XVII Legislatura

Commissioni Riunite (VIII e X)

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Venerdì 22 novembre 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Realacci Ermete , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA GREEN ECONOMY

Audizione di rappresentanti di ANCE.
Realacci Ermete , Presidente ... 3 
Massaro Nicola , Dirigente responsabile ufficio tecnologie, normative tecniche e qualità delle costruzioni di ANCE ... 3 
Realacci Ermete , Presidente ... 5 
Vallascas Andrea (M5S)  ... 6 
Crippa Davide (M5S)  ... 6 
Realacci Ermete , Presidente ... 7 
Massaro Nicola , Dirigente responsabile ufficio tecnologie, normative tecniche e qualità delle costruzioni ... 7 
Realacci Ermete , Presidente ... 8 
Crippa Davide (M5S)  ... 8 
Massaro Nicola , Dirigente responsabile ufficio tecnologie, normative tecniche e qualità delle costruzioni ... 8 
Realacci Ermete , Presidente ... 8 

Audizione di rappresentanti di Rete Imprese Italia:
Realacci Ermete , Presidente ... 8 
Campanile Tommaso , Responsabile Dipartimento Competitività e Ambiente CNA ... 8 
Realacci Ermete , Presidente ... 10 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 10 
Crippa Davide (M5S)  ... 11 
Realacci Ermete , Presidente ... 11 
Campanile Tommaso , Responsabile Dipartimento Competitività e Ambiente CNA ... 11 
Realacci Ermete , Presidente ... 11 

Audizione di rappresentanti di Greenpeace, Legambiente e WWF:
Realacci Ermete , Presidente ... 11 
Zanchini Eduardo , Vicepresidente Legambiente ... 11 
Realacci Ermete , Presidente ... 15 
Crippa Davide (M5S)  ... 15 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 16 
Petraroli Cosimo (M5S)  ... 16 
Realacci Ermete , Presidente ... 16 
Zanchini Eduardo , Vicepresidente Legambiente ... 16 
Realacci Ermete , Presidente ... 18 
Zanchini Eduardo , Vicepresidente Legambiente ... 18 
Realacci Ermete , Presidente ... 18 

Audizione di rappresentanti di CGIL e UGL:
Realacci Ermete , Presidente ... 18 
Di Martino Domenico , Responsabile Ambiente, Territorio e Cultura CGIL ... 18 
Cagliari Ivette , Segretario Confederale UGL ... 19 
Crippa Davide (M5S)  ... 21 
Cagliari Ivette , Segretario Confederale UGL ... 21 
Crippa Davide (M5S)  ... 22 
Cagliari Ivette , Segretario Confederale UGL ... 22 
Di Martino Domenico , Responsabile Ambiente, Territorio e Cultura CGIL ... 22 
Realacci Ermete , Presidente ... 22 
Di Martino Domenico , Responsabile Ambiente, Territorio e Cultura CGIL ... 22 
Realacci Ermete , Presidente ... 22 

Audizione di rappresentanti di Assorinnovabili:
Realacci Ermete , Presidente ... 22 
Simoni Giovanni , Vicepresidente Assorinnovabili ... 23 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 25 
Simoni Giovanni , Vicepresidente Assorinnovabili ... 25 
Realacci Ermete , Presidente ... 25 
Tortora Fabrizio , Vicepresidente assorinnovabili ... 25 
Realacci Ermete , Presidente ... 25 
Zaghi Andrea , Responsabile ufficio studi e relazioni esterne ... 25 
Simoni Giovanni , Vicepresidente Assorinnovabili ... 25 
Realacci Ermete , Presidente ... 25 
Simoni Giovanni , Vicepresidente Assorinnovabili ... 25 
Realacci Ermete , Presidente ... 26 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 26 
Zaghi Andrea , Responsabile ufficio studi e relazioni esterne ... 26 
Simoni Giovanni , Vicepresidente Assorinnovabili ... 26 
Realacci Ermete , Presidente ... 26 
Crippa Davide (M5S)  ... 26 
Realacci Ermete , Presidente ... 26 
Zaghi Andrea , Responsabile ufficio studi e relazioni esterne ... 26 
Simoni Giovanni , Vicepresidente Assorinnovabili ... 26 
Realacci Ermete , Presidente ... 27 
Simoni Giovanni , Vicepresidente Assorinnovabili ... 27 
Realacci Ermete , Presidente ... 27 
Simoni Giovanni , Vicepresidente Assorinnovabili ... 27 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 27 
Crippa Davide (M5S)  ... 27 
Realacci Ermete , Presidente ... 28 

Audizione di rappresentanti di Kyoto Club:
Realacci Ermete , Presidente ... 28 
Andreis Sergio , Direttore Kyoto Club ... 28 
Realacci Ermete , Presidente ... 29 
Andreis Sergio , Direttore Kyoto Club ... 29 
Realacci Ermete , Presidente ... 30 
Vallascas Andrea (M5S)  ... 30 
Realacci Ermete , Presidente ... 30 
Andreis Sergio , Direttore Kyoto Club ... 31 
Realacci Ermete , Presidente ... 31 

Audizione di rappresentanti di CISL e UIL:
Realacci Ermete , Presidente ... 31 
D'Ercole Giuseppe , Dipartimento industria CISL ... 31 
Realacci Ermete , Presidente ... 34 
Carcassi Paolo , Segretario confederale UIL ... 34 
Realacci Ermete , Presidente ... 35 
Carcassi Paolo , Segretario confederale UIL (fuori microfono) ... 36 
Realacci Ermete , Presidente ... 36 
Vallascas Andrea (M5S)  ... 36 
D'Ercole Giuseppe , Dipartimento industria CISL ... 37 
Carcassi Paolo , Segretario confederale UIL ... 37 
Realacci Ermete , Presidente ... 38 

Audizione di rappresentanti di Alleanza delle cooperative italiane:
Realacci Ermete , Presidente ... 38 
Mannino Vincenzo , Coordinatore Alleanza cooperative italiane – Segretario generale Confcooperative ... 38 
Rinaldi Giovanni , Ufficio innovazione energia ambiente – Legacoop ... 39 
Realacci Ermete , Presidente ... 41 
Rinaldi Giovanni , Ufficio innovazione energia ambiente – Legacoop ... 41 
Realacci Ermete , Presidente ... 41 
Rinaldi Giovanni , Ufficio innovazione energia ambiente – Legacoop ... 42 
Mannino Vincenzo , Coordinatore Alleanza cooperative italiane – Segretario generale Confcooperative ... 42 
Realacci Ermete , Presidente ... 43 

Audizione di rappresentanti di ANCI:
Realacci Ermete , Presidente ... 43 
La Volta Enzo , Assessore ambiente comune di Torino ... 43 
Realacci Ermete , Presidente ... 47 
Galdi Antonella , Responsabile Area ambiente ANCI ... 49 
Realacci Ermete , Presidente ... 50 
Galdi Antonella , Responsabile Area ambiente ANCI ... 50 
La Volta Enzo , Assessore ambiente comune di Torino ... 50 
Realacci Ermete , Presidente ... 50 

Audizione del prof. Angelo Riccaboni, Rettore dell'Università di Siena (Università coordinatrice per il Mediterraneo del progetto delle Nazioni Unite di una rete per la sostenibilità ambientale):
Realacci Ermete , Presidente ... 51 
Riccaboni Angelo , Rettore dell'Università di Siena ... 51 
Realacci Ermete , Presidente ... 52 
Riccaboni Angelo , Rettore dell'Università di Siena ... 52 
Realacci Ermete , Presidente ... 54

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ERMETE REALACCI

  La seduta comincia alle 10.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti di ANCE.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla green economy, l'audizione di rappresentanti di ANCE.
  Come avete visto dal programma, abbiamo un ciclo intenso di audizioni perché stiamo cercando di raccogliere il massimo di contributi per questa indagine conoscitiva, che viene effettuata in congiunta dalla Commissione ambiente territorio e dalla Commissione attività produttive della Camera.
  Anche a voi abbiamo chiesto di mandarci un abstract di cinque cartelle, che metteremo a disposizione di tutti i colleghi che non sono presenti e utilizzeremo nella stesura del rapporto finale, che contiamo di realizzare entro i primi mesi dell'anno prossimo, anno che l'Europa ha dedicato all'economia verde.
  Vi chiederei di contenere l'intervento in dieci o dodici minuti, per lasciare spazio a eventuali chiarimenti. Do quindi la parola a Nicola Massaro, dirigente responsabile dell'Ufficio tecnologie, normative tecniche e qualità delle costruzioni di ANCE.

  NICOLA MASSARO, Dirigente responsabile ufficio tecnologie, normative tecniche e qualità delle costruzioni di ANCE. Buongiorno a tutti. Conterrò sicuramente l'intervento nei tempi indicati, perché tutti gli approfondimenti sono nel documento che lasciamo agli atti.
  Per quanto riguarda il settore delle costruzioni, comincio da qui giacché, se è vero che la green economy riguarda tutti i settori dell'economia, gli ambiti di intervento principali per noi sono quelli riferiti all'energia e all'uso dei materiali.
  Da questo punto di vista, non cito tutto l'evolversi della normativa europea e delle comunicazioni europee sulla materia, che hanno evidenziato l'importanza dell'edilizia nell'ambito della green economy. Anche fra i famosi sei lead market individuati ormai qualche anno fa in ambito europeo, uno era proprio l'edilizia sostenibile, con pesanti ricadute anche in senso occupazionale.
  Per quanto riguarda le potenzialità per il settore delle costruzioni nell'ambito della green economy, nel nostro documento abbiamo individuato tre macrosettori: quello delle nuove costruzioni, quello del patrimonio edilizio esistente e quello della città in senso lato.
  Per le nuove costruzioni, per quanto riguarda l'aspetto energia c’è la direttiva recepita l'estate scorsa, che prevede edifici a energia quasi zero dal 2020. Attendiamo quindi i decreti attuativi, che stabiliranno le regole tecniche per definire il livello di «energia quasi zero» e quindi dare questo riconoscimento ai nuovi edifici.
  Si potrebbe prevedere qualche meccanismo per favorire, incentivare, premiare Pag. 4chi anticipa nella realizzazione il raggiungimento di questo ambizioso obiettivo. Questo nell'ottica di non forzare, perché sono materie complesse, che possono creare problemi nelle realizzazioni, però un incentivo a chi è più bravo o vuol far meglio, quindi stimolare la ricerca e l'applicazione, potrebbe accelerare l'avvicinamento a questo obiettivo dell'energia quasi zero.
  Nel contempo, è necessario affrontare il discorso materiali, perché poi non è solamente questione di energia, ma anche di materiali. Dobbiamo cercare di limitare l'uso di materie prime naturali, quindi non solo quelle energetiche, ma anche i materiali da costruzione, e da questo punto di vista bisognerebbe cercare di spingere con politiche sia normative che incentivanti l'uso di materiali derivanti da riciclo.
  In questo modo non solo si riduce il consumo di materia prima, ma spesso si riduce anche il consumo di energia, perché le fasi di trasformazione di questi prodotti spesso sono molto energivore, quindi riutilizzare materiali che hanno già consumato energia nella prima fase di produzione aiuta entrambe le finalità, risparmio di energia e di materia prima.
  Questo si applica anche nel Green public procurement, gli appalti verdi pubblici. Già esiste una previsione del 30 per cento di materia riciclata negli appalti pubblici di qualsiasi settore, ma sulla parte edilizia questo ha qualche caratteristica diversa da quello che può essere l'uso di carta riciclata anziché altri materiali, e anche in questo caso mancano normative specifiche di riferimento per questi materiali, considerando che non sempre è possibile utilizzare materiale da riciclo, in quanto non si può importare da grandi distanze, ma il bacino è a livello provinciale. Esiste quindi anche il problema che non sempre si può fare, pur volendolo, perché, se localmente non c’è materiale da riciclare, da un punto di vista ambientale sarebbe sbagliato importarlo da altre zone.
  È opportuno quindi completare la normativa sempre considerando che il settore edilizio ha particolarità diverse da altri settori, quindi si devono fare normative applicabili. Prevedere sia per il pubblico che per il privato qualche forma di incentivazione all'utilizzo di materiali riciclati può favorire una crescita culturale, perché spesso un fattore di non utilizzo di materiali riciclati è la scarsa conoscenza di questi aspetti nella filiera dei tecnici che lavorano in questo settore.
  Sarebbe quindi opportuno prevedere qualche forma di aggiornamento professionale e di approfondimento su queste materie dalle maestranze che operano in cantiere ai tecnici e ai progettisti, perché altrimenti per assurdo possiamo trovarci ad avere i materiali da utilizzare, ma a non poterli utilizzare perché il progettista non li prescrive nella maniera corretta. Servono quindi forme di diffusione di cultura in questo settore.
  Sul patrimonio edilizio esistente si parte di sicuro dagli incentivi fiscali del 55 e oggi 65 per cento per la parte energetica, di sicuro una misura che va consolidata e rafforzata nell'efficacia, ritarandola in maniera da aumentare il rapporto costi/benefici rispetto all'investimento, quindi in termini di risultati i ottenuti come risparmio energetico, visto che in questi anni alcune forme incentivate da questo provvedimento non hanno dato risultati di altissimo livello in termini energetici.
  È sicuramente l'ambito maggiore di intervento, perché, a parte questo periodo di particolare crisi, la nuova edilizia è comunque una frazione molto marginale rispetto al patrimonio esistente, che consuma mediamente tre o quattro volte più degli edifici che oggi costruiamo, per non parlare degli edifici a energia quasi zero.
  Anche da questo punto di vista andrebbero studiate, come peraltro prevede la direttiva, delle forme per incrementare il numero di edifici a energia quasi zero. Ovviamente non si parla di nuovi, perché quelli saranno a energia quasi zero, ma si pensa di intervenire sull'esistente, quindi definire un pacchetto di norme ad hoc sull'esistente e cosa possa significare un edificio a energia quasi zero esistente, che ovviamente non potrà quasi mai avere la prestazione di uno nuovo.Pag. 5
  Il discorso degli incentivi (detrazioni fiscali) è quindi assolutamente da confermare e in qualche modo rafforzare come strumento. Peraltro quel tipo di incentivi aveva impatto sulle famiglie, ma in questi anni abbiamo visto che è stato difficile applicarlo nell'edilizia residenziale pubblica, nei condomini, ovvero in edifici non abitati direttamente dal proprietario.
  Ci sono però altri strumenti che nel tempo sono stati messi a punto, come il Fondo rotativo di Kyoto, però soprattutto nell'ultima versione non hanno dato i risultati attesi, anzi hanno limitato l'applicazione stessa del fondo rotativo, complicato le regole applicative e soprattutto aumentato la taglia e previsto forme di applicazione che hanno allontanato la possibilità di utilizzarli nei casi in cui il 55/65 per cento non era appetibile da parte dei proprietari.
  Anche queste forme di incentivazione devono quindi essere riviste in quest'ottica, per aumentarne l'efficacia. Non dimentichiamo che c’è l'esempio – forse non completamente riproducibile – dei Green Deal inglesi, che potrebbe essere una forma da studiare come applicazione italiana, che ovviamente ha caratteristiche differenti in termini non solo di caratteristiche di edifici, ma anche di tipologia.
  Lì molto si applica sulla classica casa inglese cielo terra a schiera, dove il singolo può intervenire completamente, mentre da noi si parla molto di più di condomini, però il meccanismo potrebbe avere la sua funzione anche in Italia.
  Il terzo ambito in cui si può intervenire è quello della città in senso lato. Ormai si parla sempre di Smart City, termine che racchiude un po’ tutto al suo interno, e di sicuro c’è tutta la parte energetica, che va dagli edifici ai trasporti, ai sistemi di comunicazione.
  Andrebbe posta molta attenzione su come favorire e sviluppare il mercato della sostituzione edilizia, perché ci sono singoli edifici e a volte interi quartieri che ormai hanno perso la loro funzionalità: sono energeticamente scadenti, non sono sicuri da un punto di vista sismico, presentano barriere architettoniche difficilmente eliminabili, quindi ormai non assolvono più alla funzione dell'abitare per come oggi la si intende, per come oggi qualunque cittadino si aspetta di avere come abitazione.
  Andiamo quindi sull'intervento a più larga scala, e qui bisogna cercare di favorire questi meccanismi di sostituzione urbana anche con interventi nelle ex aree industriali, che ormai in molte città sono zone centrali, interne alla città e che bisogna cercare di recuperare. Il tema del recupero di queste aree e delle bonifiche conseguenti va visto nell'ottica di rivedere anche le normative esistenti da applicare in quel caso, renderle chiare e univoche, non dare adito a interpretazioni strane o scorrette, in modo tale che gli operatori possano preventivare correttamente i costi di questi interventi e poi realizzarli.
  Servirebbe comunque una nuova legge quadro sul governo del territorio da affiancare a questa politica di riqualificazione urbana con la previsione di qualche forma premiale incentivante anche dal punto di vista fiscale. Ci sono poi gli interventi sul patrimonio scolastico, settore di cui si parla da tempo in quanto abbiamo edifici scolastici di più di cento anni di vita che necessitano di un radicale intervento.
  Questi sono dunque gli ambiti di intervento, ma tutte queste iniziative hanno un costo. Vogliamo solamente sottolineare l'importanza di preventivare opportunamente i nuovi fondi europei 2014-2020, che sono in fase di definizione, così da dare spazio alle Regioni per poter usare questi fondi per queste finalità.

  PRESIDENTE. Grazie. È stata molto interessante anche la conclusione sui fondi. Dall'audizione del Ministro Trigilia è emersa la presenza di una quantità di risorse non spese, ma anche riorientabili. Senza cedere a idee bizzarre che poi non si realizzano, ma orientandole su questi terreni possono effettivamente fare la differenza, perché le risorse in gioco sono molto rilevanti nei prossimi anni.
  Lei accennava all'azione culturale, di cui però voi vi occupate, perché nella drammatica crisi dell'edilizia basta vedere Pag. 6quanto vale il settore della manutenzione e quanto quello del nuovo costruito per comprendere che c’è stato un passaggio del testimone fra nuove costruzioni e manutenzione del patrimonio esistente. Questa azione anche di qualificazione del tessuto produttivo, che in parte è favorita da meccanismi come l'ecobonus, deve venire anche dai soggetti in campo, come anche un'azione nei confronti dei cittadini, perché questo spinge ad agire sulle case.
  Trovo ridicolo, ad esempio, che ci stiamo accapigliando sull'IMU sulla prima casa, che l'anno scorso valeva in media 235 euro, quando invece fra una casa costruita bene e una casa costruita male c’è una differenza in termini di bolletta energetica che vale 1.500 euro, ma questa comunicazione semplice deve essere fatta anche da chi può guadagnare dall'abbattimento di quella bolletta. Qui forse l'ANCE, come soggetto organizzato collettivo, potrebbe svolgere una funzione più forte.
  Demolizione e ricostruzione degli edifici esistenti: è vero, in Italia si fa poco, mentre bisogna favorirla e bisogna capire con quali regole; ma, mi chiedo, quanto questo sia legato anche al fatto che la proprietà delle case da noi è molto parcellizzata (all'estero si fa sicuramente molto di più, e questo è un vantaggio in termini di qualità urbana e ambientale, perché, al di là degli obiettivi dell'Unione europea del consumo quasi zero e anche del piano di azione sull'edilizia esistente che l'Italia deve presentare entro marzo del prossimo anno per l'abbattimento dei consumi energetici), mentre all'estero le proprietà sono più concentrate e non è come da noi che bisogna mettere d'accordo ogni volta un intero condominio. Vorrei sapere quindi se abbiate fatto una valutazione su questo aspetto.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  ANDREA VALLASCAS. Signor presidente, mi ha parzialmente rubato la domanda sulla demolizione e ricostruzione, perché vorrei capire se per l'ANCE sia solo una questione culturale o anche economica e dove si possa intervenire, perché sappiamo che la ricostruzione garantisce miglioramenti non soltanto energetici, ma anche di sicurezza, rendendo antisismici gli edifici.
  Inoltre, sul tema del riutilizzo dei materiali, che è abbastanza complesso, so che la normativa di settore lo prevede però è difficile anche capire chi possa fare il riciclo dei materiali, con quali macchinari e quali materiali riutilizzare. Vorrei quindi sapere se avete qualche proposta per facilitare il riutilizzo dei materiali e come questi possano essere utilizzati.

  DAVIDE CRIPPA. Ho potuto ascoltare solo l'ultima parte dell'intervento, ma ho letto al volo l’executive summary.
  Nutro la medesima perplessità del presidente Realacci sull'esigenza di spingere la cultura dell'imprenditorialità edile verso una transizione, perché, avendo affermato giustamente in premessa che ogni modello di sviluppo basato sulle fonti energetiche di origine fossile è divenuto insostenibile, vedo il pannello in poliuretano espanso anche in termini di efficienza energetica, quindi questo concetto di riqualificazione è purtroppo strettamente vincolato ai costi a materiali di origine fossile. Oggi, quando un imprenditore edile parla di isolamento, mi propone come prima soluzione questa priorità, poi dopo eventualmente ci sono gli altri ma con la specifica che costano circa il 20 o 30 per cento in più.
  Il retaggio culturale deve partire in primis dagli operatori, quindi bisogna crederci veramente, perché anche l'obiettivo di edifici a energia quasi zero sembra molto complicato, e l'installazione di un chilowatt a fotovoltaico sulle nuove costruzioni oggi prevista è stata accolta dagli operatori come un ennesimo aggravio e come qualcosa di invendibile sul mercato, come un plus che il cittadino non è ancora in grado di apprezzare.
  Questo mi spinge a chiedere una maggiore attenzione da parte vostra sulle capacità realizzative e sulla propaganda nella vendita. Quando vedo degli edifici in classe energetica A+ e guardo lo spessore Pag. 7dell'isolante, mi capita spesso di pensare che c’è qualcosa che non torna. Come tecnici ci assumiamo anche le colpe, nel senso che qualcuno ovviamente accetta questi compromessi senza tenere in considerazione che oggi una classe A+ può derivare soltanto da standard molto vincolati.
  Bisogna quindi evitare di drogare il mercato in vendita, quando tra qualche anno qualcuno potrà dire che un edificio in classe A+ non consuma sotto i 10 chilowattora al metro quadro, mentre l'edificio che ha acquistato consuma 25-30 chilowattora al metro quadro, perché tra qualche anno qualcuno farà i conti di gestione di queste vendite.
  Per quanto riguarda la formazione, vedo una vasta apertura quindi verso i ring job e verso la formazione in tal senso, però ricordo che qualche tempo fa, quando c’è stato il corso obbligatorio per addetto alle rinnovabili e quindi chi installava impianti fotovoltaici doveva aggiornarsi in questo modo, questo non è stato visto di buon occhio dagli operatori, che anzi l'hanno considerato l'ennesimo aggravio di formazione (perché purtroppo quando facciamo questa scelta parte il business della formazione). Sarebbe quindi importante riuscire a distinguere il business dalla necessità culturale di aggiornamento.

  PRESIDENTE. Premesso che sarà gradita ulteriore documentazione, do la parola gli auditi per una breve replica.

  NICOLA MASSARO, Dirigente responsabile ufficio tecnologie, normative tecniche e qualità delle costruzioni. Cercherò di essere telegrafico anche se gli argomenti sono talmente interessanti che servirebbe almeno un'ora.
  Per quanto concerne la sensibilizzazione culturale e la formazione, ricordo la prima direttiva sull'efficienza energetica in edilizia, quella recepita con il decreto legislativo n. 192 del 2005 in Italia, che stanziava non ricordo quanti milioni di euro per fare comunicazione istituzionale. A quanto so, non sono mai stati spesi, e ci eravamo chiesti se farla noi, però dovete anche comprendere che una comunicazione fatta su questo argomento dal costruttore può essere vista anche in maniera non corretta dall'utente, come pubblicità di una casa migliore dal punto di vista energetico però pro domo sua.
  Visto che la legge prevedeva che la facesse il Governo, ci sembrava anche più corretto, anche se eravamo ovviamente disponibili a supportarla e fare la nostra parte, anche perché poi le nostre imprese nel frattempo si sono attrezzate e quelle migliori si occupano della comunicazione con il potenziale cliente, perché nella pubblicità immobiliare è obbligatorio anticipare in fase di costruzione quale sarà la classe raggiunta.
  Sono solito andare in incognito a effettuare delle verifiche per capire il livello dei contenuti pubblicitari e vorrei dire che mentre fino a qualche anno fa la pubblicità immobiliare era basata su requisiti di qualità che andavano dalla vasca idromassaggio a cose di questo tipo, oggi è stato fatto un salto di qualità e anche i venditori cominciano a essere formati su questo aspetto dell'efficienza energetica, pur non essendo dei tecnici.
  Lei diceva di nutrire sospetti su quella classe A + e noi abbiamo più volte sollevato la questione e proposto anche emendamenti, perché l'applicazione della normativa sulla classificazione energetica è a macchia di leopardo, perché ogni Regione ha fatto come ha creduto, quindi lo stesso edificio al confine tra due regioni ha due classi diverse.
  Anche per determinare la classe c’è il fabbisogno intrinseco dell'edificio e poi c’è la parte di rinnovabili, quindi bisogna vedere come vengono combinate, argomento ancora aperto anche a livello europeo. Oltre a una normativa nazionale unica, avevamo chiesto almeno per le classi migliori, la A e la A+, una qualità nella certificazione.
  Per le classi inferiori (da «C» in giù) è infatti sufficiente un tecnico qualunque che si assume le responsabilità nel farla, perché, anche se dovesse sbagliare, non andrebbe a inficiare il mercato.Pag. 8
  Sulla classi A e A+, invece, si combatte la partita di mercato, per cui chiedevamo semplicemente che si operasse in regime di qualità, quindi con un soggetto che operasse sotto controllo di Accredia. Abbiamo l'Ente unico di accreditamento e, come si fa per le certificazioni di sistema, c’è una serie di professioni che ha questo tipo di certificazione.
  Senza quindi sconvolgere certi settori professionali, almeno per queste classi vorremmo avere un minimo di certezza che il soggetto che firma l'attestato una volta all'anno venga controllato, anche se in maniera casuale tra le cento pratiche che ha fatto. Oggi, invece, molte Regioni hanno l'Albo dei certificatori ma, una volta iscritti, sono sicuri che non verranno mai controllati.

