XVII Legislatura

XII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Mercoledì 25 marzo 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE MALATTIE RARE

Audizione di rappresentanti della Federazione italiana malattie rare onlus (UNIAMO), della Consulta nazionale delle malattie rare e di Cittadinanzattiva.
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 3 
Spinelli Nicola , Consigliere della Federazione italiana malattie rare onlus (UNIAMO) ... 3 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 5 
Nardi Sabrina , Vice coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva ... 5 
Bressi Maria Teresa , Responsabile networking del Coordinamento nazionale delle Associazioni di malati cronici di Cittadinanzattiva ... 5 
Bertoglio Flavio , Presidente della Consulta nazionale delle malattie rare (CNdMR ... 7 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 9 
Binetti Paola (AP)  ... 9 
Giordano Silvia (M5S)  ... 10 
Amato Maria (PD)  ... 11 
Grillo Giulia (M5S)  ... 12 
Giordano Silvia (M5S)  ... 12 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 12 
Nardi Sabrina , Vice coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva ... 12 
Bertoglio Flavio , Presidente della Consulta nazionale delle malattie rare (CNdMR ... 15 
Andrao Assia , Segretaria della Consulta nazionale delle malattie rare (CNdMR ... 15 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 16

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIERPAOLO VARGIU

  La seduta comincia alle 14.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti della Federazione italiana malattie rare onlus (UNIAMO), della Consulta nazionale delle malattie rare e di Cittadinanzattiva.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti della Federazione italiana malattie rare onlus (UNIAMO), della Consulta nazionale delle malattie rare e di Cittadinanzattiva.
  La Commissione inizia oggi le audizioni nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle malattie rare deliberata il 18 marzo scorso. Sono presenti per la Federazione Italiana malattie rare onlus (UNIAMO) i consiglieri Nicola Spinelli e Pietro Marinelli, per la Consulta nazionale delle malattie rare il Presidente Flavio Bertoglio e la segretaria Assia Andrao, per Cittadinanzattiva il vice coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato Savina Nardi e il responsabile networking del Coordinamento nazionale delle Associazioni di malati cronici, Maria Teresa Bressi.
  Do a tutti loro il benvenuto da parte personale e dell'intera Commissione. Credo che la cosa migliore sia quindi dare direttamente la parola a voi, perché possiate esprimere alla Commissione ciò che ritenete utile evidenziare ai commissari; vi chiederei di essere sintetici nei vostri interventi, in modo da dare la possibilità ai colleghi parlamentari di fare eventuali domande per approfondire qualche tema da voi toccato o temi di loro interesse e fare poi un secondo giro per le vostre risposte.
  Do quindi la parola al Consigliere della Federazione italiana malattie rare onlus (UNIAMO), Nicola Spinelli.

  NICOLA SPINELLI, Consigliere della Federazione italiana malattie rare onlus (UNIAMO). Grazie, presidente, intanto grazie per l'invito a partecipare e ad iniziare il ciclo delle audizioni di questa indagine conoscitiva e ovviamente anche grazie per aver pensato di voler approfondire questo tema, la situazione dei malati rari a un anno di distanza dall'approvazione della mozione unitaria sulle malattie rare.
  Vorrei iniziare focalizzando uno dei temi e degli obiettivi dell'indagine conoscitiva, che riguardava lo stato della partecipazione delle associazioni dei pazienti alle attività decisorie. Questo mi permette di iniziare apparentemente alla lontana, ma da un aspetto abbastanza importante.
  Possiamo dire che le malattie rare costituiscono un argomento molto patient-driven. Soprattutto a livello europeo negli anni Novanta iniziò questo fenomeno nuovo della partecipazione e delle pressioni da parte di pazienti e familiari che gradualmente cominciavano ad associarsi, e allo stesso tempo si avviò un'attività di ascolto organizzato, molto accurato da parte dei vertici europei su questo problema.Pag. 4
  Ciò ha permesso di intraprendere un percorso di emersione del problema e anche di affrontarlo secondo una strategia comune. Tra i risultati principali segnaliamo l'organizzazione della Giornata delle malattie rare, le inchieste che hanno portato alla pubblicazione di un volume che ha dato voce a 12.000 pazienti, che è stata una delle prime inchieste approfondite sulla condizione e sulle proposte dei malati rari, e dal punto di vista istituzionale la dichiarazione delle malattie rare come una priorità di sanità pubblica.
  Questo percorso, che ha dato vita a una serie di normative che si sono succedute a livello europeo, che tracciano un disegno di approccio comune, raccomandato nei confronti delle malattie rare, avrà degli ulteriori obiettivi. Ci siamo posti a livello europeo il 2020 come anno importante a cui arrivare attraverso una serie di risultati per quanto riguarda per esempio il Consorzio IRDiRC, ossia giungere a trovare 200 molecole nuove per poter trattare le malattie rare, ma stiamo lavorando per raggiungere altri due importanti risultati.
  Uno è il riconoscimento della Giornata delle malattie rare, il 28 febbraio, da parte dell'Organizzazione mondiale della sanità, e l'altro è il riconoscimento del 2019 come anno europeo delle malattie rare.
  Se la partecipazione dei pazienti è cosa ormai nota e consolidata (anche raccomandata attraverso la normativa europea), questa condizione è meno presente in Italia, per quanto nel frattempo siano successe alcune cose. Vorrei quindi focalizzare due episodi che possono essere considerati ai due estremi di questo percorso che stiamo facendo. Il primo è la nascita all'interno delle regioni dei vari coordinamenti e commissioni per le malattie rare che prevedono la partecipazione dei pazienti.
  Purtroppo, però, c’è un'enorme varietà di esperienze, per cui si va da episodi molto positivi, come accaduto da poco in Puglia, dove il Coordinamento regionale malattie rare si è sviluppato fino a giungere a un patto d'intesa che abbiamo siglato il 20 febbraio scorso; la regione Puglia, le università pugliesi, UNIAMO e altri centri di riferimento hanno siglato un protocollo di intesa volto a migliorare la ricerca sulle malattie rare, la cura e la terapia dei bambini. Questo è un risultato sicuramente importante, che può essere una buona pratica da riportare anche in altre regioni.
  Al contrario, invece, posso citare un'esperienza che conosco direttamente visto che vengo dalla Sardegna, dove nel 2006 nasce un Comitato regionale tecnico-scientifico per le malattie rare, che da allora, nonostante sia stato più volte riformulato attraverso i vari assessori che si sono succeduti nelle diverse legislature, non viene più convocato da anni, sebbene i suoi compiti siano proprio quelli di gestione della formazione della rete regionale delle malattie rare e di tutte le attività sanitarie e sociali relative. Sebbene io ne faccia parte come paziente non riusciamo insieme agli altri componenti ad essere convocati.
  Questi sono due episodi di segno opposto in cui si articola una delle esperienze importanti della partecipazione dei pazienti in Italia.
  L'ultimo elemento che voglio sottolineare riguarda il recente Piano nazionale malattie rare, dove è prevista come prima azione operativa la costituzione di un Comitato nazionale per le malattie rare con la partecipazione dei pazienti. Secondo il cronoprogramma di attività del Piano oggi questo comitato dovrebbe essere non solo istituito ma già ampiamente al lavoro anche per iniziare l'elaborazione dell'aggiornamento del piano dal 2016 in poi, mentre invece non abbiamo notizie e segnali in tal senso.
  La partecipazione dei pazienti è una raccomandazione importante, ma soprattutto qualcosa di sentito da tutti noi, anche perché non c’è dubbio che l'esperienza quotidiana di pazienti e di familiari è tale per cui per un decisore e un amministratore pubblico risulta essere importante e insostituibile per giungere a delle decisioni veramente concrete e condivise.
  Quello che è stato definito e raccomandato dal Consiglio europeo è una strategia Pag. 5comune integrata e unitaria pur nel rispetto delle singole peculiarità dei servizi sanitari nazionali, un approccio comune, strategico nei confronti delle malattie rare, con la partecipazione imprescindibile dei pazienti.
  Noi abbiamo depositato una memoria in cui abbiamo cercato di focalizzare alcuni elementi di conoscenza insieme a qualche proposta e a qualche risultato che abbiamo estrapolato dalle ricerche realizzate insieme alle associazioni.
  Si parla dei bambini, di malattie rare, lavoro, società, inserimento, inclusione dei malati rari, ma ancora oggi riceviamo continuamente segnalazioni di bambini che, nonostante non abbiano delle preclusioni a poter frequentare la scuola, sono però esclusi dalla partecipazione alle lezioni. Questo è uno dei grandi problemi da affrontare perché, oltre alla violazione del diritto allo studio e alla frequentazione della scuola dell'obbligo, ci troviamo a dover combattere la diffusione d'informazioni sbagliate e fuorvianti sulle malattie rare e quanto comportano tra compagni, insegnanti e dirigenti scolastici.
  Per quanto riguarda l'inserimento lavorativo dei giovani adulti, abbiamo fatto una ricerca con le associazioni all'interno del progetto Carosello, che è stato finanziato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, da cui è emerso che è estremamente difficile per un giovane con malattia rara riuscire a trovare un inserimento nel mondo del lavoro, soprattutto per la mancanza di soluzioni alternative che possano essere personalizzate in base ai bisogni e alle esigenze di quel paziente lavoratore, in quanto siamo inquadrati all'interno di uno schema generale, che quindi crea molte problematiche d'accesso.
  Concluderei qui anche per non togliere spazio agli altri auditi, rimanendo a disposizione per qualunque approfondimento e ci riserviamo di fornire un'ulteriore memoria nel quadro dell'indagine su altri argomenti che non sono stati trattati per brevità.

