XVII Legislatura

IX Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 7 di Martedì 11 marzo 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 3 

Audizione del Viceministro dell'economia e delle finanze, Enrico Morando, nell'ambito dell'esame degli schemi di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recanti determinazione dei criteri di privatizzazione e delle modalità di alienazione della partecipazione detenuta dal Ministero dell'economia e delle finanze nel capitale, rispettivamente, di Poste italiane Spa e di ENAV Spa (atti n.77 e n.78) (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 3 
Morando Enrico , Viceministro dell'economia e delle finanze ... 3 
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 8 
Coppola Paolo (PD)  ... 8 
Bianchi Nicola (M5S)  ... 9 
Biasotti Sandro (FI-PdL)  ... 9 
Garofalo Vincenzo (NCD)  ... 9 
Catalano Ivan (Misto)  ... 10 
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 11 
De Lorenzis Diego (M5S)  ... 11 
Rotta Alessia (PD)  ... 11 
Bergamini Deborah (FI-PdL)  ... 11 
Currò Tommaso (M5S)  ... 11 
Romano Paolo Nicolò (M5S)  ... 11 
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 12 
Morando Enrico , Viceministro dell'economia e delle finanze ... 12 
De Lorenzis Diego (M5S)  ... 14 
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 14

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MICHELE POMPEO META

  La seduta comincia alle 14.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Viceministro dell'economia e delle finanze, Enrico Morando, nell'ambito dell'esame degli schemi di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recanti determinazione dei criteri di privatizzazione e delle modalità di alienazione della partecipazione detenuta dal Ministero dell'economia e delle finanze nel capitale, rispettivamente, di Poste italiane Spa e di ENAV Spa (atti n. 77 e n. 78).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, del Viceministro dell'economia e delle finanze, Enrico Morando, nell'ambito dell'esame degli schemi di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recanti determinazione dei criteri di privatizzazione e delle modalità di alienazione della partecipazione detenuta dal Ministero dell'economia e delle finanze nel capitale, rispettivamente, di Poste italiane Spa e di ENAV Spa (atti n. 77 e n. 78).
  Come sapete, avevamo concordemente chiesto agli ex responsabili del Ministero dell'economia e delle finanze, ministri e sottosegretari, di venirci ad illustrare i contenuti e le finalità chiave di questi provvedimenti. Vi è stato poi il cambio di Governo. Credo che noi dobbiamo apprezzare la tempestività e la disponibilità del Governo, in modo particolare del Viceministro Enrico Morando, a venire in audizione nell'ambito di questi due specifici provvedimenti, per mettere la Commissione nelle condizioni di esprimere al meglio il nostro parere.
  Do la parola al Viceministro Enrico Morando per la sua relazione.