  PRESIDENTE. Grazie. Se su questo punto avete una proposta anche con caratteristiche emendative, si può valutare se qualche provvedimento di quelli che passano in Parlamento si presti a introdurla, perché la qualità delle certificazioni in questo come in altri campi è un nodo centrale.

  DAVIDE CRIPPA. In questo caso, a mio avviso, la proposta dovrebbe essere simile a quella del Trentino o del Sud Tirolo, quindi che ci sia un ente di certificazione come «Casa Clima», che abbia regole ferree e precise, con obblighi di frequenza in cantiere, obblighi durante la costruzione di presenza di report da consegnare, per cui quella del certificatore diventa una professione vera e propria, nel senso che oggi purtroppo le certificazioni energetiche sono a 100 euro, per cui il problema è che i controlli sono a carico dell'ente regionale.
  Si invia la segnalazione all'Ordine professionale, ma il problema è che il certificatore oggi può non essere iscritto all'Ordine, quindi c’è una disparità di trattamento. Aspettiamo quindi con ansia una vostra proposta.

  NICOLA MASSARO, Dirigente responsabile ufficio tecnologie, normative tecniche e qualità delle costruzioni. Come anche sugli altri argomenti su cui non sono riuscito a dare una risposta.

  PRESIDENTE. Grazie. Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di Rete Imprese Italia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla green economy, l'audizione di rappresentanti di Rete Imprese Italia.
  Poiché stiamo realizzando una fitta serie di audizioni e il tempo è limitato, vi abbiamo chiesto un documento sintetico da distribuire a tutti i parlamentari, perché questa è un'indagine conoscitiva che viene fatta in congiunta fra Commissione ambiente e territorio e Commissione attività produttive della Camera.
  Questo ciclo di audizioni è preliminare alla stesura finale del rapporto, che avverrà nei primi mesi dell'anno prossimo, anno dell'economia verde per l'Europa, per cui il nostro obiettivo è trovare una risposta alla crisi che sia basata su questo e magari provare a orientare il semestre di Presidenza italiana dell'Unione europea in questa direzione.
  Avete al massimo un quarto d'ora per esprimere i vostri desiderata, per lasciare spazio a uno scambio di opinioni informale, ma ovviamente rimaniamo a vostra disposizione qualora vogliate inviarci altro materiale prima che l'indagine entri nella fase proprio della stesura del documento finale sulla base anche magari delle suggestioni che verranno dal confronto.
  Do quindi la parola al dottor Campanile, Responsabile Dipartimento Competitività e Ambiente del CNA.

  TOMMASO CAMPANILE, Responsabile Dipartimento Competitività e Ambiente CNA. Sono presenti oggi, collettivamente come Rete Imprese Italia, la Federazione delle organizzazioni CNA, Confartigianato, Casartigiani, Confcommercio e Confesercenti. Vi ringraziamo per questa audizione. Pag. 9Ci sembra di buon auspicio che la Camera, anche a Commissioni riunite, svolga un'indagine approfondita su questi temi, perché riteniamo che sia giunto il momento di entrare più nel merito delle politiche che rappresentano già in altri Paesi, soprattutto a livello comunitario, il cuore delle iniziative politiche dell'Unione europea.
  Rete Imprese Italia ha condiviso già da tempo la strategia dello sviluppo sostenibile, all'interno della quale sostiene, porta avanti e condivide le indicazioni e le opinioni sullo sviluppo di un nuovo modello economico più sostenibile, che sia più orientato alla crescita ecologicamente, socialmente ed economicamente compatibile.
  Oggi, questa denominazione di Green economy configura la parte economica dello sviluppo sostenibile ed è a nostro avviso il modello su cui bisogna orientare l'economia per poter uscire dalla crisi.
  Nel documento abbiamo prodotto dati e citato alcuni esempi che dimostrano come anche in questi anni di crisi i settori considerati più promettenti e più green abbiano retto l'economia del Paese, ed è su questi settori e attività che abbiamo potuto immaginare che il nuovo sviluppo si manifesti anche in controtendenza alla situazione attuale, accompagnando queste imprese e questi settori in una nuova stagione economica per far crescere la loro competitività e capacità di fare occupazione e stare sui mercati nazionali e internazionali.
  Negli esempi che abbiamo portato sicuramente al primo posto c’è quello dell'efficienza energetica e delle fonti rinnovabili che hanno prodotto in Italia oltre 500.000 impianti, ma hanno mantenuto anche l'occupazione inoltre in 100.000 piccole e micro imprese. Non c’è stato dunque un beneficio solo sul piano della produzione di energia da fonti alternative e quindi della sottrazione del nostro Paese dall'eccessiva dipendenza dai mercati dei prodotti fossili, ma c’è stato anche un apporto di ricchezza e di occupazione senza precedenti nel nostro Paese.
  Altrettanto si può dire in edilizia, dove in un periodo di profonda crisi in cui le 650.000 piccole e medie imprese dell'edilizia, che hanno sofferto la crisi che tutti conosciamo, hanno avuto negli interventi di efficienza e di riqualificazione energetica e di ristrutturazione degli immobili un polo di sviluppo, anche lì in controtendenza con la crisi.
  Abbiamo portato altri esempi relativi alle manifatture, che sono state assolutamente importanti, a cominciare dalle attività legate al riciclo dei rifiuti e al recupero dei materiali. Abbiamo registrato la presenza nel Paese, solo nel settore del recupero e del riciclo delle materie plastiche, di oltre 300 piccole e medie imprese, che sommano oltre 2.000 dipendenti e producono già 700.000 tonnellate di prodotti riciclati, cioè 700.000 tonnellate di prodotti in meno che dovrebbero essere importati, evitando per altro un'importazione, che fino a poco tempo fa veniva fatta, di prodotti riciclati dai Paesi asiatici non connotati né da garanzie igieniche, né da atossicità degli stessi prodotti. Cito per tutti il recente sequestro di container carichi di biberon cinesi tossici, perché fatti con materiali riciclato tossico.
  Tali esempi dimostrano come la green economy possa portare al cambiamento. Noi riteniamo che la green economy non definisca settori, ma sia un modello di sviluppo complessivo, che tende al cambiamento e a valorizzare le capacità e le qualità più specifiche delle nostre imprese, soprattutto delle piccole e micro imprese, dell'artigianato, del commercio, del terziario, del turismo, che sono quelle che fanno la ricchezza del Paese.
  Le cose che vorremmo sottolineare partono però da un presupposto: questo cambiamento si può ottenere solo se si accompagna con misure di contesto che appartengono all'azione del Governo e del Parlamento, misure di contesto che partono dall'esigenza di garantire un ambito di legalità, che è la prima condizione per sviluppare le imprese nel Paese, per sviluppare l'economia a livello locale e per stimolare anche possibili investimenti esteri nel nostro Paese.Pag. 10
  Oltre questo, ovviamente, ci sono alcune misure che a nostro avviso diventano prioritarie. La prima è quella di recuperare un percorso di ricostruzione del sistema fiscale italiano che, spostando il peso fiscale dal lavoro al patrimonio e al consumo dei prodotti e dei materiali più inquinanti, possa riequilibrare in favore delle attività della green economy la competitività delle imprese, ridistribuendo i carichi fiscali, applicando il principio europeo «chi inquina paga» e spostando il carico fiscale per esempio anche sul consumo del suolo e delle risorse del sottosuolo, favorendo, infine, la produzione da materiali riciclati.
  Occorrerebbe inoltre invertire la tendenza che da oltre un decennio è volta a utilizzare la bolletta elettrica come uno strumento improprio di prelievo, per il sostegno di politiche di sviluppo industriale quali sicuramente le fonti rinnovabili, spostando anche queste voci sulla fiscalità generale.
  Oltre all'aspetto fiscale, le misure di rilancio dell'economia devono prevedere investimenti per infrastrutturare il Paese. Le infrastrutture materiali, di cui siamo carenti, il recupero e la salvaguardia del territorio diventano una condizione assolutamente importante. I casi di emergenza da calamità naturali (l'ultimo caso è quello dell'alluvione in Sardegna) sono ormai due o tre all'anno e investono territori assolutamente importanti del nostro Paese, dove le economie affondano nelle melme e nell'acqua.
  Il recupero del territorio rappresenta una condizione importante, come anche la bonifica degli stessi territori dove si sono sviluppati o si stanno sviluppando poli industriali e produttivi che possono aiutare l'Italia a uscire dalla crisi.
  Ci sono delle priorità che riguardano alcuni fattori necessari per l'impresa, a cominciare dai costi relativi agli apporti energetici, e qui vorremmo dire che bisogna rilanciare una politica di generazione diffusa di energia con un sistema di incentivazione che premi l'autoproduzione soprattutto per i piccoli impianti e per le piccole imprese sia nel fotovoltaico, sia con le altre forme di produzione di energia (cogenerazione e trigenerazione).
  Non ribadisco l'esigenza di superare il SISTRI, ma evidenzio la necessità di individuare misure che favoriscano l'utilizzo dei rifiuti sul territorio nazionale e promuovere misure che determinino l'attuazione del principio comunitario di prossimità per le attività di gestione degli stessi rifiuti. Può risultare marginale, ma in Italia si producono tanti rifiuti, che non sono quelli su cui ci si accapiglia (i rifiuti urbani per la raccolta differenziata che rappresenta solo il 27-28 per cento della produzione di rifiuti, ma rappresentano tutto il resto), che escono dall'Italia e prendono due strade, quella dell'illegalità e delle discariche africane o quella del riciclo nei Paesi asiatici.
  Questa enorme quantità di rifiuti potrebbe essere invece una voce importante dal punto di vista economico per le nostre attività e per le nostre imprese. Siamo convinti che ci sono misure che possono essere sposate per avvantaggiare il nostro territorio, le nostre economie locali, sulle quali fondiamo la nostra prospettiva di ritornare a crescere e a manifestare quella capacità di competere sui mercati che nelle piccole imprese si sostanzia su qualità e innovazione.

  PRESIDENTE. Grazie. Sapete che in particolare su alcune politiche quali gli incentivi sulle ristrutturazioni edilizie e sull’ecobonus c’è un'annosa battaglia che cerchiamo di rinverdire, e peraltro la prossima settimana avremo dei dati nuovi in materia, che vi faremo avere. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  ALBERTO ZOLEZZI. Vorrei chiedervi di mandarci la documentazione sull'esportazione di rifiuti, per avere qualche dato e qualche vostra considerazione in merito all'occupazione, perché ci sono settori come quello della carta in cui non riusciamo più ad avere una produzione nazionale, così come in molti altri settori in cui eravamo l'eccellenza.Pag. 11
  Con una valutazione globale forse potremmo spingere con la Commissione per valutare se abbia senso esportare rifiuti per poi reimpostare prodotti.

  DAVIDE CRIPPA. Nel vostro testo c’è un passaggio sui 20 miliardi di investimenti nel fotovoltaico per l'anno 2011-2012, che valgono in termini di entrate dello Stato 8 miliardi di euro. Si tratta di un dato molto importante e siccome voi siete tra i soggetti che la X Commissione ha intenzione di audire sulla Strategia energetica nazionale (SEN), io credo che questo è un punto che forse deve essere maggiormente ribadito anche da voi in primis.
  Passare dalla fiscalità pubblica alla fiscalità generale a carico del contribuente direttamente in bolletta oppure in fiscalità generale è molto importante anche per portare finalmente tutti a ragionare sul fatto che questi finanziamenti possano essere un volano di ritorno.
  Il dato aggregato è 6,7 miliardi di euro ad oggi dal primo conto energia sul fotovoltaico, per cui sarebbe opportuno capire a quanto equivalgano gli 8 miliardi di entrata fiscale nel 2011-2012 se avessimo trasferito nella fiscalità generale quella parte di incentivo attribuito al fotovoltaico e fare la proporzione di quanto questo sia un ritorno di investimento da parte dello Stato, per capire se questo possa diventare un'opportunità.
  Si tratta di un dato che si può rapidamente estrapolare dal GSE, però vorrei sapere se questo potrebbe essere un canale per invogliare qualche altra parte politica a prenderne parte e coscienza.

  PRESIDENTE. Su alcune tematiche potete inviarci dei supplementi di contributi. Do la parola ai nostri auditi per la replica.

  TOMMASO CAMPANILE, Responsabile Dipartimento Competitività e Ambiente CNA. Lo possiamo fare anche perché abbiamo svolto alcune ricerche non molto tempo fa sia sull'esportazione dei rifiuti, sia sui ritorni dal punto di vista dello Stato degli investimenti fatti per le energie rinnovabili, quindi si tratta di riunirle e inviarle entro qualche giorno.

  PRESIDENTE. Perfetto. D'altro canto, anche in via informale quando il rapporto sarà in fase di stesura vi ricontatteremo perché cerchiamo di realizzare un lavoro serio, che serve anche a orientare le politiche.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di Greenpeace, Legambiente e WWF.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla green economy, l'audizione di rappresentanti di Greenpeace, Legambiente e WWF.
  Lo spazio doveva essere diviso fra le varie associazioni ma, visto che mancano gli altri, do la parola per una breve introduzione al Vicepresidente di Legambiente, Eduardo Zanchini.

  EDUARDO ZANCHINI, Vicepresidente Legambiente. Grazie, presidente. Non ho intenzione di occupare più di cinque minuti, ma mi impegno a mandare un documento scritto più ampio.
  Per far comprendere la visione di Legambiente rispetto al tema della green economy, ho portato una pubblicazione appena uscita, che non posso sintetizzare perché è un volume in libreria, Ambiente Italia 2013, in cui parliamo di green economy come chiave per il Paese per uscire dalla crisi e anzi immaginare un altro futuro. In questa pubblicazione, quindi, insieme a tutta una serie di contributi, c’è quella che noi riteniamo sia oggi la lettura più lungimirante della green economy per un Paese come l'Italia.
  Ho letto le osservazioni presentate ieri in audizione dal Coordinamento FREE, di cui Legambiente fa parte, per cui sulla parte energia sicuramente vale quanto detto, e credo che la Fondazione sviluppo sostenibile abbia anche svolto tutto il ragionamento portato avanti in queste settimane Pag. 12di preparazione degli Stati Generali della green economy, per cui non sono questi i temi che ritengo di dover affrontare.
  Vorremmo invece sottolineare per punti anzitutto che per noi la green economy non è uno dei filoni su cui può ripartire il Paese, in parallelo agli altri filoni tradizionali delle strutture produttive italiane. Nella crisi globale si conferma che, solo ripensando in questa chiave i settori tradizionali, l'Italia potrà avere un futuro. La green economy non è un pezzo di chimica che si associa in parallelo alla chimica tradizionale o qualcosa di innovativo nella siderurgia: è una chiave per ripensare l'intera chimica, la siderurgia, l'edilizia, l'agricoltura, e quindi qui sta il tema fondamentale di quelle che devono essere le nuove politiche.
  Se infatti non si immaginano nuove politiche, il rischio è che rimanga una nicchia crescente dentro dei settori che entreranno sempre più in crisi. Nell'edilizia e nella chimica sta succedendo proprio questo: cresce il pezzo della green economy mentre muore o si affievolisce quello tradizionale.
  Negli altri Paesi europei la green economy viene sentita riconvertendo e aiutando i settori tradizionali verso questa prospettiva di innovazione. Questa chiave aiuta l'Italia a trovare un posto nel mondo attraverso le sue capacità di innovare e di coniugare la bellezza con la capacità di invenzione, l'immaginazione e tutto quello che è il meglio del nostro Paese, e poi come risposta ai problemi.
  Questi sono per noi i temi su cui ragionare quando si guarda alla green economy e al modo in cui in Italia è fondamentale guardare. Per punti, cosa è fondamentale per uscire da questa situazione di crisi guardando alla green economy come una prospettiva complessiva di cambiamento che sta nel futuro del Paese, riconoscendola come un pezzo crescente anche se non ancora la chiave con cui si ripensa tutto il Paese ? Per noi, sono tre i punti fondamentali.
  Il primo, che può sembrare paradossale, ma per noi è centrale, è la legalità. Come abbiamo visto in questi anni e in questi giorni rispetto a settori in cui la green economy può essere una chiave per ripensare alcuni settori dell'economia italiana e per dare loro un futuro: sappiamo, ad esempio, quanto soffra l'alimentare italiano (pensiamo in questi giorni al tema della mozzarella di bufala), per cui la capacità di garantire sui territori la legalità e le bonifiche dei siti inquinati è fondamentale anche per dare una prospettiva a quelle imprese.
  Allo stesso modo, possiamo guardare al settore delle fonti rinnovabili. In questi anni gli attacchi contro l'eolico e il fotovoltaico (per cui qualcuno ha detto che ormai quei settori erano nelle mani delle mafie) sono derivati dal fatto che in intere regioni del Sud il controllo sul territorio da parte della criminalità organizzata e delle mafie permea tutti i settori produttivi. Nessuno dice che i supermercati sono mafia, mentre si dice che l'eolico è mafia, mentre molte città del Sud e della Sicilia notoriamente i supermercati come l'edilizia e tanti altri settori sono sotto il controllo della criminalità organizzata.
  Qui c’è quindi un tema fondamentale per dare spazio a nuove imprese o a imprese che si vogliono riconvertire, quindi la legalità è fondamentale per un Paese come l'Italia (basti pensare, come ultimo esempio al tema dei rifiuti e a quante sono le possibilità e le esperienze positive, che però al Sud faticano proprio per queste condizioni di pervasiva presenza della criminalità organizzata e di sistematica violazione della legalità).
  Il secondo tema è la fiscalità. Se vogliamo dare una prospettiva alla green economy nel nostro Paese, oggi possiamo uscire da una logica per cui, come si è fatto in questi anni, si parla solo di incentivi, ma bisogna ripensare complessivamente la fiscalità nel nostro Paese proprio a partire dalle questioni ambientali.
  Pensiamo a quanto oggi è possibile innovare nel nostro Paese nella gestione del ciclo del cemento e a quanto però rimane una nicchia, perché nel nostro Paese non ci sono oggi le condizioni, in Pag. 13termini di costi/benefici fiscali, per riorientare queste attività industriali verso l'uso di materiali riciclati provenienti dalle demolizioni (e si continua a privilegiare l'uso di materiale di origine naturale); perché, pensando agli appalti, in larga parte del Paese non si paga o si paga troppo poco per l'attività estrattiva e non ci sono controlli in materia.
  Negli altri Paesi europei in cui si arrivati al 90 per cento di riciclo degli inerti in edilizia ci sono delle tasse molto forti sull'attività estrattiva e invece dei vantaggi fiscali per chi interviene in questa direzione con l'uso di materiali riciclati.
  Lo stesso ragionamento si può fare sul consumo di suolo, e l'abbiamo fatto pochi mesi fa in questa Commissione rispetto al tema della tassazione del consumo di suolo, o si può fare sulle spiagge in una chiave realmente moderna, che non è quella della svendita del spiagge, ma quella di una tassazione incisiva e di un controllo trasparente sulle concessioni, così come sulle sorgenti di acque minerali.
  Spesso si parla della crisi del nuovo modello federalista dopo la riforma del Titolo V della Costituzione e della sua revisione, ma questi sono i temi concreti su cui ragionare, perché qui lo Stato deve recuperare un ruolo di controllo, di indirizzo, di indicazioni fiscali minime.
  Non è possibile che nel nostro Paese ci siano venti situazioni di canoni per le concessioni delle spiagge, per le concessioni delle cave, per gli oneri di urbanizzazione, per le acque minerali, perché in larga parte del Paese o non ci sono o non si paga, e allora questo stato di cose è un incentivo non alla green economy, ma all'economia più attenta al peso della criminalità organizzata o della speculazione.
  Sempre dentro al tema generale della fiscalità vi è poi un altro tema che è quello di spostare il peso della fiscalità sui consumi energetici di risorse, perché è così che si apre uno spazio trasparente alla green economy. Qui a nostro avviso ci sono dei sistemi di tassazione da introdurre rispetto al settore energetico, ad esempio, al parco degli autoveicoli, che sono fondamentali.
  Qui bisogna essere molto chiari, perché con il carico fiscale che c’è in Italia il problema si risolve introducendo non nuove tasse, ma una tassazione trasparente, legata all'emissione di CO2 e al consumo di risorse fossili. Consideriamo molto più efficace una carbon tax sulle centrali termoelettriche, riducendo invece la fiscalità sull'energia, che va a fiscalità generale ed è assolutamente non trasparente, così come si può fare sulle automobili sull'esempio di quello che si fa all'estero sul trasporto pesante delle merci su gomma: si riduce la fiscalità sugli autoveicoli, quella che non si riesce a comprendere come sia fatta, e invece si mette sulle parti dove c’è questo tipo di peso.
  Vi è infine il tema della tassazione dei beni e dei prodotti. Anche qui c’è bisogno di fare in modo che l'insieme delle tasse sui prodotti e sui beni (l'IVA, le accise, l'IMU, la TARES), quell'elenco sterminato, diventi trasparente e premi i comportamenti virtuosi e l'uso efficiente delle risorse.
  Esemplare è quanto è successo nel nostro Paese con le agevolazioni fiscali per gli interventi di ristrutturazione e di riqualificazione energetica degli edifici (i tradizionali 36 e 55 per cento): quando si dà un'indicazione di questo tipo si sposta un intero settore produttivo. Stessa cosa bisogna fare in altri settori, oltre ovviamente a confermare la detrazione del 55 per cento, tema su cui questa Commissione è intervenuta più volte, ma essere ancora più chiari nella distinzione fra i due tipi di interventi.
  La stessa cosa si può fare sui prodotti agricoli, che non sono tutti uguali, per cui il tipo di tassazioni, di fiscalità, di IVA, di accise può essere differente, così come sulle rinnovabili. Mi chiedo perché oggi le famiglie debbano pagare delle aliquote fiscali sul consumo che proviene da rinnovabili come su quello che proviene da fossili, quando invece all'estero si è intervenuti Pag. 14con detrazioni fiscali sull'IVA per l'energia comprata dal cittadino da fonti rinnovabili certificate.
  In questo modo si premiano le fonti rinnovabili non attraverso incentivi, ma attraverso il vantaggio che determina il fatto di non emettere CO2. Stessa cosa si è fatta in questi anni (e poi abbandonata) sugli abbonamenti dei mezzi pubblici, tema banale ma di grande popolarità. Qualche anno fa c'era una detrazione fiscale sugli abbonamenti dei mezzi pubblici, che ha permesso di recuperare per gli enti locali che gestivano le aziende pubbliche una parte di risorse che è scomparsa poco dopo. In quei pochi mesi abbiamo inoltre spostato una parte delle persone sui mezzi pubblici, perché potevano usufruire della detrazione. Sono questi i comportamenti e il tipo di beni e di prodotti verso i quali bisogna guardare per ripensare la tassazione.
  Chiudo su un argomento secondo noi fondamentale per dare una spinta alla green economy che passa per la legalità e per un fisco completamente ripensato proprio per indirizzare questo tipo di interventi anche come chiave per dare un futuro agli investimenti, non più dei vantaggi, ma una prospettiva che premi i comportamenti virtuosi. Per spostare, cioè anche tutte le aziende che sono su settori tradizionali (non bisogna creare per forza nuove imprese, ma bisogna riconvertire quelle esistenti): è questa la chiave più lungimirante che oggi in Europa si sta applicando.
  Il terzo tema è quello delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica in edilizia e nei consumi civili. Oggi siamo di fronte a possibilità di intervento di grande spessore, di grandi potenzialità, rispetto alle quali la chiave della green economy può aprire un campo di creazione di posti lavoro enorme. Finora, però, è mancata una visione: se pensiamo a come si è affrontato il tema delle fonti rinnovabili negli ultimi due anni, l'unico argomento che abbiamo sentito da parte del Governo come dell'Authority per l'energia era il peso troppo rilevante degli incentivi.
  Si è andati quindi continuando a intervenire per ridurre, fino a cancellare del tutto gli incentivi. Oggi sostanzialmente non ci sono più incentivi sul solare fotovoltaico, perché, come è noto, se si dovesse andare sulle detrazioni fiscali, bisognerebbe avere una base di reddito che in molta parte del Paese non c’è. Su tutto il resto c’è uno stop agli investimenti, perché non c’è uno scenario di intervento nei prossimi anni. Nell'edilizia si va di anno in anno con le detrazioni fiscali, mentre la chiave che permetterebbe di invertire la tendenza è quella di legare i due temi assieme e quindi scegliere per le fonti rinnovabili e per l'innovazione negli usi civili la chiave del premiare l'autoproduzione da fonti rinnovabili e la gestione delle reti elettriche e termiche con la vendita diretta dell'energia, argomenti di cui vi ha sicuramente parlato ieri il Coordinamento FREE, ma su cui bisogna avere il coraggio da parte di questo Paese di andare nei prossimi mesi, e dall'altra una grande scommessa sulla riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente.
  Entro aprile il Governo deve presentare la Strategia nazionale per l'efficienza energetica, in cui l'edilizia ha un peso fondamentale perché la direttiva 27/2012/UE chiarisce esattamente cosa ogni Paese deve fare e ci sono i fondi strutturali che hanno 7 miliardi di euro vincolati per questo tema dell'efficienza energetica. Ma il nostro Paese, se non cambia modello di intervento sull'efficienza energetica edilizia, rischia di perdere queste risorse.
  Tali risorse sono infatti nuove rispetto alla precedente programmazione dei fondi europei, per cui Regioni non sono attrezzate per capire in che modo spingere gli interventi e quindi bisogna inventarsi qualcosa di nuovo. Tra l'altro, come Legambiente abbiamo indirizzato alla Commissione ambiente un documento sul tema dell'efficienza energetica in edilizia, documento che abbiamo scritto insieme al Consiglio nazionale degli architetti proprio per far capire l'urgenza di un intervento in questa direzione.Pag. 15
  Tra i documenti che vi manderemo c’è anche un documento specifico sul tema dell'autoproduzione da fonti rinnovabili e di come si può spingere questo scenario praticamente a incentivi zero, ma solo muovendo i risparmi oggi possibili con il fatto che abbiamo un sistema energetico molto caro, quindi all'interno di questo modello l'intervento più intelligente è quello che porta innanzitutto a ridurre i consumi per produrre un risparmio vero per le famiglie e per le imprese.
  Noi riteniamo che questo Paese abbia enormi potenzialità nei prossimi anni, se sceglierà la strada della green economy, ma bisogna fare in modo che ci siano politiche nuove. Come ho detto per la fiscalità, per l'energia, per la legalità, cito un esempio un po’ paradossale: se si vuole dare un futuro al comparto manifatturiero nel nostro Paese, anche quello siderurgico e quello più pesante, un investimento che andrebbe fatto è quello di comprare treni.
  Anche questo è green economy, perché spinge un settore produttivo d'eccellenza, in quanto abbiamo alcune delle fabbriche di treni più grandi in Europa e, se si visitano gli impianti dell'Ansaldo Breda a Pistoia come in Calabria o in Emilia-Romagna, le fabbriche della Bombardier, della Siemens e dell'Alstom, si constata come in questo Paese ci siano ancora moltissimi posti di lavoro in questo campo. Il problema è che, se questo Paese non decide di comprare treni e investire sul trasporto pendolare, non darà mai un futuro a quelle fabbriche, che quindi verranno delocalizzate, perché altri Paesi in Europa e nel mondo stanno investendo in quella direzione.
  L'aspetto paradossale è che un'impresa come l'Ansaldo Breda oggi vive grazie ai treni che vende a Miami e nel Sud Est asiatico, perché in Italia sostanzialmente non riesce a vendere treni pendolari perché nessuno li compra, malgrado le promesse che vengono fatte. Anche questo è un modo di investire nella green economy, che per noi è anche rappresentata dalle grandi imprese metalmeccaniche e chimiche, che si devono ripensare e che possono garantire lavoro e benessere in questo Paese.

