XVII Legislatura

Commissioni Riunite (XI e XIII)

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Mercoledì 4 novembre 2015

INDICE

Damiano Cesare , Presidente ... 3 

Sulla pubblicità dei lavori:
Damiano Cesare , Presidente ... 3 
Poletti Giuliano , Ministro del lavoro e delle politiche sociali ... 3 
Damiano Cesare , Presidente ... 8 
Miccoli Marco (PD)  ... 8 
Bernini Massimiliano (M5S)  ... 9 
Taricco Mino (PD)  ... 9 
Chimienti Silvia (M5S)  ... 10 
Mongiello Colomba (PD)  ... 11 
Polverini Renata (FI-PdL)  ... 12 
Baruffi Davide (PD)  ... 13 
Russo Paolo (FI-PdL)  ... 13 
Zaccagnini Adriano (SEL)  ... 14 
Damiano Cesare , Presidente ... 14 
Sani Luca (PD) , Presidente della XIII Commissione agricoltura ... 16 
Damiano Cesare , Presidente ... 16 
Poletti Giuliano , Ministro del lavoro e delle politiche sociali ... 16 
Damiano Cesare , Presidente ... 19

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA XI COMMISSIONE CESARE DAMIANO

  La seduta comincia alle 14.05.

  Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, nell'ambito della discussione congiunta delle risoluzioni 7-00769 Capozzolo, 7-00800 Zaccagnini, 7-00806 Rizzetto, 7-00807 Labriola, 7-00813 Polverini, 7-00815 Simonetti e 7-00826 Massimiliano Bernini in materia di interventi per la prevenzione e il contrasto del lavoro irregolare e del caporalato in agricoltura.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno della seduta odierna reca l'audizione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, nell'ambito della discussione congiunta delle risoluzioni 7-00769 Capozzolo, 7-00800 Zaccagnini, 7-00806 Rizzetto, 7-00807 Labriola, 7-00813 Polverini, 7-00815 Simonetti e 7-00826 Massimiliano Bernini in materia di interventi per la prevenzione e il contrasto del lavoro irregolare e del caporalato in agricoltura.
  Ringrazio il Ministro per la sua cortese partecipazione. Segnalo che il Ministro è accompagnato dal dottor Danilo Papa, direttore della Direzione generale per l'attività ispettiva del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
  Saluto il presidente della Commissione agricoltura, Luca Sani, e tutti i componenti della medesima Commissione.
  Avverto che per lo svolgimento dell'audizione le Commissioni hanno a disposizione circa un'ora. Dopo la relazione del ministro, i deputati potranno formulare quesiti e osservazioni, ai quali seguirà la replica del ministro.
  Do quindi la parola al Ministro Poletti per lo svolgimento della sua relazione.

