XVII Legislatura

XII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Martedì 5 agosto 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUL RUOLO, L'ASSETTO ORGANIZZATIVO E LE PROSPETTIVE DI RIFORMA DELL'ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ (ISS), DELL'AGENZIA ITALIANA DEL FARMACO (AIFA) E DELL'AGENZIA NAZIONALE PER I SERVIZI SANITARI REGIONALI (AGE.NA.S.).

Audizione del presidente e del direttore generale facente funzione dell'Age.Na.S.
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 3 
Iachino Achille , Direttore generale facente funzione dell'Age.Na.S ... 3 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 3 
Iachino Achille , Direttore generale facente funzione dell'Age.Na.S ... 3 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 7 
Bissoni Giovanni , Presidente dell'Age.Na.S ... 7 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 9 
Miotto Anna Margherita (PD)  ... 9 
Binetti Paola (PI)  ... 10 
Calabrò Raffaele (NCD)  ... 12 
Amato Maria (PD)  ... 14 
Baroni Massimo Enrico (M5S)  ... 17 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 18 
Bissoni Giovanni , Presidente dell'Age.Na.S ... 19 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 19 
Bissoni Giovanni , Presidente dell'Age.Na.S ... 20 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 25 
Iachino Achille , Direttore generale facente funzione dell'Age.Na.S ... 26 
Bissoni Giovanni , Presidente dell'Age.Na.S ... 27 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 27

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: (NCD);
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Libertà e Diritti-Socialisti europei (LED): Misto-LED.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
PIERPAOLO VARGIU

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
   (Così rimane stabilito).

Audizione del presidente e del direttore generale facente funzione dell'Age.Na.S.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente dell'Age.Na.S., nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul ruolo, l'assetto organizzativo e le prospettive di riforma dell'Istituto superiore di sanità (ISS), dell'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) e dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Age.Na.S.).
  Ricordo che l'indagine di cui ci occupiamo questo pomeriggio è stata deliberata il 24 luglio scorso e che finora si sono svolte due sedute con le audizioni del commissario straordinario e del direttore generale dell'Istituto Superiore di Sanità e del direttore generale di AIFA.
  Nella seduta odierna, è prevista l'audizione dei rappresentanti di Age.Na.S., che sono informati ovviamente dei contenuti di nostro interesse. Porgo, quindi, il benvenuto mio e della Commissione al presidente, dottor Giovanni Bissoni, e al direttore generale reggente, dottor Achille Iachino, ai quali do la parola per lo svolgimento dei loro interventi, chiedendo ovviamente – ma sanno perfettamente quanto la Commissione lo apprezzi – una sintesi nell'esposizione. Credo, inoltre, che ci sarà l'occasione di una seconda tornata di interventi in risposta alle domande che, immagino, arriveranno numerose dai colleghi componenti della Commissione.

  ACHILLE IACHINO, Direttore generale facente funzione dell'Age.Na.S. Buongiorno a tutti. Nella veste di direttore generale reggente, faccio una rapida introduzione, di natura tecnica, sull'attività di Age.Na.S.

  PRESIDENTE. Le chiedo scusa. Il dottor Bevere, che oggi inizia la sua attività presso Age.Na.S. – è colpa mia che ho dimenticato di darne notizia –, si scusa per non poter essere presente. È un'occasione molto particolare per il dottor Bevere, com’è facile comprendere.
  Ad ogni modo, oltre alla qualificata rappresentanza oggi in Commissione, egli garantisce ogni sua disponibilità alla collaborazione ai nostri lavori, anche prevedendo un suo eventuale incontro con la Commissione alla ripresa dei lavori dopo l'estate.
  Chiedo scusa. È stata colpa mia non aver dato comunicazione di questa notizia.
  Prego, dottor Iachino.

  ACHILLE IACHINO, Direttore generale facente funzione dell'Age.Na.S. Come dicevo, svolgerò una rapida introduzione di natura tecnica sul ruolo e le attività di Age.Na.S., che è un ente pubblico, non economico, istituito nel 1993, con il decreto legislativo n. 266, e che svolge un'attività di raccordo tra lo Stato e le regioni per quello che riguarda lo sviluppo e Pag. 4l'elaborazione di politiche finalizzate allo sviluppo e all'innovazione del sistema sanitario regionale.
  Per quanto riguarda la governance dell'Agenzia, abbiamo il presidente del Consiglio di amministrazione, il Consiglio di amministrazione e il Collegio dei revisori dei conti. I membri durano in carica quattro anni e sono scelti tra soggetti di comprovata esperienza e professionalità nel campo del diritto sanitario, organizzazione e programmazione dei servizi sanitari. La rappresentanza legale è del presidente che convoca il Consiglio di amministrazione, lo presiede, vigila sull'esecuzione delle delibere, rende i pareri richiesti e sovrintende al complesso di attività dell'Agenzia, anche attraverso l'acquisizione di documenti sullo stato di attuazione dei progetti.
  Dal punto di vista amministrativo, invece, il vertice è rappresentato dal direttore generale, anch'esso scelto tra soggetti che hanno le competenze di cui dicevo prima e ha tutta la competenza in materia gestionale e amministrativa, quindi per tutto quello che concerne attività importanti quali possono essere la redazione e l'esecuzione del bilancio, il conto consuntivo, l'esecuzione dei progetti che vengono approvati dal Consiglio di amministrazione e tutta la gestione della parte relativa all'attività dei dirigenti, quindi l'assegnazione degli obiettivi, la valutazione dei dirigenti con l'assegnazione delle risorse umane e finanziarie che possono servire allo svolgimento dell'attività delle diverse aree funzionali in cui l'Agenzia è articolata, come vedremo rapidamente.
  In questo contesto, gli obiettivi prioritari che l'Agenzia si pone, nell'ambito delle indicazioni più ampie fornite dalla Conferenza Unificata, sono quelli di svolgere attività di ricerca e studio nel campo del management sanitario, nello sviluppo di nuovi modelli gestionali per il sistema sanitario regionale, il supporto tecnico-operativo alle politiche tanto del Governo quanto delle regioni e, in generale, all'organizzazione e all'erogazione delle prestazioni sanitarie.
  Per svolgere questa attività, l'Agenzia si è organizzata – mediante uno statuto e un regolamento, approvati di recente dal Ministero vigilante, ossia il Ministero della salute, e dopo una serie di incontri tecnici che hanno visto il coinvolgimento anche del Ministero dell'economia e dell'IGOP (Istituto giuridico opere pubbliche) –, con riferimento al personale, in aree funzionali che hanno competenze in settori specifici, quali l'innovazione e la sperimentazione e sviluppo. In questo contesto, c’è tutta la competenza di Age.Na.S. in materia di health technology assessment (HTA) e horizon scanning, LEA (quindi, il monitoraggio della spesa sanitaria), monitoraggio costi e tariffe del sistema sanitario, organizzazione dei servizi sanitari, qualità e accreditamento, piani di rientro ed educazione continua in medicina, quindi tutta la parte dell'ECM, e poi l'attività più amministrativa, che è quella della gestione delle risorse umane e del bilancio.
  Quanto all'attività di monitoraggio, che ha un ruolo importante, laddove è finalizzata a valutare i diversi servizi sanitari e a capire quali possono essere le criticità, va detto che il Ministero della salute si avvale di Age.Na.S. per il monitoraggio e l'analisi della spesa sanitaria in rapporto alle prestazioni erogate e alle variabili che la influenzano, quindi la qualità, l'efficienza e l'equità dei sistemi. Questo monitoraggio avviene ovviamente sulla base di valutazioni documentali. Pensiamo ad esempio ai provvedimenti in materia economico-gestionale o a tutti i dati che vengono rilevati ad esempio dal conto annuale.
  Tale attività consente di avere un'analisi dell'andamento e della distribuzione della spesa sanitaria e, nella stessa ottica, avviene l'osservazione dei livelli essenziali di assistenza, cioè un monitoraggio costante effettuato in ragione della necessità di garantire l'equità e l'uniformità dell'erogazione dei LEA.
  Nell'ambito di questa attività di monitoraggio, rientra il programma nazionale di valutazione esiti (PNE). Il PNE è un'attività Pag. 5istituzionale che Age.Na.S. svolge, ma per conto del Ministero della salute. C’è un'attività in questo contesto di collaborazione con le regioni circa le prestazioni che vengono erogate dalle strutture ospedaliere pubbliche e private che serve a valutare, a supporto di programmi di audit clinico e organizzativo, l'efficacia e l'equità del sistema sanitario.
  Inoltre, su mandato della Conferenza Unificata, l'Age.Na.S. promuove lo sviluppo del processo di empowerment, inteso come l'indice di soddisfazione e valutazione da parte dei cittadini dei servizi per la salute e di partecipazione consapevole alle decisioni che riguardano la salute degli stessi.
  Per quanto riguarda l'organizzazione dei servizi sanitari, Age.Na.S. opera avendo ben presente la necessità di individuare modelli organizzativi che siano funzionali a spostare, per quanto compatibile con le singole realtà, il baricentro dall'ospedale al territorio e alla prevenzione. In questo contesto, l'Agenzia ha un ruolo, così come stabilito dalla Conferenza Unificata, di supporto tecnico-operativo alle politiche di governo condivise tra Stato e regioni per lo sviluppo e la qualificazione del servizio sanitario nazionale. Più in dettaglio, diciamo che Age.Na.S. svolge attività di affiancamento alle regioni per definire i piani sanitari regionali, l'analisi delle attività di emergenza e ospedaliera, per proporre, laddove se ne ravvisi la necessità, una riorganizzazione delle stesse.
  Per quanto attiene, invece, al settore qualità e accreditamento, l'attività dell'Age.Na.S. parte da un presupposto concettuale e cioè che, in particolare negli ultimi anni, ma in generale da un periodo di tempo abbastanza considerevole, si è sempre più diffusa, in Italia, ma anche e soprattutto a livello internazionale, l'idea e la consapevolezza che l'organizzazione dei servizi sanitari debba avere come fondamento principale la garanzia, la promozione della qualità e la sicurezza dei servizi. In questo campo, l'Agenzia svolge attività di studio di tecniche, modalità e strumenti, riproducibili e comparabili, che poi dovranno consentire la valutazione e il monitoraggio della qualità nelle varie dimensioni, quale può essere quella tecnico-professionale, quella organizzativa e quella percepita.
  In questo contesto, Age.Na.S. svolge attività di studio e ricerca per l'implementazione dei programmi regionali di accreditamento e dei sistemi aziendali di valutazione e promozione della qualità.
  A supporto delle strategie regionali e aziendali per lo sviluppo e la qualificazione del sistema sanitario nazionale, Age.Na.S. svolge un'attività di monitoraggio e valutazione della qualità, della sicurezza e dell'efficienza, dell'equità dei servizi e dell'appropriatezza delle cure erogate attraverso l'osservatorio delle buone pratiche per la sicurezza dei pazienti.
  Passando all'area dell'innovazione, della sperimentazione e dello sviluppo, Age.Na.S. ha, nell'ambito dei propri compiti istituzionali, anche lo studio delle sperimentazioni gestionali, cioè quelle forme di collaborazione pubblico-privato che sono finalizzate a svolgere, in maniera integrata, opere e servizi che dovrebbero migliorare il sistema. L'analisi che Age.Na.S. fa di queste sperimentazioni gestionali serve ovviamente a individuarne punti di forza e criticità, laddove si riscontrino, proponendo delle possibili soluzioni.
  Un'altra azione particolarmente importante che viene svolta da Age.Na.S. è quella che riguarda la promozione e lo sviluppo di attività di supporto alle regioni. Questo vale in maniera particolare per le regioni che sono in piano di rientro o che ne sono uscite, e quindi hanno presentato dei programmi operativi, o che sono in fase di superamento della situazione di deficit sanitario che le ha portate in piano di rientro o, invece, le regioni che hanno una situazione deficitaria e stanno per essere sottoposte alla misura del piano di rientro. L'attività in questione viene svolta dall'Age.Na.S. anche in virtù di atti convenzionali con il Ministero della salute che rientrano nell'ambito del sistema nazionale di verifica e controllo sull'assistenza Pag. 6sanitaria (il SiVeAS, così come viene solitamente chiamato). Qui Age.Na.S. sviluppa questa azione di affiancamento alle Regioni mediante attività abbastanza articolate, nel senso che supporta le regioni deficitarie per l'attuazione dei piani di rientro. Vi è un'analisi circa le ragioni che hanno portato ai deficit e che hanno poi causato l'entrata in piano di rientro, a cui segue una valutazione delle criticità e la proposta di modelli organizzativi e soluzioni per superare questo stato deficitario.
  Due grosse macroaree rientrano in questa attività e sono: l'elaborazione di proposte di procedure e modelli di governance regionali e aziendali strumentali al superamento delle criticità individuate, e poi l'individuazione e l'utilizzo, attraverso procedure di audit, di esperti o di gruppi di lavoro che affiancano le regioni.
  Un'ulteriore attività svolta da Age.Na.S. è quella dell'educazione continua in medicina, l'ECM, che consiste in un'azione priva di obiettivi di natura politica circa la formazione o su come essa debba essere orientata. Si tratta di un'attività di natura gestionale, amministrativa in quanto Age.Na.S. è sede della Commissione nazionale ECM, ossia l'organo composto da rappresentanti delle regioni, delle professioni e del Ministero della salute, che dà le indicazioni operative eseguite successivamente da Age.Na.S. dal punto di vista gestionale.
  Le attività fondamentali in ambito ECM sono l'accreditamento dei provider, cioè i soggetti che vengono legittimati ad erogare la formazione che i professionisti sanitari obbligatoriamente devono compiere, e la verifica, successiva all'accreditamento, dell'attività che viene svolta dai provider. Tale verifica riguarda sia la loro struttura che la qualità degli eventi che propongono anche con attività di natura ispettiva.
  Tutte le regioni ormai hanno dei sistemi ECM regionali, ma dieci regioni hanno scelto di convenzionarsi con Age.Na.S. per farsi affiancare in questa attività e in particolare per poter utilizzare la piattaforma informatica che Age.Na.S. usa ormai da diversi anni. Per l'attività interna, c’è una struttura che si occupa delle risorse umane, dell'organizzazione e del bilancio, quindi di tutte le attività di natura sindacale e amministrativa.
  Dal punto di vista delle risorse finanziarie, Age.Na.S. ha essenzialmente due fonti di finanziamento. Una è quella istituzionale e riguarda i trasferimenti che vengono dal Ministero della salute che, dopo i recenti interventi normativi, ammontano a poco più di 3 milioni di euro l'anno. L'altra fonte di finanziamento di Age.Na.S. è costituita dagli introiti che derivano dal sistema di educazione continua in medicina, perché i provider per essere accreditati pagano un contributo alle spese annuale, più un contributo alle spese molto ridotto, di circa 200 euro, per ogni evento che viene organizzato. Questo ulteriore introito ovviamente non è determinabile a priori e varia di anno in anno, a seconda delle istanze di accreditamento o degli eventi che vengono organizzati, ma si attesta mediamente intorno ai 12 milioni di euro l'anno. Questo consente ad Age.Na.S. di svolgere le attività di cui ho parlato brevemente e che le norme, anche introdotte di recente, continuano ad assegnarle.
  Da questo punto di vista – e concludo per quanto riguarda la mia introduzione –, anche il Patto per la salute, con la previsione di cui all'articolo 12 e quella di cui all'articolo 28, ha recentemente assegnato ad Age.Na.S. compiti ulteriori che si riferiscono in particolare all'area a cui facevo cenno prima, ossia quella di supporto e di affiancamento alle regioni. Si tratta di compiti particolarmente rilevanti, perché per garantire un maggiore coordinamento e una maggiore incisività delle azioni che devono essere poste in essere per raggiungere gli obiettivi previsti dal patto si prevede che la specifica funzione di affiancamento alle regioni in piano di rientro sia svolta dal Ministero della salute, avvalendosi, in maniera sempre più incisiva, del supporto tecnico-operativo dell'Age.Na.S.
  Si stabilisce, in particolare, che Age.Na.S. realizzi uno specifico sistema di monitoraggio, Pag. 7analisi e controllo dell'andamento dei singoli servizi sanitari regionali che consenta di rilevare, in maniera preventiva, l'insorgere di scostamenti significativi rispetto a quanto dovrebbe essere svolto nell'ambito dei diversi sistemi per prevenire eventualmente criticità che possano portare ai piani di rientro.
  Inoltre, sempre l'articolo 28 del patto prevede che Age.Na.S. abbia uno specifico ruolo nell'attività di monitoraggio sia dell'attuazione, sia delle misure di revisione della spesa sanitaria. In questo contesto, si prevede che, presso Age.Na.S., sia istituito un tavolo tecnico interistituzionale permanente a cui il patto affida il compito di monitoraggio e vigilanza sull'attuazione di tutti i provvedimenti del patto e sulle misure di revisione della spesa, ovviamente limitate al settore sanitario, con la partecipazione delle regioni.
  Dunque, in estrema sintesi questo è il ruolo che Age.Na.S. svolge dal punto di vista tecnico in base alla normativa vigente.