  PRESIDENTE. Grazie. Greenpeace ha mandato un suo contributo, mentre al WWF lo chiederemo. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  DAVIDE CRIPPA. Signor presidente, parto dall'ultima battuta sui treni anche per sollevare un paradosso: oggi Moretti si vanta della sua iniziativa di aver dato commesse nell'imprenditorialità anche alla costruzione di treni, peccato che si tratta esclusivamente di commesse di treni ad alta velocità.
  Mi è piaciuta, per questo, la precisazione «pendolari», perché ovviamente si passa da un paradosso, in quanto si tratta di tutto quello che noi oggi stiamo combattendo sull'alta velocità e la sua utilità sociale a discapito delle tratte dei pendolari e del loro rilancio. Bisogna quindi anche fissare bene i confini di queste tipologie di iniziative.
  Per quanto riguarda invece la premialità per alcuni interventi di efficienza energetica, dal mondo professionale ci viene spesso sollevata questa necessità, cioè il fatto che, se ho una casa di 100 metri quadri all'ultimo piano e ho a disposizione 2.000 euro, posso o cambiare due finestre e quindi fare un intervento su sei metri quadri di facciata o isolare completamente il sottotetto con la medesima cifra.
  Il fatto che nella fiscalità non si possa premiare l'intervento sul sottotetto, che porta a una riduzione di un 20 per cento del consumo energetico dello stesso edificio piuttosto che diminuire del 5, del 7 o dell'8 per cento quello delle componenti finestrate, è un problema. Il fatto che io oggi non riesca a discriminare se un intervento è qualificante o no, il fatto che alla fine per mettere i soldi nella detrazione stiamo lottando ogni anno perché mancano gli incentivi senza prevedere che questi investimenti debbono rispettare dei meccanismi di efficienza, ed è assurdo che Pag. 16non si riesca a discriminare secondo questo concetto.
  Vorrei sapere se abbiate avviato una riflessione in tal senso e abbiate qualcosa da suggerirci per introdurre meccanismi di premialità. Sono convinto che l'unico strumento possa essere quello di avere una diagnosi energetica chiara, con dei criteri di priorità degli interventi, ma alla fine siamo sempre in concorrenza con i prezzi e quindi se una diagnosi energetica oggi viene venduta a 150 euro difficilmente potrà essere puntuale nel discriminare questi aspetti.

  ALBERTO ZOLEZZI. Con alcuni colleghi della Commissione trasporti stiamo cercando di valutare l'impatto positivo di alcune trasformazioni di linee locali. Ho partecipato a una sorta di missione in cui abbiamo valutato la linea tra Parma e La Spezia, che tra l'altro era molto cara anche al Ministro Orlando e che creerebbe una coesione territoriale importante sia sul versante commerciale che su quello del movimento di persone per lavoro o per turismo.
  Credo che sia una cosa da spingere, perché per il raddoppio di una linea così, che a livello naturale è già esistente, occorre solo rifare due gallerie. Peraltro, pochi giorni fa, in Aula, dietro al Ministro Lupi è comparsa la bandiera No TAV, quindi chissà che...

  COSIMO PETRAROLI. Vorrei porre una domanda per colmare un mio gap di informazione. Vorrei chiedervi di approfondire il discorso per cui in Italia è possibile vendere energia termica direttamente dal produttore al consumatore, però non quella elettrica, perché bisogna passare attraverso la rete e quindi pagare tutti gli oneri di sistema.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, vorrei sottolineare la questione posta dall'onorevole Petraroli. Su questo tema, infatti, al di là del contenuto del documento finale dell'indagine sulla green economy, sarebbe opportuno introdurre misure e strumenti, anche di tipo normativo, che amplino le maglie dello scambio in loco, che mi sembra la via più efficace per promuovere le rinnovabili.
  Lì c’è un'obiezione, che è quella sollevata dall'onorevole Petraroli e ha un suo fondamento: siccome lo scambio in loco è sottratto agli oneri di sistema e gli oneri di sistema sono obiettivamente significativi in Italia, perché c’è tutto il pregresso delle rinnovabili, vorrei capire se ci sia stata una riflessione su come costruire un passaggio normativo che da un lato allarghi le maglie e quindi consenta quello come terreno privilegiato di espansione delle rinnovabili in Italia e di decentramento, dall'altro risponda a questa obiezione, sollevata da chi in realtà non vuole l'espansione dello scambio in loco perché vuole continuare a fare altro.
  Se infatti si aumentasse di un 10 per cento l'energia prodotta con lo scambio in loco, avremmo il problema che sul resto dei consumi energetici viene a gravare una quota aggiuntiva non irrilevante di oneri di sistema. Vorrei sapere quindi se questo ragionamento che Legambiente da tempo propone abbia dato origine a qualche proposta, perché magari possiamo provare ad allargare quelle maglie.
  Do la parola al Vicepresidente di Legambiente, Eduardo Zanchini, per la replica.

  EDUARDO ZANCHINI, Vicepresidente Legambiente. Provo a rispondere velocemente sui tre temi. Il primo sui pendolari e sull'Alta velocità: in realtà oggi siamo in una situazione paradossale, per cui Trenitalia e le Ferrovie dello Stato sono sicuramente responsabili, però dobbiamo anche capire che i pendolari, le città e tutti noi soffriamo la mancanza di un governo di questo sistema, perché nessuno ha mai controllato cosa facesse Trenitalia.
  Penso che Moretti abbia delle grandi responsabilità, però in questi anni è riuscito a tenere in piedi quell'azienda con i guadagni dell'Alta velocità, che ha, da un lato, reinvestito in più treni per l'Alta velocità, dall'altro nell'abbassare i costi del servizio di quei treni, mettendo anche in crisi Italo e quindi la concorrenza.Pag. 17
  Il problema è che, siccome quei treni non sono a contratto di servizio, quindi per le varie Frecce non prende un euro, in teoria lo può fare, se qualcuno non gli dice di no o gli dice dove mettere questi treni, quindi il problema è nel Ministero delle infrastrutture.
  Negli investimenti per i pendolari il tema vero è perché non si controlli realmente gli investimenti da parte delle Regioni e di Trenitalia rispetto al bilancio complessivo. In questi anni nessuno l'ha mai fatto, e noi come Legambiente a dicembre faremo la nostra tradizionale campagna pendolari in cui mostreremo tutti questi dati sui ritardi negli investimenti e la differenza tra regioni. In alcune regioni, infatti, gli investimenti sono stati fatti e qualcosa si vede, nelle altre l'assenza totale di una politica sta creando dei disastri, di cui è chiaro che Trenitalia è il primo responsabile perché non ha messo le risorse ma, se ha un credito nei confronti della Regione Campania di alcune centinaia di milioni di euro, che in quella regione viaggino ancora i treni è un miracolo che si ripaga con le Frecce.
  È questo il paradosso per cui Moretti può farsi bello di questa situazione, perché nessuno controlla quello che sta succedendo con bilanci separati e trasparenti per mettere in evidenza se gli investimenti siano stati fatti sul serio.
  Il rischio è che nei prossimi anni ci saranno investimenti per i pendolari in Emilia-Romagna, in Lombardia, forse in Toscana, e nel resto d'Italia non ci sarà nulla: si taglieranno treni o si salverà il salvabile, perché la differenza la fa, a livello regionale, chi è riuscito in questi anni a investire dei soldi. Tutto questo non va bene, perché è un tema nazionale che non può essere lasciato alle Regioni o ai singoli Comuni.
  Per quanto riguarda il secondo tema, quello della premialità delle prestazioni in edilizia, qui c’è una responsabilità enorme dei Governi che ci sono stati in questi anni, perché, avendo lasciato la certificazione energetica dentro questa vaghezza delle sanzioni e delle indicazioni, ancora oggi c’è chi ritiene che quella cosa non mi garantisce.
  Su questo tema l'Unione europea sarà durissima, per cui la certificazione energetica diventerà il riferimento e dovrà per forza essere trasparente. Certo bisogna far crescere le sanzioni, che sono lo strumento da utilizzare.
  In questo documento proponiamo che ogni intervento di edilizia pubblica, giacché ci sono degli obblighi di fare interventi sull'efficienza energetica e ogni intervento privato deve essere certificato nel salto di classe energetica, indicando quale percentuale di riduzione di consumi riesca a garantire, di modo che i soldi (gli incentivi) vengano erogati in funzione di questo.
  Ci saranno quindi anche degli incentivi per le tecnologie (magari di anno in anno andranno a valutare il giusto da dare), ma si dovrà spingere molto di più questo, perché, se si introduce un obiettivo di prestazione energetica e si passa dalla classe G alla classe B, riducendo del 50 per cento i consumi, si crea lavoro in edilizia, perché non ho bisogno di comprare le tecnologie: è sufficiente fare bene l'isolamento e avere un po’ di intelligenza, quindi si crea più lavoro di progettazione e più lavoro in edilizia nel nostro Paese, anche per superare le critiche per l'acquisto di pompe di calore che vengono dalla Cina, al fotovoltaico che non si sa mai da dove viene.
  Se si usa questa chiave della prestazione energetica, si riesce anche a superare il tema del Patto di stabilità, perché, se c’è una prestazione certificata anche per i Comuni, il Patto di stabilità si supera.
  Infine, sulla vendita diretta dell'energia e gli oneri di sistema bisogna distinguere due casi: le famiglie, dove non bisogna avere oneri di sistema perché, se una famiglia riesce ad autoprodursi energia da fonti rinnovabili, quello che mette in rete entro certi margini è scambio come in Germania (in Germania si stipulano contratti per cui non scambi almeno il 60 per Pag. 18cento della tua produzione da rinnovabili, ma il resto è scambio fisico con la rete), e tutto quello che non è rappresentato dalle famiglie.
  Per rispondere anche alle critiche che vengono dai grandi gruppi industriali, una parte degli oneri di sistema deve essere pagato in maniera trasparente, perché poi ricordiamoci anche i vantaggi che le rinnovabili danno al sistema, ovviamente solo per le rinnovabili o per l'energia prodotta in cogenerazione. Qui ovviamente c’è un'innovazione in cui tenere insieme la parte elettrica e la parte termica, perché per la parte termica c’è una norma a parte.
  La sfida è dire che per alcune categorie di consumi e di produzione negli usi civili si possono gestire i consumi termici e quelli elettrici con delle regole, per esempio le cooperative in cui si sono dei soci come succede in Alto Adige, sfruttando una vecchia legge di fine ’800, oppure con una certificazione di questi spostamenti, perché è l'unica certezza di non mandare in crisi il sistema, che può essere la prima accusa, o di far sì che qui dentro si infilino anche fonti che non sono rinnovabili.
  La trasparenza e la tracciabilità sono fondamentali per questa seconda categoria, ma è chiaro che bisogna creare delle possibilità per cooperative o per aziende di produrre energia da fonti rinnovabili per usi elettrici e termici e di venderla direttamente. Questo è fondamentale per creare un'innovazione incredibile. Abbiamo presentato una proposta nell'ambito della manifestazione che abbiamo fatto lo scorso 26 ottobre.

  PRESIDENTE. Probabilmente chiedo troppo, ma vorrei sapere se ci sia anche un'ipotesi normativa su questo.

  EDUARDO ZANCHINI, Vicepresidente Legambiente. La dobbiamo scrivere in forma di emendamento.

  PRESIDENTE. Grazie. Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di CGIL e UGL.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla green economy, l'audizione di rappresentanti di CGIL e UGL Abbiamo chiesto a tutti gli auditi di portare una sintesi dei punti che ritenevano essenziali, ma ovviamente, se vorrete inviarci ulteriore documentazione, potrà esserci utile nella compilazione del documento finale.
  Questa indagine conoscitiva è svolta in congiunta fra la Commissione attività produttive e la Commissione ambiente e territorio della Camera, ed è volta a fare il punto sulla green economy in funzione anticrisi e in vista non solo del semestre europeo di Presidenza dell'Italia, ma anche del fatto che il 2014 è stato proclamato anno dell'economia verde.
  Ognuno di voi ha a disposizione circa otto minuti per esporre il proprio punto di vista, lasciando così una decina di minuti per il confronto ed eventuali chiarimenti.

  DOMENICO DI MARTINO, Responsabile Ambiente, Territorio e Cultura CGIL. Noi abbiamo mandato alle Commissioni una nota scritta che contiene alcune prime riflessioni, che ci riserviamo di integrare. Quando si parla di green economy in un momento così difficile anche rispetto agli agenti atmosferici che stanno flagellando il nostro Paese, diventa complesso decidere da dove iniziare.
  Noi abbiamo oggi un'esigenza enorme, evidenziata dal fallimento degli impegni assunti nell'ambito della Conferenza di Doha del 2012 (COP 18), impegni ben precisi assunti anche dal nostro Governo.
  Oggi, secondo noi, tutti gli incentivi rispetto alle infrastrutture e al rilancio industriale devono essere mirati e indirizzati verso la green economy, verso le innovazioni e verso l'impegno costante per rispettare le scelte compiute.
  Oggi ne abbiamo bisogno più di ieri, come dimostra l'evidente fallimento del vecchio sistema produttivo italiano, che è stato messo in crisi rispetto a un indirizzo Pag. 19di non innovazione industriale. Tale innovazione deve mirare alla difesa e soprattutto al mantenimento dell'ambiente in condizioni che garantiscano il futuro delle nuove generazioni con un buon sostegno di indirizzo.
  La green economy coinvolge la gestione delle acque (la difesa e l'indirizzo di impegni programmatici di investimenti, laddove il referendum del 2011 ha fornito indicazioni ben precise e ci sono enormi ritardi rispetto a questo indirizzo, che potrebbe riportare anche occupazione in un sistema in cui si preferisce non creare infrastrutture se prima non si programma la loro manutenzione, laddove creare una galleria, un ponte o una senza avere il progetto di mantenimento di quell'opera comporta quanto si sta verificando nel Paese).
  È importante indirizzare le risorse esistenti soprattutto alla difesa della salute e dell'incolumità delle persone. Inoltre, la legge n. 394 del 1991 non ha avuto piena applicazione, ma viene rimessa in discussione sulla questione della biodiversità.
  Noi spingiamo molto sulla questione relativa alla riduzione dei contributi che ancor più di ieri vengono erogati per le risorse fossili che vengono utilizzate, per garantire un ambiente più sano, e per un impegno continuo sulle bonifiche dei siti inquinati, perché non è accettabile che dalla legge n. 257 del 1992 ad oggi le bonifiche procedono con rilevanti ritardi e non ci sono interventi specifici che possano accelerarne la realizzazione.
  Per quanto riguarda l'uso delle risorse fossili siamo favorevoli a una transizione seria su questo campo, indirizzando gli incentivi soprattutto verso le rinnovabili e la dismissione delle centrali vecchie e inquinanti del nostro Paese.
  La proposta di legge sul contenimento del consumo di suolo non va né avanti, né indietro, perché non si riesce a comprendere come si vogliano realizzare gli interventi sul territorio. Sarebbe necessario un indirizzo rispetto alla ristrutturazione e alla riqualificazione urbana.
  C’è, infine, il problema dei trasporti. Sono tutti temi che abbiamo segnalato in linea di massima nella nota che vi abbiamo inviato.
  Consideriamo quindi necessario fare uno sforzo maggiore rispetto alle garanzie di indirizzo rispetto all'ambiente da tutelare, ma che oggi possono essere momento di sviluppo per uscire dalla crisi creando occupazione, perché un intervento di bonifica di un sito inquinato o di mitigazione dei rischi rispetto alla manutenzione del territorio ha una ricaduta immediata sull'occupazione.
  Questa deve essere la strategia di indirizzo della green economy, perché poi dovremo valutare come indirizzarci rispetto a uno sviluppo economico mirato a un'economia verde, come abbiamo evidenziato in una nostra scelta sindacale che affronteremo con il Congresso, che è il Piano lavoro.

  IVETTE CAGLIARI, Segretario Confederale UGL. Ringrazio il presidente e i membri delle Commissioni per averci convocato. Riteniamo l'ambiente un asse particolarmente interessante per il rilancio industriale ed economico dal Paese, tanto che dal 7 al 9 novembre in una nostra Conferenza programmatica ne abbiamo discusso come panel principale di un ambito definito «crescita felice», concetto di crescita ben più ampio di quella economica, di cui sono ormai evidenti tutti i limiti (povertà, malattie, depauperamento delle risorse naturali).
  Dalla brown economy, impostata sullo sfruttamento delle risorse naturali con scarse valutazioni di impatto delle attività antropiche sull'ambiente, sull'economia e sulla società, si è passati positivamente alla green economy per un uso corretto delle ricchezze naturali, cioè di un nuovo modello economico complessivo, non semplicemente una parte verde dell'economia.
  È quindi necessario sviluppare un dibattito per individuare percorsi concreti, finalizzati alla crescita verde secondo il concetto OCSE, effettiva, socialmente equa, incisiva nel combattere la povertà globale, ma anche quella silente, sempre Pag. 20più emergente nel vecchio continente e nella nostra Italia.
  Per intraprendere nuovi cammini, da un lato, serve adeguata conoscenza per liberare la creatività e supportare idee e tecnologie, installando un clima di fiducia che faciliti l'intervento dei regolatori e degli investitori: regole chiare, tempi certi, incentivi, contribuzioni, che spingano a innescare cicli virtuosi, dall'innovazione all'occupazione di qualità, quindi alla produttività, ma anche stabilità, equilibrio ecosistemico, in una parola rispetto del Creato.
  Attraverso un ecosistema di beni e servizi che invece solitamente sono sottovalutati e mal gestiti, si può migliorare l'esistenza di tutto il genere umano, con conseguente ridimensionamento delle disuguaglianze, contrazione dell'impoverimento e dei gravi rischi ambientali e sociali.
  La crescita quindi può essere positiva e favorevole, se si punta a un Rinascimento verde, che sappia contemperare gli interessi personali con quelli della comunità e del territorio. Dobbiamo quindi interrogarci sulla bellezza e la responsabilità come paradigmi innovativi, ricordando non solo la nota Silicon Valley, ma anche le nostre radici nei monasteri e negli ospedali del Medioevo, con le loro dinamiche relazionali, materiali e morali, vale a dire antropologiche.
  Il tessuto industriale ed economico si può e si deve rifondare ripartendo dall'etica, da cui conseguono educazione, scuola, integrazione, lavoro, cioè cultura ad alto valore aggiunto. Anche l'assunzione di responsabilità su questi grandi temi costituisce e costruisce crescita.
  Si possono quindi lanciare spunti di riflessione e proposte. Naturalmente il sistema funziona, se ognuno esercita pienamente il proprio ruolo, partendo dal singolo cittadino fino ad arrivare a livelli istituzionali, passando per i corpi intermedi come il nostro, il sindacato, gli organismi di rappresentanza del mondo datoriale, il terzo settore, in una logica di pubblico-privato.
  Per poter chiedere al cittadino di impegnarsi ad esempio nella raccolta differenziata, fondamentale per ridurre i rifiuti conferiti in discarica, serve però un coerente impegno dello Stato e delle amministrazioni territoriali (regioni, province e comuni). La legge di stabilità in discussione sta aprendo la strada a un inasprimento della tassazione sui rifiuti urbani, ma non si possono più tartassare le famiglie senza offrire servizi idonei e senza adeguate garanzie che nel campo vicino alla propria casa non ci sia una discarica abusiva di rifiuti tossici (rammentiamo il caso della Terra dei fuochi).
  Dobbiamo interrogarci sulla valenza della manovra finanziaria, troppo piccola rispetto alla necessità di una manovra di ben più ampio respiro, che richiederebbe piuttosto una netta inversione di tendenza rispetto al passato nella filosofia del suo impianto: basta sacrifici chiesti ai deboli e ai meno abbienti, non c’è bisogno di elemosine in busta paga per i lavoratori, ma di incidere su altri livelli nazionali ed europei, sottraendoli alla sfera degli intoccabili. Tutto questo ambiente come leva di crescita industriale e umana.
  Ovviamente per il perimetro della green economy, occupazione e formazione, ci riferiamo all'UNEP e all'OCSE, quindi intesa come strumento di sviluppo sostenibile basato sulla valorizzazione dei tre capitali economico, naturale e sociale. Di fatto, quindi, rimane per molti versi di difficile definizione il perimetro della green economy, nel momento in cui si condivide l'idea che con tale termine si intenda individuare uno strumento, più che un settore specifico.
  Conseguentemente, anche l'esercizio di indicare le potenzialità in termini occupazionali rischia di diventare fuorviante. Meglio concentrare l'attenzione sulla necessità di riformulare i percorsi formativi, alla luce delle innovazioni adottate in ambito produttivo, aspetto fondamentale per assicurare una migliore e maggior corrispondenza fra domanda e offerta di lavoro.
  Percorsi formativi dovranno incidere sulle competenze. Si tratta di una modalità Pag. 21difficile da intraprendere, ma necessaria per imprimere un cambio di mentalità nelle persone, in quanto la sostenibilità dell'economia si gioca a livello macro economico, ma anche a livello micro economico.
  Ricordiamo poi la questione della mobilità, evidentemente molto complessa in quanto necessita di investimenti consistenti. Assistiamo oggi al paradosso, soprattutto in Italia, di milioni di cittadini che si muovono utilizzando mezzi privati, il cui mantenimento (assicurazione, manutenzione, carburante) è ben più costoso di un abbonamento annuo al trasporto pubblico. Il 78 per cento dei mezzi pubblici circolanti in Italia è costituito da veicoli di categoria Euro 2 o inferiore, con appena il 15 per cento di veicoli in linea con le ultime direttive europee.
  Venendo a una sintesi delle proposte, queste sono sintetizzate come segue: adozione di nuovi modelli economici e sociali per educare allo sviluppo sostenibile, anche con il coinvolgimento della scuola (ma, lasciatemi fare una battuta per dire che dovremmo addirittura cominciare dalle elementari e forse sul lungo periodo avremmo risultati); rafforzamento della governance della politica energetica comunitaria; maggiore attenzione alle particolari categorie di utenti finali, come imprese di settori strategici e famiglie, a iniziare da quelle inserite nelle fasce deboli; l'avvio e il potenziamento di programmi formativi, per favorire la creazione di nuova, ulteriore occupazione e la riqualificazione professionale del personale già occupato, anche perché non possiamo sostituire personale per nuovi lavori, rischiando di perdere gli attuali.
  Ridefinizione della rete di distribuzione dell'energia, propedeutica a un passaggio a un sistema di una generazione diffusa, interventi normativi e regolamentari per ridurre gli ostacoli burocratici, per sostenere lo sviluppo delle energie rinnovabili, incentivazione al recupero di efficienza, risparmio energetico in tutti i settori, miglioramento del mix energetico, coinvolgimento strategico del territorio, avvio di programmi di informazione e sensibilizzazione dei cittadini, sostegno alla ricerca e all'innovazione anche attraverso incentivi fiscali ed economici, per stimolare le sinergie fra pubblico e privato, recuperare la Strategia energetica nazionale (SEN), rimasta purtroppo lettera morta (sarebbe un tentativo di recupero di qualcosa che viene da lontano, dal 1988).