  GIULIANO POLETTI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Buongiorno a tutti. Vi ringrazio per l'opportunità di presentare il lavoro che stiamo facendo sul tema del caporalato e della regolarità di organizzazione e gestione del lavoro in agricoltura.
  Come sappiamo, è purtroppo un problema storico del nostro Paese, sul quale si è intervenuti ripetutamente e anche di recente in termini legislativi. Evidentemente gli avvenimenti, anche tragici, che abbiamo vissuto ci costringono a tornare su questo argomento, cercando di valutare se le azioni, le norme e i nostri comportamenti sono i più adeguati a fronteggiare la situazione e cosa sia ancora necessario fare.
  Da questo punto di vista, stiamo compiendo un lavoro importante, ma, fino a quando riscontreremo fatti come quelli verificatisi anche in questi mesi, non potremo certo dire che questo lavoro ha raggiunto l'esito auspicato. Da una parte, è giusto fare un bilancio delle azioni intraprese per valutarne il significato e il valore. Dall'altra, non possiamo non mettere Pag. 4in evidenza i problemi che, in maniera sistematica, si ripropongono alla nostra attenzione con grande drammaticità.
  Questi fenomeni prendono le mosse da un dato storico relativo ai modelli organizzativi dell'attività agricola e della stagionalità dei raccolti. C’è un fabbisogno di lavoro che cambia nel tempo, che si concentra e ha caratteristiche peculiari. Peraltro, ci confrontiamo con Paesi che competono con il nostro e vivono, a loro volta, fenomeni di questa natura. Si tratta di problemi collegati all'immigrazione, a una cattiva regolazione del lavoro e a scarse tutele. C’è una sorta di inquinamento generale del contesto e diventa difficile, per le stesse aziende agricole, allinearsi a un comportamento positivo quando dal contesto, dall'Europa ad esempio, provengono problemi e comportamenti che inducono un'alterazione della concorrenza, grazie anche a fenomeni di sfruttamento del lavoro anche all'estero.
  Il tema delle migrazioni è diventato un elemento ulteriore di complessità e di problematicità, perché ha immesso nel mercato grandi quantità di persone che, spinte dalla necessità, sono portate ad accettare condizioni che sarebbero assolutamente inaccettabili e che è giusto impedire. Siamo di fronte a un fenomeno che ha questo tipo di dimensione caratteristica.
  Credo che l'impegno che il Governo ha assunto su queste tematiche vada sottolineato, in primo luogo, per la collaborazione tra Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Ministero della giustizia e anche Ministero dell'interno, perché la problematica relativa alle migrazioni incide sul tema in esame. Abbiamo problemi che fanno riferimento all'attività agricola, problemi che fanno riferimento alla disciplina del lavoro, problemi riferiti alle norme penali connesse ai reati in discussione, ma abbiamo anche un problema di gestione dei flussi migratori e dei rapporti di lavoro dei migranti.
  Questo è lo sforzo che stiamo cercando di fare, coinvolgendo naturalmente la rappresentanza delle imprese agricole e la rappresentanza dei lavoratori agricoli nonché un altro settore molto importante in questi contesti, cioè l'associazionismo e il volontariato. Io ho qui il rapporto della Caritas Presidio 2015, che è uno dei lavori più interessanti e importanti perché reca valutazioni specifiche delle singole realtà territoriali dove si concentrano queste situazioni ed è redatto da persone che stanno sul posto, a gestire, per quanto possibile, quei territori in quelle condizioni.
  Il mondo del volontariato ha una particolare sensibilità e attenzione. Oltre alla Caritas ci sono altre associazioni che lavorano su questo versante ed è nostra intenzione invitarle a discutere, riflettere e collaborare con noi, perché credo che solo da questa complessità e pluralità di interventi possiamo trarre una risposta strutturale al fenomeno.
  Credo che dobbiamo fare un piccolo passo avanti sul piano culturale. Dobbiamo smettere di parlare di queste tematiche come se fossero un'emergenza. Fatti come questi si verificano tutti gli anni alla stessa data, perché il pomodoro, le arance, l'uva maturano in posti precisi e sempre negli stessi periodi dell'anno. Continuare a dire che si tratta di un'emergenza significa non fare i conti con la realtà. Vuole solo dire che non siamo stati sufficientemente bravi a gestire il fenomeno.
  Che l'uva maturi e vada raccolta non mi pare un'emergenza, né mi pare proponibile parlare di imprevedibilità. Dobbiamo affrontare queste vicende in termini strutturali, il che non vuol dire riuscire a risolvere il problema in sei mesi, bensì mettersi nelle condizioni di dare una risposta che, nel tempo, tenga e sia idonea a fare fronte alla natura mutevole di fenomeni che sono influenzati anche da altri elementi. Bisogna avere la capacità di conoscere, valutare questi dati e gestirli.
  Avendo audito il Ministro Martina, sapete a cosa stiamo lavorando. In particolare abbiamo chiesto alla cabina di regia della «Rete del lavoro agricolo di qualità» di proporre un piano di azione per la lotta al caporalato e al lavoro nero, che oggi è Pag. 5in fase di discussione. Lo spirito non è quello di dare una risposta immediata per l'esigenza di mostrare all'opinione pubblica che, di fronte a un fatto, c’è una reazione e poi riprendere in mano il problema solo dieci mesi dopo. L'obiettivo è un'azione sistematica e coerente, che cambi le condizioni affinché il fenomeno non si produca più e che permetta di intervenire dove ci sono situazioni criminali. Bisogna seguire entrambe le strade.
  Detto questo, per inquadrare molto rapidamente il fenomeno per la parte che compete al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, vorrei spiegarvi l'impianto della nostra attività di contrasto alle forme illegali di occupazione del settore agricolo. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali si è impegnato su questo versante in maniera costante, così come nel combattere il lavoro sommerso e, conseguentemente, il fenomeno del caporalato. Nel documento di programmazione dell'attività di vigilanza del 2015 sono stati pianificati interventi specifici nel settore agricolo e in specifici ambiti regionali, quali la Puglia, la Campania, la Calabria e la Basilicata.
  La vigilanza è stata programmata e svolta in sinergia con altri soggetti istituzionali, quali l'Arma dei carabinieri, le ASL, il Corpo forestale dello Stato, la Guardia di Finanza, consentendo in questo modo di verificare i rapporti di lavoro agricolo sotto diversi profili e valutando, fra l'altro, le possibili connessioni con fattispecie di reato penale, come, ad esempio, il traffico di esseri umani. In particolare è stato ripreso il protocollo d'intesa stipulato nel 2007 con il Corpo forestale dello Stato, che prevede la promozione di azioni ispettive congiunte nel settore agricolo, anche mediante lo scambio di informazioni, dati e comunicazioni.
  Questo è un tema che abbiamo focalizzato con il Corpo forestale dello Stato, ma che, in termini generali, dobbiamo affrontare con tutti gli Istituti che intervengono su questo versante, dall'INPS a tutti gli altri soggetti che possiedono elementi di informazione e che ci possono aiutare a comprendere la dinamica di questi fenomeni.
  Nello scorso mese di agosto, partendo da una mappatura analitica delle aree geografiche che negli ultimi anni hanno fatto registrare la maggiore concentrazione di fenomeni di irregolarità, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha dato ulteriore impulso alle attività di contrasto al caporalato e al lavoro nero e irregolare in agricoltura.
  L'attività ispettiva si è concentrata, in particolare, in quelle regioni del sud Italia dove queste problematiche sono più evidenti ed è stata realizzata anche con il coinvolgimento delle ASL, al fine di verificare il rispetto della normativa in materia di sicurezza sul lavoro. Sappiamo che, se qui c’è una specifica concentrazione del fenomeno, ci sono altre realtà in cui esso si palesa in forme diverse e con intensità diversa. Abbiamo sfruttamento del lavoro in agricoltura anche in altre realtà territoriali. L'attenzione, quindi, non può essere concentrata esclusivamente su queste regioni, perché dobbiamo intervenire in tutte le situazioni in cui il fenomeno si presenta.
  A questo proposito, sono state condotte attività di vigilanza straordinaria nelle aree geografiche interessate da lavorazioni a carattere stagionale e maggiormente interessate da questi fenomeni, mediante la costituzione di task force interprovinciali e interregionali. Teniamo conto che c’è una dinamica specifica. Poiché alcune regole hanno una taratura territoriale o una dimensione provinciale, come, ad esempio, in materia di contratti di lavoro, si verificano fenomeni di pendolarismo e di emigrazione verso i contesti in cui è più facile creare tali condizioni. Avendo quindi il problema di intervenire su zone a cavallo tra regioni e territori diversi, abbiamo dovuto costruire strumenti operativi che superassero i nostri modelli organizzativi consueti per seguire i percorsi di chi, per eludere o usare questa condizione, cerca di passare attraverso assetti organizzativi diversi.Pag. 6
  Sotto l'aspetto prettamente strategico, il 2 settembre, è stato stipulato uno specifico protocollo d'intesa con l'Automobile Club d'Italia che consentirà agli ispettori del lavoro di accedere alla banca dati del Pubblico Registro Automobilistico (PRA) per verificare in tempo reale i proprietari dei mezzi di trasporto utilizzati dai caporali. È un'azione che abbiamo avviato al fine di avere una capacità di intervento immediata per il controllo dei mezzi. Si è inoltre dato avvio a diversi tavoli tecnici al fine di sottoscrivere specifici accordi, ad esempio con il Ministero dell'interno e altre amministrazioni di settore, come l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), necessari per ottenere l'accesso del personale di vigilanza alle banche dati di altri soggetti.
  Come dicevo, abbiamo già attivato un tavolo di lavoro con la cabina di regia della «Rete del lavoro agricolo di qualità» per il rafforzamento delle politiche, con l'intenzione di affrontare in termini organici questo meccanismo. C’è poi una specifica questione che riguarda la forma cooperativa. Abbiamo appurato che, in una serie di realtà, si utilizza la forma cooperativa per aggirare le normative lavoristiche. Siccome crediamo che la forma cooperativa si basi su un sistema valoriale opposto, bisogna trovare modalità attraverso le quali la cooperazione non possa essere piegata a finalità contrarie al senso profondo e alla natura stessa dell'impresa cooperativa.
  Quanto ai risultati dell'attività di vigilanza, rispetto allo scorso anno si registra un sensibile aumento degli accertamenti in agricoltura. Nel 2014 sono state effettuate 5.434 ispezioni, mentre nei primi sei mesi del 2015 sono già stati effettuati 3.349 accertamenti. In esito di questi accertamenti, sono stati riscontrati 2.355 lavoratori irregolari, di cui 1.104 sono risultati in nero. Tra questi, 50 erano lavoratori extracomunitari privi di regolare permesso di soggiorno. Si è riscontrato un tasso di irregolarità pari al 53 per cento delle situazioni verificate.
  Nello specifico, sono stati accertati 320 fenomeni riconducibili alla interposizione di manodopera e al caporalato, di cui 267 nel Mezzogiorno. Solo nei mesi di luglio e agosto sono state verificate nelle regioni meridionali 753 imprese agricole, di cui 425 sono risultate irregolari, per un tasso di irregolarità pari al 56 per cento. Sono stati inoltre accertati 1.124 rapporti di lavoro irregolari, di cui 556 totalmente in nero, pari, dunque, al 50 per cento circa. Sono stati inoltre adottati 75 provvedimenti di sospensione dell'attività imprenditoriale.
  Gli accertamenti, tuttavia, possono risultare talvolta difficoltosi per il forte condizionamento a cui i lavoratori sono sottoposti, inducendoli ad assumere atteggiamenti reticenti e rendendo difficile anche l'applicazione di sanzioni amministrative o l'eventuale avvio di un'azione penale. Si precisa che il fenomeno del lavoro nero e del caporalato rappresenta soltanto l'irregolarità più evidente di un settore che si caratterizza anche per la presenza di forme elusive degli obblighi previdenziali, assicurativi e fiscali.
  Per la natura stagionale e temporanea di quelle attività riscontriamo con una certa sistematicità truffe ai danni dell'INPS e utilizzazione impropria delle normative. Il caporalato è certamente il fenomeno più pesante e socialmente pericoloso, ma vi è una serie di altri fenomeni di natura diversa. Prima di tutto vanno tutelate la salute, la sicurezza e la dignità dei lavoratori, ma dobbiamo anche preoccuparci che le norme previdenziali, assicurative e fiscali siano pienamente osservate in quanto condizione necessaria di legalità.
  Stiamo lavorando in collaborazione con gli altri Ministeri e con i componenti della «Rete del lavoro agricolo di qualità» nello spirito di costruire un piano che abbia la capacità di affrontare strutturalmente il problema nel tempo e configurare una risposta che superi l'occasionalità.
  Siamo convinti che la scelta di costituire l'Ispettorato nazionale del lavoro, che vedrà operare insieme INPS, INAIL, Ministero del lavoro e delle politiche sociali, i relativi ispettori e i carabinieri del Comando per la tutela del Lavoro alle dipendenze Pag. 7funzionali del Ministero, ci consentirà di migliorare la performance della nostra attività, perché su questo versante abbiamo bisogno di svolgere un lavoro molto serio di intelligence.
  Gli interventi sul campo sono indispensabili, ma abbiamo bisogno di razionalizzarli al massimo. I fenomeni di cui parliamo non raramente incrociano le attività della criminalità organizzata, inserendosi in situazioni molto più vaste e radicate in quei contesti territoriali. Pensare di risolvere le cose con un intervento specifico, a fronte di irregolarità nelle posizioni di lavoro della manodopera, significa non cogliere il senso generale di un fenomeno di illegalità che è figlio di un contesto molto diverso.
  Solo un importante lavoro di intelligence ci può aiutare a capire quando siamo di fronte a uno sporadico comportamento illegale e quando invece siamo di fronte al terminale di un'organizzazione che condiziona un ambiente, un territorio, un sistema imprenditoriale, situazione che non potremmo risolvere inviando in un'azienda agricola qualche ispettore del lavoro a rilevare le irregolarità. Questo è il loro lavoro, ma dobbiamo provare a immaginare e lavorare su qualcosa di più strutturale.
  Abbiamo poi il tema delle modifiche al codice penale, di cui ha sicuramente parlato il Ministro Martina. Noi conveniamo sulla necessità di prevedere la confisca obbligatoria, anziché discrezionale, dei beni utilizzati nelle azioni illegali, la «confisca estesa» per colpire denari, beni e altre utilità, nonché di introdurre la responsabilità amministrativa delle aziende, un istituto che ha avuto esiti interessanti e importanti in altri contesti e che potrebbe essere utilizzato anche in questo.
  Ci sono ulteriori tematiche che sicuramente saranno affrontate nell'ambito del lavoro della cabina di regia, ma, prima di concludere, vorrei attirare la vostra attenzione su un paio di elementi. Credo che dobbiamo provare a costruire una strumentazione capace di favorire condizioni positive. Dobbiamo combattere il fenomeno negativo del caporalato, ma dobbiamo anche essere in grado di stare al fianco delle imprese agricole affinché possano gestire positivamente, in termini di leale concorrenza, la propria attività.
  Da questo punto di vista c’è un problema specifico, rappresentato molto chiaramente nel capitolo del rapporto della Caritas, che si intitola «Nella terra di nessuno». Qui sono descritti i luoghi più significativi del nostro Paese dove si concentrano le persone, in particolare immigrati, per il lavoro di raccolta. Credo esista un tema generale che riguarda il modo in cui questi fenomeni vengono previsti, organizzati e gestiti.
  Se ammettiamo che si concentrino in un luogo fino a 5.000 persone senza un posto dove dormire, senza un'assistenza degna di questo nome, che non sanno nemmeno dove prendere acqua, è difficile immaginare che saremo in grado di combattere il caporalato. È necessario costruire un'infrastruttura organizzativa capace di gestire questi fenomeni, che sono prevedibili perché collegati ad attività agricole consolidate.
  Le comunità locali, le autorità del territorio, le regioni, il Ministero dell'interno, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, le associazioni degli agricoltori, i sindacati e le organizzazioni sociali devono intervenire in modo positivo e insieme costruire un sistema di governo e gestione di questi fenomeni. Diversamente, se il fenomeno sociale continuerà a determinarsi in tale maniera, potremo anche cambiare le leggi e la normativa potrà essere più o meno osservata, più o meno rigida o più o meno oggetto di vigilanza, ma l'illegalità si riprodurrà.
  Dobbiamo decidere cosa vogliamo fare e credo che questa risposta si possa dare perché già oggi una parte del mondo che si occupa delle problematiche sociali è presente in quei contesti, conosce la realtà, sa cosa funziona e cosa non funziona, conosce i problemi. Teniamo presente che l'organizzazione della manodopera, ad esempio, è strutturata per Paese di provenienza. C’è una sorta di organizzazione verticale con vari gradi di responsabilità. Pag. 8C’è il lavoratore sfruttato, ma c’è anche chi lo recluta, parla la sua lingua, conosce la sua situazione nel Paese di origine.
  Dobbiamo tenere conto di questa complessità e del fatto che il fenomeno può essere combattuto solo se cambiamo le condizioni nelle quali si realizza. Se queste condizioni non vengono cambiate, sistematicamente si riprodurrà, più o meno virulento e più o meno controllato, ma, alla fine, si riprodurrà. O cambiamo il contesto o questa situazione non si risolverà strutturalmente.
  L'azione che siamo intenzionati a sviluppare è basata sul confronto con i mondi dell'associazionismo e del volontariato, che già oggi presidiano, per loro scelta e sensibilità sociale, queste situazioni, inquadrandoli come soggetti in grado di collaborare con le istituzioni pubbliche per dare vita a un'infrastruttura organizzativa e a un modo di pensare e gestire queste attività che siano in grado di cambiare il contesto di partenza e, probabilmente, diminuire l'acqua nella quale possono nuotare i caporali. Se lasciamo lì tutta quell'acqua, i caporali continueranno a nuotare. Ne «beccheremo» uno, ma non avremo risolto il problema.
  Dobbiamo cambiare il contesto e questo è l'impianto su cui stiamo lavorando in collaborazione con gli altri Ministeri. Credo di poter dire che, laddove ci sia la possibilità o la necessità di interventi di tipo legislativo, non mancherà la collaborazione con il Parlamento per fare ciò che è utile contro questo problema, che, a nostro avviso, è importantissimo combattere e, per quanto possibile, risolvere.
  Io mi limiterei a queste considerazioni, pronto ad ascoltare e a rispondere alle vostre eventuali domande.

