XVII Legislatura

XIV Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Martedì 23 luglio 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bordo Michele , Presidente ... 3 

Audizione di membri italiani del Parlamento europeo, nell'ambito dell'esame congiunto del Programma di lavoro della Commissione europea per il 2013 e relativi allegati (COM(2012)629 final), del Programma di diciotto mesi del Consiglio dell'Unione europea per il periodo 1 gennaio 2013-30 giugno 2014 (17426/12) e della Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, relativa all'anno 2013 (Doc. LXXXVII-bis, n.1) (ai sensi dell'articolo 127-ter, comma 1, del Regolamento):
Bordo Michele , Presidente ... 3 
Angelilli Roberta , Parlamentare europeo ... 4 
De Castro Paolo , Parlamentare europeo ... 6 
Bordo Michele , Presidente ... 8 
Gargani Giuseppe , Parlamentare europeo ... 9 
Muscardini Cristiana , Parlamentare europeo ... 10 
Sartori Amalia , Parlamentare europeo ... 12 
Sassoli David-Maria , Parlamentare europeo ... 15 
Bordo Michele , Presidente ... 17 
Galgano Adriana (SCPI)  ... 17 
Mosca Alessia Maria (PD)  ... 18 
Buttiglione Rocco (SCPI)  ... 18 
Gozi Sandro (PD)  ... 19 
Bordo Michele , Presidente ... 19 
Angelilli Roberta , Parlamentare europeo ... 19 
Bordo Michele , Presidente ... 20

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MICHELE BORDO

  La seduta comincia alle 12.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di membri italiani del Parlamento europeo, nell'ambito dell'esame congiunto del Programma di lavoro della Commissione europea per il 2013 e relativi allegati (COM(2012)629 final), del Programma di diciotto mesi del Consiglio dell'Unione europea per il periodo 1 gennaio 2013-30 giugno 2014 (17426/12) e della Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, relativa all'anno 2013 (Doc. LXXXVII-bis, n. 1).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 127-ter, comma 1, del Regolamento, l'audizione di membri italiani del Parlamento europeo, nell'ambito dell'esame congiunto del Programma di lavoro della Commissione europea per il 2013 e relativi allegati (COM(2012)629 final), del Programma di diciotto mesi del Consiglio dell'Unione europea per il periodo 1 gennaio 2013-30 giugno 2014 (17426/12) e della Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, relativa all'anno 2013 (Doc. LXXXVII-bis, n. 1).
  Ringrazio i colleghi europarlamentari intervenuti nell'audizione di oggi, che svolgiamo sistematicamente ormai dal 2001 e che rappresenta anche l'occasione per assicurare una migliore comprensione delle dinamiche politiche e istituzionali in atto, nonché una migliore identificazione e tutela degli interessi nazionali.
  Ci sono stati casi, anche nel passato, in cui, per esempio, la posizione dell'Italia è stata più debole proprio per l'assenza di un raccordo preventivo tra il Parlamento nazionale e il Governo e gli europarlamentari, raccordo che, invece, è molto solido nell'esperienza di altri Paesi. Potrei ricordare il caso recente della cooperazione rafforzata sul brevetto europeo. I nostri europarlamentari, legittimamente, ebbero una posizione diversa, di sostegno all'adesione del nostro Paese al nuovo istituto.
  Proprio nella logica di rafforzare un rapporto più di sistema tra noi e voi vorrei chiedervi di fornire alcune valutazioni rispetto a questioni specifiche che noi stiamo discutendo e valutando.
  La prima questione riguarda la preparazione della presidenza italiana del secondo semestre del 2014. Il Parlamento e il Governo hanno già identificato quale obiettivo prioritario della presidenza quello di favorire progressi concreti verso il completamento dell'Unione economica e soprattutto verso l'Unione politica europea. Ritenete realistica questa prospettiva nell'attuale fase ? Quali altre priorità settoriali la nostra presidenza, secondo voi, potrebbe perseguire ?
  Una seconda questione, strettamente connessa alla prima, attiene alle elezioni Pag. 4europee, che, come è noto, si terranno l'anno prossimo, nel 2014. Lo scorso 4 luglio il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulle modalità pratiche per le prossime elezioni che contiene alcune raccomandazioni interessanti nella prospettiva di un rafforzamento del processo di integrazione politica e della sua dimensione democratica.
  Mi riferisco, in particolare, all'indicazione dei nomi e dei simboli dei partiti politici europei sulla scheda elettorale e alla designazione da parte dei partiti politici europei dei rispettivi candidati alla presidenza della Commissione, con l'intesa che il candidato del partito politico europeo con il maggior numero di seggi al Parlamento sarà il primo a essere preso in considerazione.
  Ritenete che con i Trattati vigenti questi passi siano sufficienti per accrescere non soltanto il ruolo del Parlamento, ma anche il tasso di politicità e di autorevolezza della Commissione europea verso il Consiglio e gli Stati membri ?
  Una terza questione attiene, come già dicevo all'inizio, al raccordo tra Parlamento nazionale, Governo ed europarlamentari italiani, sul quale tra poco avremo modo di acquisire anche l'opinione e le valutazioni del rappresentante permanente Sannino. Vorremmo, in particolare, sapere se e in quale misura voi tenete conto delle pronunce adottate dalle Camere su progetti di atti dell'Unione europea e se ritenete adeguata la vostra interlocuzione con i ministri di settore e con la rappresentanza permanente.
  Un'ultima questione riguarda la tutela della lingua italiana. Ho già parlato del brevetto unico, in cui l'opposizione al regime linguistico ha prevalso sugli stessi interessi del nostro sistema produttivo. Purtroppo, le violazioni più preoccupanti del regime linguistico sono quelle operate in seno alle stesse istituzioni europee, con il tentativo, per esempio, di imporre il trilinguismo inglese, francese e tedesco. Anche nel Parlamento europeo si sono registrate forzature in questo senso. Rispetto a questo quali sono le iniziative al riguardo ?
  Ciò premesso, passerei subito all'audizione. Do la parola all'onorevole Angelilli, vicepresidente del Parlamento europeo.

  ROBERTA ANGELILLI, Parlamentare europeo. Grazie, presidente. Buongiorno a tutti. Farò un intervento molto riassuntivo, accogliendo però le quattro domande che il presidente ci ha sottoposto.
  Svolgo prima una piccola premessa. Le cose stanno cambiando. A parte il cambiamento «terminologico», per cui passiamo dalla legge comunitaria alle due leggi, la legge di delegazione europea e la cosiddetta legge europea, quello che ci sta a cuore sono gli obiettivi, sia quelli di queste due leggi, sia quelli proprio di sistema.
  È evidente che noi abbiamo non solo l'obbligo, ma anche l'interesse di recepire in maniera corretta e tempestiva le direttive comunitarie. Su questo, purtroppo, abbiamo spesso – non so, sinceramente, se anche in questo preciso momento – il primato in termini di imperfetto recepimento o di ritardi nel recepimento, il che sicuramente non è positivo per l'immagine del Paese. Noi siamo Paese fondatore e terza economia europea, siamo un Paese che conta in Europa. Non è il massimo arrivare sempre in ritardo, anche perché poi si è comunque costretti al recepimento.
  Il problema, però, non è solo quello di evitare procedure di infrazione e, quindi, di rispettare semplicemente le regole, ma anche, e direi soprattutto – su questo richiamerei l'attenzione del presidente e di tutti – quello di effettuare un accompagnamento del processo legislativo. Questo significa che ci dovrebbe essere una massima sinergia, semplicemente per praticità, soprattutto della delegazione italiana al Parlamento europeo con questa Commissione, oltre che con tutte le altre, a seconda dei dossier oggetto di analisi.
  Noi sappiamo, ma è importante ribadirlo, che intervenire mentre il processo decisionale è in corso è non solo più semplice, ma anche e soprattutto più efficace per difendere gli interessi nazionali. Diventa già assolutamente difficile intervenire Pag. 5nei due anni di recepimento, perché ormai il pacchetto è chiuso e la trattazione è avvenuta. Intervenire in seguito a una procedura di infrazione per attuare un cambiamento o una modifica è un'operazione, oltre che difficilissima, spesso anche considerata male. Viene recepita male dalla Commissione europea.
  Su una condivisione, su una sinergia e su una collaborazione già all'inizio del processo decisionale richiamo assolutamente l'attenzione di tutti e pongo, per capirci, sinteticamente un solo esempio, che non è né il più importante, né il più urgente, ma uno dei tanti.
  Noi abbiamo una forte sollecitazione dal settore dei balneari, che, trovandosi coinvolto nella procedura di infrazione sulla direttiva servizi, non comprende i motivi per cui l'Italia si debba adeguare a questa direttiva. Di fatto assistiamo a uno scollamento tra le categorie coinvolte, il Parlamento italiano e gli obblighi europei, tre ambiti che viaggiano parallelamente. Questo è uno dei tanti problemi.