  DAVIDE CRIPPA. Non riesco a non porvi questa domanda, visto che come sindacati vi abbiamo già audito in altre occasioni, in Commissione attività produttive, e avete assunto posizioni opposte a quelle di oggi, nel senso che quando come soggetti vi chiamiamo in causa, ad esempio, parlando dell'Ilva, sulla redazione del piano per la siderurgia, c’è sempre una certa difesa dei posti di lavoro a prescindere, mentre obiettivamente bisognerebbe mettere in campo, da parte di tutti, una coscienza diversa.
  I ragionamenti sono corretti, però credo che occorra anche una presa di posizione netta e chiara, nel senso che fino a quando, se chiudiamo una centrale a carbone, ci si lamenta dei dipendenti che rimangono a casa; se quando proviamo a fare dei cambiamenti radicali anche in termini di cambi di direzione, quindi processi di raffinazione, raffinerie fossili, quindi cercando di abbandonare quel sistema, si cade spesso nel ricatto occupazionale (e questo purtroppo in alcuni casi è vissuto come una difesa a oltranza di quella realtà, invece di avere questa pianificazione che avete descritto), allora non faremo grandi passi avanti, per cui credo che sarebbe importante riuscire a conciliare le due cose in una maniera organica. Grazie.

  IVETTE CAGLIARI, Segretario Confederale UGL. Accolgo la provocazione, per darle una risposta molto semplice che era anche all'interno di quanto ho detto, che coniuga le due cose. Al di sopra di tutto c’è la persona e, se partiamo dalla persona, diamo risposte sia all'ambiente che all'occupazione.
  È ovvio che, se continuiamo a mettere toppe e affrontiamo solo il singolo problema, è difficile dare risposte coerenti.

Pag. 22

  DAVIDE CRIPPA. Ma vorrei sapere se si riferisca alla persona lavoratore o alla persona cittadino, perché ad esempio a Taranto non coincidono.

  IVETTE CAGLIARI, Segretario Confederale UGL. A Taranto non coincidono, però c’è stato un accumulo di responsabilità, che fa confliggere i diritti dell'uno e dell'altro. E la responsabilità non è solo da parte nostra, ma possiamo riparlarne. Non sposo delle pregiudiziali, ma dico semplicemente che serve una strategia di medio-lungo periodo. Se non continuiamo a fare degli interventi tampone, riusciamo a evitare errori, ecco perché vogliamo partire dalla scuola, perché, se impostiamo formativamente questo, potremo avere dei risultati.

  DOMENICO DI MARTINO, Responsabile Ambiente, Territorio e Cultura CGIL. Questa evidente contraddizione fra ambiente e lavoro ha una storia, dovuta al fatto che a certe scelte non ci sono state risposte, perché senza risposte diventa difficile dire a un padre di famiglia che da oggi si troverà in condizioni diverse.
  Noi però consideriamo necessario soprattutto salvaguardare la salute di tutti i cittadini e gestire, come fino a oggi non si è fatta, una transizione perché non si può cancellare ciò che esiste con un colpo di spugna ! Se avessimo questa capacità, non staremmo nemmeno a discutere, perché non ce ne sarebbe bisogno.
  La gestione va fatta intelligentemente, applicando quelle che possono essere le norme e la conoscenza tecnica e scientifica che noi abbiamo a disposizione, però la logica deve portare tutto a una transizione strutturale, che significa impegni economici, soprattutto impegni di legalità e soprattutto di sorveglianza rispetto a questi indirizzi, perché ad esempio privatizzare e tralasciare il resto significa non fare nulla.
  Su Taranto abbiamo avuto lo studio di tre professori universitari e su quello ci siamo pronunciati dicendo che sono fondamentali tempi certi, impegni economici e soprattutto vigilanza rispetto alla salute, tenendo conto dei cittadini perché siamo lavoratori, ma prima di tutto siamo cittadini.

  PRESIDENTE. Grazie. Noi aspettiamo altri, eventuali vostri documenti di valutazione su come riorientare la direzione dell'economia. Se ad esempio parliamo del settore dell'edilizia, che è il settore che ha perso oltre 500.000 posti di lavoro, è evidente che la transizione c’è già oggi, quindi guardiamo negli occhi la realtà che sta cambiando e facciamo i conti con quello che abbiamo dietro.

  DOMENICO DI MARTINO, Responsabile Ambiente, Territorio e Cultura CGIL. Sono d'accordo e aggiungo, brevissimamente, che per quanto riguarda i rifiuti, gli incentivi a nostro avviso devono andare non solo al recupero di energia, ma soprattutto al riciclo e recupero dei rifiuti, in quanto così facendo creiamo più occupazione e infrastrutture economiche, perché il rifiuto è una risorsa che ha un costo e quindi un valore.

  PRESIDENTE. Nel ringraziare i nostri ospiti, dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di Assorinnovabili.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla green economy, l'audizione di rappresentanti di Assorinnovabili.
  Grazie di essere venuti. Come avrete visto, abbiamo un calendario molto fitto di audizioni e abbiamo mezz'ora a disposizione. Ho visto che ci avete mandato del materiale (avevamo chiesto cinque cartelle, ma queste sono più numerose).
  Come sapete, stiamo conducendo un'indagine congiunta fra le due Commissioni per preparare un rapporto sulla green economy, che serva per orientare le politiche.
  Se non ne parlerete voi, porgeremo noi alcune questioni, in quanto in un'audizione precedente siete stati relativamente Pag. 23chiamati in causa dal collega Crippa su un punto che ci interessa a proposito dello sviluppo delle rinnovabili. Vi chiedo di sintetizzare in 10-12 minuti il cuore del vostro ragionamento, in maniera tale da favorire uno scambio con i colleghi deputati.
  Do la parola ai rappresentanti di Assorinnovabili per la loro relazione.

  GIOVANNI SIMONI, Vicepresidente Assorinnovabili. Sono lieto di essere nuovamente qui, dopo essere stati un mese fa in Commissione attività produttive.
  Ormai conoscete Assorinnovabili. Ricordo solamente che è il risultato di una fusione tra APER e ASSOSOLARE. Ora abbiamo in corso un ulteriore passo verso l'unificazione della rappresentanza degli interessi dell'industria del settore, con ANIE-GIFI e IFI. È un processo che dovrebbe semplificare anche il rapporto con la politica.
  In questa slide abbiamo riportato il rapporto tra energia e green economy e quanto pesa l'energia in termini di impatto ambientale e di emissioni di CO2. Il peso del nostro settore sulle emissioni di CO2 a livello mondiale è di circa il 40 per cento ed è in continuo aumento, anche se da circa vent'anni cresce sempre di più la componente delle fonti rinnovabili.
  Il problema che abbiamo esaminato, da un punto vista più generale, è: quale limite ha la possibilità di emettere CO2 nell'atmosfera ? Studi internazionali, le Nazioni Unite e gli IPCC dicono che se si arriverà a 450 parti per milione, la temperatura media globale salirà di circa il 2 per cento. Questo limite è stato posto come accettabile, anche se quest'aumento non sarebbe certamente indolore.
  Questa questione è molto importante perché, come vedremo, se calcoliamo la massima emissione di CO2 possibile, troviamo una cosa nuova, che vent'anni fa nessuno diceva e che il presidente Realacci conosce bene: il limite non sono le risorse disponibili, ma la capacità di assorbimento della CO2 da parte dell'atmosfera, che limita la possibilità di utilizzare le risorse petrolifere e fossili oggi note. Una parte di quelle risorse probabilmente non potranno mai essere bruciate, con l'attuale stato della tecnologia, il che pone un limite e anche un valore diversi alle risorse petrolifere attualmente note.
  In queste slide abbiamo riportato qualche immagine. Noi siamo convinti che la variazione del clima sia la causa principale di tutto quello che sta succedendo, a parte la contingenza di oggi. Non vedo più in giro molti di quelli che io ho chiamato «neonegazionisti ambientali», che disconoscono le cause antropiche di questi fenomeni.
  Siccome abbiamo organizzato un ufficio studi più efficiente di prima, mettendo insieme le forze, siamo in grado anche di dare qualche dato un po’ più analitico. In questa slide abbiamo rappresentato il numero di disastri ambientali nel mondo. Vedete l'aumento, che praticamente è corrispondente all'aumento della concentrazione di CO2 nell'atmosfera. Chiaramente noi siamo convinti che sia possibile intervenire pesantemente per cambiare un po’ le cose.
  Questa rappresentazione riguarda la situazione nel nostro Paese. La linea blu tutta segmentata, che sale e scende, è il peso percentuale della componente delle fonti rinnovabili nella copertura dei fabbisogni elettrici. Vi faccio notare che nel luglio 2013 le rinnovabili hanno quasi raggiunto il 50 per cento della domanda. Ovviamente tutti i picchi avvengono in corrispondenza dei mesi estivi, dove il sole ha una buona parte del suo peso. La percentuale che è in continuo aumento. Oggi, a livello medio nazionale annuale, siamo al 32 per cento, una parte consistente dell'energia elettrica prodotta e consumata.
  Veniamo ora al tema che ritengo essere più politico. Malgrado i dati che ho appena illustrato, abbiamo di fronte a noi un panorama per il futuro coperto di ostacoli, ossia di iniziative contrarie allo sviluppo delle fonti rinnovabili.
  Ne abbiamo elencate alcune recenti (speriamo che in futuro siano di meno): l'estensione della Tobin tax alle aziende che fatturano su più di 3 milioni di euro; Pag. 24la mancanza, ormai quinquennale, di ogni regolamentazione sull'autoproduzione, sulle SEU e sulle reti private; la mancanza di qualsiasi incentivo e di qualsiasi idea di come inserire l'accumulo elettrico negli impianti a fonti rinnovabili, per ridurre l'impatto con la rete (questo è molto importante, anche dal punto di vista dello sviluppo e dell'innovazione); l'imposizione di oneri di sbilanciamento non discussi dal punto di vista tecnico per misurarne davvero i valori.
  Noi ci siamo opposti a quest'ultima iniziativa e stiamo aspettando una sentenza del Consiglio di Stato che arriverà il prossimo febbraio. Questa è anche la conseguenza del fatto che l'Authority, quando fu emesso il Terzo Conto Energia, non ha voluto regolare il premio per chi riusciva a fornire una programmazione e una previsione accurate. C'era un capitolo in quel conto che dava all'Authority il potere di regolare questa cosa, ma ciò non è stato fatto.
  C'erano aziende, che conosco, che avevano iniziato a studiare il problema e a elaborare algoritmi che avrebbero ridotto sicuramente l'effetto della non programmabilità. Non avendo avuto la spinta a farlo, non lo abbiamo fatto, e adesso ci troviamo a pagare onori di sbilanciamento, che, peraltro, in alcuni casi sono corretti, ma vogliamo conoscere la misura vera.
  Sono stati tolti quei vantaggi che venivano dati a chi riusciva a ridurre le perdite. Se un'azienda comincia a produrre in maniera decentrata, riduce la quantità di energia ritirata dalla rete. Le perdite della rete danno un vantaggio a chi vende quell'energia, che la deve produrre comunque. Questo vantaggio, dato dalla generazione distribuita, è stato ridotto drasticamente ed è praticamente sparito.
  Inoltre, in questo nuovo «Decreto del Fare», collegato alla legge di stabilità, abbiamo un taglio retroattivo volontario sugli incentivi, che è volontario fino a un certo punto, perché se qualcuno non si adegua, e quindi non esprime la sua volontà, perde una serie di diritti successivi.
  C’è poi l'eliminazione di prezzi minimi garantiti. Aggiungo anche che è stata tolta completamente una cosa che, se ben spiegata, poteva favorire la riduzione nel breve tempo delle bollette elettriche: cartolarizzare una parte della componente A3 e spostarla in avanti ,quando gli incentivi non avrebbero più pesato sulle bollette.
  A nostro avviso, c’è una parte del Governo che è convinta che il prezzo dell'energia sia dovuto prevalentemente all'incentivazione delle rinnovabili. Questo non è vero storicamente. Nella slide successiva vediamo che nel 2002 la bolletta per una famiglia media di quattro persone, che consumava 2.700 chilowattora all'anno, era di 338 euro. Di questi, la componente energia, cioè quella legata al prezzo dei combustibili, era di 106. Oggi questa componente è passata da 106 a 276, quindi in termini assoluti è aumentata di 160 euro, mentre le fonti rinnovabili da 34 sono arrivate a pesare 98.
  Non è poco, ma se si fa il conto solo sull'aumento percentuale, si commette un errore, perché noi non paghiamo in percentuale, ma in euro veri sulla somma totale. Per le rinnovabili pagavamo 34 euro e ora ne paghiamo 98; per l'energia pagavamo 196 euro e oggi ne paghiamo 276. Parliamo quindi di un aumento di 160 euro contro un aumento di 60 euro circa. Questo non viene mai detto. Per colpevolizzare le fonti rinnovabili, si usa solo la parte percentuale.
  Abbiamo anche fatto un confronto con la Germania, che spesso viene tirata in ballo. Come è noto, i consumatori domestici tedeschi pagano di più dei corrispondenti consumatori domestici italiani, perché si è scelto di scaricare più sul domestico l'onere del sostegno alle fonti rinnovabili rispetto alle grandi imprese energivore, che comunque anche da noi hanno dei vantaggi.
  Nel grafico a sinistra abbiamo riportato il costo dell'energia a megawattora in Italia e in Germania per il settore domestico in una determinata fascia di consumo: 291 in Germania e 229 da noi.

Pag. 25

  ALBERTO ZOLEZZI. La componente delle rinnovabili comprende anche la componenti degli oneri generali di sistema ?

  GIOVANNI SIMONI, Vicepresidente Assorinnovabili. Esattamente. Invece, per quanto riguarda le PMI, vediamo che in Italia il costo dell'energia è superiore a quello pagato dalle aziende tedesche di analoghe dimensioni.
  Anche gli incentivi per megawattora in Italia sono stati inferiori a quelli tedeschi. Si dice sempre che sono stati molto superiori. In Germania oggi spendono sulle bollette circa 20 miliardi di euro per tutte le rinnovabili, contro i nostri 11,2 miliardi. Se facciamo i conti parametrati, la spesa è più o meno uguale.
  Questo grafico l'avevamo già presentato un'altra volta. Rappresenta il costo degli incentivi.

  PRESIDENTE. Per efficacia, vi consiglio di inserire anche l'istogramma di quanto pagano l'energia i grandi consumatori in Germania.
  La devo pregare di accelerare un po’, altrimenti non ce la facciamo.

  FABRIZIO TORTORA, Vicepresidente assorinnovabili. Vorrei aggiungere solo un dato: i grandi consumatori italiani non pagano la componente A3.

  PRESIDENTE. Io lo so. Per questo dicevo che manca quell'istogramma. Si mostra che le PMI in Italia pagano di più l'energia rispetto alle loro equivalenti tedeschi. Questo è vero, anzi io pensavo che il differenziale fosse anche peggiore. Sarebbe utile mettere anche l'istogramma di quanto pagano invece i grandi consumatori di energia in Italia e in Germania. Quelli che si lamentano in Italia sono i grandi, che pagano l'energia meno di quelli tedeschi.

  ANDREA ZAGHI, Responsabile ufficio studi e relazioni esterne. In questa slide volevamo semplicemente mettere in luce come il fatto che le piccole e medie imprese in Italia paghino di più non è dovuto alle rinnovabili, ma ad una struttura del mercato all'ingrosso completamente diversa.

  GIOVANNI SIMONI, Vicepresidente Assorinnovabili. Le linee guida europee appaiono oggi in contrasto con tutti gli ostacoli che vengono invece messi in Italia. Riteniamo essenziali un adeguamento agli obiettivi per il 2030 che si stanno elaborando e una nostra maggiore presenza rispetto al passato in Europa, per definire gli obblighi e le quantità. Siamo abbastanza assenti da quei tavoli.
  È chiaro che tutto questo presuppone per le nostre grandi utility (in particolare per l'ENEL, ma anche per qualcun altro) un adeguamento a modelli di business diversi dal passato. Se si vuole sviluppare le fonti rinnovabili, bisogna sviluppare la generazione distribuita. C’è una sofferenza da parte di chi non si adegua rapidamente a un modello che alla fine diventerà mondiale. Noi non vediamo ostacoli dal punto di vista strategico. Ci sono probabilmente ostacoli seri e attuali per conquistare tempo e per vedere se si può tenere in piedi un sistema convenzionale il più a lungo possibile.
  Noi abbiamo visto molto male l'iniziativa di ENI e ENEL, che sono andate in Europa per dire di smetterla con le fonti rinnovabili. Questo hanno fatto recentemente i due capi di azienda, associati ad altri grandi imprese energetiche europee. Credo che la politica debba fare il suo mestiere di controllo sui grandi enti.
  Le conclusioni sono praticamente dette. Lascerei il tempo alle domande, così evitiamo di annoiarvi troppo.

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola ai colleghi, pongo una sola questione, che abbiamo sollevato prima anche con Zanchini di Legambiente: avete elaborato qualche proposta di tipo emendativo sulla possibilità di ampliare lo scambio in loco ?

  GIOVANNI SIMONI, Vicepresidente Assorinnovabili. Si, però non abbiamo preparato un articolato su cui ragionare. Pag. 26Abbiamo sempre sostenuto, anche nel passato, che bisognerebbe arrivare almeno a un megawatt.

  PRESIDENTE. Magari si può tentare di inserirlo in qualche provvedimento che dovesse essere sottoposto al nostro esame.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  ALBERTO ZOLEZZI. Vorrei sapere se avete qualche dato sulla differenza di prezzo dell'energia tra Italia e Germania. Vorrei capire un po’ meglio i grafici che ci avete allegato. Magari potreste spedirceli con calma. Vorrei capire il costo dell'energia e il costo dell'incentivo e avere anche qualche considerazione sulla differenza di prezzo.

  ANDREA ZAGHI, Responsabile ufficio studi e relazioni esterne. Come ufficio studi stiamo preparando proprio un position paper che mette a confronto Italia e Germania, anche per quanto riguarda quello che diceva il presidente Realacci, ossia l'impatto del costo dell'energia sui grandi energivori. Sarà nostra cura inviarlo a tutti i componenti delle Commissioni tra una decina di giorni al massimo.

  GIOVANNI SIMONI, Vicepresidente Assorinnovabili. Lo volevamo allegare, ma c'era ancora qualche verifica da fare.

  PRESIDENTE. Dateci solo dati verificati.

  DAVIDE CRIPPA. Noi ci siamo già incontrati durante l'audizione sulla SEN. Ci sono degli aspetti importanti, che vorrei chiedervi di puntualizzare anche in questa sede. La scorsa volta non mi avete convinto sul discorso dei bond cartolarizzati e dello spalmare nel tempo il pagamento, passando dai venti ai trent'anni. Probabilmente in realtà non ho capito quale modalità di cartolarizzazione intendete per questo tipo di incentivi. A naso, se io spalmo nel tempo e pago gli interessi, in qualche modo alimento un debito pubblico.
  C'era una domanda sulla componente del dispacciamento A3, sui SEU e sui RIU. Visto che era stato riportato un dato interessante durante l'audizione sulla SEN, vorrei che ribadiste anche in questa sede in che modo quella parte di componente grava sull'utente non soggetto a SEU e a RIU.

  PRESIDENTE. Io vorrei chiedere una cosa sull'istogramma di destra nella slide. Questa rapida omogeneizzazione del prezzo del megawattora riguarda i nuovi megawattora incentivati. Giusto ? Perché gli istogrammi si avvicinano così tanto ?

  ANDREA ZAGHI, Responsabile ufficio studi e relazioni esterne. Il rapporto che abbiamo fatto è tra quanto costa al sistema l'incentivazione delle rinnovabili e quanti sono i megawattora di energia elettrica rinnovabile incentivata. Tutto quello che non è incentivato, come l'idroelettrico storico, resta fuori. Il percorso dell'incentivazione italiana ha avuto una crescita abbastanza rapida tra il 2009 e il 2011.
  Adesso però siamo arrivati a regime. Siccome con i decreti ministeriali del 2012 gli incentivi sono stati ridotti, ci aspettiamo che già da quest'anno quel valore di 153 si riduca, quindi molto probabilmente non raggiungeremo il picco che è stato raggiunto in Germania.

  GIOVANNI SIMONI, Vicepresidente Assorinnovabili. Vorrei rispondere all'onorevole Crippa, che ha fatto due domande. Una domanda era relativa al peso sulla A3 nel caso si facessero SEU. Quel conto che abbiamo presentato la scorsa volta e che abbiamo riportato anche qua dice che se noi facessimo, come dice la SEN, un gigawatt di potenza fotovoltaica in più ogni anno fino al 2020 (cosa che non crediamo possibile, nell'attuale sistema di norme), dovremmo costruire potenza per 830 megawatt.Pag. 27
  L'energia prodotta da questi 830 megawatt, tolti dai terawattora che compongono l'A3...

  PRESIDENTE. Chiedo scusa, ma non mi tornano i conti. Lei parla di un gigawattora ?

  GIOVANNI SIMONI, Vicepresidente Assorinnovabili. Non un gigawattora, ma un terawattora. Un terawattora è fatto da 830 megawatt all'anno. L'aggravio A3 medio di euro a megawattora è 0,17 e può diventare al massimo 0,45 all'anno. Una famiglia consuma meno di 3 megawattora, quindi l'impatto sulla bolletta familiare è di poco più di un euro.
  È assurdo che si riescano a fare 830 megawatt di potenza nuovi, tutti in SEU. Se si fa la metà, il peso diventa inferiore a un euro, quindi è trascurabile. Il fatto venne fuori durante una discussione con l'Authority, che invece ha tirato fuori numeri totalmente diversi. Forse Zaghi conosce i motivi, ma io non li ho capiti.
  Cominciamo da zero: se facciamo questa potenza nuova tutta in SEU, dobbiamo sapere che la normativa che uscirà nel giro di trenta giorni riguarderà solo un caso, molto limitato, della diversità delle reti private che si possono realizzare. Si tratta del caso di un produttore e di un consumatore collegati. Anche quella norma quindi è del tutto insufficiente a garantire uno sviluppo della generazione distribuita.
  Dico un'ultima cosa e chiudo. Se io oggi ho 11 miliardi da pagare, il GSE deve pagarli comunque, perché non si possono rompere quei contratti. Il GSE che soluzioni ha ? Prelievo delle bollette o eventualmente da altro. L'idea che era venuta fuori è di prendere questo altro (2 o 3 miliardi di euro l'anno) e chiederli al mercato, facendo un titolo di debito che sottoscrive chi vuole (il mercato, le banche, le istituzioni). Quindi viene finanzio il GSE in altro modo.
  Perché questo viene visto come debito pubblico ? È vero che il GSE è un organo pubblico, però questo costo io lo riporto nelle bollette, quindi garantito dal risparmio privato, quando la curva degli incentivi è calata drasticamente, ossia dopo il 2031, perché il picco, del fotovoltaico in particolare, l'abbiamo avuto nel 2011. Se io facessi pagare quel pezzettino che tolgo oggi dal 2031, quando ormai sarebbe arrivato praticamente a zero, non peserebbe molto sulle bollette. Quelli sono 7 miliardi. Se ce ne metto 2 alla fine, lo abbasso adesso e lo sposto in avanti. Ha una logica.
  Inoltre, se questo viene sottoscritto dal mercato, io ho un riconoscimento pubblico del mercato del valore delle fonti rinnovabili che ho incentivato. Questa è una visione.

  PRESIDENTE. È un debito privato, non è un debito pubblico.

  GIOVANNI SIMONI, Vicepresidente Assorinnovabili. In Europa non è stato spiegato bene e allora il Governo l'ha tolto.

  ALBERTO ZOLEZZI. Se facendo quel position paper trovate anche qualche dato sulla differenza tra produzione di energia da biomasse e da solare in Germania e se c’è un'incentivazione diversa, visto che stiamo cercando anche noi dei dati, ci fareste un enorme favore mandandoceli. Magari pensavate già di farlo.

  DAVIDE CRIPPA. Noi stiamo provando a estrapolare dei dati del GSE per capire il reale peso di CIP6, non quello dichiarato sui report annuali ma quello vero. Purtroppo nei paper pubblicati dal GSE non vengono esplicitate le convenzioni anticipate. Peccato che a una domanda scritta hanno risposto che comunque vengono caricate nella componente tariffaria A3.
  Il concetto di recessione anticipata da un lato può essere un beneficio per lo Stato nel lungo periodo. Tuttavia, se da un lato la possibilità di pagare più in là è un incentivo, dall'altro lato stiamo facendo delle recessioni anticipate, addirittura anche in casi in cui l'azienda chiude praticamente il mese successivo. Quello in realtà è un danno per lo Stato, perché l'azienda smette di produrre e in realtà l'ha pagata per tre anni di produzione Pag. 28mancante anziché cinque. Questi costi vengono caricati tutti sull'anno in corso. Se io oggi faccio la recessione, a meno che sia previsto uno step di pagamenti a rate, questi vengono caricati.
  Perché su questo dato non si riesce a fare chiarezza e soprattutto non si riesce a capire che già oggi la componente CIP6, se non erro, rappresenta circa il 20 per cento della componente totale ? Con quel dato a quanto arriveremmo ?

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta, sospesa dalle 12.35, è ripresa alle 15.05.

