XVII Legislatura

XIII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Mercoledì 9 ottobre 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Sani Luca , Presidente ... 3 

Audizione del Presidente dell'Istituto nazionale di economia agraria (INEA), Tiziano Zigiotto, sulla riforma della politica agricola comune (PAC) (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati):
Sani Luca , Presidente ... 3 
Zigiotto Tiziano , Presidente dell'Istituto nazionale di economia agraria (INEA) ... 3 
Manelli Alberto , Direttore generale dell'Istituto nazionale di economia agraria (INEA) ... 5 
Sani Luca , Presidente ... 9 
L'Abbate Giuseppe (M5S)  ... 9 
Mongiello Colomba (PD)  ... 9 
Faenzi Monica (PdL)  ... 10 
Sani Luca , Presidente ... 10 

ALLEGATO: Documentazione consegnata dai rappresentanti dell'INEA ... 11

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCA SANI

  La seduta comincia alle 15.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Presidente dell'Istituto nazionale di economia agraria (INEA), Tiziano Zigiotto, sulla riforma della politica agricola comune (PAC).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati, l'audizione del Presidente dell'Istituto nazionale di economia agraria (INEA), Tiziano Zigiotto, sulla riforma della politica agricola comune (PAC).
  Ringrazio il presidente Zigiotto, accompagnato dal direttore generale dottor Alberto Manelli e dal dottor Alberto Bozza, assistente del presidente.
  Cedo la parola al dottor Zigiotto per lo svolgimento della relazione.

  TIZIANO ZIGIOTTO, Presidente dell'Istituto nazionale di economia agraria (INEA). Grazie, presidente. Buongiorno, onorevoli componenti della Commissione agricoltura.
  È la prima audizione alla quale partecipo come presidente dell'INEA. Mi accompagnano il direttore generale Alberto Manelli e un assistente dell'ufficio di presidenza, l'avvocato Alberto Bozza.
  Vorrei fare oggi un'illustrazione di carattere generale, presentando alcuni dati che credo i commissari già conoscano. So che avete audito, proprio ieri, il commissario europeo per l'agricoltura e lo sviluppo rurale, Dacian Ciolos, e sarete pertanto sicuramente aggiornati sull'evoluzione dei lavori dell'Unione europea.
  Svolgiamo il nostro lavoro come ente di ricerca ed ente statistico fotografando i provvedimenti che arrivano dall'Unione europea, trasformandoli in dati statistici, calandoli nella realtà nazionale e osservandone le conseguenze sul territorio. Produciamo statistiche su base sia nazionale che regionale. Anticipo che lasceremo a tutti i commissari un documento contenente dati statistici relativi anche ai riflessi regione per regione. Sappiamo, infatti, che molti deputati sono interessati a capire cosa avviene nelle proprie regioni in seguito all'applicazione di questo provvedimento.
  Come sapete, i dati che ci arrivano dall'Unione europea vedono l'Italia penalizzata non solo nei termini di montante generale del contributo, ma anche come struttura della riforma. Avevo preparato per oggi una relazione che tentava di evidenziare gli aspetti positivi della riforma – e ce ne sono – ma vorrei concentrarmi sugli aspetti che più ci preoccupano (e sono sicuro che preoccupano anche voi).
  I dati sono quelli che conosciamo: l'Italia riceverà 41,5 miliardi di euro, come montante, che è circa il 10 per cento in meno rispetto al sessennio precedente, e permangono elementi di discussione in Pag. 4termini di ridistribuzione sul territorio nazionale (vedremo successivamente in dettaglio, con il direttore Manelli, i dati della distribuzione).
  Le penalizzazioni riguardano vari aspetti. Il più evidente, ormai consolidato per l'Italia, concerne questa ridistribuzione che tiene conto del parametro di superficie agricola utilizzata (SAU). Come sapete, l'Italia ne esce penalizzata per il fatto che nel nostro Paese non abbiamo, rispetto ad altri Paesi europei, una grande superficie agricola (per non parlare, poi, degli altri continenti, che hanno numeri molto più importanti). Per fortuna, siamo ancora un giardino, il giardino d'Europa.
