XVII Legislatura

VIII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 21 di Mercoledì 3 febbraio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Realacci Ermete , Presidente ... 3 

Audizione, nell'ambito dell'esame in sede referente della proposta di legge C. 2212  Daga, recante «Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico», del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento) :
Realacci Ermete , Presidente ... 3 ,
Galletti Gian Luca , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 3 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 9 ,
Daga Federica (M5S)  ... 9 ,
Manfredi Massimiliano (PD)  ... 11 ,
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 12 ,
Borghi Enrico (PD)  ... 13 ,
Bratti Alessandro (PD)  ... 14 ,
De Menech Roger (PD)  ... 15 ,
Galletti Gian Luca , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 15 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 17 

ALLEGATO: Documentazione consegnata dal Ministro dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare ... 18

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ERMETE REALACCI

  La seduta comincia alle 8.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera, nonché la trasmissione diretta sulla web tv.

Audizione, nell'ambito dell'esame in sede referente della proposta di legge C. 2212 Daga, recante «Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico», del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti, nell'ambito dell'esame in sede referente della proposta di legge C. 2212 Daga, recante «Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico».
  Ci scusiamo con il ministro per l'orario, però era importante svolgere l'audizione prima della scadenza del termine degli emendamenti fissato per la giornata di domani.
  Do quindi la parola al ministro per la relazione.

  GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Signor presidente, onorevoli parlamentari, accolgo con piacere l'invito della Commissione a svolgere una relazione su un tema delicato e rilevante, tanto per il nostro sistema Paese, per il suo tessuto produttivo, quanto per la vita di ciascun cittadino, coinvolgendo le esistenze materiali di ognuno e l'insieme dei diritti.
  L'efficienza del servizio idrico in Italia oggi è una sfida che dobbiamo ancora vincere, una sfida complessa che incrocia inefficienze antiche e carenze strutturali croniche con sprechi che sono inammissibili per un bene tanto prezioso.
  Il Governo sta operando in questo campo con assoluta determinazione. Il nostro obiettivo è rendere gli standard del nostro servizio idrico degni in tutte le regioni di un Paese civile e progredito quale l'Italia, un obiettivo di civiltà in cui è in gioco l'affermazione di un diritto fondamentale, quello dell'accesso all'acqua per tutti.
  In accordo con il presidente, ometterei di dare lettura della parte della mia relazione nella quale vi è una semplice descrizione degli articoli della legge, che di certo già conoscete, passando direttamente alla pagina 8 della relazione, relativa a Il principio «chi inquina paga» (o «chi usa paga») e la tutela della risorsa idrica.
  Prima di tutto merita di essere evidenziato con la massima chiarezza possibile un aspetto: chi è interessato alla tutela dell'ambiente con specifico riferimento al settore dell'acqua deve concentrare la propria attenzione sull'esigenza di tutelare lo stato della risorsa idrica al meglio delle possibilità di cui oggi disponiamo. Ad oggi, qualunque politica del settore che voglia dirsi ispirata a princìpi ambientalisti non può rinunciare a prendere sul serio il principio della tutela della risorsa idrica. Pag. 4
  Per comprendere come ciò possa avvenire, conviene prendere le mosse dal fondamentale principio, stabilito in sede di diritto dell'Unione europea, del cosiddetto «chi inquina paga» o «chi usa paga». Tale principio nelle sue linee generali comporta che chi con il suo comportamento determini effetti pregiudizievoli per l'ambiente, sia nella forma dell'inquinamento, sia nei termini dell'uso di una risorsa naturale limitata come l'acqua, venga chiamato a sopportarne i relativi costi.
  Questo principio, per quanto qui specificatamente interessa, è posto nel Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (articolo 191) e ribadito in termini puntuali nella direttiva quadro sulle acque. Evidentemente, una normativa che non fosse in linea con il menzionato principio sarebbe in contrasto con il diritto dell'Unione europea e la sua adozione sarebbe pertanto preclusa al legislatore nazionale.
  Al di là di tale aspetto, tuttavia, deve essere evidenziata l'enorme importanza che il pieno rispetto del principio del «chi inquina paga» riveste per la tutela dell'ambiente. Se si vuol perseguire una politica ambientalmente corretta, volta a preservare lo stato di conservazione della risorsa idrica, il primo passo è quello di incentivare comportamenti virtuosi, evitando il suo uso non consapevole.
  In tal senso, del resto, dispone espressamente la direttiva quadro sulle acque, che impone agli Stati membri di organizzare il servizio idrico in modo tale che sia garantita la copertura dei relativi costi con le politiche dei prezzi che incentivino l'uso efficiente delle risorse, così da contribuire al perseguimento degli obiettivi ambientali della direttiva stessa.
  Al riguardo deve essere precisato che la politica tariffaria deve essere volta, oltre che al conseguimento di un razionale utilizzo della risorsa, anche a garantire l'equilibrio economico-finanziario, ovvero l'autosufficienza della gestione, raggiungibile attraverso l'equilibrio fra i costi dei fattori produttivi e i ricavi risultanti dalla gestione.
  In quest'ottica, un'adeguata politica dei prezzi dovrebbe garantire il riconoscimento a tutti gli usi e servizi idrici del giusto prezzo, che tenga conto del loro costo economico reale, la compressione della domanda di risorsa idrica con riduzione dell'impatto sui corpi idrici, un'allocazione efficiente delle risorse idriche, con effetti favorevoli sull'uso e sull'inquinamento.
  Conformemente a questo principio, attualmente le tariffe vengono impostate in modo da risultare crescenti a scaglioni di consumo, aumentando così all'aumentare della quantità di acqua consumata. Bisogna peraltro evidenziare che per il servizio idrico integrato la misura di ripristino ambientale maggiormente rilevante è quella relativa alla depurazione delle acque reflue. Nella tariffa è infatti compresa una quota specifica intestata alla depurazione. In questo modo chi più consuma e più inquina più paga.
  In sintesi, da quanto detto finora deriva innanzitutto la conseguenza secondo la quale il regime giuridico del servizio idrico deve garantire l'integrale copertura dei costi e a tale copertura deve seriamente concorrere un equo, ma congruo, esborso economico a carico del singolo utilizzatore, tenuto conto delle differenti finalizzazioni. A titolo esemplificativo, una cosa è l'utilizzo ai fini industriali, altra cosa è l'utilizzo ai fini familiari o agricoli. Per finalità di tutela ambientale risulta dunque da escludere un regime di generale gratuità per l'uso dell'acqua.