Audizione di rappresentanti di Kyoto Club.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla green economy, l'audizione di rappresentanti di Kyoto Club.
  Questa è un'indagine conoscitiva che viene svolta insieme dalla Commissione ambiente e territorio e dalla Commissione attività produttive. Abbiamo chiesto di avere, oltre a tutto il materiale che tutti i soggetti hanno voluto e vorranno inviare, cinque cartelle di sintesi. In tale maniera, nella fase di predisposizione del documento finale, potremo poi tener conto dei diversi punti di vista.
  Assegnerei dieci minuti o un quarto d'ora all'illustrazione delle posizioni e delle priorità di Kyoto Club. Seguiranno poi domande e osservazioni da parte dei deputati per concludere entro le 15.30.
  Do la parola al dottor Andreis, direttore di Kyoto Club.

  SERGIO ANDREIS, Direttore Kyoto Club. Buongiorno. Sono Sergio Andreis, direttore di Kyoto Club. Ho portato per i commissari delle due Commissioni una ventina di copie dell'ultimo numero della rivista QualEnergia, promossa da Kyoto Club e da Legambiente, che speriamo possa fornire utili stimoli anche per il lavoro dell'indagine conoscitiva.
  Grazie prima di tutto per l'invito. Kyoto Club è un'associazione non-profit riconosciuta dallo Stato italiano creata nel 1999 da alcune aziende dell'area veneziano-trevigiana, le quali avevano già visto o intravisto quello che poi sarebbe successo negli anni successivi rispetto ai cambiamenti climatici e al ruolo che l'economia privata e il mercato avrebbero dovuto svolgere per sfruttare le opportunità che derivano dai cambiamenti climatici.
  Oggi Kyoto Club ha circa 240 associati, tra cui aziende e associazioni di aziende del mondo delle rinnovabili e di altri settori che hanno che fare con i cambiamenti climatici, enti locali, università e associazioni ambientaliste. Il presidente onorario è l'ingegner Pasquale Pistorio, presidente onorario di STMicroelectronics, la presidente attuale è Catia Bastioli di Novamont e i due vicepresidenti sono Gianluigi Angelantoni, presidente del Gruppo Angelantoni, e Francesco Ferrante, già senatore della Repubblica.
  Noi abbiamo pensato, sperando di non ripetere informazioni già riferite, di rinviare per il quadro generale al Rapporto Greenitaly che Fondazione Symbola e Unioncamere hanno reso noto poche settimane fa, perché ci pare che sia quella la cornice e il dettaglio del comparto economia verde per il nostro Paese e che di per sé dimostri come l'economia verde possa essere una soluzione e una strategia per uscire dalla crisi economica.
  La gran parte dei nostri associati è coinvolta nelle attività presentate nel rapporto ed è protagonista dell'economia verde nel nostro Paese, ragion per cui ci permettiamo di attirare l'attenzione delle due Commissioni su tutti i dettagli forniti nel Rapporto Greenitaly 2013.
  Oggi mi soffermerò essenzialmente su due questioni. Una è la bioeconomia, con riferimento specifico alle bioplastiche, che sono molto rilevanti, dal nostro punto di vista, per il nostro Paese. L'altra è l'efficienza energetica, perché nei prossimi sei mesi voi sarete chiamati a recepire la Pag. 29nuova direttiva europea nella legislazione italiana e, con la presidenza italiana dell'Unione europea, l'Italia sarà chiamata a svolgere un ruolo sul cosiddetto Pacchetto clima-energia al 2030.
  Forse ricorderete che l'Unione europea si è dotata del cosiddetto «Pacchetto 20-20-20», che fissa obiettivi precisi al 2020 per la riduzione dei gas serra, l'aumento dei target di efficienza energetica, peraltro senza fissare obiettivi legalmente vincolanti, e l'aumento dell'energia nell'Unione europea da fonti rinnovabili. La discussione si è aperta sul post-20-20-20 e in merito vorrei spendere due parole.
  Su bioeconomie e bioplastiche abbiamo inserito gli elementi di base nella nota scritta che abbiamo inviato ieri. Ci pare che questo sia uno dei settori economici potenzialmente più interessanti anche per il ruolo che la filiera italiana può svolgere a livello internazionale, ruolo che è stato già riconosciuto dalla Commissione europea con il Libro verde sui rifiuti plastici di pochi mesi fa. Noi proponiamo alle Commissioni riunite di utilizzare l'annunciato disegno di legge del Governo (cosiddetto «Collegato ambientale alla legge di stabilità 2014») per dare un impulso a questo settore e a quello connesso alle bioraffinerie, le quali possono rappresentare un potenziale di riconversione del comparto della chimica in direzioni ambientalmente sostenibili e utili anche nella lotta ai cambiamenti climatici.

  PRESIDENTE. Chiedo scusa, ma questo, secondo voi, andrebbe fatto a partire dall'annunciato contenuto del «Collegato», limitandosi a quello, o aggiungendo altro ? Ci sono proposte ?

  SERGIO ANDREIS, Direttore Kyoto Club. Sì, ci sono alcune proposte, che abbiamo reso molto specifiche nella nota che troverete e che fanno riferimento a un richiamo che già esiste nell'annunciato «Collegato», considerandolo come a una base di partenza su cui costruire soluzioni per sostenere questo comparto anche in ottica di medio periodo fin da subito, visto che il Governo ha già inviato un segnale di interesse.
  Per quanto riguarda l'efficienza energetica, ci sono due dimensioni. La prima è la dimensione del recepimento della direttiva europea 27/2012/UE pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea lo scorso anno, direttiva che gli Stati membri sono tenuti a recepire entro il giugno del 2014. Secondo noi, il recepimento della direttiva offre una grande occasione al nostro Paese per mettere in pratica quello che già Confindustria e i sindacati, CGIL, CISL e UIL, hanno chiesto un paio d'anni fa, sulla base dello studio del dicembre 2010 di Confindustria. Mi riferisco a un Piano nazionale per l'efficienza energetica che creerebbe diverse centinaia di migliaia di posti lavoro e permetterebbe l'ammodernamento del sistema Italia.
  Noi pensiamo che l'automazione sia una delle dimensioni che le Commissioni dovrebbero considerare nel recepimento della direttiva, perché, oltre all'aumento di circa il 25-30 per cento del miglioramento delle performance, permetterebbe un altro 30 per cento di efficientamento e di risparmio energetico, sia per gli edifici pubblici, che sono uno degli aspetti centrali della nuova direttiva, sia per tutto il versante privato.
  Ci piace ricordare che l'Italia ha già una filiera completa made in Italy in questo settore e che, quindi, un recepimento fatto «bene» consentirebbe anche – ci pare di intendere che uno degli scopi di questo giro di audizioni e dell'intera indagine conoscitiva consista nel capire quali sono le vie attraverso le quali è possibile portare un contributo alla crescita del made in Italy – all'Italia di giocare, com’è nelle sue possibilità, un ruolo molto importante in questo settore. Anche su questo abbiamo preparato alcune proposte specifiche per le Commissioni riunite, in modo che, se lo ritenete, avete anche il nostro punto di vista nel processo di recepimento della direttiva.
  L'ultimo punto, sempre riguardo l'efficienza energetica, concerne il Quadro strategico europeo. Ricordiamo che l'Italia l'anno prossimo avrà per sei mesi la presidenza dell'Unione e che in quell'ambito Pag. 30il Consiglio europeo prenderà una decisione sui nuovi scenari legati al Pacchetto clima-energia al 2030.
  È in corso una diatriba tra i Paesi dell'Unione e c’è una spaccatura anche all'interno del nostro Governo. Il Ministro dell'ambiente ha già preso posizione, secondo noi giustamente, perché l'Italia si schieri con i Paesi che chiedono obiettivi vincolanti al 2030 non solo per la riduzione delle emissioni di gas serra, come anche il Ministro Zanonato chiede, ma anche per l'efficienza energetica e per l'aumento di produzione di energia da fonti rinnovabili.
  Noi vorremmo che le Commissioni approfondissero questo tema perché al Consiglio dell'Unione europea di primavera i Capi di Stato e di Governo saranno chiamati a prendere una prima posizione. Noi vi chiediamo che l'Italia prenda la posizione che obiettivi legalmente vincolanti a livello dell'Unione europea siano decisi non solo per la riduzione delle emissioni di gas serra, ma anche per l'efficienza energetica e per le energie da fonti rinnovabili. Vi citiamo alcuni dati che speriamo possano contribuire alle vostre decisioni e che dimostrano che senza obiettivi vincolanti anche per l'efficienza energetica diventa molto complicato raggiungere gli altri target.
  Alcuni degli Stati membri giocano, come al solito, attribuendo priorità a interessi nazionali. Penso, per esempio, al Regno Unito, che gioca con il «contributo» dell'energia nucleare su questo versante, penalizzandoci, come sistema Paese, per i motivi che dicevo prima, sul versante dell'efficienza energetica. Questo può, invece, essere un contributo determinante per l'uscita dalla crisi a livello europeo.
  Grazie molte. Per qualsiasi approfondimento restiamo naturalmente a disposizione.

  PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ANDREA VALLASCAS. Svolgo una piccola premessa. Stavo leggendo le vostre cartelle e ho visto che parlate di bioraffinerie. Voi non avete analizzato approfonditamente questo tema, ma sarebbe interessante capire quanto siano effettivamente bio e quanto green. Mi piace sottolineare il fatto positivo che vi sia un elemento di ricerca e sviluppo sull'interazione tra l'università e i privati sul tema delle bioraffinerie.
  Sempre leggendo questo documento, noto con piacere che c’è scritto che la riduzione della domanda di energia induce a ridurre il costo stesso dell'energia. Io, invece, ho sentito in un'altra audizione che per far scendere il costo della stessa energia bisogna investire sugli idrocarburi, ossia sul gas. Sono un po’ contrario da questo punto di vista. Soprattutto starei attento al costo dell'energia, non lo vedrei tanto sul ribasso. Se si dice che dobbiamo far scendere il costo dell'energia investendo sugli idrocarburi, infatti, la gente potrebbe non essere più incentivata a fare investimenti per la riqualificazione energetica. Se io ho un prezzo basso del gas, utilizzo il gas per riscaldarmi e non investo nella coibentazione. Queste sono le mie considerazioni.
  Detto questo, nel testo c’è scritto che voi volete da noi iniziative volte a garantire un'adeguata tutela dei mari e del suolo. Non ho ben capito questo concetto. In che senso parlate di tutela dei mari e del suolo ?
  Infine, come ultima domanda, che cosa pensate della ricerca sullo stoccaggio della CO2 ?

  PRESIDENTE. Se non ci sono altre questioni, io ne ho una, ma non so se sia di diretta competenza vostra. Confermo che anche nel prosieguo dei nostri lavori, se ritenete opportuno far avere altri documenti e contributi, saranno ben accolti. Confermo anche, per quanto riguarda la Commissione ambiente e territorio, che quando ci sarà assegnato l'annunciato disegno di legge in materia ambientale collegato alla legge di stabilità 2014 verificheremo la possibilità di introdurre eventuali miglioramenti allo stesso provvedimento.Pag. 31
  Io ho avuto alcuni dati, rispetto al discorso che veniva fatto su Inghilterra e nucleare, sugli incentivi al nucleare inglese, tali per cui senza questi incentivi non riuscirebbero a produrre energia con questa fonte. Ho visto, addirittura, che gli incentivi al nucleare inglese sono superiori a quelli previsti per l'eolico inglese. In buona sostanza, per far fare ad Areva un paio di centrali, devono darle più soldi, più sterline, di quelli che danno all'eolico. Conferma questa notizia ?

  SERGIO ANDREIS, Direttore Kyoto Club. All'onorevole Vallascas rispondo, anzitutto, che parliamo di tutela dei mari e del suolo perché le plastiche di sintesi stanno creando enormi problemi: non so, ad esempio, se avete sentito parlare dei dati citati nell'ultimo Rapporto sull'ambiente dell'UNEP, l'organismo di protezione dell'ambiente delle Nazioni Unite, sulle due megaisole di rifiuti di plastica nel Pacifico e nell'Atlantico. Durante la presentazione di uno studio che abbiamo fatto per il Ministro dell'ambiente un paio di mesi fa, Legambiente ha presentato i dati su un'isola simile che si sta formando nel Tirreno, con gravissimi danni per i cetacei, oltre che per l'altra biodiversità marina. Il riferimento nel nostro documento è a questo tipo di inquinamento, che verrebbe superato se ci fosse una riconversione alla bioplastica.
  Quanto allo stoccaggio di CO2, a nostro avviso, la migliore emissione di CO2 è quella che non viene prodotta. La Commissione europea è molto cauta sul «sequestro» – se vogliamo fare la traduzione letterale dall'inglese – di CO2 e ha stanziato cifre consistenti per le sperimentazioni, ma si è riservata un giudizio tecnico. Dal nostro punto di vista sarebbe meglio investire in una rimozione delle cause, piuttosto che dover poi spendere soldi per catturare la CO2. Col contributo dell'efficienza energetica delle rinnovabili di un greening del sistema economico europeo pensiamo che questo sia possibile.
  Sugli incentivi al nucleare britannico anche noi abbiamo gli stessi dati. Direi che per capire perché i colleghi britannici incentivino massicciamente il nucleare bisogna pensare alla componente militare. Senza tenere a mente questo altro aspetto che fa parte della scelta politica del Governo britannico la questione sarebbe difficile da spiegare. Anche in base ai nostri dati comunque gli incentivi sono molto maggiori su questo versante.

  PRESIDENTE. Grazie del contributo e della sintesi.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di CISL e UIL.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla green economy, l'audizione di rappresentanti di CISL e UIL.
  Come avete visto, queste sono audizioni estese e intense. Noi vogliamo sentire tutti i soggetti principali nello svolgimento di questa indagine conoscitiva, che è condotta insieme, eventualità non frequente, dalla Commissione ambiente e territorio e dalla Commissione attività produttive. Contiamo di completarla entro i primi mesi dell'anno prossimo, in maniera tale da stare dentro sia la preparazione del semestre italiano di presidenza dell'Unione europea, sia l'anno europeo dell'economia verde, che, come sapete, l'Europa ha indicato per il 2014.
  Vi abbiamo chiesto di farci pervenire anche una vostra nota sintetica, non solo per poterla mettere a disposizione di tutti i deputati, ma anche perché ci servirà ai fini della redazione del documento finale. Se riuscite a contenere i contributi complessivamente entro un quarto d'ora o venti minuti, fra tutti e due i sindacati, a meno che non parliate con una voce sola, ci terremo poi una decina di minuti per domande e questioni poste dai colleghi parlamentari.
  Do la parola a Giuseppe D'Ercole per la CISL.

  GIUSEPPE D'ERCOLE, Dipartimento industria CISL. Innanzitutto vi rivolgo un grazie non formale, ma sostanziale. Noi Pag. 32pensiamo che questo tema della green economy rappresenti effettivamente un'occasione eccezionale di riflessione e una possibilità di ragionare rispetto al futuro, essendo meno stressati dalle situazioni contingenti. Pensiamo, cioè che questa iniziativa ci consenta di avere una proiezione più omogenea e strutturata, che ci permetta di ragionare in termini di medio-lungo periodo, ma anche di immediato, nonché di collegare la situazione contingente con le prospettive e di mettere le scelte immediate nella direzione giusta.
  Questo lavoro delle Commissioni congiunte è dunque molto importante, perché rappresenta un'occasione per una riflessione culturale, scientifica, economica, sociale e valoriale sulle prospettive del Paese. Ciò significa anche riaprire, in questa situazione contingente di preoccupazione per la crisi in atto, una riflessione e di assumere un impegno anche rispetto al futuro dei giovani e delle future generazioni.
  Noi riteniamo, quindi, molto importante questo lavoro anzitutto perché favorisce una riflessione collettiva che deve uscire dall'ambito delle Aule parlamentari.
  Cominciamo col rimuovere alcuni luoghi comuni. La green economy non deve essere un ragionamento di nicchia, anche se di nicchie ricche o favorite. Deve essere un ragionamento sulla capacità di contaminare l'insieme dell'economia e della cultura dell'organizzazione delle attività produttive. Questo è l'approccio con cui noi ragioniamo sulla green economy.
  Allo stesso modo, non ci deve essere una logica di contrapposizione tra green economy e brown – per usare un'espressione breve – economy, ma la green economy va vista come capacità di far diventare più verde, o comunque meno impattante ambientalmente, le attività tradizionali e consolidate. In questa contaminazione di un'economia ambientalmente e socialmente più orientata, i parametri ambiente e lavoro devono costituire gli elementi fondanti del nuovo sviluppo.
  Vogliamo anche notare che non sempre green economy significa più partecipazione dei lavoratori e delle rappresentanze sindacali. Non c’è questo automatismo. Non sempre c’è questo binomio. Noi riteniamo, invece, che dobbiamo renderlo più esplicito. Se il valore ambiente è un bene comune per eccellenza, deve essere strettamente connesso con il lavoro.
  L'espressione green economy nasce con Obama, che la introduce nella sua prima campagna elettorale. Il programma di Obama non riguarda soltanto i pannelli solari o le pale eoliche, ma la reindustrializzazione. Obama mira a riportare l'industria manifatturiera negli Stati Uniti, compresa addirittura l'industria automobilistica, che viveva una forte situazione di crisi. L'accordo con FIAT non è casuale, ma è dovuto al fatto che FIAT ha i migliori motori sul piano delle prestazioni ambientali e della riduzione delle emissioni e del consumo di carburanti.
  Proprio prendendo spunto dall'origine dell'espressione green economy noi intendiamo ridurre l'impatto ambientale dell'industria tradizionale e dare spazio alle nuove industrie, all'industria delle rinnovabili, ad esempio, ma anche riportare al centro il lavoro. Questo collegamento tra ambiente e lavoro va reso più esplicito nella strategia.
  Per questo motivo noi, come CISL, riteniamo necessario anche un supporto legislativo. Noi riteniamo che ci debba essere una legislazione di sostegno ai nuovi diritti ambientali dei lavoratori e dei rappresentanti dei lavoratori. Riteniamo che un lavoratore non abbia diritto soltanto a difendere il suo reddito, ma anche al fatto che la sua impresa non inquini il suo territorio e la sua comunità. Se un imprenditore inquina, se un imprenditore finanzia il trattamento illecito di rifiuti, quel lavoratore, quella rappresentanza, quel quadro sindacale devono essere messi nelle condizioni di denunciare questo fatto e di essere tutelati. Occorre una legge di copertura e di tutela dei nuovi diritti dei lavoratori. Quel lavoratore, quella rappresentanza sindacale devono avere il diritto al miglioramento ambientale continuo. Il fondamento dell'impresa deve essere una responsabilità sociale sul territorio che Pag. 33deve combinarsi con il diritto fondamentale del miglioramento ambientale continuo.
  Queste questioni non sono fantascienza. Sono già il risultato di un contratto importante, il contratto nazionale dei chimici, in cui le parti hanno concordato che l'obiettivo dell'attività produttiva è quello del miglioramento ambientale continuo. In quel contratto, di cui vi ho portato copia del 2006, vengono confermati i diritti di informazione, di partecipazione, di formazione e di formazione. Viene riconosciuto anche il ruolo dell'RLS, cioè del rappresentante sindacale dei lavoratori per l'ambiente, che ha l'agibilità politica e sindacale rispetto al territorio e alla sua comunità.
  Analogamente, bisogna stabilire la non ricattabilità del lavoro rispetto a criticità ambientali e, quindi, ragionare anche in termini di cassa integrazione verde. Dopo i fatti dell'Ilva e gli eventi tragici della terra dei fuochi noi vogliamo che il lavoratore tuteli se stesso, la sua comunità e il suo lavoro avendo tutelato il suo ruolo di denuncia di eventuali comportamenti scorretti del proprio datore di lavoro. Queste questioni sono ben enunciate nel contratto nazionale dei chimici. Noi non chiediamo, dunque, la sostituzione della legge ai rapporti e alle relazioni sindacali, bensì un supporto della legge all'espansione di diritti sindacali già stabiliti.
  Quella che vediamo noi è una green economy che diventi livello di partecipazione e di valorizzazione del lavoro e del ruolo dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali. Noi riteniamo, come sindacato, di dover portare il nostro contributo specifico e che tale nostro contributo si sostanzi soprattutto nel mestiere vecchio, ma sempre entusiasmante e capace di essere pervasivo, della contrattazione. Ciò significa rendere ogni posto di lavoro un luogo di indirizzo e di proiezione verso la green economy.
  Dobbiamo dare forza allo scenario europeo 2050, allo scenario low carbon. In merito noi riteniamo che il dibattito nel nostro Paese sia veramente un po’ sconcertante. Non c’è molta consapevolezza di questo scenario, che pure è così vicino. Il 2050 è uno scenario molto ravvicinato, rispetto al quale ci sono, nella misura in cui noi anticipiamo tutti i processi tecnologici, produttivi e organizzativi che questo determina, possibilità per noi di giocare un ruolo all'interno della competizione internazionale. Se rimaniamo in una situazione di attesa, in una situazione tardiva, rischiamo di perdere l'occasione.
  Alla fine degli anni Cinquanta, come ci ricordiamo, alcune scelte energetiche importanti di questo Paese hanno segnato lo sviluppo straordinario del boom economico e della trasformazione di questo Paese. Aver pensato a un soggetto come l'ENEL per garantire l'elettricità in tutti i comuni, anche quelli più sperduti dell'Italia, o aver pensato all'attività dell'ENI rispetto agli idrocarburi ha significato posizionare l'Italia in una situazione strategica di quel ciclo di sviluppo economico. Oggi noi ci troviamo di fronte a un'altra situazione eccezionale, quella dell'economia low carbon, e dobbiamo riposizionare, a partire da queste due aziende, scelte strategiche che ci faranno ritrovare nei prossimi anni, nei prossimi decenni, in una situazione diversa.
  Qual è, infatti, lo scenario energetico dei prossimi anni ? È quello della produzione distribuita, della produzione di fonti rinnovabili diversificate, perché questo è un Paese che ha anche la geotermia, l'eolico, l'acqua, l'idrico, il sole e via discorrendo.
  Dobbiamo fare un grosso lavoro sull'efficienza energetica degli edifici. L'Europa pone al 2019 per gli edifici pubblici e al 2021 per gli edifici privati vincoli per edifici a consumo di energia quasi zero. Noi riteniamo possibile anticipare queste date del 2019 e del 2021 del Piano Europa almeno al 2016 e al 2018, in maniera tale che tecnologie, prodotti e innovazioni si sviluppino prima. Data la situazione stagnante del settore dell'edilizia, capite che questa può essere una grande opportunità.
  Lo stesso vale per la cosiddetta «rottamazione» dei quartieri. Sull'efficienza energetica degli edifici a partire dagli anni Sessanta noi abbiamo avuto quasi una Pag. 34disfatta, perché c’è stato un deterioramento, un peggioramento notevole dell'efficienza energetica degli edifici a partire da quegli anni.
  La rottamazione dei vecchi edifici, o la riqualificazione degli stessi, è molto importante. In merito si sta discutendo di fare una legge sul contenimento del consumo di suolo che blocchi le nuove costruzioni rispetto alla rottamazione, alla riqualificazione e al riutilizzo di quelle esistenti. Noi siamo favorevoli, ma allo stesso tempo preoccupati. Dobbiamo rendere, certo, conveniente ed esigibile il meccanismo della rottamazione e della riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, ma rischiamo di porre vincoli ambientali alla possibilità di nuove costruzioni e di non creare certezze e convenienze sulla riqualificazione del già costruito. Su questo tema siamo, quindi, favorevoli, ma con la gradualità che ho precisato.
  Concludo, anche per non rubare tempo al mio collega. Sulla fiscalità ambientale siamo pienamente d'accordo, nella misura in cui va ad alleggerire la pressione fiscale sul lavoro e sulle imprese.
  Siamo d'accordo anche sulla carbon tax. Anche in questo caso è molto importante che essa raggruppi alcune tasse che già ci sono, per esempio sui combustibili e sui carburanti. Noi la vediamo sostitutiva anche dell'ETS. Voi sapete che la Commissione europea mantiene in piedi l'ETS, che non funziona e non ha funzionato. La mantiene in piedi semplicemente per tenere aperto alla finanza lo spazio della lotta ai cambiamenti climatici.
  Noi non siamo mai stati convinti del fatto di mantenere la finanza come strumento della lotta ai cambiamenti climatici. Non è una logica di mercato che può aiutare la lotta ai cambiamenti climatici. Anzi, con la carbon tax forse avremmo uno strumento in più per un ragionamento a livello internazionale sulla tracciabilità della CO2 e, quindi, possibilmente si potrebbe fare un diverso approccio al post-Kyoto perché questa imposta potrebbe essere uno strumento contro il dumping sociale e ambientale.
  Su tutto questo ci vuole un sindacato che porti «dentro casa» queste tematiche. Noi le vogliamo portare nella contrattazione, per esempio introducendo i parametri ambientali come elemento fisso del premio di produttività. Ci sono accordi aziendali in cui il risparmio di acqua e di energia e la riduzione degli scarti sono diventati premi salariali per i lavoratori. Noi vogliamo rendere questo tema strutturale nella contrattazione.
  L'altro obiettivo è quello della giusta transizione. Ci saranno nel futuro lavori che cresceranno, si svilupperanno e si trasformeranno, ma ci saranno anche lavori che scompariranno, che dovranno scomparire. Basti pensare ad alcune situazioni di crisi già in crescendo. Questo significa avere anche un Piano di lavoro che deve accompagnare questa trasformazione verso la green economy.
  Noi abbiamo prodotto una guida europea sulle politiche sindacali. Ve la distribuisco. Vuole essere una specie di vademecum. All'inizio del prossimo anno pensiamo di organizzare un evento sulla contrattazione della green economy, o sul sindacato della green economy.