  ENRICO MORANDO, Viceministro dell'economia e delle finanze. Grazie, signor presidente. Buongiorno a tutti. Vi informo che abbiamo depositato la relazione, che potrà essere distribuita al termine di questa lettura, che anche per questo motivo sarà rapida.
  Con la decisione del Governo di aprire il capitale di Poste e di ENAV riprende il processo di valorizzazione, alienazione e privatizzazione del patrimonio pubblico, che nel nostro Paese si è intensamente sviluppato negli anni ’90, ed è proseguito fino alla prima metà degli anni 2000, con una concentrazione nel tempo e con dimensioni che non hanno avuto eguali in Europa.
  In poco più di dieci anni, sono state collocate sul mercato 30 aziende, per un introito di più di 100 miliardi di euro. In quegli stessi anni – non solo grazie a queste privatizzazioni, ma anche grazie ad esse – il volume globale del debito pubblico è caduto di ben 15,5 punti di prodotto interno lordo, anche se, come sapete, successivamente il volume globale del debito in rapporto al prodotto ha ripreso a crescere, fino ad arrivare all'attuale 130 per cento.Pag. 4
  Poi, il processo si è sostanzialmente arrestato, per motivazioni che non è qui il caso di richiamare analiticamente. Tuttavia voglio accennare ad alcune di esse, perché, da quello che ho visto, hanno rilievo nella discussione che voi avete sviluppato finora all'interno della vostra Commissione.
  La prima motivazione che viene in mente è che si è interrotto il processo di privatizzazione perché non c'era più niente da vendere. Si era già venduto tutto. Se si guarda al numero e alla dimensione globale delle partecipazioni del sistema delle autonomie, e se si constata che lo Stato centrale resta azionista di controllo in alcune decine di importanti società e di maggioranza assoluta in molte altre, si può osservare che, anche se certamente il parco delle proprietà pubbliche si è ristretto, non si è affatto annichilito. Questa prima ragione di esaurimento del processo di privatizzazione a me sembra sostanzialmente infondata.
  Ha poi certamente agito – a consigliare più il freno dell'acceleratore del processo di privatizzazione – la crisi finanziaria iniziata nel 2007-2008, presto tramutatasi in grande recessione, coi capitali in fuga verso la sicurezza, anche a scapito del rendimento, una sicurezza che il sistema Italia, come sappiamo, non è stato in grado di garantire. Oggi le cose sono migliorate, ma per un lungo periodo c’è stata una fuga di capitali dall'Italia, a causa della ricerca di sicurezza, a scapito del rendimento. Per esempio, i titoli del debito pubblico tedesco venivano letteralmente presi d'assalto ad ogni asta, ma in termini reali rendevano meno di niente, cioè costavano qualcosa a chi comperava.
  Ha certamente pesato, infine, la valutazione critica, spesso fondata, sui difetti del precedente processo di privatizzazione. Ho visto che nella vostra discussione molti si sono soffermati su questo punto ed è per questo che ho voluto dire la mia. Un difetto su tutti è l'aver proceduto a privatizzare, prima che a liberalizzare, i mercati su cui agivano, qualche volta da monopolisti, le società privatizzande. Un altro problema è dato dall'avere consentito – o almeno non impedito, anche se forse si sarebbe potuto fare qualcosa per impedirlo – che i «privati» che acquistavano la società pubblica lo facessero scaricando immediatamente il loro debito sulla stessa società acquisita, così rendendola incapace per lungo periodo di realizzare gli investimenti necessari alla sua crescita. Sapete tutti che la vicenda di Telecom, in particolare, ha avuto queste caratteristiche.
  Dall'esperienza che, come Paese, abbiamo compiuto dai primi anni Novanta ad oggi, possiamo dunque trarre indicazioni che per il futuro sono utili, ma non univoche.
  La prima indicazione è che certamente privatizzare, a certe condizioni, può contribuire a ridurre il volume globale del debito. Lo ha fatto, e quindi non è un invenzione. Inoltre, può favorire lo sviluppo del mercato dei capitali, creando le premesse (questo è un punto che io considero di grande rilievo) per ridimensionare il cosiddetto carattere «relazionale» ed asfittico del nostro capitalismo. Può aumentare l'efficienza delle imprese privatizzate e convogliare verso grandi imprese produttrici di beni e servizi il risparmio (come è accaduto in Italia), mitigando il carattere «bancocentrico» del nostro sistema del credito alle imprese. L'Italia, come voi sapete, è un Paese industriale avanzato nel quale il credito all'impresa è largamente dominato dal credito erogato dalle banche, mentre in altri Paesi il credito alle imprese è assicurato attraverso forme più articolate.
  La seconda indicazione è che privatizzare presenta dei rischi, così che procedure, tempi e modalità debbono essere ben calibrati, al fine di garantire la migliore tutela dell'interesse pubblico.
  Forte di queste due diverse indicazioni, da tenere in gran conto entrambe, il nuovo Governo sostiene la specifica scelta al vostro esame, per la privatizzazione del 40% per cento di Poste e del 49 per cento di ENAV.
  Vi dirò di più (questo è quello che io considero il punto centrale di questa audizione, perché è impegnativo per il Governo): il Governo considera queste due Pag. 5scelte, già di per sé rilevanti per la qualità dei servizi prestati e delle attività svolte dalle società in questione, e per la quantità delle risorse in gioco, il primo tassello della organica strategia di utilizzo del patrimonio pubblico – mobiliare e immobiliare – di cui già nel prossimo Documento di economia e finanza delineerà i contorni e gli obiettivi, in un disegno che avrà carattere pluriennale ed abbraccerà almeno tutta la presente legislatura.
  Gli obiettivi essenziali di questo disegno sono tre. Il primo obiettivo è attrarre nuovi capitali, dall'Italia e dall'estero, da investirsi per il rafforzamento di società che, crescendo e diventando più efficienti e produttive, possono fornire un contributo rilevante all'aumento della produttività totale dei fattori e della capacità competitiva del sistema Italia. Il secondo obiettivo è convincere i risparmiatori a rivolgersi al capitale di rischio, in un contesto di stabilità finanziaria. Il terzo obiettivo è ridurre il volume globale del debito, riducendo gli oneri correnti per il suo servizio, in questi prossimi anni, nei quali, come tutti sappiamo, dovrà concentrarsi lo sforzo per far tornare il Paese su un sentiero di crescita duratura.
  Si tratta di tre obiettivi tra di loro interconnessi. La verità è che nessuno di essi può essere perseguito credibilmente per conto proprio, per delle ragioni che sono piuttosto chiare. Questi obiettivi del piano che vogliamo presentare sono intrecciati fino a rendersi inestricabili l'uno dall'altro.
  Il risparmio in Italia non va largamente verso la borsa, perché per troppi in Italia la borsa continua ad essere sinonimo di operazioni opportunistiche, che penalizzano il piccolo risparmiatore, a vantaggio di chi detiene il controllo. Le imprese, per il credito, possono rivolgersi soltanto alle banche, che ora però non concedono credito a sufficienza, perché hanno troppe sofferenze e preferiscono rivolgersi ai titoli del debito pubblico, impiegando a questo scopo l'ingente volume di liquidità che ricevono dalla Banca centrale europea. Si tratta di un circolo vizioso che un equilibrato disegno di privatizzazione può contribuire a spezzare.
  Il successo di questo piano di dismissioni dipende, in primo luogo, dalla nostra capacità di dargli profondità temporale, uscendo dalla logica dell'emergenza. È certo che «bisogna fare qualcosa subito», e la proposta al vostro esame su Poste e ENAV è più di qualcosa e vale per l'immediato. Tuttavia, queste scelte da compiere subito debbono essere avvertite (e per essere avvertite come tali devono effettivamente esserlo) come scelte coerenti con un disegno ampio, che si svilupperà negli anni. L'orizzonte temporale assunto dal nuovo Governo (quello di legislatura, come ha dichiarato il Presidente del Consiglio nel suo discorso programmatico in Parlamento) è dunque quello giusto per conferire credibilità a questo disegno.
  Sarà finalmente possibile tradurre in atti di governo il suggerimento che il buon senso propone ad un soggetto che abbia un grande debito e disponga contemporaneamente di un grande patrimonio: usare una quota di quel patrimonio per ridurre il debito, così che il suo servizio non risulti troppo oneroso in rapporto al flusso del suo reddito.
  Anche in questo caso, non è perché ce lo impone Bruxelles (come troppo spesso molti continuano a dire), ma è per corrispondere ai nostri interessi che noi pensiamo che sia corretto ribadire che gli introiti derivanti dalle cessioni di partecipazioni dirette andranno al Fondo ammortamento dei titoli di Stato, per essere utilizzati, attraverso il riacquisto o il rimborso a scadenza, per la riduzione del debito. Per quanto riguarda le partecipazioni indirette, occorrerà valutarle in un altro contesto.
  Spero di non avervi annoiato con questa prima parte di ordine generale, ma ho letto nel vostro dibattito che quello che veniva richiesto era esattamente di indicare in quale contesto e in quale strategia di politica economia e di gestione della finanza pubblica e del patrimonio sono inserite le scelte che riguardano Poste ed Pag. 6EVAV. Spero di aver dato il senso di questo contesto di cui mi era stato chiesto di dare conto.
  Vengo ora rapidamente a considerazioni più specifiche sulle due operazioni al vostro esame, perché il confronto che avete sviluppato, in questa Commissione e anche in altre al Senato, sugli atti del Governo al vostro esame, ha fatto emergere preoccupazioni e questioni che, secondo me, meritano una risposta puntale.
  Innanzitutto, le due società sono pronte per la privatizzazione parziale che è in programma ? Non era meglio procedere prima alla separazione di singoli segmenti – ad esempio, per Poste, i servizi finanziari – e poi alla collocazione sul mercato ? I dati in nostro possesso suggeriscono una risposta positiva alla prima domanda: sì, le due società, a nostro giudizio, sono pronte per la privatizzazione, perché sono ben patrimonializzate e con buoni risultati in termini di reddito. Possono dunque crescere ancora, e la privatizzazione parziale può aiutarle in questa direzione.
  Quanto alla ipotesi di scorporo preventivo, che varrebbe solo per Poste, a noi non pare la scelta migliore: il pregio della società Poste (e quindi anche il suo valore sul mercato) nasce dalla sua capacità di sfruttare appieno proprio l'integrazione dei servizi e delle attività. Seguire la strada (che pure è stata seguita altrove, e dunque non sarebbe una soluzione improponibile) della cessione di quote dell'intero pacchetto, sull'esempio della Germania, ci è sembrato più coerente sia con l'esigenza di valorizzare al massimo la quota di società posta in vendita sia con quella di mantenere intatte le potenzialità future di sviluppo.
  Se la forza di Poste nasce dall'integrazione delle attività e dei servizi, anche dopo il processo di privatizzazione parziale, le prospettive di sviluppo saranno migliori se questa integrazione verrà mantenuta. Se facessimo lo scorporo societario per procedere separatamente, probabilmente su questo versante lasceremmo sul campo qualcosa, anche in termine di valore, ma soprattutto, a mio avviso, in termine di prospettiva di crescita futura.
  La seconda considerazione fatta da molti è che cedendo il 40 per cento di Poste e il 49 per cento di ENAV non si fa una vera privatizzazione, e non si incassa il premio (in termini di prezzo) insito nella cessione del controllo. È il controllo che vale di più. Non cedendo il controllo, si realizzerà di meno. Questa è l'osservazione che si può avanzare. Io penso che questo non sia un argomento da sottovalutare. Questa non è un'osservazione critica campata per aria. Ci sono esempi che dimostrano che bisogna tenere conto di questo problema.
  Tuttavia ci sembra che la soluzione adottata sia da considerarsi preferibile, in primo luogo perché, allo stato attuale, il valore delle società può essere solo stimato, anche se con un buon grado di approssimazione. Sicché appare prudente sottoporre questa stima, per usare un'espressione colloquiale, alla «prova del budino», che in questo caso è la prova del mercato, come si fa quando l'oggetto della prima offerta – la cosiddetta IPO – coinvolge una quota minoritaria, per quanto significativa, del capitale. Del resto, così si è fatto in Italia in operazioni di privatizzazione che hanno certamente avuto successo, come quelle riguardanti ENI ed ENEL.
  In secondo luogo, siamo convinti che la gradualità del processo favorisca la massima valorizzazione delle due società in questione. Infatti, anche il 40 per cento di Poste e il 49 per cento di ENAV potranno essere venduti in più fasi, come dicono i provvedimenti al vostro esame.
  Il processo di privatizzazione potrà incidere negativamente sulla quantità e la qualità dei servizi ? Su questo la mia competenza non è approfondita. Non sono un tuttologo e lo dichiaro apertamente. Fatico già ad occuparmi delle cose di cui si dice che io sia un po’ competente, figuratevi delle cose che non conosco approfonditamente.
  Ciò nonostante, mi sembra di poter dire che, dal dibattito che si è sviluppato e dalle audizioni che avete già tenuto, Pag. 7anche in questa sede, emerga che non esistono seri rischi in proposito, o almeno che non c’è alcun nesso immediato e necessario tra la qualità e la quantità dei servizi forniti e il processo di privatizzazione. La mia opinione è che sia ragionevole prevedere che il processo di privatizzazione, inducendo nella società privatizzata un obbligo di maggiore trasparenza, lungi dal peggiorarne le performance potenziali, tendenzialmente aiuti a migliorarle. Infatti, la trasparenza nella conduzione di strutture complesse, come voi sapete, favorisce l'efficienza.
  Quanto al piano industriale di Poste, su cui vi siete molto soffermati, è già stato precisato che esso viene annualmente aggiornato, tenendo conto dei vincoli derivanti dal contratto di programma per il servizio universale, a sua volta in fase di rinnovo. L'aggiornamento del piano potrà e dovrà essere realizzato, anche assumendo le novità di contesto rappresentate dalla privatizzazione di cui stiamo discutendo.
  Infine, non dobbiamo mai dimenticare che a piena tutela dell'interesse pubblico agiscono, e continueranno ad agire esattamente come ora anche dopo il processo di privatizzazione, le numerose Autorità che esercitano la vigilanza sulle due società privatizzande. Si tratta, per Poste, di soggetti dotati di assoluta autonomia e poteri penetranti d'indagine, d'analisi e d'intervento, come la Banca d'Italia, la Consob, l'Agcom e la stessa Corte dei conti. Non si tratta di soggetti deboli che si fanno facilmente condizionare dal vigilato nell'esercizio della propria azione di vigilanza. Si tratta di soggetti che hanno tutti come obiettivo la tutela dell'interesse pubblico.
  Quanto agli effetti finanziari dell'operazione, non posso che ribadire le informazioni già fornite al Parlamento dal precedente Governo. In primo luogo, il Governo è favorevole ad inserire nel testo del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, alla fine dell'articolo 1, un comma aggiuntivo che espliciti ciò che era stato scritto nelle premesse, ma non nel testo del provvedimento, e cioè che, come ho già detto, gli importi relativi ai proventi derivanti dalla privatizzazione affluiranno nel Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato.
  Circa gli effetti finanziari prevedibili, il sottosegretario Giorgetti ha già fornito, in particolare nella sede della Commissione bilancio, stime che consideriamo attendibili e, al tempo stesso, ispirate a grande prudenza, ovvero non orientate a ipotizzare una valorizzazione imprudente in termini di crescita del valore: 120 milioni di euro di minori dividendi da Poste; maggiori ritenute sui dividendi incassati da terzi (cioè dal soggetto che avrà privatizzato) pari a 24 milioni; minori interessi sul debito pubblico pari a 120 milioni (perché ovviamente si riduce il volume globale del debito); minori ritenute su interessi pari a 15 milioni.
  L'effetto complessivo, come vedete, sarà di sostanziale equilibrio (la cifra è leggermente positiva), con una contestuale riduzione del volume globale del debito pubblico per circa 4 miliardi.
  L'operazione relativa a ENAV, all'esito della registrazione degli effetti negativi e positivi sul bilancio annuale (secondo la stessa logica applicata al provvedimento per le Poste), farebbe segnare un saldo positivo intorno ai 20 milioni di euro, un po’ più elevato di quanto non accada per Poste. Ammonterebbe, invece, a circa 1 miliardo (decisamente meno di quanto accada per Poste, per le dimensioni dell'operazione) la riduzione del volume globale del debito pubblico.
  Infine, merita qualche considerazione quanto previsto dal comma 3 dell'articolo 1 della bozza di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, relativa alla partecipazione all'offerta dei lavoratori dipendenti delle società privatizzande, anche grazie a specifiche forme di incentivazione.
  Farebbe un errore grave chi trascurasse le potenzialità strategiche di questa previsione, che, secondo me, vanno molto aldilà della questione della privatizzazione di Poste. A differenza di quanto accade in altri grandi Paesi europei, infatti, il nostro non ha costruito solide esperienze di partecipazione Pag. 8dei lavoratori alla gestione delle imprese. Si tratta di un limite che grava sulle nostre prospettive di crescita, se è vero, come è vero, che viviamo nella società della conoscenza come fonte primaria dello sviluppo quantitativo e qualitativo.
  Se la fonte primaria dello sviluppo è la conoscenza, la partecipazione dei lavoratori nella gestione all'impresa è una risorsa fondamentale per crescere, e non un orpello qualsiasi da considerare come un abbellimento di ciò che conta, quasi fosse un fatto estetico. È un qualcosa che riguarda il buon funzionamento dell'economia. Se c’è una più intensa partecipazione dei lavoratori, l'economia nel suo insieme sarà più produttiva. Nella società della conoscenza, quel sistema dove non c’è partecipazione dei lavoratori sarà meno competitivo. Questo è il punto.
  I tentativi del passato, anche recente, di compiere passi significativi su questa strada sono finiti nel nulla. Penso, in ultimo, alla ben circostanziata delega attribuita dalla legge Fornero (quella sul mercato del lavoro) al Governo, affinché creasse le condizioni normative e regolamentari per nuove forme di partecipazione dei lavoratori, dalla presenza nel Consiglio di sorveglianza alla partecipazione al capitale, fino alla partecipazione agli utili. È triste (almeno dal mio punto di vista) ed è assai significativo che i termini di quella delega siano stati lasciati scadere, senza nemmeno un solo tentativo di esercitarla.
  Io penso che l'occasione della privatizzazione di Poste possa essere colta per rilanciare l'iniziativa su questo tema cruciale della partecipazione dei lavoratori alla gestione dell'impresa. So che le imprese italiane cui potrebbe applicarsi un'ipotesi di partecipazione al capitale analoga a quella attuabile in Poste sono poche. Il nostro apparato produttivo è dominato dalla presenza di medie e piccole imprese, cui mal si attagliano formule di partecipazione dei lavoratori come quelle attuabili in Poste o in società che hanno migliaia e migliaia di dipendenti, ma non è questo il punto.
  Ciò che conta è la rottura del tabù secondo cui in Italia queste cose «alla tedesca» non possono funzionare. È l'apertura di un processo positivo. Il resto potrà venire dall'esperienza, dalla correzione degli errori (che quando si cambia radicalmente una situazione si devono mettere in conto) e dalla diffusione delle pratiche migliori. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, Viceministro. La ringraziamo sinceramente, perché ci ha chiarito il quadro e ci ha fornito elementi di valutazione tecnica e politica. La nostra Commissione, che è molto attenta e molto vigile, raccoglierà i suoi spunti con grande correttezza e grande autonomia nello stesso tempo.
  Ci sono diversi colleghi che hanno chiesto di intervenire. Purtroppo abbiamo tempi limitatissimi e dobbiamo chiudere l'audizione nella seduta di oggi. I lavori dell'Assemblea riprenderanno alle 15.15, quindi abbiamo a disposizione ancora 25 minuti. Vi pregherei di essere sintetici. Il Viceministro, come sapevamo, ha una capacità di sintesi davvero notevole. Io penso che se riusciamo a porgli le questioni più rilevanti, che avete focalizzato anche nelle altre riunioni, nonostante la ristrettezza dei tempi, possiamo dare una conclusione convincente ai nostri lavori.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  PAOLO COPPOLA. Riduco al minimo le mie domande. In primo luogo, lei, Viceministro, ha detto che nel passato c’è stato un difetto: c'era stata la privatizzazione prima della liberalizzazione. Ritiene che in questi due casi ci sia una liberalizzazione sufficiente, in modo da evitare l'errore del passato ?
  In secondo luogo, io ho espresso più volte una perplessità sul fatto di dismettere una partecipazione che, nel caso di Poste, rende più o meno il 10 per cento, per abbattere il debito al 4 per cento. Non è forse il caso di decidere di investire in modo diverso le risorse finanziarie che vengono dalla privatizzazione, in settori Pag. 9che magari darebbero uno slancio all'economia che permetterebbe, nel quadro complessivo, di avere un maggiore introito per le casse dello Stato ?