  Vado all'attualità, ricordando che sono con noi il presidente De Castro e la presidente Sartori. Noi abbiamo in corso di chiusura i Regolamenti sulla PAC, sulla pesca, su Horizon 2020, sulle reti TEN-T, che ovviamente sono importanti soprattutto per le infrastrutture, e su tutto il pacchetto coesione.
  Sapete anche, come e meglio di me, che siamo in ritardo sulla programmazione attuale, che abbiamo soltanto due anni per recuperare il tempo e soprattutto i fondi perduti e che da gennaio 2014 parte la nuova programmazione. Su questo fronte ci dev'essere un impegno strategico e di programmazione.
  Peraltro, sapete anche che la BEI si è resa disponibile, a livello non solo italiano, ma anche europeo, a supportare finanziariamente, con circa 100 miliardi di euro, le imprese, le idee progettuali e le grandi opere. Questi sono altri fondi che potrebbero essere utili per l'impresa.
  Passo alle quattro domande. Per quanto riguarda la presidenza italiana, dobbiamo trovare possibilmente una linea comune affinché quest'opportunità sia massimamente utile per il sistema Paese e sia affrontata proprio con il massimo dell'adeguatezza, della visibilità e del ruolo internazionale.
  Lo stesso dicasi per le elezioni europee. Sui candidati presidenti della Commissione noi siamo d'accordo. È una battaglia del Parlamento. Non c’è, però, oggi il presidente Casini, il presidente della Commissione affari costituzionali, che su questo tema si è battuto.
  Sulla tutela della lingua ci sono alcune riflessioni da fare. Noi ci siamo battuti inizialmente per la difesa della lingua italiana, e non solo. Purtroppo, però, la nostra è una posizione, come sapete, residuale. Eravamo soltanto Spagna e Italia. Correggetemi se sbaglio. Alla fine questa battaglia rischiava di creare sofferenza alle nostre imprese e, quindi, anche su sollecitazione delle rappresentanze imprenditoriali e industriali, abbiamo non abbandonato la battaglia, che è assolutamente giusta e sacrosanta, ma frenato.
  Sul brevetto noi abbiamo un problema di competitività internazionale e mondiale e, pertanto, dobbiamo fornire, soprattutto alle imprese, risposte efficaci sulla brevettabilità dei nostri prodotti. Il tema della difesa della lingua, pur importante, in questo momento, essendo, come ripeto, soli con la Spagna a sostenerlo, è dovuto passare in secondo piano.
  Vorrei sottolineare che voi avete messo molte cose all'ordine del giorno e che noi intendiamo questo incontro come il primo di una lunga serie. Possibilmente, per lavorare tutti meglio, sarebbe utile e pratico stabilire una sorta di ordine del giorno, immaginando che a settembre vogliamo affrontare una o due priorità e, quindi, lavorare in maniera molto concreta.
  Chiudo dicendo che abbiamo la forza, in questo momento, di avere alcuni italiani alla presidenza di Commissioni importanti: il presidente De Castro presiede la Commissione agricoltura – io lo considero un valore aggiunto importante – la presidente Sartori è a capo della Commissione industria e piccole e medie imprese, altro ruolo assolutamente strategico, e Pag. 6l'onorevole Muscardini è vicepresidente della Commissione commercio internazionale, anche questo un tema strategico per le nostre imprese.
  L'onorevole Sassoli e l'onorevole Gargani fanno parte della squadra italiana e svolgono un ruolo fondamentale nelle loro Commissioni di competenza. Mi faceva piacere, però, ricordare che abbiamo alcuni italiani in tre posizioni strategiche, oltre ad altri. È utile approfittare di questo punto di forza.
  Vi porto anche i saluti del collega Pittella, l'altro vicepresidente del Parlamento europeo, del PD. Abbiamo una squadra, quindi, potenzialmente molto forte.
  Mi fermo qui.

  PAOLO DE CASTRO, Parlamentare europeo. Grazie, presidente Bordo. Naturalmente ringrazio e saluto tutti i colleghi parlamentari europei, a partire dalla vicepresidente Angelilli, dalla collega presidente Sartori e da tutti gli amici che vedo presenti.
  Per rispettare quello che la presidenza ci ha detto all'inizio, sebbene la mia Commissione abbia lavorato intensamente in questi ultimi due anni per una riforma che vedrà coinvolto il Parlamento nazionale in maniera importante, la riforma della Politica agricola comune, più che entrare nel merito, avendo peraltro svolto un'audizione la settimana scorsa in Commissione agricoltura della Camera e del Senato, io penso possa essere più opportuno da parte mia svolgere un discorso di inquadramento per sottolineare quello che diceva già l'onorevole Angelilli.
  Mi riferisco alla necessità di coordinare meglio le attività tra il nostro Parlamento nazionale e le attività che svolgiamo noi deputati europei italiani nel Parlamento europeo. Molto spesso, purtroppo, l'assenza di questo coordinamento fa nascere iniziative legislative del Parlamento nazionale, e a volte anche del Governo, che non voglio dire in assoluto contrasto, ma che comunque non tengono in minima parte in considerazione ciò che sta svolgendo, invece, la legislazione comunitaria.
  Questo aumenta il rischio di sottomettersi a procedure di infrazione – nel settore agricolo e alimentare ce ne sono numerose che nascono proprio da questa problematica – e contemporaneamente allunga e diluisce la nostra capacità di incidere maggiormente laddove il processo legislativo a livello europeo si forma.
  Sotto questo profilo potrebbe anche essere opportuno, a livello proprio di presidenza del Parlamento europeo e di presidenza della Camera e del Senato, trovare un sistema per cui, all'atto della nascita di una novità legislativa di derivazione governativa o di iniziativa parlamentare, ci possa essere questo coordinamento. Ciò significa a volte essere addirittura più incisivi su approcci nazionali che risentono di un vissuto che non sempre è esattamente quello che a livello europeo noi viviamo.
  Mi riferisco, per esempio al tema, caro all'onorevole Muscardini, sull'origine dei prodotti. Lei si è occupata prevalentemente di made in, in cui non erano inclusi l'agricoltura e l'agroalimentare, ma sa bene quanto sia sensibile il tema dell'origine nell'etichetta dei prodotti alimentari.
  Noi abbiamo recentemente approvato al Parlamento europeo, peraltro dopo un lunghissimo dibattito, che è durato a cavallo di due legislature europee, il nuovo Regolamento comunitario sull'informazione al consumatore e abbiamo esteso a una serie di prodotti alimentari l'obbligo di indicare in etichetta l'origine.
  Se, mentre noi svolgiamo questo lavoro a Bruxelles, contemporaneamente a livello nazionale si approvano norme che non tengono conto dell'impianto europeo, ma vanno, a prescindere, in una direzione diversa, benché ciò sia comunque utile, perché attesta una volontà, spesso bipartisan, rappresentata da tutti i Gruppi, non migliora l'ottenimento del risultato concreto a livello europeo. Sfugge addirittura, in alcuni casi, il percorso che si sta facendo a livello proprio.
  Anche a Bruxelles ci sono due Camere. C’è il Parlamento europeo, ma c’è anche il Consiglio. Noi dobbiamo, con la codecisione, contemperare le due Camere.Pag. 7
  Sotto questo profilo, presidente Bordo, credo che l'audizione di oggi sia utile anche per rendere più forte e migliorare questo tipo di coordinamento, in modo tale che, alla nascita di un provvedimento, considerato che questa è la Commissione di riferimento che dovrebbe sovrintendere alle Commissioni di settore, essa possa svolgere il suo ruolo ed evitare che ci si debba poi rincorrere in normative che rendono inefficace l'azione a livello europeo.
  Nel merito è importante la fase in cui ci troviamo per quanto riguarda l'agricoltura e l'alimentare, avendo raggiunto il 26 giugno scorso, come molti colleghi sapranno, l'accordo politico tra Parlamento, Commissione e Consiglio sulla riforma della PAC.
  La riforma della PAC, per chi è meno addentro alla questione, consiste in quattro dossier legislativi che riguardano i pagamenti diretti, lo sviluppo rurale, l'organizzazione comune dei mercati, con tutte le regole che sovrintendono le filiere produttive, e il finanziamento, controllo e monitoraggio della PAC.
  Non è con noi il collega Giovanni La Via, ma, se ci fosse, potremmo affermare insieme che questo è stato un lavoro veramente molto faticoso, con 8.000 emendamenti. Alla fine abbiamo trovato un accordo politico: si tratta di erogare circa 42 miliardi di euro di risorse all'Italia, ossia 6 miliardi all'anno tra pagamenti diretti e sviluppo rurale e misure di mercato. Parliamo della più importante fonte di sostegno e di finanziamento che il settore agricolo e alimentare abbia in Italia.