  PRESIDENTE. Do la parola a Paolo Carcassi della UIL.

  PAOLO CARCASSI, Segretario confederale UIL. Aggiungo qualche considerazione.
  C’è un forte interesse delle categorie alle tematiche della green economy. È una questione nuova, ma che segna comunque una discontinuità. Normalmente, le tematiche ambientali venivano viste come tematiche – il termine che mi viene in mente è questo – «fricchettone», cioè non necessarie. Il mondo del lavoro aveva sovente nei confronti di queste tematiche posizioni come di un surplus.
  Noi stiamo verificando in questo momento, invece, che le stesse categorie di lavoratori ci pongono esigenze collegate allo sviluppo della green economy. Me le pongono gli agricoli, per i quali ovviamente il tema della green economy è fondamentale. Me le pongono gli edili, che, Pag. 35se non avessero avuto il 65 per cento (l'ecobonus), con tutta probabilità avrebbero avuto una situazione assolutamente tragica. Il 65 per cento nei primi dieci mesi ha portato 14,5 miliardi di fatturato fino ad agosto. Gli edili riferiscono che, se non c’è una opzione di questo genere, la loro situazione, in cui sono già andate perse centinaia di migliaia di posti di lavoro, va a farsi benedire.
  Me lo pongono anche i meccanici, i quali afferiscono ad alcune grandi aziende che hanno fatto dell'efficienza energetica un cavallo di battaglia. Questa che adesso vendiamo, la STMicroelectronics, è stata una delle aziende che hanno fatto dell'efficienza energetica un cavallo di battaglia. I meccanici mi pongono la tematica che questo stesso tipo di progetti può servire a determinare qualità. D'altra parte, sta crescendo un po’ dappertutto l'idea che la nostra economia si salva sul piano dalla qualità, ma non sul piano del prezzo più basso, perché il tema del prezzo più basso è probabilmente un elemento che ci mette ai margini.
  Noi abbiamo fatto, altresì, esperienze particolarmente rilevanti con la pubblica amministrazione perché la stessa pubblica amministrazione, sia sul piano degli acquisti verdi, sia su quello della revisione degli immobili, può avere risultati, in termini economici, assolutamente straordinari. Per esempio, abbiamo fatto fare uno studio su che cosa significherebbe rimettere a norma gli edifici più vecchi della pubblica amministrazione, circa 24 milioni di metri cubi per i 65.000 edifici più vecchi della pubblica amministrazione. Ne viene fuori un risparmio complessivo di 92 milioni all'anno, detraendo i costi della ristrutturazione. Questo dunque può anche essere un elemento di volano per l'economia e tutti gli elementi collegati agli immobili nella pubblica amministrazione possono essere un grande volano di crescita, invece che un peso.
  Tutte queste questioni rappresentano interessi concreti del mondo del lavoro per una fascia della nostra produzione, la green economy, che si è dimostrata essere l'unica performante in una situazione di crisi. C’è, quindi, un grandissimo interesse delle organizzazioni sindacali, anche della UIL, nonché una forte volontà di spingere in tal senso.
  Non mi metto a ripercorrere tutte le cose che ci vogliono, perché il ragionamento sarebbe lunghissimo. Credo, però, che il tema della semplificazione normativa e, quindi, della facilitazione, quello di una fiscalità di vantaggio e quello che vede alcuni degli investimenti fondamentali per una green economy – quale, per esempio, la messa in sicurezza del territorio – fuori dal Patto di stabilità e comunque dei suoi vincoli interni, possano costituire filoni all'interno dei quali muoversi e tentare di trovare delle soluzioni. Non ripercorro tutti i diversi provvedimenti che noi riterremmo andrebbero presi, ma questi ci sembrano elementi su cui sarebbe necessario che il Parlamento e il Governo si spendessero per cercare di destinare le poche risorse che in questo momento ci sono nel miglior modo possibile.
  C’è, dunque, un grande interesse e una grande volontà di enfatizzare il tema. Se c’è una volontà di andare a rilevare buone prassi e situazioni, noi siamo assolutamente disponibili a tutti i contributi e a tutti gli apporti. Vi faremo avere la definizione specifica degli interventi nel corso dei primi giorni della prossima settimana, in modo tale che anche sulle singole specifiche misure possiate conoscere la posizione della UIL in materia.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Prima di dare la parola ai colleghi che intendano porre questioni, ne vorrei porre un paio io.
  Si registra, è vero, un cambiamento di atteggiamento delle organizzazioni sindacali, anche perché i settori che «tirano» spesso incrociano variamente, che si parli dell'agricoltura di qualità, delle rinnovabili o dell'edilizia, questo campo della green economy. Peraltro, segnalo il dato interessante, per esempio, dell'indagine Unioncamere-Symbola relativo al fatto che le imprese che hanno fatto investimenti in green economy, che sono circa il 22 per cento, sono quelle che assumono di più e che Pag. 36propongono lavori più stabili (in particolare, è molto maggiore la quota di lavori a tempo indeterminato rispetto alla media).
  Volevo porre, però, due questioni. La prima riguarda il modo in cui i sindacati si rapportano, nella contrattazione, con il Governo. Per capirci, se questa percezione che entrambi citavate è vera, non è altrettanto vero, però, che i leader sindacali, quando aprono ragionamenti, levano una voce forte a sostegno della green economy (penso al documento elaborato con Confindustria, o perlomeno alle tematiche che vengono messe in prima fila quando si tratta con il Governo)...

  PAOLO CARCASSI, Segretario confederale UIL (fuori microfono). No, questo non è vero. Forse lei non ha letto tutto il documento. Per esempio, tutta la parte dell'efficienza energetica è trattata ampiamente, come la parte delle rinnovabili è una delle partite che sosteniamo.

  PRESIDENTE. Nel documento ci sono, ha ragione, queste tematiche, ma io ho in mente, ad esempio, la partita dell’ecobonus, anche perché è una nostra battaglia storica. Onestamente, le dimensioni di quella vicenda sono quelle che lei ricordava. Peraltro, la prossima settimana noi probabilmente avremo un aggiornamento ulteriore che farà anche una quantificazione dei posti di lavoro che sono stati messi in gioco dall'ecobonus nell'edilizia, vale a dire in un settore che è sicuramente il più importante per recuperare posti di lavoro, visto che se ne sono persi una marea.
  Ebbene, quando ci sono stati i passaggi topici su quella vicenda, non c’è stata una forte voce del sindacato. È stata più forte su altri settori che erano meno importanti quantitativamente rispetto a questo. Forse c’è un problema di comunicazione diversa di questa priorità nella fase in cui uno si presenta all'esterno.
  Come seconda questione, vorrei dire che mi è parso molto interessante il riferimento che avete fatto – chiedo, se esiste un vostro documento, se ce lo mandate – e che personalmente io condividerei, al superamento dell'ETS attraverso una fiscalità sulla CO2. A mio avviso, può essere una via d'uscita sulla vicenda attuativa degli impegni di Kyoto e ricordo che a suo tempo accenni in questo senso erano venuti, nella passata gestione, anche dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas.
  Voglio dire che sarebbe a mio avvio condivisibile se adottassimo il criterio dello spostamento della fiscalità dai redditi da lavoro o dalle imprese alle emissioni di CO2 non solo a fini interni, ma anche a fini «educativi» e di antidumping nel rapporto con l'estero. È chiaro, infatti, che un Paese esportatore come l'Italia che mette i dazi fa un atto contro natura. Noi siamo, infatti, uno dei cinque Paesi al mondo che hanno un export manifatturiero con più di 100 miliardi di dollari e se ci mettiamo a porre dazi sulle cose che importiamo, io ho il sospetto che non facciamo, al di là di ogni altra considerazione, un atto molto intelligente. Se, invece, adoperassimo, anche come forma di pressione verso accordi internazionali più efficaci, un ragionamento che, di fianco a una fiscalità interna sulla CO2, tendesse a caricare sui prodotti di importazione una fiscalità legata ai temi ambientali (che è anche una questione che in sede WTO si può difendere meglio, anzi che sicuramente si può tentare di difendere, mentre l'altra non si difende), forse questo cambiamento di strategia potrebbe avere una sua efficacia anche al fine di tutelare le imprese italiane. Se da voi ci venisse una specifica «suggestione» in questo senso, credo che potremmo raccoglierla nel nostro lavoro.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ANDREA VALLASCAS. Leggo una frase dal vostro documento: «Da fatti drammatici come quelli dell'Ilva di Taranto o dalle vicende della Terra dei fuochi si deduce la necessità di rendere generalizzati i diritti di tutela dell'ambiente anche per i lavoratori e i quadri sindacali».Pag. 37
  Parto da questo. Vorrei sapere che cosa state facendo voi, come sindacati, per informare gli operai dei diritti che hanno. State promuovendo dei corsi ai fini di sensibilizzare l'operaio che non siano semplicemente una mera comunicazione delle sanzioni ?

  GIUSEPPE D'ERCOLE, Dipartimento industria CISL. Rispondo dicendo che noi abbiamo acquisito questi diritti ambientali nel contratto dei chimici formalizzato nel 2006. Il settore chimico, uno dei settori con maggiore problematicità e criticità ambientale, nello stesso tempo è stato il settore che, consapevole di dover recuperare più credibilità nei confronti dell'opinione pubblica, ha fatto passi più avanti rispetto al recupero di un'attenzione ambientale.
  In quell'ambito – lei dovrebbe avere anche una copia del capitolo del contratto che ha introdotto questi nuovi diritti ambientali – noi abbiamo sancito nella contrattazione le cose che le dicevo, cioè che i lavoratori devono essere informati e formati sui temi ambientali. C’è un atteggiamento comune delle parti, sia delle organizzazioni sindacali, sia dei datori di lavoro, a un impegno per informare e formare i lavoratori sulla questione ambientale. Di conseguenza, il delegato sindacale diventa rappresentante sindacale anche per la salute, la sicurezza e l'ambiente, inteso come impatto ambientale sul territorio.
  Si tratta di nuovi diritti che noi abbiamo conquistato sul terreno del contratto dei chimici. Una piccola parte è stata anche già esportata nel contratto dei cementifici e della siderurgia, ma noi vogliamo far diventare tutto questo un diritto distribuito e generalizzato. Il mio diritto al salario e al reddito non deve significare che io debba contribuire a inquinare il mio territorio e a non tutelarlo. Io non voglio entrare in contraddizione con la mia comunità e, quindi, la mia impresa deve essere impegnata in una strategia, in un programma di miglioramento ambientale continuo.
  Su questi temi, soprattutto dopo la vicenda dell'Ilva, noi non solo stiamo sviluppando singoli corsi interni di formazione, ma cominciamo ad avere anche – è un prodotto che poi distribuirò – una guida sindacale su come portare il tema ambientale nella contrattazione dei programmi di investimento delle imprese, nei programmi di efficienza.
  Noi riteniamo che il sistema produttivo italiano abbia lavorato molto sulla produttività del lavoro, ma poco sull'efficientamento del consumo dei materiali, dell'acqua, dell'energia. Vorremmo fare della produttività dei materiali e delle risorse un nuovo terreno di contrattazione e anche di condivisione con l'imprenditore.
  Abbiamo anche alcuni contratti. Alla cartiera di Lucca abbiamo maturato premi di 2.000 euro ai lavoratori per i risultati che abbiamo raggiunto sulla riduzione del consumo di energia e di acqua e lo stesso è accaduto anche all'Almaviva di Roma. È un processo nuovo che sta nascendo, che si sta sviluppando e che noi vogliamo generalizzare.

  PAOLO CARCASSI, Segretario confederale UIL. Aggiungo due considerazioni su quello che diceva il Presidente Realacci prima. Nel corso dell'incontro con Confindustria per il documento elaborato in comune, siamo riusciti – lo so perché l'abbiamo fatto proprio direttamente noi – a introdurre questi due temi, quello dell'efficienza energetica e quello delle rinnovabili, che già aprono in qualche modo il discorso.
  In questo momento stiamo giocando la partita, come starete vedendo, su due o tre temi fondamentali, prima fra tutti la questione del reddito. Con ogni probabilità stiamo semplificando moltissimo anche la forma di comunicazione nei confronti dell'esterno. Sentirete che tutti battono soltanto su queste due o tre cose. Questo della green economy però è un tema che sta venendo avanti e sempre più proposto da parte delle organizzazioni sindacali. Tale tema parte dal ragionamento che stavo facendo prima: è proprio dal basso che viene una richiesta di tener conto di Pag. 38questi fattori, perché sono fattori di qualità, di occupazione, di valorizzazione del reddito. Secondo me, questa sarà una tematica fatalmente destinata a crescere.
  Sulla questione di che cosa facciamo per i lavoratori, noi parliamo spesso dei lavoratori. Per carità, in alcune situazioni sono successi fatti assolutamente tragici. D'altra parte, esiste una forma di frode, una forma di dolo, che è anche stata sanzionata dal giudice, o perlomeno che vede in questo momento una grande attenzione. C’è stato chiaramente un'attività delittuosa che ha portato a determinate situazioni, per esempio la questione dell'Ilva. Ci sono stati fatti che si sono svolti nei confronti di quelle che potrebbero essere situazioni che i lavoratori hanno a loro favore e della tutela che il sindacato offre. I nostri RLS sono, a tratto generale, quelli che maggiormente lavorano perché non ci siano danni alla salute. Stiamo parlando della salute interna dei lavoratori, perché sovente la salute interna dei lavoratori è strettamente collegata con la salute esterna.
  Noi abbiamo alcune forme di contatto con i lavoratori sufficientemente sperimentate e amplissime. Gli RLS sono in tutte le aziende. In quasi tutte le aziende, perlomeno nelle aziende medio-grandi, c’è un contatto fra il rappresentante della sicurezza e i lavoratori. Certo, le aziende sovente non facilitano un rapporto di questo genere e, quindi, i primi a essere privati delle notizie giuste che dovrebbero veicolare nei confronti dei lavoratori sono proprio i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza.

  PRESIDENTE. Grazie. Aspettiamo ulteriori informazioni.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di Alleanza delle cooperative italiane.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla green economy, l'audizione di rappresentanti di Alleanza delle cooperative italiane.
  Noi stiamo avviando questa indagine, che chiuderemo nei primi mesi dell'anno prossimo, sulla green economy e stiamo sentendo tutti i soggetti principali. Vi abbiamo chiesto, come a tutti, di fornirci un abstract di cinque cartelle, in maniera tale che potesse essere distribuito a tutti i colleghi parlamentari e che ne potessimo tenere conto nella fase di stesura del documento finale, che sarà ultimato nei primi mesi dell'anno prossimo, perché vogliamo stare dentro il percorso della presidenza italiana dell'Unione europea e anche dell'anno dell'economia verde che è stato indetto dall'Unione europea per il 2014.
  Voi siete un pezzo importante dell'economia italiana. Avete un quarto d'ora per illustrare i vostri punti di vista. Noi cercheremo poi di interloquire e, se ci saranno quesiti, ve li porremo.
  Do la parola ai rappresentanti di Alleanza delle cooperative italiane.

  VINCENZO MANNINO, Coordinatore Alleanza cooperative italiane – Segretario generale Confcooperative. Grazie, presidente. Sono Vincenzo Mannino e il dottor Giovanni Rinaldi è insieme a me. Cercheremo di usare il nostro quarto d'ora in due. Intanto ringraziamo dell'opportunità, che diventa anche un motivo per noi di approfondimento, e sottolineiamo un apprezzamento per questa iniziativa, avendo letto con attenzione il programma dell'indagine conoscitiva. Manderemo la documentazione nei prossimi giorni. Abbiamo preferito mettere a fuoco, con l'occasione di oggi, i contenuti tenendo conto che il mondo cooperativo ha un'articolazione intersettoriale molto vasta. La nostra documentazione comprende, quindi, temi che vanno dalle attività manifatturiere a quelle agricole, a disparati altri servizi.
  Mi limito in premessa ad alcune sottolineature. La prima è che mi sembra che anche i commenti alle calamità naturali di questi giorni, in particolare a quella avvenuta in Sardegna, abbiano messo in evidenza una mentalità ancora molto diffusa, secondo la quale il territorio non viene manutenuto, non viene curato, perché Pag. 39non ci sono risorse, come se questa rientrasse tra le attività a cui ci si dedica quando si dispone di un di più.
  Poiché questo Paese nel medio periodo non avrà un di più, se noi non facciamo uno scatto politico e culturale di mentalità, che mi pare dovrebbe essere il frutto più ambizioso e importante del lavoro che voi state facendo, e se i temi dell'ambiente del territorio non diventano una prima necessità, non risolveremo alcuni problemi.
  Sottolineo poi, con una piena adesione, l'idea che l'elaborazione programmatica vada accompagnata da uno sforzo di individuazione del perimetro non facile, senza il quale, però, il giorno che poi si arrivasse al momento degli incentivi diventerebbe facile imbattersi in qualcuno che indossa un'etichetta, un soprabito, senza che questo corrisponda a una posizione di lavoro reale.
  Mi sembra anche importante, e la sottolineo positivamente, l'idea, forte nell'impostazione dell'indagine, per cui non siamo in presenza di un'antiquata preoccupazione ambientale che si traduce nel non fare, nell'astenersi da iniziative, nel non toccare ulteriormente l'ambiente. C’è invece, al fondo, un'idea costruttiva, che propone di fare e di fare meglio. Questo è il punto di unione tra la necessità e l'opportunità di sviluppo.
  Noi abbiamo avviato il lavoro di ricerca del perimetro dentro le cooperative e abbiamo trovato nel perimetro una ricchezza di proposte che vi documenteremo in modo più analitico. Sono proposte che vanno dalle centinaia di cooperative di produzione idroelettrica nate già all'inizio del secolo scorso su tutto l'arco alpino fino alla rapida diffusione del fotovoltaico e soprattutto al fatto che tutte le più grandi cooperative agroalimentari fanno quasi più investimenti in impianti energetici che nell'attività caratteristica. Hanno una forte cultura del risparmio e dell'efficienza dell'energia rinnovabile.
  Noi abbiamo messo il tema della green economy tra i settori prioritari di promozione di nuove imprese cooperative. La promozione di nuove imprese cooperative è, infatti, la strada privilegiata per il movimento cooperativo di creare occupazione e contribuire a una ripresa della crescita, sia con la produzione di energie rinnovabili, sia con cooperative che operano nei servizi, nell'installazione, nella manutenzione e nella progettazione degli impianti, sia con l'idea della cooperativa di comunità diretta a riportare la vita nelle aree interne con servizi che sono stati, invece, dismessi da altri soggetti.
  Nel merito di alcuni filoni di proposta lascio la parola al dottor Rinaldi.

  GIOVANNI RINALDI, Ufficio innovazione energia ambiente – Legacoop. Con la stessa sinteticità vorrei solamente aggiungere, dal punto di vista generale, che, come avrete capito, per noi la green economy è un modo di ripensare complessivamente l'impresa cooperativa. Non è una questione di settore. Noi riteniamo che questo possa essere, anche da un punto di vista complessivo del Paese, il modo giusto di immaginare una green economy non come qualcosa che riguarda solo alcuni settori, ma come un modo di ripensare in maniera più efficiente e sostenibile il nostro sistema produttivo. Questo tocca, per quanto attiene all'Alleanza delle cooperative e al Movimento cooperativo, tutti i settori.
  Tuttavia, pensiamo che possa essere interessante per voi capire anche dove puntiamo noi. In questo momento noi puntiamo in particolar modo, come ha detto il dottor Mannino, su un uso dei suoli, del terreno, del territorio che sia non solo sostenibile, ma anche innovativo. Lo facciamo nell'agricoltura tradizionale, come ha detto il dottor Mannino, in questo momento, aggiungendo anche la componente energetica, non solo come una componente di aggiunta di reddito, ma anche come un elemento che in prospettiva può ricreare sul territorio un nuovo volano di sviluppo. Lo facciamo anche in aree particolarmente svantaggiate: lo facciamo, ad esempio, con le cooperative di comunità e con le cooperative di montagna.
  Riteniamo, quindi, che l'agricoltura sia essenziale. In questo senso il disegno di Pag. 40legge sul contenimento del consumo di suolo, che sta avendo il suo percorso, il suo iter, anche se faticoso, è per noi uno strumento utile che va in questa direzione. Deve poter essere una chiave di volta per contribuire a invertire un ordine dei fattori che ci ha visto consumare in una maniera non efficiente ciò che noi avevamo.
  Dall'altro lato, riteniamo che uno sforzo grande si debba fare anche nel settore dell'efficienza energetica. Da questo punto di vista sono fondamentali alcune opzioni che noi vi proporremo anche in maniera più dettagliata e che riguardano soprattutto e sostanzialmente la razionalizzazione degli incentivi che esistono, la loro stabilizzazione, se possibile, e anche la loro riduzione.
  Ci farebbe anche molto piacere andare nella direzione di un incentivo unico, di un elemento che possa essere misurabile, ma anche esaustivo di tutte le complesse attività che riguardano l'efficienza energetica. Non si capisce, ad esempio, perché si debba fare lo slalom e decidere tra una forma di incentivo fiscale piuttosto che un'altra forma di incentivazione rispetto a una tecnologia, quando sarebbe più facile, per esempio, utilizzare l'APE, la strumentazione attualmente messa a disposizione per valorizzare e valutare i consumi energetici per legge, come un indicatore in entrata e in uscita a seguito di interventi del punto di efficienza raggiunto sia nell'edilizia privata, sia nella stessa pubblica amministrazione.
  Speriamo che si possa andare in questa direzione, come ripeto, di stabilizzazione degli incentivi, riduzione e semplificazione, perché qui c’è un passaggio importante: uscire da quello che è sostanzialmente un bricolage dell'efficienza energetica che vede centinaia di migliaia di attori e cercare di fare un salto di qualità in una direzione più industriale.
  Naturalmente, un grosso contributo potrebbe venire dalla stessa pubblica amministrazione, la quale dovrebbe cercare di innescare finalmente un processo significativo da un punto di vista quantitativo, oltre che qualitativo, su se stessa che potrebbe sicuramente essere un volano. Anche da questo punto di vista produrremo alcune indicazioni concrete, perché speriamo che possano esservi utili.
  Per quanto riguarda il capitolo dei rifiuti, noi riteniamo che la piattaforma cooperativa possa essere uno strumento utilizzabile nel Paese per invertire la ratio con cui si è gestito fino a oggi il tema dei rifiuti, non solo cioè come servizio pubblico, ma anche per alimentare una vera e propria industria del riciclo e del recupero.
  Proponiamo la piattaforma cooperativa alla vostra attenzione su diversi piani. C’è questo, che ho appena citato, della creazione di un'industria del riciclo, ma, per esempio, c’è anche quello dell'efficienza energetica, che prima menzionavo. Sicuramente fare incrociare oggi gli utenti con i servizi anche da un punto di vista della governance e della proprietà può essere una soluzione efficiente.
  Nel mondo dell'energia, più di cento anni fa, come ricordava il dottor Mannino, l'innovazione tecnologica di allora, che era rappresentata dalle centrali idroelettriche, si incrociò con l'utenza. Ne nacquero le cooperative idroelettriche, che ancora oggi sopravvivono. Si sono rinnovate negli ultimi anni recentemente attraverso il fotovoltaico. Si sono prodotti, non solamente in Italia, ma anche in Europa, moltissimi esempi di gestione di energie rinnovabili in forma collettiva attraverso la piattaforma cooperativa.
  Noi riteniamo che, per quanto riguarda la tematica che voi avete in oggetto per la vostra Commissione, la piattaforma collaborativa che il movimento cooperativo offre dovrebbe essere sviluppata, al di là del fatto che rappresentiamo, in quanto imprese cooperative, un pezzo di questo Paese e che ne portiamo la responsabilità, anche perché è il modello cooperativo che potrebbe incrociare il rinnovamento che nel settore sia dell'ambiente, sia dell'energia, potrebbe essere oggetto di ripresa economica e di un New Green Deal o comunque di un rilancio dell'economia.
  Faremo in modo di inviarvi in queste cinque cartelle alcune proposte dettagliate Pag. 41in questo senso. Mi permetto solo di chiudere con una questione sulla quale abbiamo cercato di lavorare negli ultimi due anni. Poiché anche il tema dell'occupazione, in particolare dell'occupazione giovanile, impatta fortemente sull'ambiente, noi abbiamo lanciato insieme all'ENEA, ormai quasi due anni fa, un progetto per utilizzare il servizio civile giovanile anche sui temi dell'efficienza energetica.
  Con una spesa che, come voi sapete perfettamente, non è enorme si possono formare, e in questo l'ENEA ha dato la sua disponibilità, alcuni giovani che possono provenire dagli ITIS, dagli istituti professionali o anche da corsi di laurea breve in materie tecniche per svolgere quell'azione di efficienza energetica che, peraltro, la pubblica amministrazione deve svolgere, perché dovrà recepire la direttiva europea. Cinquemila giovani all'anno costerebbero qualche decina di milioni di euro e creerebbero un volano successivo sul mercato dell'efficienza energetica, che è un mercato pubblico, oltre che privato. Questo sarebbe un contributo che con poco si potrebbe attivare immediatamente. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a voi. Se posso, vi chiederei di introdurre anche questo tema anche nel contributo che ci manderete, perché, come avete visto, il taglio di questa indagine è esteso.
  Come hanno detto tutti gli interlocutori che abbiamo incrociato oggi, noi non abbiamo della green economy una visione, se volete, tradizionale, ma, come un po’ tutti, dall'OCSE all'Unione europea, la vediamo come una chiave per innovare trasversalmente tutta l'economia. In questo senso lo spettro di azione del Movimento cooperativo è molto esteso.
  Per capirci, se parliamo di occupazione, forse il provvedimento che ha prodotto più posti di lavoro nell'ultimo anno è l’ecobonus. Nel settore dell'edilizia ci sono sicuramente molte cooperative. Se mi è consentita una battutaccia, sicuramente produce molto più lavoro l’ecobonus di quanto non ne producano alcune grandi opere pubbliche su cui ci sono, a volte, pressioni di opinione più forte che non su altri terreni. Sarebbe molto interessante vedere come questo tema si svolge trasversalmente.
  Ad esempio, il Movimento cooperativo, soprattutto Legacoop, è molto forte nel settore della grande distribuzione, in cui c’è un problema di consumi energetici e anche di rapporto con il territorio molto importante. Anche quella è una sede in cui si può fare molto.
  Per quanto riguarda, invece, il settore agricolo, che vede la presenza forte del movimento cooperativo, c’è una gamma di interventi da realizzare. Per esempio, è vero che questa indagine è svolta da due Commissioni, la Commissione ambiente e territorio e la Commissione attività produttive, ma ieri in Commissione ambiente e territorio abbiamo varato una risoluzione che tende ad abbassare il limite previsto per i biocarburanti in Europa, escludendo il food, che, come sapete, è un problema serio. C’è uno spazio, in ogni caso, molto consistente di intervento nel settore agricolo. Penso non solo ai residui agricoli, ma anche alla possibilità di collegare forme di produzione di energia con la riduzione dell'impatto dei grandi allevamenti. In merito ci sono molte iniziative in campo. Quel che vi chiedo è: il Movimento cooperativo cerca di svolgere un ruolo di coordinamento e di indirizzo oppure registra solo le iniziative, che sono tantissime, nei singoli settori ?
  Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  GIOVANNI RINALDI, Ufficio innovazione energia ambiente – Legacoop. Noi cerchiamo, come associazioni del Movimento cooperativo, di svolgere un'azione in questo senso. Ricordo che da alcuni anni governiamo con alcuni programmi nazionali...

