XVII Legislatura

Commissioni Riunite (X Camera e 10a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Mercoledì 18 settembre 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Epifani Ettore Guglielmo , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro dello sviluppo economico, Flavio Zanonato, in merito alla chiusura di sette stabilimenti produttivi del Gruppo Riva Acciaio (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Epifani Ettore Guglielmo , Presidente ... 3 
Zanonato Flavio , Ministro dello sviluppo economico ... 3 
Epifani Ettore Guglielmo , Presidente ... 7 
Mucchetti Massimo , Presidente della 10  Commissione del Senato della Repubblica ... 7 
Crippa Davide (M5S)  ... 8 
Colaninno Matteo (PD)  ... 9 
Pelino Paola  ... 10 
Lavagno Fabio (SEL)  ... 10 
Tomaselli Salvatore  ... 11 
Senaldi Angelo (PD)  ... 12 
Fantinati Mattia (M5S)  ... 12 
Benamati Gianluca (PD)  ... 13 
De Lorenzis Diego (M5S)  ... 14 
Allasia Stefano (LNA)  ... 15 
Abrignani Ignazio (PdL)  ... 15 
Epifani Ettore Guglielmo , Presidente ... 16 
Zanonato Flavio , Ministro dello sviluppo economico ... 16 
Epifani Ettore Guglielmo , Presidente ... 18 
Fantinati Mattia (M5S)  ... 18 
Zanonato Flavio , Ministro dello sviluppo economico ... 18 
Mucchetti Massimo , Presidente della 10  Commissione del Senato della Repubblica ... 19 
Zanonato Flavio , Ministro dello sviluppo economico ... 19 
Epifani Ettore Guglielmo , Presidente ... 19

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA X COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI ETTORE GUGLIELMO EPIFANI

  La seduta comincia alle 13.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Ministro dello sviluppo economico, Flavio Zanonato, in merito alla chiusura di sette stabilimenti produttivi del Gruppo Riva Acciaio.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro dello sviluppo economico, Flavio Zanonato, in merito alla chiusura di sette stabilimenti produttivi del Gruppo Riva Acciaio.
  Ringrazio il Ministro, che, dal momento in cui abbiamo segnalato quest'esigenza, ha offerto subito la sua disponibilità e siamo in condizione di affrontare la questione in tempo molto ravvicinato da quando il problema è sorto.
  Alla relazione del Ministro potranno seguire gli interventi dei colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
  Do la parola al Ministro Zanonato.