  PRESIDENTE. Grazie. L'UNIAMO ha deciso di trasmettere una memoria da consegnare a tutti i componenti della Commissione e ciò è nella disponibilità anche degli auditi successivi. Tutto il materiale che ci viene consegnato e può essere trasferito ai colleghi è ovviamente utile a tutti noi per approfondire i singoli problemi.

  SABRINA NARDI, Vice coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva. Grazie, presidente. Per Cittadinanzattiva – Tribunale per i diritti del malato questo è un anno speciale, festeggiamo i nostri 35 anni di attività di tutela dei diritti delle persone nel nostro Paese.
  Vogliamo portare qualche evidenza della nostra associazione raccolta tramite i Tribunali per i diritti del malato e il Coordinamento nazionale delle associazioni di malati cronici, cercheremo di rispondere ad alcuni focus di questa indagine conoscitiva, quindi ci occuperemo dei farmaci, degli screening, dell'inserimento scolastico e degli strumenti di partecipazione, quindi monitoraggio e più in generale l'affermazione dei diritti dei pazienti, l'acquisizione della consapevolezza dei loro diritti nei tavoli decisionali.
  Per noi queste tematiche non sono esaustive degli enormi problemi che ancora oggi incontrano le persone che hanno una patologia rara e i relativi familiari, ma troverete tutto questo nella memoria che lasceremo oltre che nei rapporti integrali che lasciamo a disposizione della Commissione.
  Lascerei la parola alla collega per illustrare alcune indicazioni soprattutto sull'aspetto socio-sanitario, per poi, se ci sarà tempo, spendere due parole sui temi dell'accesso ai farmaci, dell’empowerment e degli screening.

