XVII Legislatura

IX Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 8 di Mercoledì 11 settembre 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Catalano Ivan , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUL TRASPORTO PUBBLICO LOCALE

Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale filiera industria automobilistica (ANFIA).
Catalano Ivan , Presidente ... 3 
Pontecorvo Giovanni , Presidente Settore autobus dell'ANFIA ... 3 
Catalano Ivan , Presidente ... 6 
Dell'Orco Michele (M5S)  ... 6 
Vecchio Andrea (SCpI)  ... 6 
Coppola Paolo (PD)  ... 6 
Garofalo Vincenzo (PdL)  ... 7 
Catalano Ivan , Presidente ... 8 
Pontecorvo Giovanni , Presidente Settore autobus dell'ANFIA ... 8 
Catalano Ivan , Presidente ... 9 
Gandolfi Paolo (PD)  ... 9 
Piso Vincenzo (PdL)  ... 10 
Biasotti Sandro (PdL)  ... 11 
Vitelli Paolo (SCpI)  ... 11 
De Lorenzis Diego (M5S)  ... 12 
Vecchio Andrea (SCpI)  ... 12 
Dell'Orco Michele (M5S)  ... 13 
Catalano Ivan , Presidente ... 13 
Piso Vincenzo (PdL)  ... 13 
Catalano Ivan , Presidente ... 13 
Piso Vincenzo (PdL)  ... 13 
Catalano Ivan , Presidente ... 14 
Pontecorvo Giovanni , Presidente Settore autobus dell'ANFIA ... 14 
Piso Vincenzo (PdL)  ... 14 
Pontecorvo Giovanni , Presidente Settore autobus dell'ANFIA ... 14 
Piso Vincenzo (PdL)  ... 14 
Pontecorvo Giovanni , Presidente Settore autobus dell'ANFIA ... 14 
Catalano Ivan , Presidente ... 16 

ALLEGATO: Documentazione consegnata dai rappresentanti dell'ANFIA. ... 17

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE IVAN CATALANO

  La seduta comincia alle 14.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale filiera industria automobilistica (ANFIA).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul trasporto pubblico locale, l'audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale filiera industria automobilistica (ANFIA).
  Do la parola al dottor Giovanni Pontecorvo, presidente del Settore autobus dell'ANFIA, per lo svolgimento della relazione.