  PRESIDENTE. La parola adesso al presidente Bissoni.

  GIOVANNI BISSONI, Presidente dell'Age.Na.S. Nell'illustrazione del dottor Iachino si colgono tantissimi titoli, direi tutto il supporto di cui avrebbe bisogno un Servizio sanitario nazionale come il nostro, ma in realtà ci sono anche alcuni aspetti piuttosto critici in questo sostegno. Elenco alcune delle situazioni più critiche.
  In primo luogo, i titoli ci sono, ma spesso sono funzioni genericamente richiamate che non sono esclusive, né prevalenti, né indicano la diversificazione fra le attività delle varie agenzie, e non ultimo anche nel rapporto fra le agenzie e il Ministero, che per alcuni aspetti è ancora sede di attività gestionali amministrative, e per altri versi è sede di funzioni proprie di governo del sistema.
  Le agenzie – e penso che così debba essere –, salvo casi specifici previsti per legge, non hanno compiti decisionali. È chiaro che AIFA, nel momento in cui le venne assegnata la responsabilità del governo del sistema del farmaco e autorizza un farmaco, svolge un compito che esaurisce in sé l'intera funzione. Molto spesso, invece, le agenzie sono soprattutto soggetti che promuovono conoscenza, producono informazioni e fanno proposte. Evidentemente, però, la conclusione è nelle decisioni che assume in merito il livello politico istituzionale.
  Come ripeto, salvo i casi specifici previsti e disciplinati per legge, le nostre agenzie hanno sostanzialmente risentito di questa situazione difficile e complicata dal punto di vista della governance nazionale del sistema. Il patto che è stato chiuso in questi giorni fra il Governo e le regioni penso che cambi questo riferimento in senso positivo, almeno nelle premesse.
  Partendo da questi anni di federalismo, con la registrazione delle criticità, oltre che dei punti positivi – per criticità, penso ad esempio all'omogeneità dei livelli essenziali di assistenza nel Paese, o al funzionamento dei piani di rientro –, vi è stata una perdita di ruolo e autorevolezza del Ministero della salute e una contemporanea acquisizione di autorevolezza da parte del MEF, attraverso il controllo della spesa. Ecco, questa situazione, unita alla debolezza di alcune regioni, ha prodotto quello che normalmente chiamiamo le venti sanità, anche se – è un punto su cui insisto molto spesso – mi chiedo se sia un vero problema quello della diversità organizzativa gestionale fra la Lombardia, il Veneto, l'Emilia e la Toscana.
  A mio parere, il reale problema non è tanto quello dell'esistenza delle venti sanità, quanto quello delle due sanità: del centronord e del centrosud. Questa è la vera difficoltà della disomogeneità nell'accesso ai livelli essenziali di assistenza.
  Se andiamo a vedere la valutazione che viene fatta annualmente, osserviamo che regioni con sistemi organizzativi e gestionali diversi sono in grado di rispettare i livelli essenziali di assistenza; mentre regioni con omogeneità di sistemi organizzativi e gestionali non riescono a rispettarli.Pag. 8
  Mi sembra che il patto annunci una scelta giusta da questo punto di vista; lo dico perché tale aspetto riguarda la vita futura delle agenzie. La scelta giusta è che c’è bisogno di politiche sanitarie nazionali più incisive per tutti, anche per le regioni forti. Le sfide che la sanità ha davanti non si vincono in una sola regione. Faccio degli esempi in merito. Per alcune funzioni alte, come il technology assessment; è pensabile avere le risorse in venti regioni per organizzare venti sistemi autonomi ? Non sarebbe invece necessaria una funzione nazionale alta, seppure svolta in rapporto e in collaborazione con le regioni ?
  Molto spesso si ragiona di modalità diverse di acquisizione dei beni e servizi. Parlo dei famosi prezzi di riferimento. Ebbene, le regioni che sono in grado di produrre capitolati d'appalto capaci di creare competizione fra i vari soggetti produttori di dispositivi medici hanno dei risultati. Tuttavia, sono poche le regioni in grado di produrre capitolati d'appalto di quella natura e che sanno mettere insieme prezzo e qualità del prodotto acquisito. È una funzione che sicuramente dobbiamo sostenere e sviluppare in sede nazionale; e penso al problema della ricerca. Tutti abbiamo bisogno di politiche sanitarie nazionali, senza che le stesse si trasformino automaticamente in processi neocentralistici che sarebbero estranei alla storia del Servizio sanitario nazionale.
  Peraltro, il discorso mi sembra anche coerente con la discussione che si sta facendo sulla riforma costituzionale, in particolare del Titolo V. Questo nuovo sistema di governance nazionale che prefigura il patto per la salute ha indubbiamente bisogno di salvaguardare quello che abbiamo acquisito in questi anni. La presenza forte del MEF nell'ambito del controllo dei costi, che hanno visto in sanità un percorso positivo, è un patrimonio che bisogna salvaguardare. La garanzia dei costi, però, non è l'obiettivo finale dell'attività di monitoraggio e valutazione complessiva, né tantomeno dei piani di rientro che hanno al loro centro il tema della garanzia dei livelli essenziali di assistenza.
  Parliamo allora di centralità del Ministero della salute, di centralità delle politiche sanitarie per garantire omogeneità dei LEA, monitoraggio e valutazione, ricerca non solo biomedica e sostegno all'innovazione. Da questo punto di vista, l'infrastruttura tecnico-scientifica che deve sostenere tale nuova fase non può che derivare da una riorganizzazione delle agenzie nazionali, siano esse AIFA, Istituto superiore di sanità o Age.Na.S.
  Ad ogni modo, perché questo processo sia capace di incidere e non sia, come spesso succede, l'aggiunta di funzioni a un vecchio che si mantiene, occorre una rilettura delle funzioni nazionali utili a questo disegno. C’è bisogno di una loro riaggregazione e riassegnazione, secondo un concetto di esclusività, quando è necessario, di prevalenza o di referenza e serve anche una riallocazione delle risorse.
  Da questo punto di vista, Age.Na.S. in questo momento non ha problemi di bilancio, né di risorse umane. Tuttavia, dovremmo affrontare il piano e il confronto delle prossime settimane, ricordando che il patto assegna molte funzioni ad Age.Na.S. sul tema del monitoraggio, della valutazione, del sostegno all'innovazione e dei piani di rientro e dovremmo considerare anche che Age.Na.S., pur avendo una forte attenzione a rapporti di collaborazione con le regioni, e rapporti di contratti a progetto con singoli professionisti, ha una struttura in sé molto debole.
  Come ripeto, il problema è quello di procedere a una rilettura delle funzioni necessarie, a una loro riallocazione e soprattutto occorre avere consapevolezza del fatto che dobbiamo lavorare assieme. Faccio alcuni esempi rapidissimi e chiudo. Un'attività seria e rigorosa di monitoraggio e valutazione ha bisogno che succedano alcune cose.
  A questo proposito, penso all'interconnessione delle banche dati che stiamo attendendo da due anni, nonostante la spending review del Governo Monti. Ebbene, senza questa riorganizzazione delle banche dati è difficile fare un'azione seria di monitoraggio. Se si deve espandere Pag. 9l'attività del piano nazionale esiti anche al territorio e bisogna valutare il percorso di un paziente cronico, è difficile farlo se il paziente ha un'identificazione quando è in ospedale perché quella banca dati appartiene al Ministero della salute, ma ha un'altra identificazione se va sul territorio, perché appartiene alla banca dati del Ministero dell'economia. Una volta stabilito che esiste un problema serio di esiti legati anche alle dimensioni dell'attività svolta, non basta sapere quanti interventi di chirurgia sono stati fatti in ospedale, ma è importante sapere quanti interventi sono stati fatti nelle singole unità operative.
  Insomma, dobbiamo riorganizzare un sistema, se vogliamo sviluppare le funzioni che il patto richiama.
  Come ripeto, tuttavia, dalla lettura di quel patto mi sembra che non solo la condivisione, ma anche una disponibilità concreta sia manifesta da parte del Ministero e anche da parte delle regioni. In questo senso, quindi, penso che davvero saremo di fronte a un riordino delle agenzie, che non è, come l'altra volta, un nuovo statuto che rimette chiarezza nei rapporti fra il presidente, il consiglio e il direttore, ma è un qualcosa di più significativo nella riorganizzazione di queste strutture che diventeranno inevitabilmente il sostegno tecnico-scientifico e la cerniera fra il Governo, i ministeri e le regioni, per ridare senso al nostro Servizio sanitario nazionale.