  NICOLA BIANCHI. Io vorrei arrivare subito al sodo. Che fine ha fatto il Comitato di garanzia per le privatizzazioni, che era previsto nel decreto Salva-Roma, visto e considerato che continua a riunirsi e, da quanto ci risulta, era presente anche al Consiglio dei ministri ? A che titolo si riunisce questo comitato ?
  Lei continua a dire che con questa privatizzazione noi abbatteremo il debito pubblico. A noi sembra veramente una barzelletta, visto e considerato che allo stato attuale Poste produce un utile di circa un miliardo. Anche l'ingegner Sarmi ci ha confermato questa previsione.
  Dato che Poste al suo interno è composta da diversi servizi, sarà fondamentale vedere quali servizi si vorranno privatizzare, perché ne va di mezzo tutto il sistema.
  Mi preme ribadire una domanda: visto che si parla di debito pubblico, perché non rivediamo tutti i sistemi economici a livello europeo ? Noi solo col MES, il meccanismo di stabilità europeo, pagheremo 125 miliardi di euro in cinque anni. Questa sarà la vera sfida, che noi, come Movimento 5 Stelle, affronteremo.
  Sempre l'ingegner Sarmi, nell'ultima audizione dei rappresentanti di Poste che si è svolta qui in Commissione, ci ha mostrato un grafico in cui sono riportati gli utili di tutte le poste private a livello europeo. Neanche la società delle poste tedesche riuscivano a produrre un utile uguale a quello di Poste italiane. Questo è un altro elemento che ci porta a vedere questa operazione in modo davvero molto critico. Grazie.

