XVII Legislatura

X Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 13 di Mercoledì 6 dicembre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Epifani Guglielmo , Presidente ... 2 

Audizione del Ministro dello sviluppo economico, Carlo Calenda, nell'ambito dell'esame della «Proposta di regolamento che istituisce un quadro per il controllo degli investimenti esteri diretti nell'Unione europea» (COM(2017) 487) e della Comunicazione «Accogliere con favore gli investimenti esteri diretti tutelando nel contempo gli interessi fondamentali» (COM(2017) 494) (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento) :
Epifani Guglielmo , Presidente ... 2 
Calenda Carlo , ministro dello sviluppo economico ... 2 
Epifani Guglielmo , Presidente ... 5 
Bargero Cristina (PD)  ... 5 
Bombassei Alberto (Misto-CI-EPI)  ... 5 
Epifani Guglielmo , Presidente ... 6 
Calenda Carlo , ministro dello sviluppo economico ... 6 
Epifani Guglielmo , Presidente ... 8

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista: MDP;
Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD: AP-CpE-NCD;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile: SI-SEL-POS;
Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE: SC-ALA CLP-MAIE;
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Civici e Innovatori - Energie PER l'Italia: Misto-CI-EPI;
Misto-Direzione Italia: Misto-DI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-UDC-IDEA: Misto-UDC-IDEA;
Misto-Alternativa Libera-Tutti Insieme per l'Italia: Misto-AL-TIpI;
Misto-FARE!-PRI-Liberali: Misto-FARE!PRIL;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI) - Indipendenti: Misto-PSI-PLI-I.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GUGLIELMO EPIFANI

  La seduta comincia alle 14.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro dello sviluppo economico, Carlo Calenda, nell'ambito dell'esame della «Proposta di regolamento che istituisce un quadro per il controllo degli investimenti esteri diretti nell'Unione europea» (COM(2017) 487) e della Comunicazione «Accogliere con favore gli investimenti esteri diretti tutelando nel contempo gli interessi fondamentali» (COM(2017) 494).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro dello sviluppo economico, Carlo Calenda, nell'ambito dell'esame congiunto, nell'ambito dell'esame della «Proposta di regolamento che istituisce un quadro per il controllo degli investimenti esteri diretti nell'Unione europea» (COM(2017) 487) e della Comunicazione «Accogliere con favore gli investimenti esteri diretti tutelando nel contempo gli interessi fondamentali» (COM(2017) 494).
  Abbiamo oggi in audizione, e lo ringrazio per la sollecitudine e l'interesse che ha dimostrato di partecipare a questa audizione, il Ministro Calenda, al quale do subito la parola.

  CARLO CALENDA, ministro dello sviluppo economico. Grazie mille presidente. La premessa di linea politica del Governo sul tema degli investimenti esteri credo sia abbastanza nota. La tutela non è mai quella della nazionalità dell'investitore, ma la tutela è quella dell'interesse nazionale, che è una cosa diversa. Quindi, non si difende l'italianità come valore astratto, ma si difende invece l'interesse nazionale come valore molto concreto.
  Cosa vuol dire questo, nella pratica? Vuol dire che ci sono molti casi di acquisizioni – e sempre più ce ne sono, perché lo scorso anno gli investimenti diretti esteri sono aumentati – che portano valore e ci sono altri casi, invece, in cui le acquisizioni distruggono valore. Sono quelli che io chiamo investimenti di natura predatoria.
  Il compito del Governo è lavorare per respingere, attraverso le regole – perché questo fa un Governo – appunto gli investimenti di natura predatoria.
  Tra gli investimenti positivi penso, per larghissima parte, a quelli fatti nel settore della moda, dove noi abbiamo visto crescere fatturati, occupazione e produttività, investimenti. Ricordo ancora che le multinazionali d'Italia mi pare (vado a memoria) che sostengano il 25 per cento della ricerca e innovazione fatta dal settore privato. Quindi, stiamo parlando di un contributo di grande qualità che va apprezzato e incrementato.