  PRESIDENTE. Ringrazio il ministro e do la parola ai colleghi che intendano porre quesiti e formulare osservazioni.

  MARCO MICCOLI. Ringrazio il ministro, di cui ho ascoltato con molta attenzione le parole, così come ho ascoltato con molta attenzione tutti gli auditi, a cominciare dal Ministro Martina.
  Mi perdoneranno il presidente Sani e i colleghi della Commissione agricoltura se mi concentro sul tema del lavoro, ma il ministro ha detto chiaramente che il caporalato non riguarda solo l'agricoltura ma anche altri settori, primo fra tutti quello dell'edilizia. Dobbiamo quindi intervenire su questo punto e devo constatare che, però, nelle audizioni che stiamo svolgendo viene eluso il tema della responsabilità delle imprese.
  Credo che un ragionamento su questi temi debba partire dal fatto che il fenomeno del caporalato nei confronti dei lavoratori migranti poggia tutto sulla debolezza del lavoratore e sul fatto che, se non ha il permesso di soggiorno, quel lavoratore non può denunciare. Quei lavoratori, infatti, non hanno i documenti e vivono in una condizione di clandestinità.
  Se partiamo da questa constatazione, dobbiamo verificare come incidono le scelte che facciamo. Ho accolto con favore la dichiarazione del Ministro Martina, secondo cui per combattere il caporalato dobbiamo mettere lo stesso impegno che mettiamo nella lotta alla mafia. È un'affermazione giusta, che sottoscrivo.
  Ma se siamo conseguenti a quella affermazione, non possiamo eludere il tema della responsabilità dei datori di lavoro che accettano di fare lavorare persone senza avere verificato se abbiano il permesso di soggiorno. Questo sta a monte del compito dei caporali. Abbiamo elaborato proposte di legge centrate sulla figura del caporale, che non è più il caporale locale che porta i lavoratori sul posto di lavoro: i caporali oggi appartengono all'etnia che lavora in una certa zona; fanno loro il trasporto, concordano loro il compenso. Si pone, quindi, il tema della responsabilità delle imprese.
  Dobbiamo porci il tema della responsabilità penale dei datori di lavoro che utilizzano la manodopera di migranti senza permesso di soggiorno, che non verificano le posizioni dei lavoratori, che non si accertano se il migrante che lavora in quei campi, in quei cantieri o in qualsiasi altro settore, abbia il permesso di Pag. 9soggiorno o un documento qualsiasi, documenti che spesso vengono sequestrati dagli stessi caporali.
  C’è poi la questione che riguarda il rafforzamento dei controlli a 360 gradi delle forze dell'ordine, dell'INPS, dell'Ispettorato del lavoro e delle ASL. In ultimo, i lavoratori migranti devono avere la possibilità di rivalersi nei confronti dei datori di lavoro che li hanno sfruttati fino a che non sono stati scoperti. Questo dovrebbe valere anche per i lavoratori migranti che sono stati costretti a ritornare nel loro Paese perché espulsi o hanno cambiato Paese per scelta.
  Dobbiamo verificare se queste tre azioni riescano a incidere o no sulla lotta al caporalato. La previsione della confisca per le aziende agricole che impiegano lavoro illegale, equiparate a quelle che subiscono il sequestro per attività mafiosa, va bene. Va bene la filiera e la «Rete del lavoro di qualità». Sono tutte cose sacrosante, ma non bastano se non incidiamo su questi aspetti.
  Mi rendo conto che non si tratta di un tema di competenza del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, almeno non del tutto. Credo però che il ministro debba «sponsorizzare» questa richiesta nei confronti del Ministro dell'interno. Non so se ne abbiamo programmato l'audizione, ma sarebbe il caso che anche il Ministro dell'interno venisse a rispondere sul caporalato. Io penso che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali debba darci una mano.
  Abbiamo presentato risoluzioni e proposte di legge, ci sono stati gli interventi del Governo, ma io credo che il quadro si completi se mettiamo in campo anche questo. La Commissione lavoro si è assunta la responsabilità di proporre soluzioni e mi auguro che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali possa collaborare affinché l’iter avviato dal Governo sia completato dall'approvazione di queste proposte di legge.