  FLAVIO ZANONATO, Ministro dello sviluppo economico. Buongiorno a tutti. Vi ringrazio della vostra disponibilità a riunire in sede congiunta le due Commissioni in modo da consentirmi un'audizione unica.
  La vicenda va raccontata a partire da quella di Riva-Acciaio, che a sua volta va raccontata a partire da quella dell'Ilva di Taranto. Vi riassumerò brevemente i passaggi fondamentali di tutta la storia.
  Con il capo di imputazione per cui procede l'autorità giudiziaria tarantina, sono stati contestati agli organi amministrativi di Ilva Spa reati comuni previsti del codice penale: il disastro doloso; la rimozione cautele sul lavoro; l'avvelenamento di acque e varie contravvenzioni; reati attinenti al mancato rispetto del procedimento di autorizzazione ambientale e del codice ambientale in tema di autorizzazione al trattamento di rifiuti.
  L'emergenza ambientale riguarda l'area di Taranto ed è stata affrontata, inizialmente, dal Governo emanando il decreto-legge n. 129 del 2012, che ha dettato norme concernenti la realizzazione degli interventi di riqualificazione e il risanamento ambientale dell'area di Taranto.
  Il 26 luglio 2012, dopo l'avvio della procedura di riesame dell'AIA, con ordinanza del GIP di Taranto su proposta della procura, è stato disposto il sequestro degli impianti dell'area a caldo; successivamente il 20 agosto 2012, il tribunale del riesame ha confermato questo provvedimento.
  In conseguenza dell'emanazione di un nuovo provvedimento da parte del GIP di Taranto, in data 26 novembre 2012, con cui è stato disposto il sequestro dei prodotti finiti e semilavorati dello stabilimento e il rigetto, avvenuto il 30 novembre 2012, da parte del medesimo GIP, dell'istanza di dissequestro degli impianti a caldo dell'Ilva avanzata dall'azienda, è Pag. 4stato adottato il decreto-legge 3 dicembre 2012, n. 207, convertito nella legge 24 dicembre 2012, n. 231 che ha dichiarato l'Ilva stabilimento di interesse strategico nazionale; ha dettato specifiche misure per garantire la continuità produttiva aziendale e la commercializzazione dei prodotti, anche di quelli realizzati antecedentemente all'entrata in vigore del medesimo decreto; ha previsto la nomina di un garante che, avvenuta con decreto del Presidente della Repubblica del 16 gennaio 2013, ha incaricato di vigilare, avvalendosi dell'ISPRA, sull'attuazione delle disposizioni del medesimo decreto-legge.
  Nel frattempo, sul finire del 2012, il Gruppo Riva ha portato a compimento un processo di riorganizzazione aziendale, avviato separando, di fatto, il comparto produttivo dei prodotti lunghi, (in capo a Riva Forni Elettrici, che controlla la Riva Acciaio), dal settore dei prodotti piani, della lamiera, del coil (Ilva Spa).
  Il 5 dicembre 2012, la procura di Taranto, adeguandosi al contenuto del decreto n. 207 del 2012, ha rimesso nella disponibilità dell'Ilva gli impianti a caldo; ha dato, invece, parere negativo al dissequestro dei prodotti finiti e semilavorati.
  Nel successivo mese dei gennaio 2013, i GIP del tribunale di Taranto, nell'ambito di ricorsi volti a ottenere il dissequestro dei prodotti, hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale della legge di conversione del decreto n. 207 e rimesso agli atti alla Consulta, la quale, con la sentenza del 9 maggio 2013, n. 85, ha dichiarato in parti inammissibili, in parte infondate le questioni sollevate.
  La compatibilità con la Carta fondamentale è stata espressamente ancorata dal giudice delle leggi alla temporaneità delle misure previste dalla normativa speciale e all'indispensabile opera di adeguamento degli impianti alla prescrizione della nuova AIA. A seguito del deposito delle motivazioni della sentenza, è stato disposto il dissequestro dei prodotti finiti e dei semilavorati.
  Dico per inciso che i prodotti finiti di Taranto sono i coils, ossia lamiera piana avvolta in rotoli, e i semilavorati, le cosiddette «bramme», enormi pannelli di ghisa madre che sono successivamente lavorati.
  Il 22 maggio 2013, il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Taranto ha emesso un provvedimento di sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente dei beni nella disponibilità di Ilva Spa e di Riva Fire, fino alla concorrenza di 8 miliardi 100 milioni di euro, pari al profitto dei reati ipotizzati a carico dei componenti della famiglia Riva e altri soggetti già facenti parte degli organi amministrativi delle società, tutti riferiti ad atti, comportamenti e omissioni posti in essere con riguardo alla gestione dello stabilimento industriale Ilva di Taranto.
  Questo passaggio è molto importante perché adesso ci introduce nella vicenda che si è sviluppata nei giorni successivi. Il PM ha chiesto di sequestrare beni al fine della confisca in quanto beni risultato di un illecito profitto pari a 8 miliardi 100 milioni di euro, e quindi ha attivato la procedura per raccogliere questi beni.
  Il 4 giugno 2013 è stato emanato il decreto-legge n. 61, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2013, n. 89, con il quale si è disciplinato il commissariamento straordinario di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale la cui attività produttiva comporta pericoli gravi e rilevanti all'ambiente e alla salute a causa dell'inottemperanza alle disposizioni dell'autorizzazione integrata ambientale. Sono dettati tempi e procedure per la definizione di un piano contenente le misure e le attività di tutela ambientale e sanitaria necessarie per garantire il rispetto delle prescrizioni di legge dell'AIA; un correlato e conseguente piano industriale di conferma delle attività produttive che consenta la prosecuzione delle stesse nel rispetto delle prescrizioni di tutela ambientale, sanitaria e di sicurezza (articolo 1, comma 6). La nuova normativa prevede la destinazione prioritaria delle risorse aziendali alla copertura dei costi necessari per gli interventi volti all'ottemperanza delle prescrizioni dell'AIA e delle norme di tutela ambientale, sanitarie e di Pag. 5sicurezza sul lavoro. Dispone, inoltre, che il giudice competente provveda allo svincolo delle somme già oggetto di sequestro in sede penale, ponendole a disposizione del commissario per l'esecuzione delle prescrizioni ambientali. È una misura che avete deciso e votato, e quindi la conoscete. Questo è il contesto in cui avvengono i fatti recenti.
  Il 17 luglio, con un provvedimento di natura interpretativa del decreto di sequestro emesso il 24 maggio 2013, il GIP del tribunale di Taranto ha precisato che il predetto sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, dispone fino a concorrenza della somma di 8 miliardi e 100 milioni di euro e colpisce anche le azioni, le quote sociali, i cespiti aziendali, le partecipazioni e la liquidità delle società controllate e collegate o, comunque, sottoposte all'influenza dominante di Riva Fire Spa e di Riva Forni Elettrici Spa.
  Con successivo provvedimento della procura della Repubblica di Taranto, incaricata di eseguire il sequestro preventivo, sono state individuate le società del gruppo interessate dal provvedimento del gip. I provvedimenti di sequestro e i relativi ordini di esecuzione sono stati notificati alle società interessate e sono in corso di esecuzione.
  Il recente provvedimento del GIP interessa, dunque, le società controllate da Ilva Spa. Le stesse non ricadono direttamente nel commissariamento straordinario disposto dal citato decreto-legge n. 61 del 2013. Si tratta di beni a disposizione di proprietà della famiglia Riva e di altri soggetti che non hanno a che fare con i reati commessi, ma costituiscono un patrimonio sottoposto a sequestro ai fini di raggiungere l'equivalente degli 8 miliardi 100 milioni di euro in caso di condanna a confiscare questi beni. Per quanto riguarda tale ultimo gruppo, sono state, tra l'altro, sequestrate le disponibilità di conto corrente pari a 49 milioni di euro. In conseguenza di tale provvedimento, gli organi amministrativi hanno disposto la cessazione delle attività, ponendo in libertà i lavoratori occupati nei sette stabilimenti che fanno capo alla Riva Acciaio Spa.
  Si sottolinea che Riva Acciaio Spa, con un fatturato che si è attestato, nel 2012, a 867 milioni e, nel 2011, a 1 miliardo 46 milioni di euro, conta 1.402 dipendenti, dislocati in sette stabilimenti produttivi: Verona, Caronno Pertusella (Varese), Lesegno (Cuneo), Malegno, Sellero e Cerveno (Brescia), Annone, Brianza (Lecco).
  Si evince, dall'approfondimento sulle lavorazioni svolte presso le diverse unità produttive, che la società Riva rappresenta un fondamentale asset strategico per il sistema produttivo nazionale in quanto le diverse tipologie di prodotti e le tecnologie utilizzate garantiscono la fornitura, e quindi la continuità produttiva, di settori a valle dal comparto dell'edilizia civile a quella industriale, dal settore ferroviario a quello del mezzo di trasporto, fino alla meccanica strumentale. Siccome, ormai, tutte le aziende funzionano senza magazzino, con il cosiddetto just in time, nel senso che, appena si cessa di produrre l'acciaio necessario sotto forma di prodotto lavorato, per esempio barre d'acciaio che possono servire per i cingoli della Berco, quest'ultima deve necessariamente fermarsi, non può più produrre i cingoli.
  Sulla questione degli effetti del sequestro preventivo è intervenuta, con un comunicato stampa, la procura di Taranto, precisando che il provvedimento di sequestro non prevede alcun divieto d'uso dei beni aziendali e che il custode-amministratore è autorizzato ex lege a gestire eventuali necessità di ordine finanziario.
  La procura ha precisato, altresì, che il valore complessivo del sequestro è stato preventivamente stimato, sulla base delle poste patrimoniali indicate nei bilanci depositati dalle società colpite dal provvedimento, in circa 950 milioni di euro. Attualmente, sono stati attinti cespiti per un importo complessivo di 600 milioni di euro. Si precisa, inoltre, che i beni di cui sopra saranno immediatamente affidati, come previsto dall'originario provvedimento del gip e allo scopo di evitare pregiudizi per l'operatività, all'amministratore Pag. 6giudiziario, nominato a suo tempo dal giudice, proprio allo scopo di garantire la loro gestione, sì da prevenire effetti negativi sulla prosecuzione dell'attività industriale, come già sta avvenendo per le altre aziende precedentemente attinte dall'iniziale provvedimento di sequestro.
  Il Gruppo Riva ha, invece, fatto presente di non avere, allo stato degli atti, alcuna possibilità di utilizzare i beni sequestrati, segnalando peraltro che, in conseguenza del nuovo atto di sequestro, le banche finanziatrici di Riva Acciaio, tornate a riattivare i fidi, ne hanno immediatamente disposto il congelamento totale o la revoca e che il blocco degli impianti e dei conti correnti impedisce alla società di svolgere non solo una normale attività produttiva, ma anche operazioni minimali, quali pagare le utenze o gli spedizionieri per la consegna dei materiali.
  Riassumerò in modo molto semplice. Il reato è commesso a Taranto, nell'ipotesi del PM, e prevede anche la confisca, ovviamente se sarà confermato il giudizio, di beni per 8 miliardi 100 milioni di euro. A seguito di ciò, è scattata una serie di provvedimenti di sequestro, risolti, quando hanno bloccato l'Ilva di Taranto, con le misure adottate, e ora stanno bloccando anche gli altri stabilimenti che vi ho ricordato.
  In questo caso, non siamo in presenza della fattispecie prevista dal decreto-legge convertito in legge recentemente, ma di situazioni diverse, ovvero di fabbriche che producono acciaio fondendo il rottame e che non hanno proprio alcun problema con l'ambiente, funzionano perfettamente e vanno anche bene. Fanno, però, parte di un patrimonio che il giudice intende sequestrare al fine di avere un equivalente degli 8 miliardi 100 milioni di euro per la futura, se sarà confermata l'ipotesi accusatoria, confisca.
  È su questo aspetto che stiamo cercando di intervenire. Innanzitutto, voglio leggere il testo del codice di procedura penale all'articolo 104-bis, intitolato «Amministrazione dei beni sottoposti a sequestro preventivo». L'articolo al comma 1, dispone che «Nel caso in cui il sequestro preventivo abbia per oggetto aziende, società ovvero beni di cui sia necessario assicurare l'amministrazione, esclusi quelli destinati ad affluire nel Fondo unico giustizia – vi sottolineo questo passaggio – di cui all'articolo 61, comma 23, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, l'autorità giudiziaria nomina un amministratore giudiziario scelto nell'Albo di cui all'articolo 2-sexies, comma 3, della legge 31 maggio 1965, n. 575. Con decreto motivato dell'autorità giudiziaria la custodia dei beni suddetti può tuttavia essere affidata a soggetti diversi da quelli indicati al periodo precedente». Vi ho sottolineato il passaggio «esclusi quelli destinati ad affluire nel Fondo unico di garanzia» perché sono i soldi, le risorse economiche monetarie, e quindi è vero che l'amministratore ha a disposizione i beni, ma non i fondi, che vanno nel Fondo unico di giustizia, di cui all'articolo 61, comma 23, del decreto-legge n. 112 del 2008.
  Il problema che, a nostro avviso, dobbiamo porci è il seguente: come consentire il sequestro, e quindi all'attività giudiziaria di proseguire nel suo obiettivo di recuperare le risorse per l'eventuale danno, cioè per confiscare per la somma indicata, senza bloccare l'attività produttiva ? È possibile adoperarsi in questo senso ?
  Abbiamo ipotizzato una norma molto semplice, un nuovo articolo 104-ter, che stiamo verificando con il Ministero della giustizia e che, se funzionasse, vorremmo portare venerdì al Consiglio dei ministri. Secondo la lettera dell'articolo, semplicissimo, quando il sequestro riguarda attività produttive, il giudice nomina un amministratore che dispone anche dei soldi e ha il compito di gestire l'attività produttiva, in modo da garantire la produzione e l'occupazione. L'articolo è anche retroattivo, cioè vale anche per le situazioni che si sono già determinante, e quindi per Ilva.
  Forse non c’è problema a dire in questa sede che ho parlato anche con il procuratore della Repubblica di Taranto, il dottor Franco Sebastio, che ha ritenuto interessante questa formulazione, ne ha Pag. 7compreso il significato, e cioè che con il 104-bis non si riesce a operare perché i soldi non sono a disposizione, andando nel Fondo unico di giustizia.
  Nella nostra ipotesi, invece, per garantire il funzionamento dell'attività produttiva, i soldi rimarrebbero a disposizione dell'amministratore, custode o amministratore indicato dal giudice, che diventa quindi in grado di gestire tutte le attività, avvalendosi eventualmente di consulenti, ovviamente di soggetti in grado di consentire la gestione di un'attività, in questo caso quella della produzione dell'acciaio.
  Nel corso di queste ore, abbiamo sentito i sindacati, il mondo dell'impresa, la stessa impresa sottoposta al sequestro. In questo momento mi pare che sia oggettivo che l'impresa non può operare perché non dispone delle risorse per pagare i lavoratori e i fornitori. Tuttavia, su questo non voglio sbilanciarmi più di tanto perché non sono in grado di approfondire fino in fondo questo aspetto, ma mi pare una situazione oggettiva.
  Con la soluzione che vorremmo adottare, invece, il commissario sarà in grado di disporre delle risorse per pagare i lavoratori, comprare la materia prima e riattivare gli impianti. Dovremmo farlo a sette giorni da quando è scattato, giovedì scorso, il sequestro.