  L'accesso all'acqua rappresenta un presupposto irrinunciabile per una vita dignitosa, a tal punto da poter costituire l'oggetto di un diritto soggettivo fondamentale. I princìpi costituzionali ci impongono di tener conto anche di questo fattore nel delineare lo statuto giuridico dell'utilizzazione delle risorse idriche.
  Il principio «chi inquina paga» e la connessa internalizzazione dei costi ambientali possono e debbono trovare la loro attuazione in modo da tener conto di tale aspetto. La stessa direttiva quadro acque del resto evidenzia come gli Stati membri debbano provvedere a un adeguato contributo al recupero dei costi del servizio in funzione dell'incidenza dei vari settori di Pag. 5utilizzo, sulla base di un'approfondita analisi economica, anche tenendo conto delle ripercussioni sociali ed economiche del recupero.
  Sia in base al nostro diritto costituzionale che in base al diritto comunitario è dunque necessario bilanciare il principio della tutela della risorsa idrica sotteso al principio «chi inquina paga» con il diritto fondamentale dell'acqua. In tale bilanciamento è però necessario attenersi a un principio di proporzionalità, facendo attenzione a che le concrete modalità con le quali si garantisce la possibilità di accesso per tutti a questa fondamentale risorsa, eventualmente anche con il ricorso alla fiscalità generale, determinino il minor impatto possibile sul principio «chi inquina paga» e sulle finalità ambientali al medesimo sottese.
  Da quanto appena esposto, deriva la conclusione secondo la quale risultano senz'altro meritevoli e compatibili con le finalità di tutela ambientale della disciplina del servizio idrico le norme volte ad assicurare la disponibilità per ciascun essere umano di un quantitativo minimo di risorsa a scopo di sostegno vitale, che si muovano secondo precise direttive. Innanzitutto è necessario che il quantitativo assicurato sia effettivamente quello indispensabile ad una vita dignitosa e non superi significativamente tale livello, poiché altrimenti si produrrebbero effetti disincentivanti l'uso consapevole della risorsa. A questo riguardo non possiamo tacere la gravità di quei fenomeni di spreco della risorsa idrica a cui troppo spesso assistiamo. L'acqua è un bene prezioso e limitato e il suo dissennato uso è il principale nemico che, tramite la riforma di oggi in discussione, dobbiamo combattere.
  Occorre che la fornitura a carattere sociale sia assicurata a chi ne ha davvero bisogno, ossia quelle utenze caratterizzate da documentato disagio economico, poiché altrimenti la deroga al principio «chi inquina paga» non troverebbe adeguata giustificazione in ragioni di carattere sociale.
  È inoltre necessario che vengano valorizzati il più possibile strumenti endotariffari, che si facciano carico delle esigenze a carattere sociale sopra richiamate, calibrando adeguatamente lo strumento della tariffa, conformemente a quanto previsto dall'articolo 60 del cosiddetto «Collegato ambientale» entrato proprio ieri in vigore.
  La norma infatti dispone che l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, al fine di garantire l'accesso universale all'acqua, assicuri agli utenti domestici del servizio idrico integrato in condizioni economico-sociali disagiate l'accesso a condizioni agevolate alla fornitura della quantità di acqua necessaria per il soddisfacimento dei bisogni fondamentali, modulando adeguatamente la metodologia al tariffario.
  Gli interventi a carico della fiscalità generale che in questo contesto si dovessero ritenere necessari non andrebbero comunque configurati come interventi a pioggia, dovendo piuttosto essere calibrati sulle singole realtà socio-economiche di ciascun distretto idrografico e di ciascun ambito ottimale, tenendo conto delle specifiche esigenze di investimento che caratterizzano i territori, nonché delle diverse ragioni che la pressione sulle risorse idriche ha in ciascun contesto.
  Poiché la risorsa idrica può avere differenti caratteristiche qualitative, che la rendono idonea a diversi scopi e usi, l'individuazione del minimo vitale dovrebbe tener conto anche di queste differenze.
  Una questione di grande importanza è connessa all'importantissimo e ben noto referendum popolare che si è tenuto sul servizio idrico nel 2011. A questo riguardo deve essere evidenziato che spetta alle istituzioni della rappresentanza politica nazionale assumere decisioni chiare sul punto.
  Come è noto, il risultato del referendum è stato quello di escludere la possibilità di remunerare il capitale di rischio investito nell'ambito del servizio idrico integrato. Gli esiti della consultazione popolare devono essere tenuti nella massima considerazione. A questo riguardo, tuttavia, deve essere evidenziato come ad oggi, essendosi rinnovata la rappresentanza politica, spetti a questo Parlamento assumere decisioni circa l'individuazione degli strumenti più Pag. 6idonei per la gestione dell'acqua. Si tratta di una scelta di grande importanza, davvero strategica per il settore che qui consideriamo, scelta che rientra pienamente nelle responsabilità del Parlamento.
  Non si può dunque che vedere di buon grado l'intento, manifestato con la proposta di legge in esame, di far fronte a tale responsabilità. Il disegno di legge qui in discussione assume sul punto una posizione chiara, e mi preme evidenziare che si tratta di un'opzione del tutto percorribile. Ciò che è essenziale è che la gestione sia organizzata, pur in conformità all'indicazione referendaria, in modo tale che vengano rispettati il principio del «chi inquina paga» e del pieno recupero dei costi, secondo quanto già osservato.
  L'eventualità di adottare una scelta del genere è strettamente legata alla questione del regime pubblicistico o privatistico della gestione del servizio. A questo punto, è bene precisare che il suddetto principio «chi inquina paga» e quello connesso all'integrale recupero dei costi del servizio idrico ben possono essere rispettati – almeno in teoria – sia da una gestione privata che da una gestione pubblica. Resta fermo peraltro che una cosa è la proprietà del bene pubblico acqua, altra cosa la gestione del servizio connesso a tale bene.
  Al riguardo, si fa presente che su tali aspetti ci muoviamo nel necessario rispetto delle norme del diritto dell'Unione europea, con particolare riferimento a quello concernente l'affidamento dei servizi di interesse economico generale. Nel caso in cui si scegliesse la gestione pubblica, infatti, si escluderebbe la generazione del profitto a vantaggio del gestore, ma si dovrebbe prevedere che gli utenti del servizio ne sopportino integralmente il costo, anche se senza ricarico economico e fatta salva comunque l'eventuale previsione di strumenti e finalità sociali configurati come già esposto.
  La finalità di tutela ambientale non esclude dunque l'opzione per la gestione pubblica, purché sia sempre salvaguardato il principio del recupero dei costi, secondo quanto si diceva sopra.