  PRESIDENTE. Ringrazio molto i nostri ospiti di Age.Na.S. che ci hanno dato un iniziale spaccato del ruolo che attualmente Age.Na.S. riveste e anche di quella che può essere la mission, consolidata o da consolidare, dell'Agenzia stessa.
  Immagino che, rispetto alle considerazioni da loro svolte, ci siano diverse curiosità da parte dei colleghi. Ce ne sono anche da parte mia, ma le lascio per ultime.
  La parola a Margherita Miotto.

  ANNA MARGHERITA MIOTTO. In verità, se questa audizione fosse stata collocata all'inizio dei lavori probabilmente ci avrebbe aiutato – ma lo possiamo dire solo a posteriori – a porre alcuni interrogativi anche alle altre agenzie. In ogni caso, questo non significa che faremo mancare una modalità per ottenere risposta ad alcuni interrogativi che proprio dall'audizione di oggi emergono.
  Il primo di tali quesiti è il seguente. Siamo alla vigilia della modifica del Titolo V. Al presidente non sfugge assolutamente, ne sono sicura, la circostanza per cui tale modifica comporta l'esigenza di calibrare un eventuale riordino delle agenzie sulla base del nuovo profilo delle funzioni che la Costituzione assumerà. Immagino che Age.Na.S. si stia preparando a questa eventualità.
  Al di là del Patto per la salute appena sottoscritto, credo sia necessario fare una riflessione sui quindici o venti anni che abbiamo alle spalle e dare un contributo per chiarire l'aspetto che il presidente ha sottolineato e che rappresenta una criticità, ossia quella dei venti sistemi sanitari. È importante che non ci siano venti criteri di esigibilità dei diritti. Questo è il punto. Sappiamo che in parte ciò avviene, tuttavia non penso che sia dovuto alla regionalizzazione o al modello federato della gestione della sanità – sarebbe molto peggio se il sistema fosse centralizzato secondo me –, ma credo che dipenda da altri fattori.
  Suppongo che svolgeremo questa discussione fra qualche settimana, appena ci arriverà il testo della riforma costituzionale. Ad ogni modo, vorrei sapere come il presidente intende impostare un eventuale riordino.
  In secondo luogo, penso che sia utile riorganizzare i flussi informativi prima di pensare alle funzioni. Non occorre incontrare un direttore generale, ma basta parlare con un dirigente di uno dei settori delle oltre 400 quattrocento aziende sanitarie in Italia, per venire a sapere che le informazioni richieste da più soggetti sono spesso sovrapponibili, che questi soggetti, tutti nazionali, non parlano fra loro, e che non è solo un problema di collegamento Pag. 10delle banche dati. Magari si trattasse solo di questo. Conta anche l'utilizzo di queste informazioni.
  Non a caso, infatti, si leggono vari rapporti: l'ISTAT fa il suo, il CNR fa il suo, così come il Censis naturalmente. Chi è più titolato a fare rapporti in questo caso è il Ministero della salute con la relazione annuale e Age.Na.S. per le funzioni che svolge istituzionalmente, ma tutto questo diventa un report indifferenziato. Ebbene, forse, la riorganizzazione dei flussi informativi, oltre che l'omogeneità nel richiedere, farebbe lavorare molto meglio le aziende e si otterrebbero maggiori risultati. Nell'attività di riordino, dunque, porrei questa questione al primo posto, al di là del riordino degli enti, delle agenzie, come è stato annunciato dal Ministro.
  La terza questione riguarda le sovrapposizioni. Fino ad ora abbiamo ragionato sulle possibili sovrapposizioni di funzioni fra Age.Na.S., Istituto superiore di sanità e AIFA. Ne intravedo una con l'Istituto anche sulla formazione e vorrei un chiarimento su questo. L'Istituto superiore fa formazione e ha anche una sede appropriata – mi sembra – per l'accreditamento, per l'organizzazione e per gli aspetti che forse anche Age.Na.S. svolge con l'ECM. Mi chiedo allora se in questo caso non potrebbe essere utile l'accorpamento e in quale misura invece sia utile la differenziazione delle funzioni. A chi spetta la funzione della valutazione sulla formazione ? Questo è un punto sul quale chiederei un chiarimento.
  In ogni caso, rilevo che la preoccupazione è sulla sovrapposizione delle funzioni per queste tre agenzie, ma non abbiamo fatto nessun riferimento al Ministero. In verità, però, anche il Ministero conserva funzioni che temo siano prevalenti. La formazione di sicuro.
  Allora, quali sono le funzioni che il Ministero ha deciso di attribuire alle agenzie, mentre altre le ha tenute per sé ? Ad esempio, discutendo del gioco d'azzardo, abbiamo scoperto che c'erano addirittura delle funzioni presso il MEF con l'osservatorio, mentre presso il Ministero non c’è l'osservatorio, ma funzioni analoghe venivano svolte da un Dipartimento presso il Ministero. Insomma, è evidente che ci troviamo di fronte a una duplicazione, per certi aspetti, di funzioni e di competenze.
  Siamo in una fase nella quale non ci possiamo permettere questi lussi. Quindi, probabilmente andrebbe compiuta una ricognizione accurata delle sovrapposizioni e delle competenze che si sono accavallate. Chiedo in particolare, presidente, quali lei intravede con AIFA e l'Istituto. Al di là della formazione, ho visto che c’è una collaborazione con AIFA per quanto riguarda i piani di rientro. Onestamente questa la capisco meno, perché i piani di rientro hanno una funzione – questo è certo – e AIFA ha alcune competenze, ma quali sono le informazioni che AIFA ha e che Age.Na.S. non ha, ai fini dei piani di rientro ?
  Mi rendo conto che la spesa farmaceutica sia una componente importante della spesa e per i piani di rientro questo non può essere indifferente.
Per quanto riguarda la politica del farmaco, secondo me AIFA ha poteri superiori a quelli di Age.Na.S. nell'individuare azioni che possano riguardare le regioni in piano di rientro.
  Questo è un altro interrogativo che pongo per individuare una via d'uscita ai fini dell'indagine che abbiamo promosso.

  PAOLA BINETTI. Ricollegandomi a quello che diceva la collega Miotto, è chiaro che l'indagine che stiamo conducendo è volta a scolpire meglio le competenze delle tre istituzioni che stiamo cercando di esplorare, ossia l'Istituto superiore della sanità, l'AIFA e l'Age.Na.S., per cercare di capire meglio in che misura si creano delle sinergie positive e in che misura, invece, si possono creare delle convergenze altrettanto positive o delle sovrapposizioni che, invece di facilitare i processi, possono rallentarli.
  Mi auguro che alla fine di tutte queste audizioni si possa ricreare una sorta di schema in cui ci sono le funzioni di ognuno non solo nella loro dimensione autoreferenziale, ma anche delle interfacce. Pag. 11Credo infatti che sia quello l'aspetto che maggiormente ci può aiutare a capire il sistema e tutte le strutture che fungono come strutture di servizio e di supporto al Ministero della salute. Quindi, credo che capire meglio questo aspetto ci aiuterà tutti.
  La prima domanda – lo dico in tono divertitamente polemico – riguarda l'ECM che, come si dice tante volte in gergo, ho visto nascere e che ho anche seguito. Ricordo perfettamente alcune delle questioni solevate in merito, come quella che girava alcuni anni fa relativa alla mancanza di un registro vero.
  La mia domanda, che vuole essere un po’ polemica, ma anche molto incuriosita, è la seguente: è mai successo che in qualche parte del mondo un medico abbia dovuto presentare e documentare i crediti ECM acquisiti e che questi abbiano fatto da conditio non solo nel curriculum ? Tante volte ho letto curricula di persone per motivi vari, ma non ho mai visto una tabellina che dicesse «questi sono i miei ECM, ne ho conseguiti tanti, su questi campi e con questi risultati». Intendo dire che nessuno te li chiede mai.
  Viceversa, la macchina organizzativa è pesante e a forte condizionamento. Inoltre, c’è una captatio benevolentiae del cliente a seconda del numero di crediti ECM. Ebbene, credo che anche quella sia una struttura che avrebbe proprio bisogno di essere rivista con molta attenzione, perché mobilita tanti soldi, non solo i 200 euro che uno deve pagare. Peraltro, esiste anche l'idea che più paghi e più crediti hai, ma non ho mai capito in che misura.
  Ad ogni modo, non mi interessa adesso stabilire perché una tale attività abbia tanti crediti e un'altra ne abbia di meno. Il problema vero è che in realtà non rispondono, cioè che abbiamo fatto un investimento massiccio per anni e penso che tutti voi lo ricorderete, con il preside di medicina di Milano, e con battaglie nazionali, ma alla fine ti chiedi a che cosa sia servito. L'unica cosa che serve, come spesso succede nella formazione, è la competenza che si è realmente acquisita e che ci si porta dietro, ma di cui comunque nessuno chiederà conto.
  In definitiva, credo che sarebbe utile svolgere una riflessione molto seria sull'ECM per garantire davvero qualità e libertà. Questo è al margine delle cose.
  L'altro aspetto che mi sembra interessante è il riferimento fatto più volte ai livelli essenziali di assistenza che, come tutti sapete bene, per noi è un problema per vari motivi. Ognuno di noi segue alcuni aspetti più di altri, quindi ha punti di sensibilità diversi. Il mio, in questo momento, è quello che riguarda le famose 109 – ma forse a questo punto qualcuna si è aggiunta – malattie rare per le quali si sta spingendo da anni, dal 2006-2007, da quando era Ministro alla sanità Livia Turco, per ottenere un riconoscimento che di fatto non è stato ottenuto, mentre poi parliamo di LEA, di loro ottenimento e di necessità rientrarvi.
  Quest'anno abbiamo approvato, con un emendamento, gli screening allargati per i bambini, perché effettivamente, in questo concetto di Sistema sanitario nazionale, fra le pari opportunità vi deve essere anche quella dell'accesso alla salute. Quindi, al momento della nascita, si devono poter avere gli stessi screening, ma di fatto credo che oggettivamente sia cambiato poco.
  Sui LEA, però, vorrei proprio capire in che misura funziona questo aspetto, perché ogni tanto viene usato un poco come – lo dico scherzando – una minaccia, per cui entrano cinque LEA e debbono uscirne altri cinque. Vengano avanti i primi cinque e vadano fuori gli ultimi cinque della categoria precedente. Sembra una minaccia per l'appunto, ma prova a toglierne una e vedrai che cosa succede. Eppure, tutto è fermo. Tutto è immobile.
  Per quanto mi riguarda, difendo in particolare il diritto dei pazienti con le malattie rare – e non perché penso che siano gli unici, ma perché ognuno di noi ne sostiene alcuni – e quelli del gioco d'azzardo, ma con questi ultimi ho meno problemi perché sono sicura che i soldi ci Pag. 12sono, dal momento che ce li mettono loro giocando, quindi non possono che ridarglieli; poi, come glieli restituiranno è un altro discorso.
  Mi preoccupano di più i LEA delle malattie rare perché, in questa povertà di risorse, mi chiedo dove sia la fonte a cui si potrà attingere. È certo che quella sia un'ingiustizia colossale che noi perpetriamo, non solo tra nord e sud, come diceva prima il presidente, ma anche tra questa e quell'altra malattia. Il discorso delle impari opportunità lo decliniamo in tanti modi, che sono autentiche ingiustizie sul sistema.
  La terza e ultima domanda – se ne potrebbero porre migliaia, com’è evidente – è la seguente. Noi abbiamo sentito in parte l'Istituto superiore della sanità e anche l'AIFA, ma come mai, per esempio, dall'Age.Na.S. che ha dei compiti istituzionali e strutturali molto forti non abbiamo sentito una voce forte rispetto a quello che per noi è stato uno scempio che ci ha accompagnato tutti questi anni e che va sotto il nome di questione Stamina.
  Non c’è possibilità che dall'Age.Na.S. si assuma una posizione strutturale istituzionale che faccia da contrasto a questa libera e sregolata creatività dei magistrati del lavoro ? Ma davvero non c’è una voce che possa difendere non solo l’evidence based medicine ? Sono convinta che accanto alla medicina basata sulle prove di evidenza ci sia una medicina basata sulle storie personali, sulla narrativa, che non è un racconto, un romanzo, ma che è la storia di un malato, però non si è mai sentita nessuna voce. Il sistema sanitario è stato assolutamente in scacco rispetto a tale elemento.
  In questo rapporto strano, difficile e complesso, perché non si è sentita una voce che difendesse le ragioni della clinica, della scienza, dell'oggettività dei dati, del metodo clinico, del metodo scientifico di un ragionamento, con tutto quello che questo ha comportato ?
  Non dico nulla – perché non è un problema strettamente collegato credo, ma magari invece risulta il contrario – sullo scempio ultimo a cui stiamo assistendo, quello del farmaco per l'epatite C a 58.000 euro. Non so se ricordo bene, ma è una cifra talmente spropositata che potrebbe essere questa, ma anche molto più alta. Vi è una totale difformità nell'accesso con riferimento a quanto viene presentato. Si dice che in 12 sedute si guarisce dell'epatite C, ma anche che per avere il farmaco questo è il sistema.
  Spesso rimaniamo attaccati a una serie di cose piccole e circoscritte, ma i problemi veri, strutturali e istituzionali, sono abbastanza forti. Su questi ci piacerebbe che, nel dialogo tra le diverse istituzioni che compongono l'arcipelago della sanità, arrivassero delle risposte unitarie.