  MARIA TERESA BRESSI, Responsabile networking del Coordinamento nazionale delle Associazioni di malati cronici di Cittadinanzattiva. Buongiorno. La nostra fonte deriva da due rapporti nazionali, il Rapporto Pit salute, che comprende più di Pag. 625.000 segnalazioni di cittadini che si sono rivolti alle sedi del Tribunale dei diritti del malato di tutta Italia, e il Rapporto nazionale sulle politiche della cronicità, che quest'anno ha coinvolto 42 organizzazioni di pazienti affetti da patologie croniche e rare.
  La prima difficoltà che incontrano i cittadini che sono affetti da patologie rare è proprio il riconoscimento dell'esenzione farmaceutica e diagnostica. Nonostante il lavoro di ampliamento dei LEA e quindi del riconoscimento del diritto all'esenzione, segnaliamo che ci sono ancora diverse patologie che non sono state considerate sebbene siano riconosciute a livello regionale in diverse regioni, quali ad esempio la fibromialgia o la sindrome fibromialgica, la malattia di Méniere, la sindrome di Sjögren, l'endometriosi nella forma lieve e minima (è stata considerata solo la forma grave), la sensibilità chimica multipla e molte altre.
  In questo modo si crea una discriminazione tra pazienti di serie A e pazienti di serie B, quindi pazienti che in una regione hanno diritto all'esenzione e in un'altra no, con evidenti problemi di mobilità sanitaria, quindi non si ha il diritto di curarsi nella propria regione.
  Le famiglie che hanno al loro interno persone affette da una patologia rara, molto spesso bambini, hanno moltissimi problemi nella gestione quotidiana; c’è il problema dell'assistenza, dell'orario di lavoro, della compatibilità del proprio contratto con la possibilità di prendersi cura della persona, tutti i problemi relativi ai permessi della legge 104 che spesso non vengono riconosciuti e qualora vengano riconosciuti ci sono ulteriori problemi rispetto alla tipologia contrattuale, perché alcune tipologie contrattuali non consentono di accedere a questo diritto, le notevoli spese che deve affrontare una famiglia per spostarsi fuori regione, per l'acquisto dei farmaci e dei parafarmaci, degli ausili non previsti nel nomenclatore e dei dispositivi, moltissimi costi che non sono riconosciuti dallo Stato.
  Questo comporta per l'80,5 per cento delle associazioni (percentuale altissima) la rinuncia, per esempio, ad aspetti dell'assistenza come la riabilitazione, l'assistenza psicologica, l'acquisto di parafarmaci, gli esami di monitoraggio.
  C’è un problema enorme che riguarda le patologie rare rispetto alla diagnosi: spesso passano moltissimi anni dai primi sintomi alla diagnosi, il 90,7 per cento delle associazioni registra ritardi diagnostici che a loro parere sono dovuti a una sottovalutazione dei sintomi da parte del medico di medicina generale, ma anche alla complessità della diagnosi e alla difficoltà nel trovare il centro di riferimento, laddove spesso i pazienti girano per tutta Italia senza capire a chi debbano rivolgersi per ottenere una diagnosi, e così passano gli anni.
  La prevenzione è un aspetto fondamentale in tutte le patologie, però in Italia è poco attuata. Secondo le associazioni le campagne di prevenzione non funzionano perché sono sporadiche, non hanno seguito e non coinvolgono i medici e i pediatri di famiglia, e rispetto alla prevenzione terziaria, quella delle complicanze, c’è una mancanza di formazione e di informazione del paziente e del caregiver.
  A questo si aggiungano la gestione della patologia che è molto complessa e i percorsi di cura che non sono standardizzati e sviluppati a livello nazionale, i registri che per le patologie sono fondamentali per tutta la programmazione, ma nelle malattie rare sono ancora più importanti perché la gestione dipende da quello. Le associazioni ci segnalano però che i registri sono spesso incompleti, non tutte le regioni inseriscono i dati, spesso le associazioni stesse hanno registri che però non corrispondono a quelli sono presentati dal Centro nazionale malattie rare, quindi è evidente che c’è un problema nella codifica e nell'inserimento di questi registri che sono importantissimi.
  L'assistenza domiciliare non è adeguata così come l'assistenza protesica, e i farmaci in fascia C e i parafarmaci sono un costo ormai diventato insostenibile per le famiglie. Rispetto invece alle terapie erogate dallo Stato, quindi ai farmaci in Pag. 7fascia A e in fascia H, c’è un problema di limitazione di budget, perché spesso sono farmaci sperimentali molto costosi che a un certo punto dell'anno vengono interrotti.
  Segnaliamo inoltre i rinnovi dei piani terapeutici, il problema dei farmaci non commercializzati in Italia, dell'acquisto quindi dei farmaci dall'estero, il problema dei farmaci orfani che riguarda specificamente le patologie rare in quanto sono ancora poco diffusi ed esistono tantissime patologie che non hanno un proprio farmaco, e infine il problema scolastico.
  Da un'indagine effettuata da Cittadinanzattiva emerge che il problema scolastico è enorme, in quanto esistono tante barriere architettoniche che non consentono ai bambini della prima fascia scolastica di accedere alla classe e a tutti gli ambienti scolastici, esistono problemi nella somministrazione dei farmaci a scuola perché non c’è una direttiva concreta, ma ogni scuola fa a sé e bisogna sempre vedere la disponibilità di chi lo può fare, non consentendo un vero inserimento nella scuola, nel lavoro e nella vita.
  Ci sono poi anche tutti i problemi che derivano dall'invalidità civile e dalla legge 104, dell'ISEE, quindi sono tantissimi i problemi delle famiglie con persone con una patologia rara, non ultima la mancanza di benefici sociali ed economici che in un tempo di crisi non sono sicuramente indifferenti.