  A salvarci, almeno da questo punto di vista, sono le tecnologie e il nostro know-how, ma risulta evidente – ed è un punto fermo – che una riforma che premia per ettaro, piuttosto che per tipi di coltura o caratteristiche della coltivazione, penalizza l'Italia.
  Insisto su tale questione, talvolta sottovalutata all'esterno, perché ha implicazioni dirette che non riguardano solo la distribuzione del montante per ettaro e, quindi, la mancanza di risorse per i nostri agricoltori. Dal confronto con i miei colleghi e, soprattutto, con alcuni parlamentari, ho registrato molta preoccupazione nei territori, nelle regioni, sulle caratteristiche delle colture che sono un patrimonio del nostro territorio.
  Vorrei, però, mettere l'accento anche sulle difficoltà e sulle ripercussioni di tale questione all'interno dei Paesi dell'Unione europea. Nelle schede che vedremo successivamente, insieme al dottor Manelli, si parla del riallineamento verso un valore medio per ettaro in tutti gli Stati membri. Con la PAC a regime avremo un 68 per cento circa di contributo fisso che sarà erogato in base alla superficie agricola. Se questo riallineamento per superficie agricola arriverà, a regime, a formare i famosi 200 euro di contributo per ettaro – sono 196 nei dati statistici che abbiamo – e, a livello di coltivazione, c’è la possibilità che le colture vengano effettuate in Italia piuttosto che all'estero, all'interno dell'Unione europea, in particolare nei Paesi dell'Est, voi capite che l'allineamento da aspettarci non è solo sui valori in termini di contributo, ma anche sui valori fondiari dei terreni. A parità di coltivazione e a parità di contributo, infatti, se io vado a coltivare in Romania o in Croazia – visto che è appena entrata nell'Unione europea – o in Bulgaria, prendo 200 euro di contributo per coltivare ma pago i terreni 2.000 o 3.000 euro a ettaro. Si forma in questo modo una vera rendita finanziaria.
  Nel fare queste analisi non abbiamo di certo scoperto l'America, nel senso che visitando questi Paesi abbiamo trovato strutture finanziarie che si occupano di acquistare terreni agricoli per ottenere successivamente i contributi comunitari che, da soli, costituiscono un'elevata rendita finanziaria. Vi ricordo che questi contributi sono esenti da tasse, per cui rappresentano un reddito vero.
  Una seconda preoccupazione deriva dalla mancanza per l'Italia dei provvedimenti relativi alle colture particolari. Mi riferisco, ad esempio, ai provvedimenti in favore dei prodotti ortofrutticoli, della produzione dell'olio e, in sostanza, del greening che, per il momento, esclude viticolture e frutteti; tali elementi sarebbero, invece, di assoluta importanza per un territorio come il nostro.
  L'allineamento avverrà progressivamente – si dice – da qui ai prossimi sette anni. Ogni Paese potrà avere delle politiche particolari, legate alla funzionalità e alle decisioni che ogni Stato membro potrà prendere, ma l'Unione ha posto paletti importanti anche su questo. La possibilità che uno Stato membro possa condizionare le scelte, legandole al greening o ai territori svantaggiati o alle comunità montane, è pertanto molto limitata, all'interno di un range che vedremo successivamente.
  Queste motivazioni, insieme ad altre, riducono le possibilità di considerare questa riforma della PAC vantaggiosa per l'Italia. È anche vero, però, che ci sono elementi di novità, come i contributi per i giovani in agricoltura, ad esempio, e altri provvedimenti che vedremo in seguito.
  Lascerei a questo punto la parola al direttore Manelli. Resto disponibile per rispondere a eventuali domande.

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  ALBERTO MANELLI, Direttore generale dell'Istituto nazionale di economia agraria (INEA). Grazie. Vorrei scorrere insieme a voi le nostre slide (di cui vi è stato consegnato un documento di sintesi), nelle quali abbiamo cercato di simulare quello che dovrebbe accadere, ovviamente alla luce delle decisioni fino a oggi adottate in sede comunitaria e nazionale.