  GIOVANNI PONTECORVO, Presidente Settore autobus dell'ANFIA. Grazie molte, signor presidente. Saluto tutti i signori rappresentanti della Commissione. Io sono, come annunciato, il presidente del Gruppo autobus dell'ANFIA e desidero ringraziarvi molto per quest'opportunità che ci date di poter esplicitare quali sono attualmente i nostri problemi, i nostri disagi, ma soprattutto i nostri obiettivi.
  L'ANFIA – svolgo una brevissima presentazione – è l'Associazione nazionale filiera industria automobilistica. Rappresenta oltre 220 aziende e l'intera filiera automotive italiana ed è una delle principali associazioni di Confindustria.
  ANFIA rappresenta molti settori, tra cui quello delle autovetture, quello degli autobus, di cui io sono presidente, quello dei carrozzieri dei veicoli industriali speciali, dei rimorchi, dei carrozzieri autovetture, degli pneumatici, dei componenti e via elencando.
  L'ANFIA è veramente molto significativa anche all'estero. È, infatti, in associazione con organismi internazionali in cui si definiscono norme e policies a livello internazionale, come l'Associazione europea dei costruttori di autoveicoli (ACEA), l'Associazione europea delle aziende della componentistica (CLEPA) e l'Associazione mondiale delle associazioni nazionali dei costruttori (OICA).
  Per tornare al tema che oggi è oggetto dell'audizione, il settore autobus, vi fornisco un breve flash sul quadro del comparto. Non vi tedierò molto, ma è opportuno che sottoponga alcuni elementi alla vostra attenzione.
  Sapete sicuramente che i dati della produzione sono veramente allarmanti. Basti pensare che nel primo semestre del 2013 sono stati prodotti 176 autobus, contro i 273 del primo semestre 2012, che aveva già registrato una riduzione del 36,5 per cento. Il trend degli ultimi anni mostra un calo notevole rispetto al 2011, con una riduzione del 40,6 per cento. La produzione del 2012, presidente, rappresenta un quinto di quella del 2001 e un settimo del volume produttivo del 2005.
  Per quanto riguarda i dati di immatricolazione, nel primo semestre 2013 sono Pag. 4stati immatricolati 1.131 autobus. In definitiva, calcolando che la produzione in Italia è stata di 176 autobus, evidentemente gli altri sono stati prodotti in altri Paesi, ma su questo punto ritorneremo.
  Il trend degli ultimi anni ci mostra un calo del 2012 verso il 2011 del 30,4 per cento. Se confrontiamo il 2012 con il 2011, il dato è del 61,8 per cento.
  Posso svolgere, dunque, un ragionamento: sono preoccupato, perché aziende storiche all'interno di ANFIA sono veramente al collasso. Questo ridimensionamento progressivo del mercato a partire dal 2007 ha, non solo dal punto di vista produttivo, un impatto sul parco circolante impressionante.
  A oggi, parlando dell'ambiente, circa l'80 per cento del parco autobus italiano adibito al trasporto pubblico urbano ed extraurbano è stato immatricolato nel 2000 e si caratterizza per classi di emissione euro 0 ed euro 1, che insieme rappresentano ancora il 20 per cento del parco, euro 2, che rappresenta il 29 per cento del parco circolante, ed euro 3, che rappresenta il 30 per cento. Solo il 4,6 per cento ha un'alimentazione alternativa, ossia a basse emissioni.
  Non necessitano, quindi, evidenze delle ricadute che ciò comporta in termini di minore sicurezza e di maggiori costi di manutenzione, di consumo di carburante e di danni all'ambiente. Questo dimostra l'assoluta necessità, da un punto di vista ambientale e di sicurezza, di attuare politiche di investimento tese al rinnovo del parco autobus che possano rispondere alla domanda di servizi di trasporto pubblico efficienti e puliti, nonché davvero concorrenziali all'uso del mezzo privato. Quest'ultimo viene tanto contestato, ma, se non ci fosse, probabilmente ci sarebbe la guerra per prendere l'autobus la mattina.
  Quanto all'anzianità media del parco autobus, presidente e signori rappresentanti della Commissione, mi permetto di sottolineare l'esistenza di un gap rispetto all'Europa. Su una media europea di 7 anni noi stiamo arrivando addirittura a 12 anni, come media della vetustà dei mezzi.
  È chiaro che dai risultati di questi dati derivino, in primo luogo, il peggioramento nella qualità del servizio di trasporto locale per tutti i cittadini e la conseguente crisi dei siti produttivi. Mi permetto con questo di rappresentare anche un problema della Breda Menarinibus, del Gruppo Finmeccanica, che ha attualmente, su 300 persone, 200 dipendenti in cassa integrazione.
  Alla crisi strutturale che sta vivendo il settore del trasporto pubblico in Italia si aggiunge l'impatto della pesante crisi economica, che ha indotto gli ulteriori tagli di risorse e la riduzione del trasferimento alle regioni e che, oltre a una diminuzione dei servizi, comporta anche una drastica revisione degli investimenti da parte degli operatori, i quali, in assenza di fondi specifici per il rinnovo delle flotte, si trovano impossibilitati a pianificare l'acquisto di autobus.
  La nostra preoccupazione è che, senza un disegno riformatore dell'assetto industriale di sistema e un profilo temporale definito per le risorse pubbliche destinate al settore su cui aziende e amministrazioni locali possano fare affidamento per la propria strategia e programmazione, il settore industriale della produzione di autobus e il relativo indotto risentano di pesanti effetti.
  Nelle filiere industriali le crisi si legano e determinano effetti recessivi incrociati. Con la crisi della committenza italiana nel trasporto locale è iniziato il declino del settore industriale italiano. A differenza di altri questo settore è strettamente dipendente dalle scelte del Governo e dalla possibilità di realizzare un piano di rilancio del settore del trasporto pubblico che possa essere allo stesso tempo utile per rinnovare il parco autobus nazionale.
  La sicurezza su strada e a bordo degli autobus e la riduzione dell'impatto ambientale del parco dei mezzi in circolazione, continuano ad essere temi chiave per i costruttori italiani. Purtroppo, però, i continui e onerosi investimenti che facciamo per l'adeguamento alle normative europee in materia ambientale e di sicurezza non sono sufficienti. Le normative Pag. 5europee dal 1 gennaio 2014 pretendono, infatti, un impatto ambientale ridottissimo, con l'introduzione dell'euro 6, quando in Italia circola ancora l'80 per cento dei veicoli tra Euro 0 ed Euro 3.
  Di conseguenza, mi permetto ancora di evidenziare che l'assenza di un'adeguata risposta da parte del mercato in un settore strettamente legato alle commesse pubbliche vanifica gli investimenti fatti e continua a vedere un peggioramento a livello di emissioni, oltre a non consentire un miglioramento del la sicurezza dei passeggeri e della collettività. Si consideri che il trasporto pubblico risulta in controtendenza rispetto alle altre modalità di trasporto, perché recupera quote di mercato che si attestano al 14,1 per cento degli spostamenti effettuati dai cittadini, uno dei livelli più alti negli ultimi dodici anni.
  Per questo motivo noi chiediamo alle istituzioni di attuare al più presto misure adeguate per favorire il processo di rinnovamento del parco mezzi necessario ad abbattere in modo continuativo le emissioni inquinanti e ad aumentare la sicurezza della collettività, sbloccando l'attuale situazione di paralisi del mercato.
  Le risorse statali – voi lo sapete meglio di me – per l'acquisto e la sostituzione di autobus nel corso degli ultimi quindici anni hanno subìto una brusca frenata. Si è passati da oltre 2,3 miliardi di euro nel quadriennio 1997-2001 a 1,2 miliardi di euro previsti dalla legge n. 194 del 1998 e successivi rifinanziamenti nel quadriennio 2002-2006, per arrivare ai 278 milioni di euro dell'ultimo quadriennio. Ai soli 110 milioni di euro previsti dal decreto n. 735 del 2011 del Ministero dell'ambiente e sue modifiche tra il 2012 e il 2015 potrebbero aggiungersi eventuali risorse derivanti dalla mancata assegnazione della premialità alle regioni nell'ambito del Fondo nazionale trasporti.
  Sottolineiamo, a proposito delle uniche risorse attualmente disponibili per il rinnovo del parco previsto dal citato decreto n. 735, che la maggior parte delle regioni – ma questo, per la verità, non è ancora molto chiaro – non hanno ancora presentato domanda al Ministero dell'ambiente. Si rischia, pertanto, che i fondi non siano utilizzati.
  Uno degli obiettivi strategici per il rilancio del trasporto pubblico locale è quello di allineare l'anzianità del parco autobus italiano agli standard europei. È necessario, quindi, riprendere gli interventi finalizzati al perseguimento di tale obiettivo.
  A questo proposito mi piacerebbe evidenziare a questa spettabile Commissione che dovremmo immaginare che tali finanziamenti siano attualmente svincolati dal Patto di stabilità. Esso, come è evidente, porta a una contrazione degli investimenti e, di conseguenza, al calo produttivo da parte delle aziende.
  Per portare l'età media degli autobus ai valori europei occorrerebbe comperare in dieci anni almeno 34.000 autobus, 3.400 per anno, per un fabbisogno finanziario di 7,5 miliardi e un contributo pubblico del 75 per cento. Con tale spesa l'età media dei mezzi scenderebbe a 7 anni, che sarebbe la media europea, e anche la consistenza della flotta aumenterebbe in maniera da soddisfare la crescente domanda personale di trasporti pubblici.
  Un fabbisogno di questo genere potrebbe essere la base per costruire una nuova politica industriale di settore. Una parte delle risorse – vorrei sottoporlo alla vostra attenzione – verrebbero dai mancati esborsi pubblici per la cassa integrazione straordinaria. Nel momento in cui ci fosse l'attività produttiva, le aziende non richiederebbero alcun aiuto allo Stato e sarebbero anche più competitive sui mercati internazionali.
  Voi mi insegnate, infatti, che, quando va in cassa integrazione, il lavoratore perde lo smalto della produttività e dell'inserimento nell'azienda e soprattutto – consentitemi, la mia non vuole essere una battuta – entra in depressione, il che contribuisce ad aumentare le spese sanitarie.
  Io ritengo che uno spostamento di fondi dalla cassa integrazione o dalla mobilità agli investimenti avrebbe un duplice vantaggio, quello di rendere l'azienda produttiva Pag. 6e competitiva sui mercati internazionali e quello di non richiedere fondi per la cassa integrazione.
  Mi permettevo di segnalare e di evidenziare questo perché è una questione che ho sempre sollevato in diverse circostanze e che, lasciatemelo dire, ha riscosso un consenso, ma su cui poi non si è fatto quasi nulla.
  Grazie per il momento.

  PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MICHELE DELL'ORCO. Volevo ricordare, a proposito di quanto diceva il presidente di ANFIA, che verso la fine di settembre, se non erro intorno al 19, dovrebbe essere discussa in Assemblea una mozione riguardante Breda Menarinibus promossa dai colleghi del gruppo SEL, che il Movimento 5 Stelle appoggerà e che concerne il rinnovo del parco autobus circolante. Essa tende, in particolare, a evitare infrazioni a livello europeo in merito alle emissioni inquinanti.
  La mozione prevede di reperire alcuni fondi dal Fondo per le aree sottosviluppate (FAS) 2007-2013. Considerato anche ciò che ha riferito il presidente di ANFIA in questo colloquio, invito anche i colleghi delle altre forze politiche ad appoggiare questa mozione.