  PRESIDENTE. Nel dare la parola agli onorevoli colleghi, non disponendo di tempi lunghissimi, pregherei di intervenire con domande brevi.

  MASSIMO MUCCHETTI, Presidente della 10  Commissione del Senato della Repubblica. Vorrei chiedere qualche chiarimento al Ministro. Il sequestro posto in essere nei giorni scorsi e in via di esecuzione riguarda sia società del Gruppo Ilva sia società del Gruppo Riva, storico, il gruppo che c'era prima che arrivasse anche l'Ilva. Abbiamo, quindi, due problemi di natura diversa. Nel caso del Gruppo Ilva, sono stati sottoposti a sequestro le azioni e i cespiti aziendali di sette società controllate dall'Ilva Spa. Sulla base del ragionamento, che in linea formale può essere sostenuto, il «decreto Ilva» si riferisce all'Ilva Spa e mette nelle mani del commissario soltanto le risorse strumentali e monetarie dell'Ilva Spa ai fini di svolgere i doveri di istituto.
  L'Ilva commerciale, la Taranto Energia, la Celestri Srl sono società giuridicamente diverse da Ilva Spa, ancorché interamente controllate da questa in quasi tutti i casi e in qualche caso, abbiano il controllo con altri soci minori.
  Se l'Ilva si fosse data un organigramma societario diverso per cui l'Ilva commerciale fosse stato un semplice ufficio, una semplice divisione dell'Ilva Spa, com'era peraltro fattibilissimo, il miliardo che è nelle casse dell'Ilva commerciale e che serve a tutto il gruppo sarebbe stato coperto dal decreto Ilva.
  Esistono, cioè, un problema formale e uno sostanziale che vanno risolti. Lo spirito con cui tutti noi abbiamo approvato il decreto Ilva – naturalmente, altro è il punto di vista di chi non l'aveva approvato – era che andasse messa nelle mani del commissario la possibilità di usare le risorse del sistema Ilva per sistemare il sistema Ilva.
  Non ha molto senso questo tipo di divisione che nasce da un caso storico, per cui certe attività sono state allocate in un luogo o in un altro dal punto di vista societario. Credo che, in qualche modo, questo tema possa essere risolto migliorando e rendendo più chiaro, più aderente allo spirito con cui era stato scritto, il decreto Ilva.
  Quanto alla questione Riva Forni Elettrici, esistono elementi interessanti. Nelle finalità del sequestro, vi è di essere sicuri che le risorse degli azionisti dell'Ilva possano essere utilizzate allo scopo di sistemare le questioni dell'Ilva che gli azionisti avevano trascurato. L'obiettivo è questo.
  L'azienda non è, però, in stato fallimentare, neanche a fronte degli ulteriori obblighi che giustamente le abbiamo messo davanti. Ora, l'azionista maturerebbe anche un aumento di capitale, faremmo tutti festa, ma sarebbe paradossale se, per sistemare le questioni dell'Ilva, che il commissario ci ha detto ripetutamente essere in grado di sistemare comunque Pag. 8utilizzando il cash flow dello stabilimento e delle società dell'Ilva, il credito bancario e quant'altro, si chiudessero gli stabilimenti limitrofi, affini, parenti, ma che non hanno gli stessi problemi dell'Ilva di Taranto.
  È giusto, quindi, l'impegno che ci poniamo. Mi domando, però, e chiedo perché voglio capire meglio: l'amministratore che sarebbe nominato dal giudice che stabilisce il sequestro, di fatto diventa una specie di altro commissario ? Che poteri ha quest'amministratore rispetto all'attuale gerenza degli stabilimenti ? È un custode tale per cui l'amministratore delegato di queste società, tutte le volte che deve emettere un assegno, deve chiedergli il permesso ? O è lui che a staccare l'assegno, esautorando chi oggi amministra l'azienda ? Questo, secondo me, è un punto da capire.
  Si potrebbe anche ipotizzare, infatti, una soluzione più radicale, per cui i sequestri, che hanno lo scopo di risolvere un problema come quello dell'Ilva, si possono estendere a questo mondo e quell'altro con un solo vincolo, toccare determinate realtà, come i pacchetti azionari, ma non le risorse aziendali. Inoltre, credo di aver letto in un'interessante intervista del Ministro Zanonato che, se fermiamo le aziende del gruppo Riva Forni Elettrici, di qui a 6 mesi queste aziende avranno perso i propri clienti. Se stanno ferme una settimana, non muore nessuno; se, però, stanno ferme 6 mesi, ho già segnali da gente che conosco e che ci lavora che vanno da un'altra parte. In provincia di Brescia, un'acciaieria, che si era ridotta un po’ ai minimi termini perché le acciaierie Riva erano migliori, grazie a questa situazione hanno cominciato a mettere in funzione alcuni impianti che teneva in standby. Nello stesso tempo, mi si dice che la produzione nazionale non è comunque in grado di soppiantare l'offerta di Riva, e quindi ci saranno importazioni da parte di chi opera con le seconde lavorazioni, ci sarà un periodo di fermo e poi la ripresa con nuovi contratti che vengono da altre parti. In questo modo, avremo sequestrato le azioni delle società di Riva Forni Elettrici, che oggi valgono 100; di qui a 6 mesi, queste stesse azioni varranno 20 e non avremo fatto un grande affare, non avremo servito bene l'Ilva.
  Avverto, quindi, molto l'esigenza – come Commissione al Senato cercheremo di dare un contributo in questo senso – che il Governo si impegni a sbloccare questa faccenda presto, il ministro ci ha parlato di venerdì e cogliamo e apprezziamo l'impegno – anche in modo che non si possano ripetere domani certe circostanze.
  Oggi, infatti, abbiamo il caso Ilva, ma il cosiddetto decreto Ilva riguarda eventuali altre aziende che si trovassero nelle stesse difficoltà. Stiamo costruendo una nuova legislazione in materia, in fase di perfezionamento, anche in base alle sfide che la cronaca ci propone. Vorrei che ci fosse l'impegno a varare una norma, alla quale ribadisco cercheremo di contribuire anche in sede di esame, che risolva una volta per tutte questo tipo di problemi e offra un quadro di riferimento certo ai cittadini, che hanno diritto ad avere protetta la propria salute, ai dipendenti, che hanno diritto di avere protetto il proprio posto di lavoro, agli investitori, che devono continuare a conservare un senso dell'investire e del fare impresa in Italia.