  Questi 6 miliardi all'anno sono distinti tra circa 3,8-3,9 miliardi di pagamenti diretti e 2 miliardi di risorse che vanno alle regioni per fare i Piani per lo sviluppo rurale. Peraltro, con i tagli che abbiamo subìto a livello europeo, come bilancio dell'Unione europea, tali risorse saranno in parte limate, ma prevalentemente in relazione al primo pilastro, quello dei pagamenti diretti.
  Lo sviluppo rurale, e questa è una notizia importante per tutte le regioni italiane, non subirà nella prossima programmazione 2014-2020, in termini assoluti, cambiamenti significativi sulle risorse finanziarie destinate al nostro Paese. Sono risorse importanti, anche perché in questo settore sono ormai le uniche che vengono destinate.
  Tra i numerosi cambiamenti che sono stati apportati dal Parlamento, nel lavoro che abbiamo svolto in Commissione e poi nell'accordo politico, una delle novità importanti, di cui credo che questa Commissione debba farsi carico, è l'aumento notevole dei gradi di libertà riconosciuti agli Stati membri nella gestione di questa politica. Se fino a ieri la politica comunitaria era grosso modo decisa totalmente a livello europeo, anche nella fase applicativa, oggi i gradi di libertà che gli Stati membri hanno sono moltissimi e determinano scelte politiche molto delicate e difficili, che il nostro Paese dovrà prendere nei prossimi mesi.
  Al tavolo tra Governo e regioni svolge, a mio avviso, un ruolo fondamentale di sintesi proprio il Parlamento, il quale potrà, attraverso ordini del giorno o altri strumenti – non so quali siano i più efficaci – cercare di portare a sintesi quello che inevitabilmente sarà un conflitto di territori. Immagino, infatti, che gli assessori all'agricoltura di alcune regioni italiane vorranno un'applicazione di un dato tipo, che prevarrà, verso un impianto che difenda le risorse nei territori piuttosto che dirigerli sulle imprese agricole e sulle cooperative.
  Altri elementi sono assolutamente lasciati nel libero arbitrio degli Stati membri. Pensate soltanto alla definizione del soggetto beneficiario. Noi abbiamo fatto un passo avanti importante sotto questo profilo, anzi importantissimo, se lo consideriamo storicamente, ossia che le risorse della PAC debbano andare agli agricoltori professionali. Abbiamo anche elencato una lista negativa, una blacklist, che specifica quali sono i soggetti che non devono avere soldi dalla Politica agricola comune. Si tratta di uno strumento da sempre richiesto dalle nostre organizzazioni e che adesso diventa realtà.Pag. 8
  Ora, però, lo Stato membro deve definire il perimetro di chi è l'agricoltore professionale con le nostre regole, perché noi non abbiamo bilanci aziendali. Come sapete, la contabilità in agricoltura in Italia è semplificata e, quindi, tale definizione sarà molto delicata, perché potrà spostare centinaia di migliaia di soggetti beneficiari che oggi godono di questi aiuti e che potrebbero non goderne più, in funzione di come verrà definito l'agricoltore attivo.
  Chi è l'agricoltore attivo ? Chi è l'agricoltore professionale ? Quello che lavora in agricoltura. Bene, ma come lo definiamo sul piano pratico ? Qual è il parametro che il ministero, insieme con le regioni, dovrà individuare per affermare che uno è un agricoltore attivo e l'altro no ?
  Sotto questo profilo, oltre a mettere il titolo, l'Europa demanda anche allo Stato membro. Questo per citarvi un aspetto evidentemente dirimente. Alcune stime in Italia indicano che, se noi applicassimo la misura più restrittiva di agricoltore attivo, di circa 1.200.000 di soggetti beneficiari ne lasceremmo per strada circa 850.000, destinando le risorse della PAC a soli 350.000 soggetti. Per alcuni questo potrebbe essere un risultato importante, perché erogheremmo le risorse solo alle aziende agricole, ma voi capite l'impatto che potrà avere questa scelta.
  La seconda scelta è rappresentata dagli aiuti accoppiati. Una parte importante, il 15 per cento dell'intera massa finanziaria degli aiuti diretti – circa 600 milioni di euro su 4 miliardi all'anno – è destinata, con la nuova PAC, alla libera scelta degli Stati membri. A che cosa vogliamo destinare queste somme: alla zootecnia da carne, all'olio d'oliva, agli agrumi di Calabria, alla zootecnia da latte, al riso ? Sono scelte importanti, che richiedono una visione nazionale e concertata. Questa Commissione, a mio avviso, ha gli strumenti, anche dal punto di vista del ruolo che svolge, per poter aiutare e supportare la scelta che sarà effettuata in Conferenza Stato-regioni e in ministero.
  Ancora, ci sono le scelte sull'OCM unica, cioè sulle regole di mercato delle singole filiere produttive. Anche in tale ambito c’è un impianto normativo europeo che faciliterà moltissimo le aggregazioni degli agricoltori e la nascita delle OP.
  È importante decidere a livello nazionale come voler implementare tutto ciò. Non entro nei dettagli della viticultura coi diritti di reimpianto, dello zucchero o di altri settori produttivi, ma la novità più importante di questa riforma è che gli Stati membri hanno molta autonomia e che tale autonomia potrà determinare, in relazione a questa nuova Politica agricola comune, di coglierne gli aspetti migliori e più innovativi, come una PAC più verde e una PAC rivolta, per esempio, ai giovani.
  Quanto ai giovani, noi, come Parlamento europeo, ci siamo battuti tutti, i colleghi lo sanno, perché il Consiglio voleva l'aiuto ai giovani facoltativo. Noi l'abbiamo trasformato in aiuto ai giovani obbligatorio. Tutti gli agricoltori sotto i quarant'anni avranno, dunque, obbligatoriamente questo aiuto specifico.
  Lo Stato membro come l'applicherà ? L'applicherà utilizzando anche i gradi di libertà che abbiamo introdotto noi, con la maggiorazione del 25 per cento ai nuovi insediamenti ? Sono tutte scelte importanti, che noi abbiamo presentato a livello europeo e che adesso vanno calate a livello nazionale. In questo lavoro bisogna trovare elementi di unità e non di divisione, quali quelli che, invece, possono emergere da un'applicazione che guardi soltanto al particolare e non alla situazione nazionale.
  Presidente, io mi fermo qui, ma naturalmente sono a vostra disposizione. Non voglio entrare troppo nel merito, considerando la complessità delle 600 pagine di testo legislativo, ma sono veramente molto contento dell'opportunità che ci state offrendo oggi. Parlo anche a nome del collega Giovanni La Via, che oggi, purtroppo, non poteva essere qui, perché è in Sicilia.
  Siamo a vostra completa disposizione. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole De Castro, per il contributo specifico fornito Pag. 9relativamente alla riforma della Politica agricola comune, che peraltro è stata anche oggetto dell'audizione che abbiamo svolto con il ministro delle politiche agricole De Girolamo.

  GIUSEPPE GARGANI, Parlamentare europeo. Spendo poche parole su quello che già gli onorevoli Angelilli e, in definitiva, anche De Castro hanno detto. Vale, però, la pena di ribadire che anche nella mia esperienza politica e nella Commissione giuridica di cui parlerò dopo io credo che una collaborazione preventiva e un raccordo siano molto importanti.
  Al di là della formalità di rivederci periodicamente, probabilmente queste riunioni possono essere utili se ci riferiamo anche in maniera informale, il che dipende certamente anche da noi, le notizie e ci diamo la possibilità di avere un confronto.
  Approfitto dell'occasione per ricordare che la Commissione europea ha proprio in questi giorni finalizzato tre proposte per il sistema giudiziario europeo. Poiché credo che la giustizia e le questioni giuridiche siano costantemente all'ordine del giorno in Italia, vi comunico che queste novità riguardano la lotta contro la frode, che lede gli interessi finanziari dell'Unione, di cui stiamo discutendo nella Commissione giuridica.
  La Commissione ha immaginato di poter istituire un procuratore pubblico europeo che si occupi della lesione degli interessi finanziari per quanto riguarda l'Unione europea. Si tratta di un terreno e di una materia tutti da individuare e da approfondire, perché sugli interessi finanziari ci possono essere i bilanci dell'Unione e delle altre istituzioni. È una tematica molto complessa, che vale la pena che noi approfondiamo, sia con il lavoro che stiamo facendo, sia tenendovi informati.
  Noi ci siamo occupati e ci occuperemo dei diritti di proprietà intellettuale e soprattutto di appalti pubblici. C’è una direttiva che sta per essere conclusa a fine anno, nella quale noi abbiamo stabilito – per citare una norma che credo incida in maniera molto vistosa nelle questioni italiane – che, quando si fanno le gare, il ribasso possa essere al massimo del 25 per cento. Credo che sia una norma di razionalizzazione del sistema piuttosto importante.
  La liberalizzazione dei servizi e la sicurezza dei prodotti e del marchio comunitario sono altre questioni sulle quali stiamo facendo un approfondito e lungo dibattito.