  ANDREA VECCHIO. Vorrei svolgere alcune considerazioni, che non vorrei fossero interpretate come osservazioni da qualunquista.
  In primo luogo, sono d'accordo col presidente di ANFIA quando sostiene che sarebbe opportuno spostare i fondi dalla cassa integrazione agli investimenti. Purtroppo, però, in Italia la cassa integrazione è diventata un mestiere. Non si fa nulla per cercare di fare un ragionamento affinché la cassa integrazione non venga utilizzata in maniera tanto massiva e massiccia.
  Tuttavia, mi viene alla mente una leggenda metropolitana che si dibatteva in tanti ambienti, secondo la quale, purtroppo, l'industria degli autobus in Italia aveva perso la sua valenza. Infatti, la maggior parte degli autobus che circolano adesso in Italia sono di produzione straniera, principalmente tedesca. Perché ? Lo chiedo a lei, che è responsabile dell'associazione dei produttori di autobus.
  Il motivo è che la produttività degli stabilimenti italiani era assai carente dal punto di vista della qualità del prodotto, ma soprattutto della produttività. In Italia per produrre un autobus occorreva un numero di ore-lavoro, o forse sarebbe meglio definirle «ore-stipendio», tre o quattro volte superiore a quello necessario in Germania.
  Questi sono i motivi per i quali l'industria degli autobus in Italia è tanto carente. Fare appello ai finanziamenti pubblici come se fossero sempre la mammella alla quale tutti dobbiamo attaccarci per attingere linfa mi sembra molto grave. Bisogna prima interrogarsi al proprio interno e riconquistare competitività e qualità e poi andare sul mercato con prodotti di pari qualità rispetto agli altri. Le aziende che in Italia fanno gran turismo gli autobus li comprano. Ne comprano in grande quantità, ma comprano solo ed esclusivamente all'estero.

  PAOLO COPPOLA. Volevo avere un chiarimento riguardo ai numeri della relazione e della proposta. Voi avanzate la proposta di un finanziamento al 75 per cento attraverso l'acquisto di 3.400 autobus all'anno, ma dagli stessi numeri della vostra relazione si capisce che negli ultimi anni neanche con le immatricolazioni si è arrivati a 3.400. Di fatto voi, come settore, venite a dire che lo Stato italiano deve finanziare il raddoppio del fatturato per i prossimi dieci anni. Io credo che non esista settore in Italia che non vorrebbe la stessa cosa.
  Oggettivamente, questo mi sembra un po’ difficile. Capisco che si possano avere speranze e sogni, ma mi sembra realmente una proposta difficile da prendere in considerazione. Cerchiamo, invece, di provare a ragionare su obiettivi veramente realizzabili. Io non credo che, se il Governo Pag. 7facesse una cosa del genere, non ci sarebbe nessun altro che, giustamente, si alzerebbe a chiedere perché si sia deciso di puntare tutto su una data industria, su un dato settore e non su un altro.
  Mettendo da parte questa proposta, che magari è la migliore possibile, quale potrebbe essere, invece, una proposta un po’ più praticabile, che abbia un occhio di riguardo verso la sostenibilità ? La richiesta di un finanziamento del 75 per cento a carico dello Stato mi fa pensare – vi chiedo scusa per non essere sufficientemente conoscitore della materia – che veramente non ci sia speranza per questo settore, se ha bisogno del 75 per cento dell'apporto statale per fare investimenti.
  È proprio così ?

  VINCENZO GAROFALO. Il ragionamento complessivo che riguarda lo stato dell'arte del trasporto pubblico locale e, quindi, dell'anzianità del parco veicoli e dell'ormai grande declino della qualità – parlo di valori medi – del parco circolante è un dato che abbiamo acquisito anche con altre audizioni. Lei ci ha, quindi, confermato informazioni che sono ormai parte integrante del nostro bagaglio per il lavoro che stiamo svolgendo.
  Mi volevo soffermare su alcune considerazioni che riprenderanno forse elementi già citati. In primo luogo, io ho notato che alla vostra associazione non aderisce l'Irisbus, penso perché il gruppo FIAT è uscito da Confindustria. Probabilmente il motivo sarà questo.
  Ho letto che in questi ultimi mesi, negli incontri svolti al ministero, si è ragionato per costruire un polo. Apro una parentesi: noi parliamo del servizio del trasporto pubblico locale, ma, almeno per quanto mi riguarda, in termini di filiera, da un lato guardiamo al fabbisogno e alla necessità di migliorare il parco veicoli e, dall'altro, anche al produrre il più possibile, in modo che ciò abbia una ricaduta occupazionale, oltre che sulla qualità del servizio.
  Per questa seconda parte, ossia per il riflesso occupazionale e sociale, che cosa c’è di vero in alcune informazioni che ho acquisito sull'ipotesi di costruire un polo italiano fra il gruppo Menarinibus e l'Irisbus, cioè il gruppo FIAT ?
  Glielo chiedo perché credo che nel mercato unico europeo le aziende italiane abbiano avuto le stesse occasioni delle aziende straniere, loro di competere e vendere nel nostro mercato, noi di vendere nel loro.
  La mia preoccupazione nasce anche dal fatto che nelle recenti gare che ci sono state, seppur poche, e in questi giorni ce n’è stata una anche in Campania, dove risiede l'Irisbus, l'acquisto degli autobus fatti da un'azienda è stato riservato, ovviamente tramite gara, a un prodotto estero; anche in quest'ultima occasione il prodotto era offerto da una delle aziende, in questo caso l'Irisbus, che ha stabilimenti in Francia. Penso siano prevalentemente in Francia, perché la società nasce da un consorzio di aziende.
  Allo stesso modo, io leggo che anche il vostro gruppo – le parlo nella sua qualità di presidente della Breda Menarinibus – ha stabilimenti in Turchia e in altri Paesi. Questa capacità di essere costruttori globali e di affrontare mercati, oltre che nazionali, anche esteri dovrebbe consentire di mantenere le attività produttive e di competere, ma anche in Italia.
  Anche se noi oggi avessimo la possibilità di assecondare le proposte che voi ci formulate per 3.400 veicoli l'anno – io giudico questo un numero elevato e forse un tentativo di partire da questo numero per arrivare ad un altro; ieri vedevo dai vostri dati che di questa quantità di veicoli non si parla da anni – dicevo, anche se assecondassimo la vostra proposta, questi veicoli verrebbero acquistati attraverso una gara e non è detto che di essa si avvantaggerebbero produttori nazionali. Ciò è vero, a maggior ragione, se in questi anni hanno perso competitività in termini tecnologici. Purtroppo, le ultime gare svolte sono andate in questo modo.
  Se, invece, il ragionamento che sottintende alla vostra proposta è che in ogni caso una fetta cadrebbe all'interno di produttori nazionali, questo, però, devo dirlo, non è forse neanche il miglior risultato che possiamo ottenere.Pag. 8
  Le mie sono considerazioni che approfitto di rivolgere a chi dirige una delle più grandi, se non la più grande azienda italiana. Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola al presidente per la prima parte della replica. Seguirà un secondo giro di domande.