  DAVIDE CRIPPA. La questione è abbastanza complicata. Dall'esposizione del Ministro non mi è chiaro un meccanismo. Come ricordava il collega, avevamo approvato nel decreto Ilva una misura che riguardava lo stabilimento Ilva di Taranto per inadempienze principalmente riferite alla procedura per le infrazioni in materia di AIA.
  Ritengo, però, magari commettendo un errore, che nella fase del procuratore Sebastio non si sta parlando esclusivamente di violazione dell'AIA, ma del fatto che atti di procedura penale riguardano i comportamenti omissivi da parte della dirigenza e di altri soggetti e che, nonostante la rassicurazione del commissario Bondi, possono non bastare. Ponendo un nesso causale tra certi eventi e quelli che, nella perizia epidemiologica, erano fenomeni di malattie e morti, qualcuno deve Pag. 9anche rispondere di come indennizzare e risolvere determinate procedure.
  Il compito affidato a Bondi è di attuare la procedura AIA corretta, ma sappiamo benissimo che sui nessi causali precedenti qualcuno dovrà rispondere di quanto omesso in precedenza. Sicuramente, quindi, non giudichiamo sufficienti le rassicurazioni di Bondi. Bisogna riferirsi a un periodo precedente all'epoca dei fatti imputati.
  Quanto alla questione che il Ministro ha sollevato, da un lato, troviamo Riva Acciaio, che non dispone più della liquidità finanziaria per mandare avanti la propria attività; dall'altro, però, le dichiarazioni del procuratore riportate sul Il Sole 24 Ore del 14 settembre scorso vanno in senso totalmente opposto: «La nomina di ausiliario dell'autorità giudiziaria, oltre che prevista dal codice – afferma il procuratore – è mirata proprio a garantire la continuità produttiva dell'azienda. Il provvedimento di sequestro non prevede alcun divieto d'uso e lo stesso custode-amministratore è autorizzato ex lege a gestire eventuali necessità di ordine finanziario». Questo è quanto riportato dal procuratore Sebastio.
  Se la parte interessata lamenta l'opposto di quanto dichiarato dal procuratore, vorrei capire effettivamente in quale situazione ci troviamo. Sentendo la voce dell'impresa, francamente comincio a preoccuparmi e a dubitare.
  Se il giorno successivo si mettono per strada 1.400 persone, ritengo ci sia almeno da porsi il sospetto di qualche atteggiamento ritorsivo nei riguardi dei lavoratori per cercare di costruire quel conflitto sociale che sollevi la problematica e vada a risolvere questioni giudiziarie in ambiti politici.
  Vorrei approfondire il concetto di cosa effettivamente il provvedimento consente all'azienda di operare o meno con la garanzia della liquidità finanziaria necessaria e, in base a questo, visto che assistiamo a due visioni diametralmente opposte, quella del procuratore e quella dell'azienda interessata, effettivamente mettere in campo delle soluzioni adeguate. Ovviamente, se l'unica strada sarà quella della modifica del codice di procedura penale indicata dal Ministro, ben venga, ma comincerei a ragionare sul fatto che forse l'univocità della voce della famiglia Riva o dei suoi dipendenti non può essere assunta come uno strumento necessario.
  Sono tantissimi gli stabilimenti interessati. Soprattutto, occupano principalmente le zone del Nord. È ovvio che riguardino anche obiettivamente stabilimenti rinnovati, che non abbiano, giustamente come nell'intervento in precedenza si affermava, complicazioni di natura di carattere ambientale.
  Ritengo, tornando a quanto detto all'inizio, che si stia parlando di una somma destinata a coprire i danni prodotti dall'attività illecita portata avanti dalla parte aziendale in una fase iniziale.

  MATTEO COLANINNO. Certo, si tratta di una vicenda abnorme, in tutti i suoi profili, prima di tutto perché parliamo di un gruppo centrale nel sistema industriale italiano ed europeo. Entriamo, quindi, pesantemente anche nella questione di volere o meno confermare il punto che sia la seconda manifattura europea come sistema industriale italiano. In secondo luogo, non è meno importante anche in termini di capacità di continuare o di migliorare la nostra forza di attrarre imprenditori e investitori esteri nel nostro Paese. Il messaggio lanciato ormai da tempo da questa vicenda ormai tormentata e dai profili gravi certamente non contribuisce a rimandare un'immagine positiva della seconda manifattura europea.
  Venendo al dunque, a quello che il Ministro ci ha detto sul finale del suo intervento, una norma che prevedesse – quando il sequestro riguarda un complesso di beni strumentali, quindi un'azienda, un'impresa – che il giudice debba nominare un amministratore: dal momento in cui il magistrato si sostituisce all'assemblea degli azionisti o all'azionista, e quindi nomina il soggetto economico dell'azienda, l'amministratore, qual è la responsabilità in capo a chi lo nomina ? Auguriamoci che non sia il caso, ma Pag. 10qualora questa nomina dovesse essere sbagliata, rischieremmo di trovarci nel paradosso, che ricordava anche il presidente Mucchetti, di estendere e perpetuare problemi oggi in capo a un'azienda che, sempre seguendo le parole del senatore Mucchetti, ha già il sufficiente cash flow per raggiungere le disposizioni dell'AIA.
  Mi chiedo quale sia – o potrebbe essere – la responsabilità che si potrebbe prevedere nella norma per la revoca di una nomina sbagliata, eventualmente quale responsabilità per il magistrato che si assume l'onere di sostituire, per effetto di un provvedimento così rilevante, l'assemblea degli azionisti, che normalmente, in termini fisiologici, ne risponde. Nel caso della nomina sbagliata di un amministratore, qual è il limite della responsabilità per chi la propone ?

  PAOLA PELINO. Vorrei aggiungere poco a quanto è stato già detto. A noi interessa, in questo momento, garantire la produttività per due motivi fondamentali. Uno è proprio quello che riguarda i lavoratori, credo per noi sempre il primo punto, al di là di qualsiasi schieramento politico. Inoltre – parliamoci chiaro – questo è un colosso, un fiore all'occhiello per noi: bisognerebbe fare in modo che non diventi motivo perché altre aziende si impadroniscano anche di questo nostro primario aspetto nel settore dell'acciaio.
  Il Ministro ha parlato di questa norma, di un eventuale commissario, custode o amministratore: questa può essere una delle soluzioni, ma eventualmente dovremmo riunirci attorno a un tavolo per verificare se esista qualche altra soluzione. L'importante è che si faccia presto e che non ci si danneggi doppiamente.

  FABIO LAVAGNO. Ringrazio il Ministro per aver accettato l'invito delle Commissioni a essere audito e di aver svolto una relazione così ampia. È giusta la premessa, che condivido, di una storia che parte dall'Ilva e coinvolge il Gruppo Riva. Credo che, in questa storia, il verbo coinvolgere sia da sottolineare proprio perché si tratta di due storie differenti, separate e con conseguenze e rilievi differenti anche dal punto di vista del sistema produttivo e di quanto questo sistema ha nell'impatto ambientale. Mi pare che questo aspetto sia noto a tutti.
  A mio avviso, la proprietà, ciò che va stigmatizzato, ha invece voluto sottolineare e utilizzare questo coinvolgimento, definito da più parti come un braccio di ferro nei confronti della magistratura, mettendo sul piatto, in buona sostanza, i 1.500 lavoratori, i numerosi stabilimenti disseminati sul territorio nazionale, in particolare nel Centro-Nord, e, soprattutto – credo che questa sia la considerazione che parte dalla base di tutti i nostri ragionamenti – un comparto che va salvaguardato non solo in termini occupazionali, ma anche dal punto di vista produttivo. Come è stato, infatti, più volte e da più parti ribadito, è un sistema produttivo strategico nell'industria del nostro Paese.
  Chiedo al Ministro che sia chiarita la soluzione o l'ipotesi di soluzione prospettata attraverso la modifica del codice di procedura penale nel suo aspetto fondamentale. Nella relazione, si parla di amministratore e di commissario: facciamo chiarezza tra commissario tra i due termini, definendo responsabilità, poteri e tempistiche, quest'ultimo fattore non è secondario in una dinamica in cui giorno per giorno si perdono ordinativi, quote di mercato e tutto quanto ben sapete.
  Infine, ma non c’è polemica nelle mie parole, è necessario chiarire, visto che l'ipotesi di commissariamento era stata esclusa dal Ministro nelle dichiarazioni dei primi giorni, mentre era stata avanzata in quelle del Presidente Letta, se è questa ormai la soluzione definitiva prospettata dal Governo, come devo credere visto che il Ministro viene a relazionare in Commissione, e quindi non posso che immaginare che sia così.
  Vorrei evitare, infatti, di incorrere in quanto è avvenuto nei giorni scorsi, seppur poche e seppur concitate, dichiarazioni differenti da parte del Ministro rispetto ai successivi orientamenti espressi dal Presidente del Consiglio.