  Per ciò che attiene alla proposta di regolamento in esame, abbiamo iniziato un'azione con Francia e Germania un anno, un anno e mezzo fa, più o meno, in cui sostanzialmente abbiamo detto che ci sono oggi casi fuori dai settori disciplinati attualmente dal golden power, dove assistiamo Pag. 3 ad acquisizioni da parte di Paesi extra UE nel caso specifico (perché a ciò si applica il regolamento) che hanno ad oggetto aziende ad alta intensità tecnologica. Le aziende ad alta intensità tecnologica molto spesso possono essere facilmente delocalizzate in termini di know how, perché basta spostare in qualche misura i brevetti. Quindi, noi rischiamo di depauperare il nostro patrimonio tecnologico, in un momento in cui la tecnologia è fondamentale anche nella manifattura tradizionale, dunque non solo nei settori tipicamente regolati dal golden power.
  Dopo molte sollecitazioni, alla fine la Commissione ha fatto una proposta di regolamento, sostanzialmente basato su due princìpi: stabilire il perimetro all'interno del quale gli Stati membri possono eventualmente mantenere, modificare o dotarsi di un sistema di review degli investimenti diretti esteri; stabilire tra Stati membri e Commissione un meccanismo di scambio di informazioni e poi individuare poteri e facoltà attribuiti direttamente alla Commissione.
  Dal primo punto di vista, la proposta di regolamento ha l'obiettivo di fornire agli Stati membri un quadro di riferimento per istituire un meccanismo di controllo degli investimenti esteri diretti nell'Unione europea. In altre parole, non si tratta di un obbligo, ma di una facoltà che è rimessa agli Stati membri. Posto che dodici membri dell'Unione europea già dispongono di questo tipo di meccanismi di screening, il progetto ha la finalità di armonizzare il loro funzionamento.
  In secondo luogo, la proposta istituisce un meccanismo di cooperazione tra gli Stati membri e la Commissione per assicurare sia lo scambio di informazioni su investimenti che possano potenzialmente rappresentare una minaccia per la sicurezza o l'ordine pubblico, sia un confronto sulle decisioni adottate dai singoli Stati membri. Infine, in via complementare, alla Commissione viene attribuita la facoltà di effettuare un controllo per motivi di sicurezza e ordine pubblico, qualora un investimento diretto estero possa incidere su progetti o programmi di interesse dell'Unione.
  Come stabilito dall'articolo 1 della proposta di regolamento, il presupposto che supporta l'applicazione dei meccanismi di controllo degli IDE (investimenti diretti all'estero) è quello della tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico, presupposto che rende compatibili tali meccanismi con gli impegni WTO (World Trade Organization), ai sensi dell'articolo 14 e 14-bis del GATS (General agreement on trade in services).
  L'articolo 4 indica una lista non esaustiva di fattori che possono essere presi in considerazione per valutare un IDE dal punto di vista degli effetti su sicurezza ed ordine pubblico. Si tratta di un articolo essenziale, perché indica una lista ampia di settori sensibili: infrastrutture critiche, incluse energia, trasporti, comunicazioni, data storage; infrastrutture spaziali e finanziarie; sensitive facilities; tecnologie critiche, inclusa intelligenza artificiale, robotica, semiconduttori, tecnologie anche potenzialmente dual use, cybersicurezza, tecnologie spaziali e nucleari; sicurezza degli approvvigionamenti degli input critici, accesso e gestione di informazioni sensibili.
  Si specifica, inoltre, che nel contesto della tutela di ordine pubblico e sicurezza va valutato se l'investitore estero sia controllato dal Governo di un Paese terzo.
  Non entro ulteriormente nel dettaglio della proposta di regolamento, che è peraltro ben illustrata nel dossier predisposto da questa Commissione parlamentare. Mi preme solo sottolineare come la bozza presentata dalla Commissione europea abbia risposto alle sollecitazioni che erano state avanzate anche da parte italiana, e come il suo contenuto sia largamente condivisibile.
