziché chiedere agli Stati ulteriori contributi. Avendo letto questo dato e avendo avuto ieri la drammatica notizia (sulla quale questa Commissione ha tentato di fare il possibile) che siamo stati condannati a pagare 40 milioni di euro subito e poi 40 milioni ogni tre mesi finché non ci mettiamo a posto con le discariche, mi chiedo se c’è un nesso tra questi due eventi.
  Vorrei rispondere all'onorevole Kronbilchler, anche se non è molto in tema. Il semestre europeo ha prodotto dei risultati. Oggi pomeriggio il Presidente del Consiglio risponderà a un question time sull’industrial compact. L'Italia ha finalmente messo all'ordine del giorno della politica economica europea la ripresa dell'industria. Questo è un grandissimo risultato, al quale è importante che partecipi la nostra Pag. 12Commissione con la discussione di oggi pomeriggio alle 15.00 sulla rinascita industriale.
  Mi è assolutamente chiaro che noi qui in Parlamento non siamo molto attenti su questi temi, però in realtà per la ripresa economica è un'importantissima priorità.

  TEA ALBINI. Ringrazio il sottosegretario. Anch'io avrei posto la domanda dell'onorevole Buttiglione relativamente al reperimento dei 21 miliardi sui 300. Inoltre, vorrei sapere se c’è un criterio di ripartizione. Se è possibile, vorrei avere un'idea di come queste risorse rastrellate verrebbero ripartite.
  L'altro punto è stato affrontato poc'anzi dalla collega Galgano. È realistico pensare quello che ha detto il Ministro Galletti, ovvero che siamo nella condizione di contrastare la richiesta dei 43 milioni di multa relativamente alla questione delle discariche ? È reale quello che ha detto, cioè che si può contestare che effettivamente non dobbiamo corrispondere niente perché una gran parte è stata messa in ordine ?
  Mi sembra una questione abbastanza importante. Infatti, dare 43 milioni subito e poi 40 milioni ogni tre mesi, mi sembra possa metterci in difficoltà nel reperire le necessarie risorse a valere sul bilancio dello Stato.

  PAOLA CARINELLI. Vorrei un parere da parte del sottosegretario sulla gestione dei fondi, più che altro dal lato italiano.
  Nella recente legge di stabilità, infatti, è stata istituita una cabina di regia per i fondi europei. Sappiamo che già il Governo Letta aveva istituito un organismo simile, un'agenzia che in realtà finora è stata un organismo fantasma, perché nella carta non si è ancora materializzata.
  Vorrei sapere dal sottosegretario, secondo la sua opinione, come farà questa cabina di regia a evitare gli stessi errori che sono stati commessi per questa agenzia della coesione, che in realtà non si è mai palesata e non è stata efficace, e a non diventare il classico carrozzone che purtroppo spesso abbiamo visto nella storia d'Italia.

  PRESIDENTE. Do la parola al sottosegretario Zanetti per la replica.