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  SALVATORE TOMASELLI. Ringrazio il Ministro per la relazione e per le indicazioni rispetto alle misure che si intende prendere nelle prossime ore. Interverrò molto velocemente saltando le premesse, che mi pare possano essere in larga parte condivise. Da un lato, credo che la preoccupazione che questa vicenda partita dall'Ilva e dallo stabilimento di Taranto possa allargarsi a macchia d'olio, come pare stia accadendo, sia diffusa nel Paese, anche per le conseguenze che si porta dietro. Una preoccupazione che vede, in qualche modo, «giocare» una sorta di partita in punto di diritto, in cui il rischio è davvero che le conseguenze ricadano sull'anello più debole della catena, rappresentato dai lavoratori. Sono tra quelli che pensano che la reazione dell'azienda, per quanto possa avere forti motivazioni, sia risultata disdicevole. Rischia, infatti, di scaricare sull'anello più debole, i lavoratori, le conseguenze di una vicenda sicuramente complessa. Per il merito, mi pare che vadano opportunamente scisse le questioni: altra è la vicenda dell'Ilva, che credo Parlamento e Governo abbiano in qualche modo messo in sicurezza nell'ultimo anno.
  Ministro, lei ricordava una serie di iniziative di natura governativa, decreti-legge, che il Parlamento ha anche opportunamente migliorato e approvato. Questa vicenda ha portato all'approvazione di tre decreti-legge diventati, poi legge, e a un commissariamento dell'Ilva per una fattispecie ben delineata nell'ultimo decreto: disastri di natura ambientale e tutto quanto sappiamo, visto che abbiamo seguito tutti la vicenda.
  Mi auguro che non siano più necessari ulteriori provvedimenti di legge così complessi. Tutti ci auguriamo che il commissariamento dell'Ilva di Taranto sia il primo e l'ultimo di questa fattispecie. Certo, oggi siamo a un altro aspetto, che riguarda Riva Acciaio, la gestione di beni riconducibili alla proprietà dello stabilimento Ilva di Taranto, ovvero alla famiglia Riva in quanto proprietaria di altre attività e sottoposti a un provvedimento dalla magistratura pari a circa 8 miliardi di euro. Il tema, quindi, è molto più specifico. Ho sentito in questi giorni – ne parlava prima il collega – di altri commissariamenti, altri provvedimenti di legge. Ne diffiderei e mi pare che, da questo punto di vista, il Ministro ci abbia rassicurati.
  Mi pare che l'indicazione che arriva possa essere utile. Tuttavia, eventualmente con qualche aggiustamento normativo, ma soprattutto dal punto di vista della gestione in equilibrio, che mi rendo conto essere molto complicato e delicato, dobbiamo individuare l'elemento che tenga insieme la legittima e autonoma iniziativa della magistratura, i beni collettivi in campo, i diritti dei lavoratori, così come ovviamente i diritti della proprietà, e i provvedimenti dalla stessa magistratura che, ovviamente, vanno eseguiti.
  Mi pare che il tema sia semplicemente questo. Ne deve emergere l'idea che, nel mantenere saldi questi principi, anche rispetto ai beni della proprietà Riva non riconducibili allo stabilimento di Taranto che abbiamo messo in sicurezza ma ad altri impianti, laddove questi beni siano vincolati all'esercizio imprenditoriale e produttivo di altri stabilimenti, devono essere messi nella disponibilità di qualcuno. Può trattarsi del custode giudiziario già individuato, un amministratore ad hoc, la proprietà sterilizzata. Immagino non spetti a me dirlo, ma mi pare questo sia il punto, molto più specifico.
  In questi giorni, ho visto il rischio che, attorno a un'emergenza e, ovviamente, a una grandissima preoccupazione, soprattutto di natura occupazionale, potessero aprirsi fronti di intervento che potessero dare il senso di una vicenda che si avviluppa su se stessa e da cui davvero rischiamo di non uscire.
  Mi permetto di ribadire che l'Ilva è un conto, che abbiamo affrontato con determinate misure, è questione messa in sicurezza e affidata in mani salde: tutto ciò che sarà fatto dovrà essere destinato alle prescrizioni dell'AIA e all'ambientalizzazione di quello stabilimento.
  Il tema è quello di un intervento della magistratura. Facciamo in modo che quell'intervento possa, ovviamente in maniera legittima, andare in fondo, ma altresì Pag. 12mantenere nella disponibilità di un soggetto anche terzo tutti i beni che possano mettere nelle condizioni quegli stabilimenti di continuare a produrre e quei posti di lavoro di continuare a essere protetti e salvaguardati.

  ANGELO SENALDI. Vorrei ringraziare il Ministro per la disponibilità, la rapidità di intervento e direi anche per la forza con cui è intervenuto su questo caso, drammatico per tante famiglie che, chiaramente, vedono sfumare una possibilità di lavoro a fronte di una situazione industriale che, invece, presenta caratteristiche anche di possibile espansione nell'attuale situazione di mercato. Credo che questo sia stato un passo importante e che l'indicazione del Ministro di una soluzione nello spazio di una settimana sia veramente un esempio di un grande impegno posto in campo da lui stesso e dal Governo.
  Vorrei, inoltre, sottolineare, come ha già fatto anche il senatore Tomaselli, la questione relativa al commissariamento. L'individuazione di una persona che possa comunque continuare a gestire l'attività industriali insieme alla dirigenza della Riva Acciaio, e quindi permettere all'azienda di proseguire anche quelle opere di sviluppo, di manutenzione, di modernizzazione che aveva in corso, a mio avviso è assolutamente necessaria. In una situazione del genere non è sufficiente individuare solo una figura che svolga il ruolo di commissario, ma è anche necessario che tale soggetto abbia una vocazione imprenditoriale.
  Il presidente Mucchetti ha già evidenziato il rischio che le aziende coinvolte possano perdere i loro clienti nel giro di sei mesi. I lavoratori e la dirigenza di uno stabilimento in provincia di Varese che ho incontrato hanno sottolineato il fatto che, in termini sia di ricezione di materie prime e di rottami sia di produzione di contratti già in essere, avevano una tempistica veramente molto stretta.
  Anche rispetto al blocco dei conti bancari, mi sembra che una delle aziende del gruppo non abbia potuto pagare gli stipendi con scadenza 12 settembre e il sequestro è del 9 settembre. Esiste, quindi, anche la necessità di dare risposta sia ai lavoratori sia alla prospettiva di sviluppo dell'azienda, ben riconoscendo che il problema Ilva Taranto è separato da quello della realtà di Riva Acciaio, pur avendo la stessa proprietà ed essendo coinvolto nello stesso discorso in termini di azionariato, ma non in termini di prospettiva industriale.
  Credo che questo sia un altro punto essenziale su cui mi pare che il Ministro possa offrirci ulteriore rassicurazione rispetto a quello che ha già detto.

  MATTIA FANTINATI. Sarò molto breve. Anche a me dispiace che certe soluzioni ricadano sempre sugli operai. Ringrazio anch'io il Ministro per la tempestività con cui è venuto in Commissione. Mi auguro, però, se posso permettermi di dargli un suggerimento, che la stessa tempestività si abbia nel trovare le soluzioni ai problemi dei lavoratori coinvolti.
  Personalmente, sono di Verona ho sentito molto spesso, anche nella mia città, voci assai discordanti. Sembra di essere davanti a una delegittimazione del ruolo della magistratura anche in questo caso; non si tratta certo di un fulmine a ciel sereno, ma è una conseguenza che tutti ci aspettavamo sia per come i Governi precedenti hanno aiutato l'Ilva, sia per come le cose sono andate. Ovviamente, il mio pensiero può anche andare alle altre aziende, che magari non si chiamano Ilva, non hanno i Riva come proprietari, ma si trovano a rispettare in modo più fermo la legge e magari sono assorbite da un mercato che non funziona, e quindi vengono chiuse.
  Un'ultima considerazione sulla soluzione indicata dal Ministro circa un eventuale nuovo articolo 104-ter da inserire nel codice di procedura penale. Se tale soluzione dovesse servire a sbloccare le risorse finanziarie necessarie per far funzionare l'azienda, chiedo che vi sia un controllo. Tale liquidità deve servire a continuare la produzione assolutamente necessaria per salvare i 1.500 operai e non, come spesso Pag. 13succede, essere utilizzata per pagare gli stipendi di centinaia di migliaia di euro ai vari manager, per cui agli operai non rimangono che le briciole.