  RAFFAELE CALABRÒ. Vorrei ringraziare il dottor Iachino per l'intervento e il presidente Bissoni soprattutto per il lavoro che ha svolto in quest'ultimo tempo per l'Agenzia, che credo abbia acquisito l'autorevolezza necessaria anche per ciò che il Patto della salute oggi si prepara ad affidarle.
  Sono stato molto stimolato dall'intervento che ho ascoltato e mi piacerebbe sottolineare alcuni aspetti per capire, da chi ha l'esperienza all'interno dell'Agenzia, cosa può modificarsi, cosa si può affrontare in maniera diversa e quale ambito può essere approfondito e affrontato ex novo.
  Faccio dei passaggi necessariamente rapidi. Vengo intanto al monitoraggio dei LEA. Oramai, credo grazie al vostro lavoro, il concetto di volume esiti è entrato nella logica di tutti. Questo si traduce in un'azione da parte dell'Agenzia soprattutto di monitoraggio, dove forse mi sentirei di suggerire un attimo di prudenza su come gestire gli esiti per cercare di trovare la strada più corretta e più giusta. Mi domando, però, se oltre al monitoraggio non sia indispensabile e necessario che l'Agenzia valuti anche sotto un profilo aspetto terapeutico e di prevenzione un'evoluzione sbagliata delle situazioni che va incontrando e analizzando. Mi riferisco alla possibilità di affiancare – non solamente richiamata dalle regioni, ma perché oggettivamente Pag. 13c’è un dato su cui intervenire – la singola azienda che ha un determinato problema per capire, insieme alla direzione e al governo dell'azienda stessa, come affrontarlo, superarlo e come, nell'organizzazione interna, si possa arrivare a volumi esiti corretti.
  In secondo luogo, il presidente parlava di funzioni nazionali alte e faceva l'esempio dell’health technology assessment. Penso che ce ne siano anche molte altre e mi riferisco a una serie di aspetti ad esse collegate. Il discorso vale per le malattie rare a cui faceva riferimento Paola Binetti, ma anche a tanti altri fattori che non possono essere immaginati come governo delle singole regioni.
  Faccio un esempio concreto. Personalmente nasco come cardiologo pediatra e posso dire che è inimmaginabile avere una cardiologia e una cardiochirurgia pediatrica in ogni regione, né è immaginabile che una tale previsione sia collegata semplicemente alle scuole. Magari se ne individuano tre in un'area geografica molto vicina e poi c’è il resto del Paese completamente scoperto. Probabilmente anche queste sono valutazioni e analisi che spettano a un organo centrale che deve avere la capacità non certo di fare le scelte, ma di proporre alla politica un'analisi necessaria per rispondere a delle esigenze assistenziali.
  Passando all'affiancamento delle regioni in piano di rientro, credo – se non ricordo male lo diceva anche il presidente – che questo cambi finalmente con il nuovo Patto della salute. Il ruolo dell'Agenzia all'interno del tavolo di verifica era fino a oggi in parte mortificato. Credo che questo non debba avvenire più. Penso che sia importante che l'Agenzia acquisti tutta la sua autorevolezza da questo punto di vista. Mi permetto di dare un suggerimento in proposito, perché negli anni passati non si è data attenzione a questo elemento da parte del Ministero dell'economia, ma spero che invece possa venire da parte del Ministero della salute e quindi dell'Agenzia come organo tecnico: parlo della la tempistica.
  Non è possibile che i programmi presentati dalle regioni in piano di rientro ricevano una risposta sull'accettazione o meno dopo tre, sei o otto mesi, quando questo rallenta enormemente la possibilità di ripresa di una regione stessa. È vero, sono convinto che esistano due livelli: quello del centronord e quello del centrosud, non venti sistemi.
  Si tratta davvero solo un problema organizzativo politico locale di alcune regioni di un'ampia area geografica ? Per quanto mi riguarda, credo che questa sia la conseguenza di una evoluzione, di una storia politica di lunga data di cui sottolineerei alcuni aspetti. Vorrei che l'Agenzia avesse la capacità di poter affrontare questi aspetti da un punto di vista tecnico fino in fondo, con coraggio, per poterli rappresentare alla politica, perché poi questa faccia le sue scelte. Mi riferisco, in primo luogo, al riparto del fondo sanitario – e non vado oltre; il problema lo conoscete diecimila volte meglio di me, perché l'avete affrontato, ma poi c’è stato un rallentamento nell'evoluzione – e al tema della mobilità, che non può essere lasciato all'accordo tra le regioni. Penso che vi sia necessità di un'analisi tecnica e che, proprio sulla base di volumi esiti, si possa ragionare in termini di mobilità. È necessario che qualcuno vada fuori quando non ci sono volumi ed esiti adeguati, altrimenti credo che il Sistema sanitario nazionale non si possa permettere di affrontare la questione con superficialità.
  Il terzo aspetto che voglio menzionare è quello delle strutture e delle tecnologie. Credo che questi tre profili siano le zavorre che rischiano di lasciare in vita per tempi lunghissimi, se non eterni, due sistemi sanitari: uno al centronord e uno al centrosud.
  Molto si è fatto grazie alla vostra impostazione sulla capacità di monitoraggio delle aziende ospedaliere, ma poco ancora si è fatto sulla capacità di monitoraggio delle ASL. Da parte nostra – ma forse per voi non è così – non sappiamo proprio come affrontare il tema.Pag. 14
  Ieri mi trovavo a parlarne con chi si sta occupando di riparto del fondo nell'ambito di una singola regione e affermava che fosse quello lo strumento politico per poter stimolare le ASL a lavorare differentemente. Il riparto del finanziamento è lo strumento politico giusto che ci può aiutare a raggiungere degli obiettivi, ma diventava difficile trovare lo strumento tecnico attraverso cui raggiungere quei risultati. Quindi, l'invito è se l'Agenzia può veramente farne un elemento prioritario di azione per aiutare le regioni a capire quali siano gli strumenti tecnici adatti a monitorare volumi esiti e quant'altro nelle aziende sanitarie locali.
  Aggiungo una valutazione di ordine generale, forse un po’ confusa come riflessione, che vorrei trasmettere a chi ha capacità di poterla analizzare meglio. L'Age.Na.S. è uno strumento tecnico, credo, che deve essere al centro del rapporto tra Ministero della salute e regioni. Oggi è solo uno strumento tecnico al servizio del Ministero della salute, ma le regioni possono convenzionarsi. Credo che debba essere compiuto un passo in avanti ulteriore. Le regioni non devono vedere l'Agenzia come un elemento estraneo. Molte regioni hanno agenzie proprie, ma qual è il senso di tutto questo ? O non servono o, se servono, serve un raccordo molto stretto con delle chiare linee di indirizzo a raggiera che vadano da un'agenzia nazionale alle agenzie locali o che ci sia una dipendenza diretta dall'agenzia nazionale.
  Penso che vi sia una dispersione delle agenzie regionali se queste non hanno una centralità di controllo e di analisi uniforme, guidata da un'agenzia nazionale. Mi sembra che questo raccordo ancora non ci sia e che le regioni vedano l'agenzia come uno strumento di affiancamento al Ministero e non di supporto reale alle proprie funzioni.
  Vengo ad un ultimo aspetto e chiudo. Voglio parlare della formazione. Non basta essere al servizio del provider. Credo che il sistema sanitario debba porsi anche degli obiettivi di formazione man mano che evolve. Parlo di obiettivi di formazione comuni che devono attraversare tutto il Paese, tutti gli operatori sanitari e non, gli amministrativi e tutti coloro che lavorano all'interno del sistema sanitario. Questo non può non essere fatto solo da un organo centrale, né dalle singole regioni, né da chi ha maggiore o minore sensibilità per alcuni settori.
  Anche in questo caso occorre svolgere una riflessione: è possibile mai che l'Agenzia affronti il tema della formazione su elementi cardine che accompagnino o indirizzino l'evoluzione del sistema sanitario ?
  In ultimo, il disegno di legge del ministro Madia riparla della governance del sistema sanitario, con l'elenco nazionale dei direttori generali. A dire il vero, non mi è chiarissimo come si svolga tutto questo. Ho letto e riletto più volte il testo, ma confesso di non averlo capito. Difendo strenuamente il fatto che la scelta dei direttori generali debba essere di tipo politico e mi sento di dirlo in tutti gli ambienti, anche se oggi il vento spira differentemente. Tuttavia, questa scelta politica può essere consentita se c’è un organismo centrale di fiducia, tra ministero e regioni, che possa realmente svolgere una funzione di analisi attenta con strumenti adeguati – non penso solamente all'analisi curriculare, ma credo che debba essere qualcosa di più –, di coloro che desiderano far parte di una schiera di direttori generali, ma che rappresenti anche un elemento di formazione di questa schiera. Senza la formazione dei direttori generali, infatti, ci troviamo di fronte a esperienze diverse e magari, man mano che cambiano i direttori generali nella stessa azienda, abbiamo delle evoluzioni lasciate alla libera fantasia del direttore di turno senza che ci sia una continuità di lavoro.