  Nonostante la politica commerciale sia, ai sensi del Trattato di funzionamento dell'Unione europea, una competenza esclusiva, quella sugli investimenti rimane una competenza mista. Ed era impossibile immaginare tanto un meccanismo di screening esclusivo dell'Unione europea, quanto una norma che imponesse agli Stati membri l'obbligo di dotarsi di tali meccanismi. In altre parole, la proposta della Commissione è stata improntata al realismo, individuando una soluzione, schemi di screeningPag. 4 nazionali e volontari, meccanismo di cooperazione tra gli Stati membri e Commissione, che tiene conto sia del quadro normativo UE che delle diverse sensibilità presenti in Consiglio.
  Ciononostante, l'avvio dei lavori consiliari a Bruxelles non è stato semplice, con un primo dibattito in COREPER l'8 novembre scorso, che non ha sciolto un primo nodo che si era posto nel confronto nel gruppo di lavoro tecnico, sulla necessità che la Commissione producesse anche una valutazione di impatto finora non presentata.
  Al di là di questo aspetto, sembrano purtroppo ripresentarsi in Consiglio alcune divisioni ideologiche che personalmente ritengo ingiustificate alla luce delle considerazioni che ho appena svolto. Per questa ragione, insieme ad altri Stati membri abbiamo continuato a sostenere la proposta della Commissione ed intendiamo proseguire lungo questo cammino.
  Anche in ragione della condivisione del progetto di regolamento, delle sue motivazioni e delle sue finalità, oltre a sostenerlo in sede UE il Governo ha deciso di agire anche sul piano nazionale. A questo scopo l'articolo 14 del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172, intende apportare modifiche alla disciplina dell'esercizio dei poteri speciali del Governo di cui al decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21. La proposta normativa prevede una generale sanzione amministrativa pecuniaria ove siano violati gli obblighi di notifica funzionali all'esercizio dei poteri speciali da parte del Governo nel comparto della difesa e della sicurezza nazionale, ed estende l'esercizio dei poteri speciali applicabili nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni al settore della cosiddetta «alta tecnologia».
  La proposta individua, inoltre, un criterio specifico cui il Governo deve attenersi nell'esercizio dei poteri speciali, con riferimento a quelle operazioni di acquisto da parte di soggetti extra UE di società che detengono attivi strategici nel settore energetico, dei trasporti e delle comunicazioni, ove l'acquisto di partecipazioni determini l'insediamento stabile dell'acquirente. In tali ipotesi il Governo deve valutare, oltre alla minaccia di grave pregiudizio agli interessi pubblici relativi alla sicurezza e al funzionamento delle reti e degli impianti e alla continuità degli approvvigionamenti, anche il pericolo per la sicurezza e per l'ordine pubblico. In altre parole, la norma inserita nel testo del cosiddetto «decreto fiscale» recepisce i princìpi della bozza di regolamento UE nel meccanismo di esercizio dei poteri speciali (golden power).
  Percorrere questa strada è apparso necessario se non doveroso per evitare che, purtroppo, i ritardi del percorso di approvazione nel Consiglio UE mettano a rischio gli interessi nazionali del nostro Paese, come definiti e tutelati nella stessa proposta della Commissione europea a cui ci siamo attenuti. Al riguardo, permettetemi solo di ricordare come le fusioni e le acquisizioni in Europa da parte di soggetti investitori cinesi siano aumentate nel 2016, rispetto all'anno precedente, del 140 per cento. Alcuni casi sono stati particolarmente emblematici: penso, per esempio, alla nota azienda tedesca di robotica Kuka, acquisita dalla cinese Midea per 4,5 miliardi di euro; l'acquisto di Syngenta da parte di ChemChina, ancorché in territorio svizzero.
  Per quanto riguarda specificamente l'Italia, in base ai dati Istat il numero di imprese a controllo estero sono aumentate nel corso del 2015 fino a superare le 14 mila unità, dando occupazione ad oltre 1.250.000 addetti, generando un fatturato di 530 miliardi di euro e investendo 3,2 miliardi di euro in ricerca e sviluppo.