  MASSIMILIANO BERNINI. Ministro, se oggi il caporalato, che è una piaga sociale, esiste è perché purtroppo esso assolve ad una funzione essenziale per le aziende agricole. Il caporale è in grado di trovare manodopera nel giro di pochissime ore per rispondere alle esigenze di molte attività agricole legate alla stagionalità. Un elemento essenziale per contrastare questa piaga sociale è quello di far incontrare la domanda e l'offerta del lavoro in agricoltura.
  Da questo punto di vista, ho sentito molto poco. Dalle sue parole non si evince un potenziamento, per esempio, della Borsa continua nazionale del lavoro o dei centri per l'impiego, affinché siano più rispondenti alle esigenze del settore primario, che, come dicevo prima, è legato a una forte stagionalità.
  Io mi soffermerei anche sull'aspetto dell'efficientamento dei centri per l'impiego, affinché il settore pubblico faccia concorrenza al caporale. È un modo per poterlo sconfiggere. Ben vengano i maggiori controlli da parte delle ASL, delle forze dell'ordine e degli ispettorati del lavoro, come abbiamo scritto nella nostra risoluzione, ma bisogna rendere più efficiente il mercato del lavoro, la Borsa continua, i centri per l'impiego pubblici che operano a livello provinciale, e via discorrendo, cose che oggi, anche grazie all'informatizzazione, si possono fare.
  Come seconda questione, state parlando da diversi mesi dell'inasprimento delle pene per chi fa intermediazione illecita di manodopera, attraverso la modifica del codice penale. Stiamo aspettando queste modifiche da almeno due mesi. Mi piacerebbe conoscere i tempi entro i quali queste modifiche potranno diventare cogenti.

  MINO TARICCO. Vorrei fare due considerazioni.
  Mi associo alla riflessione dell'onorevole Miccoli per quel che riguarda l'audizione del Ministro dell'interno. Nei nostri territori, in anni passati, abbiamo avuto l'esperienza di grosse concentrazioni di persone che speravano di ottenere un po’ di lavoro in occasione delle campagne di raccolta. Lì, per paradosso, si verifica un meccanismo pericoloso nella organizzazione Pag. 10delle campagne. Nel momento in cui i comuni e gli enti locali si organizzano per creare una seria accoglienza di quanti cercano un lavoro, il tam tam nazionale fa affluire migliaia di persone, a fronte delle poche centinaia, o forse decine, che troveranno effettivamente occupazione. Il fatto di avere sul posto l'assistenza della Caritas, di enti locali o di altri soggetti fa sì che molti vengano comunque, sperando in un posto di lavoro.
  Questo tipo di assistenza finisce con l'avere a che fare con l'opportunità di lavoro solo fino a un certo punto. È gente che si presenta comunque, perché non sa dove andare e dove essere ospitata. Si tratta, quindi, di dare una risposta a un'emergenza sociale generale che solo parzialmente riguarda la questione lavoro, ma che non si esaurisce in essa. Credo che questo sia un aspetto molto interessante.
  Bene sta facendo il Ministero del lavoro e delle politiche sociali a coordinare i controlli e ad assumere tutti i provvedimenti che possono, come ha detto il ministro, togliere ai caporali l'acqua in cui nuotare. Mi permetto di esprimere solo due considerazioni. La prima riguarda il fatto che, nelle audizioni che abbiamo avuto sinora, ho sentito parlare genericamente del caporalato come se esso avesse a che fare con l'incapacità organizzativa delle aziende agricole e riguardasse tutte le aziende agricole.
  Vorrei umilmente sottolineare che non è così e che, ringraziando il cielo, stiamo parlando di una piccola percentuale di aziende e di situazioni in cui questa gravissima piaga si verifica. Non vorrei che, dicendo che esiste un problema di logistica organizzativa delle aziende agricole, immaginassimo che bisogna affrontare il tema per tutte le aziende agricole. Sarebbe un disastro. Credo di poter dire che il 95 per cento delle aziende agricole, o forse di più, non ha a che fare con il caporalato. Là dove esso esiste è un problema grave, ma credo sia necessario che tutti abbiano ben presente che stiamo parlando di un'altra cosa.
  Proprio per questo mi permetto di fare una seconda osservazione. Credo che dobbiamo fare molta attenzione in questo percorso al fine di creare i presupposti per affrontare la questione con tutta la radicalità possibile e condivido il fatto che le aziende nelle quali si ravvisi questa fattispecie di reato siano punite, sia sul piano economico e patrimoniale sia su quello penale, applicando le sanzioni per i caporali. Diversamente non se ne uscirebbe. Tuttavia, non possiamo immaginare norme che «ingessino» le attività del 95 per cento delle aziende, che si comportano correttamente.
  Occorre il massimo rigore nell'adottare gli strumenti che contrastino questa piaga, sapendo però che c’è un 95 per cento di gente corretta che non merita di essere penalizzata e di avere la vita complicata dalle misure che adotteremo.

  SILVIA CHIMIENTI. Sarò breve. Ministro, lei ha parlato in larga parte dei controlli e dell'attività di vigilanza, che c’è stata, ma che non è stata sufficiente e non ha prodotto i risultati sperati. Concordiamo con lei sul fatto che si debba creare una situazione positiva. Ieri lo dicevano anche le associazioni di categoria. Confagricoltura, ad esempio, ha detto che non esiste attualmente nel nostro Paese un'istituzione in grado di fornire a un'azienda centinaia di lavoratori da un giorno all'altro e di accompagnarli dalla città nei campi. Laddove manca l'istituzione pubblica, si crea terreno fertile per l'illegalità. È quindi necessario occupare questo vuoto e da lei mi aspettavo proposte su questo.
  Cosa state studiando ? Lei ha accennato a un tavolo di confronto con le associazioni di volontariato, come la Caritas, per creare un sistema infrastrutturale. Ci può dare qualche dettaglio in più ? Sarebbe il caso di coinvolgere anche la XI Commissione nella stesura di eventuali proposte che riguardino il lavoro, l'elemento che potrebbe creare quella condizione positiva in grado di «tagliare le gambe» all'illegalità, dando la giusta visibilità e la giusta premialità alle aziende virtuose che utilizzeranno un sistema di reclutamento della manodopera agricola legale e conveniente.Pag. 11
  Vorrei anche chiederle se avete intenzione di intervenire sulla disciplina penale, rivedendo l'articolo 603-bis del codice penale, che ha evidenziato lacune, ed estendendo il reato di intermediazione illecita di manodopera anche a chi, consapevolmente, si avvale di manodopera reclutata dai caporali.