  Come sapete, l'accordo finanziario si è chiuso il 24 settembre ed è frutto di un dialogo a tre, il cosiddetto «trilogo», introdotto nelle decisioni dopo il Trattato di Lisbona. Sono state poste finalmente le basi per la scrittura di nuovi regolamenti, che dovranno essere realizzati entro il prossimo anno; la fase di scrittura dei regolamenti, infatti, cioè la fase più delicata, inizia oggi e durerà per tutto il 2014.
  Tra le questioni più delicate che il primo pilastro ci chiede di risolvere c’è quella degli agricoltori attivi, ovvero stabilire a chi deve essere erogato il contributo. Come sapete, in Italia ci sono 1 milione e 750 mila agricoltori definiti tali, mentre si stima che non più di 700 mila siano effettivamente agricoltori. Il tema è stabilire, in carenza di risorse, se non sia il caso di concentrare questi contributi soltanto nei confronti di chi veramente fa dell'agricoltura uno strumento di sopravvivenza o di professionalità.
  Inoltre, i nuovi pagamenti diretti devono essere strutturati in modo diverso dal precedente; è necessario un processo di convergenza esterna e interna e, soprattutto, va affrontato il problema della regionalizzazione, ossia di come verranno calcolati questi premi unici. Potrebbero, infatti, essere scelti in base a territori oppure in base a tutto lo Stato membro; si tratta di un problema specificamente italiano perché, a differenza degli altri Paesi europei, fatta eccezione per la Spagna, noi siamo l'unico Paese che non ha ancora regionalizzato – e quindi localizzato – i premi storici, che restano la base di partenza.
  Sarà necessario, altresì, definire nuove politiche di mercato. Infatti, come già accennato, quello delle organizzazioni comuni dei mercati (OCM) è un tema delicato; l'indirizzo è, probabilmente, rivolto alla creazione di una OCM unica per tutti i prodotti, con un'ovvia penalizzazione – come illustrato dal presidente – per le nostre eccellenze, in particolare l'olio, l'ortofrutta e la vite.
  Per quanto riguarda il secondo pilastro, ovvero la parte che concerne lo sviluppo rurale, le questioni rilevanti sono: il nuovo quadro strategico, comune per tutti i fondi strutturali (FEASR, FSE e così via) che, quindi, avranno un unico quadro di riferimento; l'accordo di partenariato che contiene la strategia per tutti i fondi (quindi è necessario produrre entro quest'anno un documento di programmazione nazionale); i programmi operativi, nazionali o regionali, che dovranno seguire al piano nazionale; i piani di sviluppo rurale, che non saranno più organizzati per assi, ma in base a sei priorità tematiche e diciotto focus area.
  Tornando alle questioni problematiche, ogni Paese potrà scegliere la figura dell'agricoltore attivo. Come sapete, dietro la spinta del nostro Paese, la Commissione europea ha approvato un elenco di soggetti che non potranno essere agricoltori attivi, ad esempio gli aeroporti, le ferrovie, i campi sportivi. Questi soggetti, infatti, senza fare alcunché, avrebbero ricevuto contributi significativi, poiché calcolati per superficie; pensate ai campi da golf, che sono terreni non coltivati, ma avrebbero avuto un contributo. Si è stabilito, quindi, di escludere a priori questi soggetti.
  È chiaro che la definizione di «agricoltore attivo» è un tema delicato, che impegna anche le organizzazioni dei produttori che su questo punto, ovviamente, hanno voce in capitolo. Si è pensato di stabilire, per definizione, come agricoltori attivi coloro che ricevono meno di 5.000 euro di pagamenti diretti, perché la complessità della dimostrazione di essere agricoltore attivo sarebbe stata maggiore del contributo. Naturalmente, il Paese membro ha la facoltà di portare più in basso questa soglia oppure escludere soggetti che ricevono premi anche più bassi, stabilendo così una soglia minima rispetto al premio. C’è anche la possibilità, e il regolamento Pag. 6generale lo prevede, di stabilire un massimale, ovvero una cifra al di sopra della quale il premio non possa andare; originariamente si era pensato a 300 mila euro.