  MARIA AMATO. Ringrazio gli auditi per la chiara descrizione delle funzioni. Vengo dall'Abruzzo, la prima regione del centrosud, che alterna il sistema del centrosud e quello del centronord nei decenni.Pag. 15
  Pensavo di aver capito come dovesse funzionare il Patto per la salute, cioè che l'Age.Na.S. dovesse accompagnare la nostra uscita dal piano di rientro anche rispetto all'accordo che si era stretto con riferimento al fatto che i commissari non potessero essere più i presidenti. Tuttavia, ho visto che, secondo tradizione, il nostro nuovo presidente – che poi è della mia parte, quindi non c’è senza nessuna acrimonia in questo commento – è il commissario. Ciò significa che ancora una volta vi è una coincidenza con una figura politica, una figura istituzionale, una figura tecnica; perché quello è.
  Vengo alla formazione dell'Age.Na.S. Personalmente, ho seguito i corsi in questione. Nella mia vita sono un primario ospedaliero, radiologo, per cui la formazione medica, o al management o anche la formazione sul dato, su come esso si comunica, l'ho avuta dai corsi nazionali dove l'Age.Na.S. è presente.
  Mi chiedo perché, oltre a formare gli attori all'interno della sanità, finalmente non si prenda il coraggio e non si apra alla formazione verso i sindaci e verso il TAR. Dico questo perché se nei piani di rientro ci si dice regolarmente che dobbiamo chiudere gli ospedali e i punti nascita, ma di contro i sindaci fanno le barricate, va anche bene. Ce la vediamo noi politicamente, ma che il TAR ci riapra gli ospedali diventa un problema. La schizofrenia di questo Stato, nelle varie funzioni e nei vari poteri esercitati, non porta ad avere venti sistemi sanitari regionali, bensì ha delle conseguenze che, a seconda delle epoche e del buonsenso delle varie figure apicali e dei vari detentori del potere e della scelta, sono verosimili oppure portano a situazioni che non hanno i piedi per camminare.
  Il TAR ha regolarmente riaperto gli ospedali che avevamo chiuso, posto che adesso dobbiamo chiuderne altri tre e anche alcuni punti nascita. Spero che il presidente regionale ce la faccia. A dire il vero, avevo sperato che non dovesse occuparsene il presidente, pensando che forse da fuori, da sopra, si sarebbe riusciti ad agire con più facilità.
  Il tema dell’health technology assessment mi tocca, anche per il mio mestiere. Ho una serie di prestampati, perché le mie macchine sono obsolete dopo dieci anni; posto che alcune lo sono anche dopo cinque. Ebbene, io le mappo tutti gli anni chiedendomi dove vadano a finire le mie richieste e che cosa faccia la persona che riceve la bottiglia con dentro il mio messaggio relativo al dato in questione, dal momento che ho delle macchine che cadono a pezzi e ancora sono costretta, come gran parte dei primari di radiologia, a fare il braccio di ferro con la politica affinché i macchinari vengano adeguati, permettendomi così di dare un servizio efficiente ed efficace alla popolazione del mio territorio, così come gli altri vorrebbero fare per il loro.
  Pertanto, ben venga il tema dell’health technology assessment estrapolato che forse rappresenta una garanzia di qualità nell'acquisizione delle macchine, dando anche un colpettino al rischio di corruzione; tanto sappiamo tutti che su queste cose il rischio è alto, quindi cerchiamo di lavorarci prima. Dall'altro lato, questo ci riporta alla parolina magica citata in precedenza, ossia l'equità.
  La mia regione ha vissuto cinque anni e mezzo di commissariamento dopo uno scossone terribile quale «sanitopoli», quindi con la Giunta decapitata rispetto a un processo in relazione al rapporto con i privati. È della settimana scorsa la notizia di una indagine che ha coinvolto il subcommissario di Governo Baraldi, sempre rispetto alle cliniche e alla stessa procura su un percorso virtuoso che ha messo, dalla prima ondata di indagine alla seconda, i tetti alle cliniche e ha imposto le ispezioni. Mi si può dire che si tratta di un fatto regionale e che non interessa tutti quanti, ma attenzionare il rapporto con i privati, perché sia realmente corretto in tutto il territorio nazionale, è un altro Pag. 16elemento necessario a toccare i rischi di corruzione e le aree fragili della politica nella sanità.
  Sempre parlando di equità, esiste un diritto che è di tutti, ossia quello alla prevenzione. Mi chiedo di chi sia la funzione di seguire la prevenzione a livello nazionale perché gli screening sono fatti a livello regionale e ognuno se li gestisce come vuole. Lo screening mammografico per esempio è un doppione; e questa è un'altra di quelle cose misteriose in un Paese che deve risparmiare e in cui ormai non sappiamo più che tagliare. Ebbene, abbiamo uno screening nazionale garantito dalla legge finanziaria del 2000, per cui le donne, con la carta del medico curante, senza pagare il ticket, si fanno la mammografia che garantisce loro la visita del medico radiologo e, se serve, l'integrazione ecografica. Questa è la regola.
  Inoltre, vi è un'altra serie di programmi regionali che costano e che sono gli screening mammografici, una volta ogni due anni, a chiamata, che però non prevedono la presenza del medico radiologo. L'esame viene eseguito solo dal tecnico, mentre si prevede che il medico si occupi solo del secondo livello. Qual è il senso di tutto questo ?
  Siccome le donne pensano che facendo l'esame tutti gli anni si ammalano di meno, l'unico effetto che si ottiene è che si irradiano alla grande e non c’è possibilità di convincerle del contrario. Pertanto, fanno la mammografia una volta all'anno, con un doppio costo, oltre al costo biologico per l'irradiazione. In definitiva, non avrebbe un qualche senso che ci fosse un istituto terzo rispetto alle regioni che faccia una valutazione in merito ?
  Quanto alle malattie rare, è possibile che ci siano ancora delle regioni dove non si fa neanche lo screening neonatale per la fibrosi cistica – la mia è una di quelle – mentre altre regioni fanno gli screening di massa ? La prevenzione, la precocità della diagnosi rappresenta un diritto primario rispetto alla salute, per cui deve essere uguale su tutto il territorio nazionale.
  Vengo ai dati. Se la sanità, la politica per la sanità e le risposte ai bisogni di salute vengono fornite attraverso la valutazione dei dati, allora bisogna essere veramente rigorosi e non sull'analisi, ma sulla fonte dei dati. Mi permetto di dirlo perché sono un produttore di dati.
  Non sono così chiare le regole che ci vengono prescritte. Pertanto, se non sono chiare le regole che la regione e l'agenzia regionale mi danno per raccogliere i dati, credo che le rilevazioni che arrivano all'Age.Na.S. e i pensieri che ne conseguono non possano essere capillarmente coerenti con l'effettiva situazione del territorio nazionale.
  Siccome mi confronto con i colleghi della mia branca a livello nazionale – come sapete, la SIRM è potente e ci mette a confronto regolarmente –, posso dire che non è un problema mio personale, né solo dell'Abruzzo, ma che riguarda anche alcune radiologie di regioni virtuose.
  Detto questo, forse occorre rivedere le regole e si deve ristudiare il percorso del dato perché esso sia vero e soprattutto utile.
  Sempre sull’health technology assessment, voglio far presente che pur essendo nel 2014 in Italia le immagini radiologiche non girano su tutto il territorio nazionale. Per un Paese che si dice moderno, tecnologico e che siede al G8 della medicina questo è uno scandalo, perché si mandano in giro le persone con i dischetti e con le radiografie, quando va bene, da una regione all'altra per fare le consulenze oncologiche e, quando va male, da un ospedale all'altro.
  Intanto, nei punti di pronto soccorso ci stanno pazienti traumatizzati, con un problema cerebrale, ma li si mandano ancora in giro – dalle mie parti si fa e accade anche più sud della mia regione –, con le radiografie in mano, verso la prima neurochirurgia disponibile, che generalmente dalle nostre parti è a due ore di distanza.
  L’health technology assessment si potrà occupare di questo ? Potrà superare i freni Pag. 17delle regioni e finalmente garantire il diritto alla diagnosi su tutto il territorio nazionale ?
  Per questo motivo, quando ho sentito che erano auditi i rappresentanti dell'Age.Na.S. mi sono ripromessa di prestare la massima attenzione perché per me rappresenta la speranza di qualche cosa che vada oltre i confini geografici che, almeno dalle mie parti, hanno fatto dei danni incredibili, sia quelli provinciali che quelli regionali.

  MASSIMO ENRICO BARONI. Ho ascoltato con grande attenzione, con curiosità e soprattutto con voglia di imparare perché poter parlare oggi con un tempo un pochino più ampio rispetto ai normali lavori parlamentari, ci ha permesso di allargarci su temi, come diceva la collega Binetti, che ci stanno a cuore.
  Durante gli interventi dei miei colleghi ho avuto la possibilità di leggere sia la nota sintetica che ci è stata gentilmente presentata, sia le note che sono state predisposte dai nostri uffici. Avrei in particolare due domande da porre al presidente o al direttore. La prima è una domanda di carattere generale, collegata ad alcune segnalazioni che ci arrivano.
  Come ben sapete, a maggio di quest'anno, la vostra agenzia è stata al centro di uno scossone per il ricambio del direttore generale; tema che eventualmente commenteremo in un altro momento e in un'altra sede. Tuttavia, in termini pratici ci interessava sapere, visto che le segnalazioni ci sono arrivate dalla rete, quali sono i sistemi di valutazione dell'assistenza sanitaria. Lei ci potrà nominare il SiVeAS o il PReValE, ma le segnalazioni che ci arrivano indicano che non ci sono report, che non si trovano e che non ci sono dati.
  In pratica abbiamo solamente, secondo la corretta definizione del collega Calabrò, una valutazione in termini di volume in entrata e di esiti in uscita. Ebbene, ho avuto grande piacere nel vedere che nella vostra nota sintetica più volte vi siete riferiti alla necessità di avere una riorganizzazione dei pesi in termini di investimenti per quanto riguarda i sistemi di governance regionali della rete emergenza ospedale e territori.
  Di fatto noi crediamo che questo tipo di classificazione tenda già a mettere in minoranza la parte relativa all'assistenza territoriale. Come diceva la collega Amato, mi riferisco a tutto il discorso della prevenzione primaria che però non è solo legata agli screening. Ecco perché, dallo stesso intervento della collega Amato – e avendo in famiglia una persona a me strettamente legata a livello affettivo che ha avuto un tumore –, con una semplice informazione, apprendo che forse abbiamo sottovalutato gli aspetti dell'irradiazione nel momento in cui una persona si cura per una determinata patologia; e questo è un tema che sta molto a cuore a tutti i radiologi.
  Quello che mi dispiace della vostra nota, dato che questa è una Commissione tecnico-scientifica, oltre che politica, è che non ci siano riferimenti significativi a studi sistematici o di tipo bibliografico in materia di letteratura e di pubblicazioni sulla governance; quindi questo risulta essere un enorme abstract che però non rimanda ad ulteriori approfondimenti su altre parti del vostro sito, in particolare in termini di variabili considerate e di valutazioni o pre-valutazioni effettuate. Insomma, sembra un riassunto di quello che si fa, ma rispetto alle segnalazioni che abbiamo ricevuto non si trovano gli effettivi studi che dovrebbero essere comunque replicabili a parità di dati grezzi. Non so se mi segue perché ovviamente noi andiamo a clusterizzare determinati dati e dunque dobbiamo averli a disposizione.
  Si utilizza un termine come empowerment per cui sembra quasi che si stia facendo una psicoterapia ai sistemi sanitari regionali, dal momento che il problema parrebbe essere molto legato all'aspetto umano.
  Inoltre, mi fa piacere che sia stata la stessa collega Amato, quindi un esponente della maggioranza, a dire che il rischio di corruzione in sanità è alto. Questo è uno dei temi su cui il Movimento 5 Stelle sta facendo delle battaglie molto significative e Pag. 18probabilmente è anche monocromatico da questo punto di vista. Abbiamo scelto un approccio molto semplice, però sappiamo bene che non si può parlare di corruzione se prima non si parla di conflitto di interessi, presidente e direttore.
  Nella sua introduzione, il direttore che ha definito l'Age.Na.S. come un ente pubblico non economico. Posso sbagliare – siamo qui per confrontarci e non dobbiamo difendere un curriculum a forma di Torre di Babele fatto di nomine e di carte – ma ciò che a me interessa è che, qualora il vostro fosse un ente pubblico non economico, e in quanto tale non finanziato dalla fiscalità generale, non sarebbe soggetto alla spending review.
  Di contro, però, mi risulta – correggetemi se sbaglio – che il vostro sia un ente pubblico totalmente finanziato dallo Stato e, di conseguenza, siete soggetti alla legge n. 190 del 2012, la cosiddetta legge anticorruzione. Quindi, visto che parlavamo prima di rischio di corruzione, a seguito della legge n. 190, si prevede la rigida separazione tra una parte politica, a cui la collega Amato ha accennato prima e di cui con un apostrofo si è lamentata, dalla parte amministrativa.
  Pertanto, all'interno della vostra istituzione e del vostro ente, dovreste avere una serie di assunzioni di personale effettuate tramite il Testo unico del pubblico impiego, quindi attraverso concorso, a differenza della parte politica per cui appunto, come è successo qualche mese fa, il cosiddetto direttore o vicedirettore o presidente, può essere sostituito a piacere – diciamo a piacere nel momento in cui si viene nominati e a dispiacere nel momento in cui la propria testa viene decapitata –; e qui si pongono problemi anche di continuità di governance quando le cose vengono fatte bene.
  Tra le caratteristiche necessarie rispetto alla legge n. 190, e ai decreti legislativi nn. 33 e 39, vi è il fatto che all'interno del personale, che dovreste avere assunto attraverso il Testo Unico del pubblico impiego, dovrebbe essere nominato anche un responsabile dell'anticorruzione che dovrebbe avere proprio la funzione di controllo dell'incompatibilità di incarichi, una delle poche cose buone che l'ex Governo Monti ci ha lasciato con questa cosiddetta legge anticorruzione.
  Tra l'altro, con il decreto legislativo n. 33 si prevede la pubblicazione on line di tutti gli stipendi dei dirigenti di area politica, perché quelli invece di area amministrativa, essendo già pubblici, non c’è bisogno di pubblicarli, oltre ovviamente alla pubblicazione di tutte le gare d'appalto e di ogni voce di spesa sostenuta dall'ente. Questo prevede la legge.
  Dunque, visto che vi occupate in particolare, come da voi dichiarato, anzi come è stato sottoscritto dagli uffici, di valutazione comparativa dei costi e dei rendimenti dei servizi resi ai cittadini e di segnalazioni di disfunzioni e sprechi nella gestione delle risorse personali e materiali, mi domando se già al vostro interno avete attivato tutti questi «sistemi» che garantiscano una reiterazione virtuosa del vostro funzionamento perché non potete andare all'interno di altri enti pubblici a predicare, a consigliare o addirittura in alcuni casi a rendere cogenti alcune modifiche o valutazioni, nel momento in cui voi non siate in regola con una legge sacrosanta in materia di corruzione. Parlo proprio del decreto legislativo sulla trasparenza, il n. 33, sull'inconferibilità e l'incompatibilità di incarichi che, tra l'altro, prevede anche che tra i vostri dirigenti non possano esserci doppie o triple poltrone.
  In seguito, da quando è entrata in vigore, nell'aprile del 2013, con il decreto del fare, si è provveduto a una sanatoria per tutte le cariche in vigore in materia di doppie o triple poltrone, però non sarebbe male porsi all'avanguardia, visto che si sta andando in una direzione, ed eventualmente anticipare i tempi perché, come ha detto prima il collega Calabrò, il vento che tira è da un'altra parte e noi siamo a filo di vento.