  COLOMBA MONGIELLO. La presenza del Ministro Poletti è importante perché finalmente riusciamo a entrare nel merito della questione. Il ministro parla di sistema strutturale da rivedere e io sono d'accordo perché quello da affrontare è un tema variegato.
  C’è il tema del caporalato, ma c’è anche quello di un sistema agricolo che deve essere profondamente rinnovato. Il tema vero è l'intermediazione: dove si fa, chi la fa, con quali soggetti e in quale luogo. Inoltre, dobbiamo eliminare la figura dei caporali. Per farlo, dobbiamo essere noi, ovviamente, a configurare una serie di servizi, compresi i trasporti, in modo che questa figura possa essere eliminata per sempre.
  Il tema dei caporali esiste da sempre in alcuni luoghi. Oggi scopriamo che non sono presenti solo nelle filiere più povere, quelle del centro-sud, legate ad alcune colture «strozzate» dai prezzi. Ma questo è un ragionamento che potremo fare in altra sede. Scopriamo che, anche in filiere ricche del Paese, come quella del Barolo, è presente la figura del caporale. È un fenomeno che sta cambiando e dobbiamo aggredirlo.
  A lei, Ministro del lavoro e delle politiche sociali, pongo una domanda di fondo. Lei giustamente fa riferimento a una serie di riforme, ma resta un unico punto di partenza. Lei dice che si sa quando vanno raccolti i pomodori o le arance, ed è vero, ma dobbiamo togliere la scusa a chi fa ricorso non solo al caporale, ma anche – io scinderei le cose – al lavoro nero, al lavoro sommerso e al lavoro grigio. È stata un'agenzia interinale a fare il contratto con Paola Clemente, facendo un contratto in nero, e il caporale è entrato in gioco solo in un secondo momento, quando ha dovuto effettuare il trasporto.
  Ci sono figure variegate. Ieri abbiamo esaminato le «imprese senza terra», una cooperazione falsa. I soggetti in campo sono diversi. Resta il tema di partenza. Io penso che dovremmo valutare se intervenire con norme puntuali. Ministro, lei ha parlato della «Rete del lavoro agricolo di qualità» e abbiamo ascoltato il presidente dell'INPS Boeri, ma sinceramente i dati forniti mi hanno lasciata perplessa. Forse dovremmo lavorare maggiormente sul sistema imprenditoriale, che non vogliamo criminalizzare, perché chi è sano è sano.
  Il tema è questo e io, sinceramente, sono rimasta stupita ieri di essere stata accusata. Forse mi sono accalorata troppo, ma era il 3 novembre, una data importante, per chi è legato al mondo del lavoro, collegata al tema della dignità del lavoro e alla dignità del lavoro nei campi. Chi, come me, viene da quella terra è legato in maniera particolare a quella data.
  Noi non dobbiamo colpire qualcuno, ci mancherebbe. Spesso però le aziende si lamentano di essere controllate troppe volte, anche se sono in regola. Ben venga allora questo sistema di intelligence di cui lei ha parlato. Ne sono veramente contenta. Però, ministro, le pongo una serie di domande, che devo porre proprio al Ministro del lavoro e delle politiche sociali e non al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Martina, né al Ministro della giustizia, Orlando.
  Abbiamo esaminato il tema della confisca, così come altri temi. Resta il problema dell'intermediazione. Se non la vogliamo chiamare così, possiamo chiamarla interposizione, ma il punto è come fare incontrare domanda e offerta di lavoro e far sì che la domanda venga soddisfatta secondo i dettami della legge. Questo è il punto che sollevo. Lei parla di sistemi di accoglienza, e così via. Spesso in questi luoghi ci sono già altre strutture, come i Centri di accoglienza per richiedenti asili (CARA), i Centri di identificazione e di espulsione (CIE) e via dicendo. Ci sono Pag. 12strumenti caritatevoli che intervengono, ma si sono rivelati molto spesso solo di supporto.
  Non hanno eliminato il problema di fondo, relativo all'intermediazione tra domanda e offerta di lavoro.

  RENATA POLVERINI. Ringrazio il ministro per averci rappresentato la sua idea su questo problema e soprattutto per avere ricordato, in premessa, che non dobbiamo considerare il caporalato e, più in generale, il lavoro nero in agricoltura come un'emergenza, perché abbiamo chiaro il confine dentro il quale ci muoviamo, i tempi e le realtà territoriali.
  Mi sento di sostenere quanto ha già detto l'onorevole Miccoli. Al momento, abbiamo bisogno soprattutto di un intervento del Ministro dell'interno, perché è grande il coinvolgimento di immigrati irregolari e anche perché l'esistenza della figura del caporale richiede il riconoscimento di un reato penale sufficientemente grave, anche se non basta a risolvere il problema, che però possa fungere da deterrente e creare le condizioni perché questi fatti non accadano più.
  Quest'estate mi sono recata in Puglia durante la raccolta dei pomodori, subito dopo Ferragosto, e devo dire che la situazione è molto più chiara di quanto in questi giorni stiamo descrivendo in queste aule. C’è sul territorio una rete, istituzionale e non, pienamente a conoscenza delle realtà nelle quali si consuma questo delitto. Lo voglio chiamare così non solo perché quest'estate sono morte delle persone, ma perché lo sfruttamento è un delitto, a prescindere da questi eventi. Tutti sanno dove si concentrano questi lavoratori. Gli imprenditori bravi, quelli che stanno alle regole e che possiamo anche premiare perché stanno alle regole, venivano nei campi a parlare con me e a spiegarmi che individuare i caporali e gli abusi sui lavoratori è molto più semplice di quanto noi immaginiamo.
  Anche io sono rimasta molto stupita dall'audizione di ieri. Non sono intervenuta perché i colleghi avevano già detto ciò che pensavo. Ho avuto la sensazione che le associazioni di rappresentanza delle imprese agricole tentassero di difendere non si capisce quale sistema, quando invece, loro per prime, anche per evitare una concorrenza sleale nei confronti delle imprese sane, dovrebbero contribuire, quanto e più di noi, alla soluzione del problema.
  Apprezzo il lavoro, l'impegno e il fatto che i ministri competenti stiano condividendo con noi questa grave situazione, ma non possiamo arrivare alla prossima estate con lo stesso impianto normativo e le stesse condizioni territoriali. Non voglio nemmeno pensare, come ieri è stato detto dalle associazioni dei datori di lavoro, che tutto si risolverebbe se aumentassimo il trasporto pubblico locale. Non faremmo altro che caricare sui sindaci di quelle città, già così disagiate, anche il problema del trasporto dei lavoratori !
  Io appartengo a quella categoria di sindacalisti – lo dico orgogliosamente, anche se ormai sembra quasi un difetto – che organizzava anche il trasporto dei lavoratori, quando si insediavano aziende in posti, come Melfi, dove il trasporto pubblico non c'era e bisognava farvi fronte. Forse quelle associazioni potrebbero provare, insieme alle istituzioni, a organizzare per il periodo della raccolta dei pomodori un servizio di trasporto.
  Le soluzioni ci sono e sono molto pratiche. Suggerirei alla presidenza di ascoltare qualche impresa sana di quel territorio e non soltanto le associazioni. Forse da chi combatte quotidianamente contro quella piaga possono venire indicazioni più semplici e praticabili di quanto noi non immaginiamo. Io mi sono rivolta alla Caritas, ai parroci, ai sindaci, a tutti coloro che in quel territorio vivono. Come ripeto, la situazione è grave, ma, secondo me, uno Stato come il nostro può e deve farvi fronte.
  Mi dispiace che inseguiamo ancora strumenti forse vecchi. Qualcuno ha già accennato alla «Rete del lavoro agricolo di qualità», ma i dati che ci ha fornito l'altro giorno il presidente dell'INPS, Boeri, hanno smentito quanto sostenuto dal Ministro delle politiche agricole alimentari e Pag. 13forestali, Martina, soltanto qualche ora prima e quanto ha detto lei oggi. Se quelli sono i dati, lasciamo perdere. Facciamo altro, perché, evidentemente, stiamo perdendo tempo.
  Concludo dicendomi d'accordo con quanti propongono di audire il Ministro dell'interno, che può dare un contributo importante. Insistiamo ad agire anche dal punto di vista penale per quanto riguarda i caporali, ma scindiamo le due questioni. Un conto è il caporale e un conto è il lavoro nero, che c’è e che, secondo me, può e deve essere combattuto.

