XVII Legislatura

XII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 5 di Lunedì 11 aprile 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Marazziti Mario , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA, NELL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 1432  MURER, C. 1142  MANTERO, C. 1298  LOCATELLI, C. 2229  ROCCELLA, C. 2264  NICCHI, C. 2996  BINETTI, C. 3391  CARLONI, C. 3561  MIOTTO, C. 3596  CALABRÒ, C. 3586  FUCCI, C. 3599  BRIGNONE, C. 3584  NIZZI E C. 3630  IORI: «NORME IN MATERIA DI CONSENSO INFORMATO E DI DICHIARAZIONI DI VOLONTÀ ANTICIPATE NEI TRATTAMENTI SANITARI»

Audizione di rappresentanti della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (FNOMCeO).
Marazziti Mario , Presidente ... 3 ,
Scassola Maurizio , vicepresidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (FNOMCeO) ... 3 ,
Marazziti Mario , Presidente ... 7 ,
Lenzi Donata (PD) , relatrice ... 7 ,
Giordano Silvia (M5S)  ... 7 ,
Miotto Anna Margherita (PD)  ... 8 ,
Nicchi Marisa (SI-SEL)  ... 8 ,
Marazziti Mario , Presidente ... 8 ,
Scassola Maurizio , vicepresidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (FNOMCeO) ... 8 ,
Marazziti Mario , Presidente ... 9 ,
Scassola Maurizio , vicepresidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (FNOMCeO) ... 9 ,
Giordano Silvia (M5S)  ... 9 ,
Scassola Maurizio , vicepresidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (FNOMCeO) ... 9 ,
Marazziti Mario , Presidente ... 10 

Audizione di rappresentanti dell'Associazione Luca Coscioni, dell'Associazione «A buon diritto onlus» e dell'Associazione «Liberididecidere»:
Marazziti Mario , Presidente ... 10 ,
Cardillo Venerando , dirigente del reparto di Cure palliative dell'ASL di Novara, in rappresentanza dell'Associazione Luca Coscioni ... 11 ,
Marazziti Mario , Presidente ... 12 ,
Cardillo Venerando , dirigente del reparto di Cure palliative dell'ASL di Novara, in rappresentanza dell'Associazione Luca Coscioni ... 12 ,
Marazziti Mario , Presidente ... 12 ,
Cardillo Venerando , dirigente del reparto di Cure palliative dell'ASL di Novara, in rappresentanza dell'Associazione Luca Coscioni ... 12 ,
Marazziti Mario , Presidente ... 13 ,
Mengarelli Marina , sociologa e membro di direzione dell'Associazione Luca Coscioni ... 13 ,
Marazziti Mario , Presidente ... 13 ,
Mengarelli Marina , sociologa e membro di direzione dell'Associazione Luca Coscioni ... 13 ,
Marazziti Mario , Presidente ... 14 ,
Resta Federica , membro dell'Associazione «A buon diritto onlus» ... 14 ,
Orsi Maria Gabriella , consigliere dell'Associazione «Liberididecidere» ... 15 ,
Marazziti Mario , Presidente ... 17 ,
Lenzi Donata (PD) , relatrice ... 17 ,
Marazziti Mario , Presidente ... 17 ,
Mengarelli Marina , sociologa e membro di direzione dell'Associazione Luca Coscioni ... 17 ,
Marazziti Mario , Presidente ... 17 ,
Mengarelli Marina , sociologa e membro di direzione dell'Associazione Luca Coscioni ... 17 ,
Marazziti Mario , Presidente ... 17 ,
Mengarelli Marina , sociologa e membro di direzione dell'Associazione Luca Coscioni ... 17 ,
Marazziti Mario , Presidente ... 19 ,
Cardillo Venerando , dirigente del reparto di Cure palliative dell'ASL di Novara, in rappresentanza dell'Associazione Luca Coscioni ... 20 ,
Marazziti Mario , Presidente ... 21 ,
Cardillo Venerando , dirigente del reparto di Cure palliative dell'ASL di Novara, in rappresentanza dell'Associazione Luca Coscioni ... 21 ,
Marazziti Mario , Presidente ... 21 

Allegato 1: Documento consegnato da Maurizio Scassola, rappresentante della FNOMCeO ... 22 

Allegato 2: Documento consegnato da Venerando Cardillo, rappresentante dell'Associazione Luca Coscioni ... 30 

Allegato 3: Documento consegnato da Marina Mengarelli, rappresentante dell'Associazione Luca Coscioni ... 35 

Allegato 4: Documento consegnato da Federica Resta, rappresentante dell'Associazione «A buon diritto onlus» ... 41

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MARIO MARAZZITI

  La seduta comincia alle 15.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati, nonché la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (FNOMCeO).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'esame delle proposte di legge C. 1432 Murer, C. 1142 Mantero, C. 1298 Locatelli, C. 2229 Roccella, C. 2264 Nicchi, C. 2996 Binetti, C. 3391 Carloni, C. 3561 Miotto, C. 3596 Calabrò, C. 3586 Fucci, C. 3599 Brignone, C. 3584 Nizzi e C. 3603 Iori: «Norme in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari», l'audizione della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (FNOMCeO).
  Ricordo che oggi la Commissione prosegue il ciclo di audizioni nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle proposte di legge in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari. Sono previste le audizioni dei rappresentanti della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (FNOMCeO), dell'Associazione Luca Coscioni, dell'Associazione «A buon diritto» onlus e dell'Associazione «Liberididecidere». All'audizione odierna era stata invitata anche l'Associazione nazionale dei comuni italiani, cioè l'ANCI, la quale ha comunicato che non potrà partecipare, ma che invierà comunque un documento scritto.
  Per la Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri è presente Maurizio Scassola, vicepresidente della Federazione, al quale do il nostro benvenuto. Gli do la parola per una breve introduzione, relativa alle cose principali che ha da dire su questo tema. Sicuramente avrebbe da dire moltissime cose.
  Ci sarà spazio poi per alcune domande, ragion per cui, nel caso, potrà completare il suo intervento nelle risposte. Scelga alcune priorità. Ci può lasciare, naturalmente, la sua memoria scritta.