  ENRICO ZANETTI, Sottosegretario di Stato all'Economia e alle Finanze. Ringrazio tutti i colleghi per le domande.
  Seguo l'ordine delle domande, iniziando dal quadro finanziario pluriennale e dalla promessa di revisione di medio termine. Naturalmente il Parlamento ha più volte ricordato questa promessa nel corso dei negoziati, ma, d'altro canto, sarà il 2016 il momento in cui questo tipo di revisione di medio termine, come da previsioni, dovrà avere luogo.
  Non vi è dubbio che nel corso dei negoziati, seppure in modo non esplicito, è emerso con chiarezza il disagio del Parlamento rispetto al quadro finanziario pluriennale. Infatti, un'altra situazione che ha contribuito a una maggiore complessità è data dal fatto che l'attuale Parlamento col quale siamo andati a negoziare il bilancio non è il Parlamento che ha votato il quadro finanziario pluriennale e, pertanto, in esso, tutto sommato, non si riconosce pienamente.
  Ripeto che questo è un qualcosa che traspare e non un qualcosa di detto. Il quadro finanziario triennale ovviamente c’è ed è quello per tutte le istituzioni europee, ma è indubbio che la circostanza che questo Parlamento europeo non sia quello che ha contribuito alla sua determinazione fa sì che esso lo viva quasi come un legame imposto piuttosto che come il quadro all'interno del quale tutte le istituzioni, esso compreso, si devono muovere.
  La revisione di medio termine ci dovrà senz'altro essere, però quella è una partita che va giocata nel 2016. Francamente, non poteva essere inserita in questo negoziato e in questo contesto. Tuttavia, è verissimo il fatto che sul fronte del rapporto col Parlamento il tema del quadro finanziario pluriennale da rivedere è un tema da loro percepito come centrale.
  Varie domande hanno riguardato il rapporto che esiste tra il negoziato del bilancio e il progetto Juncker. I legami sono minimi o quasi inesistenti rispetto Pag. 13alla funzionalità del dibattito sul bilancio europeo, perché comunque il progetto Juncker, anche nella parte in cui fa leva sulle risorse del bilancio europeo, a tutt'oggi lo fa con una logica di garanzia per generare quell'effetto leva per ulteriori finanziamenti.
  Nell'ambito del negoziato sul bilancio europeo il tema Juncker non è mai stato tenuto in conto, se non in termini di declamazione di aspettative, ma mai come variabile centrale.
  La gran parte del dibattito tra le istituzioni europee e la rigidità delle posizioni di Parlamento e Commissione hanno come unica stella polare il tema delle fatture non pagate, cioè l'accumularsi di impegni già assunti, già liquidati e già fatturati dall'Unione europea, per i quali non vi è un'adeguata dotazione finanziaria per procedere a pagamenti in tempo reale.
  La Commissione in più occasioni durante i periodi di negoziato ha fatto delle presentazioni volte a dimostrare come questo stock di debito latente si sta incrementando di anno in anno. È una problematica che purtroppo anche noi nella nostra realtà nazionale – ahimè – conosciamo molto bene. Mi riferisco ai cosiddetti «pagamenti della pubblica amministrazione». È un tema rispetto al quale il Parlamento e la Commissione hanno chiesto, come detto in precedenza, l'attivazione di numerosi strumenti speciali e, quindi, di notevole flessibilità. È evidente che è un tema importante.
  Con tale tema mi collego all'altra domanda. Mi veniva chiesto quali sono i Paesi che frenano. Se devo dare una risposta prettamente tecnica legata al bilancio, l'elenco è presto fatto: Francia, Germania, Regno Unito, Danimarca, Svezia, Finlandia, Olanda e Austria. Tuttavia, sarebbe ingiusto scaricare de plano su questi Paesi un ruolo di frenatori in senso assoluto.
  Questi sono i Paesi che hanno un ruolo di pagatori netti abbastanza pronunciato e per i quali è evidente che, di fronte a richieste di flessibilità da parte delle istituzioni europee per poter fare questi pagamenti aggiuntivi, non può che derivare un invito all'attenzione, posto che, in un gioco delle parti che può sembrare buffo ma che è oggettivo, sono quelle stesse istituzioni europee – in particolare la Commissione – a non essere mai particolarmente e facilmente inclini a una flessibilità quando sono gli Stati membri a richiederla rispetto, naturalmente, ai parametri di bilancio.
  È legittimo che maggiore è il rigore che giustamente viene imposto nei bilanci degli Stati membri dalle stesse istituzioni europee e dagli accordi europei, altrettanto maggiore è l'attenzione degli Stati membri rispetto alla gestione delle risorse comunitarie.
  Se la domanda è quali sono i Paesi che rispetto a un ampliamento delle dotazioni di bilancio hanno delle posizioni di maggiore resistenza, l'elenco è presto fatto.

  FLORIAN KRONBICHLER. Anche l'Italia ?