  Questi numeri quantificano l'importanza delle imprese a controllo straniero in Italia. Infatti, pur rappresentando solo lo 0,3 per cento del totale delle imprese residenti in Italia, occupano il 7,7 per cento degli addetti italiani, generano il 18,4 per cento del fatturato nazionale e coprono il 25 per cento della spesa in ricerca e sviluppo del Paese.
  Da notare, però, che l'Italia, nel corso del 2016, ha visto crescere del 38 per cento i flussi di investimenti esteri in entrata, mentre gli investimenti italiani all'estero hanno subìto una contrazione del 5 per cento. A fronte della crescita delle imprese Pag. 5a controllo estero e della mancanza di equilibrio tra acquisti di soggetti esteri in Italia e di soggetti italiani all'estero, la nostra capacità di proteggerci è stata finora in parte limitata. Come indicato nella relazione presentata il 22 dicembre 2016 dal Ministero dei Rapporti con il Parlamento alla Presidenza del Senato sull'attività svolta sulla base dei poteri speciali, dei trenta casi sottoposti al Comitato golden power dall'avvio della sua attività nel 2014 – sono 8 nel 2014, 18 nel 2015 e 4 nel 2016 – in nessun caso il Comitato stesso è andato oltre l'autorizzazione con prescrizione.
  Il rafforzamento dei poteri del Comitato è quindi un tema essenziale. Non si tratta, tuttavia – permettetemi di ribadirlo – di voler limitare gli investimenti diretti esteri. Gli investimenti esteri sono essenziali per contribuire a muovere il volano della crescita, soprattutto quando il volume degli investimenti nazionali è ancora insufficiente, apportando peraltro un contributo importante anche in termini di innovazione ed internazionalizzazione delle imprese acquisite.
  Si tratta più semplicemente di assicurarsi che l'afflusso di investimenti avvenga nel rispetto delle regole, senza mettere in pericolo la nostra sicurezza e senza correre il rischio che si trasformi in un impoverimento tecnologico del Paese, evitando quindi atteggiamenti predatori da parte di società estere, magari controllate o direttamente o indirettamente da uno Stato terzo il cui unico scopo è appunto quello di trasferire il know how tecnologico.
  In coerenza con queste considerazioni ritengo necessario sia continuare a sostenere l'adozione in sede UE del regolamento proposto dalla Commissione sia concludere l'affinamento della normativa golden power come proposto. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Calenda.
  Do la parola ai colleghi che desiderano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  CRISTINA BARGERO. Una prima domanda riguarda la nozione di controllo, che ci sembra decisamente troppo ampia, perché non tiene conto, in primo luogo, della differenza che c'è nei diversi Stati membri, né di una gradualità che potrebbe riguardare l'interesse strategico nazionale oppure i diritti sociali, il mero monitoraggio oppure l'obbligo di liquidazione della quota azionaria acquisita. Ci sembra, in questo caso, che la Commissione si sia attenuta a un mero obbligo di copertura giuridica e non sia entrata nel merito di quello che è il controllo.
  Un altro punto a mio parere critico riguarda il fatto che la Commissione può intervenire solo d'ufficio e non su richiesta di uno Stato membro. Anche questo comunque indebolisce in parte la facoltà degli Stati membri di intervenire nel caso di investimenti predatori in settori strategici.
  Considerando comunque l'impatto positivo di questo regolamento, che va a incidere in un settore strategico come quello degli investimenti esteri diretti, che sono da incentivare nel nostro Paese, però con un'attenzione – come lei ha ben detto, Ministro – a quei settori strategici che non sono solo più quelli tradizionali delle reti infrastrutturali, ma vanno estesi anche all'alta tecnologia, un'altra criticità riguarda appunto il fatto che è prevista la trasmissione della notifica dei meccanismi di controllo solo alla Commissione europea e non anche al Parlamento e al Consiglio, trattandosi invece di una materia per la quale il Trattato prevede un provvedimento legislativo ordinario.