  MAURIZIO SCASSOLA, vicepresidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (FNOMCeO). Grazie, presidente. Grazie ai componenti della Commissione. La Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri ha da molti anni in essere la valutazione di quest'area tanto delicata, che stressa e mette a confronto tante sensibilità, tanti problemi e tanti assetti socioculturali diversi, anche in ambito professionale medico. Questo è un esercizio, secondo noi, di grandissimo valore, di grande sperimentazione e di grande relazione fra le persone e i professionisti e fra questi e le Istituzioni.
  I medici vengono coinvolti non soltanto come professionisti, ma anche come persone con un proprio retroterra culturale, formativo e di competenze e si confrontano con altre persone, sofferenti, con problemi estremamente vari e complicati e con cornici Pag. 4 sociali, economiche e culturali molto diverse.
  La base della mia relazione è posta su queste due autonomie, l'autonomia della persona che assistiamo e l'autonomia del professionista. La mia riflessione è che queste due autonomie non sono ontologicamente in contrasto, ma anzi ci consentono di fare un salto bellissimo, e anche spaventoso dal punto di vista dell'esercizio di democrazia, che ci permette e permette a questo Paese, secondo noi, di sperimentare una vera democrazia compiuta, che parte dagli ultimi, dalle persone più fragili e con maggiori disagi, non soltanto fisici, ma anche psichici e sociali.
  Oggi la nostra domanda è anche se la sofferenza della persona possa essere identificata in maniera dogmatica come sociale o sanitaria. Cosa è sociale e cosa è sanitario oggi? È un tutt'uno. Vengo da una regione, il Veneto, che ha fatto da sempre dell'integrazione sociosanitaria una sua bandiera e un suo vanto. Spero che questo sia il paradigma di confronto anche rispetto a un tema apparentemente molto limitato, come quello delle dichiarazioni anticipate di volontà e del consenso informato e lo strumento attuativo che norma e dichiara i passi fatti nell'ambito di questo aspetto delicatissimo.
  Il nostro codice di deontologia può essere considerato uno strumento para- o meta-giuridico, ma è sicuramente un riferimento giuridico per il medico ed è un riferimento non meramente disciplinare, ma comportamentale ed etico, attraverso il quale i medici si identificano profondamente e concretamente nella loro professione, nel senso della scelta che hanno fatto. Anche su questo accennerò agli articoli che vanno a significare nello specifico il senso di questa nostra audizione di oggi.
  La mia audizione deve prendere le mosse, ovviamente, dall'invitarvi non a fare una legge buona, ma a scriverla insieme. Questa ovvietà della legge buona credo ci porti anche a fare una riflessione che forse è anche il momento giusto per fare, o è un momento più giusto per fare di qualche tempo fa.
  La politica – intendo la politica anche in relazione alle nostre comunità di riferimento – dovrà confrontarsi con comunità estremamente variegate ed eterogenee, le quali hanno anch'esse retroterra culturali differenziati, che vanno resi in maniera omogenea e democraticamente condivisa in un testo di legge.
  Sapete anche che, in relazione allo strumento del cosiddetto «testamento biologico», per volgarizzare un po' la terminologia in termini comuni, molte comunità e molti comuni si sono attivati da anni nell'invitare i cittadini a depositare questo strumento. Noi crediamo che questa legge sia una grande occasione per omogeneizzare e fornire ai nostri cittadini e alle persone che sono al centro della nostra attenzione un riferimento omogeneo sul territorio nazionale. Occorrono uno strumento omogeneo e un percorso di redazione e di sottoscrizione di tale strumento che sia condiviso anche con le figure che riteniamo competenti in questa materia. Non si tratta solo dei medici, ovviamente, ma anche di una cornice sociale, comunitaria e professionale molto, molto varia.
  Diamo per acquisito, dicevo, che le persone giuridicamente e moralmente abbiano una loro autonomia. Nessuno può contestare – credo – questo concetto, che è ormai consolidato da tutte le normative nazionali ed europee e dalla stessa Convenzione di Oviedo, la quale è un punto di riferimento per noi importantissimo, ratificato dallo Stato italiano nei primi anni del 2000 (nel 2001, credo).
  Pertanto, l'audizione di oggi, dopo aver preso lo spunto da alcune riflessioni importanti – il criterio di giustizia, l'eticità, il codice deontologico, l'autonomia della persona che seguiamo – deve essere anche una relazione propositiva, come diceva il presidente. Mi riprometto, però, a questo punto, di leggere alcuni passi per scandire alcuni passaggi importanti in ulteriori cinque minuti, se mi è concesso.
  Sulla base di queste premesse vorrei focalizzare alcuni punti. Si ritiene utile che l'intervento legislativo inserisca nel nostro ordinamento positivo il valore giuridico delle cosiddette dichiarazioni anticipate di Pag. 5trattamento, quando espresse da persona capace, in forma scritta, sottoscritta e datata successivamente a un'informazione medica di cui resta idonea documentazione e contenente, tra l'altro, indicazioni relative all'accettazione o meno dell'avvio e/o della sospensione di terapie o procedure diagnostiche e terapeutiche in caso di sopravvenuta irreversibile incapacità.
  Le dichiarazioni anticipate devono configurarsi come scelte libere, che possono essere in ogni momento revocate o aggiornate e che non devono contenere richieste di atti inequivocabilmente eutanasici, così come richieste di atti o procedure futili e sproporzionati, ovvero riconducibili a forme di accanimento terapeutico.
  Le dichiarazioni anticipate vanno il più possibile attualizzate, prevedendone una scadenza temporale di validità al termine della quale possono essere eventualmente rinnovate con analoga procedura. Il percorso sarebbe il seguente: informazione, consenso scritto, sottoscritto e datato, idonea documentazione, di tipo confirmatorio o meno.
  Le dichiarazioni anticipate vanno contestualizzate sotto il profilo tecnico-professionale, non allo scopo di eludere le specifiche volontà del paziente, ma di verificare la sussistenza o meno delle condizioni cliniche e delle valutazioni tecniche che le hanno informate. In questo senso riteniamo che l'applicabilità delle disposizioni anticipate sia definita sul campo e nello specifico di ogni relazione di cura, garantendo così la ricerca di un equo bilanciamento tra le funzioni di tutela proprie del medico che opera secondo scienza e il rispetto dell'autodeterminazione del paziente.
  In ragione e in forza delle garanzie poste al corretto utilizzo delle disposizioni anticipate riteniamo doveroso – l'ho visto condiviso anche nella relazione della relatrice – il termine «diritto mite». «Diritto mite» ha il significato di tutte le premesse che vi ho accennato prima. Seguire un «diritto mite» vuol dire che non possiamo ingessare il rapporto medico-persona attraverso linee-guida e protocolli rigidi che ne determinino l'assoluta incomunicabilità.
  Quello che, invece, per noi è molto importante delle procedure è la definizione dello stato neurologico della persona, dello stato di capacità e di competenza. Dobbiamo fare ancora molti passi in questo senso. Invito, pertanto, il legislatore a prevedere anche strumenti di monitoraggio tecnico-professionale e scientifico di tutti quegli strumenti e approcci diagnostici che possono permettere ai professionisti di vivere in maniera serena lo stato di quella persona in quel momento e nel suo momento evolutivo.
  La relazione di cura del fine vita è unica e irripetibile, se fondata sull'alleanza terapeutica. Contiene in sé tutte le dimensioni etiche, civili e tecnico-professionali per legittimare e garantire una scelta giusta nell'interesse esclusivo del paziente e rispettosa della sua volontà. Diverse sono le condizioni cliniche, il contesto socioculturale e organizzativo e il rapporto con i medici curanti e con l'équipe assistenziale. La nutrizione e l'idratazione artificiale sono trattamenti di esclusiva competenza medica e implicano procedure con rischio clinico. Devono essere precedute dal consenso informato in ragione dei rischi connessi alla loro preparazione e assunzione nel tempo.
  Il ruolo del medico non può essere meramente esecutivo. Egli è portatore di una propria autonomia, che è assunzione di responsabilità a sicurezza e garanzia della persona. Il medico è anch'esso persona con propri valori, proprie storie, proprie competenze e proprio ruolo. Sono queste specificità umane che si incontrano e devono trovare una sintesi.
  Un altro punto è la figura del delegato fiduciario, che richiede una puntuale definizione del suo ruolo. Noi riteniamo che debba essere di vigilanza sulle applicazioni delle dichiarazioni anticipate e di cooperazione con il medico curante, al fine di evitare conflitti fra le due funzioni di tutela, dovendo entrambi perseguire il migliore interesse del paziente.
  Dovrà essere previsto per il medico il diritto alla libertà di coscienza rispetto ai contenuti delle disposizioni. In forza di quanto già previsto nel Codice deontologico, Pag. 6 ovviamente, per il medico rimangono gli obblighi morali, deontologici e professionali di continuare la sua assistenza fino a quando un altro collega in un'altra relazione di cura si farà carico di quelle volontà.
  La FNOMCeO ritiene utile la costituzione di un osservatorio su tutti questi temi, compresi anche l'applicazione pratica e il sostegno alle famiglie all'assistenza. I medici ritengono che il legislatore, nel decidere di intervenire in materia di dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario, debba altresì garantire un'efficace rete di tutela dei soggetti più deboli, perché inguaribili, terminali, morenti e comunque sofferenti, ancor più se divenuti incapaci.
  Le politiche di governo dei processi di cure di fine vita registrano, infatti, pesanti ritardi nel nostro Paese, nonostante i meritori progressi degli ultimissimi anni. Ci riferiamo alle cure del dolore, agli approcci palliativi, all'istituzione degli hospice, ma anche alle carenze di personale sanitario competente formato e dedicato ai supporti economici e sociali per chi assiste e spesso vive nell'incertezza sul futuro e sulla responsabilità dei sacrifici economici, sociali e lavorativi che mettono a rischio il livello socioeconomico delle famiglie, ingigantendo l'angoscia di tutto il nucleo familiare.
  Gli articoli del codice deontologico che voglio ricordare sono l'articolo 35, che recita «Consenso e dissenso informato», l'articolo 37, che recita «Consenso e dissenso del rappresentante legale», l'articolo 38, «Dichiarazioni anticipate di trattamento», e l'articolo 39, «Assistenza del paziente con prognosi infausta o con definitiva compromissione dello stato di coscienza». Tutto questo rappresenta l'impegno, non soltanto morale, etico e deontologico, ma anche civile e professionale del medico. Il codice di deontologia, attraverso la sua forza giuridica ed etica, pone a tutti i medici uguali interrogativi e uguali responsabilità.
  Per concludere, chiediamo anche al legislatore che il Registro dei testamenti biologici venga istituito, rendendo facile e omogenea la sua formulazione e la sua applicazione. I registri dovrebbero rappresentare anche uno strumento di informazione per l'accesso ai diritti. Dobbiamo prioritariamente analizzare i bisogni delle persone e del loro contesto familiare per sostenere le loro fragilità, inserendole in un progetto di ascolto e di protezione sociale. Solo con questa premessa i registri diverranno un vero strumento di attuazione delle volontà.
  La FNOMCeO si rende disponibile ad affiancare la politica nella scrittura di un testo che renda il registro uno strumento utile a costruire una rete di competenze a sostegno delle persone che dovranno sottoscrivere e depositare il proprio testamento in modo protetto, consapevole e informato.
  Permettete una piccola provocazione: il consenso informato è un atto medico non delegabile e dovrebbe rientrare nei livelli essenziali di assistenza come attività strategica e indicatore del livello di umanizzazione, di qualità e di efficacia delle buone pratiche per tutti i servizi e per le direzioni generali. Dobbiamo avere il coraggio di impegnarci al raggiungimento di quest'obiettivo.
  La relazione medico-paziente è strettamente collegata alla disponibilità del fattore tempo. Se il tempo della relazione il medico lo deve comunque trovare all'interno di un'organizzazione complessa e condizionata dalle procedure, nell'ambito specifico del consenso informato e delle DAT questo tempo non è una procedura, ma una pratica eccellente e un dovere istituzionale costituzionalmente protetto del Servizio sanitario nazionale.
  In conclusione, la FNOMCeO ritiene che tutti siamo messi alla prova nei rispettivi ruoli e nelle rispettive responsabilità per verificare se finalmente il nostro Paese sia nelle condizioni di poter esprimere i livelli più alti e nobili di assistenza e cura. Il consenso informato e le dichiarazioni di trattamento sono un indicatore potente della nostra capacità, come Paese, di dimostrare disponibilità all'ascolto e, capacità di individuare i contesti e di decidere in termini strategici con la persona nella cornice familiare e sociale che le appartiene.