  La scelta politica sottesa alla questione dello specifico punto di vista della tutela dell'ambiente impone che ci si ponga il seguente quesito: garantisce una migliore affidabilità in termini di efficacia e di efficienza, ai fini della maggior tutela della risorsa idrica, la gestione pubblica o la gestione privata? L'obiettivo che tutti siamo chiamati a perseguire al riguardo è che, a seguito dell'entrata in vigore della legge di cui stiamo discutendo, non si verifichino più quei drammatici fenomeni di grande spreco della risorsa cui troppo spesso abbiamo assistito. Il peggiore e più insopportabile costo per i cittadini è infatti quello dell'inefficienza.
  Dobbiamo evitare di incentivare comportamenti scorretti, come quello di preferire l'assunzione di grandi quantitativi di personale piuttosto che procedere ai necessari investimenti, di non garantire un'adeguata potabilizzazione delle acque, né la necessaria realizzazione delle infrastrutture di adduzione, fognatura e depurazione. La legge che ci apprestiamo a discutere deve dotare il nostro sistema dei migliori strumenti per farsi carico al meglio possibile di tali esigenze.
  Un ulteriore tema connesso è quello della qualificazione del servizio integrato come servizio a rilevanza economica. Si tratta di una questione importante in questa sede, anche perché, come si è detto, il testo in questione intende esplicitamente escludere tale qualificazione.
  Al riguardo la prima considerazione che si impone è la seguente: in base alla giurisprudenza costituzionale, conformemente del resto all'approccio della direttiva dell'Unione europea, la qualificazione di un servizio nel senso della sua rilevanza economica non è di diritto, ma di fatto, nel senso che è frutto non di una qualificazione normativa, ma di una circostanza di fatto.
  Tale circostanza per la Corte costituzionale consiste nel fatto che il servizio sia organizzato in modo tale da assicurare in un determinato lasso di tempo almeno la copertura dei costi. In questa prospettiva, in virtù di ciò che comporta il già richiamato principio «chi inquina paga», il servizio Pag. 7 idrico non può non essere qualificato come servizio a rilevanza economica, poiché deve essere sempre organizzato in modo che sia garantito il recupero dei costi.
  In particolare, a valle di quanto osservato sin qui, mi preme svolgere qualche considerazione su alcuni aspetti della proposta di legge oggi in discussione. Quella del riconoscimento del diritto dell'acqua come diritto universale da garantire ad ogni cittadino, stabilendo una quantità minima a carico della fiscalità generale, è una finalità di buonsenso, forse anche costituzionalmente necessaria. Il suo perseguimento deve essere tuttavia bilanciato con la tutela della risorsa idrica e il rispetto del principio di proporzionalità. In particolare, è necessario che le provvidenze che si adottino nel perseguire questa finalità non disincentivino i comportamenti virtuosi.
  In tale ottica, peraltro, risulta di grande importanza la predisposizione, fatta propria dal progetto di legge, di strumenti di finanziamento finalizzati a garantire l'accesso all'acqua nelle aree più povere del pianeta, attraverso progetti di cooperazione e di solidarietà.
  Come ho già evidenziato, è di primaria importanza che la politica delle risorse idriche del nostro Paese sia primariamente volta a salvaguardarla quale bene pubblico. Da questo punto di vista il progetto in esame si muove in una direzione decisamente apprezzabile. È da apprezzare ad esempio l'idea di introdurre piani di gestione e di tutela delle acque a livello di distretti idrografici, finalizzati a un governo delle relazioni tra acqua, agricoltura, alimentazione, salute ed energia, e più in generale di adottare la configurazione in distretti e bacini idrografici, quali presupposto di partenza per la pianificazione e organizzazione del servizio idrico.
  Ciò può essere di particolare interesse soprattutto in relazione a quei bacini aventi carattere interregionale, in relazione ai quali ad oggi è tendenzialmente esclusa la organizzazione in un unico ambito. Al riguardo, tuttavia, si deve notare come l'organizzazione del servizio in ambiti ottimali debba tenere in considerazione non soltanto i profili legati alle caratteristiche del bacino idrografico, ma anche quelli connessi alle caratteristiche delle reti, ai profili demografici e ad altre considerazioni.
  Alla luce di tutto ciò, si può concludere che la considerazione della conformazione in bacini idrografici deve certamente essere tenuta presente nella determinazione degli ATO (Ambiti Territoriali Ottimali), ma che andrebbero comunque considerati altri fattori parimenti rilevanti sul punto, conformemente del resto a quanto previsto attualmente dall'articolo 147 del decreto legislativo n. 152 del 2006.
  In chiusura di questo mio intervento, desidero richiamare i principali interventi realizzati dal mio Ministero negli ultimi tempi a tutela delle risorse idriche. A distanza di ben vent'anni dalla legge n. 36 del 1994 istitutiva del servizio idrico integrato, persistono ancora criticità organizzative, gestionali e infrastrutturali che hanno comportato e comportano un grave pregiudizio al Paese, in misura tale da rendere necessario un riordino dell'assetto locale del settore, in modo da assicurare una governance in grado di attuare in modo efficiente il controllo e la vigilanza sulle gestioni e garantirne la trasparenza.
  L'obiettivo del Governo italiano e del Ministero dell'ambiente è stato ed è quello di spingere verso l'attuazione a regime del servizio idrico integrato, facendo leva sulle disposizioni del cosiddetto provvedimento «Sblocca Italia», che hanno posto al centro delle politiche di Governo la corretta gestione del servizio in capo al gestore unico d'ambito, a cui occorre addivenire il più rapidamente possibile, superando un'ormai insostenibile frammentazione che equivale a carenze infrastrutturali, dispendio eccessivo e fuori controllo di risorse, pianificazione non aggiornata, tariffazione non coerente con la regolazione nazionale.
  Nell'ambito del riordino del servizio idrico integrato, disciplinato dall'articolo 3-bis del decreto-legge n. 138 del 2011 e dall'articolo 7 del provvedimento cosiddetto «Sblocca Italia», nel quadro delle disposizioni dettate al riguardo dal testo unico ambientale, il legislatore ha supportato il dovere di provvedere tempestivamente Pag. 8 alla riorganizzazione del settore tramite nuove previsioni, contenenti anche l'introduzione di casi di responsabilità amministrativo-contabile per danno erariale in ragione del comportamento omissivo, nonché l'attribuzione di poteri sostitutivi, sia straordinari che ordinari, agli organi politici statali e regionali a fronte dell'inerzia delle amministrazioni competenti.
  Questo al fine di assicurare una governance del servizio idrico integrato in grado di provvedere prontamente ed efficacemente alla pianificazione, alla programmazione, alla scelta del modello gestionale e all'affidamento del servizio, nonché ad esercitare adeguatamente il controllo e la vigilanza sulle gestioni e a garantirne la trasparenza.