  DAVIDE BARUFFI. Vorrei porre tre questioni specifiche al ministro, approfittando della sua presenza.
  La prima è questa. Condivido quanto diceva adesso la collega Polverini. Sono convinto che l'illegalità vada combattuta anche nella sua manifestazione più semplice. In Puglia ho cominciato ad andare quando c'era ancora il contrabbando delle sigarette. Quella battaglia è stata vinta quando si è detto che non era più accettabile che un ragazzino vendesse le sigarette per strada. Si sono fatte le battaglie anche in mare, ma è stato un intervento radicale dello Stato.
  Condivido però anche quello che diceva lei, ministro. La repressione, le ispezioni più attrezzate e sinergiche, l'inasprimento delle sanzioni, l'intervento sulla responsabilità solidale delle imprese e sulle filiere: tutto questo ha un valore di per sé, ma produce effetti concreti laddove riesca a costruire un'alternativa praticabile di vantaggio, un'organizzazione sociale che provi a dare, non solo, le risposte repressive indispensabili, ma anche quelle di organizzazione, a cui faceva riferimento la collega Polverini.
  Le chiedo, quindi, se, nell'intervento normativo che anche il Governo ha in animo su questo tema, ci siano elementi di cornice da proporre ai sistemi territoriali. Rischiamo altrimenti di fare interventi normativi che inaspriscono le sanzioni, individuano i compiti dell'Ispettorato nazionale del lavoro e quant'altro, senza inquadrare l'intero fenomeno.
  In seconda battuta, lei ha fatto riferimento al tema delle cosiddette «cooperative spurie» o all'uso improprio, e anzi diametralmente opposto alla ratio dell'istituzione cooperativa, che viene fatto, in questi casi, della cooperazione. È un problema che non riguarda solo il caporalato in agricoltura. Io vengo da un territorio vicino al suo, come lei sa, dove, per esempio, anche nel settore della trasformazione delle carni si registra il massiccio ricorso al caporalato. È un bene che l'Alleanza delle cooperative italiane si sia mossa. Il Governo, da questo punto di vista, assume un'iniziativa legislativa specifica che risponda a questi temi ? Lei ha fatto un accenno in proposito. Vorrei capire se sia nell'agenda del Governo un intervento specifico.
  La terza questione attiene alla presenza di interventi, anche di ordine fiscale, come la decontribuzione, che possano aiutare queste strategie. A volte possono fare danno. Abbiamo riscontrato, nel corso di questo ultimo anno, un utilizzo complessivamente positivo dello strumento della decontribuzione, ma anche qualche abuso, che lo stesso Ministero ha dovuto segnalare, evidenziare e prevenire attraverso circolari.
  Mi chiedo se esista un modo, avvicinandosi l'esame del disegno di legge di stabilità 2016, per provare a fare tesoro di questi elementi e addivenire a qualche correzione puntuale e utile, non solo, per prevenire, ma anche per disincentivare un utilizzo della decontribuzione che rischia di avere l'effetto opposto a quello che desideriamo in queste circostanze specifiche.

  PAOLO RUSSO. Ringrazio il Ministro per la sua esaustiva relazione.
  Leggendo il comunicato dei Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali e del lavoro e delle politiche sociali, al termine del vertice nazionale sul caporalato del 27 agosto scorso, pensavo che il tema fosse stato già risolto perché, in quella sede, l'elenco delle cose che sarebbero state fatte era chiaro. Tra queste vi erano i controlli. Le imprese agricole, Pag. 14tuttavia, ci dicono che accade l'esatto contrario: le solite imprese agricole, quelle sane, vengono controllate ripetutamente e le altre, invece, vengono puntualmente dimenticate. La madre di tutte le battaglie andava però condotta attraverso la «Rete del lavoro agricolo di qualità». A fronte di, più o meno, 200.000 imprese agricole, vi ha aderito – immagino e temo – solo qualche centinaio.
  Se i controlli non vanno nella direzione giusta, se la «Rete del lavoro agricolo di qualità» è, di fatto, un fallimento, se l'inasprimento delle pene in sé non è capace di invertire la tendenza, se i centri per l'impiego non rappresentano più l'elemento di congiunzione tra la domanda e l'offerta di lavoro perché sono stati spazzati via dalle incertezze sul destino delle province, siamo affidati solo al tavolo sociale con comuni, province – per quanto ci sono –, regioni, associazioni di solidarietà e tutto quel mondo che si occupa di questi temi con grande sensibilità, ma che, ovviamente, non può dare una risposta immediata a una domanda, così chiara e così evidente, di legalità e di giustizia.
  Mi perdonerà. Non è solo una vicenda che riguarda lavoratori comunitari ed extracomunitari, è anche una vicenda nazionale. Paola Clemente, Arcangelo De Marco rappresentano – ahinoi – vicende tutte nazionali, alle quali abbiamo il dovere di dare una risposta subito, una risposta che non è venuta da quel vertice nazionale del 27 agosto scorso, ma che, io sono certo, la sua sensibilità saprà indicarci, giacché oggi abbiamo ascoltato una relazione esaustiva, ma descrittiva.
  Sulla prospettiva, siamo ancora in attesa.

  ADRIANO ZACCAGNINI. Buongiorno, ministro. Sottolineo subito, come altri colleghi hanno fatto, la questione dell'intermediazione tra domanda e offerta di manodopera e la necessità di sottrarre questo servizio ai caporali e mettere in campo strumenti che possano rispondere alle esigenze delle aziende. Come dicevano ieri i rappresentanti delle associazioni dei datori di lavoro, nei periodi di raccolta è necessario trovare cento o duecento lavoratori anche da un giorno all'altro. Bisogna trovare uno strumento. Nel disegno di legge collegato in materia di agricoltura è prevista una convenzione tra la «Rete» e i centri per l'impiego a cui bisogna dare concretezza, pienezza, operatività ed efficacia.
  Sottolineo, come in precedenza ha fatto il collega Miccoli, la questione dei migranti senza permesso di soggiorno. Non è possibile continuare a non fornire ai lavoratori sfruttati gli strumenti per emanciparsi da questa piaga. Dobbiamo audire il Ministro dell'interno, come è stato sollecitato poc'anzi dai colleghi. È necessario intervenire anche sulle normative che li riguardano, dando loro la possibilità, in caso presentino una denuncia, di spostarsi sul territorio in maniera regolare e trovare altri luoghi di lavoro.
  È altresì necessario prevedere il reinserimento lavorativo. Il caporale esiste e a lui, in alcuni territori, si va a chiedere lavoro, secondo un meccanismo consolidato. Chi denuncia il caporale perde il lavoro e non sa come reinserirsi nel mercato lavorativo. La «Rete», oltre a dare una premialità alle aziende, potrebbe rispondere a questa necessità. Anche grazie agli spunti forniti dalle associazioni di categoria, credo si potrebbero utilizzare le risorse confiscate alle aziende. I beni e le risorse confiscati potrebbero essere destinati alle aziende facenti parte della «Rete», che assumono lavoratori per reinserirli.
  Potrebbe essere un meccanismo virtuoso attraverso cui i beni confiscati creano reinserimento lavorativo.