  GIANLUCA BENAMATI. Anch'io ringrazio il Ministro e il Governo sia per la celerità con la quale ci stanno rispondendo sia per quella con cui hanno inteso intervenire di nuovo sul tema dell'Ilva nel suo complesso.
  Signor Ministro – a questo punto, ritengo che certe cose vadano ricordate a tutti, ai colleghi, a lei, signor ministro, ma anche al Paese – ci siamo dati, con il caso Ilva, una legislazione in materia di gestione di emergenze aziendali, in tema ambientale tra le più innovative d'Europa. Non possiamo dimenticarlo perché lo abbiamo trattato, come lei ricordava, in questa legislatura, in questo Parlamento, innanzi a queste Commissioni.
  Ricordo anche l'attenzione che abbiamo rivolto alla definizione, in sede di conversione del decreto-legge, delle risorse prioritariamente necessarie al ripristino ambientale – quello dell'Ilva Acciaio di Taranto era un caso di mancato rispetto dell'autorizzazione ambientale integrata – ma abbiamo anche cercato, con un serio lavoro e un profondo dibattito, di contemperare le esigenze del ripristino ambientale con quelle di sopravvivenza dell'azienda, del bene dell'azienda, intesa come bene non solo della proprietà, dei dipendenti, ma come bene sociale di questo Paese.
  Dico con tutta onestà che ci troviamo in una seconda fase che non avremmo voluto vivere, sia per le condizioni di questo blocco di risorse collegate non tanto a futuri problemi, quanto al ripristino dell'autorizzazione integrata ambientale, sia per la risposta dell'azienda, di cui comprendiamo le difficoltà, che forse per certi aspetti assume in questo momento anche il sapore un po’ amaro di una possibile rivalsa. Sicuramente, in ogni caso, come il Ministro ci ha spiegato, queste difficoltà sono effettive, non inventate.
  Se, allora, nella gestione – come hanno già evidenziato i miei colleghi – intervengono in questi momenti difficoltà perché non sono nelle disponibilità dell'amministratore giudiziario, così definito, una figura che custodisce un bene sotto mandato dell'autorità giudiziaria, le risorse finanziarie, è bene che il Governo intervenga in emergenza per dare la possibilità a questa figura di liberare quelle risorse che servono per far fronte al funzionamento giornaliero dell'azienda.
  Il pagamento degli stipendi è solo una piccola parte. Un'azienda di questo tipo che, come ricordava un collega, sta perdendo i clienti, ha bisogno del suo cash flow in maniera assoluta. Come le materie prime, la disponibilità di liquidità per questa azienda è una condizione on-off, una condizione di chiusura.
  Ricordo a me stesso, prima che agli altri, che stiamo parlando di un'azienda che mantiene un settore, quello della meccanica e delle produzioni ad essa correlate, che rappresenta un quarto delle nostre esportazioni. Ricordo a tutti che stiamo sopravvivendo in questa crisi perché esportiamo e che le nostre esportazioni provengono per un quarto dalla meccanica. Si tratta di un settore che non solo non possiamo definire marginale, ma non possiamo definire non cruciale nell'economia italiana.
  È positivo, dunque, signor Ministro, che un intervento del Governo avvenga in maniera molto rapida per trovare una soluzione che risolva, scongiuri, anche con tutte le questioni che alcuni colleghi dell'opposizione hanno posto sulla gestione vera di queste risorse. Glielo riconosciamo e saremmo contenti di un'operazione che consenta il ripristino di una parvenza di normalità operativa di queste aziende.
  Le sottopongo, però il tema, riprendendo le osservazioni del responsabile economico del mio partito, l'onorevole Colaninno, relativamente al suo intervento, sull'opportunità che questa rappresenti una ulteriore lezione, come quella del caso Ilva nella prima fase, rispetto all'eventuale Pag. 14complessiva rivisitazione di legislazioni e procedure in questo Paese che riguardano la gestione del sistema aziendale.
  Mi rendo conto di come questo è un tema di più lungo termine. Se, però, vogliamo parlare di un nuovo piano industriale per il Paese, di aziende e sviluppo sostenibile, di attrarre investimenti, forse va messa in conto anche una revisione di una normativa che, al di là di come si possa giudicarla, presenta comunque delle falle. Ci troviamo oggi, infatti, con 1.400 persone senza lavoro, un'azienda senza liquidità e, giustamente, anche delle legittime attenzioni da parte della magistratura relativamente al rispetto delle norme. Questo può, però, invitarci a una riflessione forse un po’ più ampia, come è stato fatto nel passato.

  DIEGO DE LORENZIS. Anch'io ringrazio per la celerità con cui il Ministro è venuto a relazionare di fronte alle Commissioni.
  Il mio intervento è quasi in continuità con quello che mi ha preceduto perché la situazione, al momento, è complessa. Il problema, a questo punto, riguarda anche i settori correlati. Sappiamo che le implicazioni riguardano il settore meccanico e l'edilizia.
  Mi chiedo, però, se posso offrire degli spunti di riflessione al Governo e, in generale, alle istituzioni, quindi anche ai parlamentari qui riuniti, pur sapendo che probabilmente parte di questi non saranno presi in considerazione, che a me sembra che quest'intervento del Governo, ma anche quelli precedenti, sia un intervento ex post.
  Inviterei a provare a ragionare in termini complessivi, come è stato ricordato da chi mi ha preceduto, ma per andare in una direzione diametralmente opposta, eventualmente la revisione di alcune norme, di alcuni provvedimenti legislativi per intervenire ex ante.
  Probabilmente, la differenza che abbiamo notato è che in altri Paesi europei esiste un piano legislativo diverso, non si arriva neanche a situazioni di questo genere. Perdonatemi se i miei spunti possono essere considerati ingenui o non strettamente attinenti al tema, ma mi chiedo se, per esempio, il problema non sia quello dei fidi bancari. Forse una riforma anche nel settore bancario in queste fattispecie potrebbe aiutare il sistema bancario a reperire tutele sui fidi proprio per garantire le attività produttive.
  Un altro spunto di riflessione che mi viene in mente, approfittando della presenza del Ministro, è che il famoso piano dell'acciaio, che doveva essere inserito in uno dei decreti ora convertiti in legge, ancora non è stato pubblicato. Probabilmente, paghiamo anche in questo, immagino come parlamentari e come istituzioni, una lacuna di informazione che forse sarebbe il caso di colmare anche per una visione prospettica di quello che questo Paese vuole essere nei prossimi non anni su settori strategici. Se analoghe circostanze si dovessero verificare, per esempio, in settori come quello dei trasporti, delle autostrade, di Trenitalia, dell'energia con Enel, dovremmo anche in quei casi trovare espedienti legislativi ex post per intervenire in ambiti così nevralgici per il nostro Paese ? Mi chiedo se non sia il caso di provare a pensare anche a inasprimenti delle sanzioni e delle penali, quindi nel codice di procedura penale, per il mancato controllo.
  È sicuro, infatti, il coinvolgimento di una famiglia, di un certo tipo di imprenditoria, che probabilmente non ha funzionato per motivi che esulano dalla responsabilità politica, ma è vero anche, da quanto sta emergendo secondo la procura nell'indagine «Ambiente svenduto», che sono stati lacunosi anche una serie di controlli istituzionali o di organi in qualche modo terzi, che in ogni caso hanno permesso il prosieguo di queste vicende negli anni. Mi chiedo se non sia il caso di intervenire dal punto di vista normativo per evitare che questo succeda in altri settori, altrettanto nevralgici per il Paese.
  Vengo a un ultimo suggerimento. Il Governo è intervenuto garantendo la cassa integrazione agli operai: mi chiedo se non si possa, anche dal punto di vista normativo, inserire una norma per la quale Pag. 15questa cassa integrazione, che non è un evento straordinario, sia sempre a carico dell'azienda, qualora questa sia rimessa in carreggiata e produca utili. Di fatto, è un intervento straordinario per il quale lo Stato interviene per tamponare l'emergenza.
  È una contraddizione anche il fatto, come ha ricordato un mio collega, che i dirigenti o i vertici aziendali ricevano dividendi e stock options, mentre i lavoratori soffrono dal punto di vista del reddito. Forse possiamo prevedere una previsione normativa che affronti anche questo aspetto prima che si verifichi di nuovo qualcosa di simile.