  Rimandando alle questioni specifiche che su questi problemi possiamo approfondire, vorrei citare due temi che si riferiscono in maniera un po’ più politica alle domande e che mi sembrano importanti.
  Quale può essere il ruolo e la funzione dell'Italia nel secondo semestre del 2014 ? L'argomento è collegato a un problema che noi stiamo sottovalutando e che rappresenta un impegno politico di cui la Commissione dovrebbe tener conto. Con una direttiva che probabilmente non sarà approvata – l'onorevole Casini, presidente della Commissione affari costituzionali, ci direbbe di più – ma cui lei ha accennato, entro fine anno bisognerebbe sapere come si configurano le forze politiche e i riferimenti che ci possono essere nei diversi Paesi per la lista che si dovrà presentare alle europee. Si tratta di una campagna elettorale che, per la verità, è già in atto sui presidenti della Commissione e del Consiglio.
  Noi siamo abbastanza interessati e dico questo non come uomo di parte, ma ponendo un problema che appartiene a tutti, anche perché voi sapete che il sistema D'Hondt in Europa è rigido. Quella che noi chiamiamo lottizzazione in Europa è un sistema nobile, che si riferisce a un signore che si chiama D'Hondt. Non è un problema particolare di una forza politica.
  Le due questioni sono collegate. Se noi facessimo un po’ di chiarezza in più in Italia e ponessimo, come poniamo, la candidatura ad avere, perché ha lo stesso carattere e lo stesso significato per me, la lingua privilegiata rispetto ai brevetti o ad Pag. 10altre questioni, analogamente dovremmo porre candidature che servono per guidare il processo europeo.
  A proposito di processo europeo, e questa è la parte che può riguardare la presidenza italiana, alla presidenza italiana l'Europa non crede molto, ve lo devo dire. Pertanto, noi dobbiamo essere tenaci e dimostrare il contrario. L'instabilità italiana condiziona il fatto che non si sa quale sarà il Governo che presiederà dopo le elezioni europee del maggio del 2014. Ciò vale se si attribuisce una prevalenza al significato e al carattere politico che deve venir fuori da un'Europa diversa da quella che c’è e che tutti aspettano e sperano, devo dire, e lo sottolineo, soprattutto la Germania. Tutti auspicano che ci sia un'Europa diversa.
  Vorrei approfittarne per dire che, quando sento parlare di più Europa da tanti colleghi, io mi impressiono, perché più Europa di così sarebbe, a mio avviso, una situazione negativa. Noi vogliamo un'Europa diversa, che sappiamo come dovrebbe essere. Questa è la difficoltà e il lato positivo al tempo stesso, avere un'Europa diversa, che tenga conto di un fatto.
  Nel 2005 il Patto di stabilità non era disgiunto dal Patto di crescita. Erano una sorta di endiadi. Il Patto di stabilità e il Patto di crescita erano frizione e acceleratore. Poi, come tutti sapete, è subentrato solo il Patto di stabilità, con Fiscal Compact, pareggio di bilancio e basta. Ciò ha fatto prevalere la burocrazia rispetto alla politica.
  Il Parlamento si trova in difficoltà rispetto a questo, anche per l'atteggiamento comune che abbiamo avuto quando non abbiamo approvato il bilancio, ossia quando abbiamo respinto il bilancio, e quando abbiamo fatto, anche un po’ pateticamente, tutte le cose che erano nel nostro dovere e nel nostro potere di poter fare.
  Poiché, invece, si sa come dovrebbe essere l'Europa – questo è il punto: tutti i partiti e tutto il Parlamento sanno come dovrebbe essere l'Europa – se il Governo italiano potesse effettuare, con la collaborazione di tutti noi e soprattutto di questa Commissione e del Parlamento italiano, una preparazione adeguata, io credo che alla fine potrebbe incidere.
  Non so se i colleghi sono d'accordo, ma il semestre che io, nella mia esperienza europea, ho apprezzato di più è stato quello di Sarkozy, quello della presidenza francese, che ha inciso in quel periodo e rispetto ai relativi problemi. Non la faccio lunga, ma ha lasciato un'impronta. Ricordo anche la precedente presidenza italiana, che ebbe poi una tormentosa vicenda.
  Se vogliamo avere un'incidenza, dobbiamo preparare dossier importanti e particolari, tra cui anche quelli di cui si discute e che non verranno alla conclusione in questa legislatura, perché alla fine, a gennaio, saremo anche un po’ smontati e credo che non ci saranno più grandi direttive e prospettive.
  Il semestre italiano deve essere curato e preparato, se vuole avere un'incidenza. So che altri Paesi si preparano diversi mesi prima. Svolgere solo sei mesi non serve a nulla, soprattutto se sono i sei mesi che comprendono agosto. Significa che sono quattro mesi o quattro mesi e mezzo e non di più.
  Quando si vuole incidere, occorre portare determinati argomenti. Saremo all'inizio di una legislatura nuova, con un'impronta che si potrà introdurre. Se c’è un'impronta politica che serva a far prevalere il federalismo e l'Unione degli Stati europei sul piano politico, prima che economico, perché solo la fase politica può orientare strategicamente l'economia, a differenza di come ha fatto la Merkel finora, io credo che noi saremo protagonisti di un periodo importante, che avvierà la nuova legislatura.

  CRISTIANA MUSCARDINI, Parlamentare europeo. Presidente, io sono in Europa dal 1989. Non mi ricordo di aver avuto molte audizioni con la Commissione della Camera dei deputati anche negli ultimi periodi, nonostante il Trattato di Lisbona. Lamento in maniera molto ferma la mancanza di collegamento tra i parlamentari nazionali e i parlamentari europei, specialmente Pag. 11in questa fase nuova, con il nuovo trattato e le nuove funzioni. Lamento anche che, nonostante le ottime intenzioni e il grande lavoro del nostro ministro per le politiche comunitarie, i Governi precedenti a quello attuale non abbiano avuto modo di instaurare un rapporto stabile con i parlamentari europei.
  Questo Governo è nato da poco e io auspico che d'ora in poi, e perciò sollecito anche una vostra attenzione a questo riguardo, quando i ministri italiani verranno in Europa per incontrare la Commissione, abbiano un minimo di rapporto con i parlamentari europei, almeno con quelli delle Commissioni collegate all'argomento che stanno seguendo, o almeno con i capi delegazione e con i due vicepresidenti del Parlamento europeo.
  Se non si instaura questo raccordo e se alcune missioni dei parlamentari nazionali non sono collegate a trasferte di lavoro del ministro che per competenza si muove, noi rischiamo di non superare mai il divario fortissimo che esiste e che i colleghi hanno già evidenziato. Credo che sia stato molto fermo il presidente della Commissione agricoltura nel richiamare alcuni punti sui quali la mancanza di collegamento rischia di essere un grave danno per il nostro Paese.
  Porto solo alcuni esempi, in particolare il caso Battisti. Quando alcuni parlamentari, di cui alcuni presenti, ma anche altri, scrissero al Consiglio e alla Commissione per chiedere un intervento europeo sul caso Battisti, sostenendo che l'Europa doveva muoversi per l'estradizione europea, dal momento che eravamo comunque un'Unione, ci fu risposto che il Governo italiano non aveva mai chiesto e comunicato all'Europa i suoi problemi per il caso Battisti.
  Sui marò noi, come Europa – parlo di una Commissione per il commercio internazionale e del Commissario europeo – abbiamo un accordo bilaterale, che sta procedendo, con l'India. Alcuni di noi hanno fermamente immaginato che in un caso come questo si dovesse chiedere all'Unione europea di rallentarlo, o perlomeno di sospenderlo provvisoriamente, per alcune definizioni.
  Sono vicende politiche. Ci possono essere vicende politiche nelle quali ammettiamo che il Governo non possa intervenire direttamente, ma il Governo dovrebbe essere comunque promotore di una maggiore sinergia tra le due Camere, tra noi deputati europei e voi.
  C’è un altro problema sul quale io credo che la vostra Commissione dovrebbe intervenire. L'Europa ha erogato l'anno scorso un forte stanziamento per i Paesi terremotati, tra cui alcuni paesi del mantovano. L'Europa ha stanziato i soldi, ma dieci giorni fa essi non erano stati ancora mandati a questi comuni, perché mancavano alcuni procedimenti italiani.
  Il problema è che a dicembre l'Europa rivuole i soldi indietro, perché gli stanziamenti europei o si utilizzano entro un dato limite, o si rendono. La risposta del Commissario europeo l'altro giorno mi ha anche fatto dispiacere. Non solo ha detto che, nonostante le reiterate richieste, seguite forse da altre iniziative, non ci possono essere proroghe, il che era noto, ma ha anche aggiunto che sarebbe veramente deleterio che l'Italia, una volta di più, non utilizzasse questi fondi.
  Un altro problema riguarda la presidenza italiana. Io credo che nel caso nostro, purtroppo, con i nostri precedenti di non sufficiente attenzione all'Europa e alle conseguenze negative che ne sono derivate, noi dovremmo essere in grado di mandare alcuni funzionari italiani a studiare e a vivere in Europa alcuni mesi prima.