  GIOVANNI PONTECORVO, Presidente Settore autobus dell'ANFIA. Ringrazio chi ha voluto propormi le proprie considerazioni e anche riflettere su quanto ho esposto nella relazione. Prendo atto da parte dell'onorevole Dell'Orco di questa mozione. Ci auguriamo che possa avere successo e che abbia un iter favorevole.
  Rispondo all'onorevole Vecchio. Quando si parlava della produttività e della qualità, se ho ben capito, dei competitor stranieri, io mi permetto, essendo manager da un po’ di anni, di fare una precisazione. Certamente all'onorevole Vecchio non sfuggirà che, quando si produce una penna e si ha la vendita di una sola penna, il costo è sicuramente maggiore.
  Negli altri Paesi, come dicevo, la vetustà media è di 7 anni, soprattutto in Germania. Quando si ha la capacità produttiva di realizzare un determinato numero di prodotti, non solo uno, ma cento, si ha una competitiva maggiore, perché la scala economica è tale che, quando si produce di più, tutte le spese si spalmano su un dato numero di prodotti. Se, invece, si deve spalmare un costo aziendale su pochissimi quantitativi, certamente non si è più competitivi.
  Qualità significa anche questo. Tanto di cappello alla Germania, che fa prodotti eccellenti, ma ha una protezione da parte dello Stato tedesco che non ha eguali. Mi spiego: non si vende un autobus che non sia tedesco in Germania. Di conseguenza, quando nell'ambito della propria azienda si ha un bel volume di prodotti, certamente si migliora in qualità e in economicità, si lavora bene.
  L'azienda italiana non deve essere protetta. Come ho affermato in diverse circostanze, io non accetto di parlare di azienda italiana, ma di azienda che produce in Italia. Questo è anche un motivo per attrarre investimenti esteri. Io non posso accettare che chi è italiano debba avere l'attenzione dello Stato e chi è straniero no. Dico semplicemente che chi produce nel nostro territorio deve essere tutelato.
  Per tornare al discorso di Irisbus, che non è associato all'ANFIA per i motivi che l'onorevole ha sottolineato, essendo il gruppo FIAT uscito da Confindustria – Irisbus ha chiuso gli stabilimenti in Campania. È un'azienda italiana, ma produce all'estero, ci sono aziende storiche, come rappresentava l'onorevole Garofalo, che producono in Italia ma, proprio per essere competitivi, cercano collaborazioni industriali all'estero. Abbiamo una capacità produttiva, come Breda Menarinibus, di 500 autobus l'anno, ma l'anno scorso ne abbiamo prodotti solo 32, e abbiamo quindi cercato la collaborazione industriale di uno stabilimento turco.
  Questo ci ha permesso certamente di essere più competitivi e di avere una maggiore qualità di prodotto, come diceva l'onorevole Vecchio. Io sono d'accordo che i prodotti tedeschi sono eccellenti, ma vi garantisco che nell'ultimo periodo, proprio per questo aumento della nostra capacità produttiva, noi siamo diventati molto più competitivi anche in termini di qualità.
  Rispondo all'onorevole Coppola, che ha posto un'altra questione. Mi scuso, ma forse, nella velocità della mia esposizione, il punto non è stato colto. Io ho parlato di 3.400 autobus per raggiungere la stessa vetustà dei mezzi che hanno i Paesi europei, cioè per raggiungere la vetustà di 7 anni. Per abbassare l'anzianità dei nostri veicoli bisognerebbe comperare 3.400 autobus per arrivare in dieci anni alla stessa vetustà. La mia non era una proposta tesa ad attingere a fondi dello Stato per 3.400 autobus, era un discorso collegato all'anzianità. Se in Italia se ne producessero o se ne comprassero 1.000, per noi sarebbe già un grande risultato.
  Ritornando all'onorevole Coppola, la proposta ovviamente non è di 3.400 autobus. Pag. 9Chiediamo, però, che ci sia un aumento considerevole rispetto a quello che si è fatto lo scorso anno, nonché a quello che si prevede per quest'anno e anche per il prossimo.
  L'onorevole Garofalo faceva un riferimento all'Irisbus. Ho già risposto che in Campania ha chiuso i propri stabilimenti. Mi consta che Irisbus continui a partecipare alle gare, per esempio a Roma, facendo poi prodotti all'estero, ma non posso riferire maggiori dettagli non essendo più rappresentata dall'ANFIA.
  Le aziende italiane, stanno cercando di produrre all'estero, ma in scarsa quantità, perché riteniamo che il core della produzione debba essere in Italia. Io non posso richiedere al Governo italiano la cassa integrazione per una produzione che non ho in Italia. Noi vogliamo fare in modo di produrre in Italia, ma dobbiamo avere la possibilità di farlo.
  Quanto all'ipotesi di accordo, ne ho letto anch'io. Sono, peraltro, anche il presidente di Breda, come ricordato. Tutto questo, però, non viene deciso dal capo della Breda Menarinibus, ma è un discorso di Governo e dell'azionista Finmeccanica. Ne ho letto, ma, come spesso accade, quando si legge troppo, probabilmente si è distanti. Si dovrebbe leggere meno e fare qualche cosa in più.
  Detto questo, la mia preoccupazione riguarda il disagio delle aziende italiane che non riescono a camminare con le proprie gambe. Noi abbiamo avuto da Finmeccanica – parlo come Breda Menarinibus a questo punto – un grosso finanziamento per adeguarci alle norme europee del prossimo anno, all'euro 6. Dal prossimo anno, infatti, tutto ciò che è euro 5 sarà bandito.
  Vorrei sollevare anche questo problema e vorrei che, a un certo punto, arrivasse al ministero. Non è possibile immaginare che dal prossimo anno tutto ciò che è Euro 5 non venga più considerato come possibile fornitura. Per l'80 per cento noi siamo a Euro 0, 1, 2 e 3. Vorrei che questa norma avesse uno slittamento di qualche periodo, perché sarà difficile che tutto ciò che è meno di euro 6 non sia più da considerare.
  Noi abbiamo avuto questo finanziamento e, ringraziando Iddio, stiamo facendo un prodotto euro 6, che sarà pronto a novembre e che presenteremo a Bologna, perché è un elemento di grande sfida per il futuro.
  Penso di aver risposto a tutto.

  PRESIDENTE. Do la parola agli altri deputati che si sono iscritti a parlare per porre quesiti o formulare osservazioni.