  FLAVIO BERTOGLIO, Presidente della Consulta nazionale delle malattie rare (CNdMR). Buongiorno a tutti, mi scuso con la Commissione perché non siamo riusciti per ragioni temporali a mandare anticipatamente una memoria, che però manderemo quanto prima perché ci sembra corretto farlo.
  Mi scuso perché sono pragmatico e quindi tendo ad andare subito alla sostanza delle cose. Abbiamo letto il programma dell'indagine e abbiamo visto che è assolutamente esaustivo in termini di normativa vigente, ma mi permetto di dire che il problema è attuare le leggi che vengono approvate.
  Mi spiego meglio, facendo un esempio per tutti, che ho voluto citare perché è clamoroso: il DM n. 279 del 2001 ha istituito i registri, il Centro nazionale malattie rare, prevedendo però che ogni tre anni rinnovassimo l'elenco delle malattie rare, mentre oggi siamo a 109 malattie rare fuori da questo elenco riconosciute da tutti, però legate ai LEA e pertanto bloccate per le note vicende finanziarie dei LEA, perché poi i pazienti vengono comunque curati, quindi i costi ci sono, non cambiano.
  Una malattia rara non all'interno di questo allegato A del DM n. 279 del 2001 non è soggetta a ricerca scientifica, quindi questa mattina non verrà mai sconfitta, quindi è un problema molto grosso. Parlo delle 109 già riconosciute, quando ce ne sono ben 209 allo start-up, in attesa di essere verificate, però finché non passano queste 109 non si può procedere.
  L'applicazione di questo decreto ministeriale è triennale, ma oggi sono passati 14 anni e non abbiamo ancora fatto la prima revisione. Quando mi riferisco all'applicabilità ricordo che abbiamo oggi un Piano nazionale malattie rare (chi dice bello, chi brutto) 2013-2016, è stato approvato nel 2014, siamo a un anno dalla scadenza senza un decreto attuativo, quindi abbiamo sulla carta tante belle cose che però rimangono sulla carta finché non abbiamo questi decreti attuativi per poter applicare quello che vorremmo fare.
  In primis (mi rifaccio al collega di UNIAMO) questo Comitato nazionale deve assolutamente prevedere la presenza dei pazienti di malattie rare, perché è di importanza vitale per chi come noi, pazienti o genitori di malati rari, ha un problema gigantesco e particolarissimo in casa. I decreti attuativi sono quindi assolutamente necessari perché altrimenti non se ne esce.
  La cosa va poi letta anche in una logica, perché l'Europa cerca di coagulare il problema malattie rare in tutta Europa, quindi perché noi in Italia lo dobbiamo polverizzare con una sanità regionale ? Non è possibile (ne parlo nella sede giusta) in tema di malattie fare una deroga al Pag. 8Titolo V e prevedere che in qualunque regione risieda un malato raro venga seguito in modo nazionale ?
  L'Europa propone di coagulare i malati rari di tutti i Paesi dell'Unione perché così si riesce a curarli meglio, ma in Italia stiamo facendo l'esatto contrario. Uno dei nostri punti caldi sarà quindi la deroga al Titolo V in tema di malattie rare, perché questi signori vanno curati in maniera nazionale (lo dico in maniera molto volgare, scusatemi ma non ho trovato altri termini).
  In questo senso diventa importante anche un altro aspetto, e mi rifaccio all'intervento di Cittadinanzattiva che ha fatto riferimento agli screening neonatali. Siamo stati a colloquio con l'allora Ministro Fazio, a cui ho cercato di far capire che si trattava di un investimento e non di un costo per il sistema sanitario nazionale, perché spesso è sufficiente una dieta alimentare e nessun farmaco costoso per far sì che un bambino malato raro rimanga un bambino normale e non diventi un disabile grave, con un guadagno del Servizio sanitario nazionale pazzesco grazie ad un investimento negli screening neonatali obbligatori.
  Abbiamo chiesto infatti che in una futura legge sugli screening venga assolutamente inserita una frase di importanza vitale per non fare la fine (consentitemi) del DM n. 279 del 2001: lo screening neonatale deve diventare obbligatorio «per tutte le malattie che hanno o avranno una terapia». Questo «avranno» che abbiamo voluto aggiungere nel disegno di legge n. 52 Tomassini presentato al Senato nella scorsa legislatura per noi è stato di importanza vitale per non fare la fine del DM n. 279, perché se poi non facciamo la revisione questi non si possono curare perché non sono ancora in quell'elenco.
  Inseriamo quindi in automatico, nel momento in cui c’è una cura validata e riconosciuta dalla comunità scientifica italiana, la previsione di uno screening neonatale.
  Vi lasceremo anche il lavoro della Consulta ministeriale di sei gruppi, che in parte è stato ripreso dal Piano nazionale malattie rare, ma in realtà bisogna fare i decreti attuativi. Concordo sul discorso scuola, lavoro, vita a cui accennava prima Cittadinanzattiva e farei una piccola puntualizzazione sull'ISEE che oggi sappiamo essere stata modificata e – passatemi il termine – peggiorata per quanto riguarda una famiglia con malattia rara, che ha delle dinamiche pazzesche in termini di costi non riconosciuti, partendo dal presupposto fondamentale che quando in una famiglia capita un bambino malato grave, spesso disabile grave, uno dei due genitori (se non tutti e due) deve lasciare il lavoro.
  Già questo è una chiave di volta negativa fondamentale. Abbiamo delle leggi fatte e mancano i decreti attuativi, ricordo che per la legge finanziaria 2007 lavorammo con l'allora senatrice Baio riuscendo a ottenere 10 milioni di euro in finanziaria per l'acquisto di dieci macchine tandem mass per lo screening neonatale, ma questi soldi saranno finiti nel calderone perché non è mai più stato fatto un decreto attuativo per spenderli (macchine che tra l'altro oggi costano molto meno).
  Dico questo perché il passaggio focale è legato a questi disegni di legge dormienti alla Camera o al Senato, e quando io vengo chiamato alla Commissione affari sociali non posso non dire alla Commissione stessa che esiste un disegno di legge n. 2090, che ho qui davanti a me, che è stato depositato da un gruppo di senatori il 31 marzo 2010, ma siamo a marzo 2015 e dopo 5 anni siamo ancora qua.
  Dicevo che uno dei due genitori lascia il lavoro e questo disegno di legge è stato fatto con noi a quattro mani e prevede un sostegno a una famiglia con un malato raro disabile grave, quindi un prepensionamento, ma non quello previsto per tutti i disabili gravi, ma un prepensionamento dei genitori dopo 25 anni di contribuzione a prescindere dall'età anagrafica, perché, se io sono già sfortunato e ho un bambino malato raro disabile grave e ce l'ho a vent'anni, nella logica che vede riconosciuto il concetto di familiarità usurata in virtù del fatto che ho un bambino malato raro disabile grave, a 45 anni devo andare Pag. 9in pensione perché sono già usurato dopo 25 anni di gestione di questo bambino che intanto non è più tale.
  Posso citare il mio esempio personale: mio figlio ha 17 anni, non vede, non sente, non parla e non cammina più, tra breve lo perderò, per cui non ho nemmeno il problema del prepensionamento perché lo perderò prima. Ci sono dinamiche diverse per ognuno di noi, però quello che è costante per tutti i malati rari è di sicuro una genitorialità usurata avendo in casa un bambino malato raro disabile grave, perché di sicuro uno dei due genitori perde il lavoro (al 99 per cento), se non in alcuni casi addirittura entrambi.
  Questo DDL, che dorme da cinque anni al Senato, ma oggi l'ex senatrice oggi onorevole Bianchi credo lo abbia ripresentato anche alla Camera (con firmatari destra, sinistra e centro, perché credo che in tema di malattie rare non ci sia colore, non ci sia partito politico), prevedeva un aiuto per queste famiglie se per caso uno dei genitori perdeva il lavoro o se doveva entrare nel mondo del lavoro essendo in giovane età e non ci può entrate perché deve seguire il figlio piccolo disabile grave malato raro.
  Non mi dilungo perché allegheremo anche questo documento. Mi ricollego a quanto ha detto anche la collega di Cittadinanzattiva per ribadire che i registri hanno un'importanza assolutamente fondamentale.

  PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  PAOLA BINETTI. Grazie, presidente. L'idea di procedere a questa indagine conoscitiva nasce dal desiderio di essere attivi, propositivi nei confronti dei vostri bisogni e delle vostre necessità.
  Uno dei motivi per cui qui non può essere iniziato l'esame della proposta di legge Dorina Bianchi a cui si faceva riferimento è che il disegno di legge sulle malattie rare è stato già calendarizzato al Senato, quindi non possiamo calendarizzare un provvedimento su un tema già all'esame nell'altra Camera, possiamo solo aspettare che ci arrivi e poi procedere a migliorarlo nella misura in cui ci sembrerà opportuno.
  Aver fatto partire questa indagine conoscitiva è una delle poche cose positive nella nostra disponibilità per svolgere un'azione di sostegno alle vostre esigenze, cercando di muoverci attraverso il complesso panorama che riguarda tanti altri disegni di legge. Voi avete fatto riferimento ad alcuni approcci positivi che sono presenti nella legge finanziaria o in altri disegni di legge, quindi noi cercheremo attraverso le vostre suggestioni di fare un lavoro di diffusione, intervenendo dove possibile per introdurre i vostri suggerimenti e le vostre richieste.
  Fatta questa premessa per dare ragione del valore, ma anche dei limiti del lavoro che stiamo facendo, a me piacerebbe fare una domanda. Una delle cose belle che si notano lavorando con le persone affette da malattie rare è il grosso lavoro di rete che è stato fatto. Lo ha fatto UNIAMO, lo ha fatto in modo diverso Cittadinanzattiva, l'ha fatto anche l'Osservatorio, quindi c’è la consapevolezza che le battaglie da soli non si vincono, ma si vincono tutti insieme facendo rete e sostenendosi reciprocamente in questa logica.
  Fatto salvo il principio generale, è chiaro che le necessità sono diverse a seconda delle diverse patologie.
  Ci faremo sostenitori della vostra richiesta del riconoscimento della Giornata delle malattie rare presso l'OMS e ci spenderemo perché il 2019 possa essere l'anno internazionale delle malattie rare, anche perché il principio che è stato posto all'inizio di questo dibattito, che è quello del coinvolgimento dei pazienti nei processi decisionali, a noi sembra un punto di partenza importante e assolutamente trasversale che riguarda tutto quello che i malati desiderano.
  Penso alle dichiarazioni anticipate di trattamento dove tutta la realtà gira intorno alla capacità dei pazienti di far sentire la propria voce e formulare le proprie richieste.Pag. 10
  Noi vi ringraziamo, siamo a disposizione, mandateci non solo i documenti, ma anche le contraddizioni, le spigolosità operative perché possiamo intervenire con interrogazioni a vostro sostegno, però sono rimasta di stucco sentendo di bambini affetti da malattie rare che non possono frequentare la scuola. Se voi ci dite qualcosa di più preciso e di più concreto su queste situazioni, io mi impegno per quello che vale già da adesso a fare il mio pezzo di battaglia su questo.

  SILVIA GIORDANO. Intervengo principalmente per ringraziare tutti gli intervenuti perché le esperienze che hanno descritto sono fondamentali non solo per far capire i problemi, ma anche le sensazioni che si provano nell'affrontarli.
  Considero quindi fondamentali la Giornata delle malattie rare, il riconoscimento dell'anno delle malattie rare, ma come Commissione affari sociali e come legislatori abbiamo il compito e il dovere di andare su qualcosa di estremamente pratico, perché non si può continuare a dare semplicemente attenzione a questi problemi, dando loro un risalto mediatico una volta l'anno e lasciandoli così.
  La difficoltà per cui le proposte di legge muoiono una volta presentate evidenzia una duplice limitatezza, perché quando l'interesse del legislatore viene dimostrato la proposta muore lì, perché non appare una priorità del portare avanti per una serie di motivi che al momento mi sfuggono.
  Faccio questo intervento più come testimonianza che per porre delle domande, perché ho ascoltato Cittadinanzattiva elencare in maniera puntuale una serie di problemi a partire dall'inserimento scolastico. Anche nella regione Campania ci sono esempi di bambini malati rari che possono far parte delle classi, ma vengono poi ghettizzati, mentre soprattutto a livello di scuola elementare si dovrebbe educare alla diversità e far capire che si è diversamente speciali e non diversi punto e basta.
  Nella scuola superiore è possibile avere un approccio più critico e maturo, mentre in una scuola elementare questo appare deleterio nel momento in cui i bambini cominciano ad approcciare gli altri, quindi va assolutamente evitato.
  Teniamo particolarmente alla proposta della Consulta nazionale delle malattie in merito alla deroga al Titolo V, perché non solo si sta andando controtendenza rispetto a quanto sta cercando di fare l'Europa, ma abbiamo anche perso un'occasione per cambiare il Titolo V.
  La situazione sta anche peggiorando notevolmente, perché ogni regione decide di agire e regolarsi in modo diverso per quanto riguarda le malattie rare, e al di là dei registri c’è ancora un problema burocratico. In Campania, ad esempio, per il puntatore oculare in dotazione a casa prima veniva regolarmente il tecnico a effettuare il controllo, perché sono macchinari delicatissimi, molto costosi e fondamentali per il paziente, in quanto unico modo di comunicare per il malato raro gravemente disabile, mentre adesso è necessario recarsi all'ASL e compilare il modulo di richiesta.
  Se nel frattempo il puntatore oculare non funziona, il paziente non potrà comunicare fino a quando l'ASL non avrà scorso l'elenco dei moduli presentati e invierà il tecnico. Si sta andando quindi in controtendenza e burocratizzando ulteriormente qualcosa che dovrebbe essere snello come il rinnovo dei farmaci o dei piani terapeutici, che invece è difficilissimo, e, se per caso una persona è sola, non può farcela.
  Qui ognuno ovviamente parla in base alla propria esperienza e io capisco benissimo il problema dei genitori per cui uno dei due è costretto a lasciare il lavoro perché il figlio è malato raro e gravemente disabile, però dobbiamo prendere in considerazione anche altri esempi.
  Per fortuna non è stato il mio caso ma ce ne sono tantissimi: immaginate due genitori con tre bambini piccoli e uno di questi scopre di avere una malattia rara invalidante, una malattia neurodegenerativa: non solo è costretto a lasciare il lavoro ma ha tre bambini a carico e quindi il compagno si ritrova a portare Pag. 11avanti quattro persone di cui tre bambini e un malato grave, e le istituzioni non sono presenti.
  Di recente è arrivata la segnalazione di una persona che a trent'anni ha scoperto di avere una malattia neurodegenerativa, è sola perché orfana da tempo, quindi non sa cosa fare.
  Sono grata alle associazioni che cercano di fare rete, in quanto sono l'unico appoggio per le persone in difficoltà, un sostegno nella disgrazia.
  Porteremo sempre avanti la lotta sulla deroga al Titolo V su cui siamo pienamente d'accordo, sullo screening neonatale, che è una delle prime proposte che noi abbiamo portato avanti sia alla Camera che al Senato, anch'essa non appoggiata, e soprattutto la battaglia sull'ISEE che da due anni stiamo combattendo in tutti modi (interpellanze, interrogazioni, eccetera).
  Ringrazio e spero di avere ulteriori contatti con tutte le persone che sono oggi venute qui a raccontarci la loro esperienza, il loro punto di vista e le loro criticità, perché noi abbiamo bisogno di fare rete, perché questo problema si deve risolvere al di là dell'anno delle malattie rare e della Giornata delle malattie rare, perché in questo momento l'unico obiettivo è cercare di risolvere un problema che può essere semplicemente l'aggiornamento di un elenco che doveva avvenire nel 2004, quindi dobbiamo veramente fare tutto il prima possibile.