  In ragione di quanto premesso il Ministro dell'ambiente, in collaborazione con l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, si è adoperato per monitorare l’iter di riorganizzazione, provvedendo, ove necessario, a sollecitare le regioni a intervenire con l'esercizio dei poteri sostitutivi normativamente previsti nei confronti degli enti locali e degli enti di governo che non abbiano adempiuto agli obblighi sui medesimi gravanti in base al diritto vigente.
  Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 maggio 2015 sono state diffidate le regioni Calabria, Campania, Molise e Sicilia, in quanto, alla data del 31 dicembre 2014, come stabilito dal decreto legislativo n. 152 del 2006, non avevano ancora provveduto ad individuare l'ente di governo d'ambito. Al momento queste regioni sono sottoposte a un monitoraggio continuo da parte degli uffici del Ministero dell'ambiente e dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, e stanno provvedendo a dare attuazione agli obblighi di cui alle diffide del 14 maggio.
  Con successivi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 dicembre 2015, sono state diffidate le regioni Abruzzo e Basilicata, in quanto i rispettivi enti di governo, sebbene identificati, non sono effettivamente costituiti ed operativi. I termini assegnati per provvedere all'effettiva costituzione di operatività degli enti d'ambito sono di 60 giorni dal ricevimento del decreti stessi.
  Mentre per l'Abruzzo siamo in attesa di riscontro, la regione Basilicata, con la legge 8 gennaio 2016, all'esame dell'ufficio legislativo per eventuali rilievi di costituzionalità, ha provveduto al riordino del servizio idrico integrato e della gestione integrata dei rifiuti, identificando un unico ente di governo.
  Riguardo ai commissariamenti per la depurazione, sempre in coerenza con le disposizioni del provvedimento cosiddetto «Sblocca Italia» per accelerare la progettazione e la realizzazione degli interventi necessari all'adeguamento dei sistemi di collettamento, fognature e depurazione, soprattutto laddove esistano le condanne della Corte di Giustizia e procedure di infrazione in corso, il Ministero dell'ambiente ha esercitato i poteri sostitutivi di cui dispone, ai sensi dell'articolo 7, comma 7, della sopra richiamata legge n. 164, e in particolare sono stati individuati i commissari ad acta su gran parte degli interventi oggetto delle infrazioni per le regioni Basilicata, Calabria, Campania, Friuli, Lazio, Puglia, Sicilia e Veneto. Contestualmente sta procedendo ad altre diffide propedeutiche ad ulteriori commissariamenti, in analogia ai precedenti.
  È ferma intenzione del mio Ministero, in coordinamento con la Presidenza del Consiglio, predisporre un apposito sistema di monitoraggio e controllo per poter ottenere in tempo reale gli stati di avanzamento sulle progettazioni e i successivi lavori che verranno posti in essere dai commissari, avvalendosi dei poteri di impulso e accelerazione che la legge conferisce loro, mutando l'esperienza dei commissari per il rischio idrogeologico adesso in capo ai presidenti della regione.
  L'esperienza dei commissariamenti è dunque da considerarsi funzionale alla messa in regime di un settore che necessita innanzitutto di disporre di pianificazioni aggiornate e in grado di rispettare la normativa comunitaria in materia di tutela delle acque, in coerenza con la direttiva 2060 UE che prevede lo stato di qualità Pag. 9buono per tutti i corpi idrici al 2015 e che rischia di aprire nuovi e più pesanti fronti di contenzioso con la Commissione europea.
  Da qui l'importanza di una regia centralizzata, che accompagni i commissari nella loro attività emergenziale, ma che, al contempo, non distolga l'attenzione dalla vera riforma, che è quella di arrivare quanto prima ad affidamenti a regime e alla scelta del gestore unico d'ambito per il servizio idrico integrato, che vede la depurazione come segmento integrato e finale del servizio.
  Ricordo, infine, che, proprio in considerazione della grande importanza e della notevole complessità degli adempimenti qui in discussione, il Governo si è fatto promotore dell'approvazione, in sede di legge di stabilità 2016, di una normativa volta a rendere più celere ed efficace l'intervento sostitutivo dello Stato a garanzia di importanti diritti fondamentali degli individui, nonché del corretto adempimento degli obblighi europei.
  Per giungere alla definitiva realizzazione degli impianti di depurazione è infatti necessario procedere a una serie di atti strettamente concatenati l'uno all'altro. Ciò rende particolarmente difficile l'esercizio di un efficace potere sostitutivo da parte del Governo, poiché sarebbe necessario o attendere la scadenza di un termine congruo per il completamento della bonifica per procedere alla diffida o agire in relazione a ogni singolo atto, con un'eccessiva burocratizzazione di tutto il procedimento.
  L'articolo 1, comma 814, della legge di stabilità 2016 consente al Governo, nel caso in cui ciò si renda necessario al fine di far fronte a sentenza di condanna o a procedura di infrazione in sede europea, di diffidare gli enti inadempienti alla realizzazione di uno specifico cronoprogramma, con la possibilità, nel caso di inadempimento anche di uno solo degli atti indicati nel cronoprogramma, di una integrale sostituzione fino al raggiungimento del risultato, quindi un commissariamento unico per tutto il processo.
  Si tratta di uno strumento di grande accelerazione dei provvedimenti, che non si può non salutare con favore e di cui il Governo intende servirsi con decisione, ove necessario, al fine di garantire il più celere adempimento degli obblighi europei in tema di depurazione.

  PRESIDENTE. Ringrazio il ministro Galletti per la puntuale relazione, della quale autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
  Nel ricordare ai colleghi che abbiamo a disposizione mezz'ora per interloquire con il Ministro, rilevo che il tema dell'acqua, oggetto della proposta di legge di iniziativa popolare, poi ripresentata a prima firma dalla collega Daga, è molto esteso: proprio in questi giorni abbiamo assistito alla morsa di inquinamento delle città, alla carenza d'acqua in tanti nostri fiumi, alla mancanza di neve sulle montagne, all'arretramento dei ghiacciai. Si tratta, quindi, di una questione che investe più problematiche e con la quale dovremo fare i conti in futuro, partendo dal presupposto, come rilevato nella relazione e anche sulla base delle indicazioni dell'Unione europea, che occorre preservare la risorsa e il suo uso ottimale.
  Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FEDERICA DAGA. Vorrei anzitutto ricordare la provenienza del testo che stiamo analizzando: esso è stato redatto inizialmente nel 2006 da cittadini facenti parte di comitati locali che hanno potuto vedere, già in quel momento, quanto le nuove assegnazioni ai gestori, che si erano trasformate in società per azioni ed erano anche quotate in Borsa, non stessero dando il giusto e corretto servizio alla cittadinanza. Essi hanno redatto quindi un testo, e, raccogliendo 420.000 firme, hanno depositato in Parlamento la proposta di legge che, però, è rimasta un paio di legislature a «prendere polvere» nei cassetti.
  Alla luce della privatizzazione obbligatoria, si è pensato di fare un referendum, i Pag. 10cui risultati sono stati positivi: la finalità del referendum è stata sottrarre dal mercato l'acqua perché è un bene essenziale alla vita, che non serve porre sul mercato. Come persona, infatti, io non posso essere messa sul mercato, essendo fatta per il 75 per cento di acqua, quindi riteniamo che sulla gestione dell'acqua non si possa fare profitto.
  Quale modo migliore per rispettare quel referendum, se non riprendere quella proposta di legge e ripresentarla in Parlamento? È stato fatto tramite un intergruppo parlamentare su invito del Forum italiano dei movimenti per l'acqua, e in questo momento riusciamo finalmente a discuterlo. Il testo vede anche le firme di una serie di parlamentari della maggioranza tramite l'intergruppo parlamentare. È un testo che va ostinatamente in direzione contraria alle linee governative, perché si propone di ripubblicizzare il servizio idrico, cioè riportarlo in capo agli enti locali o comunque a una dimensione democratica più vicina alla cittadinanza, mentre in questo momento le società per azioni che si occupano della gestione del servizio idrico sono lontane dalle esigenze e dalle decisioni dei cittadini. È in via di emanazione un altro decreto legislativo in attuazione della legge delega sulla riforma della pubblica amministrazione, in materia di trasparenza, che impedirà l'accesso agli atti alle S.p.A. partecipate dai comuni, quindi vi è una certa lontananza dalla cittadinanza.
  La linea governativa è quella di creare 4-5 grandi player nazionali, che si occupino di acqua anche a livello internazionale, però in questo modo si arriva alla finanziarizzazione del bene acqua, non alla gestione corretta di un servizio alla cittadinanza, in quanto si arriva a mettere tutto sul mercato e a vendere qualsiasi cosa.
  Il Governo ha apportato una serie di modifiche, contenute nel decreto-legge cosiddetto «Sblocca Italia», nel disegno di legge delega di riforma della pubblica amministrazione, cosiddetta «legge Madia», nella legge di stabilità, e si sta impedendo all'ente locale di fare una libera scelta: il referendum, invece, permetteva di scegliere il tipo di gestione, perché l'Europa lo permette, mentre la normativa emanata dal 2014 in poi sta bloccando gli enti locali nella loro libera scelta sia per questioni di bilancio sia per questioni di volontà politica degli amministratori locali.
  In Italia abbiamo invece ottimi esempi di ripubblicizzazione, che andrebbero promossi ed estesi a tutto il territorio per mostrare come sia stato possibile realizzarli e come stiano funzionando bene. Gli esempi sono quelli di Napoli e di Saracena, un piccolo comune che si è ritrovato ad avere un contenzioso con l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico (AEEG) con riferimento alla tariffa: pur avendo questo comune dimostrato di poter gestire il servizio in totale autonomia, l'Autorità lascia liberi i gestori, tramite il Collegato ambientale, di gestire i distacchi come credono. Il numero dei distacchi, in un momento di crisi, è sicuramente in aumento, quindi o cerchiamo di garantire davvero il diritto all'acqua per tutti, come evidenziato nella relazione, oppure i gestori faranno come vogliono sulla questione dei distacchi e non c'è una reale volontà di offrire il servizio e di garantire a tutti l'accesso all'acqua.
  Il provvedimento cosiddetto «Sblocca Italia», il disegno di legge delega di riforma della pubblica amministrazione, cosiddetta «legge Madia», la legge di stabilità, vanno nella direzione della privatizzazione e delle aggregazioni e del blocco della scelta dell'ente locale su cosa fare. In merito alla qualità delle acque, molto si potrebbe dire sul decreto legislativo n. 31 del 2001, per la cui modifica abbiamo predisposto anche una proposta di legge, perché, alla luce del crescente inquinamento dei terreni e delle falde, bisognerebbe aggiornare le analisi che occorre effettuare e che invece non vengono svolte.
  Non riesco a inserire il concetto del «chi inquina paga», che ha ribadito più volte, all'interno dalla questione del risparmio idrico e delle indicazioni alla cittadinanza per un utilizzo razionale della risorsa, quindi le chiederei un aiuto. La nostra proposta di legge non parla di gratuità della risorsa, essendo una parte a Pag. 11carico dei singoli soggetti, un'altra a carico della fiscalità. Circa la depurazione, i lavori non vengono svolti dai gestori, che prendono comunque la quota in tariffa, la più alta della tariffa stessa; visto che i lavori non vengono effettuati, e siamo «campioni» nella procedura di infrazione europea avviata, che ci porterà a subire un'altra sanzione, perché ben 2.500 comuni non sono in regola, ma le depurazioni seguono la procedura del commissariamento in base alle normative ministeriali.
  Lei dice che c'è tutela e proporzionalità, non disincentivo. In conclusione, le rivolgo solo un piccolo appunto sugli esempi pratici che vi sono in Italia: Saracena è un piccolo comune della Calabria che ha ricevuto un richiamo da parte dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico perché la tariffa era troppo bassa, ma il sindaco è stato bravo, ha effettivamente gestito bene la risorsa, sta gestendo bene le reti, sta dando a tutti il servizio e ha potuto dimostrare di poter mantenere la sua tariffa. Oltretutto, il cosiddetto «Collegato ambientale», in questo momento, glielo permette, ed è stata anche inserita la previsione di premialità per questo tipo di gestioni. Un esempio negativo, invece, è quello della Girgenti Acque, come abbiamo visto nella puntata di Presa diretta di domenica sera andata in onda su RAI 3: Girgenti Acque ha aumentato la bolletta di tre volte, come altri gestori in Italia hanno fatto, ma non ha effettuato tutti i lavori necessari, e sono anni che questo gestore non fa i lavori incassando comunque le tariffe.