  Noi continuiamo ad affrontare il rapporto con i colleghi di altri Paesi come se parlassimo col nostro collega di Roma. L'approccio culturale, non solo linguistico, ma anche culturale, metodologico e diplomatico, è diverso. Non si parla a un inglese come si parla a un francese e non si parla a uno spagnolo come si parla a un croato. I nostri funzionari lo devono capire e possono capirlo solo andando sul posto e aiutando tutta l’équipe del Governo che dovrà seguire una determinata vicenda.Pag. 12
  Se riusciamo ad avere sinergia tra questa Commissione, noi parlamentari europei e il Governo, avremo una buona Commissione e potremo, alla luce anche di quello che avverrà nei prossimi mesi, scegliere alcuni argomenti principali sui quali batterci. Se, invece, avremo argomenti buoni, ma incapacità di rapporto corretto, il nostro periodo di presidenza non darà il risultato che speriamo.
  Un altro problema che, secondo me, c’è la necessità di affrontare, e che lei ha sollevato, presidente, è quello della lingua. Il problema della lingua non riguarda soltanto il brevetto, sul quale l'onorevole Angelilli ha già esposto in maniera molto chiara la posizione sofferta che noi abbiamo dovuto prendere prima e dopo. Il problema è che l'italiano non si parla più, ma non si parla più neanche il francese. Si parla esclusivamente l'inglese.
  Il problema ancora più grave – è un problema nostro, per l'amor di Dio, non voglio farne carico a voi – è che, per risparmiare, perché c’è sempre il problema del risparmio, gli interpreti dicono Roma per toma, per cui spessissimo la comunicazione è molto difficile, perché non si riesce a farsi capire.
  In più i documenti sono presentati sempre non solo in inglese, il che andrebbe ancora bene, ma in più lingue, perché gli emendamenti sono un po’ in tedesco, un po’ in inglese, un po’ in italiano, a seconda di chi li ha presentati, e ci si ritrova questo materiale all'ultimo momento. Chi riesce a supplire con una sua organizzazione di assistenti di lavoro e con sue competenze, se la cava, ma è veramente molto faticoso.
  Osservo questo per dire che anche noi abbiamo i nostri problemi, che sarebbero, però, agevolati se ci fosse una battaglia congiunta per chiedere l'obbligo dell'utilizzo dell'italiano laddove noi abbiamo il diritto di chiederlo, per esempio in una serie di incontri bilaterali dai quali spesso l'italiano è eliminato. Ci deve essere anche una richiesta all'interno del Consiglio europeo per la difesa della nostra lingua. Se lo facciamo come singoli parlamentari, non otteniamo niente.
  Un'ultima questione che mi preme sottolineare riguarda il discorso di che cosa faremo in merito al problema, che l'onorevole Angelilli e l'onorevole De Castro hanno accennato prima, della denominazione d'origine e della tracciabilità.
  Noi avremo questo provvedimento in Commissione commercio interno e in Commissione commercio internazionale per l'articolo 7 e sarà votato entro i primi di ottobre. Ciò significa che si va incontro all'esigenza di tutti i produttori manifatturieri europei e specificatamente italiani, ma bisogna che il provvedimento passi entro marzo, quando finisce la legislatura. È una questione che stiamo seguendo da otto anni. Altrimenti ricominceremmo da capo.
  Di conseguenza, all'interno del Governo, e non solo, vanno fatte le pressioni giuste. Se questa Commissione – noi possiamo far pervenire un breve dossier sull'argomento – fosse in grado di sollecitare le Commissioni competenti degli altri Paesi europei che al momento non sono d'accordo, visto che dopo Lisbona i Parlamenti nazionali sono coinvolti in una serie di iniziative insieme al Parlamento europeo, e si potessero bypassare alcuni no dei Governi nazionali attraverso un maggiore coinvolgimento dei Parlamenti nazionali, ciò potrebbe essere utile a un provvedimento molto richiesto dalla nostra economia e dai nostri consumatori.
  Esprimerò altre considerazioni in altre occasioni, altrimenti i colleghi non hanno spazio per parlare. Mi auguro, però, veramente, come diceva Roberta Angelilli, che possiamo iniziare un percorso che ci veda in maggiore collegamento, perché così, sinceramente, è molto difficile lavorare.

  AMALIA SARTORI, Parlamentare europeo. In questo momento sono presidente della Commissione industria, ricerca, energia e telecomunicazioni del Parlamento europeo. L'elenco delle questioni delle quali sono chiamata a occuparmi è già un elenco pesante. Voi capite che sono tutte tematiche sulle quali in questi mesi e in questi anni si è discusso molto a livello Pag. 13nazionale ed europeo e rispetto alle quali sono stati assunti numerosi provvedimenti che stanno andando in attuazione, o che vi andranno nei prossimi mesi. Li elenco e poi, se ritenete, possiamo parlarne in un secondo momento.
  Per quanto riguarda la politica industriale, in realtà a livello europeo c'era un rifiuto a parlarne. Era un tema che non era considerato all'ordine del giorno, tanto che noi, per esempio, non abbiamo un Consiglio per l'industria a livello europeo. Mentre ce l'abbiamo per l'economia e per altri settori, l'industria, che credo sia legata all'occupazione, alla crescita e allo sviluppo e, quindi, estremamente importante, fa parte complessivamente del Consiglio competitività, il che ci crea a volte alcuni problemi.
  In questi ultimi due anni, tuttavia, un po’ per l'impegno del Parlamento e del Commissario europeo all'industria e un po’, soprattutto, per le difficoltà che hanno contagiato anche l'Europa, si è parlato molto di industria e su questo tema si è riusciti ad attirare l'attenzione di tutti gli Stati membri, illuminando alcuni settori di particolare difficoltà. Ne cito alcuni per tutti, dal tema dell'acciaio al tema dell'auto, ai grandi comparti che a livello europeo stavano andando in crisi.
  Analizzando e illuminando questo settore, siamo arrivati alla conclusione che, da un lato, l'Europa doveva immaginare sul serio una fase di difesa dell'industria esistente, nonché di reindustrializzazione e, dall'altro, che doveva attivare tutta una serie di politiche trasversali legate ai problemi della concorrenza, del commercio estero, dell'ambiente e del mercato interno che consentisse di affrontare complessivamente il tema dell'industria a livello europeo.
  Dopodiché, ci si è posti un obiettivo, che è stato quello, per noi importante, visto che siamo, come ricordava prima Roberta Angelilli, nonostante tutto, la terza economia europea e il secondo Paese manifatturiero in questa nostra Europa a 28 – di riportare il PIL dell'industria al 20 per cento rispetto al 16 per cento attuale. Su questo aspetto abbiamo assunto alcune decisioni.
  Per quanto riguarda il tema ricerca, noi abbiamo chiuso il lavoro su Orizzonte 2020, che è il nuovo programma non più solo sulla ricerca, ma anche sull'innovazione. Rispetto al VII programma quadro molto spesso risulta comodo chiamarlo ancora nel modo precedente, ma siamo comunque all'VIII programma quadro.
  Volutamente a livello europeo si è scelto di chiudere quel percorso e di iniziarne un altro, proprio perché si è deciso di mettere praticamente sullo stesso piano sia la ricerca di base, sia la ricerca applicata e, quindi, sia il tema della ricerca tout-court, sia quello dell'innovazione.
  Oltretutto – vi riferisco un fatto en passant – parlando di innovazione alla fine siamo riusciti anche, e questo era un interesse del Paese per noi molto importante, a inserire il tema dell'innovazione di processo.
  I lavori sono stati conclusi ed è rimasto aperto un solo comma, uno su un pacchetto enorme, che chiuderemo a settembre. Si tratta di un programma che avrà a disposizione più o meno 70 miliardi di euro nei prossimi sette anni e che sarà di grande rilievo, gestito tutto a livello europeo, sul quale spero che il nostro Paese lavori in modo diverso da come ha fatto finora, anche perché in quel caso vige la regola del «vinca il migliore». Se volessimo, potremmo quindi portare a casa molto di più di quanto tendenzialmente otteniamo, perché la somma non è riallocata per Paese, ma libera.
  Questo è un programma estremamente importante, in cui è molto utile fare un discorso di filiera, discorso che a livello nazionale è cominciato già nel precedente Governo. L'idea è quella di fare in modo che gli stessi filoni di ricerca fossero, a livello sia europeo, sia nazionale, in filiera, perché questo alla fine offre più chance e opportunità.