  MARIA AMATO. Ringrazio tutte le associazioni. Più volte in contesti scientifici (io sono medico) mi è capitato di dire quanto fosse stata infelice la scelta della definizione «malattie rare» per identificare un gruppo eterogeneo di patologie messe tutte nello stesso calderone. Metterle tutte nello stesso calderone dà la falsa aspettativa a quelli che non conoscono il problema, quindi come comunicazione esterna, di un insieme come le miscellanee del libro, quelle che non si vanno a studiare se non c’è una esigenza specifica, e soprattutto l'immaginario collettivo si aspetta che ci sia una soluzione per tutto.
  Ricordiamo quanto male abbia fatto questa idea del calderone unico rispetto a Stamina, cioè pensare che un solo materiale potesse rispondere a patologie di una diversità incredibile.
  Intervengo però rispetto al discorso della parcellizzazione e delle regioni. Parlo contro l'interesse della mia regione, perché siamo in un piano di rientro ormai atavico, per cui è ovvio che i malati rari o le persone affette da patologie gravi non siano tutelate come in regioni non solo virtuose ma all'avanguardia. Non credo però che la statalizzazione o la centralizzazione del problema possa essere una risposta a un problema di base così eterogeneo.
  Vorrei piuttosto che lo Stato facesse quanto deve fare: determini e garantisca standard di assistenza per le diverse patologie, le descriva bene e dia istruzioni precise a medici e ad ospedali rispetto ai percorsi diagnostico-terapeutici già sperimentati e già affidabili, si occupi per i malati rari come per tutti gli altri che hanno un problema di inabilità o di disabilità grave dell'integrazione scolastica, che è diritto per tutti.
  Torniamo all'idea della persona piuttosto che delle differenti diversità, la persona con le sue differenze, con le sue diverse abilità, che deve essere comunque considerata persona e portata in un percorso assistito dalla scuola di crescita educativa e cognitiva.
  L'ISEE è un problema dello Stato e le problematiche legate al lavoro sono anche di diverse patologie. Mi viene da pensare a un bambino con medulloblastoma e a un bambino affetto da una forma di sarcoma Ewing importante. Il bambino va assistito, va portato nei centri che lo curano adeguatamente, tenuto fuori dal contesto scolastico, quindi che i diritti siano diritti per tutti: malati frequenti, malati rari, malati, persone, e questo è un problema legato allo Stato.
  Alle regioni va richiesto però un omogeneo standard minimo, in alcune regioni Pag. 12non è previsto neppure lo screening per la displasia cistica (l'Abruzzo è una di queste); per realizzare determinate risposte occorre avere fondi ad hoc che ora frequentemente vengono dalle associazioni di malati.
  È sempre compito dello Stato, ma le regioni sono l'istituzione spazialmente vicina, la parcellizzazione dovrebbe essere utilizzata per facilitare le informazioni e l'attuazione degli elementi di base. Il vero problema è quello della ricerca e anche questo è in capo allo Stato e l'Italia investe pochi fondi sulla ricerca, per cui cresciamo poco, possiamo esprimere dei bei cervelli e partecipare a ricerche di valenza europea e internazionale, ma servono i fondi, e non devono venire dalle associazioni, quindi viene da tutti noi la spinta per i fondi sulla ricerca, che è l'unico sistema che ci porta a una medicina moderna per tutti.

  GIULIA GRILLO. Un intervento veloce perché la collega Silvia Giordano ha detto già molto. Vorrei avere delle informazioni più puntuali su due aspetti. Quello dello screening ci ha colpito sia perché ci abbiamo lavorato con una proposta di legge della senatrice Taverna, sia perché nella proposta di LEA che deve essere discussa abbiamo notato che sono stati stanziati 138 milioni di euro per l'attività di prevenzione, per le vaccinazioni di pneumococco, meningococco e vaccino anti HPV e varicella.
  Nel conteggio che ha fatto il Ministro della salute si prevede un minore onere derivante dall'effetto delle vaccinazioni, con riduzione del numero dei malati, per 70 milioni di euro (spero che abbiano fatto questo conteggio sulla base di dati specifici).
  Per quanto riguarda lo screening specifico, nei nuovi LEA hanno introdotto lo screening neonatale per la sordità conteggiandolo in 6,7 milioni di euro, su cui poi non hanno fatto il calcolo dei minori oneri derivanti dalla prevenzione.
  Visto che i nuovi LEA dovranno essere approvati e dovranno passare anche da questo Parlamento, immaginiamo di cercare di spingere perché ci sembra doveroso intervenire con gli screening, per cui vorrei chiedere al dottor Bertoglio di aiutarci a identificare gli screening più importanti in termini di prevenzione e quindi di costi economico-sociali oltre che emotivi della famiglia sui quali possiamo spingere magari anche in correlazione con quanto avviene in altri Paesi europei.
  In questo modo potrebbe aiutare tutta la Commissione, perché ci vuole l'avallo della maggioranza e l'impulso di tutte le forze politiche, quindi nella relazione che ci invierà le chiederemmo di inserire anche questo dato.
  Nell'intervento di Cittadinanzattiva mi ha colpito un aspetto che rilevo anche in altre situazioni sulle campagne di comunicazione, perché voi avete detto che le campagne di prevenzione del Ministero rispetto alle malattie rare non sono efficaci poiché non coinvolgono i medici, i pediatri, i pazienti e le associazioni.
  Mi chiedo quindi chi coinvolgano e se ci possiate segnalare quali sono, perché effettivamente molta prevenzione si fa con la comunicazione e considerando i risultati non sembrerebbe fatta bene. Se poteste citare l'esempio di qualche campagna che considerate inefficace, ci potrebbe essere utile per poter intervenire.