  ENRICO ZANETTI, Sottosegretario di Stato all'Economia e alle Finanze. L'Italia è anch'essa un pagatore netto, seppur per un ammontare minore in termini assoluti rispetto a grandi Paesi come Francia e Germania e in termini relativi rispetto agli altri. In questo momento il nostro sbilancio è intorno ai 3-3,5 miliardi, anche perché negli ultimi anni siamo riusciti a ottenere delle configurazioni che hanno abbassato il nostro ruolo di pagatori netti, naturalmente nella misura in cui – poi verrò al tema – siamo capaci di usare i fondi che ci vengono assegnati.
  L'Italia su questo ha una posizione senz'altro meno rigida di alcuni, però sia chiaro che anche l'Italia guarda con la massima attenzione alla necessità di avere un bilancio che sia gestito con la stessa oculatezza e con la stessa parsimonia che le istituzioni europee impongono all'Italia.
  Dico questo con estrema chiarezza, perché altrimenti finisce che noi stessi sbagliamo nell'impostare il nostro ruolo in Europa.
  Ritengo che noi, rispetto ad altri Paesi, pur essendo pagatori netti, dimostriamo un'apertura maggiore alle istituzioni europee, Pag. 14però anche noi naturalmente stiamo attenti nel vedere che i conti vengano gestiti con una logica di just-in-time. Ciò significa avere le risorse sui vari capitolati di spesa man mano che emergono le necessità di effettuare i pagamenti.
  Infatti, dal punto di vista dell'Italia – questo è un messaggio che forse non è mai passato a sufficienza, ma deve passare – i fondi europei sono appunto fondi europei, non finanziamenti europei. L'Italia non ha finanziamenti europei, ma ha fondi europei, cioè fondi che arrivano dall'Europa nell'ambito di un bilancio che l'Italia concorre a finanziare più di quanto gli torni indietro.
  Il ruolo dell'Italia è fortemente europeo rispetto a quello di altri Paesi che oggi, a mio avviso, gestiscono eccessivamente la logica del bilancio europeo in termini strettamente nazionali. Tuttavia, la nostra è la logica di un Paese che contribuisce al bilancio europeo e non ne è beneficiato e, pertanto, vuole che questo bilancio funzioni in entrambe le direzioni.
  Per quanto riguarda la commissione Monti, entro fine anno è previsto che ci sia un momento di ufficializzazione dello stato di avanzamento dei lavori. Perciò, entro fine anno dovremmo avere degli elementi in più.
  Non vi è dubbio che su quel lavoro sono concentrate le aspettative di molti, perché, come si diceva poc'anzi, è un tema assolutamente centrale per cercare di fare un passo avanti verso l'integrazione europea.
  Oggi è un dato di fatto – lo ribadisco – che con la configurazione attuale, in un contesto di risorse scarse, l'approccio rispetto al bilancio europeo dei Paesi è un approccio «ciascuno per sé». C’è pochissima disponibilità, viceversa, a un approccio di visione complessiva. Questo è inevitabile, perché nell'istante in cui le risorse sono scarse tutti, giustamente, fanno i loro conti. È evidente che tutti quei Paesi per i quali il bilancio europeo è un giroconto a perdere, esclusivamente in termini di finanza nazionale, non possono che essere dei frenatori, mentre altri indubbiamente fanno gli europeisti, ma lo fanno – ahimè – con i soldi degli altri.
  Questo, purtroppo, non aiuta affatto l'integrazione europea, ma anzi potrebbe diventare negli anni uno degli elementi di ulteriore allontanamento e disaffezione.
  Pertanto, il gruppo che mira a rimodulare la gestione delle risorse dell'Unione europea in un'ottica di risorse proprie e, quindi, con una gestione di imposizione europea, nelle forme che verranno individuate, ha sicuramente in mano una delle partite veramente importanti di un percorso crescente piuttosto che decrescente di integrazione europea nei prossimi anni.
  Per quanto riguarda i 43 milioni di multa sulla questione delle discariche, al momento mi devo dichiarare incompetente rispetto al tema.