  Rispetto al tema della ricerca l'anno prossimo si realizzerà l'Agenzia europea per la ricerca. Su questo stiamo lavorando Pag. 14molto. A ottobre ci sarà un Consiglio dedicato a questo tema. Insieme anche alla Commissaria Geoghegan-Quinn si sta facendo un lavoro importante per fornire risposte ai ricercatori europei. Anche in quest'ambito noi sottolineiamo le difficoltà che indubbiamente abbiamo, come Europa in generale e come Paese in particolare, rispetto a questo settore. Bisogna, però, anche capire perché le abbiamo, al di là delle risorse che ci sono o non ci sono. Stiamo illuminando il tema e conoscerete i documenti che metteremo a disposizione.
  Per quanto riguarda l'energia, voi sapete che è un tema di straordinaria importanza. Noi stiamo lavorando per un mercato europeo dell'energia. In sintesi estrema, anche su questo tema c’è un grandissimo dibattito, che ha visto negli anni scorsi il programma legato al pacchetto clima-energia, riferito agli obiettivi 20-20-20. L'ultimo Regolamento che abbiamo approvato al riguardo è stato quello sull'efficienza energetica, che adesso va a finire. Dopodiché, stiamo guardando in prospettiva al 2030 e al 2050.
  Il tema energia a livello europeo si muove su tre filoni fondamentali. Uno è quello della sicurezza dell'approvvigionamento. Il tema della sicurezza dell'approvvigionamento si lega esclusivamente al fatto di non avere un regime monopolistico in questo settore. Noi siamo molto favorevoli al fatto che possano moltiplicarsi i luoghi di adduzione delle fonti energetiche verso i confini dell'Europa. L'Italia stessa è interessata, per esempio, dal progetto TAP, che noi speriamo vada avanti, perché è una risposta importante a questo primo filone emergenziale legato alla sicurezza degli approvvigionamenti.
  Il secondo è il tema – non li cito in ordine di priorità – delle connessioni interne fra i Paesi ed è legato al mercato unico europeo. Per realizzare un mercato unico europeo che andrebbe poi a incidere anche sul tema dei diversi costi dell'energia a livello di Paese è importante che i Paesi fra di loro siano interconnessi e che, quindi, siano realizzate le reti di interconnessione per quanto riguarda il gas, l'elettricità e via elencando.
  Su questo fronte sono state approvate alcune risorse, pur assolutamente insufficienti rispetto al fabbisogno, all'interno di Connecting Europe. Si era partiti con disponibilità significative, ma oggi bisogna trovarle in luoghi diversi. Se il pubblico non le ha, bisogna immaginarle.
  Questo è un problema per tutti noi, soprattutto per Paesi come l'Italia, che non hanno sufficiente produzione di energia per il fabbisogno nazionale, né per le famiglie, né per l'impresa, e che diventa importante dal punto di vista politico, per esempio, nell'area baltica e in altre aree dell'Europa.
  Mi fermo qui anche sull'energia.
  Il terzo punto sul mercato unico legato alle reti è il ragionamento che si sta facendo sul mix energetico, rispetto al quale partiamo dal presupposto che la situazione esistente all'interno dei singoli Paesi è molto diversa dall'uno all'altro. La Francia è prevalentemente nucleare, la Polonia usa ancora il carbone, noi non abbiamo nulla e ci adattiamo a quello che riusciamo ad avere. Ci sono le energie pulite e le energie rinnovabili, ma, quanto alla crescita di queste, si pensa che soltanto nel 2050 potrà arrivare a livelli significativi nel mix energetico, pur continuando a investire e a lavorare. Ci sono poi eventi nuovi che succedono nel pianeta e di cui bisogna tenere conto.
  Da ultimo punto c’è il tema, che io ritengo molto importante, delle telecomunicazioni. Anche questo è un settore in cui l'Europa e l'Italia sono in ritardo. È in ritardo l'Europa e lo è ancora di più l'Italia. Anche in questo settore si sta lavorando. Si mira a un mercato europeo delle telecomunicazioni. Noi ci stiamo ponendo l'obiettivo di azzerare il roaming e stiamo lavorando sul cloud computing e sulla sicurezza dei dati. C’è una miriade di temi legati alle telecomunicazioni.
  Ho riferito quanto sopra come presidente della Commissione industria. Quello che dico adesso, invece, lo dico come parlamentare europeo e, quindi, libera dal condizionamento.
  Come parlamentare europeo, anche rispetto al prossimo semestre, rilevo che la Pag. 15struttura che abbiamo non è sufficiente. I suoi membri sono bravi e si impegnano, ma la rappresentanza è strutturalmente debole. Non c’è storia fra la nostra rappresentanza e quella di Paesi antieuropeisti come il Regno Unito, o addirittura la Spagna, per non parlare di altri ancora.
  Bisogna rafforzare la rappresentanza. Non capire che la rappresentanza va rafforzata significa non capire che noi continuiamo a contare in Europa meno di quello che un Paese come il nostro dovrebbe contare. Questo è il primo punto.
  In secondo luogo, a mio avviso bisogna tentare di avere meno direttive possibili, per due motivi. Il primo è che i Regolamenti sono migliori. Tutti i nostri cittadini che lavorano, operano e crescono sostengono che, se vigono le stesse regole in tutti i 28 Paesi, noi siamo più bravi, e io di questo sono convinta. Il nostro Paese, invece, è sempre riuscito a non applicare le direttive in tempo e a pagare le multe. Quando le applica, invece, è più realista del re, ragion per cui, mentre gli altri Paesi tentano di rendere le direttive meno vincolanti, noi le utilizziamo tutte in modo più vincolante. Le applichiamo, dunque, tardi, male, in modo più vincolante e in maniera tale che non servono a niente.
  Per quanto riguarda la lingua, non voglio stupirvi, ma io sono per il bilinguismo, con ogni Paese che parla la sua lingua più l'inglese, perché nella vita bisogna prendere atto della situazione esistente. La situazione è questa. Da questa non si torna indietro. Continuare a dire che è diversa vuol dire prenderci in giro.

  DAVID-MARIA SASSOLI, Parlamentare europeo. Grazie dell'invito. Questa è la prima audizione a cui partecipo dal 2009. C'era stato un altro invito, ma poi era saltato, nella scorsa legislatura. Naturalmente spero che questo sia l'inizio di un rapporto di lavoro.
  Le domande che il presidente ci ha posto hanno avuto tante risposte. A me sembra che la debolezza del sistema italiano emerga. È dall'inizio della nostra esperienza parlamentare che ci sforziamo un po’ tutti di capire come fare più sistema italiano. Non c’è una bacchetta magica. Non è semplice. È evidente, però, che un Paese, ed è qui che nasce la nostra debolezza, che non forma gli interessi è portato a subirli. Infatti, noi siamo sempre in rincorsa, sia sulla messa a fuoco, sia sulla messa a punto degli obiettivi e degli strumenti.
  Dobbiamo imparare forse a formare più interessi e io vorrei che non si dimenticassero due aspetti. Noi siamo legislatori europei e in ogni passaggio che ci troviamo ad affrontare c’è una questione: più Europa o meno Europa ?
  Faccio un esempio. Una settimana fa – faccio parte della Commissione trasporti e ricordo che in questo momento i dossier della Commissione trasporti sono particolarmente rilevanti – sono stato nominato relatore per un rapporto, il n. 216 del 2008, che riguarda il cielo unico. Si tratta di una montagna di questioni, tra cui una rilevantissima: come fornire strumenti all'Agenzia europea sul traffico aereo, spogliando i Paesi dei poteri di Eurocontrol.
  Sembra una banalità e, invece, è una questione con grandissimi interessi di sottofondo e grandissime questioni nazionali. In Europa ci si divide in merito alla scelta di conferire poteri a quest'agenzia o di mantenerli a livello nazionale. Francia e Germania hanno scelto di non trasferire poteri, ma questa è una battaglia che è all'inizio, ed è molto importante decidere subito, come Paese, da che parte si sta. Un Paese come l'Italia può anche decidere, una volta tanto, di sfidare la Francia e la Germania, magari diventare capofila per avere più Europa e ritenere che forse può essere conveniente trasferire poteri all'agenzia europea. È un problema di scelte.
  Un'ora dopo essere stato nominato relatore io ho mandato una lettera a tutti i parlamentari nazionali di Camera e Senato dicendo che avevo questo incarico. A parte la cortesia e la gentilezza di un deputato e di un senatore, non ho ricevuto nessun altro segnale.
  Io credo, presidente, che, se noi parliamo di sistema italiano, siamo messi molto male: il Parlamento nazionale spesso e volentieri non fa il proprio dovere, Pag. 16il Governo interviene quando ne sente la necessità, e spesso è giusto così, il Parlamento europeo viaggia per proprio conto.
  Ripeto, non bisogna confondere gli ambiti e i piani. Noi siamo legislatori europei e voi siete legislatori nazionali. Se vogliamo mettere insieme queste due caratteristiche per fare sistema italiano, però, io credo che dobbiamo organizzarci in un altro modo.