  Ricordiamo che il pagamento unico avrà sette componenti, alcune delle quali obbligatorie, altre facoltative. Le componenti obbligatorie sono: il pagamento di base, che potrà rappresentare al massimo il 68 per cento dell'intero contributo; il pagamento verde, il cosiddetto «greening», che rappresenta al massimo il 30 per cento; il pagamento per i giovani agricoltori, al massimo il 2 per cento. Le forme facoltative sono: il pagamento primi ettari, per chi intraprende una nuova attività; le aree svantaggiate; gli aiuti accoppiati; il regime per i piccoli agricoltori.
  Gli aiuti accoppiati – che significa, lo dico per chi non avesse familiarità con questi termini, dare un contributo in relazione al tipo di coltivazione – erano il sistema originario di contributo PAC, cioè si dava un contributo in base a quello che si produceva. Con le ultime due programmazioni, questo sistema è stato abbandonato, con i pregi e i difetti che questa scelta ha comportato; in alcuni Paesi, specialmente in Italia, forse il disaccoppiamento ha comportato più difficoltà che altro.
  Riguardo al pagamento verde, è necessario fare una riflessione molto importante. Il greening, infatti, è considerato il pilastro più importante della politica agricola comunitaria. Chi ha avuto modo di leggere i prodromi dei documenti comunitari sa bene che la contribuzione all'agricoltura si giustifica in quanto l'agricoltura ha un ruolo ambientale e non tanto perché realizza una produzione alimentare. La logica sottostante, quindi, è che siccome l'agricoltura favorisce l'ambiente e la sostenibilità, la Commissione europea è disponibile a pagare un contributo a questi che vengono considerati beni pubblici. La presenza del greening è, dunque, fondamentale e, proprio per questa ragione, immodificabile. Soltanto chi si impegna a pratiche ecocompatibili avrà questo tipo di contributo.
  Alcune delle pratiche ecocompatibili sono piuttosto pesanti in termini gestionali. C’è la necessità di mantenere prati a pascoli, la necessità di ruotare le coltivazioni e la necessità di preservare un'area del terreno da non coltivare, per interesse ecologico. Posso fornirvi una dimensione per capire meglio il problema nella nostra agricoltura, che, al contrario, è un'agricoltura intensiva: se questo criterio fosse stato applicato in modo rigoroso avrebbe significato perdere 800 mila ettari di produzione nella pianura padana. In termini di valore tecnico, pertanto – non essendo il valore politico della questione materia di nostra competenza – avremmo perso 800 mila ettari di coltivazioni.
  Questa norma si è un po’ ammorbidita; anzitutto è stato stabilito che alcune colture arboree possano considerarsi greening, e noi italiani stiamo spingendo affinché tutte le colture arboree vengano considerate tali, ma in merito c’è ancora qualche discussione. La diversificazione si applica solo alle imprese che hanno una superficie maggiore di dieci ettari; ovviamente per le piccole aziende sarebbe stato molto difficile cambiare periodicamente coltivazione. L'area di interesse ecologico, infine, cioè questa porzione di terreno non coltivata, riguarda solo le imprese con superficie a seminativo superiore ai quindici ettari.
  Se guardate le percentuali della simulazione che abbiamo fatto (pagina 7 dell'allegato), le superfici di diversificazione interesserebbero il 4 per cento delle aziende, il 19 per cento della superficie agricola utilizzata (SAU), il 28 per cento della superfici a seminativi. Il correttivo che ha ammorbidito la norma ha ridotto l'impatto sulle imprese, soprattutto considerando che le nostre aziende agricole sono molto piccole. Come certamente sapete, le statistiche dell'ISTAT riportano una superficie media per azienda italiana di 5,6 ettari; in Francia – tanto per darvi un termine di paragone – la media è di 53 ettari.