Pag. 7

  PRESIDENTE. Ringrazio il vicepresidente della FNOMCeO.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  DONATA LENZI, relatrice. Ringrazio moltissimo il vicepresidente di averci presentato la posizione della FNOMCeO. Già nella precedente legislatura, in un dibattito forse anche troppo caldo nei toni, c'era stato un prezioso contributo dell'ordine su questa materia. Adesso non l'ho sotto mano, ragion per cui la prima domanda è se siamo nella stessa continuità e se si riprende il documento di Terni.
  Poiché so che avete modificato il codice deontologico, vorrei sapere se questi articoli sono omogenei con i precedenti. Glielo chiedo anche per risparmiarmi un po' di studio.
  Su quanto lei ha detto sicuramente non mancherà, anche in futuro, un'interlocuzione che è assolutamente necessaria per scrivere un testo che sia operativo.
  Le dico da subito che del suo intervento mi lascia un po' perplessa il fatto di considerare il consenso non un «pre» atto medico, cioè una condizione imprescindibile che permetta e dia legittimità all'atto medico, in applicazione dell'articolo 13 della Costituzione, visto che questa è la linea della Corte costituzionale, ma quasi un atto a sé stante. Ecco, lo troverei un po' una forzatura. Il consenso è la garanzia che posso operare sul corpo di un altro e invadere la sua sfera privata e personale per una ragione pienamente legittima.
  Lo dico perché, quando andremo a scrivere il consenso, sicuramente questo avrà delle influenze su una serie di altri aspetti. Penso alla legge della responsabilità professionale e ad altro. Infatti, quando non avevamo ancora incardinato questo provvedimento, avevamo pensato di affrontare in quella sede il tema del consenso perché è un'urgenza. In realtà, il nostro Paese regolamenta solo i casi in cui si va contro il consenso, dal TSO agli altri interventi obbligatori. Lo dico solo per mantenere aperto il dialogo, però la domanda è la seguente: c'è continuità con quanto è stato presentato e il vostro contributo precedente?

  SILVIA GIORDANO. Ringrazio il vicepresidente Scassola per l'esposizione chiarissima.
  Vorrei fare una serie domande sui punti che ho cercato di approfondire nel corso delle audizioni.
  In particolare, noi abbiamo considerato, nella nostra proposta di legge e non solo nella nostra, il testamento biologico come un contenitore al cui interno ritroviamo non solo la DAT, ma anche altre disposizioni che riguardano comunque il fine vita o il corpo dopo la morte. Quindi, la persona, con il testamento biologico, oltre a fare la dichiarazione anticipata di trattamento, poteva dire anche se voleva donare gli organi oppure se voleva dare il corpo alla ricerca o addirittura specificare la funzione religiosa.
  Le chiedo cosa ne pensa, perché su questo abbiamo avuto opinioni contrastanti.
  Per quanto riguarda la scadenza temporale della DAT, anche qui ci sono vari punti di vista. Onestamente – è un ragionamento che facevo anche con i colleghi – non sarei favorevolissima alla scadenza temporale, ma a una comunicazione, nel senso che immagino che, se una persona a diciott'anni fa la DAT e poi non c'è più alcuna comunicazione o alcuna richiesta di rinnovo, più nulla, a diciott'anni può avere un'idea perché ha una determinata forma mentis, ma a quarant'anni potrebbe averne un'altra, quindi avevo pensato a una sorta di comunicazione del tipo «lei a diciott'anni ha fatto questa dichiarazione, dopo dieci anni è ancora di questa idea?».
  Inoltre, disposizione o direttiva? In altre parole, disposizione anticipata di trattamento o direttiva anticipata di trattamento, quindi rendere una certa obbligatorietà per il medico oppure no?
  Ancora, cosa avviene in caso di sopravvenuta incapacità di comunicare secondo i metodi tradizionali? Poniamo che io sono una persona capace di intendere e di volere che scopre di avere la SLA o la distrofia muscolare o comunque una malattia degenerativa e accetto la tracheostomia, la PEG Pag. 8e determinati trattamenti sanitari, quindi sono dell'idea di volerli affrontare perché ho una famiglia o dei figli che voglio veder crescere. Dopo tre anni, pur avendo immaginato che, a quel punto, la mia vita si fosse conclusa, continuo a vivere, ma magari sono stanco e non ce la faccio più. Come posso comunicarlo? Secondo voi, in quel caso è giusto introdurre il mezzo del puntatore oculare o comunque come può la persona comunicare non la volontà all'eutanasia, quindi non a un'iniezione letale, ma il fatto di non voler più respirare artificialmente?
  In merito all'ultima cosa che ha detto, ammetto che mi sono distratta. Le chiedo se può ripetermi la parte dell'idratazione e alimentazione artificiale perché si riconduce a questo. Grazie.

  ANNA MARGHERITA MIOTTO. Anch'io la ringrazio molto, vicepresidente.
  Lei ci ha ricordato l'opportunità di seguire ciò che la relatrice Lenzi ha inserito nella sua relazione iniziale del testo, condividendo un'impostazione di soft law in cui evitare i dettagli. Anch'io concordo con questo. Nel progetto di legge che ho depositato, mi sono ispirata a questo orientamento che peraltro ci era stato raccomandato, nella discussione che è stata fatta nella precedente legislatura, da molti esperti e anche – devo dire – nel documento di Terni della FNOMCeO.
  Riguardo ai contenuti che lei ha espresso nell'intervento che ci ha presentato, in verità cita parecchie esigenze di dettaglio, in particolare per quanto riguarda il documento della DAT. Io francamente li eviterei, nel senso che potrebbero dar luogo a contenzioso. Noi dobbiamo sempre pensare che ci possano essere, per esempio, delle condizioni per le quali, nel rapporto fra il medico, il fiduciario e i familiari, non si raggiunga un'intesa su come procedere in una determinata situazione, come quella in cui la persona che ha sottoscritto la DAT non è più in grado di intendere e di volere. Lei ritiene che, invece, si debba insistere sul punto e individuare magari un collegio o un'autorità che sia in grado di decidere in tali circostanze? Personalmente eviterei e mi fermerei anche un passo prima, rispetto a tutte le condizioni che lei ha posto, però vorrei capire se questa è una evoluzione della riflessione che c'è stata all'interno di FNOMCeO sul punto. Grazie.

  MARISA NICCHI. Semplicemente vorrei capire il rapporto tra obiezione di coscienza e vincolo del medico alla decisione. Si tratta di un tema molto complesso perché sono tutti e due valori che vanno garantiti.

  PRESIDENTE. Grazie. Nel darle la parola per la replica, vicepresidente, vorrei fare una sottolineatura.
  Mi ha colpito, rispetto alle dichiarazioni anticipate di trattamento e alla responsabilità del medico nel dare seguito in un percorso accompagnato a queste volontà, che lei abbia detto che tutto questo tema si basa su un elemento, cioè che sia fatto quanto più possibile per rimuovere le carenze di personale sanitario competente, formato e dedicato, per fornire supporti economici e sociali a chi assiste e vive l'incertezza nel futuro e la responsabilità dei sacrifici economici. Insomma, se non si fa tutta la parte per togliere l'angoscia del fine vita, tutto quello di cui stiamo parlando rischia di essere squilibrato in radice, quindi di essere una soluzione ex post a una cosa che non si è affrontata in termini corretti prima. Questo elemento mi sembra molto importante.
  La mia è solo una sottolineatura, non una domanda, ma può esserle utile nel giro di risposte. La ringrazio.

  MAURIZIO SCASSOLA, vicepresidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (FNOMCeO). Vi chiedo di aiutarmi e, se salto qualche domanda, di rifarmela, per piacere.
  C'è assoluta continuità rispetto alla nostra storia recente e non c'è nessuna discontinuità. Ci sono altre persone, altri leader e altri gruppi che pongono in maniera provocatoria alcune riflessioni. Molte delle cose che avete detto sono per noi punti di domanda e non abbiamo risposte Pag. 9anche nel merito del singolo caso o nella datazione né sappiamo se abbiamo bisogno o meno di un gruppo di esperti per definire alcuni momenti. Probabilmente ne abbiamo bisogno in alcune circostanze perché neurologicamente, come diagnostica, noi non siamo indietro assolutamente, ma dobbiamo fare ancora molti passi.
  Tutto questo ci impone prudenza. Inoltre, la Federazione pone alcune questioni come nodi che insieme dobbiamo sciogliere.
  Non ho fatto affermazioni perentorie. Anche la provocazione sul consenso informato era strettamente legata non al consenso informato in generale, che è un obbligo relazionale del medico, ma a quando, nello specifico, il consenso informato assume un determinato valore. In quel momento, io ho bisogno probabilmente anche di formalizzarlo un po' meglio e di creare una cornice non documentale, ma temporale, relazionale e specifica perché è un modello riproducibile poi nella vita quotidiana del medico. Quello, secondo me, va stressato come momento. Si tratta di un'occasione che insieme abbiamo per poter parlare del tempo da dedicare al soggetto sofferente.
  Quanto ai LEA della relazione, per carità, io vi ho detto in premessa che la mia è una provocazione, per cui considerate il discorso organizzativo economico e sociale, perché insieme abbiamo un'occasione. Una legge pone anche delle questioni di sostegno a quella legge. È una legge buona, una legge giusta e una legge che di per sé norma alcuni aspetti della vita delle persone, ma pone anche delle questioni ad altri legislatori e ad altri che produrranno gli elementi a sostegno del fatto che quella è una legge applicabile perché esiste una cultura e un finanziamento di attività e di personale a sostegno.
  Molte delle sofferenze che le persone e le famiglie affrontano sono disagi sociali. Tuttavia, mancano il sostegno psicologico e il sostegno sociale e comunitario. Ecco, la sofferenza vera si ridurrebbe veramente tantissimo e la richiesta eutanasica, se mi permettete di dirlo, sarebbe un problema assolutamente residuale.
  Il cosiddetto «testamento biologico» deve essere circoscritto, secondo me, altrimenti diventa un libro dei desideri, delle dichiarazioni e delle volontà. In questo momento, credo che dobbiamo – scusatemi per il termine – usarlo come uno strumento dedicato, per cui dovremmo circoscriverlo, secondo me, a quello di cui stiamo parlando. Tutto il resto (la religione, la cultura eccetera) è un problema che sicuramente affrontiamo tutti i giorni, ma in un ambito ancora più intimo e familiare.
  Mi scusi, lei mi ha fatto tante domande ...