  SANDRO BIASOTTI. Signor Viceministro, dato che lei ha letto i resoconti delle audizioni precedenti, io non mi ripeto. Noi di Forza Italia, pur essendo assolutamente favorevoli alla privatizzazione in generale, abbiamo moltissime titubanze, che sono aumentate oggi con la sua relazione. Speravo che le motivazioni cambiassero rispetto a quelle del Governo Letta. Invece, lei, in rappresentanza del Governo, ha addotto tre motivazioni, ma sostanzialmente la sola motivazione è la riduzione del debito.
  Per quanto riguarda la prima motivazione, ovvero quella di attrarre nuovi capitali, ricordo che noi abbiamo bisogno di nuovi capitali, soprattutto dall'estero, nel sistema produttivo e industriale italiano. Queste sono due società un po’ particolari.
  Rimane quindi solo la riduzione del debito. Se lei avesse un debito, venderebbe una società che le rende il 10 per cento per diminuire un debito che le costa quattro o cinque volte di meno ? Lei non lo farebbe con i suoi soldi. Questo è sicuro. Io nemmeno lo farei. Ci spieghi dunque perché si è deciso di farlo.
  Sull'ENAV io ho letto (non so se è vero) che sarebbe la prima quotazione in borsa al mondo di una società che controlla il traffico aereo. Incasseremmo 650 milioni vendendo il 49 per cento, spiccioli nel mare magnum del debito pubblico. Alcuni scrivono che si tratterebbe dello 0,002 per cento. Altri parlano di 20 giorni di interessi. Comunque, questo è il concetto.
  Io speravo che lei venisse a dirci che con questi 5 miliardi il Governo aveva intenzione di fare una serie di cose, ad esempio, riparare il Colosseo, riparare le buche di Roma, riparare la ferrovia di Genova, e non di ridurre il debito. Ridurre il debito pubblico non ci convincerà mai. Io mi permetto di preannunciarle che, se non ci sarà un cambiamento di marcia, difficilmente saremo d'accordo su queste privatizzazioni. Grazie.