  STEFANO ALLASIA. Ringrazio il Ministro per la celerità dovuta anche al fatto che si tratta di un evento straordinario, in un momento storico di crisi non indifferente, in cui il Parlamento e la Commissione già nei mesi scorsi si sono attivati prontamente sotto il diktat di un vostro decreto governativo sull'Ilva per il suo commissariamento. Abbiamo espresso che si trattava più che altro di un esproprio di Stato dell'Ilva di Taranto.
  Oggi rileviamo un ulteriore esproprio di Stato da parte della magistratura, che grosso modo sta svolgendo il proprio lavoro. Troviamo abbastanza fumose le vostre proposte sulla possibile soluzione nell'immediato. Abbiamo sempre ribadito che questo è il Governo del non fare, della proroga: l'unica proroga che non vediamo è quella dell'aumento dell'IVA. Sicuramente, quindi, vedremo un'ulteriore proroga nella decisione per trovare una soluzione.
  A me piace l'ottimismo dei componenti di queste Commissioni sulla possibile soluzione. Abbiamo sostenuto il decreto Ilva perché ritenevamo opportuno che un'azienda come quella dei Riva a Taranto e in tutta Italia continuasse a operare sul nostro territorio per evitare che le produzioni avvenissero Oltralpe, oltre i nostri confini nazionali, perché ci fosse una celerità di intervento.
  Allo stesso modo, chiediamo assolutamente un balzo in avanti per essere nella prontezza di spirito e di lavoro e non come nel dello spiacevole episodio di oggi in Aula con l'ennesima proroga di decisioni già prese altrove. Chiediamo che il Governo e lei stesso, Ministro, prendiate in mano la questione e la portiate avanti celermente nelle prossime ore. I mercati stanno attendendo le vostre possibili soluzioni su un problema che si conosceva da sempre.
  Durante la discussione in questa Commissione, come hanno evidenziato i miei colleghi, si era già preannunciata l'ipotesi che potessero verificarsi gli eventi che abbiamo visto sul sequestro dei beni dei Riva: avevamo ipotizzato delle soluzioni che non sono ancora arrivate.
  Speriamo che, nelle prossime ore, il Consiglio dei ministri o lei stesso possiate realmente portare a una soluzione definitiva per chiudere il capitolo. Abbiamo, infatti, il timore che, finita questa partita sui Riva, ce ne siano altre in questo Paese. Tutti noi siamo molto interessati a che questa situazione sia risolta al più presto. Abbiamo tutti le aziende dei Riva sul nostro territorio nazionale, nelle nostre regioni, perciò avremmo anche premura di sentire celermente la parola «fine» sulla questione della continuità industriale.
  La magistratura, sui Riva, sulle proprietà private, proceda con i suoi tempi. Chiediamo assolutamente di fare in fretta.

  IGNAZIO ABRIGNANI. Anche noi ringraziamo il Ministro per la sua informativa, utile a capire meglio lo stato dell'arte. Io vorrei mettere sul tavolo, però, un tema emerso da qualche intervento. Non è, però, emerso in maniera chiara quanto vorrei ora sottolineare.
  Personalmente, per natura non amo molto le aziende di Stato. Ritengo che lo Stato debba fare altro e che gli imprenditori debbano fare gli imprenditori. Laddove, in alcune aree fondamentali, l'imprenditore non è sufficientemente attento a determinate fattispecie, come quella ambientale, di cui oggi parliamo, è chiaro che, in sede emergenziale, la supplenza dello Stato è utile, se non doverosa.Pag. 16
  In questa supplenza spesso vediamo infilarsi con grande rapidità la magistratura penale, che sicuramente in sede ambientale ha dei meriti che non possiamo non riconoscere, ma probabilmente il nostro Paese non ha più la cultura ambientale che aveva negli anni Settanta, quando i famosi pretori d'assalto fecero assolutamente da stimolo positivo alle inefficienze della politica in questo settore. Direi che l'attuale cultura ambientale della nostra politica, ma anche dell'intero Paese, forse in qualche modo potrebbe non aver necessità di troppi interventi della magistratura.
  Il tema che, però, voglio porle è molto chiaro. Stiamo parlando dell'Ilva e di un caso sicuramente particolare, ma che, come qualcun altro ha già sottolineato, rappresenta un settore cruciale della nostra industria, che deve assolutamente continuare e su cui insistiamo che il Governo operi con la dovuta tempestività.
  Vorrei, però, che emergesse chiara la circostanza che si tratta di un caso assolutamente eccezionale, particolare. A sentir parlare di estensione di commissariamenti anche su alcuni aspetti di natura procedurale, non vorrei che su un caso particolare ereditassimo situazioni che, invece in qualche modo, in maniera continuativa, potrebbero arrecare problemi ai nostri imprenditori.
  È indubbio che il settore dell'acciaio sia fondamentale per il nostro Paese che ha bisogno di essere attrattivo. So che in questi giorni il Governo sta lavorando su un progetto bellissimo, almeno da quanto leggiamo dai giornali, definito Destinazione Italia, un progetto con il quale il Governo intende accelerare, semplificare, creare le condizioni per favorire la possibilità di attrarre investimenti nel nostro Paese.
  Ora, qualsiasi provvedimento sarà adottato venerdì prossimo, o comunque su questo argomento, deve essere forte e chiaro che in Italia il diritto di proprietà rimane esattamente quello di prima, la libertà di impresa rimane quella di prima, che il Governo non segue la magistratura ogni volta che qualche magistrato abbia l'idea di disporre un sequestro, in modo da rendere il nostro Paese sempre attrattivo. L'importante è che non ci si trovi, da una parte, con Destinazione Italia e, dall'altra, il pericolo di mettere paura a chi vuole investire in Italia.

  PRESIDENTE. Do la parola al Ministro Zanonato per la replica.