  PAOLO GANDOLFI. Grazie, presidente. Ricordando che siamo all'interno di un'indagine conoscitiva sul trasporto pubblico e che, quindi, il tema del settore della produzione degli automezzi è da vedersi all'interno del contesto più generale del settore del trasporto pubblico locale, mi premeva fare una valutazione che un po’ si riallaccia alle considerazioni che sono state fatte in precedenza.
  In effetti, visto, ed è un dato oggettivo, che, in relazione al parco veicolare delle aziende italiane, che sono i vostri clienti, non è lo Stato che compra gli autobus, ma le aziende di trasporto pubblico, che possono essere in proprietà di enti locali, in proprietà mista di enti locali e soggetti privati o addirittura totalmente private, il punto che rende difficile il mercato dei mezzi pubblici nel nostro Paese è, io credo, oltre a una carenza di intervento da parte dello Stato, che finanzia comunque il trasporto pubblico locale, la non disponibilità delle aziende.
  È chiaro che, se viene meno la loro disponibilità, il problema sussiste a prescindere. Questo è un settore sostenuto dallo Stato, ma vi pesa anche la totale incapacità delle aziende, a causa della ridotta capitalizzazione che hanno, di essere nelle condizioni di avere un proprio programma di investimenti sul parco veicolare che possa mantenersi attraverso una gestione corretta del servizio.Pag. 10
  In questo senso io credo che uno dei limiti principali di questo settore e delle aziende, una delle difficoltà principali che hanno le aziende che svolgono trasporto pubblico sia quella di poter essere in grado di operare anche autonomamente nei momenti in cui lo Stato non è nelle condizioni di finanziare gli autobus. Se arriva la crisi e lo Stato diminuisce l'erogazione di risorse, le aziende dovrebbero essere in grado comunque di mantenere il parco veicolare non dico giovane, ma almeno in un'età accettabile.
  Le aziende vivono all'interno di gestioni dei contratti di servizio, che sono la loro fonte di redditività. Qualora esistano gare, il che non è ancora una realtà ovunque, il periodo di affidamento del servizio è troppo breve per poter permettere operazioni di capitalizzazione seria.
  Secondo me, questo tema non può essere affrontato in un modo a sé stante, semplicemente come un oggetto in cui la produzione industriale si lega a un finanziamento pubblico, che c’è o non c’è. Deve essere visto anche all'interno di una ricostruzione del settore del trasporto pubblico locale in Italia che produca un fatto positivo per i soggetti principali, che sono gli operatori, le aziende di trasporto pubblico. Se queste non sono in grado di fare politiche industriali proprie, tutti i settori collegati, compreso quello della produzione del trasporto pubblico, saranno deficitari, perché non si può sempre campare solo, come diceva il collega Coppola, sul sostegno pubblico.
  Detto questo, ribadisco anche in questo incontro un fatto, che credo rimanga uno dei punti fondamentali: dobbiamo essere in grado di individuare nella durata delle gare di appalto per il servizio di trasporto pubblico che le varie aziende bandiscono una delle chiavi del problema. Se non allunghiamo i tempi delle gare del trasporto pubblico, non metteremo mai le aziende nelle condizioni di poter affrontare una capitalizzazione, di avere finanziamenti o di poter fare investimenti, siano essi sulla rete, sul parco veicolare o sul materiale rotabile.
  Io credo che questo sia uno dei punti fondamentali su cui dovremmo concentrare l'attenzione e su cui credo che anche l'audizione di oggi ci spinga a riflettere.
  Grazie.

  VINCENZO PISO. Grazie, presidente. A una parte dei quesiti che volevo proporre il presidente ha già risposto. Io credo, comunque sia, che il trasporto pubblico locale risponde ad alcune logiche, e rispondo ai colleghi che mi hanno preceduto, che non sono soltanto di economicità; il trasporto pubblico locale oggi copre il diritto alla mobilità di una serie di soggetti che sono soggetti deboli.
  Di conseguenza, noi dobbiamo iniziare a ragionare cercando di trovare un punto di equilibrio fra le ragioni del mercato e le esigenze di mobilità di soggetti che sono sicuramente deboli e che, peraltro, nell'ultimo periodo, anche in relazione alla crisi, stanno aumentando in maniera esponenziale.
  Nondimeno, e sinceramente mi sarei aspettato da lei un accenno in questa direzione, la filiera produttiva italiana è una filiera che indubbiamente, e lo provano anche i dati che lei ha fornito, ha dimostrato in questi anni di essere debole, al netto di alcune politiche di protezione che vengono effettuate in alcuni Stati, come Germania e Francia. Questo non è soltanto in relazione alla produzione, ma anche all'esercizio. È inutile che ci stiamo a prendere in giro. Di che cosa stiamo parlando ? Indubitabilmente la filiera produttiva delle aziende italiane ha dimostrato di essere debole e per nulla lungimirante.
  A Roma – io sono stato per dodici anni consigliere comunale in questa città – quando c’è stata l'esigenza, discutibile o meno, di dover acquistare i filobus, siamo andati in Ungheria, con risultati non propriamente eccezionali, ma questo è un altro paio di maniche.
  Questo dimostra evidentemente che sulle filovie, lei me l'insegna, specialmente a Roma, dove poi, subito dopo la guerra, tutto fu smontato, eravamo anni luce avanti. Manca proprio un approccio di Pag. 11carattere strategico in termini di programmazione e di progettazione che ha riverberato in maniera assolutamente negativa sulla nostra capacità di fare trasporto pubblico locale, ossia di fare trasporto, su gomma. Non parliamo del ferro, perché apriremmo una diatriba che ci porterebbe non lontano, ma lontanissimo.
  Anche senza voler parlare di un progetto legato all'elettrico e, di conseguenza, a modalità di trasporto diverse o particolarmente ecocompatibili, rimanendo al trasporto tradizionale e sempre partendo dalla capitale d'Italia, perché quello è il territorio cui è legata la mia esperienza, noi abbiamo avuto l'esperienza traumatica dei 18 metri di Breda Menarini, con le ralle che saltavano come se fossero molle, nonché l'esperienza di 50 autobus, di cui non ricordo il nome, ma sempre legati a Breda Menarini, con i cambi che praticamente si spaccavano molto frequentemente. Non credo siano mai entrati in esercizio. Se riuscirò, prima che lei ci lasci, a ricordare il nome di questa tipologia di autobus, glielo riferirò.
  Ritorniamo al discorso che facevo prima. Il trasporto pubblico locale è sicuramente un comparto particolare. Abbiamo assistito a una serie di tagli drammatici, veramente drammatici, che hanno contribuito a mettere fortemente in crisi questo settore, ma anche il sistema delle aziende italiane collegate a questo settore non ha dato grande prova di sé.
  Forse, a fianco di quella che può essere una richiesta legittima di risorse pubbliche, di cui valuteremo modi e quantità, per tutta una serie di motivi c’è anche la necessità di iniziare a rivedere alcuni meccanismi all'interno di queste aziende.