  PRESIDENTE. Le questioni poste sul tappeto sono molteplici. Visto l'orario e la fortuna che abbiamo oggi di poter prolungare Pag. 19la nostra audizione per poter avere risposte ai dubbi che abbiamo, volevo semplicemente sottolineare alcuni passaggi sui quali sarei interessato ad avere una risposta, magari anche introducendone qualcuno di poco conto non ancora preso in esame.
  Quando abbiamo audito i rappresentanti dell'ISS, siamo venuti a conoscenza del fatto che esiste un problema di precariato importante all'interno dell'Istituto superiore di sanità. Per la struttura di Age.Na.S. è ipotizzabile che ci sia una quota importante di ricercatori che vi lavorano e che non siano contrattualizzati a tempo indeterminato. Vorrei sapere qualcosa di più sulla politica dell'Agenzia da questo punto di vista e quindi sui mezzi che la stessa ha per difendere le professionalità che si formano al suo interno che possono trovare un marcato eventualmente anche al di fuori.
  Inoltre, vorrei soffermarmi un attimo su un tema che rappresenta la sostanza delle audizioni che abbiamo intrapreso. Il senso dei nostri lavori, infatti, è quello di capire – lo ha ricordato anche il collega Calabrò in maniera molto corretta, ma era presente nelle valutazioni di tutti i parlamentari intervenuti – non soltanto il corso dei rapporti tra l'istituto e le due agenzie al loro interno, ma anche il corso dei rapporti con il ministero.
  L'attività di promozione del lavoro che deve essere fatto dai bracci operativi, infatti, dovrebbe stare all'interno di una cabina di regia ministeriale, che dovrebbe essere quella che sostanzialmente regola anche i rapporti tra le agenzie. Ad esempio, abbiamo parlato di health technology assessment che oggi è presente in maniera molto estemporanea in Italia e all'interno delle regioni, rispetto al quale non è facilissimo capire se il punto di riferimento resta Age.Na.S., il Ministero o l'ISS. Questo punto è difficile da comprendere. La collega Binetti ha allargato il ragionamento addirittura all'ECM, ma almeno per quanto riguarda l'HTA è veramente difficile riuscire a capire come debba avvenire la gestione complessiva della questione.
  Per quanto riguarda l'Age.Na.S, sarebbe interessante, almeno dal mio punto di vista, capire anche come si concili la funzione di accompagnamento delle regioni che oggi è presente, ed è forse anzi uno degli aspetti caratterizzanti più importanti dell'attività di Age.Na.S., con l'attività di valutazione e di misurazione dell'eventuale scostamento sia in corso di accompagnamento, sia al termine dello stesso. Mi spiego meglio: se un'agenzia ha il compito di effettuare il benchmark, il monitoraggio, di seguire la best practice, di dare addirittura delle indicazioni sul modo migliore in cui le regioni possono rimanere nel sentiero giusto per quanto riguarda la coniugazione di spesa e risultati e per la valutazione dell'appropriatezza, poi diventa interessante capire chi deve valutare l'eventuale scostamento tra la misurazione che si effettua e i parametri di riferimento e chi quindi deve eventualmente – uso un termine forse improprio – «sanzionare» le regioni che oggi si scostassero rispetto alle indicazioni prevalenti.
  Insomma, è difficile comprendere se un'agenzia a cui è attribuito il ruolo di accompagnatore possa diventare anche fondamentale per quanto riguarda la valutazione dello scostamento e quindi l'erogazione di eventuali sanzioni da parte del Ministero.
  È utile capire anche da questo punto di vista qual è la vostra valutazione. Devo dire che il presidente è stato il primo a introdurre nel suo ragionamento gli elementi di criticità presenti, quindi credo che sia stata un'audizione comunque molto interessante e che gli elementi di risposta che voi ci fornirete ci aiuteranno nel prosieguo delle audizioni che terremo nel mese di settembre.

  GIOVANNI BISSONI, Presidente dell'Age.Na.S. Ho preso una serie di appunti, ma in realtà negli interventi vi erano molte considerazioni, più che domande, totalmente condivisibili e su questo...

  PRESIDENTE. Mi scusi presidente, se posso, vorrei aggiungere una notazione che Pag. 20ovviamente do per scontata con lei, ma che ribadisco. Se su qualcuna delle considerazioni che sono state fatte dai colleghi, Age.Na.S. ritenesse di poterci far avere qualche nota di approfondimento, oltre quella che già ci avete consegnato e che mettiamo nella disponibilità di tutti i commissari, non solo sarebbe utile, ma anche graditissima.