  PRESIDENTE. Prima di ridare la parola al ministro, vorrei fare una breve osservazione. Come ho già avuto modo di chiedere al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Martina, chiedo anche a lei quando il Governo pensa di adottare un decreto-legge su questo tema. Io chiedo un decreto-legge. Abbiamo rallentato l'azione legislativa in attesa di un Pag. 15decreto-legge perché abbiamo avvertito da parte del Governo una sorta di urgenza. Allora bisogna fare un decreto.
  Vengo alla seconda questione. Sono d'accordo con lei, ministro, quando dice che bisogna mettere a sistema gli interventi e che siamo di fronte a un fenomeno che ha subito una significativa evoluzione. Rispetto a quando ero ministro, il caporalato dei tempi attuali non è più lo stesso. Io chiederei, intanto, di riunire in un unico testo le norme che intervengono su questi argomenti e poi aggiungere quello che manca.
  Le faccio una domanda. Lei viene dal mondo delle cooperative. Io ricordo che si fece un'azione molto drastica nei confronti delle cosiddette «cooperative spurie», tant’è vero che circa 40.000 imprese uscirono dal sistema cooperativo italiano. Fu accertato, infatti, che esse svolgevano, in sostanza, un'azione di dumping sociale. Ebbene, il caporalato delle «cooperative senza terra» svolge un'azione di dumping sociale e di intermediazione impropria di manodopera. Vanno messe fuorilegge.
  La cooperativa «senza terra» in agricoltura non può esistere. Può darsi che io mi sbagli, ma credo che dovremmo prevedere la verifica della liceità dell'attività delle cooperative qualora, non avendo la proprietà di una terra, esercitino contemporaneamente intermediazione impropria e dumping sociale.
  Io ricordo che introdussi da ministro una norma che sospendeva – non chiudeva – l'attività dell'azienda scoperta con il 20 per cento di lavoratori in nero. È ancora in vigore questa norma ? Se non è in vigore, la ripristiniamo ? Se non si applica al settore agricolo, la estendiamo ? Perché non si applica questa norma ? Perché, quando si scopre che c’è questa situazione, non si sospende l'attività delle aziende ? Questo induce le aziende o a chiudere, se sono aziende della malavita, o a regolarizzarsi, se sono aziende che risparmiano sul costo della manodopera.
  Altra questione: quando un migrante denuncia, è debole. Ci sono leggi che proteggono chi denuncia. Stiamo anche esaminando in questi giorni presso le Commissioni riunite giustizia e lavoro una proposta di legge che riguarda la possibilità di proteggere chi denuncia l'illecito in un'azienda. Perché se il migrante irregolare denuncia – e l'illecito è accertato – non gli si dà il permesso di soggiorno provvisorio, oltre che inserirlo in una rete di protezione ? Io credo che questo sia un altro punto da approfondire.
  L'onorevole Miccoli ha sollevato un'altra questione. Io sono d'accordo che colpire esclusivamente il caporale non è più sufficiente. Bisogna colpire l'azienda che utilizza il caporale, o con la sospensione dell'attività o con l'obbligo della regolarizzazione dei lavoratori che ha utilizzato attraverso l'intermediazione del caporale. Una questione nuova, che è emersa anche dalle audizioni, è quella delle agenzie interinali che svolgono la funzione di caporalato. Facciamo un confronto con le associazioni delle agenzie interinali sane e facciamo uscire dal sistema le agenzie interinali che, invece, sane non sono.
  Io credo che tutte queste questioni debbano essere, come lei dice giustamente, messe a sistema. Io poi ho un sogno. Penso all'onorevole Taricco e alla nostra terra delle Langhe, che, ricordo sempre, è patrimonio dell'UNESCO, ma inquinata da quei pochi produttori disonesti che sporcano l'immagine della Langa con i caporali macedoni che pagano i lavoratori 3 euro l'ora. È una cosa incomprensibile, anche perché le bottiglie di vino prodotte si vendono a 100 euro l'una e sono diventate un brand di livello mondiale. Bisogna colpire duro, ovviamente senza confondere il 95 per cento delle aziende, che è sano, con il 5 per cento che è malato.
  Il mio sogno sarebbe un bel «bollino blu». Io amo molto il vino e, se ci fosse un bollino che mi dice che una bottiglia di vino è stata prodotta con lavoratori ai quali si applicano i contratti nazionali di lavoro del settore, sarei più contento di spendere quei 100 euro.
  Non so se ho detto cose fuori dal tema dell'audizione, ma comunque è bene discutere.

Pag. 16

  LUCA SANI, Presidente della XIII Commissione agricoltura. Vorrei solo associarmi a quanto detto dal presidente Damiano circa la questione del decreto-legge perché, come già diceva l'onorevole Miccoli nel suo intervento, le due Commissioni hanno concordato di portare avanti queste audizioni sulle risoluzioni in attesa di conoscere l'intervento normativo del Governo. Alla fine di questo ciclo di audizioni con l'approvazione delle risoluzioni, le Commissioni devono capire come orientarsi nell'attività normativa da intraprendere. Anch'io sono d'accordo con il presidente Damiano circa l'opportunità di un decreto-legge. Pur conoscendo la complessità dell'attività che precede l'emanazione di un decreto, è un punto fondamentale.
  Approfitto per chiarire l'aspetto della cooperazione in agricoltura. In agricoltura sono diffuse le cooperative «senza terra» perché, molto spesso, la specificità della cooperazione in agricoltura porta i singoli agricoltori ad associarsi per lo svolgimento di attività di servizio. Per esempio, dieci agricoltori possono unirsi in cooperativa per comprare un trattore e arare i propri terreni. Questo però pone il problema della necessità di ripensare e rimettere mano alla disciplina della cooperazione in agricoltura. Anche da questa vicenda può scaturire uno stimolo per aprire una riflessione sull'adeguatezza delle norme che oggi regolano la cooperazione in agricoltura e per capire come possiamo introdurre deterrenti alla costituzione di cooperative agricole spurie.
  Le cooperative di servizi in agricoltura ci sono, sono diffuse e sono, talvolta, strumenti datati. Un quadro normativo nuovo potrebbe spingere anche a un'innovazione in quel settore, che ha indubbiamente un'importanza fondamentale per la tenuta e la competitività delle nostre imprese.

  PRESIDENTE. Do ora la parola al Ministro Poletti per la replica.