  SILVIA GIORDANO. Volevo chiedere solo un chiarimento a Cittadinanzattiva. Quando avete parlato dei registri non ho capito bene quali fossero le problematicità.

  PRESIDENTE, Darei la parola alle associazioni per una breve replica.

  SABRINA NARDI, Vice coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva. Rispondo in maniera puntuale alle richieste ed esprimo poi qualche considerazione su come monitorare l'attuazione del Piano nazionale sulle malattie rare soprattutto nel ruolo delle organizzazioni dei cittadini e dei pazienti.
  Rispetto alle campagne di comunicazione c’è un tema importante che riguarda Pag. 13l’empowerment e la consapevolezza che l'adulto che non può essere considerato come un contenitore vuoto da riempire, ma deve essere considerato come un soggetto attivo, quindi la comunicazione è importante ma da sola non basta.
  Abbiamo fatto uno studio su un tema diverso, che riguardava la prevenzione delle patologie cardio e cerebrovascolari e ci sono dei modelli di prevenzione che sono assolutamente diversi: cercare di formare solo i professionisti, quindi medici di famiglia e pediatri di libera scelta, con i limiti che questo comporta, e riguarda prevalentemente le regioni in piano di rientro, che stanno facendo un grande sforzo ma ancora questo non si vede in termini di risposta da parte di pazienti.
  Le regioni non in piano di rientro, quelle considerate tendenzialmente virtuose, hanno completato questo passaggio e stanno facendo delle campagne di coinvolgimento della popolazione; quindi comunicazione ma anche laboratori, gruppi di cammino, e lì si vedono dei risultati nella visione che si ha della persona come un soggetto attivo, che deve interagire.
  Questo può essere un limite delle campagne di comunicazione, che servono ad attenzionare ma poi devono trovare un seguito in termini di attivazione della persona. Ci sono state esperienze di successo in passato che hanno prodotto dei risultati, ma poi la comunicazione deve essere continuativa nel tempo, l'abbiamo visto rispetto al tema dell'HIV che ha avuto una certa attenzione per un periodo di tempo, ma poi è scemata e stanno aumentando le infezioni da HIV.
  Lo abbiamo fatto come sperimentazione sul tema dell'uso corretto dei farmaci e dei farmaci equivalenti con una campagna massiccia che ha coinvolto tanto le organizzazioni dei cittadini quanto i professionisti, ha portato dei primi risultati ma poi ha avuto una battuta d'arresto forse perché l'investimento non è proseguito nel tempo, quindi continuità degli investimenti e non solo una campagna di comunicazione spot, sebbene ce ne sia bisogno ma bisogna intercettare anche tutti gli ambienti in cui la comunicazione deve partire, soprattutto le scuole.
  Rispetto alle questioni citate del Titolo V, noi abbiamo un osservatorio civico sul federalismo in sanità perché ci rendiamo conto che ci sono delle differenze tra regioni, il che vuol dire che l'organizzazione è differente. Purtroppo, però, ci rendiamo conto che questo ha generato delle discriminazioni soprattutto rispetto a quelle regioni che non hanno una capacità, non solo economica, e hanno difficoltà ad organizzare meglio il servizio.
  Il tema degli screening ne è un esempio, perché oggi ci troviamo di fronte a una regione Toscana che dal 2004 effettua screening neonatali su 40 tipi di malattie metaboliche e a regioni come il Lazio in cui, se sei nel Policlinico Umberto I o in un centro che ruota attorno a questo, puoi aver diritto allo screening, se sei fuori ignori questa opportunità.
  Questo è un tema importante, per cui guardare all'estero va bene, ma possiamo guardare anche in casa perché delle esperienze positive ci sono.
  Rispetto al tema dei registri e delle differenze regionali ricordo che quando è stato emanato il decreto n. 279 del 2001 sono proliferati i centri regionali e interregionali di riferimento, talvolta con il paradosso di avere più centri di riferimento di persone affette da quella materia patologia rara, effetto assurdo del federalismo perché ognuno ha cercato di organizzarsi rispetto ai centri di riferimento.
  Il Piano nazionale delle malattie rare ci consente di tornare indietro rispetto a questo, per cui si dice che i centri di expertise (così vengono indicati) devono essere oggetto di monitoraggio e rispondere ad alcuni criteri molto chiari.
  È importante anche il ruolo che riconosce alle organizzazioni di pazienti, perché un centro si può considerate esperto se risponde anche dal punto di vista di pazienti, e dice esattamente quanto vi leggo: «rispetto ai centri gli expertise nel processo di valutazione continua della qualità dell'assistenza di tali strutture le Pag. 14regioni potranno acquisire il parere delle associazioni dei malati e potranno proporre programmi di valutazione esterna di qualità anche mediante audit esterni».
  Il vulnus che noi vediamo è nel «potere», per cui è una facoltà, ma è evidente che qui le organizzazioni di cittadini e di pazienti hanno un ruolo importante, perché questo potere deve diventare dovere, dobbiamo mettercela tutta e abbiamo anche degli strumenti per farlo, perché esistono delle esperienze consolidate di valutazione partecipata di servizi e Cittadinanzattiva ne ha messo a punto uno che si è consolidato nel tempo, ha avuto dei riconoscimenti istituzionali a livello italiano ed europeo, che è l'audit civico, una forma di valutazione partecipata dei servizi sanitari. Lo abbiamo sperimentato con un ciclo di audit nella distrofia di Duchenne e Becker.
  Crediamo che questa indicazione sia utile per fare in modo che i cittadini possano partecipare in maniera competente e cambiare le cose, perché la partecipazione formale a tavoli di lavoro così come è prevista non basta, sedersi attorno a un tavolo non serve se il processo che ha portato all'individuazione di quel soggetto non è reso trasparente.
  Oltre al tema della rappresentanza, nelle patologie rare c’è anche il tema della rilevanza.
  Posso essere il rappresentante di un'associazione che ha tre persone affette da patologia rara, ma avere molto da dire, quindi probabilmente qui c’è anche il tema di estendere delle forme più coinvolgenti, per esempio le consultazioni dei cittadini, ma anche capire cosa si fa delle informazioni e di quelle evidenze che organizzazioni di pazienti portano nei tavoli di lavoro.
  Questo purtroppo ancora non rientra nella nostra consuetudine, quindi facciamo sedere le persone attorno a un tavolo, ma cosa sia stato accettato e cosa sia stato respinto e perché purtroppo non si sa; questo sarebbe il modo vero di fare partecipazione e di consentire di contare effettivamente e portare delle evidenze dal punto di vista delle persone, e processi tipo Health Technology Assessment in questo sono molto chiari e avanzati dal nostro punto di vista, quindi dovrebbero essere anche replicati (ovviamente con i dovuti distinguo) in altri contesti. La partecipazione deve arrivare a monte, durante e a valle del processo, anche nella valutazione del miglioramento continuo.
  Rispetto ai registri c’è un problema piuttosto diffuso nel nostro Paese, quello della comunicabilità dei vari sistemi, quindi chi è più avanti ha fatto i suoi registri, si è dato una serie di codici, identifica le patologie in un certo modo.
  Il Centro nazionale malattie rare sta cercando di far confluire tutto in un registro unico, in alcuni casi le associazioni di pazienti investono dei soldi nei propri registri, ma poi la comunicazione tra loro diventa un problema, quindi la messa a sistema è importante così come anche evitare che associazioni molto piccole spendano soldi che potrebbero essere investiti in maniera diversa sia nella ricerca, sia nell'individuazione di caratteristiche comuni tra le patologie.
  Questo è il ruolo della ricerca, in particolare della ricerca indipendente, che in passato è stata oggetto anche di interrogazioni parlamentari, quindi è un tema che ci sta a particolarmente a cuore.
  L'ISEE è una partita tutta da giocare, perché con le sentenze del TAR alcuni dei criteri con i quali si andava a determinare l'indicatore della situazione economica equivalente sono venuti meno, in quanto erano considerati fonte di reddito l'invalidità civile, l'accompagnamento, ma anche i contributi per l'abbattimento delle barriere architettoniche nelle case.
  Questo fortunatamente è stato messo in discussione da sentenze del TAR, quindi abbiamo una grande opportunità per migliorarlo e per tenere in considerazione i costi diretti e indiretti di cui le famiglie si fanno carico.
  Questa sarà una delle attività centrali delle celebrazioni dei 35 anni di attività del Tribunale per i diritti del malato, perché è fortemente impattante e perché Pag. 15le persone prima di essere malate sono persone, ed è importante che questo venga considerato adeguatamente.
  Spero di aver toccato tutti i punti, lasciamo qui tutte le evidenze, le scuole che presentano barriere (ne abbiamo monitorate 165 e abbiamo evidenziato le aree più problematiche), siamo fortemente impegnati su questo tema e siamo ovviamente sempre a disposizione.