  PRESIDENTE. Peraltro, da persona interessata ai fatti, io vedo anche in maniera favorevole il fatto che si crei una forma di coordinamento forte fra le diverse centrali delle cooperative, non per semplificare le audizioni parlamentari, ma affinché Pag. 42emerga un soggetto unitario che penso possa essere protagonista, purché abbia delle idee.

  GIOVANNI RINALDI, Ufficio innovazione energia ambiente – Legacoop. Non sfuggiamo assolutamente alla richiesta. Stiamo governando e lo stiamo facendo insieme, non solo risparmiando sul taxi per venire in audizione alla Camera. Lo facciamo anche perché il Movimento cooperativo possa portare un suo contributo. Lo stiamo facendo. I settori che lei ha ricordato e le azioni che si stanno facendo in questi settori lo dimostrano.
  Facciamo un po’ fatica a far capire, però, quanto, oltre a essere imprese cooperative e a rappresentare milioni di soci, siamo anche una piattaforma che può essere utilizzata al di là delle stesse associazioni. Che cosa voglio dire con questo ? Il nostro è un modello che noi riproponiamo, per esempio, nel settore delle biomasse. Per avere biomasse che siano possibilmente a chilometro zero e che non lascino gli impianti a metà senza produzione bisogna coinvolgere il maggior numero possibile di stakeholder. La piattaforma cooperativa, non necessariamente nella forma cooperativa, ma anche attraverso una rete di impresa, è un modello che noi proponiamo.
  Nel campo dell'efficienza energetica, come dicevo prima, l'esperienza delle cooperative di utenti, l'associazione e l'aggregazione di domanda possono essere una risposta anche alla crescita dei costi per le famiglie della stessa energia elettrica, come hanno recentemente dimostrato associazioni di consumatori che hanno portato questo tipo di piattaforma sul mercato.
  Noi abbiamo, quindi, anche un po’ l'ambizione in questo settore di rappresentare un modello che va al di là delle nostre stesse imprese, pur essendo le nostre imprese ovviamente il nostro core business di associazioni. Vorremmo in questo senso cercare di avere un dialogo con le Istituzioni che ci consenta di portare le eccellenze che noi abbiamo, le nostre buone esperienze. Lei ha citato prima la cooperazione di consumatori, che è sicuramente all'avanguardia.
  Se affrontiamo il tema, per esempio, dal punto di vista dell'efficienza energetica, hanno innovato negli ultimi anni sicuramente molto più dei loro competitori della grande distribuzione attraverso impianti fotovoltaici e azioni di messa in efficienza di tutte le strutture industriali, come la catena del freddo e via elencando.
  Abbiamo anche, però, l'ambizione di rappresentare un modello sul quale vorremmo confrontarci con le istituzioni per capire quanto possa essere utile. Quanto può essere utile fare aggregazione di domanda oggi sul mercato elettrico ? Quanto può essere utile mettere insieme stakeholder sul territorio per salvaguardare, per esempio, i territori ? Quando una cooperativa di montagna realizza un impianto di biomasse, mette anche in sicurezza quel territorio, perché lo fa partecipe del valore che viene creato. Non è un valore che viene esportato da quel territorio. Rimane su quel territorio e valorizza ancora di più quell'impianto. Non riguarda solamente l'impianto, ma anche la raccolta delle biomasse boschive e, quindi, la tenuta dei boschi.
  Noi vorremmo cercare di raffigurare sempre di più questo tema con le nostre proposte, che sono sicuramente tecniche, nei confronti delle leggi di spesa e degli incentivi, ma anche di dialogo istituzionale che vorremmo lanciare.
  Le cooperative di fotovoltaico, per esempio, in forma di proprietà collettiva potrebbero essere, sommessamente, un'esperienza che, finiti gli incentivi, può essere riproposta. Diversamente, avremo poche decine di migliaia di famiglie che potranno continuare a immettere impianti. Forse in forma collettiva questo fenomeno potrebbe, invece, avere una dimensione maggiore.

  VINCENZO MANNINO, Coordinatore Alleanza cooperative italiane – Segretario generale Confcooperative. A proposito di aggregazioni aggiungo solo una battuta sull'agricoltura. Probabilmente tornerete ad ascoltare la voce delle cooperative agricole Pag. 43in questa sala se, come immagino, avrete in audizione Agrinsieme, che rappresenta l'aggregazione dei nostri settori, di Confagricoltura e della CIA. Altri contributi specifici arriveranno in quel canale.
  Peraltro, l'industria agricola è giustamente sottolineata perché è un settore nel quale la linea naturale di sviluppo della cooperazione agricola produce risparmio, efficienza e uso ottimizzato dell'ambiente. A mano a mano che si rafforza la filiera, infatti, diminuiscono lo spreco e i costi di produzione, di trasporto e di trasformazione.
  Inoltre, voglio sottolineare, e chiudo, che nel campo delle biomasse le nostre attività sono prevalentemente concentrate sul sottoprodotto, sullo scarto, con un ricorso del tutto marginale ed eccezionale alle culture dedicate, solo su terreni marginali, esauriti e non altrimenti utilizzabili. Anche questa è una posizione forte e comune del mondo cooperativo agricolo.

  PRESIDENTE. Nel ringraziare i nostri ospiti, dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di ANCI.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla green economy, l'audizione di rappresentanti di ANCI.
  Noi abbiamo voluto svolgere un ciclo molto fitto di audizioni, chiedendovi anche di sintetizzare in cinque cartelle le vostre priorità, perché vogliamo fare un giro a 360 gradi e perché il nostro obiettivo è chiudere quest'indagine conoscitiva nei primi mesi dell'anno prossimo, in maniera da incrociare sia l'anno dell'economia verde dell'Unione europea, sia il percorso che porta al semestre italiano e, quindi, mettere un po’ insieme le due cose.
  In questo senso non potevamo non ascoltare con attenzione il contributo che viene dall'ANCI. Abbiamo mezz'ora di tempo, perché poi abbiamo l'ultima audizione della giornata, che riguarda il mondo universitario.
  Do la parola all'assessore all'ambiente del comune di Torino.

  ENZO LA VOLTA, Assessore ambiente comune di Torino. Buonasera a tutti. Grazie per questa opportunità. Mi chiamo Enzo La Volta, sono assessore all'ambiente, all'innovazione, alle Smart City e ai lavori pubblici della città di Torino. Con l'ANCI abbiamo prodotto un documento, che naturalmente lasciamo agli atti della Commissione, che sintetizza le priorità che, a seguito di un'attività di approfondimento con molte amministrazioni e con molti comuni italiani, l'ANCI ha condotto.
  Noi vorremmo approfittare di questa opportunità (chiedo scusa per la voce, ma arrivo da Pechino, dove non si respira benissimo) per rivendicare qual è e quale potrà essere, con il vostro supporto, il ruolo delle pubbliche amministrazioni, in particolare degli enti locali e dei comuni, nell'ambito di un'ipotesi di sviluppo sociale ed economico orientata alla sostenibilità.
  È inutile che precisi in questa sede che si sta rafforzando una coerenza tra le dinamiche europee e comunitarie. Quanto agli atti di indirizzo in particolare, guardiamo con molta attenzione all'ottavo Programma Quadro e a ciò che è mainstream, cioè Smart City. Le comunità intelligenti sono città orientate a migliorare la qualità della vita e il contesto anche dal punto di vista dei consumi energetici. Ci piace e ci convince molto il fatto che una strategia comunitaria possa suggerire alle amministrazioni di perseguire obiettivi misurabili.
  Forse l'elemento più significativo è che, per una volta, abbiamo la possibilità, attraverso il rafforzamento di strumenti a cui abbiamo già aderito – penso al Patto dei sindaci e a tutte le opportunità precedentemente assunte da molte amministrazioni italiane – di traguardare gli obiettivi nel medio e lungo periodo e di provare a scandirli. Questo è uno dei compiti che l'ANCI si è prefissa: provare a immaginare momenti di verifica del raggiungimento degli obiettivi che, nella maggior parte dei casi, sono esattamente coerenti a quelli della prossima programmazione dei fondi europei. È inutile che li Pag. 44ribadisca qui, ma sono il contenimento delle emissioni in atmosfera per almeno il 20 per cento, la riduzione dei consumi energetici per almeno il 20 per cento e l'incremento da fonti rinnovabili per almeno il 20 per cento.
  Molte amministrazioni, in realtà, nella redazione dei propri Piani di azione hanno superato anche questa soglia. Ci sono città medio-grandi in Italia che immaginano al 2020 di raggiungere soglie importanti, come addirittura il 40 per cento di riduzione delle emissioni in atmosfera.
  Tutti questi obiettivi sono praticabili se, oltre alla coerenza con una strategia, le amministrazioni hanno a disposizione alcuni strumenti. Devo denunciare il fatto che le amministrazioni ne hanno sempre di meno e che la curva è divergente. Mentre crescono l'attenzione e la consapevolezza da parte delle amministrazioni su questi temi, anche perché cresce la consapevolezza da parte dei cittadini, gli strumenti a disposizione degli enti locali, invece, sono sempre minori.
  Solo per fare qualche esempio, ma la scheda a vostra disposizione è già ampiamente esaustiva, quando parliamo, per esempio, del tema energetico, voi sapete che la maggior parte dei consumi si concentrano proprio nei contesti urbanizzati e che, quindi, le città sono, oltre che protagoniste, anche responsabili.
  Nel momento in cui un'amministrazione è consapevole del fatto che ridurre i consumi energetici vuol dire provare, per esempio, a efficientare il proprio patrimonio edilizio e le risorse sono scarse e molto spesso insufficienti, provare a immaginare, per esempio, di tenere insieme la necessaria manutenzione del patrimonio pubblico quale, in termine prevalente, quello scolastico con interventi di efficientamento energetico potrebbe voler dire contemperare due esigenze nello stesso tempo, ma anche – metto un accento su questo tema – garantire un minor impegno di risorse in futuro. L'investimento in conto capitale per interventi di efficientamento energetico produce inevitabilmente alcuni risparmi sulla spesa corrente. Ormai abbiamo alcuni dati che ci supportano in tal senso. Questo avviene in un breve periodo.
  Una delle riflessioni, che però non è oggetto della nostra interlocuzione, che animano ormai diverse amministrazioni è, per esempio, il tanto evocato non rispetto del Patto di stabilità. Laddove si riuscisse a quantificare in una soglia che noi avevamo immaginato anche solo bassissima, intorno all'1 per cento del bilancio delle singole amministrazioni, il limite che non è obbligatorio per le amministrazioni rispettare, potrebbe esserci un impegno in questa direzione ?
  Questo significa, e lo preciso perché le due Commissioni sono riunite congiuntamente, non solo perseguire gli obiettivi che coerentemente le amministrazioni stanno seguendo nell'ottica di quanto suggerito dalla Commissione europea, ma anche, come è a voi ben noto, praticare azioni di sviluppo economico. Se io intervengo su un manufatto che ha bisogno di una manutenzione e lo faccio in un'ottica di risparmio energetico, in quel momento investo risorse in conto capitale e ho un beneficio sulla spesa corrente, ma, nel frattempo, sto praticando anche un'azione di sviluppo economico, perché sto facendo lavorare imprese preferenzialmente del territorio.
  Il tema dell'energia nelle città è dunque fondamentale. È un tema su cui la consapevolezza è molto sviluppata. È un tema sul quale, peraltro, pongo un accento particolare, perché le imprese vi ripongono una fiducia importante. Sono sempre maggiori le sollecitazioni che arrivano alle città, agli enti locali, da parte di imprese che operano in questi settori e che vogliono, anche attraverso la semplice condivisione di informazioni e di dati, provare a concorrere a celebrare il tanto retorico rapporto pubblico-privato attraverso azioni concrete che sostengano interventi di risparmio energetico.
  Quello delle città intelligenti è un tema che, al netto di una retorica che molto spesso non piace neanche a noi, suscita interesse e attenzione: mette nelle condizioni le amministrazioni di svolgere un atteggiamento di coopetition, cioè di competizione Pag. 45cooperativa, per cui l'infrastruttura di rete intelligente, quale è diventata ancor di più l'ANCI in quest'ultimo periodo – parliamo di Smart City – si preoccupa di fare in modo che le città abbiano a disposizione i migliori strumenti e che possano anche praticare una diffusione e una condivisione di buone pratiche utili a evitare errori e a perseguire efficienza.
  Da questo punto di vista – lo ribadisco ancora perché le Commissioni sono congiunte – tengo anche a dire che, quando parliamo di città intelligenti, ormai non parliamo solo della coerenza delle città con quanto la Commissione europea richiede, ma anche di un lessico che accomuna buona parte degli sforzi che molte città nel mondo stanno facendo. C’è un livello di attrattività dei territori che vogliono misurare i propri sforzi e diventare intelligenti anche da parte di grosse e medie aziende nazionali e internazionali. Le nostre città sono oggetto di attenzione da parte dei grossi player perché questi grossi player immaginano le città come spazi dimostrativi.
  Nel momento in cui noi immaginiamo che la green economy, e noi ne siamo convinti, possa essere una chiave di lettura per immaginare un nuovo modello di sviluppo economico, sociale, culturale e ambientale per il futuro del nostro territorio, le città non possono che essere i luoghi privilegiati. In questa attività lo sono di fatto e non possono che continuare a esserlo in futuro. Se ne stanno accorgendo naturalmente, anzi se ne sono già accorti anche i soggetti economici, soprattutto quelli che nella strategia Smart City in realtà vedono più l'opportunità di business, che a noi interessa ovviamente meno.
  Passo a un altro tema delle città intelligenti, che è assolutamente complementare. Se mi è consentito, faccio solo un esempio sul tema della ricerca abbinata all'energia per introdurre il tema del trasporto pubblico locale e, più in generale, della mobilità, che noi vorremmo intelligente.
  Noi ci troviamo molto spesso, come enti locali, a non far fronte alla capacità di raccogliere le opportunità che derivano da investimenti pregressi in ricerca nell'ambito energetico. Faccio un esempio su tutti. Laddove una regione investe su un progetto di ricerca per uno switch da un pullman con motorizzazione vecchia a uno con motorizzazione elettrica, noi abbiamo un investimento pubblico che in quel momento viene fatto e che molto spesso viene complementato da un investimento privato. Un esempio a voi sicuramente noto è quello di Pininfarina in Piemonte, dove il sistema pubblico ha messo a disposizione 2 milioni di euro e 2 milioni sono stati stanziati dall'azienda stessa. Questi 4 milioni di euro hanno prodotto, in sintesi, la possibilità di trasformare un pullman con una motorizzazione euro 0 o euro 1 in un pullman al 100 per cento elettrico. Grazie all'ANCI noi abbiamo avuto modo anche di sperimentare in giro per altre città questo pullman.
  Porto questo esempio per andare su un punto preciso. A distanza di un anno abbiamo verificato la possibilità di poter garantire una produzione sul nostro territorio, in particolare in un comune vicino a Torino, di questi pullman, il che significa occupazione, posti di lavoro, ma anche naturalmente l'opportunità, in fase di sostituzione necessaria delle nostre flotte, di poter immaginare che questo switch sia coerente con quanto dicevo prima e con quanto dovremmo fare nelle nostre città.
  Ho esposto tutto questo per affermare che è vero che questo Governo ha ribadito l'importanza degli investimenti importanti sul trasporto pubblico locale, che continuano, però, ahimè, a non essere sufficienti. È anche vero, però, che questo tipo di attività che coniugano sviluppo economico e sostenibilità ambientale producono ulteriori risorse. Quel pullman, per fare un esempio concreto, costa meno della metà di un pullman nuovo, con la differenza che i pullman nuovi – per dirla proprio tutta – che per lo più sono oggetto del public procurement delle nostre amministrazioni, vengono spesso prodotti all'estero.Pag. 46
  Questo, invece, sarebbe il frutto di un progetto di ricerca finanziato dal nostro sistema pubblico e oggetto di un'attività di recupero anche di pullman pregressi. Esso vedrebbe un'iniziativa di occupazione che naturalmente è scalabile, anche se in una prima fase non può che essere contenuta alle 100 unità, come ci dicevano pochi giorni fa i protagonisti di questa esperienza.
  Ho fatto questo esempio specifico per dire che i sistemi locali green economy riguardano anche questo, cioè la capacità di non disperdere le poche risorse che si hanno a disposizione. È sciocco immaginare che un investimento in ricerca importante non venga recuperato, soprattutto laddove produce economia e lavoro e mette nelle condizioni di perseguire gli obiettivi ambiziosi che citavo prima.
  Sul trasporto molte amministrazioni ormai sono fortemente sollecitate. Ricordo a questa Commissione, anche se forse è tautologico, che i maggiori stimoli ormai arrivano direttamente alle città da parte dei cittadini, sempre più consapevoli su questi temi. Laddove le amministrazioni investono sempre più faticosamente in strumenti quali il car sharing, il bike sharing, la sostituzione graduale delle flotte maggiormente inquinanti e impattanti, lo fanno con la consapevolezza che, nel frattempo, sta crescendo la consapevolezza anche da parte dei cittadini.
  I primi interlocutori naturalmente sono i sindaci e gli amministratori locali. Noi abbiamo il dovere di fornire risposte immediate e concrete a chi molto spesso dimostra, dal mio punto di vista – scusate se è troppo di parte – una consapevolezza che rischia di essere superiore a quella della politica attuale.
  Sempre sul fronte energetico voglio fare un esempio concreto di superamento del perimetro delle risorse pubbliche. Voi conoscete benissimo lo strumento delle Energy Service Company, le cosiddette ESCO. Noi abbiamo un problema nel nostro Paese, per cui la maggior parte delle ESCO che millantano di essere tali in realtà per dimensione, ma anche per competenze molto spesso, non sono comparabili ad altrettante esperienze europee. Qualcuna, però, nel nostro Paese c’è.
  Laddove esiste una ESCO che rappresenta l'opportunità di poter interloquire non solo col pubblico, ma anche con i soggetti privati di un territorio, noi abbiamo un'importante opportunità dimostrativa. Tuttavia, siamo fermi. Noi vorremmo stimolare anche il mercato dell'efficienza energetica sul patrimonio privato, ma non lo possiamo fare, perché non siamo sufficientemente credibili. C’è un pezzo di economia reale che sta dietro il tema dell'efficienza energetica, per esempio, del patrimonio edilizio privato che è pronto a esplodere, a partire. Le città possono svolgere questo compito, anzi devono svolgere questo compito, ma devono essere sufficientemente credibili. Io non posso invitare la cittadinanza della mia città a svolgere attività di cappottatura degli edifici o di sostituzione degli infissi, se buona parte del mio patrimonio edilizio è particolarmente energivoro.
  Le ESCO sono utili sia ai privati cittadini, sia ai soggetti pubblici. Noi abbiamo molte sollecitazioni da questo punto di vista. Naturalmente, la ESCO, per come funziona, e voi lo sapete benissimo, ha bisogno di essere un soggetto sufficientemente bancabile e questo, purtroppo, nel nostro Paese, in questo momento, non è. Anticipare l'investimento garantendosi il recupero sul risparmio prodotto è un'operazione non praticabile concretamente. Dal punto di vista teorico il sistema è perfetto e funziona, noi lo usiamo anche nei nostri dibattiti e lo raccontiamo con una dovizia di particolari che arriva a essere ineccepibile, ma dal punto di vista concreto è impraticabile.
  La bancabilità è un elemento, ma anche la capacità di adottare strumenti come dei fondi di rotazione è importante. Stiamo parlando di recuperare delle risorse, non di dover investire nuove risorse. Stiamo parlando della capacità, nel momento in cui io intesto a una ESCO questo immobile, di poter far sì che, a parità di risorse, perché la mia bolletta rimane inalterata, per un periodo determinato io abbia quel soggetto che, oltre a praticare Pag. 47un'azione di sviluppo economico, perché farà lavorare il serramentista, l'artigiano e via elencando, riuscirà a efficientare e anche a migliorare e a qualificare il mio patrimonio edilizio.
  Poiché è oggetto di discussione in questi giorni anche il tema delle dismissioni degli immobili pubblici, vorrei farvi notare che è molto più facile immaginare che nell'interlocuzione con un soggetto privato, laddove io voglia praticare una dismissione o una semplice concessione per una gestione di un edificio pubblico, si agisca in condizioni di efficienza energetica.
  Noi ci stiamo misurando, come città di Torino, ma questo vale per molte altre città, col tema dell'impiantistica sportiva, che è macroscopico, se lo consideriamo sul fronte di ciò che ci è rimasto in eredità dell'evento olimpico. Ci troviamo ad avere in gestione in questo momento una parte di patrimonio olimpico che ha bollette energetiche insostenibili. Lo sono per l'amministrazione locale, ma sicuramente anche per tutti coloro i quali possono interagire e interloquire con l'amministrazione in progetti, per esempio, gestionali. Le ESCO sono un soggetto al quale noi guardiamo con interesse e le soluzioni sono molto semplici: la leva bancaria e ovviamente quella del Patto di stabilità, nella forma che dicevo prima.
  Mi piacerebbe, ma avremo modo probabilmente di parlarne, ed è comunque presente nella nota, condividere anche gli sforzi che stiamo facendo sul fronte dei rifiuti, in particolare sul tema di recupero di materia. Ci sono alcune filiere ambientali che, grazie alla revisione ANCI-CONAI e allo sforzo che l'ANCI sta facendo a livello nazionale, sono nelle condizioni di recuperare risorse.
  In sintesi, quello che ci tenevo a trasferire a questa Commissione è che tutti gli sforzi che l'ANCI e le città stanno facendo in questo momento nel nostro Paese rappresentano il risultato di anni di ingegneria e di creatività. Siamo arrivati a un livello tale per cui la consapevolezza su questo tema nell'ANCI in particolare è talmente alta che è sufficiente riuscire a garantire alcuni strumenti economici e finanziari per attivare una serie di opportunità che sono pronte a essere sviluppate e che, in tutti i casi, rappresentano un utile supporto a ipotesi di sviluppo economico nel nostro territorio. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Proverò io a porre alcune questioni. Ho visto l'appunto, che è largamente condivisibile, e ho sentito le vostre considerazioni. Per essere anche pratici, condividendo lo scenario, il primo punto è: perché l'ANCI non si dota lei di un'ESCO da mettere a disposizione dei comuni ? Voglio dire, perché non c’è un servizio più coordinato da parte dell'ANCI in materia ? Sappiamo tutti che, in molti casi, il recupero del capitale investito avviene in un tempo non lungo. Inoltre, mi preoccupa che gli stadi olimpici abbiano bollette tanto alte, perché non sono stati costruiti nel secolo scorso. C’è stato evidentemente un deficit di progettazione in quegli stadi perché già si poteva avere un'idea, quando sono stati costruiti, del fatto che il problema dell'energia fosse da tenere d'occhio.
  Come secondo punto, condivido lo scenario delle Smart City, che è di grande interesse. Può traguardare i nuovi fondi comunitari, che in larga parte sono destinati all'ambiente attraverso canali vari da coordinare. Non è detto, però, che l'Italia sia in grado di farlo, perché non è detto che le istituzioni italiane siano attrezzate per intercettare le griglie dei nuovi fondi comunitari. Spesso essi sono legati a presupposti di carattere ambientale che non necessariamente ricadono, visti i precedenti, nella capacità di progettazione dell'insieme dei soggetti destinatari dei fondi europei. E non parlo della città di Torino, ma penso a come sono stati usati i fondi comunitari in generale, o a come non sono stati usati e a come abbiamo ancora molti residui arretrati, anche se sono d'accordo che il tema delle Smart City può, in questa direzione, essere sicuramente interessante. Quanto al trasporto pubblico locale, conosco l'esperienza di Pininfarina, che trovo sicuramente interessante.
  Volevo però porre due problemi un po’ più specifici. In primo luogo, sono d'accordissimo Pag. 48sul Patto di stabilità. Peraltro, la Commissione ambiente e territorio, quando ha approvato all'unanimità una risoluzione in occasione del cinquantenario del Vajont, chiedeva fortemente lo sblocco del Patto di stabilità per fondi finalizzati alla messa in sicurezza del territorio. In merito, però, c’è un problema anche con il sindaco di Torino, nonché presidente dell'ANCI (con cui ho avuto modo di parlare qualche settimana fa a Longarone) ed è un problema che si riproporrà, credo, anche in sede di approvazione della legge di stabilità per il 2014.
  Capisco la logica dell'ANCI, perché è una logica di orgoglio comunale, ma il fatto è che il suo presidente dice: «Sblocchiamo il Patto di stabilità e poi ognuno fa come gli pare» (estremizzo i termini della questione, ovviamente perché non era proprio questo che lui diceva). Comunque sosteneva che non si può vincolare lo sblocco del Patto di stabilità.
  Su questo io non sono d'accordo. Lo sblocco del Patto di stabilità va vincolato, a mio avviso, ad alcune priorità. Se poi uno mi dice che non ha problemi di gestione di assetto del territorio, ha tutti gli edifici che non hanno problemi di consumi energetici e le scuole che non hanno problemi di sicurezza antisismica, faccia quello che vuole. A monte, però, occorrono priorità che devono essere dettate, altrimenti, per come è fatto il Paese reale, c’è il rischio che allo sblocco del Patto di stabilità senza un'adeguata capacità progettuale corrisponda il tirar fuori dai cassetti progetti elaborati quindici anni fa e che magari oggi o sono invecchiati o servono a poco. C’è un problema di questa natura, che credo nel prossimo periodo saremo chiamati ad affrontare.
  Quanto agli edifici scolastici, i fondi stabiliti per l'adeguamento degli edifici scolastici – è proprio un'informazione che vi chiedo – si stanno attivando veramente ? Questo è uno dei pochi punti in cui, al di là degli annunci del Governo, le risorse disponibili non erano scarsissime: erano diverse centinaia di milioni di euro. Vorrei capire se ci sono davvero, se sono state attivate davvero, oppure se è una cosa non veritiera.
  Infine, c’è la partita dei rifiuti. Voi sapete che a questa Commissione verrà assegnato il disegno di legge in materia ambientale collegato alla legge di stabilità 2014, che per quanto se ne sa dovrebbe contenere anche norme che prorogano e posticipano gli obiettivi della raccolta differenziata per i Comuni. Ora io capisco il realismo di tener conto che quegli obiettivi non sono stati raggiunti quasi da nessuno, ma il segnale che verrebbe dato se chi ha fatto le cose per bene alla fine venisse messo insieme a chi non ha fatto le cose per bene o per tempo è un segnale che non mi piace. Non è un segnale positivo. C’è una parte degli enti locali che ha fatto o raggiunto quegli obiettivi o ci si è molto avvicinata e un'altra che non l'ha fatto: questo è il dato. Allora, secondo me, il tema è che bisogna capire qual è il giusto punto di mezzo su come impiegare le risorse che, in ogni caso, devono essere raccolte da penalizzazioni a carico dei comuni che non hanno rispettato i termini di legge, peraltro fissati con anni di anticipo. L'idea che io ho è, magari di lavorare per contenere le penalizzazioni e per garantire la loro effettiva destinazione a interventi, da porre in essere da parte dei comuni, per il potenziamento dei livelli di raccolta differenziata e per il rafforzamento della filiera del riciclo.
  Peraltro, a questo medesimo scopo dovrebbe servire un ragionamento concreto sugli acquisti verdi. Dovrebbe servire a creare filiere privilegiate per i materiali di recupero. Inoltre, ed è un problema che abbiamo già affrontato qui con l'ANCI e con il CONAI, nella revisione dell'accordo ANCI-CONAI sarebbe opportuno che, accanto al capitolo sul come «far partire» quei comuni che non hanno fatto nulla finora sul fronte della raccolta differenziata, che è un problema, ci sia anche il capitolo sul come privilegiare «darwinianamente» chi fa raccolta differenziata in quantità e in qualità migliori.
  Gli enti locali non sono tutti uguali. Poco fa, mi dicevano che il comune di Pag. 49Benevento è passato dal 10 al 60 per cento di raccolta differenziata in 18 mesi. Sappiamo però che non è così in molte altre situazioni, inclusa la capitale d'Italia, per non parlare di Napoli.
  E io non credo che sia un segnale utile per il Paese e per i cittadini il non far capire qual è la direzione da intraprendere.
  Detto questo, ovviamente penso che il ruolo delle istituzioni locali e dei comuni nella partita dell'economia verde, della green economy, dell'economia di qualità sia centrale. Questo ça va sans dire. Anche voi, però, siete chiamati, se posso fare una considerazione, a fare meno sindacato e più tendenza.
  Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  ANTONELLA GALDI, Responsabile Area ambiente ANCI. Se posso, fornirei io qualche risposta, visto che è stata chiamata in causa l'associazione rispetto al rapporto con gli associati e alle doverose attività di supporto che devono essere messe in campo.
  Per l'ANCI è chiara la necessità, in questo campo specifico, ma anche in altri, di poter dotare i propri associati di strumenti di supporto concreti. Con questo spirito noi ci siamo rapportati con molte amministrazioni centrali, proprio a valere di risorse finanziarie significative, di fondi comunitari, in particolare con il Ministero dell'ambiente, ma anche con il Ministero dello sviluppo economico.
  Per quanto riguarda il POI Energia, abbiamo portato avanti una serie di tavoli che si sono poi concretizzati anche con alcune misure specifiche che hanno visto ANCI soggetto attuatore per accompagnare le amministrazioni comunali a condurre attività di diagnosi energetica. Questa attività era poi propedeutica al poter realizzare direttamente gli interventi e, quindi, allo svolgere questo ruolo di supporto concreto alla realizzazione degli interventi con l'obiettivo di velocizzare la spesa rispetto a uno strumento che ha registrato, in maniera anche molto pesante, per il periodo attuale di programmazione dei fondi europei, fortissimi ritardi.
  Purtroppo, rispetto alle nostre richieste, che andavano effettivamente a garantire un supporto ben più strutturato alle amministrazioni comunali, ci siamo visti ridurre sempre più l'ambito di intervento. Ultimamente, nella fase proprio di accelerazione della spesa, che era stata avviata precedentemente con un'interlocuzione molto forte con il Ministro Barca, tutte le nostre proposte, che andavano proprio nel senso di colmare quel gap e dare all'associazione strumenti attuativi per accompagnare questi processi, sono rimaste senza risposta.
  In particolare, tali proposte guardavano alle amministrazioni di piccola dimensione, che a volte, seppur beneficiarie di finanziamenti, non sono poi in grado di gestire gare che hanno un impatto economico particolarmente consistente, perché non hanno una struttura adeguata. Questo avrebbe potuto essere un ruolo che l'associazione si era candidata a svolgere, ma, purtroppo, con scarsi risultati in termini di riscontro da parte delle amministrazioni centrali preposte.
  Stiamo facendo altrettanto oggi nella fase di negoziazione con il Ministro Trigilia, in particolare guardando al tema delle aree interne. Questa sperimentazione riguarderà le amministrazioni di piccola dimensione delle aree periferiche del Paese, in particolare aree montane, nelle quali sappiamo che c’è una forte sensibilità proprio all'utilizzo delle tecnologie, abbinate anche alla sostenibilità ambientale e all'impiego delle fonti rinnovabili. Ci piaceva poter essere partner concreto e, quindi, attuatore insieme alle amministrazioni centrali in favore dei comuni.
  Le proposte spesso vengono considerate con favore, ma poi trovano scarsa corrispondenza in termini di misure attuative. Questo comunque non ci fa perdere di coraggio, perché continueremo a portare avanti queste richieste e ci auguriamo che nella prossima programmazione dei fondi europei per il periodo 2014-2020 ci possa essere qualche cosa di più sostanzioso per aiutare le amministrazioni locali.Pag. 50
  Per quanto riguarda la legge di stabilità, io non ero presente e, quindi, non conosco le posizioni del Presidente Fassino in materia...