  SANDRO BIASOTTI. Signor presidente, ha fatto bene a chiarire il fatto che i 34.000 autobus erano solo mirati a rientrare nei parametri. Anch'io avevo capito male e avrei avuto un giudizio obiettivamente, come il collega, non lusinghiero, per non dire molto critico. In questo modo, invece, mi sembra che sia una questione affrontabile. Lei parlava di 1.000 autobus. Sarebbero circa 100 milioni di euro all'anno, il che potrebbe essere un buon inizio, ma sarebbero sempre, secondo me, soldi mal impiegati.
  Io vorrei che lei potesse darci la sua opinione su due questioni che solleverò. In primo luogo, le aziende pubbliche di trasporto locale sono tutte al fallimento per via di una gestione totalmente sbagliata. Fra i diversi motivi due sono, secondo me, macroscopici.
  Lasciamo perdere il personale, che è un problema forse insuperabile; per esempio, a Genova, forse il 70 per cento del personale, non vorrei dire delle inesattezze, non è idoneo alla guida. Noi parliamo di trasporto pubblico locale e su 1.000 dipendenti ne abbiamo 700 che fanno gli amministrativi e 300 che guidano. Dovrebbe forse essere il contrario.
  Le domando poi: come mai queste società pubbliche hanno così tante marche diverse di autobus ? Io ne avevo contate 34 a Genova, un giorno in cui facevo campagna elettorale. Non sarebbe più opportuno vincolare le aziende a limitarsi a due o tre marche, e non di più ? Lucca può fare in un modo, Genova in un altro e così Milano, ma avere 30 marche nella stessa città è un suicidio economico conclamato.
  L'ultima questione riguarda le officine. Io ho fatto il trasportatore per tanti anni, ma già vent'anni fa nessun trasportatore faceva anche l'assistenza. Si compravano i mezzi con un contratto globale. Se io vengo da lei e le chiedo di vendermi dieci autobus, vorrei poterle dare tanto al mese e saperne altro. Così fanno la Mercedes, la Breda Menarini e tutti. Perché non c’è nessuno che lo fa in Italia ? Voi immaginate che cosa significa avere i pezzi di ricambio di autobus di 12, 13 o 14 anni fa di 30 marche. Non è possibile.
  Volevo sapere da lei che cosa ne pensa di queste due piccole, semplici questioni, che sono palesemente esagerate e lampanti, ma a cui nessuno ha mai fornito una risposta concreta.

  PAOLO VITELLI. Visto che siamo nel campo delle ipotesi, come quelle che il collega ha sollevato, anch'io ho un paio di curiosità. La prima è se non esiste alcuna Pag. 12norma che possa vietare la circolazione dei pullman che hanno euro 0, 1 o 2, come si fa per gli altri veicoli. Da un lato, abbiamo dei mezzi di trasporto, ma, dall'altro, andiamo a inquinare i centri urbani e non creiamo uno stimolo veloce di necessità assoluta al rimpiazzo.
  Sempre visto che siamo nelle ipotesi, domando se, attraverso un meccanismo di finanziamento di autobus elettrici, non ci sia il modo di accedere a fondi di diverso tipo, orientati verso l'innovazione e la riduzione delle emissioni, che sarebbero anche la soluzione per i centri urbani. Si potrà affermare che l'autonomia dei mezzi elettrici non è ancora sufficiente, ma un autobus urbano può cambiare il banco di batterie e forse risolvere il problema.
  Fra le curiosità metterei anche questa.

  DIEGO DE LORENZIS. Grazie. Condivido in parte alcune osservazioni che sono state evidenziate prima, in particolare il fatto che il trasporto pubblico locale garantisce un diritto alla mobilità. Vedo, però, in questo tipo di osservazione anche una miopia della classe politica nel pensare che il trasporto pubblico locale sia orientato necessariamente all'utenza debole.
  Quello che ci contraddistingue rispetto agli altri Paesi – pensavo, come dicevano i colleghi, a Francia e Germania – è che negli altri Paesi il trasporto pubblico locale non è a uso esclusivo dell'utenza debole, che, come già ricordato, è in aumento per effetto della crisi, ma a tutta la popolazione che ne voglia usufruire. È un diritto che viene garantito a prescindere dalla fascia di reddito. Su questo io proverei a tenere dritta la barra del timone in merito a ciò che noi, come classe politica, vogliamo e intendiamo per trasporto pubblico locale.
  Condivido anche il fatto che molti settori vorrebbero questo tipo di investimenti per potersi garantire un futuro, ma la differenza è che l'intervento dello Stato in questo settore serve ad assicurare un diritto dei cittadini. Mi piacerebbe, visto che il presidente è stato tanto cortese da farci avere i grafici che illustrano il finanziamento in Italia negli ultimi 15 anni, sapere quali sono, invece, i finanziamenti che in Francia, in Germania e negli altri Paesi sono stati fatti in merito.
  È facile dire che gli altri Paesi sono più competitivi e che riescono a vincere le gare. Bisogna vedere se in questi anni anche in questi Paesi si è avuta la stessa decapitazione del sostegno pubblico a un settore così strategico per tutta la cittadinanza.
  Qualcuno ha ricordato che forse può essere un effetto della crisi e che il settore deve avere gambe solide per reggersi da solo, ma il taglio dei finanziamenti non avveniva nel 2009, bensì già nel 2002, con un dimezzamento del finanziamento già previsto.
  Per portare l'attenzione ancora sul fatto che questa sembra un'operazione impensabile da fare, io reputo gli scenari posti dal presidente Pontecorvo molto obiettivi e scevri da qualunque interesse di parte. Giustamente ha fornito diversi scenari, uno cui si dovrebbe tendere e quello attuale, che si ha mantenendo gli investimenti in questo ordine di grandezza.
  A me non sembra che le cifre proposte siano assurde, tenuto conto che questa classe politica, non volendo ricordare, per esempio, gli scandali di Atac, qui a Roma, finanzia anche in questa legislatura la TAV, l'alta velocità ferroviaria, e gli F-35.
  È una volontà politica quella di decidere di finanziare il trasporto pubblico locale, magari con le forme e con i modi previsti anche dalle norme comunitarie. Sicuramente è mancata la volontà politica di difendere i diritti dei cittadini in questo senso.

  ANDREA VECCHIO. Intervengo di nuovo brevemente per chiedere come mai la Germania riesce ad essere tanto protettiva nei confronti delle aziende di altri Paesi, quando anche la Germania, come l'Italia, si trova in ambito europeo. Le norme europee valgono solo in Italia e in Germania no ? Le aziende italiane non sono in grado di difendersi da queste Pag. 13norme ? Io non riesco a capire questo aspetto e vorrei che mi fosse spiegato. Grazie.