  PRESIDENTE. Nel caso in cui tre anni...

  MAURIZIO SCASSOLA, vicepresidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (FNOMCeO). Io sono d'accordo con lei, in linea di massima.
  Sono abituato, come medico, a una verifica e a una revisione costante dei miei atti o dovrei esserlo. Tuttavia, questo è un altro piano. Sicuramente io devo revisionare la mia posizione, quando culturalmente, o crescendo o evolvendomi, cambia la mia prospettiva, ma lo posso decidere anch'io senza avere delle scadenze triennali o biennali.
  D'altronde, l'evoluzione anche della medicina e della scienza procede talmente a step by step improvvisi che è impossibile determinare da qui a tre anni cosa sarà la scienza. Molte volte soltanto in sei mesi o tre mesi cambiano drammaticamente la scienza e i parametri di riferimento che noi abbiamo, quindi sarei d'accordo nel non dare una scadenza temporale. Questa non è una cosa che noi poniamo; noi poniamo la questione, anche in questo caso.
  Mi ripete le altre domande?

  SILVIA GIORDANO. Disposizione o direttiva?

  MAURIZIO SCASSOLA, vicepresidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (FNOMCeO). Come prima cosa, ho parlato dell'autonomia della persona e dell'autonomia Pag. 10 del medico. L'autonomia non è una definizione di casta, per cui cerchiamo di non cadere in facili considerazioni. Questa è una considerazione molto pesante legata alla sicurezza del sistema.
  L'autonomia del medico non vuol dire «faccio quello che mi pare oggi perché mi sono alzato male», vuol dire anzi assumersi costantemente la responsabilità delle proprie decisioni, che devono essere collegate al proprio codice comportamentale, al proprio ruolo e alle proprie competenze, ma anche al contesto lavorativo, che è estremamente variegato.
  Una cosa è lavorare in un ospedale di rete, una cosa è lavorare in un hub, una cosa è lavorare in un hospice e una cosa è lavorare in un ospedale di comunità: ho sostegni e organizzazioni completamente diversi. Devo essere messo in grado, in quella circostanza e in quel momento, di dichiarare che sono autonomo per il bene di chi assisto e non per il bene mio e della mia autosufficienza.
  In un sistema organizzativamente complesso, come quello che stiamo vivendo adesso, che una volta era soltanto a livello ospedaliero e adesso a livello territoriale – leggi équipe multiprofessionali – è molto importante che l'autonomia venga compresa nell'équipe. L'autonomia non è autonoma perché sono un individuo e faccio quello che mi passa per la testa, ma è autonoma nella co-responsabilizzazione.
  Le due autonomie, quella del paziente e quella del medico, devono avere un livello assoluto di coerenza, in questo senso, nella finalizzazione e nella sicurezza di quello che faccio e anche delle scelte che dovrò fare e che possono comportare il fatto di dover dire «non sono d'accordo su questo dato trattamento». Mi riferisco alla domanda sull'obiezione.
  Non ho, anche qui, dei limiti netti fra obiezione di coscienza e altre prese di posizione del professionista. L'obiezione di coscienza ovviamente rientra in un dettato legislativo ben preciso che dà al medico un certo tipo di garanzia.
  In questo caso, noi non parliamo necessariamente di quel tipo di obiezione, ma, nel momento in cui non sono d'accordo su alcune pratiche con il rappresentante legale o con lo stesso soggetto che curo e non sono in grado di fornire la risposta che mi viene chiesta perché non ho un atteggiamento professionale, culturale ed etico di quel tipo, io devo delegare qualcun altro a soddisfare i desideri del paziente e devo chiamarmi fuori rispetto a questo.
  Credo che l'autonomia, in questo senso, esprima esattamente il rispetto di quel professionista, cioè di quella persona competente, nei confronti del soggetto assistito cui deve spiegare ovviamente il motivo di questo suo dissenso; e lo rispetta tanto da dare a qualcun altro il compito di continuare una cosa su cui lui non è d'accordo e che non possiamo imporre per legge.
  Vale lo stesso discorso, su un piano diverso, per le dichiarazioni rispetto alle determinazioni o rispetto alle direttive: io non posso essere obbligato da chicchessia a fare una certa cosa. Il giudice me lo può imporre, il giudice lo può fare.
  Mi spiace se non ho risposto a tutto, ma sono ovviamente a disposizione.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Scassola e la Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (FNOMCeO). Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico del documento depositato (vedi allegato 1) Dottore, ci faccia avere, se ritiene, ulteriori materiali e anche altre osservazioni. Grazie.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti dell'Associazione Luca Coscioni, dell'Associazione «A buon diritto onlus» e dell'Associazione «Liberididecidere».

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti dell'Associazione Luca Coscioni, dell'Associazione «A buon diritto onlus» e dell'Associazione «Liberididecidere», nell'ambito dell'esame delle proposte di legge C. 1432 Murer, C. 1142 Mantero, C. 1298 Locatelli, C. 2229 Roccella, C. 2264 Nicchi, C. 2996 Binetti, C. 3391 Carloni, C. 3561 Miotto, C. 3596 Calabrò, C. 3586 Fucci, C. 3599 Brignone, C. Pag. 113584 Nizzi e C. 3603 Iori: «Norme in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari».
  Per l'associazione Luca Coscioni sono presenti Venerando Cardillo, dirigente del reparto di cure palliative dell'ASL di Novara, Marina Mengarelli, sociologa e membro della direzione dell'associazione, e Matteo Minardi, membro della giunta dell'associazione. Per l'associazione «A buon diritto onlus» è presente Federica Resta, membro dell'associazione. Per l'associazione «Liberididecidere» è presente Maria Gabriella Orsi, consigliere dell'associazione.
  Darei a ogni associazione 5-7 minuti al massimo per la presentazione iniziale. In seguito ci saranno le domande e, quindi, ci sarà senz'altro il tempo di integrare.
  Do la parola a Venerando Cardillo per lo svolgimento della sua relazione.