  L'esempio più virtuoso che abbiamo in Italia è ABC Napoli, che, sotto un'amministrazione probabilmente illuminata, ha deciso di trasformare la vecchia Arin S.p.A. in un'azienda speciale di diritto pubblico, che sta funzionando bene e ha 8 milioni di euro di utili, che il presidente sta reinvestendo nelle reti. Un grandissimo punto a suo favore è l'inserimento nello statuto della ABC Napoli della partecipazione cittadina attiva all'interno del Consiglio di amministrazione: tutto ciò dimostra che è possibile una ripubblicizzazione, come la stanno facendo anche altri gestori in Europa, perché si sta andando in questa direzione. Mi aspetto quindi che anche il Parlamento dia ascolto a queste realtà e rispetti la volontà popolare del referendum del 2011.

  MASSIMILIANO MANFREDI. Grazie, presidente, grazie, ministro, per la relazione. Credo che la proposta di legge C. 2212 ci dia l'opportunità di offrire un quadro organico sulla regolamentazione della materia idrica, che è uno dei problemi legislativi che abbiamo, laddove una serie di interventi, in questa legislatura ma anche negli anni precedenti, non consente una legislazione organica.
  Affronto rapidamente alcune questioni. Ritengo che partire dalla proposta di legge citata serva anche per introdurre altre questioni che vanno affrontate, ma non sono contenute all'interno della proposta e, quindi, vorrei comprendere alcune sue valutazioni. Ad esempio, nel caso di un incentivo alla gestione pubblica (mi riferisco alla proprietà pubblica, a coloro che gestiscono) un tema molto importante riguarda gli investimenti. Il problema è serio con riferimento alle carenze idriche, ma è anche più serio per quanto riguarda gli aumenti tariffari, anche al di là della remunerazione del capitale, esclusa ormai dal referendum.
  Lei condivide che, per favorire le aggregazioni completamente pubbliche sotto il profilo degli investimenti, possa essere utilizzata la Cassa depositi e prestiti?
  Il «Collegato ambientale» prevede l'introduzione sia della norma sui 50 litri sia altri princìpi importanti, che secondo me devono essere pienamente recuperati: come diceva la collega Daga, alcune vicende sono superate perché risalgono ad alcuni anni fa. Vi è la necessità, che bisognerebbe a mio parere affrontare in questo testo, di prevedere una norma generale sulla morosità e sui distacchi, che tenga conto anche dell'utilizzazione dei 50 litri, perché una cosa è il minimo garantito, altra cosa le fasce da combattere nelle varie regioni italiane che utilizzano la risorsa acqua in maniera abusiva, come anche le pratiche sregolate ed aggressive di distacco della risorsa anche a settori sociali disagiati. Si Pag. 12dovrebbe quindi utilizzare la proposta di legge in esame per normare tali aspetti.
  Inoltre, è importante la partecipazione dei cittadini, come evidenziato nella proposta di legge e come tutti condividiamo: è necessario aumentare il controllo sociale e permettere all'utente di capire quello che paga. Il costo dell'acqua è dato infatti da tre fattori: l'utilizzo della risorsa, il costo dell'investimento (e in passato ci siamo trovati caricati, come adesso non avviene più, grazie ad una norma dell’Authority, di investimenti approvati nel consiglio di amministrazione ma poi non realizzati o non realizzati completamente e subito andati in bolletta) e la depurazione, perché il ciclo deve essere integrato e il costo deve essere completo. La possibilità di avere una tariffa unica, dalla quale possa emergere chiaramente questa differenziazione dei costi, aumenterebbe la possibilità di controllo, permettendo al cittadino, a prescindere dalla tipologia di gestione, di conoscere e controllare quello che viene fatto. Non esiste neanche un sito in cui il cittadino possa controllare i costi e le modalità di gestione delle varie città italiane. Considero questo un serio problema di trasparenza, perché impedisce di compiere una valutazione.
  A prescindere dalle interpretazioni legittime della Costituzione e da quello che è previsto dalla proposta di legge, dobbiamo richiamare una posizione più avanzata, quella dell'ultima direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, che, a prescindere dalla sottolineatura della valenza del carattere economico o non economico – pur svolgendo la Corte costituzionale un altro tipo di valutazione – esclude l'acqua dalla trattazione dei servizi pubblici e le assegna una gestione a parte, su proposta del Commissario Michel Barnier. Credo che dobbiamo lavorare in merito a tale aspetto, perché siamo europei, invece di discutere sulle varie interpretazioni.

  ALBERTO ZOLEZZI. Approfitto della presenza del ministro per dire che ormai le notizie che leggiamo sulla stampa, di cui siamo anche protagonisti in senso propositivo, vanno tutte nella direzione della difficile ripubblicizzazione: nessuno dice che sia facile e che in questo momento gli amministratori locali o regionali siano in grado dall'oggi al domani di farlo, però l'inquinamento è la cosa più democratica che ci sia, nel senso che, se l'aria è inquinata, l'acqua non è pulita, in quanto c'è un collegamento ecosistemico. Lo studio Isonitrate del 2012 mostrava l'esistenza di falde a grande rischio, poi per insabbiare il tutto questo studio non è stato neanche rifinanziato! È pressoché impossibile, per un gestore privato che voglia comunque dividendi azionari, garantire le risorse per dare almeno per dieci anni acqua in tutta Italia. Secondo Steffen, l'Italia è tra le nazioni a più grande rischio e il limite globale relativo all'acqua in Italia è superato da molto tempo, nel senso che la captazione idrica è eccessiva e andrebbe seguito un piano di utilizzo dell'acqua molto più mirato, perché bisogna anche capire quali sono le attività che captano grandi quantitativi di acqua.
  Questo piano difficilmente potrebbe essere preso in carico da qualche imprenditore filantropo e molto ricco: l'unico imprenditore filantropo e molto ricco perché incassa le tasse dei cittadini è, appunto, lo Stato. Sorrido quando vedo piani energetici al 2050, abbiamo i nitrati che stanno pian piano superando il valore 50 in gran parte della Pianura Padana, ma già sopra 10 le Nazioni Unite, l'anno scorso, ci hanno detto che per le categorie protette l'acqua non va bene, perché può provocare metaemoglobinemia nei bambini, quindi per le donne in gravidanza e i lattanti quest'acqua non è bevibile. Provengo dalla provincia di Mantova, dove ci sono alcuni comuni in cui l'acqua è imbevibile e va bene solo per le nutrie, che sono animali come topi, cinghiali, zanzare. Visto che, per adesso, apparteniamo ancora a un'altra specie, non a quella delle nutrie, dovremmo valutare come preservare questa risorsa. Abbiamo l'occasione di discutere una proposta molto importante, per cui invito a valutarla anche in un'ottica di sistema, perché è inutile parlare delle polveri sottili quando le polveri sottili sono la principale causa di acidificazione del mare e delle acque da cui ci approvvigioniamo. Si tratta, quindi, di discutere Pag. 13 non solo di modalità aziendali, ma di sopravvivenza della nostra nazione.