  È assurdo che il Parlamento nazionale non segua dall'inizio l’iter legislativo europeo con costanza, con dedizione e con attenzione. Lo ripeto, se non siamo in grado di formare i nostri interessi, li inseguiremo sempre. Io penso, invece, che un Parlamento nazionale, se vuole scommettere sulla difesa di interessi nazionali che sono molto importanti da difendere e, nello stesso tempo, mettersi nell'ottica di una legislazione che dal piano europeo è sempre più decisiva e importante, debba organizzare questo lavoro in un altro modo.
  Penso, per esempio, che nel vostro lavoro di Commissione politiche dell'Unione europea la messa a fuoco di dossier rilevanti possa essere migliorata per consentire alle Commissioni competenti di fare quello che dal 2009 in tanti ci sforziamo di predicare, cioè creare una filiera che veda impegnati il Parlamento europeo e le Commissioni di Camera e Senato. Io credo che, al di là di tutto, questo compito di regia potrebbe essere per voi molto importante per mettere anche la Commissione politiche dell'Unione europea al centro del processo legislativo.
  Lei chiedeva, presidente, della questione delle elezioni europee. Io sono il capo della delegazione del Partito Democratico e so benissimo che i miei colleghi delle delegazioni del Gruppo dei Socialisti e Democratici passeranno quest'estate a fare molti incontri. Già da adesso si comincia a pensare a quelli che saranno i ruoli e gli incarichi per la prossima legislatura. Gli altri sanno già chi va in Europa. Sapranno chi sono gli eletti e chi verrà riconfermato. Lo scarto di indecisione per i grandi Paesi è minimo e, quindi, alcuni ruoli e accordi che saranno stipulati vengono conclusi adesso.
  Come arriva l'Italia a questo appuntamento ? L'Italia ci arriva non sapendo chi ci sarà, con una legge elettorale molto anomala rispetto a quella di tutti gli altri Paesi europei e nell'impossibilità di definire ruoli, scommesse e incarichi. Questo è il tempo della pausa estiva, che verrà speso, giustamente, per organizzare il prossimo anno.
  Questo non è un problema dei parlamentari europei, delle delegazioni e della rappresentanza, ma è un problema del Parlamento nazionale. Se vogliamo essere competitivi con gli altri e, in particolare, con i grandi Paesi, dobbiamo attrezzarci a essere come loro. Questo è un vostro problema, su cui forse dovreste promuovere una riflessione dentro questo Parlamento.
  Io so, e lo capiscono tutti, che andare a toccare l'unica legge elettorale che ha le preferenze è probabilmente una sfida all'opinione pubblica e a un sentimento diffuso di indignazione nei confronti della legge elettorale nazionale, ma forse bisognerebbe prendere alcuni provvedimenti, se vogliamo essere con gli altri, al pari degli altri, nella possibilità di scommettere su una presenza italiana rilevante.
  Passo alla terza domanda, relativa ai rapporti con i ministri. Noi li abbiamo sviluppati. Non voglio aprire polemiche, ma durante il Governo Berlusconi erano molto scarsi. Con il Governo Monti sono stati messi a regime.
  I ministri che vengono ci incontrano. Con i ministri che vengono a Bruxelles discutiamo più o meno dell'agenda. C’è un Ministro degli affari europei che è costantemente presente sulle diverse questioni. Non dobbiamo perdere questa tradizione, come stile e come stimolo, ma forse si potrebbe fare qualcosa in più.
  Non è detto che ci si debba incontrare soltanto a Bruxelles. Prima delle plenarie, a Strasburgo, è consuetudine che il Governo britannico convochi le sue delegazioni al Parlamento europeo. Noi alle plenarie spesso e volentieri andiamo secondo Pag. 17sentimenti di splendida autonomia, ma che possono essere anche di splendida solitudine. Credo che questo aspetto faccia parte ancora della messa a punto della presenza italiana e del fatto che avere indicazioni da parte del Governo è molto importante, anche quando non si è d'accordo.
  Quanto alla lingua italiana, è stato detto molto bene. Dimentichiamoci che questa sia una grande questione prioritaria per noi. È una battaglia che, purtroppo, è stata condotta male ed è stata persa. Cerchiamo di difendere quello che c’è, ma senza farne drammi.
  Passo a un'ultima considerazione. Noi spesso abbiamo le indicazioni del Governo sui diversi provvedimenti. Non sarebbe male che ci fossero anche indicazioni da parte del Parlamento. Per questo vi invito a riflettere su quanto sia possibile per il Parlamento nazionale e, in particolare, per la Camera avere la messa a punto di una filiera di lavoro tra Commissioni competenti che possano svolgere un lavoro intelligente, proficuo, assiduo e costante.
  Credo che questa sia forse, in questo momento, la priorità che può consentire la fine della legislatura e l'inizio della prossima. Se fate un piccolo esame di tutti i provvedimenti che ci sono nelle diverse Commissioni del Parlamento europeo a fine mandato, notate che sono tutte grandissime questioni: energia, industria, coesione, trasporti, cultura. Ce ne sono di rilevantissime. Alcune finiranno con questa legislatura, altre saranno sul tavolo della presidenza italiana nel luglio del 2014 e altre riprenderanno nella prossima legislatura. Io credo che su tutto questo bisognerebbe fare un po’ più di attenzione. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Sassoli.
  Siamo già al limite del tempo che ci eravamo fissati per quest'audizione, essendo prevista alle 13.30 l'audizione dell'ambasciatore Sannino. Tuttavia, essendoci tre iscritti a parlare, se siamo brevissimi, concedendoci tempi europei – in presenza di europarlamentari, che sono abituati a parlare in tempi molto stretti – consentirei di svolgere questi interventi.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ADRIANA GALGANO. Presidente, vi ringrazio per quanto ci avete esposto. Io sono assolutamente convinta che sia indispensabile una maggiore presenza del Parlamento italiano nella determinazione degli indirizzi del Parlamento europeo, soprattutto nella fase ascendente. Non essendoci stata, però, nella fase ascendente della determinazione del brevetto europeo, faccio due osservazioni.
  La prima è che il regime linguistico è un aspetto molto importante, ma non è certamente il più importante. In realtà, non eravamo isolati, perché la Spagna è andata avanti e io penso che noi avremmo dovuto appoggiare la Spagna. Adesso c’è il ricorso della Spagna e, quindi, vedremo che cosa succederà.
  Io penso che noi abbiamo perso un'occasione nel non sostenere la Spagna, perché questa battaglia sarebbe servita a costituire un polo con cui, se non altro, negoziare. Noi siamo il terzo contributore. Sembra incredibile che l'Inghilterra, che è antieuropeista, abbia un peso maggiore del nostro, essendo noi il terzo contributore netto ed europeisti da sempre. Questa è la prima considerazione.
  Mi permetto solo un'aggiunta. Sarò velocissima. La considerazione, secondo me, più pericolosa rispetto al brevetto europeo, che è passato completamente sotto silenzio e di cui non parla nessuno, ma di cui stanno riflettendo alla Commissione affari esteri, è che, in base alla giurisdizione europea unitaria, il tribunale tedesco, inglese o francese può anche disporre il sequestro e la consegna dei prodotti sospettati di violare un brevetto per impedirne l'ingresso e la circolazione nei circuiti commerciali. In realtà, quindi, noi stiamo conferendo a tribunali stranieri un potere sulle nostre aziende veramente pericoloso. Questo è il primo aspetto. Su questo punto io mi sto impegnando perché sia fatta una riflessione accurata.Pag. 18
  Vengo a un secondo aspetto, su cui vorrei una risposta molto puntuale. Mi rivolgo a Roberta Angelilli, che è molto presente nella vicenda dell'acciaieria AST di Terni. È possibile pensare a una collaborazione, nel senso di chiedere ai parlamentari umbri e a quelli europei di presentare un'interrogazione o una risoluzione che aiuti a sbloccare questa vicenda ?

  ALESSIA MARIA MOSCA. Non pongo domande. Voglio solo fare un commento di ringraziamento alla presenza dei parlamentari europei e osservo che è un segnale il fatto che subito, a pochi mesi di distanza dalla costituzione di questa Commissione, tutti i Gruppi abbiano avuto unanimemente la volontà non solo di sentire gli europarlamentari in quest'occasione, ma anche di tentare di fare di questo un appuntamento periodico di confronto. Credo che questo sia un segnale che, anche in virtù del lavoro che è stato fatto nella scorsa legislatura con l'approvazione della legge n. 234 del 2012, dà al Parlamento italiano una migliore organizzazione rispetto ai rapporti tra Parlamento nazionale e Parlamento europeo.
  Auspichiamo che questo possa essere l'inizio di un percorso che facciamo insieme e anche che il lavoro che stiamo facendo sull'approvazione, speriamo rapida, della legge di delegazione europea, che è stata bloccata per due anni, possa essere un ulteriore segnale in questo senso di maggiore presenza europea o europeizzata di questo Parlamento.
  Infine, rivolgo da parte nostra una medesima richiesta, premesso che condivido tutte le preoccupazioni e il quadro di mancanza di sistema. È un problema atavico, che abbiamo come Paese. Non l'abbiamo ancora risolto e, quindi, colgo l'invito a fare di più.