  VENERANDO CARDILLO, dirigente del reparto di Cure palliative dell'ASL di Novara, in rappresentanza dell'Associazione Luca Coscioni. Ringrazio il signor presidente e i convenuti, a nome mio, di Dominique Velati, volontaria dell'associazione «La scintilla», morta da esule in Svizzera, e di tutti quelli che come lei vorrebbero essere ascoltati nel luogo deputato a prendere le decisioni sulla garanzia del diritto di poter vivere e morire con dignità, con un'attenzione ai problemi reali delle persone e a problematiche non risolte, che negli ultimi tempi hanno creato una distanza lacerante tra cittadine e cittadini e una politica che sembrerebbe incapace di prospettare soluzioni adeguate.
  Mi chiamo Cardillo, sono un anestesista rianimatore, oggi responsabile di un'unità di cure palliative in Piemonte, presidente di un'associazione onlus che opera a sostegno delle cure palliative.
  Ho passato tanti anni, per professione, a occuparmi della vita degli altri. Ogni volta sono intervenuto, a volte rischiando. Ho fatto il rianimatore anche nell'elisoccorso.
  Ho cercato di salvare la vita delle persone a prescindere, in alcuni casi strumento inconsapevole di una scienza medica che aiuta l'uomo a vivere di più e meglio, ma che può creare situazioni straordinarie di vita sospesa, una non vita, gravata da problemi etici enormi, che ha risvolti pratici, con sofferenza che si aggiunge a sofferenza, una sopravvivenza in cui chi è coinvolto, peraltro incomprensibilmente, non ha titolo a decidere delle cose che lo riguardano.
  Mi occupo di ammalati di cancro nella fase di malattia che porta alla morte. Come abbiamo sentito da altri auditi, in Italia sono 150.000 i decessi annui per tumore e una altrettanto vasta popolazione di ammalati con malattie croniche, degenerative e progressive si spegne.
  Nella mia esperienza, tutti attraversano una fase terminale con progressiva perdita di autonomia fino alla dipendenza totale, con sintomi gravi non sempre controllabili, se non con una sedazione palliativa.
  Le cure palliative si occupano del paziente e della sua famiglia, alleviando la sofferenza e cercando di dar vita degna ai giorni che rimangono.
  Accompagno tutti i giorni pazienti che non hanno più speranza, se non quella di morire senza sofferenza e con dignità. La morte non è un evento puntiforme, ma un processo più o meno lungo e più o meno devastante, e il nostro compito è accompagnare con professionalità, capacità, competenze e amore queste persone nell'ultimo tratto di vita.
  Perché il nostro compito di curante sia adeguato alle necessità, creiamo una relazione empatica con il paziente, lo informiamo, per quanto vuole essere informato, della malattia e della prognosi, cerchiamo di controllare i sintomi e le sofferenze, affinché il progetto di cura non sia dettato dalla disperazione del dolore e sia proporzionato alla fase di malattia, per evitare inutili e a volte inumani viaggi della speranza, tutto nel rispetto della volontà della paziente.
  Tuttavia, rispettare la volontà del paziente oggi per alcune richieste sul fine vita non è sempre possibile.
  Dominique, oltre che un'amica, è stata un'instancabile volontaria, piena di attenzioni per le persone a lei affidate. Il destino ha voluto farle provare fino in fondo e di Pag. 12persona l'esperienza delle cure palliative, la paura, l'ansia, la necessita delle scelte di fine vita.
  Ha aiutato negli scorsi anni tanti ammalati e tante famiglie nel percorso della malattia inguaribile. Ha accompagnato per mano molte persone nel momento più difficoltoso della propria vita, insieme a medici e a infermieri dell'ASL di Novara, cercando di evitar loro l'esperienza dell'accanimento terapeutico e l'abbandono, senza mai far pesare la sua personale opinione, ma offrendo un sostegno incondizionato e non ideologico.
  Dominique ha deciso di non voler attendere che la morte la cogliesse impreparata. Inoltre, ha voluto testimoniare in modo personale le sue idee sulle decisioni di fine vita. Prima di lasciarci ha detto: «Non voglio che condividiate, ma che comprendiate il mio agire. Parlate di questo, discutetene».
  Ecco, parliamone. Sono qui a dar voce a chi di solito non ha la possibilità di esprimere la propria opinione su questioni che riguardano, paradossalmente, le cose più care che ha: la propria vita, la propria morte e la possibilità di decidere quanto debba succedere alla fine della vita, soprattutto se non fosse in grado di intendere e di volere.
  Si badi bene, stiamo parlando della vita di ognuno di noi, non della vita degli altri. In questi anni mi sono reso conto che alcuni dei miei pazienti – ne ho seguito circa 5.000-6.000 – chiedono una legge che apra alla possibilità di decidere in tal senso, soprattutto finché si è in grado di farlo.
  Certamente su tali temi ci sono diversità di vedute, ma è nella diversità delle idee che si riescono a fare cose sagge. Non vogliamo un pensiero unico, peraltro pericoloso, a favore di una tesi o dell'altra. Occorre discutere tenendo conto della sensibilità di tutti, ma soprattutto che il problema non è più rimandabile.
  Oggi come ieri molti pagano con sofferenza le nostre titubanze. Per le leggi attuali, devono essere prese ancora oggi decisioni sul fine vita che vengono vissute dal morente...

  PRESIDENTE. Le chiedo, se riesce, di sintetizzare, perché noi avremo tutto il testo. Non riusciamo ad ascoltarlo nei cinque-sette minuti iniziali.

  VENERANDO CARDILLO, dirigente del reparto di Cure palliative dell'ASL di Novara, in rappresentanza dell'Associazione Luca Coscioni. Ho preparato una relazione più lunga. Questa era una...

  PRESIDENTE. Se corrisponde a quella che ho in mano io, sono quindici.

  VENERANDO CARDILLO, dirigente del reparto di Cure palliative dell'ASL di Novara, in rappresentanza dell'Associazione Luca Coscioni. No, questa è una relazione più breve.
  Con i limiti della legge proposta nella legislatura precedente, in occasione del caso Eluana Englaro, e ribaditi in alcune proposte di legge attuali, si creerebbero situazioni che rischiano di far parlare di condanna a vita oltre che di condanna a morte.
  In quella proposta di legge si indulge su nutrizione e idratazione come bisogni essenziali, la cui esecuzione non è nella disponibilità di dichiarazioni anticipate del paziente, in quanto non atto terapeutico che può essere rifiutato.
  Di fatto, la questione degli interventi di sostegno vitale, alimentazione e idratazione necessari al mantenimento in vita del malato era stata sollevata per depotenziare e annullare l'utilità del testamento biologico, non facendoli rientrare nella disponibilità delle dichiarazioni anticipate.
  Nel caso dei pazienti da me assistiti e in fase di terminalità, se imposte in modo indiscriminato, nutrizione e idratazione porterebbero a un'agonia sempre più lunga e renderebbero ancora più necessaria l'esigenza di avere una dichiarazione-direttiva anticipata.
  Si indulge poi su un rapporto medico-paziente entro il quale troverebbe soddisfazione il problema della necessità delle dichiarazioni anticipate. Non si tiene conto che spesso quel rapporto non esiste o non esiste nel modo in cui si intende. Pag. 13
  In alcune proposte di legge si parla di relazione medico-paziente quale panacea al problema. Se in modo pilatesco, però, affidassimo l'attuazione delle dichiarazioni del malato al medico, seppur in una relazione d'aiuto forte, non avremmo garanzia che la volontà del paziente, in un rapporto comunque sbilanciato, sia rispettata, a maggior ragione se il paziente non fosse in grado di intendere o di volere.
  Alla fine della vita del paziente, il medico, al quale è affidata la verifica delle condizioni sine qua non, quali l'inguaribilità della malattia e la prognosi infausta breve, non può e non deve decidere secondo proprie convinzioni.
  Potrebbe crearsi una situazione pericolosa, che nel bene o nel male, per fragilità del medico, per sue paure, per medicina difensiva, per condizionamenti esterni, potrebbe portare a una soluzione non confacente.
  È stato detto in questa Commissione che l'eutanasia clandestina si pratica. È stato detto anche che nelle terapie intensive il 60 per cento dei decessi è dovuto ad azione od omissione del medico rianimatore e solo nell'8 per cento dei casi su dichiarazione anticipata di terapia.
  Chi ci assicura che questa eutanasia clandestina in questo settore della medicina o in altri, lasciata alla decisione del singolo, sia rispettosa della volontà del paziente e non legata alla fragilità di chi la pratica o all'insistenza dei parenti? Altresì, chi ci mette a riparo da una scienza che non sa quando e dove arrendersi?
  Vogliamo regole che normino questa zona grigia. La quantità e la qualità di vita, della nostra vita, non possono essere giudicate da altri, che non conoscono la nostra storia, i nostri affetti, la nostra sensibilità.
  È vero che l'uomo è un individuo sociale. Più volte in altre sedute, presidente, ha sollecitato questa riflessione. È vero anche secondo noi che, sebbene ciò che riguarda il paziente ha riverbero sulla famiglia e sulla società, il diritto individuale alla salute è più forte di quello collettivo.
  Forse in una società che non vagheggiasse l'immortalità come evento naturale sarebbe la mera sopravvivenza lo scandalo, non la morte certa programmata.
  L'eutanasia clandestina risulta praticata e non controllata, in un vuoto normativo poco rassicurante. Spesso per noi palliativisti è difficile fare differenza tra l'intervento che aiuta nel morire e quello che aiuta a morire, in un paziente cui peraltro è negato il diritto a testimoniare in modo valido la propria volontà. La difficoltà di distinguere la volontà di praticare una sedazione palliativa – teoria del doppio effetto – dalla volontà di fare una pratica eutanasica rende minima la differenza tra le forme di solidarietà tollerate e quelle non ammesse e addirittura punite con la galera e rende necessaria, pertanto, una regolamentazione specifica da parte del legislatore.
  Solo il 30 per cento dei pazienti proponibili accede a un programma di cure palliative. Il 60 per cento al 2008 moriva in ospedale. Meno del 30 per cento è informato e consapevole di prognosi. Chiediamo un'assistenza efficace, che vedo nell'implementazione e nel potenziamento delle cure palliative, con piena attuazione della legge n. 38 del 2010. Chiediamo la possibilità per il paziente informato su diagnosi e prognosi, quando la malattia è inguaribile e la morte è certa, di scegliere il suo destino, anche se fosse non capace, con dichiarazioni di volontà che abbiano consistenza di direttiva.
  Grazie, presidente.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, anche per lo sforzo di sintesi.
  Darei ora la parola a Federica Resta, membro dell'Associazione «A buon diritto».

  MARINA MENGARELLI, sociologa e membro di direzione dell'Associazione Luca Coscioni. Anche io dovrei intervenire per l'Associazione Coscioni.

  PRESIDENTE. Può intervenire in replica, dopo le domande.

  MARINA MENGARELLI, sociologa e membro di direzione dell'Associazione Luca Coscioni. Devo svolgere una relazione.

Pag. 14

  PRESIDENTE. Non ha il tempo di farla, perché abbiamo detto che ogni associazione ha all'inizio 5-7 minuti per l'esposizione. Però, sicuramente, magari in replica, interverrà lei, esponendo eventualmente anche alcune delle cose della sua relazione. Mi scuso, ma forse non sono stato chiaro all'inizio.
  Darei ora la parola alle altre due associazioni, ossia a Federica Resta, membro dell'Associazione «A buon diritto», e poi a Maria Gabriella Orsi per «Liberididecidere».