  ENRICO BORGHI. Ringrazio il ministro per questo contributo particolarmente importante e approfitto per anticipare una richiesta che formulerò in Ufficio di presidenza, perché ritengo che i contenuti della relazione ci possano indurre a chiedere uno slittamento di qualche ora del termine di presentazione degli emendamenti, anche per svolgere il necessario percorso di sedimentazione e di elaborazione della corposa documentazione che il ministro oggi ci ha consegnato.
  Proverei a esprimere alcune riflessioni sulle quali sarebbe interessante conoscere l'opinione del Governo per comprendere come questi temi possano essere utilmente spesi nell'ambito del nostro lavoro. Spero sia definitivamente chiarito il tema relativo alla proprietà dell'acqua, che, in quanto bene comune, è una proprietà di natura pubblica, che nessuno intende mettere in discussione. Credo che occorra sancire anche il fatto che la natura del servizio è pubblica, a prescindere dalla natura del soggetto che lo eroga. Su questo vi è un punto di differenziazione tra noi e i colleghi del Movimento 5 Stelle: noi riteniamo che una società per azioni a totale partecipazione pubblica, quindi una società pubblica tout court, ancorché in regime privatistico ai sensi del Codice civile, possa essere annoverata fra i soggetti che garantiscono questo tipo di natura, mentre i colleghi del Movimento 5 Stelle attribuiscono esclusivamente all'azienda speciale la funzione di corrispondere al principio della ripubblicizzazione del servizio idrico.
  Credo che questo sia un tema su cui riflettere: non vedo i colleghi del gruppo SEL, ma mi era parso di comprendere nel corso del dibattito che la loro posizione fosse più conforme alla nostra.
  Questo aspetto contribuisce a dirimere la sorta di dicotomia tra pubblico e privato, che spesso viene interpretata in maniera strumentale: la natura del servizio è pubblica e, di conseguenza, dobbiamo fare in modo che i soggetti pubblici siano in condizione di corrispondere ai princìpi di tutela, valorizzazione e trasparenza prima citati.
  In secondo luogo, rivolgo al ministro la proposta di considerare, in funzione di questo assunto, il servizio idrico integrato come funzione fondamentale dei comuni, ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, in maniera da rafforzare ulteriormente in termini giuridici il principio della cosiddetta «pubblicizzazione» del servizio idrico. Se il tema dell'erogazione di un bene comune di questa natura viene attribuito al comune in quanto funzione fondamentale, non può essere messo in alcun modo in discussione il fatto che questa sia una funzione di natura pubblica.
  Vi sono ulteriori elementi sui quali occorrerebbe riflettere per dare concretezza ai contenuti. Proviamo a introdurre, signor ministro, colleghi, mentre discutiamo sulla durata delle concessioni, alcuni modelli che abbiamo già introdotto, ad esempio all'interno del Codice degli appalti e con riferimento al dibattito pubblico in tema di partecipazione della cittadinanza alla verifica della qualità del servizio reso e della quantità degli investimenti da realizzarsi nell'ambito delle concessioni attribuite. Delle due l'una: o stabiliamo oggi un principio sulla base del quale, all'entrata in vigore di queste norme, tutte le concessioni in essere vengono meno e quindi i privati, che hanno ottenuto concessioni debitamente attribuite ai sensi della normativa e hanno investito, vengono saldati e liquidati, oppure (credo che sia la strada migliore anche per le casse dell'erario) stabiliamo modalità di monitoraggio attento e di partecipazione della cittadinanza alla qualità del servizio, portando alla fine le concessioni e creando le condizioni per le quali, alla fine della concessione, si valuti se quel tipo di attribuzione debba essere reinternalizzata o debba essere mantenuta attraverso procedimenti di gara.
  Inoltre, noi siamo dell'opinione che vada salvaguardato il principio, già contenuto nella legge Galli, della tariffa e dell'unitarietà del ciclo rispetto al tema della copertura dei costi. Vediamo con una certa preoccupazione la possibilità di addivenire all'utilizzo della fiscalità generale per la Pag. 14copertura di costi di questa natura, sia perché non si va verso un percorso di responsabilizzazione dell'utilizzazione del bene, sia perché la fiscalità generale nel nostro Paese deve diminuire anziché aumentare. Come valuta il Governo la possibilità di introdurre meccanismi di rating, di certificazione del servizio? Noi non abbiamo ancora una modalità oggettiva con la quale si possa testare l'effettiva qualità del servizio reso nel nostro territorio, e questo potrebbe essere, magari con il coinvolgimento più marcato dell'Authority, un elemento di ulteriore lavoro.
  Da ultimo, visto che ieri è entrato in vigore il provvedimento cosiddetto «Collegato ambientale», il Parlamento ha dato sei mesi di tempo al suo Dicastero per varare il decreto per l'introduzione nel nostro Paese del pagamento dei servizi ecosistemici ambientali. Questo è un grande tema, perché introdurre il meccanismo di un equilibrio fra territori che producono e territori che consumano sta dentro anche alla capacità di responsabilizzazione nell'utilizzo di queste risorse. Il presidente ricordava le problematiche: in questo momento le risaie sono a secco, perché le sorgenti non danno più acqua. La costruzione di un sistema di pagamento dei servizi ecosistemici tiene gli ambiti e i bacini dentro un quadro di responsabilizzazione.

  ALESSANDRO BRATTI. Riprendo l'ultimo ragionamento del collega Borghi, perché questo provvedimento potrebbe essere l'occasione per svolgere un ragionamento sul tema dei canoni e dei prelievi, in quanto il fatto di trovare situazioni di siccità così marcate deriva spesso dalla competizione che le diverse categorie economiche mettono in atto, l'agricoltura e la grande produzione di energia elettrica in primis. C'è una grande competizione e una quantità di punti di prelievo in questi grandi fiumi, forse, andrebbe normata, anche rivedendo i canoni e i costi dei canoni di concessione.
  Anche nella mia regione, che è abbastanza attenta, questo tema non è così monitorato e, quindi, potrebbe essere opportuno fare un ragionamento del genere in questa situazione di forte stress climatico.
  Un'altra questione viene affrontata da questa proposta di legge, che in tanti abbiamo firmato, perché ritenevamo giusto svolgere una discussione: forse arriviamo in ritardo perché dal 2006 sono cambiati tanti contesti, crisi pesanti hanno investito il sistema degli enti locali, che in alcune situazioni hanno ceduto le quote a soggetti gestori, sempre facendo riferimento ad alcuni modelli; quindi, pensare oggi di tornare al riacquisto di queste quote da parte dei comuni diventa abbastanza complicato. Fatto sta che ci sono comuni come Reggio Emilia che avevano messo in campo un progetto di acquisizione di quote da parte dell'ente gestore – che in questo caso è una multiutility a maggioranza pubblica – ma oggi, con le condizioni date, non si riesce a portarlo avanti.