  PRESIDENTE. Non mi riferivo alla posizione di Fassino in sede di legge di stabilità. Mi riferivo al suo intervento a Longarone, all'Assemblea dei comuni veneti, in cui lui, con molta nettezza, ha enunciato questa posizione, che, ripeto, io capisco in via di principio, perché è una questione di orgoglio comunale («noi siamo quelli bravi, diteci come fare e noi ce la caveremo»). Io, però, non sono d'accordo. Se non si crea una filiera, c’è il rischio – non faccio i nomi – che i fondi vengano usati in direzioni sbagliate. Capisco comunque la logica.

  ANTONELLA GALDI, Responsabile Area ambiente ANCI. Infatti, il criterio era proprio quello di individuare anche la misurabilità e di incentivare coloro che effettivamente dimostrano di avere le capacità di poter far bene. Ultimamente è sempre stata portata avanti l'idea di attribuire riconoscimenti a chi si comporta in maniera virtuosa e di differenziare rispetto alle singole amministrazioni.
  La difficoltà era anche quella di evitare la criticità complessiva delle regole del Patto di stabilità, che vengono messe in discussione. Noi ci ritroviamo, ogni volta che stiamo parlando di un singolo settore, sia esso la sicurezza urbana o la sostenibilità ambientale, a dire: «Escludiamo questo comparto, perché è strategico». È ovvio, però, che tutto diventa strategico per un'amministrazione. Fare esclusioni specifiche per filiere verticali ci sembra un voler accantonare un problema che è più generale delle regole complessive.

  ENZO LA VOLTA, Assessore ambiente comune di Torino. L'esempio puntuale riguardava la possibilità di condividere con voi il fatto che questo è uno dei casi in cui l'investimento in conto capitale produce un risparmio. Era questa la specificità. Se parliamo di sicurezza o di altre iniziative, tale risparmio non è sempre verificabile.

  PRESIDENTE. Proprio per questo chiedevo se sia possibile che l'ANCI si doti di una sua struttura finanziaria che supplisca a un meccanismo di progetto di finanza su scala locale e aggiri il Patto di stabilità. Banalmente, le ESCO esistono, ma bisognerebbe che fossero controllate.
  I temi sollevati sono tanti, alcuni importanti. Per esempio, c’è un problema enorme anche sulle certificazioni energetiche degli edifici. Il tema delle certificazioni energetiche diventerà sempre più centrale non solo nelle politiche energetiche ambientali, ma anche nella valorizzazione immobiliare. È chiaro che, quando arriveranno le certificazioni in classe A e A+, che sposteranno sempre più (perché spostano anche le bollette) il prezzo delle case, voi dovreste avere la garanzia che quelle certificazioni siano fatte in maniera credibile e omogenea. Oggi così non è. Oggi, purtroppo, ci sono professionisti che, per modica quota, certificano che sei Naomi Campbell anche se sei Tina Pica. Questo non aiuta l'evoluzione positiva verso il futuro. Voi sollevate, infatti, giustamente il problema.
  Io faccio un ragionamento. Da un lato, si dovrebbe avere una strumentazione che, perfino a Patto di stabilità vigente, dovrebbe consentire ai comuni di fare le cose che dite voi e che io condivido totalmente. Dall'altro, c’è il problema di consentire ai comuni che hanno risorse di investire tali risorse in politiche di pubblico interesse, che, peraltro, sono spesso ad altissime ricadute economiche e occupazionali su scala locale.
  Quanto a queste politiche, che coincidono piuttosto largamente con politiche di natura ambientale securitaria, siano esse la manutenzione del territorio, il risparmio energetico o la messa in sicurezza, lo ripeto (io ad esempio ho sempre l'ansia di quel 50 per cento circa di scuole che sono state costruite prima delle norme antisismiche e penso sempre che nessuno potrà commentare a cuor leggero, quando e se dovesse accadere che dei bimbi muoiano per un terremoto in una scuola fatta in quella maniera), secondo me c’è bisogno di una scala di priorità, perché non è la Pag. 51stessa cosa mettere in sicurezza antisismica una scuola o costruire una piscina. Io credo che una griglia di priorità sia necessaria nell'uso di fondi svincolati dal Patto di stabilità interno. Ovviamente, chi non ne ha bisogno di quegli interventi, potrà fare altro. Non è il cuore del ragionamento, ma solo uno spunto.
  Nel ringraziare i nostri ospiti, dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione del prof. Angelo Riccaboni, rettore dell'Università di Siena (Università coordinatrice per il Mediterraneo del progetto delle Nazioni Unite di una rete per la sostenibilità ambientale).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla green economy, l'audizione del professor Angelo Riccaboni, rettore dell'Università di Siena (Università coordinatrice per il Mediterraneo del progetto delle Nazioni Unite di una rete per la sostenibilità ambientale).
  Ci scusiamo perché è venerdì sera, ma abbiamo voluto ugualmente ascoltarla. Le abbiamo chiesto di produrre una nota sintetica da distribuire a tutti i deputati. Come ha visto, noi stiamo avviando una consultazione a 360 gradi nell'ambito di questa indagine conoscitiva, che è svolta insieme dalla Commissione ambiente e territorio e dalla Commissione attività produttive, sulla green economy.
  Stiamo ora sentendo un po’ tutti i soggetti economici, sociali e istituzionali. Prima abbiamo audito l'ANCI, i sindacati e le cooperative. Sapendo che l'Università di Siena ha un ruolo particolare di coordinamento in area mediterranea sui temi dello sviluppo sostenibile, ci interessava capire come questo tema incrociasse anche la programmazione e le missioni delle università.
  È chiaro che questo è un tema che noi non vediamo come limitato ad alcuni segmenti – fonti rinnovabili, risparmio, riciclaggio dei rifiuti – ma esteso a un cambiamento generale del modello economico che deve potersi valere anche della più importante fonte di energia esistente, che è l'intelligenza umana, quella che inquina di meno.
  Do la parola al rettore Riccaboni.

  ANGELO RICCABONI, Rettore dell'Università di Siena. Grazie dell'invito. Mi fa molto piacere avere questa opportunità. Se siete d'accordo, spenderei due parole su MED Solutions e UN-SDSN, giusto per presentare l'iniziativa. Poi vado al tema che il presidente mi richiamava. Ho portato anche del materiale con me per illustrare di che si tratta.
  Tutti conoscete le questioni post-2015, dopo i Millennium Development Goal, in particolare l'esigenza di andare oltre tali obiettivi. L'ONU ha incaricato Jeffrey Sachs, il presidente dell'Earth Institute della Columbia University e coordinatore del progetto, di creare un network di università e centri di ricerca particolarmente focalizzati sui temi dello sviluppo sostenibile. L'Università di Siena ha l'onore di coordinare le attività di tutto questo network mondiale per quanto riguarda il Mediterraneo.
  È da un anno che è partito questo progetto. È stato presentato, pochissimi giorni fa, dopo un anno a Ban Ki-moon il report e noi siamo onorati del fatto che in questo report si parli anche del nostro progetto, perché per fortuna siamo considerati una buona pratica.
  Si sta lavorando in maniera molto intensa, ma su che cosa ? Gli obiettivi di questo network sono principalmente due. Uno è quello di alimentare il dibattito sui Sustainable Development Goal, o comunque saranno chiamati quelli che verranno dopo il Millennium. Si tratta di un dibattito molto importante. Il nostro gruppo ha già presentato a Ban Ki-moon una prima proposta.
  Il secondo argomento del network è quello di individuare, promuovere e possibilmente anche finanziare soluzioni sui temi dello sviluppo sostenibile. Difatti, si chiama Network SDSN, che significa Sustainable Development Solutions Network, in cui la solution è proprio quello che ci interessa più di tutto. Come ben sappiamo, Pag. 52infatti, sullo sviluppo sostenibile ci sono tante chiacchiere. Bisogna, invece, focalizzarsi sulle soluzioni.
  Non è facile farlo, naturalmente, perché bisogna individuare, come diceva giustamente il presidente, i frutti dell'intelligenza e della ricerca, che però siano già a un determinato stato di sviluppo. Non c’è, infatti, il finanziamento per la ricerca di base, ma quello per l'attuazione di soluzioni basate su iniziative già mature.
  In particolare, tanto per fare alcuni esempi, l'ENI finanzia un approccio all'accesso all'energia per i Paesi dell'Africa che sta consentendo di facilitare la produzione di energia per piccoli villaggi. Novartis Foundation finanzia, invece, una figura di paramedico molto dotata dal punto di vista tecnologico per fare, in giro per i villaggi subsahariani, una sorta di consulenza assistita dalla tecnologia.
  Come Mediterraneo, la grossa iniziativa che noi stiamo seguendo come flagship initiative è quella che riguarda le microplastiche, un tema estremamente importante. Purtroppo, manca di integrazione fra i diversi attori e mancano anche le informazioni. Siamo lieti, anzi non dobbiamo essere lieti, dovremmo essere lieti che non ci fosse il problema, ma, visto che c’è il problema, siamo colpiti dal fatto che ci sia stata una risposta molto forte.
  Peraltro, noi siamo finanziati dalla Columbia per le spese generali, il personale e via elencando, ma poi i finanziamenti sui singoli progetti vanno reperiti. Su questo tema si sta trovando una risposta interessante, tra l'altro, anche con la Fondazione Principe Alberto II di Monaco, che, come sapete, è molto attenta ai temi del Mediterraneo.
  Questo è il punto per quanto riguarda, in termini molto sintetici, l'argomento di che cosa fanno SDSN a livello mondiale e MED Solutions per il Mediterraneo. Vorrei aggiungere soltanto che SDSN lavora su tredici...

  PRESIDENTE. Con il tema delle microplastiche nel Mediterraneo si allude soprattutto alla situazione del mare ?

  ANGELO RICCABONI, Rettore dell'Università di Siena. In questo momento c’è un focus su questo aspetto, ma, in linea con la Convenzione di Barcellona, c’è un allargamento anche a quello che viene prima e a quello che viene dopo. Per esempio, prima c’è il tema del waste management, il tema dell'inquinamento, e poi viene il tema della health, ossia della salute, tant’è che, e questa è la forza anche di questo network, in virtù dei legami e anche delle entrature che permettono le Nazioni Unite, in questo progetto post-plastiche c’è anche Craig Venter, lo scienziato che ha sequenziato il genoma umano, perché si pone il tema degli elementi patogeni trasportati da queste microplastiche.
  In effetti, come è evidente, il tema non riguarda solo che cosa sono le microplastiche, ma da dove vengono e poi, purtroppo, dove vanno. È un tema che sta caratterizzando le nostre attività, che è molto interdisciplinare e che, quindi, va molto bene con l'università o, come diceva lei giustamente, con le università.
  Non riguarda, infatti, solo l'Università di Siena. Siena ha l'onore di fare da facilitatore, ma ci sono già 15 aderenti a questo network su 100 globali. Siamo solo all'inizio, perché non si è fatta nemmeno un'attività di promozione. Non so se sono stato chiaro, ma questo è il contenitore.
  Il presidente alludeva poi al tema della green economy in maniera più dettagliata. Io ho molto apprezzato il vostro programma. Se si parte con questo programma, siamo già un bel pezzo avanti. Esso dà per scontato tante cose, per fortuna, nel senso che siamo già a un livello dal quale andare molto avanti non è facile.
  Non sto a tediarvi con questioni ben note, che sono riportate nel documento. Comincio magari, in cinque minuti e non di più, lanciando una provocazione. Io sono, peraltro, un'aziendalista e, quindi, ho un taglio legato all'impresa, che mi scuserete. Ho questo difetto.
  Parlando di pannolini, ogni anno nell'Unione europea sono prodotti 25 miliardi di pannolini, che equivalgono a 32 volte la Pag. 53distanza tra la Terra e Luna e a 300 giri dell'equatore, per un valore di un miliardo all'anno.
  Perché faccio riferimento ai pannolini ? Perché nel 2010 ad Arezzo è stato lanciato un pannolino ecologico con dei biopolimeri. Questa avrebbe dovuto essere una grande iniziativa di marketing, ma anche di sostanza. Sapendo che ci sono 25 miliardi di pannolini prodotti nell'Unione europea, l'ideatore si è lanciato con grande arguzia in questo settore nel 2010. Nel 2013, però, la WIP, azienda produttrice di biopannolini, va in liquidazione.
  Mi permetto di fare questo richiamo – so che avete già visto tanti casi – anche per evidenziare che ci sono i casi di successo, che sono importanti, ma che sono importanti anche i casi di insuccesso. Questo è un esempio in cui un prodotto che, raccontato così, sembra di successo per forza – su 25 miliardi qualcuno comprerà i pannolini biodegradabili – purtroppo, invece, non lo è stato. Questa azienda ha chiuso dopo nemmeno tre anni.
  Ci saranno altre ragioni sicuramente, figuriamoci. La prima colpa sarà delle «banche cattive», ma io portavo questa come provocazione perché voi sapete bene – penso che sarà stato anche più volte evidenziato durante questi incontri, ma si riscontra anche nel documento che avete alla base degli stessi – che questo settore è molto importante e promettente, ma che c’è anche molto simbolismo. Ci sono molte ipotesi di lavoro, ma concretamente non sempre hanno sostanza.
  Non sto a tediarvi sui vantaggi dell'attenzione da parte delle imprese ai temi della green economy. Non ce n’è bisogno. Metto, invece, in evidenza tre fattori simbolici, tre momenti in cui il simbolismo e la formalità spesso vincono. Su questo fronte io credo che dobbiamo lavorare, se vogliamo far sì che ci sia veramente una presenza della green economy come driver di sviluppo.
  In primo luogo, si parla di imprenditori. Gli imprenditori vanno in questa direzione solo se c’è vantaggio. È inutile fare tanti discorsi. Bisogna trovare i modi per i quali gli imprenditori abbiano un vantaggio. Sui pannolini non sono stati in grado di comprendere il business e questo è saltato.
  In secondo luogo, i consumatori, oggi più che mai, stanno attenti al prezzo. Ci sono molte nicchie, ma ci sono anche molte attenzioni al prezzo.
  Il terzo punto è un po’ più tecnico forse, ma ve lo propongo. Se c’è bisogno, possiamo poi approfondirlo. Si parla di integrated reporting, ossia di reportistica integrata, ma quello che serve non è l’integrated reporting, bensì l’integrated management. Ci vuole, cioè, una gestione dell'azienda che sia attenta su questi argomenti sia in senso orizzontale, cioè nella dimensione economica, sociale e ambientale, sia in senso verticale, allineando veramente strategie, piani e comportamenti.
  Secondo quello che ho letto anche nel vostro programma e che credo sia giusto, io condivido pienamente la vostra proposta di andare a studiare i casi sul territorio. Voi la descrivete nel documento. Pongo anche la disponibilità per quanto riguarda la nostra rete a sostenervi, in particolare con il caso interessante di Arezzo, perché è un luogo vocato alle piccole e medie imprese, dove c’è anche una discreta attenzione a queste tematiche. Peraltro, abbiamo un progetto con Confindustria della Toscana meridionale in accordo anche con Confindustria nazionale su questi argomenti. Condivido, dunque, pienamente il tema della visita sui territori. Siamo a disposizione per discutere sia casi di successo, sia casi di insuccesso, perché ci possono insegnare molto.
  Chiudo sul tema dei possibili incentivi. Come sappiamo, gli imprenditori devono trovare il vantaggio se vogliono andare in questa direzione, cioè devono trarre giovamento dal vantaggio competitivo che può derivare dai settori tipici della green economy. Voi già conoscete alcune questioni, ma io mi permetto di riportarle. Sono interessanti la deduzione dell'IRAP dello 0,5 per cento da parte della regione Toscana per le aziende certificate SA 8000, Pag. 54oppure la previsione di ottenere un punteggio positivo nei bandi per chi è certificato.
  Noi stiamo cercando di definire insieme ad alcuni istituti di credito in Toscana una sorta di rating di sostenibilità. Non è una questione semplice. C’è, però, «stranamente» l'interesse delle aziende e le banche sembrano piuttosto ben disposte. Questo è un tema sul quale si sta lavorando. Non siamo ancora in grado di portare dei risultati, ma credo che potrebbe essere una delle piste per l'evoluzione.
  Chiudo rispondendo anche a una sollecitazione del presidente. L'internazionale è un tema che va affrontato. Particolarmente con la Grecia noi stiamo definendo un progetto di confronto su PMI e sviluppo sostenibile. Perché la Grecia ? Perché ci siamo resi conto che anche in Grecia si sta alimentando quel tipo di piccola imprenditorialità legato alle produzioni locali e alle caratteristiche del territorio, che loro non hanno mai avuto e che ora, dopo la crisi, stanno cercando un po’ di sviluppare. Questo è un tema, invece, un po’ più forte da noi.
  Io sono a completa disposizione per approfondire i punti che ho appena ricordato. Nel materiale troverete l'illustrazione di MED Solutions e la proposta sui Sustainable Development Goal. Al di là di questa occasione anche in futuro sarò certamente a disposizione, insieme al network, per lavorare insieme, se ce n’è bisogno.

  PRESIDENTE. Grazie, professore. Noi ci auguriamo che il network abbia pieno successo e forse la sfrutteremo ancora prima di terminare il lavoro di questa indagine conoscitiva, che si concluderà nei primi mesi dell'anno prossimo. Se lei, invece, ha voglia di inviarci ulteriori contributi mentre siamo ancora in fase di redazione del documento finale, saranno ben accetti.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 17.30.