  Dalla nostra parte, come Gruppo, però, invitiamo i nostri parlamentari europei ad aiutarci nel ridurre il divario di deficit democratico di cui soffre tutta l'Unione europea, e che forse in Italia è ancora maggiore, nella distanza tra le politiche che vengono fatte a livello comunitario, perché vengono da tutti mal comunicate o interpretate. Forse, se riusciamo tutti a fare questo sforzo, possiamo dare un aiuto in questo senso.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Grazie, signor presidente. Vorrei solo congratularmi per questa iniziativa e ringraziare i colleghi europei.
  Naturalmente esiste una chiara delimitazione di competenze. Il legislatore europeo non rappresenta il popolo italiano, ma il popolo europeo. Tuttavia, è difficile definire l'interesse europeo senza includere in esso l'interesse italiano. Chi, se non i parlamentari italiani, hanno questo compito ? Il dialogo con i parlamentari del Parlamento nazionale è fondamentale perché, da un lato, il parlamentare europeo potrà svolgere bene la sua funzione e, dall'altro, il parlamentare italiano potrà avere la prospettiva europea, che è la condizione per inserire il proprio lavoro all'interno del suo contesto esatto. Spesso noi ci proponiamo in sede di politica nazionale obiettivi irraggiungibili perché preclusi da scelte europee già compiute, che non possono essere revocate.
  Svolgo solo due considerazioni. La prima riguarda la legge elettorale. Il parlamentare europeo bravo, avendo una stampa che non riferisce sul suo lavoro, rischia di essere fortemente penalizzato rispetto al parlamentare europeo che non va a Bruxelles, ma sta sul territorio e fa politica di bottega, secondo modalità che hanno poco a che vedere con l'Europa. Nel caso dell'Europa le preferenze sono un errore, ma sono fondamentali e necessarie a livello nazionale.
  Il parlamentare europeo rimarrebbe in balia del partito ? Sì, ma sarebbe sempre meglio che essere esposto a una competizione nella quale la qualità del suo ruolo europeo non è in genere affatto considerata.
  Passo alla seconda considerazione. L'Europa è un sistema lentissimo, ma implacabile. Se non si parla quando se ne ha il tempo, poi non si parla più. Parte adesso una sorta di Libro verde, costituito dalle comunicazioni nn. 165 e 166 della Pag. 19Commissione al Parlamento e al Consiglio, che è straordinariamente importante, perché prefigura una sorta di Piano Marshall europeo.
  Si tratta del risultato di un grande lavoro che è stato fatto per porre l'accento sullo sviluppo, sulla crescita, sulla formazione e sulla creazione di posti di lavoro. Su questo punto sarebbe importante che ci fosse un'attenzione da parte sia dei parlamentari europei, sia dei parlamentari italiani, nonché un confronto, perché ci si pongono alcune domande, essendo un Libro verde. Dalle risposte che si forniscono a queste prime domande dipende poi la formulazione di un Libro bianco con le proposte più precise. Spesso poi i Libri bianchi diventano la matrice di una serie di direttive. Varrebbe forse la pena di trattare tutto ciò in un momento apposito di lavoro insieme.

  SANDRO GOZI. Ringrazio i colleghi del Parlamento europeo.
  Sono d'accordo con la necessità di migliorare il sistema. È già stato ricordato che adesso gli strumenti per fare sistema ci sono rispetto al passato, perché la legge n. 234 del 2012 è una legge avanzata, che potete comparare, colleghi, alle esperienze di altri Parlamenti. Tale legge tiene conto anche degli eccessi, che abbiamo approfondito e studiato, di alcuni Parlamenti, come quello tedesco.
  Noi riteniamo, invece, che, soprattutto rispetto ai rapporti col Governo, occorra lasciare margini negoziali un po’ più ampi, in particolare per la fase ascendente. Già nella passata legislatura il lavoro era stato svolto. Se prendete i dati del 2009, vedete che gli atti adottati in fase ascendente erano 30 e che alla fine del 2012 sono stati 174. I documenti adottati sono passati da 9 a 90. Nella passata legislatura c'era stato, quindi, un aumento quantitativo indubbio. Non sta a me valutare la qualità, ma almeno la quantità è indubbiamente aumentata. Questa legge ci permette, dunque, di fare sistema e dobbiamo attuarla.
  Accanto alla legge, però, ci sono alcune pratiche. Il fatto che a Whitehall vengano convocati i parlamentari britannici eletti al Parlamento europeo non può avvenire per legge: o si convocano, o non si convocano. Accanto agli strumenti legislativi, che ora abbiamo e che prima non avevamo, ci sono anche alcune pratiche su cui si può lavorare.
  Come ultimo punto, sentivo la collega Sartori parlare della questione del gold-plating. Anche su questo l'invito a guardare l'articolo 32 della legge n. 234 del 2012. Alla lettera c) è affrontato in maniera esplicita proprio il divieto orizzontale di gold-plating, tentando di mettere una norma di salvaguardia orizzontale per evitare i problemi che lei aveva evocato.
  Credo che questo sia un buon inizio. Accanto alla parte legislativa su cui noi abbiamo lavorato occorre adesso instaurare alcune prassi e questa di oggi mi sembra già un buon esempio.

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  ROBERTA ANGELILLI, Parlamentare europeo. Dicevo al presidente, o meglio ribadivo al presidente che noi vogliamo considerare questa come la prima di una serie di riunioni, o il primo di una serie di incontri. Poiché abbiamo forse un minuto, mi limito a rispondere ad alcune domande, cominciando con l'onorevole Galgano.
  Sul brevetto mi permetterò di inviare, dopo essermi consultata con i colleghi delle Commissioni competenti, una documentazione su tutta la questione e anche sulla sua specifica domanda, quella sui tribunali.
  Per quanto riguarda Terni, noi abbiamo già presentato una risoluzione comune meno di un anno fa su tutto il settore, peraltro con l'impegno massimo di tutta la Commissione industria del Parlamento europeo. Se lo riterremo opportuno, potremmo presentare un'interrogazione. Potremmo eventualmente fare un'interrogazione «congiunta» di Parlamento europeo e Parlamento italiano, ma dobbiamo svolgere una riflessione specifica sui termini, perché non dobbiamo andare a interferire nel procedimento in atto.Pag. 20
  Alla collega Mosca, la quale ha affermato che dobbiamo fare sistema, rispondo che l'hanno detto tutti. Dobbiamo fare sistema, ma questi incontri, come diceva anche l'onorevole Gozi parlando di rafforzare le pratiche e come riferiva il collega Sassoli, non sono imposti dalla legge nazionale, né europea. Non è imposto dalla legge prevedere un momento di coordinamento prima delle plenarie. Gli inglesi lo fanno, mentre noi non lo facciamo.
  Ribadisco l'importanza, però, di un rafforzamento della rappresentanza a Bruxelles. Spesso, quando noi ci interfacciamo con la rappresentanza, al momento magari delle votazioni, essa non è in grado di fornirci la posizione italiana.
  Questo è uno sforzo che noi possiamo sollecitare, ma siete voi che dovete fortemente incoraggiarlo, perché la rappresentanza italiana non dipende da noi. Collabora con noi, ma rappresenta «voi», cioè il sistema Italia. Questa è veramente una questione che mi sento di incoraggiare.
  Onorevole Buttiglione, anche lei ha sottolineato il discorso del dialogo e della sinergia. Quanto al Libro verde, facciamo un'audizione dedicata a tutto il discorso crescita, occupazione, occupazione giovanile, fondi, coesione. Tra l'altro, l'Italia si è tradizionalmente battuta su questi temi. Rivedevo di recente una documentazione del 2004 in cui i rappresentanti di tutti i partiti politici italiani al Parlamento europeo – probabilmente se ne ricorderà Rocco Buttiglione – si battevano già allora per la cosiddetta golden rule, cioè per lo scorporo degli investimenti strategici dal Patto di stabilità.
  Noi dobbiamo proseguire su alcuni di questi temi, almeno sullo scorporo, per esempio, della quota di cofinanziamento per i fondi comunitari, per incoraggiare la spesa e per rafforzare la programmazione. Questi e altri temi andrebbero sviluppati in un'audizione ad hoc con tempi e relazioni adeguate, su argomenti specifici.
  Rivediamoci, quindi, dal mese di settembre. Insieme al collega Pittella ci permetteremo di svolgere una sintesi e di avanzare eventualmente alcune proposte per rafforzare questo interscambio di comunicazioni.

  PRESIDENTE. Ringrazio gli europarlamentari. È ovvio che questa è la prima audizioni di tante, io spero, che svolgeremo con voi sulle attività relative all'Unione europea, tenuto conto che nella scorsa legislatura le audizioni con gli europarlamentari italiani furono 22, più del doppio di quelle che ci furono nella XV legislatura.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.45.