  VINCENZO GAROFALO. Anch'io voglio dare il benvenuto al Viceministro Morando ed esprimergli un apprezzamento per il fatto che già dall'introduzione è entrato nel merito delle osservazioni che avevamo rappresentato nelle audizioni precedenti, riguardo a queste privatizzazioni e soprattutto a quella di Poste.
  Premetto che noi del Nuovo Centrodestra siamo sicuramente favorevoli al fatto che si vada nella direzione delle privatizzazioni Pag. 10e di uno Stato che non può essere esercente di attività, soprattutto non in regime di monopolio.
  Lei ha centrato la questione quando ha detto che, tra le altre critiche, abbiamo evidenziato che nel passato si è privatizzato senza liberalizzare e di conseguenza l'attrazione di colui il quale si è sostituito allo Stato era quella di diventare il monopolista privato. Questo francamente è avvenuto, con una distorsione: tutto quello che di buono c'era è diventato privato e quello che c'era di cattivo rimane pubblico ancora oggi.
  Poiché lei ha detto esattamente questo, ciò mi dà una rassicurazione sul fatto che il Governo sarà vigile a questo proposito, onde evitare che errori del passato si continuino a perseguire. Vorrei però sapere se tra gli obiettivi della privatizzazione c’è solo l'abbattimento del debito pubblico. La somma di queste due privatizzazioni è molto meno dell'1 per cento del debito pubblico, ma non è detto che il valore di queste aziende possa rimanere tale in futuro.
  Il vero obiettivo che bisogna raggiungere è in parte attrarre i capitali, ovvero chi scommette sull'Italia, ma soprattutto, contemporaneamente, liberalizzare questi settori e utilizzare le competenze che queste due aziende hanno, per poter aumentare il loro mercato e per poter entrare in mercati nuovi. Con l'accrescimento dei volumi aumenterebbe anche il dividendo per la quota pubblica e il beneficio per tutti gli italiani.
  Mi riferisco soprattutto a ENAV, perché so che l'amministratore delegato Garbini ha più volte manifestato una valutazione positiva su questo. Essendo un'azienda enorme in termini di valore, anche se permangono dubbi sulla sua valorizzazione futura, bisogna considerare però che l'apertura di mercati più competitivi, proprio con l'apporto di privati e con una governance che vede anche i dipendenti partecipi, può far crescere queste aziende, affinché diventino aziende che offrono servizi al resto del mondo.
  Se questo è realmente quello che si riuscirà a perseguire e quello che verrà messo alla base di questa privatizzazione, e se non si perpetueranno gli errori del passato (ci consenta di avere questi dubbi, perché francamente noi su questo siamo ancora oggi feriti), allora raggiungeremo un obiettivo che va aldilà dell'abbattimento del debito pubblico che, come ha detto lei, se non si farà tutto l'insieme delle privatizzazioni, sarà ridicolo. Infatti, noi vendiamo qualcosa che rende più del costo del debito e, di conseguenza, non raggiungiamo obiettivi significativi. Grazie.