  MICHELE DELL'ORCO. La mia è una domanda su una questione che sto cercando di capire da tempo. È una domanda un po’ tecnica, ma alla quale forse riuscirete a rispondere.
  Esiste una normativa europea che riguarda la lunghezza massima dei filosnodati, degli autotreni e degli autosnodati, che ha portato in via generale la lunghezza di queste categorie di veicoli a 18,75 metri, limite massimo in Europa.
  Tale normativa è stata a grandi linee interamente recepita in Italia, a parte quella sugli autosnodati. L'articolo 61 del Codice della strada teoricamente recepisce questo limite di 18,75 metri per tutte le categorie, ma è più restrittivo e indica per gli autosnodati in Italia un limite massimo di 18 metri.
  Volevo sapere se, per caso, ci sia un motivo tecnico che richiede un limite massimo inferiore in Italia e se, in generale, eventualmente innalzando questo limite massimo, le ditte italiane si troverebbero in difficoltà in confronto alle ditte straniere, oppure se auspicherebbero volentieri questo aumento a 18,75 metri. Grazie.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, chiudo con una mia domanda. Io le volevo sottoporre, dato che il nostro parco mezzi è molto vecchio, un'ipotesi di revamping dei mezzi esistenti in altre tipologie di trazione, nonché la possibilità di introdurre un nuovo parco mezzi, anche in via sperimentale, ibrido e totalmente elettrico.
  Ci sono, per esempio, progetti con le colonnine e le pensiline con le ricariche veloci, che potrebbero consentire a un autobus di non dover effettuare la carica completa, ma, nelle fermate alle pensiline, di potersi ricaricare fino al tratto successivo.
  Volevo sapere se l'industria italiana sarebbe in grado di soddisfare queste ipotesi nel caso in cui si decidesse di tentare un investimento su nuove tipologie di trazioni più ecosostenibili. Più o meno mi riallaccio alle domande poste da chi mi ha preceduto.

  VINCENZO PISO. Volevo brevemente intervenire sull'elettrico, perché a volte noi corriamo il rischio, secondo me, di parlare senza avere bene chiari i problemi.
  Dobbiamo sapere che l'elettrico ha un costo chilometrico superiore a quello del gasolio. Questo significa che noi dobbiamo capire, se sposiamo un determinato tipo di politica, che sull'altro piatto della bilancia c’è un maggiore esborso economico da preventivare.
  Questa è una materia su cui, per tutta una serie di problemi collegati e di situazioni che si va a toccare, non si può intervenire drasticamente. Se bisogna mettere in pista politiche di risanamento che abbiano effettivamente la capacità di sortire nel tempo buoni risultati, bisogna programmare e progettare, altrimenti si rischia di fare un danno alle aziende, ai lavoratori e agli utenti.

  PRESIDENTE. È vero, però nello studio delle politiche economiche non si contano mai i costi esterni. Anche se il costo chilometrico dell'elettrico può essere alto, non vengono mai conteggiati il costo esterno che l'impatto dell'inquinamento ambientale ha sulla salute delle persone e il maggiore esborso sulla sanità.
  Comunque, sono discorsi che si possono valutare in fase di discussione. Io direi che non è necessaria una replica in merito. Se vogliamo discuterne in Commissione, prepariamo qualche testo e ci confrontiamo su quello.

  VINCENZO PISO. Presidente, mi perdoni, non c’è alcuna volontà di fare polemica. Posso anche essere d'accordo con il suo ragionamento e sul fatto che i costi esterni non vengono mai contabilizzati, ma ribadisco che talvolta noi interveniamo in queste situazioni, nell'analisi o nel prendere parola rispetto a questi temi, in maniera molto tranchante.Pag. 14
  La verità è che questo è un tema molto complesso, che riguarda un indotto enorme per i lavoratori legati all'esercizio e alla produzione, per non parlare dell'utenza. È un tema che va trattato sicuramente con competenza, ma anche avendo ben presente che, se vogliamo arrivare a risultati che spesso e volentieri anche dal Movimento 5 Stelle vengono giustamente indicati come obiettivi, o interveniamo attraverso una politica di programmazione e progettazione seria, oppure non andremo da nessuna parte.
  Noi rischiamo, con comportamenti che pensano, con la bacchetta magica, di portare a chissà quali effetti virtuosi, di «buttare il bambino con l'acqua sporca» come si dice, ragion per cui, secondo me, ci vuole molta prudenza.

  PRESIDENTE. Do la parola al Presidente Pontecorvo per l'ultima replica.

  GIOVANNI PONTECORVO, Presidente Settore autobus dell'ANFIA. Comincio dall'onorevole Gandolfi, che parlava delle aziende di trasporto. Quando parlo di finanziamenti pubblici, io immagino anche di promuovere interventi finanziari da parte delle amministrazioni locali, cioè di collaborare con loro per trovare formule diverse che non siano solo quelle di richiedere soldi allo Stato.
  Ha perfettamente ragione, ma, quando io parlo di interventi finanziari, impropriamente dico di Governo, ma il tema riflette anche un impegno da parte delle aziende di trasporto locale. Come diceva l'onorevole Biasotti prima, su 1.000 persone 700 sono amministrative e 300 addette al trasporto. C’è qualcosa che bisogna cambiare. Su questo non c’è dubbio.
  L'onorevole Piso faceva un ragionamento riferito anche alla Breda Menarini e parlava di difficoltà tecnologica su alcuni veicoli. Forse quegli anni sono passati. Adesso non ricordo nemmeno di che si trattasse.

  VINCENZO PISO. Si trattava di autobus entrati in esercizio alla fine degli anni Novanta, ragion per cui parliamo dei primi anni del Duemila, del nuovo millennio. C'era anche un'altra tipologia di autobus che aveva problemi...

  GIOVANNI PONTECORVO, Presidente Settore autobus dell'ANFIA. Sono forse i 231 o i 230 ?

  VINCENZO PISO. No, ragionandoci meglio, credo che fossero dell'Irisbus.