  GIULIANO POLETTI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Grazie a voi tutti per i vostri interventi, le valutazioni e le proposte.
  Credo che i temi che sono stati qui sollevati, presi singolarmente, siano coerenti con la logica dell'azione che stiamo cercando di costruire, con la convinzione che nessuna delle proposte avanzate, in quanto tale, è in grado da sola di risolvere il problema. Solo se saremo capaci di sfuggire alla tentazione di affrontare un solo tema per dire che abbiamo risolto il problema e se avremo la costanza, tutti i giorni, di organizzare l'insieme di queste risposte troveremo la soluzione.
  Lo sforzo che io mi impongo è quello di rifare tutti i giorni l'elenco degli interventi necessari. Decidere di fare un intervento perché più rapido, più efficace o più spendibile con la pubblica opinione per togliere di mezzo il problema è una cosa che rifiuto sul piano strutturale. O affrontiamo tali questioni con questa dinamica oppure non le risolviamo. La storia ci insegna che è così. Abbiamo fatto interventi d'emergenza. Poi la storia si è incaricata di dimostrarci che tali interventi, presi a sé, incidevano su una specifica situazione, ma che si trovava il modo di aggirare l'ostacolo passando di sopra, di sotto e di lato, per ritrovarci alla fine con lo stesso problema.
  O ricostruiamo un impianto che tiene insieme tutte queste azioni oppure ci ritroveremo il problema con un'altra fenomenologia, con un'altra accentuazione, strutturata in altro modo ma sempre presente. Io sono convinto che molte delle vostre sollecitazioni siano corrette, nel senso che sono pezzi di un disegno e noi dobbiamo avere la capacità di tenere insieme il disegno. Se accettiamo l'idea di rincorrerne un pezzo, non arriveremo a capo del problema in termini strutturali.
  Detto questo, sicuramente c’è un problema di normazione. Quanto al decreto-legge, io credo che ci sia un'urgenza e che quindi serva una modalità che consenta un intervento normativo rapido. È un tema condiviso. Il ministro Martina si è espresso su questo punto e quindi lavoreremo insieme perché si trovi la strada. Sapete quanto me quanto sia complesso intraprendere un percorso normativo rapido, ma credo sia giusto cercare di farlo.Pag. 17
  La seconda cosa sulla quale, a mio avviso, dobbiamo essere attenti è evitare visioni che non corrispondono alla realtà. L'osservazione riguardante l'azienda agricola che lamenta un accanimento dei controlli è destituita di fondamento. Noi teniamo l'elenco dei controlli, sappiamo in quali aziende andiamo e non è vero che sono sempre le stesse. Se andassimo solo nelle aziende in regola, non avremmo il 56 per cento dei casi di anomalia. Non va detto perché non è vero.
  I numeri lo smentiscono. I numeri dicono che noi andiamo in tante aziende e che il 56 per cento di queste non è regolare. Se il campione che noi esaminiamo fosse rappresentativo dell'universo delle aziende agricole, vorrebbe dire che il 56 per cento delle aziende agricole è irregolare. Siccome è ovvio che non è così, vuol dire che noi scopriamo che il 56 per cento delle aziende non è in regola perché verifichiamo prima dove andare. Studiamo le aziende, guardiamo le fenomenologie e andiamo dove, per via degli alert e degli elementi che abbiamo, è ragionevolmente probabile che si commetta un illecito. Siccome siamo mediamente bravi, il 56 per cento di aziende irregolari è un dato coerente con la nostra attività ispettiva.
  Non sottoponiamo a verifica sempre gli stessi imprenditori perché, se controllassimo sempre quelli che sono in regola, non troveremmo che il 56 per cento è irregolare. È vero che è ancora in vigore la normativa a cui accennava il presidente Damiano. Sulla base di essa, in due mesi, abbiamo riscontrato settantacinque casi di sospensione dell'attività di impresa perché, fatti i controlli, dove il numero di lavoratori in nero superava la soglia di legge, abbiamo applicato questa normativa.
  Oltre a questo, io credo che esista un altro tema molto significativo, che si era tentato di affrontare attraverso le agenzie di lavoro interinale. La necessità di mettere in relazione i lavoratori e le imprese richiede una risposta. In quel momento, si cercò di dare una risposta «legale» perché le agenzie in Italia sono legali. Se un'agenzia si comporta in maniera illegale, non possiamo abrogare la normativa. Dobbiamo colpire il soggetto che si comporta in maniera illegale, espellendolo da quel contesto e impedendogli di continuare a fare quel mestiere.
  Dobbiamo anche chiedere una mano a coloro che fanno parte di quel mercato affinché si tolga di torno chi si comporta illegalmente e rovina la reputazione di tutti, inducendo a chiedersi se le agenzie di lavoro interinale siano o meno uno strumento adatto a svolgere quel compito. Parliamo di un mestiere molto delicato. Ricordiamo la discussione che ci fu sul collocamento pubblico e sulla necessità di prevedere anche agenzie di natura privata. Quella discussione non era frutto di fantasia. Era figlia della percezione della delicatezza di quel processo e di un mestiere che va svolto con particolare cura.
  Se si maneggia qualcosa di delicato, si deve fare con una particolare attenzione. Se ci si permette qualche lusso o qualche sbavatura, bisogna sapere, non solo, che si sta facendo qualcosa di illegale, ma anche che si sta mettendo a repentaglio la possibilità che, nel tempo, si continui a ritenere idoneo quello strumento.
  Credo che questo sia un altro aspetto del problema che dobbiamo affrontare. Nella logica delle politiche attive e della costruzione di una buona rete sul territorio e di una collaborazione tra imprese, organizzazioni dei lavoratori e istituzioni pubbliche, dobbiamo riuscire a dare efficienza a questo sistema e a costruirlo in modo strutturale.
  È vero che nella raccolta possono servire lavoratori dall'oggi al domani, ma si dà il caso che il ministro abbia fatto il contadino fino a vent'anni e sa come «funzionano» una pera, una mela, un pomodoro e un grappolo d'uva. Queste improvvise maturazioni, da mezzanotte alle sei della mattina, in Romagna non avvengono. In Romagna, normalmente, una pera impiega qualche mese a maturare e un pomodoro prima diventa giallo, poi quasi rosso. Alla fine diventa maturo, ma passano anche 48 ore prima che sia raccolto.
  È vero che l'azienda industriale può richiedere consegne immediate. Il problema Pag. 18non è se il pomodoro è maturo, ma piuttosto che l'industria chiede che le sia consegnato il giorno dopo, per motivi di programmazione della lavorazione. Evitiamo però di raccontare cose che non corrispondono alla realtà dei fatti, per cercare di convincere che occorre fare qualcosa di strano. Le stranezze si possono evitare nove volte su dieci. Di solito, chi fa una cosa strana la vuole fare. È bene che ognuno ritrovi la misura e agisca in coerenza con ciò che è necessario fare.
  Detto questo, è vero, come diceva il presidente Damiano, che questi fenomeni si verificano in realtà dove il prodotto non ha un prezzo marginale di 0,1 centesimi. Se mai questi fossero fenomeni giustificabili, non lo sarebbero a quelle condizioni. Teniamo conto, però, che dobbiamo riflettere su problemi di altra natura.
  C’è una migrazione che rimane sul territorio, ma c’è anche una migrazione per motivi di lavoro limitata a qualche settimana o mese. Ci sono persone provenienti dalle periferie europee che arrivano in questo Paese con un pulmino in nove, ad esempio, e dormono nel pulmino, non perché non ci sia una pensione, ma perché hanno deciso che vogliono portare a casa tutti i mille euro che prenderanno perché con quei mille euro manterranno la propria famiglia tutto l'anno.
  Non possiamo fare finta che queste situazioni non esistano. Può capitare che si scriva un articolo di giornale senza approfondire, può capitare, ma, se si guarda al fenomeno seriamente, considerando tutte le conseguenze, ci si deve chiedere perché qualcuno dorma in macchina. Perché non c'era un posto dove andare a dormire o perché la condizione da cui provengono i lavoratori è tale per cui dormire in macchina significa risparmiare 20 euro, tornare a casa e campare altri mesi ? Se la situazione è questa, qual è la risposta da dare ? Se pensiamo di risolverla gridando allo scandalo, non abbiamo capito esattamente la logica e la dinamica che hanno prodotto quel fenomeno e lo accomuniamo a fatti che non c'entrano.
  Abbiamo quindi bisogno di distinguere per non confondere. Dobbiamo approfondire ogni singola situazione perché a ogni singola situazione va data una risposta congrua. Se una cosa succede a Canelli è un conto, se succede altrove nel Paese è un altro. Se il lavoratore lavora su un prodotto con un valore marginale pari a N, è un conto, se lavora su un prodotto che richiede una trasformazione industriale fatta in un certo modo, è un altro. Sono le interconnessioni, i collegamenti e le filiere che spiegano cosa succede concretamente. O siamo capaci di leggere il fenomeno e di intervenire interpretandolo oppure possiamo intervenire su una piccola parte del problema con un'idea furba senza cogliere il senso concreto di quella realtà.
  Io credo che cambiare questo fenomeno richieda una faticosa, raffinata, attenta e oculata voglia di capire e l'intenzione di comprendere i fenomeni in tutti i loro aspetti per riuscire a costruire strumenti di intervento efficaci nelle specifiche situazioni. Potremo altrimenti dire di aver fatto una cosa anche ben architettata, ma, probabilmente, non avremo posto le basi per un cambiamento vero, effettivo e duraturo.
  In questa dinamica rientra anche il tema dell'utilizzo strumentale della forma cooperativa. Io credo che sarebbe bene cominciare a discutere di alcuni aspetti. Ci sono, ad esempio, cittadini di altri Paesi che non conoscono neanche la nostra lingua e tuttavia firmano una lettera o una dichiarazione per diventare soci di una cooperativa. È ragionevole tutto ciò ? No, non lo è. Essere socio di una cooperativa vuol dire sapere quale condizione sociale, quale condizione di responsabilità, quali diritti, quali doveri, quali obblighi ciò comporta. Quel cittadino deve essere nelle condizioni di avere questa consapevolezza. Se non è in condizione, non può essere socio consapevole e viene usato in modo strumentale per creare una forma societaria utilizzata impropriamente.
  Dovremmo riflettere su un tale meccanismo. Stabilire una soglia di condizione sociale per l'adesione non sarebbe una Pag. 19discriminazione, ma risponderebbe a ragioni di consapevolezza e di informazione. Poiché ci si assume una responsabilità, si deve essere in grado di capire cosa si sta facendo. Se non si è in quella condizione, allora qualcuno ne sta approfittando. Credo che questo sia un elemento sul quale ragionare per capire se si possa risolvere una parte del problema ed evitare che alcune persone, inconsapevolmente, siano strumentalizzate per penalizzarle, sfruttarle e trattarle in maniera inadeguata.
  Ho citato solo questo esempio per descrivere un uso strumentale della cooperazione che coinvolge, ad esempio, prestatori di manodopera non consapevoli del fatto di essere soci in una forma societaria peculiare. Ho messo questi temi uno accanto all'altro per dire che c’è una «tastiera larga» da cui attingere strumenti per intervenire.
  La nostra intenzione è farlo e naturalmente la disponibilità e l'impegno del Ministero del lavoro e delle politiche sociali a collaborare con le Commissioni e il Parlamento su questo versante sono pieni.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio il ministro Poletti per il suo contributo alla nostra discussione e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.30.