  ALBERTO BOMBASSEI. A parte la difficoltà di definire quali siano effettivamente gli investimenti predatori – e mi piacerebbe capire con quali parametri misuriamo se sono predatori o meno, sapendo indicativamente, con il buon senso, che gli investimenti dei Paesi citati prima dal Ministro (cinesi, per esempio), spesso e volentieri sono di questo tipo – mi domando però come li misuriamo in tanti settori dove invece è difficile ricostruire la vera proprietà.
  Di recente abbiamo avuto un paio di casi in cui risalire agli azionisti... Oggi, per un'azienda che è quotata, mi domando come si fa a sapere chi sono gli azionisti. Pag. 6Quindi, se uno pensa – cito sempre l'esempio che Calenda conosce, poiché ne abbiamo parlato a suo tempo – che la Volkswagen per il 18 per cento è di un fondo del Qatar... Quindi, è tedesca, è interamente tedesca, c'è l'interesse anche di un terzo? Credo che sia molto difficile stabilirlo.
  Pur essendo positivo incentivare gli investimenti esteri nel nostro Paese – chiaramente quando creano occupazione e quindi reddito sono assolutamente da favorire – non vorrei che, al contrario, come vediamo in alcune gare, soprattutto nella parte della difesa eccetera, aziende che non sono di origine italiana, ma progetti, prodotto finale e tutto il know how sono detenuti in Italia, in teoria stando alle regolamentazioni europee potrebbero essere (uso il condizionale perché non è definito) escluse, perché sono di origine ad esempio americana.
  Secondo me, è una cosa estremamente delicata da definire. Credo che la risposta, andando al di là anche forse del tema odierno, sia immaginare il ruolo di un Ministero dello sviluppo economico che faccia una politica industriale europea, che potrebbe non dico eliminare ma quantomeno ridurre quelli che sono oggi alcuni interessi nazionali di difesa che spesso non sono coerenti con i veri interessi dei vari Paesi.
  Nei prossimi 5/10 anni, credo che i nostri problemi non saranno quelli di difendere il nostro piccolo Paese da un punto di vista industriale, ma l'Europa con i grandi giganti a livello mondiale, che sono la Cina, gli Stati Uniti o altri che potranno sorgere.
  Su questo chiederei che si potesse approfondire meglio in questa definizione per non perdere occasioni importanti. Noi abbiamo perso, per esempio, la gara sugli elicotteri. A qualcuno fa comodo anche questa regolamentazione, perché siamo stati esclusi. L'hanno presa i francesi e i tedeschi e noi siamo rimasti fuori. Non vorrei che il bis succedesse con quest'ultima gara sulla fornitura di turbine sulla parte di Avio, che secondo me sarebbe un altro errore, perché porteremmo via lavoro italiano di cui invece abbiamo veramente bisogno.

  PRESIDENTE. Faccio solo una considerazione, non tanto sulla Comunicazione europea in esame, ma su un punto che riguarda gli investimenti diretti esteri e la nostra situazione. In modo particolare, noi abbiamo un problema che abbiamo vissuto già in aziende importanti, sul quale però non abbiamo strumenti e non so neanche se siamo in condizioni di averli, circostanza che però rappresenta un problema. Mi riferisco alle acquisizioni a debito. Ora, se capitali stranieri arrivano, intervengono, se non è un'azienda strategica, adesso abbiamo gli strumenti, e se risponde alla volontà di investire, perfetto: non conta il chi, conta il come.
  Quello che trovo meno logico è quando un'azienda arriva, ha i soldi e invece di tirarli fuori compra indebitando l'azienda. Quando si compri indebitando l'azienda, si trasferisce sul futuro dell'azienda, sulla sua capacità di redditività e di fare investimenti, quello che invece si dovrebbe fare, potendolo fare. Quindi, è come se si acquistasse un'azienda mettendo un'ipoteca sul futuro dell'azienda stessa.