  IVAN CATALANO. Mi associo al collega Biasotti per quanto riguarda il ragionamento su ENAV.
  Vorrei farle quattro domande, tralasciando le considerazioni espresse nelle passate audizioni. In merito all'utilizzo dei soldi che andranno versati nel fondo, vorrei sapere quanto verrà usato per rimborsare i BOT in scadenza e quanto per il riacquisto di titoli, essendo dati che comunque si conoscono.
  Inoltre, vorrei sapere quali effetti macroeconomici il Ministero ha previsto con l'alienazione delle quote di Poste. Nelle pubblicità, Poste si fa vanto di avere come socio unico il Ministero, e quindi di avere lo Stato quale garanzia sugli investimenti dei buoni fruttiferi. Vorrei sapere quali effetti ha previsto il Governo in merito alla possibilità dell'ingresso in Poste di patrimoni privati, e quindi di banche, che, data la crisi economica, potrebbero essere soggette a fallimento. Ciò potrebbe avere delle conseguenze sul mercato del risparmio gestito per i risparmiatori, che potrebbero non essere più indotti ad investire nel risparmio gestito da Poste.
  Vorrei fare una puntualizzazione. Lei ha detto che le autorità competenti vigileranno. Le vorrei far presente che all'attenzione del Ministero ci sono diverse mie interrogazioni in merito alla vicenda «Lost pay», che mostra proprio una carenza di controllo da parte delle autorità di vigilanza sulle questioni bancarie. La invito a leggere queste interrogazioni, a darvi risposta nel più breve tempo possibile e a porre rimedio al fatto che la vigilanza Pag. 11della Banca d'Italia sugli strumenti finanziari che Poste usa non è molto incisiva.
  Infine, lei ha parlato di un tentativo di dare applicazione alla norma Fornero (anche se è scaduta) per quanto riguarda la partecipazione dei dipendenti alla gestione della società. Io credo che l'unico modo plausibile che potrebbe consentire ai dipendenti di avere una rappresentanza all'interno del consiglio di amministrazione sia quello di fornire un membro del consiglio di amministrazione che sia espressione del sindacato. Questo potrà avvenire solamente se i fondi pensione gestiti dai sindacati parteciperanno all'acquisto delle quote di Poste.
  Questa per me non è una notizia positiva ma una preoccupazione, perché i sindacati all'interno di Poste non operano in una maniera trasparente. Anche nella gestione delle relazioni, agiscono molto a livello clientelare. Personalmente non vedo questa possibilità in Poste come un fattore positivo, bensì come una cosa molto negativa. Vorrei un parere da parte sua in merito a questa vicenda e anche in merito alle questioni sollevate nelle interrogazioni, alle quali le chiedo di rispondere nel più breve tempo possibile. Ci sono numerose segnalazioni da parte del mondo lavorativo di Poste, dove si vede l'ingerenza del sindacato nella gestione delle risorse umane.
  Non faccio considerazioni in merito al debito, perché sono state già fatte. Attendo risposte. Grazie.

  PRESIDENTE. Ci sono ancora cinque colleghi che chiedono di intervenire. Possiamo rubare 10 minuti o un quarto d'ora. Il Viceministro ha una capacità di sintesi proverbiale, però non possiamo chiedergli l'impossibile. Darò quindi la parola a tutti coloro che si sono iscritti a parlare per porre una sola domanda. Diversamente, dobbiamo dare la parola al Viceministro per la sua replica. Tutti i Gruppi hanno parlato, questo è un secondo giro di interventi.

  DIEGO DE LORENZIS. Presidente, visto che la mia sintesi non è proverbiale, io rinuncio al mio intervento, sperando di poterlo fare dopo la replica del Viceministro.

  ALESSIA ROTTA. Mi associo alle considerazioni dei colleghi che mi hanno preceduto.
  Le chiedo solo se può dire qualcosa in più sulle modalità di cessione, visto l'ampio ventaglio di possibilità, esclusa la trattativa privata. Lei ha parlato di profondità temporale. Da questo punto di vista, quali sono le garanzie e quali sono le modalità di cessione ?