  PRESIDENTE. A questo proposito, abbiamo già fissato l'audizione del Ministro dell'ambiente per il 18 dicembre.

  ENRICO ZANETTI, Sottosegretario di Stato all'economia e alle finanze. Io avrei proposto un'integrazione alla mia relazione, ma a questo punto sarà direttamente il dicastero titolato a darvi risposte su una questione che ovviamente è molto importante.

  ADRIANA GALGANO. Mi scusi. Io dicevo che c’è una posizione secondo cui, invece di caricare di contributi gli Stati per far fronte ai pagamenti, si potrebbero usare i proventi delle multe. Ho ipotizzato che forse c’è una relazione tra questa posizione e il fatto che ci hanno fatto pagare la multa adesso. Quella era una battuta, però vorrei sapere quale è la forza di questa posizione, che è un po’ pericolosa. È un po’ come le multe che vengono utilizzate dai comuni italiani per rimpinguare i loro bilanci

  TEA ALBINI. Non è proprio così. I comuni non rimpinguano i bilanci con le multe.

  PRESIDENTE. Proseguiamo con la replica del Sottosegretario.

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  ENRICO ZANETTI, Sottosegretario di Stato all'economia e alle finanze. Anche questo è indubbiamente un tema delicato. Capisco la preoccupazione. Al momento, però, mi sento di dire che la gestione delle multe europee da parte della Commissione viene fatta semplicemente sulla base dei principi di applicazione giuridica e non certo con uno scopo vessatorio, finalizzato alla copertura di bilancio.
  Non vi è dubbio che comunque multe, sanzioni e quant'altro concorrono anch'esse ad alimentare il bilancio dell'Unione europea, tant’è vero che in questo 2014, per quanto riguarda i rettificativi, una parte significativa delle maggiori risorse che l'Unione Europea chiede possono trovare una copertura direttamente nelle multe e sanzioni che sono state riscosse in corso d'anno.
  È chiaro che non deve neanche lontanamente profilarsi all'orizzonte una situazione per la quale, da un lato, la Commissione europea si ritrova con una carenza di risorse dal punto di vista della contribuzione e, dall'altro, diventa estremamente pungente e rigida, oltre la corretta applicazione delle norme, in termini sanzionatori.
  Io non vedo al momento questo tipo di problema. Sarebbe uno scenario indubbiamente preoccupante. Direi che per ora lo possiamo considerare più una suggestione o una provocazione che un rischio concreto.
  Per quanto riguarda, infine, la gestione dei fondi europei, non vi è dubbio che sia necessario che la stessa migliori. Non vi è dubbio neanche sul fatto che un miglioramento della sua gestione debba passare attraverso un'azione più coordinata, che deve essere efficace e non solo formale e nominalistica. Ovviamente, però, il passaggio intermedio è innanzitutto creare il luogo del coordinamento e poi bisognerà farlo funzionare bene.
  Che sia necessario un maggiore coordinamento è evidente innanzitutto nei numeri del tiraggio dei fondi europei quando sono investiti più organi di carattere centrale e organi di carattere regionale, con performance molto diverse tra le regioni.
  È evidente ancor di più nella tipologia dell'utilizzo dei fondi europei. Noi in questo momento abbiamo una percentuale troppo elevata di utilizzo dei fondi europei su microprogetti. I fondi europei finiscono per essere trasformati in una sorta di rabbocco alla spesa corrente, laddove, invece, è ormai del tutto evidente che una loro utilizzazione efficiente per il sistema Paese passa attraverso la loro concentrazione in un numero molto più contenuto di medi o grandi progetti più di carattere di investimento.
  Per fare questo, però, naturalmente serve un ruolo di coordinamento tra i diversi player istituzionali che hanno titolo a partecipare alla gestione dei fondi europei stessi.

  PRESIDENTE. Grazie, sottosegretario. Sono assolutamente d'accordo, specialmente rispetto all'ultima parte della sua replica.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.25.