  Riguardo al processo di avvicinamento dei valori medi, la cosiddetta «convergenza esterna», c’è la necessità di combinare diversi strumenti; in particolare, i Paesi che si trovano al di sotto del 90 per cento della media recuperano un terzo, cioè il 30 per cento dello svantaggio, a Pag. 7sfavore dei Paesi che invece hanno una media superiore. Considerato, infatti, che noi eravamo a circa 419 euro e che la soglia, che corrisponde al flat rate per ogni ettaro, è stata posta a 300 euro – i 200 euro di cui parlava il presidente riguardano il premio base cui si aggiunge il greening – l'Italia perde una percentuale e risulta pertanto penalizzata da questo processo di convergenza a favore di altri Paesi europei, in particolare dei nuovi Stati membri, quindi i Paesi dell'Est.
  La convergenza interna è un processo facoltativo ed è interno allo Stato membro. Se, cioè, la convergenza esterna riguarda l'avvicinamento verso il flat rate fra i vari Paesi, questa seconda tipologia di convergenza è all'interno del Paese. Può essere applicata per avvicinare il valore dei titoli disomogenei a livello territoriale; l'Italia ha, in questo caso, una diversità estremamente ampia rispetto ai premi, quindi è necessario un processo di convergenza che dovrà essere progressivo e potrà o meno arrivare – è facoltà del nostro Paese deciderlo – al flat rate unico. Resta comunque inamovibile il fatto che il nostro contributo sarà determinato dalla superficie coltivabile (circa 13,5 milioni di ettari) moltiplicata per i 300 euro – non sarà possibile andare oltre questa cifra – ma, al nostro interno, potremo graduare i contributi in maniera diversa.
  Ciascun Paese dovrà garantire che, entro il 2019, nessun titolo sia inferiore al 60 per cento del valore medio nazionale, a meno che il calcolo non venga effettuato su base regionale. Altro vincolo è che ogni titolo, cioè ogni diritto al pagamento di un premio, non possa perdere oltre il 30 per cento del valore iniziale. Se, pertanto, combinate questi due fattori in una semplice equazione avrete una progressione verso il 60 per cento e una perdita non superiore al 30 per cento.
  L'applicazione della regionalizzazione è il vero tema nodale, come vedremo dalle tabelle successive, attraverso una simulazione. Se stabiliamo che la regionalizzazione si applica soltanto per il premio di base, possiamo partire da un valore minimo pari al 18 per cento (se dedichiamo tutto alle componenti variabili e facoltative), per arrivare a un massimo del 68 per cento (se applichiamo soltanto le componenti obbligatorie e le applichiamo al minimo). Ci troviamo pertanto in un range che può andare da 670 milioni fino a un massimo di 2,5 miliardi che diventano, rispettivamente, 1,8 e 3,6 miliardi, mantenendo vincolato il greening, che costituisce il pilastro inamovibile di queste scelte.
  Il tema della regionalizzazione è particolarmente delicato perché, come sapete, la competenza in materia agricola è regionale; le regioni, quindi, dovranno accordarsi per stabilire la ripartizione. Oggi abbiamo situazioni di ripartizione molto differenti tra loro; in questo contesto potremo scegliere una regione unica, cioè tutto lo Stato membro, oppure le regioni attualmente esistenti, ma potremo anche scegliere regioni omogenee sotto altri profili, ad esempio territoriale, della coltivazione, socio-economico, ambientale e così via.
  Se, quindi, un primo tema riguarda il criterio della regionalizzazione, un altro tema centrale è quello della distribuzione, che può essere il pagamento diretto (quindi, quanto pesa il pagamento diretto), la superficie agricola utilizzata, il valore aggiunto o altri criteri. La simulazione che trovate nel documento (pagina 12 dell'allegato), al di là dei dati che potrebbero essere modificati, prende la situazione attuale e la pone a confronto con tre situazioni ipotetiche, a seconda che si scelga il calcolo in base al pagamento diretto, in base al peso della SAU o in base al valore aggiunto, quindi al valore della produzione. Fermo restando che tutta l'Italia avrà una decurtazione del 10,3 per cento, potete vedere quali sono le differenze che si operano a seconda delle modalità usate e come, in ogni caso, a regime le differenze saranno piuttosto notevoli.