  Siccome siamo in un mondo in cui la competizione si gioca sulla capacità di investire e sulla rapidità degli investimenti, anche aziende che avessero o hanno alta redditività, quando poi sono bloccate da miliardi e miliardi di debito è chiaro che non hanno più le disponibilità di investire sul prodotto, sul processo, sulle tecnologie e sulla commercializzazione che altre aziende in un mercato internazionale hanno. Non voglio far nomi ma, credo che ci siamo capiti.
  Questo è un punto, secondo me, di una qualche delicatezza.
  Do la parola al Ministro Calenda per la replica.

  CARLO CALENDA, ministro dello sviluppo economico. Provo a rispondere alle questioni poste. Sul controllo, ci vuole un parametro e, comportando un obbligo di notifica, bisogna capire qual è questo parametro. A mio avviso, anche la direzione e il coordinamento probabilmente integrano una necessità di notificare, però non c'è dubbio che un parametro molto chiaro ci vuole, altrimenti nell'incertezza l'investitore Pag. 7 non sa quando deve notificare. Ora, il controllo è il parametro che si definisce normalmente come quello che si attua. Dopodiché, abbiamo visto anche casi in cui il controllo, siccome ha tanti aspetti diversi (c'è un controllo di natura civilistica, c'è un controllo di natura antitrust, di fatto eccetera), sono d'accordo che su questo ci vuole un chiarimento più approfondito.
  Per quanto riguarda l'intervento della Commissione ex officio, la normativa è costruita in modo che gli Stati membri possano avere la loro normativa nazionale. Quindi, se lo Stato membro si muove, si muove lo Stato membro; se non si muove lo Stato membro, in casi estremi si può muovere la Commissione, ma sono due cose complementari. Questa proposta di regolamento è costruita come un regolamento ombrello, che prevede un ruolo della Commissione molto più leggero, un ruolo dello Stato se vuole recepire la normativa e una comunicazione tra Commissione e Stato, o un eventuale di fatto override della Commissione, cioè un superamento della Commissione sullo Stato in casi limitatissimi. Diversamente, secondo me, per esempio tutti i Paesi nordici non lo accetterebbero mai.
  Detto questo, la possibilità che il regolamento veda la luce, secondo me, è estremamente complicata. Devo anche dire che, avendolo recepito già in Italia, abbiamo fatto una mossa che a mio avviso è stata intelligente: io uso i contenuti della bozza di un regolamento, li anticipo, perciò è difficile dire che non siamo rispettosi del pensiero della Commissione, però se devo aspettare che vada in vigore il regolamento chissà come e quando ci arrivo.
  La notifica solo alla Commissione? Mi pare un buon punto. Secondo me, si può lavorare su questo. Sulla proposta di notificare al Consiglio e al Parlamento possiamo lavorare.
  Quello che dice l'onorevole Alberto Bombassei è un punto essenziale: come si qualificano gli investimenti, se sono predatori o non predatori? Allora, il golden power non è un potere secco, cioè non prevede il fatto esclusivamente di vietare o accogliere l'investitore, ma anche di poterlo accogliere con alcune prescrizioni. Secondo me, questo è il sistema più giusto, ossia mettere dei vincoli, degli impegni agli investitori affinché si verifichi. Poi, in casi estremi, anche vietarlo.
  Noi l'abbiamo usato recentemente nelle due modalità: quello con le prescrizioni e quello con il divieto, a seconda della casistica. Poi ovviamente non c'è una norma che possa definire cos'è predatorio o no. Per questo c'è un Comitato che fa un'analisi, un comitato ampio, che rispecchia tutte le sensibilità. Devo anche dire che se ci fosse un eccesso di uso di golden power ovviamente ci sarebbe anche un intervento dell'Unione europea, perché a quel punto si falserebbero i princìpi, non solo in sede WTO, perché noi, come ricordavo prima, abbiamo sottoscritto anche degli impegni GATS in questo senso.
  Gli investimenti sono considerati investimenti extra UE anche quando sono fatti tramite una filiale europea di un investitore internazionale. Questo è a tutti gli effetti un investimento extra UE. Se c'è una grande compagnia indiana – cambiamo Paese, altrimenti sembra brutto – che ha una filiale in Europa che investe, è un investimento di fatto extra UE.