  FLAVIO BERTOGLIO, Presidente della Consulta nazionale delle malattie rare (CNdMR). Sarò rapidissimo perché vorrei lasciare la parola alla mia collega su due punti. Con l'allora Ministro Fazio, onorevole Grillo, e il più volte citato Comitato nazionale malattie rare, dove è prevista anche la presenza delle associazioni di pazienti facemmo un conteggio di 80 milioni di euro perché venisse coperto il tema dello screening (sto parlando delle malattie che avevano una terapia nel 2012).
  Il malato raro deve essere fortunato dove nasce, perché purtroppo lo stato dell'arte dal punto di vista della sanità è questo, non è purtroppo una battuta ma è un dato oggettivo, anche perché nelle varie regioni, come accennava prima la collega di Cittadinanzattiva, dobbiamo fare pulizia di questi centri fantasma autoreferenziali che non hanno mai visto un paziente malato raro di quella malattia rara della quale dicono di essere centro di eccellenza.
  Ci auguriamo che il Piano nazionale malattie rare una volta attuato corregga alcune criticità, non lo può fare per tutte ma può almeno migliorare la qualità della vita correggendone alcune. L'ISEE deve essere sul disabile e non sulla famiglia per un principio molto semplice: dare pari dignità a un malato raro, disabile grave, e a una persona normodotata, quindi la famiglia non c’ entra nulla e l'ISEE deve essere sul disabile, ovviamente non andando a considerare le provvidenze che servono a garantirgli pari dignità.
  Chiudo ringraziando tutti e lasciando la parola alla collega Andrao.

  ASSIA ANDRAO, Segretaria della Consulta nazionale delle malattie rare (CNdMR). Le motivazioni per cui le associazioni fanno propri registri è che lo scopo dei registri è quello non solo di elencare il numero dei pazienti e le patologie, ma anche di individuare i dettagli di queste patologie, perché così le persone e i centri che fanno ricerca possono prendere informazione da questi registri per poter poi rivolgere la loro attenzione su alcuni aspetti della ricerca piuttosto che su altri.
  Per le patologie che hanno una complicanza di tipo genetico in cui coinvolgono più di 100 geni, se noi non andiamo a individuare il tipo di mutazione genetica di quella persona che potrebbe essere diversa da tutte le altre, non potremo aiutare le persone sulle quali fare un trial clinico. Ognuna delle nostre associazioni realizza un proprio registro per scopi di questo tipo, non perché non vada d'accordo con il registro nazionale, ma l'importante è trovare un sistema di comunicazione anche a livello internazionale, in modo che per i trial clinici sulle malattie rare possano trovare nei nostri registri le persone alle quali rivolgersi per il reclutamento.
  Sostengo fortemente il discorso della ricerca e anni fa abbiamo fatto un'indagine da cui risultava che le associazioni dei pazienti avevano finanziato la ricerca più dello Stato. Questa mi sembra una cosa da sottolineare.
  Il problema del Titolo V è che molti dei pazienti che non trovano accoglienza per la loro patologia all'interno della propria regione migrano nelle altre, quindi i nostri pazienti girano per le varie regioni nella speranza di trovare (le informazioni girano su Facebook in maniera incontrollata) la soluzione dei loro problemi.
  Anche sul problema della diagnostica genetica le istituzioni devono farsi carico delle linee guida dei centri dove fanno diagnostica molecolare, perché altrimenti io vado a farmi l'indagine del DNA nel laboratorio più vicino. Questi sono i grossi problemi che vediamo gravare sulle spalle Pag. 16dei nostri pazienti, che girano e creano problemi di diagnosi genetica.

  PRESIDENTE. Si conclude qui la prima delle audizioni della nostra indagine conoscitiva, ringrazio i nostri ospiti e i colleghi della Commissione che hanno partecipato all'audizione anche con domande.
  I nostri ospiti produrranno una memoria che poi trasmetteremo ai membri della Commissione e ci potrà essere di aiuto per approfondire i temi oggetto dell'audizione. Nel ringraziare i nostri ospiti, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.45.