  Sarà necessario incamminarsi su questo percorso. Come potete notare, le differenze sono molto sensibili: ci saranno regioni che subiranno riduzioni piuttosto consistenti, altre che avranno addirittura una consistente reintegrazione di fondi.Pag. 8
  La simulazione che vi presentiamo è, ovviamente, un'ipotesi ma su questo punto è necessario fare un lavoro certosino di accordo con le regioni. Resta evidente che le differenze che si dovessero creare rispondono a criteri – in questo caso da noi immaginati – che difficilmente si potranno allontanare molto da criteri oggettivi, siano essi la superficie o il valore aggiunto, perché immaginare di legare la chiave di distribuzione a criteri di carattere qualitativo non rende facile identificare le grandezze e i driver di ripartizione.
  Nella slide successiva (pagina 13 dell'allegato) abbiamo indicato un'ipotesi di ripartizione riferita a regioni omogenee non di tipo amministrativo. Se dovessimo operare una ridistribuzione in base agli attuali premi, come potete vedere, avremmo superfici ad alto contributo, a medio contributo e a basso contributo. Per intenderci, il colore più scuro contrassegna sul grafico le superfici ad alto contributo, il colore più chiaro quelle a basso contributo, mentre i toni medi segnalano le superfici a medio contributo. Se i nuovi aiuti, quindi, fossero attribuiti in base all'attuale distribuzione, avremmo questo tipo di ripartizione, con un grande contributo nella parte nord della pianura padana e parte delle regioni del Mezzogiorno.
  Per quanto riguarda ancora il primo pilastro, la politica di mercato è uno degli elementi più innovativi; si chiede un maggiore orientamento di mercato perché si vogliono introdurre, attraverso il primo e il secondo pilastro, di cui parleremo successivamente, sistemi di sicurezza che coprano il rischio. Per rischio non si intende solo quello meteorologico, paradossalmente il più facile da prevedere in base ai dati statistici, ma soprattutto il rischio di reddito legato alle crisi di mercato. Anche questo è un tema delicato e complesso.
  Attualmente le crisi di mercato vengono sostenute con un fondo istituito presso il Ministero delle politiche agricole e forestali che, purtroppo, non sempre è finanziato o, se il numero delle crisi è superiore al previsto, rimane privo di risorse e alcune crisi di mercato non trovano compensazione.
  Inoltre, come sapete, le crisi di mercato sono frutto di politiche esogene rispetto al nostro Paese, poiché dipendono dai grandi movimenti di mercato. Si tratta, quindi, di una materia molto complessa, sulla quale peraltro ci stiamo confrontando affrontando diverse difficoltà.
  Uno degli elementi su cui punta la nuova PAC è favorire le organizzazioni della produzione. Attualmente, con una media statistica di 5,6 ettari per soggetto, le nostre aziende si presentano sul mercato estremamente deboli. Adoperando anche meccanismi talvolta valutati negativamente, come condizionare il premio alla formazione di organizzazioni di produzione, la Commissione europea spinge, a nostro avviso, in maniera ineludibile verso forme di aggregazione dei produttori. L'idea di fondo è quella di organizzare il mercato in modo unico e, come dicevo inizialmente e come ha sottolineato anche il presidente, ciò potrà rappresentare una criticità per alcuni settori nei quali siamo eccellenze nel mondo.
  Concludo illustrando le slide relative al secondo pilastro (pagina 15 e seguenti dell'allegato). Rispetto al primo pilastro, il secondo è stato integrato con maggiori risorse. Oltre alle risorse ad esso destinate, sottolineo – come dato politicamente rilevante – che in sede europea è stato concordato di destinare al secondo pilastro anche 500 milioni originariamente previsti per le aree interne, quindi al Ministero per la coesione territoriale. Con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali vigileremo affinché queste risorse vengano effettivamente destinate al secondo pilastro.