  DEBORAH BERGAMINI. Il Viceministro è entrato molto nel dettaglio rispetto all'ingresso nel capitale dei dipendenti, che è uno dei temi cardine legati a questa privatizzazione (che in realtà non è una vera privatizzazione). Si parla di azioni che verrebbero attribuite ai dipendenti con sconti. In casi analoghi al nostro, di solito, questo avviene a fronte di vincoli. Vorrei essere rassicurata da lei su questo punto. Si danno le azioni con lo sconto del 20-30 per cento e basta, oppure le si danno con una serie di obblighi, come è normale che sia ?

  TOMMASO CURRÒ. Ringrazio il Viceministro e faccio una domanda secca, visto che bisogna essere sintetici.
  Dal 1994 al 2005 l'Italia ha fatto uno dei più grandi processi di dismissione della storia dell'economia occidentale. Abbiamo dismesso 111 miliardi di patrimonio. Il debito è aumentato di 330 miliardi. Non pensa che sia finalmente arrivata l'ora di guardare al rapporto tra l'indebitamento netto e il debito, anziché quello tra la dismissione e il debito ? Grazie.

  PAOLO NICOLÒ ROMANO. Sarò rapidissimo. Tutti noi abbiamo ricevuto una lettera del sindacato ATM-PP. Vorrei che venisse messa agli atti, visto che si paventa il rischio che, se dovesse avere seguito la privatizzazione, si potrebbero creare problematiche anche sulla sicurezza del trasporto aereo.
  Come già fatto dal nostro capogruppo, vorrei sollecitare un ciclo di interventi, a partire proprio dall'amministratore dell'ENAV.

Pag. 12

  PRESIDENTE. Stiamo aspettando che l'amministratore Garbini torni dagli Stati Uniti. In seguito sarà disponibile, compatibilmente con il calendario per l'espressione del parere sul provvedimento.
  Do la parola al Viceministro per la replica.