  GIOVANNI PONTECORVO, Presidente Settore autobus dell'ANFIA. Meno male. Comunque parliamo di anni passati. Ora la capacità tecnologica è cresciuta, nonostante le difficoltà oggettive. Come dicevo, grazie a interventi finanziari dell'azionista, Breda Menarinibus sta recuperando l'iniziale gap tecnologico.
  Quando lei parlava di filobus, onorevole, mi sono dimenticato di dirle che all'interno, per esempio, della Finmeccanica sta nascendo il nuovo prodotto di filobus made in Italy. L'esperienza dell'Ansaldo Breda, che è in tutt'altro settore, sempre trasporti, ma ferroviario, comporta anche una capacità tecnologica, perché a suo tempo faceva filobus. Si sta, quindi, concludendo l'accordo filobus tra Breda Menarini e Ansaldo Breda e, quindi, probabilmente presto avremo il filobus di ultima generazione.
  Speriamo di poter, però, cogliere alcune occasioni, nei momenti in cui ci sono i programmi da parte delle aziende di trasporto, perché, se non ci sono programmi, è difficile mantenere la capacità tecnologica adeguata.
  Riprendo un tema che l'onorevole Biasotti ha evidenziato. Io non sono molto d'accordo sul fatto che se si comprassero 1.000 autobus sarebbero soldi buttati. Innanzitutto offrono un miglioramento al parco circolante, perché avere in circolazione un autobus euro 0 non è vantaggioso. Per rispondere all'onorevole Vitelli sul divieto di circolazione di mezzi inquinanti, le norme ci sono, ma non si applicano ai mezzi pubblici. Le aziende, quindi, hanno sempre la possibilità di far circolare gli euro 0. Se c’è un'autovettura privata a Roma, come lei sa, dopo due Pag. 15anni deve fare il tagliando blu, altrimenti rischia di essere bloccata. Ci sono, dunque, alcune incoerenze.
  Magari ci fosse veramente l'estensione del divieto per cui, a un dato punto, automaticamente si dovrebbe rinnovare il parco veicolare. La proposta che io avanzavo di 3.400 autobus era un ragionamento per riportare l'anzianità, come si diceva, ai 7 anni. Purtroppo, sinceramente, devo dire che ci sono i divieti, ma evidentemente le aziende di trasporto pubblico trovano il modo per far camminare anche gli euro 0.
  Onorevole De Lorenzis, è chiaro che ogni settore chiede aiuti per sé. Io rappresento l'ANFIA e, di conseguenza, parlo di autobus. La ringrazio, però, per aver messo in evidenza aspetti di carattere più sociale. Sono perfettamente in linea, come presidente del Gruppo autobus di ANFIA, con l'idea che le aziende di trasporto pubblico, le amministrazioni o il Governo prestino molta attenzione all'aspetto sociale.
  L'onorevole Vecchio ha ripreso il discorso della diversa protezione nei vari Paesi europei. Io le garantisco che è vero e le parlo anche di altri settori. Nel settore ferroviario la Germania ha assegnato a trattativa privata 3 miliardi di euro per treni regionali e ad alta velocità. Non mi chieda come fanno, non glielo so dire. Sono più bravi di noi. Non so cosa rispondere. Forse approvano delle norme derogatorie.
  Voi mi insegnate che si possono prevedere deroghe nel recepimento dei regolamenti comunitari quando si parla di urgenza e di economicità della propria attività nell'ambito del trasporto pubblico locale. Come diceva l'onorevole Biasotti, se invece di 34 marchi se ne hanno 2, si ha un risparmio economico notevole. Di conseguenza, forse i tedeschi si appellano a quelle norme che prevedono l'urgenza e prevedono che le aziende possano comprare solo veicoli di una determinata marca, che acquistano direttamente.
  Le ricordo anche la Francia. Nonostante la mia assistente sia francese, ma in questo momento dovrà stare zitta, le ricordo che i francesi sono protettivi come i tedeschi. Quando la Siemens – non l'abbiamo vinta noi – ha vinto una gara per l'alta velocità in Francia, i francesi hanno bloccato la gara e poi l'ha rivinta Alstom.
  In definitiva gli altri Paesi europei hanno queste attenzioni e, quindi, per ritornare al discorso che faccio io, più costruisci, più diventi tecnologicamente competitivo, più produci e più diventi economicamente forte. La mia non è una lezione di economia, ma un dato di fatto che volevo evidenziare.
  Onorevole Biasotti, anche noi ci augureremmo che ci fossero le situazioni che lei auspica e che ci potessero essere meno marchi, perché probabilmente anche per le aziende di trasporto questo sarebbe un discorso economicamente valido.
  L'altro aspetto che mi ha segnalato l'onorevole Dell'Orco riguarda i 18,75 metri di lunghezza per alcuni tipi di veicoli. In effetti, è una norma europea. Noi siamo pronti per recepirla, ma non c’è l'esigenza di aumentare di questo 0,75. Come diceva l'onorevole Piso, l'articolato ha una difficoltà oggettiva nel mettere due veicoli insieme, ragion per cui la ralla, ossia il congiungimento tra una cassa e l'altra, è più lungo mentre più corto è e meglio è. Non voglio dire che non saremmo in grado di gestirlo, ma i 18 metri in Italia esistono e noi proseguiamo per il momento con questi.
  Quanto alla questione dell'innovazione, anche un'altra azienda del Gruppo autobus di ANFIA, la Rampini, ha vinto recentemente una gara di autobus innovativi per Vienna. Qualche cosa c’è, ma è sempre molto poco, perché, se non hai all'interno del Paese dove produci alcune tutele, non vai avanti.
  Nel 2005 sono state assegnate gare per 2.404 autobus. Siamo al 2012 con 397 mezzi. In definitiva, questo fatto mette in difficoltà il cittadino, e crea danni dal punto di vista ambientale. Come ricordava il presidente, anche quello è un dato importantissimo, perché andare dietro un autobus euro 0 ha dei rischi per la salute che potrebbero costare tanto di più Pag. 16rispetto al costo dell'elettrico, che varrebbe la pena di prendere in considerazione.
  Presidente, l'ammodernamento in genere è difficile, nel senso che conviene comprare un autobus nuovo più che mettere le mani su un autobus che ha una vetustà già molto alta. Come le dicevo, stanno circolando veicoli di 12-15 anni. Piuttosto che mettere le mani su un veicolo del genere, forse è più opportuno comprarne uno nuovo.
  Come lei accennava, alcune aziende italiane, tra cui la Breda Menarini, e la Rampini, stanno procedendo proprio nel discorso elettrico, con mezzi che hanno l'autonomia pari al percorso giornaliero di un autobus. Non c’è bisogno di fermarsi alla colonnina, perché l'autobus è programmato per fare 200 chilometri, onorevole Piso, che è proprio quello che chiedono alcune amministrazioni locali, come quella di Roma. Si carica il mezzo durante la notte, a un costo maggiore, su questo non c’è dubbio, ma il nostro percorso è anche sull'elettrico, oltre che sul filobus, che si citava.
  Io ogni tanto faccio una battuta, ma mi piacerebbe tanto immaginare di svegliarmi senza macchine, senza autovetture private e solo con gli autobus che portano noi al lavoro, i figli a scuola, le mamme in giro, e leggersi il giornale. Anche pagando qualcosa in più per il prezzo del biglietto, io penso che il cittadino sarebbe molto più contento.

  PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti dell'Associazione nazionale filiera industria automobilistica (ANFIA) per il loro intervento e per i documenti depositati, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto della seduta (vedi allegato) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.10.

Pag. 17

ALLEGATO

Pag. 18

Pag. 19

Pag. 20

Pag. 21

Pag. 22

Pag. 23

Pag. 24

Pag. 25

Pag. 26

Pag. 27

Pag. 28

Pag. 29

Pag. 30

Pag. 31

Pag. 32

Pag. 33

Pag. 34

Pag. 35

Pag. 36

Pag. 37

Pag. 38

Pag. 39

Pag. 40

Pag. 41

Pag. 42