  Potete leggere come sarà organizzata la governance del secondo pilastro, con la possibilità per gli Stati membri di realizzare accordi di partenariato su tutti i fondi. Questo tema deve la sua delicatezza al fatto che il secondo pilastro, a differenza del primo, partirà dal 1 gennaio 2014; fra tre mesi, quindi, dovremo far partire il secondo pilastro. Nel frattempo dovremo realizzare il Quadro comunitario di sostegno, le priorità dei fondi per l'agricoltura e le focus area. È un tema molto Pag. 9complesso, che andrà sviluppato a livello nazionale, con relazioni di partenariato, e a livello regionale. Rispetto a questo tema rischiamo di trovarci – ahimè – impreparati, come tessuto regionale.
  Sulla base della precedente esperienza, temiamo ovviamente questa situazione di ritardo perché, come certamente ricorderete, anche rispetto al sessennio precedente abbiamo avuto qualche difficoltà nell'impegno di risorse e, considerato che entro il 31 dicembre dovremo impegnare tutto, probabilmente, alla luce dei dati attuali, ci saranno risorse che verranno restituite a Bruxelles. Purtroppo, il sessennio precedente non prevede la ripartizione fra le regioni più virtuose, quindi queste risorse andranno perdute.
  Saremo dunque molto impegnati in questa fase – ricordo che l'INEA supporta, di fatto, quasi tutte le regioni – per realizzare velocemente quanto detto.
  Tra le principali misure vorrei citare soltanto la prima, ovvero la gestione dei rischi, che avrà una duplice veste, sia come primo sia come secondo pilastro. Sottolineo la forte concentrazione della Commissione europea sulla necessità di coprire i rischi.
  Insieme alla regionalizzazione, finalizzata ovviamente alla gestione del rischio, il tema più delicato per l'Italia è rappresentato dal fatto che le nostre imprese agricole, per la maggior parte, non producono un bilancio depositato. Risulta difficile, quindi, stabilire quale possa essere l'impatto economico che una crisi di mercato produce sulla singola impresa. Stiamo cercando delle soluzioni a questo problema e dovrebbe venirci in aiuto il sistema della Rete di informazione contabile agricola (RICA), che l'INEA realizza, come ente di collegamento per l'Italia, per conto della Commissione europea. Avendo un significativo campione statistico e avendo la ricostruzione della contabilità di queste imprese, riusciremo a capire quali sono stati gli impatti. Il difetto del sistema RICA, se volete, è quello di essere redatto a consuntivo e, come tale, ha un naturale ritardo rispetto agli impatti economici delle crisi di mercato. Siamo impegnati, però, insieme con il Ministero, a cercare possibili soluzioni; vedremo a quali risultati giungeremo.
  Concludo osservando che l'obiettivo che la Commissione europea si era data per la realizzazione di una PAC semplificata può senz'altro dirsi fallito, senza che questa osservazione possa considerarsi una nota polemica. Infatti, al di là del desiderio di semplificazione espresso, i sistemi per l'ottenimento dei premi e del secondo pilastro saranno molto più complicati e burocratici di quanto non fosse in precedenza.
  Termina qui la mia relazione. Sono ovviamente a disposizione per eventuali domande.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti per le relazioni e per la chiarezza con la quale sono state illustrate. Autorizzo la pubblicazione della documentazione consegnata in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIUSEPPE L'ABBATE. Vorrei ringraziare le persone ascoltate in audizione per l'ottimo documento che ci hanno fornito e per le preziose spiegazioni.
  La PAC ci penalizza riguardo al primo pilastro, mentre ci restituisce qualcosa in più sul secondo pilastro; essa, però, lascia agli Stati membri margini di intervento per applicare le misure. Per questo motivo, il Movimento 5 Stelle ha presentato una mozione, come altri gruppi hanno fatto, al fine di impegnare il Governo e indicare una via per attuare queste misure lasciate alla discrezionalità dello Stato membro, come l'individuazione e la definizione di agricoltore attivo, il passaggio di fondi dal primo al secondo pilastro con le percentuali disponibili e altri provvedimenti.