  ENRICO MORANDO, Viceministro dell'economia e delle finanze. Ringrazio per le domande.
  La prima domanda riguarda il giudizio da dare circa il mercato, aperto o chiuso, su cui agiscono le società di cui stiamo parlando, per un processo di parziale privatizzazione. La mia opinione (che naturalmente vale solo come mia opinione) è che il mercato su cui agisce Poste sia un mercato sufficientemente aperto. Penso, quindi, che nel caso di Poste forse commettiamo altri errori, ma non stiamo ripetendo l'errore, a cui io ho fatto riferimento, a proposito di processi di privatizzazione non accompagnati o preceduti da un adeguato processo di liberalizzazione.
  A me sembra (come del resto ha documentato anche il vostro dibattito nelle audizioni che avete tenuto precedentemente) che ci troviamo in un contesto di mercati relativamente liberalizzati, o almeno non più chiusi di quelli degli altri grandi Paesi europei, nostri partner dell'area euro. A me sembra che questo giudizio, in termini relativi, possa essere considerato sufficientemente fondato. Non è vero che il mercato su cui agisce Poste in Italia sia più caratterizzato da posizioni dominanti e da posizioni di monopolio di quanto non sia, per esempio, il mercato analogo nella Repubblica federale tedesca.
  Molti onorevoli hanno chiesto perché, se l'obiettivo è quello di ridurre il volume globale del debito, si privatizza Poste in particolare, dato che la riduzione in cifra assoluta del volume globale del debito che otteniamo è relativamente bassa. Non diciamo che sia insignificante, perché quando si parla di miliardi di euro di insignificante non c’è assolutamente nulla, ma la cifra è certamente bassa.
  Naturalmente si tratta di un giudizio politico, quindi per definizione può essere condiviso e può essere anche duramente contrastato. Questo è il punto a cui ho cercato di dedicare la prima parte della mia relazione. Questi critici avrebbero ragione, se l'intento del Governo (di quello precedente e di quello attuale) fosse quello di prendere Poste e ENAV, fare questa collocazione sul mercato del 40 per cento e del 49 per cento e poi fermarsi lì.
  Certamente, se di questo si trattasse, ci sarebbe da pensare cinquanta volte all'opportunità o meno di procedere in questa direzione. Ho cercato di dirvi (naturalmente non pretendendo di convincervi, ma ho semplicemente manifestato le intenzioni del Governo) che il nuovo Governo ha l'esplicita intenzione di riaprire una stagione lunga di valorizzazione/alienazione/privatizzazione del patrimonio. Questa intenzione troverà manifestazione nei documenti di programmazione che ci apprestiamo a presentare in Parlamento, secondo le tempistiche e le procedure fissate dai Regolamenti parlamentari, dalla legge di contabilità e dalla nuova legge costituzionale attuativa dell'articolo 81 della Costituzione.
  Questa stagione probabilmente non avrà la stessa intensità e le stesse dimensioni che ha avuto quella che ci sta alle spalle, a cui ho fatto riferimento nella prima parte della mia introduzione, ma dovrà essere comunque concentrata nel tempo, non con l'obiettivo di realizzare la riduzione del volume globale del debito, ma con l'obiettivo di concorrere a favorire un processo di riduzione del volume globale del debito.
  Come è stato notato, nemmeno le privatizzazioni che hanno caratterizzato gli anni Novanta sono state l'elemento decisivo che ha consentito in quegli anni di ridurre il volume globale del debito di 15 punti in rapporto al prodotto interno lordo. Come voi sapete, a questo proposito, l'unica cosa che davvero conta è il rapporto col prodotto.
  La parte fondamentale di quella riduzione venne ottenuta attraverso una drastica riduzione dei tassi d'interesse sul Pag. 13servizio del debito, perché l’«operazione» conseguente agli accordi di Maastricht, ovvero l'unione monetaria, consentì al nostro, come ad altri Paesi, di poter usufruire da un momento all'altro dei tassi d'interesse di Paesi che pagavano di meno sul loro debito, come la Germania, a causa dell'omogeneizzazione dei tassi d'interesse che si è determinata in quel contesto di unione monetaria.
  La riduzione di 15 punti di debito in rapporto al prodotto interno lordo, così concentrata nel tempo, si realizzò certamente grazie a quell'operazione, ma venne accompagnata, anche al fine di dargli credito, dal processo di privatizzazione importante di cui abbiamo parlato, che ha avuto le dimensioni che anche negli interventi svolti alcuni di voi hanno richiamato.
  Io insisto sul fatto che l'obiettivo della riduzione del volume globale del debito è uno dei tre obiettivi che ci muovono. Non è l'unico e, a mio parere, non è nemmeno il più importante, per le ragioni, anche quantitative, che sono state richiamate. Io insisto sul fatto che gli obiettivi di questo piano di privatizzazione/valorizzazione del patrimonio devono certamente comprendere la riduzione del volume globale del debito per le quote relative, ma ce ne sono almeno altri due che per me sono altrettanto importanti.
  Noi dobbiamo in primo luogo pensare che la produttività totale dei fattori del nostro Paese, in calo da moltissimi anni, e che potremmo intendere come «indicatrice» della capacità competitiva del sistema Italia nel suo complesso, ha assolutamente bisogno che ci siano servizi a rete fondamentali, che funzionino bene e che aiutino il sistema delle imprese a innalzare a loro volta la loro produttività.
  Da questo punto di vista, il buon funzionamento di società che svolgono funzioni rilevantissime, che si realizzano attraverso la presenza di reti di servizi e di infrastrutture nel sistema economico, è fondamentale. In realtà, quindi, l'obiettivo di migliorare le performance di queste imprese che svolgono servizi a rete è cruciale, se si vuole fare in modo che la competitività del sistema nel suo complesso cresca, e che cresca la produttività di ogni singola impresa che a quei servizi deve fare riferimento.
  Il primo obiettivo è, dunque, consentire l'ulteriore sviluppo di queste società e attrarre su di esse nuovi capitali, dall'Italia ma anche dall'estero, in modo tale che sia possibile realizzare in queste società e in questi servizi a rete quegli investimenti che sono mancati nel corso degli anni, per molte ragioni, compreso il carattere un po’ esausto dei bilanci del padrone di queste società, ovvero lo Stato italiano. Infatti, non c’è solo il debito; c’è anche il fatto che non facciamo investimenti adeguati. Come proprietari di queste società non abbiamo consentito, a causa delle nostre condizioni di finanza pubblica, un sufficiente investimento su quel versante.
  C’è poi un secondo obiettivo, che è quello di costruire in Italia realtà, sul modello delle public company, che attraggano i risparmiatori italiani ad investire sulle società stesse, aumentando la propensione del risparmiatore italiano a partecipare al capitale di rischio. Noi da questo punto di vista siamo in una situazione assolutamente arretrata rispetto a tutti gli altri Paesi europei. Il nostro sistema produttivo in questo momento soffre drammaticamente per il credit crunch per tante ragioni, la prima delle quali è che siamo un sistema «bancocentrico» come non ce n’è nessun altro in Europa. La situazione di sofferenza e l'esigenza di patrimonializzazione delle banche si riflettono nel fenomeno della mancanza di credito per le imprese. Abbiamo bisogno di diversificare il risparmio, facendolo rivolgere verso altri impieghi, in modo tale che le imprese possano giovarsene, potendo avere capitale di rischio direttamente.
  Non c’è dubbio che la costruzione di grandi public company, molto stabili e molto solide, che possano anche giovarsi della garanzia sui servizi fondamentali dello Stato, come nel caso di Poste, è un elemento fondamentale in questo senso.
  Mi scuso se ho dedicato qualche minuto in più a questo argomento, ma, per come la vedo io, non è vero che facciamo Pag. 14tutto ciò soltanto per ridurre il volume globale del debito, anche se non nego affatto che la riduzione del volume globale del debito sia un obiettivo strategico in questo contesto.
  A tutte le domande sulle specifiche modalità che tentano di andare oltre quello che è fissato nell'atto del Governo che voi state esaminando, io francamente non sono in grado di rispondere, perché ci sono problemi di contesto e ci sono funzioni da svolgere da parte degli advisor a cui dobbiamo rivolgerci che sono cruciali, e ci sono scelte da compiere, che in questo momento non sono già compiute. Una volta che avremo approvato definitivamente il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui stiamo discutendo, potremo impegnarci nel resto.
  Per quello che riguarda la partecipazione dei lavoratori alle società, e in particolare a Poste, io non assegno obiettivi mitologici a questo tipo di meccanismo. Debbo dire subito che non considero che la partecipazione dei lavoratori debba esprimersi per forza attraverso la presenza dei rappresentanti dei lavoratori stessi nei consigli di amministrazione. Ci sono fior di forme di partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese, per esempio in Germania, che non prevedono la loro presenza nei consigli di amministrazione, anche se prevedono la presenza dei rappresentanti dei lavoratori nei consigli di sorveglianza per l'esercizio di attività di indirizzo sulle scelte strategiche. Ci sono forme di partecipazione agli utili, secondo me più adatte al nostro Paese, che non prevedono la presenza dei lavoratori nei consigli di amministrazione, ma un livello di confronto all'interno dell'azienda, magari di piccole dimensioni, più facile da realizzare in Italia che altrove.
  Mi scuso con tutti quelli di cui non ho potuto raccogliere le domande.

  DIEGO DE LORENZIS. Presidente se mi consente vorrei chiedere al Viceministro solo un chiarimento.

  PRESIDENTE. Onorevole De Lorenzis, purtroppo sono ripresi in questo istante i lavori in Assemblea che prevedono immediate votazioni. Ringrazio il Viceministro dell'economia e delle finanze Enrico Morando e dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.20.