  GIOVANNI BISSONI, Presidente dell'Age.Na.S. Sicuramente, presidente. Ne richiamo una in particolare sull'attività di valutazione che è stata più volte richiamata e magari occorrerebbe anche qualche informazione in più sull'attività che svolgiamo, su come sarebbe utile approfondirla e svilupparla e su quali sono i problemi che riscontriamo in questo prosieguo. Dunque, sul tema in particolare della valutazione del sistema ci riserviamo di inviarle un paio di paginette.
  Richiamo alcuni elementi. L'onorevole Miotto sottolineava la necessità non solo di interconnettere le banche dati, ma anche di riflettere sul sistema di indicatori che monitoriamo. Condivido totalmente il suo pensiero. Non si pone solo un problema di collegamento delle banche dati, ma abbiamo di fronte anche una questione relativa – e qui mi ricollego anche all'intervento dell'onorevole Amato – all'affidabilità dei dati, da quelli macro a quelli micro.
  Faccio un esempio. Oggi il tema dei CE, il conto economico, è sostanzialmente affidabile, ma non direi la stessa cosa degli LA, cioè i livelli assistenziali, che è esattamente l'elemento che mette in crisi la valutazione della prestazione, dell'efficacia e soprattutto dell'efficienza dell'organizzazione dei servizi.
  Le incertezze che stanno dietro al sistema di raccolta dei moduli LA è tale che non consente una valutazione comparativa, perché il rischio davvero è che la disomogeneità alla base di quel dato sia tale da mettere in discussione ciò che è. Non voglio fare nomi, ma quando emerse, ad esempio che, nell'ambito dell'assistenza domiciliare integrata, una regione in grande difficoltà, in pieno piano di rientro, era la prima in Italia per livelli di assistenza domiciliare integrata, era evidente che qualche cosa non andava nella natura stessa del dato, perché era impossibile confrontarlo e integrarlo con altri.
  In questo quadro, penso anche ai dati macro di una regione con tassi di ospedalizzazione elevatissimi rispetto allo standard nazionale che non erano molto credibili, infatti ciò che poi è emerso è che era in realtà un modo di chiamare prestazioni sotto il nome di ospedalizzazione perché non era ancora stato raggiunto l'accordo sulla specialistica e quindi, purché ci fosse una corrispondenza di remunerazione, si classificava come un determinato livello assistenziale ciò che in realtà era un altro livello assistenziale. Pertanto, questi problemi li abbiamo. A volte sono riscontrabili e a volte meno.
  Quando sono macro evidentemente vi è la necessità di guardarvi dentro. Ad esempio, il piano nazionale esiti annualmente è accompagnato da una segnalazione alle regioni di alcuni dati che risultano chiaramente non affidabili, o per la natura dell'ospedale, o per le attività in esso presenti, o come dati complessivi, perché non sono coerenti con l'insieme del sistema.
  Quindi, il tema della scelta dei dati e dell'affidabilità degli stessi è un passaggio indispensabile se si vuole fare un'attività di valutazione che, con questo Patto della salute, esce dall'autovalutazione dei singoli livelli gestionali, perché questa era l'impostazione precedente, e diventa base di un sistema nazionale di valutazione con ricadute rispetto alle risorse incentivanti e rispetto agli obiettivi che verranno assegnati alle singole regioni.
  In pratica, cambia fondamentalmente il sistema di valutazione delle regioni e può essere che a una regione non in piano di rientro possa essere assegnato un obiettivo specifico di miglioramento di un singolo LA. Pertanto, si potrebbe dire: «Cara regione, va tutto bene, ma per l'anno prossimo devi rafforzare la tua capacità di svolgere attività di screening o di trasferimento dall'attività per acuti in riabilitazione». Pag. 21Insomma, parliamo di tutti obiettivi specifici che hanno bisogno di una base seria.
  Allo stesso modo, a seconda dell'interlocutore, occorre fornire i dati giusti. Con un eccesso di dati, infatti, messi a disposizione di tutti, diventa difficile orientarsi. Quindi, una cosa è il dato per il livello politico istituzionale; altra cosa è il dato per il clinico e altra cosa ancora è il dato per il cittadino che deve orientarsi magari nell'accesso ai servizi.
  Tutto questo sistema dovrebbe essere affrontato in occasione del portale del Servizio sanitario nazionale che è in corso di attuazione, o meglio di relazioni, in questo momento fra il ministero e Age.Na.S. che sarà il soggetto deputato a realizzarlo, mettendo in fila le esigenze del sistema informativo nazionale che però, come ripeto è diverso a seconda dei casi. Oggi c’è una sorta di calderone in cui diventa davvero difficile orientarsi da questo punto di vista.
  Sulla formazione, l'istituto è presente in quanto soggetto provider, cioè che può promuovere formazione. La nostra attività in campo è diversa, è di tipo gestionale e non dà orientamenti al sistema formativo, il quale ne riceve dalla Commissione nazionale ECM. Il nostro è un ruolo organizzativo e gestionale. Sotto questo profilo siamo un soggetto che non è legato in maniera stretta e vincolante al sistema nazionale di finanziamento, perché in realtà il grosso del finanziamento dell'Age.Na.S. arriva dall'attività amministrative e dai proventi che versano i provider.
  Quanto alle cifre, possiamo fornirvele, ma sostanzialmente sono 12 milioni di euro all'anno che arrivano dall'attività di ECM e 3 milioni che riceviamo annualmente come contributo per il funzionamento da parte dello Stato.
  Detto questo – e così approfitto anche di alcune osservazioni che faceva l'onorevole Binetti –, non spetta ad Age.Na.S., né a me, fare considerazioni sull'ECM, perché il nostro è un ruolo di supporto. Tuttavia, siccome a tutti è consentito esprimersi, anch'io ritengo che sarebbe utile affrontare una riflessione seria sul sistema ECM, non per abbandonarlo, ma per portarlo a una situazione in cui evidentemente possa essere più utile al professionista e al sistema.
  In una fase di forte innovazione del servizio sanitario come quella che stiamo affrontando, con il riordino degli ospedali, il riordino dei percorsi assistenziali, il tema delle valutazioni esiti, abbiamo tutte attività che devono necessariamente essere oggetto anche dell'ECM. Del resto, la formazione sul campo che consente al professionista non solo la formazione specialistica, ma anche la partecipazione all'innovazione del sistema, ritengo che sia assolutamente necessaria; cosa che alcune regioni fanno e altre molto meno.
  Ancora una volta torna il tema di partire dalle buone esperienze, magari per riflettere, visto che siamo alla vigilia del nuovo piano nazionale ECM che deriverà dalle linee di indirizzo della Conferenza Stato-Regioni alla commissione nazionale ECM. Pertanto, sarebbe bene svolgere una riflessione sul punto, perché anche a bocce ferme, cioè a normativa vigente, sarebbe possibile indubbiamente già una prima revisione dell'ECM anche se almeno un aspetto, ovvero quanti crediti ha, dovrebbe essere un problema risolto.
  Vengo ai LEA e alle malattie rare. È vero, onorevole Binetti, ci sono tante cose nell'ambito dei LEA, però uno dei principi che sovrintende al nostro Sistema sanitario nazionale è quello del bisogno, per cui laddove il bisogno è più forte c’è una priorità; e senza dubbio le malattie rare rappresentano una priorità.
  Devo dire che, fino ad oggi, la mancata revisione dei LEA non è stato un problema del Ministero della salute, né delle regioni, ma ha interessato soprattutto il MEF perché si aveva la preoccupazione che la revisione dei LEA comportasse un incremento di spesa non coperto. Dunque, per evitare la situazione in cui tre entrano e tre escono, che diventa davvero difficile da gestire con questo bilancino, nel Patto per la salute è stato assunto l'impegno che entro il 31 dicembre 2014 vi sarà la revisione Pag. 22dei LEA, con particolare riferimento alle malattie rare. Quindi, speriamo davvero che stavolta, almeno su questo, siamo al punto di concretizzare.
  Age.Na.S. non ha funzioni e competenze che le consentono una presa di posizione su temi come Stamina. L'Agenzia preposta è AIFA, la quale ha assunto una posizione molto precisa, così come ha fatto il ministro – mi sia consentito richiamarlo – anche rispetto alla necessità che questo problema sia affrontato, perché dal Di Bella in poi di Stamina ne abbiamo avuta più di una.
  È un valore che il giudice sia solo davanti alla legge, ma quando si arriva a queste situazioni, come quella fra Brescia e Torino, con danni significativi alla credibilità del servizio sanitario e alle sue modalità di funzionamento – perché non si può accettare la libertà di scelta come il diritto a tutto ciò che ritengo soggettivamente utile a carico del Servizio sanitario nazionale – penso che una riflessione debba essere svolta da qualcuno che abbia le competenze per farlo. Peraltro, in questo caso non siamo neanche di fronte alla discussione di questi giorni sul tema della persona che vede leso un proprio diritto, ma è proprio il funzionamento del Servizio sanitario nazionale che entra in crisi di fronte a queste situazioni.
  Onorevole Calabrò, sul fatto che per gli esiti si passi da strumento, come era inizialmente, consegnati all'autovalutazione dei vari livelli politico-istituzionali, o clinici, o gestionali, a un utilizzo degli esiti in maniera più compiuta, concordo totalmente. Penso che alcuni dati macroscopici, debbano essere affrontati in senso generale, con la necessità di linee guida, di un confronto con la società scientifica o di un indirizzo generale, fino a che in alcune realtà più puntualmente si sostenga quella regione o quell'azienda perché affronti un problema macroscopico che emerge dal piano nazionale esiti. Ebbene, penso che questo sia un passaggio dovuto.
  D'altra parte, il nostro piano nazionale esiti, che aveva alcune prerogative, oggi è diventato altro. Per alcuni aspetti, esso è piano nazionale esiti; per altri è valutazione di efficienza, per altri aspetti ancora è valutazione di appropriatezza e molte altre cose.
  L'onorevole Baroni poneva il problema dei sistemi di valutazione. Ebbene, i sistemi di valutazione generali sono quelli che derivano dal piano nazionale e dalla famosa griglia dei LEA in cui per ciascuna regione, per ogni singolo livello assistenziale, c’è una valutazione con alcuni parametri predefiniti e pubblici. Una volta queste valutazioni rimanevano riservate, mentre erano pubbliche quelle di valore economico finanziario; adesso sono tutte pubbliche. Sul sito del ministero è possibile accedere alla valutazione delle singole regioni per i livelli essenziali di assistenza.
  Quanto a una valutazione più specifica per quanto riguarda gli esiti, siamo a un livello molto elevato per quanto riguarda le attività ospedaliere e invece siamo ancora in una situazione di partenza – e qui bisogna mettere mano anche al sistema degli indicatori e dei dati a disposizione – per quanto riguarda le attività territoriali che spesso sono legate alla sola valutazione di alcuni aspetti.
  Vi porto l'esempio delle liste d'attesa a questo proposito, tenendo presente peraltro che la valutazione delle stesse non partecipa fino in fondo a un sistema condiviso. Quindi, una regione lo dà per distretto, assumendo il distretto per alcune specialità, oppure per azienda, per quelle a più alta complessità, e poi c’è invece la regione che sceglie la lista d'attesa del singolo ospedale. Insomma, è molto complicato, perché in realtà il Servizio sanitario nazionale dà al cittadino il diritto di scegliere il luogo di cura, ma è impensabile che ogni singolo luogo possa rispondere ai tempi d'attesa stabiliti.
  Se vengo dall'Emilia Romagna e ho un problema di carattere ortopedico, cercherò di andare al Rizzoli, che però nel suo piano di attività ha delle priorità. Se voglio fare l'alluce valgo in quella sede, probabilmente accetto una lista d'attesa di due anni. È impensabile che il Rizzoli sia Pag. 23tenuto a rispettare la lista d'attesa per interventi di piccola specialità quando la sua mission è un'altra.
  Probabilmente, il sistema di rilevazione delle liste d'attesa deve contemperare il diritto di scelta del cittadino e il dovere del Servizio sanitario nazionale, che è quello di dare al cittadino una prestazione in un luogo accreditato, garantito sulla qualità e sicurezza degli interventi. Dopodiché, se il cittadino sceglie un luogo diverso, difficilmente potrà vedere rispettati i tempi di attesa.
  Il vero problema, tuttavia, è che dobbiamo metterci in condizione di monitorare il percorso dei pazienti cronici sul territorio. Sulla prevenzione siamo maggiormente in grado di valutare, perché i dati sull'attività di vaccinazioni o di screening sono a disposizione e valutabili.
  In questo senso, stiamo lavorando per mettere a punto un sistema di valutazione e l'interconnessione delle banche dati è indispensabile, perché, ad esempio, il percorso del paziente diabetico, se lo stesso non è più rintracciabile e diventa un altro paziente quando va in ospedale rispetto al territorio, perde un pezzo di quella valutazione.
  Per quanto riguarda il tema del centrosud o del centronord, onorevole Calabrò, in questo momento non mi avventuro sui criteri di riparto, ma dico solo una cosa. Dobbiamo uscire da questa situazione generica, o generale, che confonde i determinanti della salute con i determinanti per l'accesso alle prestazioni sanitarie. Mi spiego meglio. Nei determinanti della salute assunti come dice l'OMS non c’è dubbio che la cosiddetta deprivazione sia un elemento forte. Quella deprivazione diventa un fattore che incide sulla richiesta di prestazioni sanitarie ? Il concetto di salute dell'OMS è cosa molto diversa.
  Questo secondo me dovrebbe essere il lavoro di approfondimento. In sostanza, ci sono più cardiopatici, più pazienti cronici, più malattie infettive in una situazione rispetto all'altra. Quando si va a vedere nel concreto, il rischio che ci si trovi di fronte a consumi sanitari che difficilmente sono rapportabili alla deprivazione ha creato una sorta di contrapposizione ideologica su questa cosa per cui non riusciamo a marciare.
  Penso che sia necessaria una valutazione specifica, distinguendo ciò che è il tema della salute da ciò che è il bisogno concreto di accesso alle prestazioni sanitarie, che potrebbe aiutarci a capire quanto l'uno incida rispetto all'altro. È un lavoro che inevitabilmente dovrà essere fatto, perché il patto, per l'ennesima volta lei mi dirà, assume l'obiettivo di andare a vedere quanto può pesare o meno.
  Sulla mobilità, come sa, io l'ho sempre pensata in questo modo. Vale a dire che dobbiamo contemperare il diritto del cittadino a scegliere il luogo di cura con l'altro diritto-dovere previsto dal decreto legislativo n. 229 del 1999. Per poter pagare una prestazione sanitaria ci vuole un accreditamento della struttura e un contratto di fornitura, o un accordo. Nella mobilità sanitaria – e questa volta il patto lo rende non più volontario, ma obbligatorio – bisogna prevedere gli accordi fra regioni, in particolare se confinanti, che devono dunque concordare sull'obiettivo di un governo della mobilità. Il diritto del cittadino a scegliersi il luogo di cura deve essere tutelato, ma questo non può inibire quello che succede normalmente fra un'azienda e l'altra, dove ci sono rapporti e contratti di fornitura.
  Fra regione e regione il patto fa finalmente una scelta chiara. Dopodiché, evidentemente spetterà alle regioni collaborare, del resto una cosa è recuperare le medie e basse specialità e una cosa è recuperare interventi salvavita, che fra l'altro molto spesso sono tempo-dipendenti e quindi non rientrano in questo ragionamento. Insomma, una cosa è spostarsi perché un paziente ha un tumore, e altra cosa è spostarsi perché deve fare la protesi al ginocchio. Su questo penso che gli accordi fra le regioni possano stabilire un elemento di forte novità.
  Quanto all'elenco nazionale dei direttori generali, non penso che cambierà molto, perché gli elementi su cui si basa Pag. 24un elenco generale sono quelli legati alle norme nazionali che stabiliscono quali sono i criteri per cui si può accedere a un elenco dei direttori generali. Che cosa dovrebbe essere fatto in più ? Valutare, in effetti, l'esperienza concreta che un direttore generale ha. Oggi siamo in grado, dentro al sistema attuale, di capire che cosa c’è nella vita professionale di un direttore generale ? È molto complicato, molto difficile.
  Nella cartella dei singoli direttori generali è difficile andare a capire quale sia la loro storia professionale, anche perché molto spesso le regioni non hanno un sistema consolidato di assegnazione degli obiettivi all'azienda sanitaria, di verifica di quegli obiettivi e di assunzione di decisioni. Allora, o abbiamo un sistema nazionale di valutazione e verifica puntuale delle singole aziende sanitarie, o altrimenti il rischio è che l'elenco generale diventi la somma degli elenchi regionali. Dentro a quello, una volta che c’è l'elenco, il fatto che occorra rispettare il diritto della Giunta regionale e del presidente a fare il contratto non mi sembra che sia oggetto di discussione. Quindi, l'elenco generale o alza i criteri per l'accesso e li abbina a un sistema di valutazione condiviso e omogeneo a livello nazionale, altrimenti francamente temo che non sposterà molto rispetto alla situazione attuale.
  Presidente, sono state richiamate anche altre questioni. Faccio fatica a rispondere a tutte, anche visto l'orario. Sulle funzioni di HTA, vedremo nei prossimi mesi se si andrà al riconoscimento di una funzione alta nazionale di HTA, oppure se resterà una sorta di terreno volontario di più soggetti, anche troppi e troppo deboli.
  Il patto distingue l'HTA farmaco, dall'HTA del servizio sanitario per la parte tecnologica e organizzativa, e questo è un passo importante. Penso che le basi per fare dell'HTA un punto forte di innovazione del sistema ci siano. Si tratta di capire come il ministero e le regioni lo giocheranno nei prossimi mesi.
  Vengo al tema della corruzione. Per quanto riguarda l'Agenzia, siamo convinti di aver fatto tutto ciò che la norma prevede, dalla nomina del responsabile della prevenzione e dell'anticorruzione, alla vita interna dell'Agenzia, alla trasparenza dei dati; sul sito sono presenti tutti i dati richiesti dalle norme.
  Abbiamo fatto qualcosa in più. Ritengo che la sanità, per sua natura, nell'ambito dei servizi della pubblica amministrazione, sia un'area molto sensibile al tema della corruzione. Dico questo perché in sanità ci sono delle aree di discrezionalità molto più ampie di altri settori della pubblica amministrazione in senso lato.
  Faccio alcuni esempi. L'accreditamento non avviene attraverso un processo selettivo e concorrenziale fra più soggetti. I contratti di fornitura hanno un'area di discrezionalità piuttosto forte, perché la natura stessa dell'appropriatezza o inappropriatezza, di quale sia il livello giusto di tasso di ospedalizzazione eccetera ha un'area significativa di discrezionalità.
  A mio parere, se è vero che quello della sanità non è un mercato inteso come mercato delle prestazioni sanitarie, lo stesso approvvigionamento dei beni e servizi dovrebbe essere oggetto di una regolazione come tutte le altre aree di mercato. Ciò significa che non dobbiamo fare solo gli appalti per la manutenzione e la lavanderia – e li dobbiamo fare bene –, ma che dobbiamo cominciare a entrare anche nel merito di una modalità concorrenziale anche per un'area delicata come quella dei dispositivi medici. Come ripeto, in giro per il mondo e anche in questo Paese, in alcune regioni, vi sono esperienze già molto avanzate, per cui si arriva ad acquisire le protesi in ortopedia attraverso vere e proprie gare d'appalto.
  Tutto questo però ha bisogno anche di un passaggio culturale molto forte fra i professionisti, dove non si pone necessariamente il tema della corruzione, ma più semplicemente per un professionista una tecnologia risulta più simpatica di un'altra, perché si ha più dimestichezza, perché la si è sempre usata, eccetera.
  Entrare nel merito di questi aspetti è complicato, ma bisogna arrivarci. In sostanza, Pag. 25quindi, è vero che la sanità ha delle aree di discrezionalità abbastanza forti e per questo è oggetto di un'attenzione in più sul tema della trasparenza. È un percorso che dobbiamo assolutamente fare e in questo senso la capacità di monitorare e valutare e le funzioni di technology assessment diventano indispensabili per un sistema che vuole affrontare in termini preventivi tutto questo.
  Presidente, chiudo sul punto che lei sollevava circa i piani di rientro. Il primo problema riguarda come il Governo intende affrontare questa partita. Oggi, in realtà, parliamo di piano di rientro in regioni che sono, quasi totalmente, commissariate. Il piano di rientro da solo non ha risolto il problema e quindi si è passati al commissariamento.
  Sono convinto che noi, senza perdere minimamente la capacità di controllo della spesa – e questo dovrebbe essere il compito specifico del MEF –, dobbiamo introdurre di più il tema che l'oggetto dei piani di rientro è la garanzia dei LEA nel rispetto dei finanziamenti. In questo senso, dobbiamo rafforzare la fase iniziale di affiancamento delle regioni che predispongono il piano di rientro e quindi, dentro a questo affiancamento, Age.Na.S. diventa, secondo il patto, lo strumento tecnico del Ministero, con più pregnanza di ieri.
  Parliamo di un piano di rientro che mette insieme obiettivi economici, obiettivi sanitari e assistenziali. La questione non può non riguardare anche alcuni temi come la governance. In altre parole, abbiamo regioni in piano di rientro che stanno raggiungendo gli obiettivi finanziari, ma qual è il sistema di governo regionale ? Qual è il sistema di finanziamento delle aziende, comprese le aziende sanitarie territoriali ? Qual è il sistema di fissazione degli obiettivi, di verifica, eccetera ? Tutto questo è quasi sempre escluso dai piani di rientro, così come la garanzia dei LEA è un termine subordinato a quello relativo al piano finanziario.
  Abbiamo bisogno di piani di rientro che abbiano questa natura e l'affiancamento deve avvenire da subito con le competenze specifiche che Age.Na.S. può avere, mentre AIFA deve intervenire per la parte di competenza. AIFA ha una funzione di technology assessment del farmaco ? Ebbene, quella funzione viene messa a disposizione del piano di rientro.
  Quando invece si arriva al commissariamento, abbiamo bisogno che esso sia un esercizio vero di poteri sostitutivi da parte dello Stato e, se così deve essere, abbiamo bisogno di rivedere il meccanismo interno di funzionamento; cosa che, lo ripeto ancora una volta, per i nuovi piani è prevista nel patto e per i vecchi piani rimane nella situazione data.
  Da questo punto di vista, la funzione di Age.Na.S. resta quella di un affiancamento alla regione. In una tale circostanza, facendo affiancamento, è parte in causa e dunque è anche il soggetto che poi relaziona al ministero sull'andamento. Teniamo anche presente però che in questa situazione c’è un rafforzamento nel nuovo schema della figura del commissario e del sub commissario sia in termini di quale livello politico-istituzionale si risponde, sia in termini di poteri e competenze rispetto ai direttori generali delle aziende.
  In molte realtà abbiamo assistito a un sistema di affiancamento che poi è diventato potere sostitutivo vero e proprio in cui fondamentalmente il sub commissario, nella misura in cui aveva una relazione positiva con il presidente della Regione, il meccanismo più o meno funzionava, ma nella situazione in cui si andava in rotta di collisione o in contrapposizione, sostanzialmente l'una elideva l'altra, ma non si raggiungeva nessun obiettivo.
  Mi sembra che il patto per la salute trovi un nuovo equilibrio a livello istituzionale, in cui Age.Na.S. dovrebbe essere lo strumento tecnico-scientifico a disposizione del ministero. In generale, non è il braccio armato del ministero, ma la cerniera di collegamento fra il ministero e le regioni.