  Gradiremmo ricevere un commento ed eventuali suggerimenti in merito alla mozione che abbiamo presentato e che siamo disponibili a fornirvi. Grazie.

  COLOMBA MONGIELLO. Non farò un vero intervento, sapendo che tra poco Pag. 10dobbiamo andare in Assemblea, ma vorrei notare come, di tutte le audizioni che si sono succedute in questa Commissione, quella di oggi illustra, finalmente, il primo esempio di simulazione sulla PAC. Fino a oggi non conoscevamo i numeri e l'impatto reale della PAC post 2013. Anche grazie alle griglie di riferimento, possiamo iniziare a capire i numeri veri di questa PAC; numeri preoccupanti, come già sapevamo, rispetto al budget iniziale.
  Vorrei fare alcune puntualizzazioni. Abbiamo finalmente delle quantificazioni riguardo alla definizione di agricoltore attivo e, in questo senso, tutta la partita è ancora aperta. Sul problema della regionalizzazione, che è quello che ritengo essere più delicato in questo momento, vorrei capire meglio quali sono i criteri distributivi, cosa è stato fatto al riguardo e come la Conferenza Stato-regioni sta operando in questo senso. So che, ad esempio, ci sono gravissimi ritardi per quel che riguarda il Piano di sviluppo rurale (PSR).
  Mi preoccupa sentire – del resto, lo si sapeva da tempo – che al 31 dicembre perderemo considerevoli risorse. Gradirei ricevere, al riguardo, i dettagli delle situazioni poiché, come spesso accade, noi sollecitiamo gli assessori regionali, i quali dicono sempre di spendere tutto entro la fine dell'anno.
  Infine, la mia ultima richiesta riguarda i dettagli per filiere, per prodotti. Dal momento che avete dati così precisi vorremmo, ad esempio, conoscere – lo dico da pugliese – maggiori dettagli sull'olio d'oliva per superficie, sapere se è vero che il PSR danneggerà fortemente questa filiera come quella dei prodotti ortofrutticoli.
  Saremmo grati di ricevere risposte in merito.

  MONICA FAENZI. Intervengo molto brevemente per dire che, forse, avremmo dovuto svolgere questa audizione all'inizio del nostro percorso, durante il quale abbiamo posto numerose domande ed espresso, anche con atti parlamentari, la nostra visione.
  Oggi nutro anche un po’ di preoccupazione. Il problema, ad esempio, della semplificazione, che ha un costo economico importante sulle aziende, mi dite che non è risolto ed è anche il motivo per cui, spesso, le risorse non vanno a buon fine e non si realizzano gli obiettivi previsti. Oggi facciamo, per così dire, un passo indietro e sicuramente potremo operare in maniera più critica per il futuro.
  I dati che ci avete fornito sono interessanti e, da toscana, leggendo velocemente il documento ho visto che la mia regione ha un po’ da guadagnare. Nel ringraziarvi, ancora, per i dati scientifici, inviterei a un rapporto di collaborazione più stretto. Insomma, teniamoci in contatto perché anche i nostri atti possano avere un riscontro scientifico e prospettive serie. Grazie.

  PRESIDENTE. Purtroppo i lavori dell'Assemblea incombono. Mi associo ai ringraziamenti anche per la chiarezza dell'esposizione e la qualità del materiale che ci è stato fornito. Ci permetteremo di disturbarvi nuovamente in futuro. Rispetto ai quesiti che sono stati posti vi chiederei, cortesemente, di farci avere informazioni per iscritto.
  Nel frattempo, lo dico per i miei colleghi, noi andremo avanti con le audizioni finché decideremo di chiuderle, con un passaggio in Assemblea sulle mozioni. Tuttavia, se nel corso dei nostri lavori ci fosse la necessità di chiarire alcuni elementi o, in qualche modo, di estrapolare e far emergere alcuni dati, come è avvenuto in questa audizione, ci riserviamo di fare un nuovo passaggio, magari facendovi pervenire in anticipo le richieste utili al nostro lavoro.
  Ringraziando ancora i nostri ospiti e quanti sono intervenuti oggi, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.

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ALLEGATO

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