  FEDERICA RESTA, membro dell'Associazione «A buon diritto onlus». A nome dell'Associazione ringrazio per la possibilità di esprimerci su un tema che A buon diritto ritiene determinante, in quanto soprattutto questo tema, come altri afferenti alla bioetica, dimostra come oggi la medicina intervenga su campi che non si limitano più alla cura del corpo e della salute in sé, ma che coinvolgono necessariamente una concezione di vita. Coinvolgono necessariamente l'idea che il singolo e solo il singolo paziente può avere del rapporto tra libertà e tecnica, tra scienza e diritto, tra autonomia e dipendenza. In questo caso può essere la dipendenza da un macchinario per continuare a vivere o da un farmaco.
  Tutto questo dimostra come temi quali quello dell'inizio della fine della vita non possano che essere integrati rispetto al parametro del migliore interesse sanitario terapeutico con il punto di vista che solo il paziente può avere su se stesso, un punto di vista che non è soltanto e necessariamente medico, ma è anche un punto di vista esistenziale.
  Tutto questo tanto più in un ordinamento, qual è il nostro, in cui il limite cui nessun trattamento sanitario può giungere, neanche per espressa disposizione di legge, è quello del rispetto della persona umana. Mortati, in Assemblea costituente, diceva che la Costituzione italiana non solo sanciva il diritto alla salute come diritto fondamentale e interesse collettivo, ma ne disciplinava anche espressamente i limiti, con una garanzia che non troviamo in nessun altro diritto di libertà. C'è una riserva di legge addirittura rinforzata con una specifica previsione e uno specifico limite: nessun intervento sanitario può imporre ciò che il paziente ritenga contrario alla propria dignità.
  Si tratta di quanto la Corte costituzionale, con la sentenza n. 438 del 2008, ma anche la Cassazione – posso citare la sentenza Englaro, ma ne potrei citare altre – hanno definito il legame che esiste tra l'articolo 32 della Costituzione, l'articolo 13, l'Habeas corpus, ossia l'inviolabilità di se stessi e del proprio corpo, e l'articolo 2, cioè quel principio di tutela della dignità che Aldo Moro in Assemblea costituente definiva «il divieto di strumentalizzazione della persona per fini che la trascendano».
  Che vuol dire questo? Vuol dire che, nel definire l'articolo 32 della Costituzione, ossia il diritto alla salute come diritto fondamentale e interesse collettivo, Corte costituzionale e Corte di cassazione ci dicono che non si può arrivare a ritenere un dovere la cura e che, come ogni diritto di libertà, anche quello alla salute implica la tutela del suo risvolto negativo, ossia il diritto al rifiuto delle cure. Esso non va confuso – precisa la Cassazione – con alcuna forma di eutanasia, ma semplicemente con il lasciare che la malattia faccia il suo corso senza che un intervento sanitario che il paziente ritenga lesivo della propria dignità intervenga a modificarlo.
  Tutto questo ha una profonda assonanza con una sentenza della Corte del District of Columbia, che, nell'interpretare il right to refuse rispetto a un trattamento sanitario, ancorché salvavita, ha detto che un trattamento del genere non può essere imposto, perché implicherebbe la strumentalizzazione del paziente per fini che lo trascendono, ossia per un'idea astratta di bene.
  Mi rendo conto che per il legislatore è difficilissimo tracciare in concreto il limite tra tutela della salute e rispetto del diritto all'autodeterminazione del paziente. Uno sforzo che le varie proposte di legge fanno attorno al nucleo condiviso delle direttive anticipate di trattamento è proprio quello di individuare, nel maggiore discrimine tra le varie proposte di legge, se ci siano dei Pag. 15trattamenti non rifiutabili e, quindi, non oggetto di dichiarazione anticipata e di consenso informato, o se ci siano, invece, dei margini di discrezionalità da parte del medico e, quindi, il carattere cogente delle direttive.
  Quello che posso dire è che sicuramente va riconosciuto il diritto all'obiezione di coscienza da parte del medico. È un principio che si desume dal diritto alla libertà religiosa e di coscienza del nostro ordinamento, ma che comunque implica la garanzia di una sostituzione da parte della struttura sanitaria, in modo che ci sia almeno un medico che possa seguire le direttive espresse dal paziente.
  Per quanto riguarda la cogenza delle direttive, ciò che va sicuramente garantito è impedire una cristallizzazione delle direttive tale per cui la dichiarazione espressa dal paziente possa trovarsi a non coincidere più con la situazione di fatto in cui si trovi a operare il medico. Si tratta di un tema che viene affrontato da varie proposte di legge.
  Per esempio, la proposta Mantero prevede che il medico abbia il diritto a rifiutare motivatamente l'esecuzione della terapia, qualora però manchi la corrispondenza tra la situazione di fatto considerata dal paziente e quella reale in cui si trovi a operare il medico. Ciò che, però, va garantito, è sicuramente, al di là di un meccanismo di revisione e di aggiornamento delle direttive e al di là di clausole di flessibilità come questa, o comunque di analoga ratio, che le direttive siano effettivamente vincolanti. Diversamente, verrebbe meno quel principio del consenso informato che la Cassazione e la Corte costituzionale ci dicono essere necessario per legittimare il trattamento medico, che non gode di una propria autolegittimazione, ma che, in virtù di quelle norme costituzionali che dicevamo, necessita del rispetto della concezione che ciascuno ha della propria dignità e della propria libertà di autodeterminazione.
  Mi fermo qui.

  MARIA GABRIELLA ORSI, consigliere dell'Associazione «Liberididecidere». Ringrazio dell'invito. Faccio parte del consiglio direttivo dell'Associazione «Liberididecidere», che si è costituita nel 2009 a Firenze e ha avuto modo di esplicitare un lavoro di diffusione del senso dell'autodeterminazione raccogliendo circa 3.000 testamenti biologici nell'area fiorentina. Essi sono stati raccolti da notai a titolo gratuito e in parte inseriti in registri che vari comuni hanno promosso nelle diverse comunità.
  Faccio parte e ho fatto parte della Commissione regionale di bioetica. Per dieci anni, come vicepresidente, ho dato vita anche a un gruppo, che va sotto il nome di Gruppo di Pontignano, che si preoccupa dell'etica delle cure di fine vita. In questo caso abbiamo redatto numerosi documenti, che lascio per la Commissione.
  Quello che ci sembra importante è che oggi, a fronte di quello che si è già detto in altre audizioni, ciò che manca è la consapevolezza della finitezza della vita, che ha bisogno di uno sviluppo culturale, in ambito non solo medico, ma anche sociale, educativo e di altro tipo, perché troppo spesso l'inguaribilità di alcune patologie porta all'evento morte, sentito dalla medicina come un fallimento. In realtà, dobbiamo permettere alle persone, soprattutto alle persone che hanno malattie progressive a prognosi infausta, di poter decidere qual è il limite alle proprie cure in tempi non sospetti, ossia quando la capacità è ancora piena.
  Occorre anche evitare – recentemente è stato pubblicato un articolo da una rivista internazionale di oncologia – che avvenga troppo tardi la discussione in merito alle cure di fine vita. Troppo spesso essa avviene quando non si ha più la possibilità di ricostruire la volontà del soggetto.
  Sicuramente occorre costruire un'alleanza terapeutica, ma vorremmo che essa fosse non limitata solo al rapporto medico-paziente, ma allargata anche a équipe sanitaria-paziente, perché molto spesso le persone nel corso della loro malattia esplicitano domande e richiedono spiegazioni anche da appartenenti dell'intera équipe. Questo permette poi all'intera équipe di capire meglio quale siano lo stato e la condizione della persona – la biografia del soggetto e non solo le condizioni cliniche – Pag. 16e di sostenere quello che riteniamo sia il processo del morire, che spesso avviene anche a distanza di molto tempo dalla fine.
  Riguardo al termine «consenso informato», che è in oggetto in varie proposte di legge, troppo spesso viene ancora inteso come un assenso scritto su un modulo preordinato. Talvolta questo è scarsamente comprensibile dalle persone più fragili, meno acculturate e anche provenienti da altre culture, con scarsa conoscenza della nostra lingua. Noi abbiamo preferito parlare di «scelta consapevole e condivisa».
  Diciamo questo perché intendiamo che si arrivi all'esito di un processo comunicativo che permetta alla persona malata di comprendere le proprie condizioni attuali, l'evoluzione della propria patologia e le opzioni proposte dal medico più favorevoli e appropriate al suo caso e di effettuare una scelta consapevole anche del limite che vuole porre all'uso di mezzi straordinari che si rendessero necessari.
  Rimane garantita la libertà del medico di valutare se acconsentire alle scelte effettuate dal paziente. I casi Di Bella e altri ci hanno portato a vedere quanto questa cogenza fosse... Questo non toglie poi l'obbligo del medico di indirizzarle ad altro sanitario, nell'ambito di quella continuità di cura che deve essere garantita.
  Naturalmente, è centrale il problema di una comunicazione corretta, esauriente, comprensibile e attenta ai bisogni del paziente. Pertanto, è giusto ricordare, come recita la Carta di Firenze, che abbiamo approvato nel 2006 e che ho allegato agli atti che lascio, che il tempo dedicato all'informazione, alla comunicazione e alla relazione è tempo di cura. Purtroppo, sempre più spesso vediamo questo tempo contratto dalla necessità di garantire tempi adeguati alle procedure o all'analisi dei documenti clinici. Ci sembra che il documento del Cortile dei Gentili espliciti in modo esauriente i princìpi ai quali le cure devono ispirarsi, ossia appropriatezza, proporzionalità e consensualità. Ci sembra, quindi, che questo sia un buon modo per ispirarci.
  Lo strumento definito «pianificazione anticipata delle cure» è idoneo nel caso di una malattia progressiva. Occorre invece pensare che nei casi che possono apparire all'improvviso e in persone che non se l'aspettano le dichiarazioni – che noi preferiamo chiamare direttive – anticipate di volontà siano utili e necessarie. L'indicazione del fiduciario garantisce che queste situazioni siano arrivate alla fine di un processo di comunicazione.
  Esse debbono rimanere facoltative. Possono, come alcuni progetti di legge propongono, essere rinnovate nel tempo, ogni cinque anni o in un altro termine. Nel caso, però, devono essere riportate nella cartella clinica del paziente, come viene citato. Troppo spesso nella relazione terapeutica non si dà corso alla necessità di garantire il rifiuto delle cure che la persona malata esprime a fronte della sproporzione tra i risultati auspicati e gli effetti collaterali da sopportare.
  D'altra parte, questo è chiaramente già esplicitato – noi lo sottolineiamo, pur essendo un'associazione laica – come in linea col pensiero cosiddetto laico e con il pensiero di chi professa la religione cattolica, perché nell'articolo 2278 del Catechismo viene proprio detto che «l'interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso, si ha la rinuncia all'“accanimento terapeutico”».
  Per quanto riguarda l'«accanimento terapeutico», noi preferiamo parlare di «cure futili», perché «accanimento terapeutico» è un termine dispregiativo, che nessun medico, giustamente, accetta. Con «cure futili» intendiamo, e abbiamo così definito, quelle cure che, pur appropriate in altri contesti, non dovrebbero essere proposte a una persona giunta alla fine della propria vita.
  Per evitare controversie interne ai membri della stessa famiglia è abbastanza opportuno che il fiduciario possa essere persona estranea. In quanto tale, è auspicabile che possa non solo interpretare e rappresentare il malato quando fosse incompetente, ma anche accompagnarlo nell'evoluzione della malattia.
  Infine, ci sembra estremamente importante quanto propone – mi sembra – la Pag. 17proposta di legge Mantero, la quale negli ultimi articoli dice che nel giro di 2-3 mesi dall'approvazione della legge è fatto obbligo alle ASL di informare, attraverso i medici di medicina generale, tutti i loro assistiti della possibilità di fare queste dichiarazioni. Troppo spesso le leggi ci sono, ma non sono rese attuabili.
  Come ultima cosa, è estremamente difficile prevedere in uno specifico modulo tutte le fattispecie che si possono dare, ma la Biocard, che peraltro fu fatta dalla Consulta di bioetica nel 1992, parla di fasi successive ed esplicita una serie di possibili situazioni – esse vanno dalla donazione dell'organo, all'assistenza spirituale, al trattamento della salma – che ci sembrano poter essere nel tempo dalle persone formulate.
  Infine, la necessità di provvedere con apposita legge è anche garantita e in qualche modo auspicata dalla sentenza del Consiglio di Stato, il quale sul caso Englaro diceva: «A chi avanza motivi di coscienza si può e si deve obiettare che solo gli individui hanno una coscienza, mentre la coscienza delle Istituzioni è costituita dalle leggi che le regolano». Quindi, questa è particolarmente necessaria.

  PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni. Si possono rivolgere domande ai singoli o a tutti gli auditi. Ovviamente, chi non è intervenuto avrà la precedenza nella risposta. Abbiamo del tempo e, quindi, poi le darò la parola, dottoressa Mengarelli.
  La mia non è una domanda. La rappresentante di Liberididecidere ha parlato di scelta di cura consapevole e condivisa. Si tratta di una terminologia che ho incontrato in altre circostanze. La sottolineavo semplicemente perché mi sembra che contenga uno sforzo di composizione di problemi piuttosto diversi.

  DONATA LENZI, relatrice. In realtà, l'obiettivo era lo stesso che si proponeva lei, presidente. Avendo diviso la relazione a mezzo da parte dell'Associazione Luca Coscioni, ne manca una parte. Fra l'altro, semplicemente sfogliando – non ho avuto, ovviamente, la possibilità di leggerla – ho notato che la seconda contiene anche un po' di dati sulla situazione delle regioni, che forse ci possono completare un quadro numerico, oltre alle considerazioni ivi contenute, che può essere di qualche utilità. Quindi, le chiedo se abbiamo qualche minuto per poter concludere.

  PRESIDENTE. Ci aiuterà su questo la dottoressa Marina Mengarelli dell'associazione Luca Coscioni.

  MARINA MENGARELLI, sociologa e membro di direzione dell'Associazione Luca Coscioni. Non so quanto tempo ho...

  PRESIDENTE. Non più del collega che ha parlato all'inizio.

  MARINA MENGARELLI, sociologa e membro di direzione dell'Associazione Luca Coscioni. Va benissimo perché ho preparato una sintesi che è tra i sette e gli otto minuti.

  PRESIDENTE. Ha cinque minuti.