  FLAVIO ZANONATO, Ministro dello sviluppo economico. Ringrazio tutti commissari anche per gli spunti e i suggerimenti che hanno voluto fornire.
  Provo a inquadrare la vicenda che parte da Ilva e arriva a Riva Acciaio, ma che ha un valore generale, partendo dall'attuale norma del codice di procedura penale che prende in considerazione un illecito accumulo di ricchezza.
  Se un soggetto accumula in modo illegittimo ricchezza, caso generale, il giudice nella sua azione può sequestrare per la misura equivalente. Se non trova, cioè, tutta la ricchezza a disposizione, sequestra altri beni dal valore equivalente, al fine, se si completerà l'iter giudiziario in modo da condannare l'imputato, di confiscarlo.
  Il Parlamento, il legislatore si è posto il problema di come regolare questa situazione. Secondo una prima norma, l'articolo 104, il sequestro preventivo è eseguito, secondo le forme prescritte dal codice di procedura civile, su crediti, su immobili o mobili registrati, su beni aziendali organizzati per l'esercizio di un'impresa, su azioni, su quote sociali e così via elencando tutti i beni che possono essere sequestrati.
  In seguito, si pone il seguente problema: cosa accade se si tratta di un'azienda con un'attività, così come previsto all'articolo 104-bis ? Nel caso in cui il sequestro preventivo abbia per oggetto aziende, società ovvero beni di cui sia necessario assicurare l'amministrazione, esclusi quelli destinati ad affluire del Fondo unico di garanzia, si nomina un custode.
  Questa situazione, definita in un primo articolo del codice di procedura penale, il 104, dove si definiscono i beni pignorabili, Pag. 17e successivamente, prendendo in considerazione che si vada a pignorare un'azienda, indica che ci sarà un amministratore nominato dal giudice, non prende adeguatamente in considerazione la situazione in cui un'azienda debba continuare a funzionare e a produrre e questa è la situazione generale in cui ricade la vicenda Ilva e Riva Acciaio.
  Non c'entra il fatto che Riva Acciaio e Ilva producano acciaio. Poteva trattarsi di aziende della famiglia Riva anche in un altro ambito produttivo o di beni diversi – credo ne siano stati sequestrati per arrivare all'equivalente di 8 miliardi e 100 milioni di euro – ma non c'entra il fatto che la società Ilva investa, in questo caso particolare, il gruppo Riva Acciaio e Riva Forni, quanto piuttosto la circostanza per cui la norma non prende in considerazione la situazione che oggi abbiamo di fronte, ossia il fatto che il sequestro di quei beni blocca un'attività produttiva.
  È come, se mi consentite quest'esempio, se ci fosse stato un illecito arricchimento del proprietario di un ristorante e il giudice intervenisse nel sequestrare i conti del ristorante senza porsi il problema che il ristorante deve continuare a funzionare. Il ristorante, che non è un'attività illecita, ma è proprietà di chi in ipotesi ha commesso dei reati, e quindi un bene su cui ci si può rivalere per equivalenza, non può più pagare i propri camerieri, i cuochi, e non può comprare le quelle derrate alimentari con cui può continuare a funzionare, pagare le utenze e così via.
  Con la norma che vorrei proporre, il giudice, in questo caso il GIP, deve nominare un soggetto che faccia proseguire l'attività industriale – ha spiegato bene questo punto il presidente Mucchetti – a garanzia di due aspetti: dello Stato, che così confischerà un bene di maggior valore; anche dell'imputato, che, eventualmente scagionato, si trova di fronte un'azienda che continua a funzionare e non che, essendo stata chiusa, ha perso gran parte del proprio valore.
  Non entriamo, quindi, nel merito della vicenda giudiziaria, sulla quale ci sono strumenti propri a cui l'azienda, la proprietà ha diritto di adire, in modo da verificare se il sequestro sia giudiziariamente legittimo. Non abbiamo, però, il tempo e non possiamo aspettare che si completi tutto l'iter giudiziario. Vi sono ricorsi pendenti presso la Corte di cassazione, vedremo cosa decideranno. Il custode – ho usato le espressioni commissario, custode o amministratore come sinonimi, non ha importanza, bisogna capire cosa fa questo soggetto – deve far funzionare l'azienda e, nel nostro caso, deve far continuare a produrre acciaio, a pagare i fornitori, a far lavorare, pagandoli, i lavoratori.
  Ampliamo, quindi, e anzi credo che completiamo, da questo punto di vista, le disposizioni contenute nei nostri codici: dalla situazione del sequestro preventivo per equivalente ai fini della confisca a una situazione in cui non si tratta di beni statici, ma di beni produttivi.
  Se, nel corso della vicenda, per la Corte di Cassazione quei beni non saranno sequestrabili, torneranno immediatamente nella disponibilità della proprietà. Ma questo riguarda solo l'iter giudiziario. È la stessa identica situazione di un custode, che però deve anche far funzionare la produzione. Non so se sono riuscito a spiegare.
  La retroattività è necessaria, anche in tempi rapidi, in modo che non si perda tempo, non perda i clienti la Riva Acciaio, non perdano le commesse le attività le aziende fornite a valle, con danni ingenti a tutto il sistema produttivo italiano. Questa è la situazione.
  Giustamente, il presidente Mucchetti ha posto un'altra questione, che riguarda però il codice di procedura civile, in questo caso il pignoramento: il legislatore ha previsto riduzioni delle possibilità di pignoramento e in alcuni casi dei beni sono considerati impignorabili. È curioso il caso della fede nuziale, dei beni sacri, non si può pignorare il letto, la cucina, derrate alimentari che servono per un mese per la vita della famiglia. Inoltre, è stabilito che non si può pignorare più di un quinto dello stipendio e di una serie di altri beni.Pag. 18
  Qui, invece, siamo nella fattispecie penale: è più complesso, allora, presidente Mucchetti, stabilire quali siano i beni impignorabili. La fede nuziale, che non si può pignorare nell'azione civile, può esserlo nell'azione penale perché è il risultato di un furto.
  Dobbiamo agire indipendentemente dall'azione della magistratura e da tutti i procedimenti interni ad essa che autocorreggono le iniziative della magistratura. Abbiamo tempi strettissimi. Se il giudice del riesame, prendendo in considerazione la proposta, si esprime tra un mese, non possiamo tenere l'azienda ferma e, obiettivamente, arricchiamo il nostro codice di procedura penale, che non si era posto il problema.
  Aggiungo una notizia interessante. Il legislatore si era posto il problema nel caso del sequestro dei beni mafiosi: probabilmente, siccome lo ha fatto molto più tardi, si è posto il problema di non interrompere le attività produttive che i beni mafiosi possono al loro interno svolgere. Per il centro commerciale di proprietà di un mafioso, ad esempio, il legislatore non prevede la chiusura né la confisca, ma la nomina di un commissario che continui a farlo funzionare.
  Introduciamo una norma che vale in tutti i casi di ricchezza accumulata in modo illegittimo, in ipotesi dell'accusa, poi si vedrà, e che potrebbe essere oggetto di confisca, se il giudice deciderà che l'imputato è colpevole. Agiamo in modo che la produzione non si fermi, che i lavoratori continuino a lavorare, che i fornitori continuino a rifornire l'azienda e che i clienti continuino ad avere le materie lavorate.
  Infine, il presidente Mucchetti ha posto un'altra questione che non avevo toccato perché non è di immediata attualità, ma che si porrà certamente in seguito. Alcune aziende di proprietà dell'Ilva, per cui è stato nominato il commissario Bondi, sono sottoposte allo stesso tipo di procedimento perché il perimetro di commissariamento non le ha comprese. Bisognerà intervenire con una norma che le includa nel perimetro del commissariamento. Non ne ho parlato perché non è di immediata attualità. Per ora, l'Ilva riesce a funzionare.
  Spero, commissari, senatori e onorevoli, di essere stato abbastanza chiaro. Se arriveremo in porto con questa norma e avremo un soggetto, non si tratterà di un esproprio. Se introdurremo questo soggetto in grado di far funzionare l'azienda, intanto la faremo funzionare mentre si completerà l'iter giudiziario o sarà restituita alla proprietà anche per l'attività di giudici del riesame, che intervengono con una certa velocità. Di contro, preso atto che i beni confiscati sono stati giustamente confiscati, il tutto passerà a chi deve, come sarebbe passato a capannoni chiusi, ad attività ferma.

  PRESIDENTE. Do ancora la parola all'onorevole Fantinati per un ulteriore intervento.

  MATTIA FANTINATI. Sembra, dall'intervista su Il Sole 24 Ore, che il procuratore Sebastio avesse già disposto che effettivamente «il provvedimento di sequestro non prevede alcun divieto d'uso e lo stesso custode-amministratore è autorizzato ex lege a garantire eventuali necessità di ordine finanziario».

  FLAVIO ZANONATO, Ministro dello sviluppo economico. È verissimo che il procuratore della Repubblica di Taranto, dottor Sebastio, ha diramato un comunicato in cui è detto quanto adesso ha ricordato, ma non stiamo parlando soltanto dei beni.
  Torniamo al ristorante. Sono a disposizione del custode le forchette, i piatti, la cucina, i tavoli, ma non lo sono i conti, che vanno, in base al 104-bis, che vi ho letto, al Fondo unico di giustizia. Al signore che deve continuare a far funzionare il ristorante restano i piatti, le forchette o la cucina, ma non può pagare dipendenti e fornitori. È questo il problema.
  Proprio per trovare una soluzione, anche in uno spirito di leale collaborazione tra le diverse istituzioni, ho chiamato il giudice Sebastio anche prima, ci siamo parlati, gli abbiamo mandato un'ipotesi di Pag. 19nuovo articolo per sentire se lo trova corrispondente: mi pare che anche lui sia d'accordo sul fatto che in questo momento la Riva Acciaio non dispone dei conti bancari per disporre i necessari pagamenti. Del resto, lo dice l'articolo 104-bis. I soldi, anziché essere nella disponibilità del custode, vanno nel Fondo di giustizia in base alla legge del 2008. Questo è il risultato di un tentativo di comprendere il più possibile la situazione che ci troviamo ad affrontare. Se avessi trovato una soluzione per far funzionare l'azienda indipendentemente da un nuovo articolo, lo avrei fatto. Ho approfondito il più possibile la faccenda e mi pare che non si riesca.
  Naturalmente, questo è il mio lavoro. Mi sarebbe piaciuto di più operare diversamente. Questo è quanto dice la procura della Repubblica presso il tribunale di Taranto, ma parliamo dei beni, non dei conti.

  MASSIMO MUCCHETTI, Presidente della 10  Commissione del Senato della Repubblica. A Banca Intesa, una tra quelle che servono il Gruppo Riva essendo in Lombardia, hanno i conti bancari bloccati. C’è chi si sente rispondere che il conto di Riva non può essere preso, che non può più essergli dato perché sono bloccati dalla Guardia di finanza. Il comunicato dalla procura non è necessariamente un atto giudiziale...

  FLAVIO ZANONATO, Ministro dello sviluppo economico. Presidente, se mi consente, l'atto che proporrò in Consiglio dei ministri e che dovrete convertire in legge, se lo riterrete corretto, non contraddice minimamente, ma potenzia l'iniziativa della procura. Se l'intenzione è quella, la risposta è che hanno a disposizione i conti.
  L'onorevole Fantinati sostiene che erano già a disposizione; noi diciamo che sì, sono a disposizione: si va in quella direzione, non in una direzione contraddittoria. Questa è una sua opinione, diversa dalla mia. Prendiamo atto che abbiamo opinioni diverse.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro dello sviluppo economico, Flavio Zanonato, e dichiaro conclusa l'audizione in titolo.

  La seduta termina alle 15.15.