  Sulla proprietà, lei ha perfettamente ragione: è molto difficile capire oggi che tipo di nazionalità ha una società. Però c'è il meccanismo del controllo, tale per cui anche con una società che ha una percentuale limitata, se quella percentuale gli attribuisce un controllo, di fatto, anche di una società quotata, a quel punto quella società è controllata «da».
  Per quanto riguarda le gare sul settore della difesa, il problema è inverso. Noi stiamo dicendo che c'è il rischio che aziende che operano in Italia senza essere di nazionalità italiana possano avere del pregiudizio nell'operare. Dobbiamo scegliere qual è la prospettiva su cui vogliamo ragionare. Io penso che verrà fatto – è ancora in corso di discussione – un provvedimento intelligente e articolato, tale per cui non è che non si considereranno quelle che oggi sono di fatto delle multinazionali a livello europeo. Quando lei parla di gare della difesa si Pag. 8riferisce alla bozza di regolamentazione degli appalti della difesa, immagino.
  Si tenga presente che sulle gare della difesa le caratteristiche e le richieste che si fanno ai soggetti che vincono normalmente sono molto dure negli altri Paesi. Non parlo degli Stati Uniti, che sono sicuramente il più grande operatore nel settore della difesa, il più grande committente, e che ha regole molto strette.
  Per quanto riguarda la politica industriale europea non potrei che essere d'accordo. Questo riguarda l'operazione che stiamo portando avanti e sta portando avanti, per esempio, Fincantieri con Naval Group. Noi non dobbiamo avere paura di dar vita a soggetti misti, perché quella è la strada. Stessa cosa abbiamo fatto anni fa con i semiconduttori, e mi pare che abbia funzionato bene. Non siamo per nulla soccombenti. Quello è il caso di un'azienda che per molti anni è stata gestita da italiani, anzi gli italiani danno il meglio in queste composizioni. Non dobbiamo avere paura di metterci insieme, con le dovute cautele, ovviamente, per costruire soggetti più grandi. Penso che questo stia avvenendo – stiamo lavorando – nel campo navale, è avvenuto nel campo dell'elettronica avanzata, possa avvenire e debba essere studiato nel campo dello spazio e in altri settori dove ci possono essere delle reciproche convenienze.
  L'ultimo punto è quello che citava il presidente, su quelli che vengono chiamati leverage buyout, cioè acquisti a debito. Io sono contrario ai leverage buyout. Penso che siano una stortura del mercato, quindi sono d'accordo. Non hanno tanto a che fare con gli investitori stranieri, nel senso che possono essere attuati e sono stati attuati, purtroppo, in Italia molto spesso da investitori italiani – da questo punto di vista, la storia di Telecom, credo, docet – nel passato.
  Viceversa, molto spesso gli italiani non approfittano di una condizione che potrebbe portare a beneficio. Penso all'inverso a Parmalat, dove l'eccesso di cassa ha attirato un investitore internazionale e non si capisce perché non ha attirato un investitore italiano. Lì, secondo me, vale la pena fare una discussione se questo tipo di acquisizione, in generale, quindi non relativa a italiano o straniero, se questa metodologia sia giusta e perseguibile, tenendo anche presente che molto spesso un'azienda che ha un eccesso di cassa è un'azienda che sta investendo meno di quello che dovrebbe investire. Quindi, il fatto che in qualche misura il mercato la renda contendibile, dal punto di vista puramente economico, vuol dire che sta allocando male quelle risorse e che un altro azionista potrebbe allocarle meglio.
  Questa è la teoria economica che poi si scontra con la realtà economica, e molto spesso tra le due c'è una voragine. Io di principio sono d'accordo, però ricordandosi questo: c'è anche un tema di come vengono allocate le risorse; un'azienda che ha molta cassa e non investe è un'azienda che non sta facendo fino in fondo il suo lavoro.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il Ministro Carlo Calenda per il suo contributo.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.35.