  MARINA MENGARELLI, sociologa e membro di direzione dell'Associazione Luca Coscioni. Va bene, poi vedremo. Il documento completo cui ha fatto riferimento l'onorevole Lenzi contiene dei dati più specifici, ma che naturalmente adesso, in questo intervento più breve, io non ho modo di completare, se non con un ragionamento.
  Ho pensato che fosse utile offrire dei numeri, i numeri del fenomeno. Stiamo parlando di un fenomeno sociale in crescita che è quello dei cittadini italiani che si stanno auto-organizzando in ordine a queste materie, quindi secondo me un legislatore intelligente ovviamente guarda quello che succede fuori dalla sua porta e osserva anche un indicatore della numerosità che ha un suo senso.
  Grosso modo i registri DAT coinvolgono attualmente circa 12 milioni di cittadini. Questo è il numero complessivo. Il 20 per cento dei cittadini italiani si è auto-organizzato e ha cercato un modo per dare Pag. 18corso a quello che ritiene essere una cosa fondamentale, cioè esprimere la propria volontà e la propria autonomia decisionale.
  Io ho raccolto un po' di dati che trovate per esteso nella relazione completa. Sulle opinioni degli cittadini italiani, ho trovato un po' di ricerche empiriche. Ci sono vari istituti di ricerca che hanno monitorato questi argomenti nel tempo. Ne ho presi una serie che coprono un arco di tempo che va dal 2007 al 2015.
  Rispetto a una terminologia generica, cioè del testamento biologico, che è quella più nota e che la gente conosce di più (non ho il tempo di fare tutte le osservazioni che vorremmo fare su questo), le opinioni favorevoli vanno dal 65 al 78 per cento, a seconda degli istituti di ricerca. Si può dire che c'è un certo numero di cittadini italiani che si è già mosso e che c'è una opinione favorevole dei cittadini italiani rispetto a questo punto.
  Io avevo fatto un breve ragionamento su quale secondo me, da un punto di vista sociologico, sia il nostro tema, e provo a farlo, cercando di stare entro il tempo rimasto.
  Le scelte di fine vita si prestano a una riflessione di ordine più generale – lo leggo perché il tempo, altrimenti, non c'è – che riguarda le difficoltà nel gestire l'impatto sociale dell'innovazione scientifica, cioè le conseguenze sociali della scienza.
  Lo dico perché, anche in questo caso, stiamo parlando del fatto che la medicina ha allargato i suoi confini e ci ha messo in condizioni di allungare il processo del morire, facendolo diventare un periodo di tempo lungo in cui sono possibili interventi. Soprattutto, grazie all'istituzionalizzazione dei sistemi di cura, la medicina ha trasferito il letto del malato in ospedale, dalla casa all'ospedale. Questa è una delle modificazioni che derivano appunto da quello che c'è di nuovo nel campo della conoscenza scientifica, quindi il nostro tema in realtà è questo.
  Osservando quello che succede nelle scelte di fine vita, anche se, come vi ripeto, questo è un tema allargabile ad altri argomenti che sono oggetto del dibattito bioetico, posso dire che c'è una cosa fondamentale: il coinvolgimento nelle decisioni collettive dei cittadini, con tutte le modalità disponibili, anche attraverso procedure di democrazia partecipativa e deliberativa, al fine di attivare e consolidare quello che è stato già definito un vero e proprio consenso informale di tipo sociale.
  Tale consenso riguarda l'intero corpo sociale e riguarda la scienza e le sue conseguenze, quindi è un consenso sociale molto più ampio che va al di là dei soggetti direttamente coinvolti perché riguarda l'intero corpo sociale.
  Il decisore politico e il legislatore che si trovano molto spesso, ormai anche loro, a dover affrontare questioni nuove e che ovviamente non possono essere competenti su ogni genere di questioni hanno lo stesso problema, cioè devono accedere a informazioni specialistiche, con tutti i problemi di conoscenza e comprensione del nuovo che sono comuni a ogni attore sociale. Questi, con la complicazione della loro responsabilità, devono evitare di correre rischi per normative poco aderenti al contesto sociale, nel quale si trovano a operare, che per qualche ragione, invece di risolvere conflitti, quale dovrebbe essere l'obiettivo, si trovano paradossalmente a sollevarne.
  Un punto, stralciando ulteriormente, che vorrei dirvi è questo: nel 2011 la CEDU, cioè la Corte europea per i diritti dell'uomo, a margine di una sentenza che riguardava una donazione di ovociti in Austria, ha messo in evidenza un punto centrale che riguarda la normazione del nuovo. Lo dico perché parliamo appunto di normare su cose nuove. La CEDU ha detto che le norme devono essere non solo leggere, ma devono anche essere sottoposte con regolarità a revisione, dato che il diritto, la ricerca scientifica e il senso morale di cittadini, in casi di questo genere ad alto contenuto di innovazioni, sono molto più esposti a cambiamenti rispetto a quanto accade in altri settori.
  Sto parlando delle normative a tempo che l'Inghilterra ha, in qualche misura, attuato, pur non avendo una norma unica e avendo delle autorità ad hoc. Il concetto è di avere un orizzonte temporale diverso da quello della normazione classica perché Pag. 19le materie sono, in qualche modo, considerate in movimento.
  Vi ho già parlato dei dati sulle opinioni, per cui dirò una cosa ancora e poi mi fermerò.
  Vorrei fare una riflessione, partendo dal dato dei cittadini italiani che, come abbiamo detto, ormai stanno scegliendo e che sono, in una percentuale piuttosto alta, favorevoli all'espressione delle volontà in questo settore. Questo tipo di atteggiamenti può essere considerato un vero e proprio indicatore del consolidarsi del principio di autonomia e autodeterminazione – io li uso come sinonimi – che è un principio sempre più diffuso e radicato nelle democrazie che sono chiamate «mature» e «post-industriali».
  A sua volta, questo indicatore di autonomia è considerato un segnale del buon funzionamento delle democrazie. Questo mi sembra un punto da proporre alla vostra riflessione. L'autonomia dei cittadini non è semplicemente un fatto di per sé auspicabile o legittimo o meno legittimo o obbligatorio perché deriva dalla Costituzione ed è un ampliamento dei diritti di cittadinanza di soggetti, ma è qualcosa di più. Lasciare libera l'autonomia dei soggetti e lasciarla esprimere fa bene ai sistemi democratici: li rende più coesi e li rende in grado di far fronte con maggiore capacità alle modificazioni dei contesti cui tutti noi siamo esposti. Habermas diceva che un sistema è tanto più democratico, nella misura in cui permette ai cittadini di autodeterminarsi.
  Un secondo indicatore – e ho finito – che è relativo al consolidarsi del principio di autodeterminazione e che cito soltanto perché non ho tempo e perché nella relazione lo troverete, è ricavabile da un altro settore che è quello delle relazioni di cura. La situazione è complessa ed è scandita da una numerosità del contraddittorio, in termini di medicina legale, molto forte e dice qualcosa su una situazione di difficoltà della relazione medico-paziente che sappiamo essere una relazione sociale molto significativa.
  Il fatto che noi in questo momento stiamo vivendo una situazione di grande disagio per le due parti, non soltanto quella dei pazienti ma anche dei medici, dovrebbe portare la riflessione collettiva a ragionare su queste questioni e a capire come si può mettere in valore l'autodeterminazione dei cittadini senza penalizzare troppo la funzione del medico con tutte le sue dimensioni anche etiche. Dobbiamo partire da un punto di vista fondamentale: dall'autodeterminazione dei cittadini non si torna indietro.
  Il ragionamento – faccio una digressione – su usiamo o meno alleanza terapeutica è un bellissimo tema che aveva un senso nell'Ottocento, quando siamo partiti da una medicina paternalista, ma forse oggi dovremmo trovarne un altro che metta in valore maggiormente il ruolo più forte dei soggetti che devono (perché è un punto cruciale) essere messi nelle condizioni di conoscenza e di consapevolezza necessarie per autodeterminarsi. L'autodeterminazione non è nuda e deve essere vestita delle responsabilità e delle conoscenze.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Abbiamo un po' di tempo ancora.
  I temi sollevati sono molto stimolanti. Sottolineo solo, tra le tante cose abbiamo ascoltato, il discorso del diritto individuale superiore a quello collettivo oppure penso al discorso sulla consapevolezza della finitezza della vita e all'ultima esposizione in cui è evidentemente contenuta un'idea evolutiva della qualità delle democrazie dove a una maggiore autonomia dell'individuo corrisponderebbe – mi permetta di usare il condizionale – una maggiore maturità delle democrazie.
  Riguardo alla citazione di Habermas, evidentemente si può dire che, quando un pensiero è nato e si è costruito avendo come punto di riferimento l'uscita dai totalitarismi e dall'idea di uno Stato etico che può determinare altre categorie decisionali come superiori a quelle dell'individuo e così via, questa linea di pensiero ha una sua legittimità e una sua forza.
  Mi è sembrato interessante il tema suscitato sul consenso sociale, non più considerato come consenso informato individuale. Pag. 20
  Inoltre, visto che si parla in questi termini, mi permetto di mettere sul tavolo alcune considerazioni che secondo me fanno parte del pensiero complessivo su questa materia.
  Per esempio, il discorso sulla consapevolezza della finitezza della vita può portare, nel tema della dichiarazione anticipata di trattamento, a dire: individuiamo un percorso di cure condivise e così via dove ci si ferma a un certo punto per evitare l'accanimento terapeutico oppure le cure futili eccetera.
  È interessante che spesso gli stessi ambienti che sottolineano questo elemento non sottolineano così fortemente il tema della consapevolezza della finitezza della vita, visto che l'evoluzione della scienza entra dentro l'origine della vita con un super lavoro per creare possibilità di vita, grazie a – lo dico in maniera semplificata per capirci – embrioni, incroci e contro-incroci. In quel caso, il tema del limite di dove ci si ferma, per esempio, non sussiste. Questo è molto interessante perché è lo stesso ambiente che si pone il tema del limite da una parte e non se lo pone dall'altra, anche se il tema effettivamente tenderebbe a essere lo stesso. Lo pongo anche come domanda sulla nostra società.
  La seconda osservazione riguarda il tema dell'evoluzione delle democrazie e delle maturità delle democrazie. Io credo che, contemporaneamente, ci sia un problema serio sull'infragilimento delle nostre democrazie legato – è una interpretazione – all'incremento e all'eccessivo individualismo delle democrazie.
  Trovo questo elemento in contraddizione: da un lato c'è una forte attenzione all'autonomia dei cittadini e dall'altro questo percorso estremamente positivo sta portando in maniera generalizzata all'infragilimento delle democrazie. Secondo me, questo è un punto interrogativo, quindi è un tema dove io non conosco le conseguenze dei prossimi decenni perché sono valori estremamente importanti tutti e due.
  Credo che, quando nella nostra Costituzione c'è stato il tema della persona e non dell'individuo, legato al personalismo che contiene una dimensione sociale più forte del termine dell'individuo, ci volesse essere un tentativo di composizione di questo problema.
  Comunque si tratta di problemi seriamente aperti, per cui avete sollevato problemi importanti per i quali io non ho le soluzioni. Volevo porre dei problemi solo per la nostra riflessione, quindi non come tema di dibattito, e ho approfittato del fatto che casualmente abbiamo anche un po' più di tempo, quindi qualunque osservazione vorrete farci arrivare anche in futuro per noi è utile.
  Darei solo la parola al nostro primo audito, se volesse fare una sua dichiarazione conclusiva di qualunque natura e di un paio di minuti, oppure a chi non ha parlato, prima di salutarci e di dichiarare conclusa questa audizione.

  VENERANDO CARDILLO, dirigente del reparto di Cure palliative dell'ASL di Novara, in rappresentanza dell'Associazione Luca Coscioni. Grazie, presidente. Vorrei solo dire una cosa.
  Credo che, se la società fosse più preparata, magari con un cambio di cultura, e se pensasse che non è il determinare la morte in anticipo lo scandalo ma la sopravvivenza, tante cose sarebbero più chiare. Innanzitutto, sarebbe più chiaro che delle decisioni devono essere prese e che l'unico titolato a prendere quelle decisioni sulla propria vita è il paziente, la persona.
  Questo a me appare chiaro. Io sono un medico che vive la realtà di questo problema. Mi intendo poco di politica e ne capisco di più di clinica. Io vedo com'è morire oggi, qual è il livello di informazione dei pazienti e qual è la difficoltà con cui alcuni pazienti muoiono.
  Su questo posso dare la mia testimonianza e vi devo dire che è una testimonianza molto drammatica e molto tragica. Occorre che si provveda a dare possibilità, a chi ne ha titolo, di poter decidere.
  Vi assicuro che quella con il medico è una relazione un po' idealizzata: come la proponete voi è come dovrebbe essere, ma non sempre è così.

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  PRESIDENTE. Noi non la proponiamo. Abbiamo dodici disegni di legge, quindi non stiamo proponendo nulla.

  VENERANDO CARDILLO, dirigente del reparto di Cure palliative dell'ASL di Novara, in rappresentanza dell'Associazione Luca Coscioni. Intendevo dire come idealmente si propone.

  PRESIDENTE. Lo dico perché a volte ci si riferisce a noi come se fossimo un corpo unico e comunque ricordo anche a voi che abbiamo appena audito dei medici che hanno detto che loro non ritengono di poter essere solo esecutori.
  Ringrazio i nostri ospiti ed autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico dei documento consegnati (vedi allegati 2, 3 e 4). Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.35.

ALLEGATO 1

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ALLEGATO 2

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ALLEGATO 3

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ALLEGATO 4

DOCUMENTO CONSEGNATO DALLA RAPPRESENTANTE
DELL'ASSOCIAZIONE «A BUON DIRITTO»

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