  PRESIDENTE. Siamo stati fortunati perché abbiamo potuto svolgere un'audizione più lunga rispetto a quella che normalmente questa Commissione è abituata Pag. 26ad avere e credo che sia stato utile per le informazioni che abbiamo avuto.

  ACHILLE IACHINO, Direttore generale facente funzione dell'Age.Na.S. Presidente, vorrei solo aggiungere un'integrazione. Il registro dei crediti esiste. Attualmente stiamo certificando e attestando i crediti dei professionisti sanitari tramite gli ordini che sono i soggetti certificatori. Addirittura, per quella parte di professionisti sanitari regolamentati, ma non ordinati, che hanno ritenuto di non iscriversi a nessuna delle associazioni rappresentative come le ha censite il Ministero della salute, la certificazione la fa la commissione ECM.
  Il singolo professionista, accedendo a un'applicazione on line che è sul sito Age.Na.S., ossia MyEcm, può verificare in tempo reale il numero di crediti che sono stati acquisiti in banca dati. Questo è stato fatto perché la banca dati vera e propria è quella del CoGeAPS (Consorzio gestione anagrafica professioni sanitarie) che, senza tecnicismi esasperati, è un consorzio che rappresenta le professioni sanitarie, quindi gli ordini, i collegi e le associazioni e gestisce la banca dati dei crediti ECM.
  I dati che ha il CoGeAPS vengono trasmessi dai provider che non possono concludere l'evento se non trasmettono il dato al CoGeAPS. Quindi, è un meccanismo bloccante che è nel loro interesse portare a compimento.
  Alcune volte, soprattutto per la FAD, formazione a distanza, che può andare a cavallo d'anno, quindi scavalca il triennio, o per gli ECM organizzati dalle regioni, la trasmissione del dato non è corretta perché utilizzano un tracciato che non è quello indicato dalla Commissione. Allora, tramite il MyEcm, il professionista riesce a visualizzare in tempo reale qual è la sua situazione in banca dati CoGeAPS e, laddove ci fossero degli scostamenti, sono messi a posto.
  Proprio in questi giorni, però, stiamo certificando i professionisti ECM che ne fanno richiesta. Quindi il dato esiste, ma va sistemato facendo sì che le regioni, e quelle che sono in convenzione con Age.Na.S. non hanno questo problema perché utilizzano la nostra piattaforma, trasmettano il dato in maniera corretta. Ad ogni modo, come ho detto, il dato esiste e viene certificato.
  Per quanto riguarda la misura dei crediti, essa non è parametrata al pagamento perché altrimenti sarebbe un circolo vizioso. La misura del credito viene invece fatta in base alla durata dell'evento – e anche lì è controllata, perché non è ragionevole immaginare un evento che duri sei giorni per parlare di alluce valgo, non funziona così – e in base al numero di partecipanti.
  Infatti, anche il numero di partecipanti a un evento ha dei risvolti sulla qualità dell'aula, sulla possibilità quindi di divulgare bene il messaggio. Viene elaborato in maniera automatica da un sistema, quindi il provider non può influire sul numero di crediti. Inserisce soltanto il numero di partecipanti, la durata, l'argomento, quindi a quale obiettivo fa riferimento, e il sistema elabora automaticamente un numero di crediti. Se il provider ne vuole assegnare un numero più basso, lo può fare, ma un numero più alto fa scattare automaticamente un procedimento di verifica dell'evento. In genere, quindi, i provider si attengono all'elaborazione che viene fatta dal sistema.
  Detto questo, sottoscrivo in pieno quello che diceva il presidente sulla necessità di ripensare l'ECM nell'ottica di una utilità per il professionista sanitario e per il sistema in genere.
  Concludo, per rispondere all'onorevole Baroni, con una considerazione sulla natura giuridica dell'Age.Na.S. Si tratta di un ente pubblico non economico, perché così lo qualifica la legge e – ahinoi – è soggetto a tutte le spending review, perché è incluso nell'elenco dell'Istat fra le amministrazioni soggette ai vari tagli.
  Il personale di ruolo è stato assunto con concorso pubblico, come riportato sul sito. Ovviamente non vengono fatti dei veri e propri concorsi per quanto riguarda i collaboratori, perché data la specificità degli argomenti e avendo la pianta organica Pag. 27bloccata, non possiamo andare oltre quel numero di dipendenti. Da una parte, c’è stata la riduzione del personale e delle piante organiche e, dall'altra – l'argomento che è stato più ricorrente in questa audizione –, vi è stato un aumento di competenze e di attribuzioni.
  Quindi, l'unico modo per mettere a «reddito pubblico» gli introiti che vengono dall'ECM è stato quello selezionare, tramite una procedura comparativa e con una commissione, i soggetti che vengono utilizzati come collaboratori. Ad ogni modo, come ho detto, è tutto on line, compresi i loro nomi, i curricula, gli emolumenti e via dicendo.

  GIOVANNI BISSONI, Presidente dell'Age.Na.S. Presidente, aggiungo solo una notazione sul precariato, dal momento che il tema è stato sollevato. Il vero problema che preoccupa Age.Na.S. sono le numerose persone che lavorano sull'ECM; una delle poche competenze fisse permanenti e che è gestita solo con precari.
  La struttura di Age.Na.S. è composta da una quarantina di persone. Questo personale, che è stato trasferito e aggiunto successivamente, è tutto precario. Il resto del precariato ci preoccupa meno, perché trattandosi di progetti di ricerca hanno progetti di collaborazione a termine. Invece per l'ECM, che è una funzione permanente istituzionale, è evidente che il precariato è un problema.

  PRESIDENTE. Ringrazio colleghi, anche per l'attenzione che hanno dedicato all'audizione di questa sera.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.25.