  Sono cambiate tante aspetti, ma uno deve comunque essere approfondito da parte del Governo e riprende il ragionamento del collega Borghi: al di là del fatto che i tre sistemi di gestione possano essere posti in essere (modello misto, quello completamente in house e la totale privatizzazione della gestione), tenere saldamente nelle mani della maggioranza pubblica la gestione di un bene come l'acqua è fondamentale anche alla luce dei risultati, perché bisogna sempre fare la fotografia del nostro Paese, dove le gestioni private dell'acqua sono state una sciagura, da tutti i punti di vista.
  Andando alle best practices, che non credo siano quelle ricordate dalla collega Daga, si potrebbe valutare un percorso di incentivi da mettere in campo, che da un lato favoriscano l'aggregazione, perché non c'è dubbio che si tratta di sistemi industriali, dall'altro, però, non snaturino, in un settore come questo, la forte presenza della gestione del sistema pubblico.
  In relazione poi alla tematica, che presenta aspetti complicati e che ritengo non si possa eludere all'infinito, riguardante la competizione delle acque minerali, bisognerà trovare un punto di equilibrio, perché siamo un Paese che consuma una quantità abnorme di acque minerali. Andrebbe svolto un ragionamento sulla responsabilità del produttore per quanto Pag. 15concerne la plastica, anche se oggi tante case utilizzano materiale bio o riciclato.
  L'ultima questione, che credo sia un tema da porre più a livello comunitario, riguarda i nuovi inquinanti che si trovano nelle acque, tema sul quale, a livello comunitario, è già iniziata la discussione. In alcune parti del Paese si rilevano inquinanti nocivi, non normati a livello europeo, e sono in corso di studio progetti al riguardo. Ritengo, quindi, opportuno un ragionamento a livello europeo per salvaguardare la qualità delle nostre riserve idriche.

  ROGER DE MENECH. Tengo a sottolineare al ministro, al Governo, ma anche al Parlamento, che, quando percorriamo complicate vicende come quella dell'acqua, non si dovrebbe fare qualunquismo, perché si rischia di ritenere che tutto quello che è pubblico non sia efficiente e tutto quello che è privato, invece, lo sia.
  Raccomando quindi di non «tagliare con l'accetta» il provvedimento, che peraltro si «incastra» con molti altri, come i provvedimenti di attuazione della riforma della pubblica amministrazione del ministro Madia, i quali devono entrare nel merito in maniera mirata, cercando finalmente di imporre non modelli gestionali, ma la valutazione dei modelli stessi, cioè l'efficienza del sistema che stiamo producendo. Come giustamente si diceva, infatti, esistono altri modelli in questo Paese: quindici giorni fa, nelle cronache nazionali dei giornali economici, non politici, si è parlato di Vivere Acque, il consorzio veneto delle acque (che serve 4,5 milioni di abitanti); si tratta di un consorzio che prende gli ambiti ottimali del Veneto, tutte società in house a controllo pubblico, che certificano i bilanci, che rivestono ogni centesimo di utile nel sistema idrico integrato.
  Vorrei quindi che la normativa in oggetto eviti di «toccare» e mettere in crisi le virtuosità del nostro Paese, perché troppo spesso, per qualunquismo, nel passato i Governi tagliavano con l'accetta il tema «tutto pubblico/tutto privato». Reinvestire gli utili è un tema di straordinaria importanza: il privato punta a mettere in tasca gli utili, ma le gestioni pubbliche puntano a reinvestire utili fuori dall'ambito in cui sono stati prodotti.
  Sul ciclo dell'acqua, visto che siamo indietro dal punto di vista della depurazione, una riflessione importante va fatta. Rispetto ai servizi ecosistemici, sottolineo l'aspetto universale dell'acqua, perché dobbiamo mettere in campo politiche intratariffarie, cioè dentro la tariffa, per i motivi di cui abbiamo parlato, però, come in tanti altri campi della pubblica amministrazione, ci sono zone del Paese a fallimento di mercato (le definiamo così nella banda larga), in cui quindi il pubblico interviene. Cito l'esempio di un dato molto meno sensibile socialmente: abbiamo stabilito con il Ministero dello sviluppo economico che, se non è il pubblico che porta la banda larga, non la porta nessuno. Ci sono zone di questo Paese (come diceva l'onorevole Borghi) che producono quantità enormi di servizi, ma in cui la gestione di quel servizio e, in particolare, quello idrico per le densità abitative, ha un costo ovviamente maggiore e difficilmente remunerabile da quella tariffa.
  Un aspetto universale della tariffa, che riesca a riportare in equilibrio questa bilancia in un Paese così complicato come l'Italia, va valutato per far partire tutti dallo stesso punto di partenza. Una volta partiti dallo stesso punto di partenza, puntiamo a elaborare norme che entrino nel merito della gestione pubblica, che per me ovviamente può essere efficiente (ho l'orgoglio, da amministratore più che da parlamentare, di ritenere che il pubblico sia in grado di fare il pubblico bene in maniera efficiente).
  Il Governo ha un'unica, grande responsabilità: controllare che questo accada. Se riusciamo a costruire un castello di norme che mettano alle strette questa parte di inefficienza del nostro sistema, potremo affrontare con più tranquillità il tema delle forme gestionali, che sono solo una ricaduta delle norme di controllo che dobbiamo costruire.

  GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Ringrazio per l'ampia discussione, che ho trovato molto interessante. Non so Pag. 16se risponderò a tutte le domande, perché alcune non hanno un'afferenza diretta con il tema che stiamo trattando o forse non le ho comprese fino in fondo.
  Mi sembra che il tema più citato dagli interventi degli onorevoli Daga, Manfredi, Zolezzi, Borghi e De Menech è relativo alla circostanza che, all'esito del referendum, è venuta meno la normativa nazionale contenuta nel cosiddetto «decreto Ronchi», all'articolo 13-bis, ed è entrata in vigore la normativa europea, che prevede le tre forme di gestione (in house, società mista e società privata). Oggi queste tre forme sono in vigore e tutte e tre sono degne di attenzione da parte del legislatore, perché non è detto che una sia migliore dell'altra, laddove ci sono gestioni pubbliche che funzionano perfettamente e gestioni private che funzionano male, così come è vero il contrario.
  Mi concentrerei non tanto su questo aspetto, quanto piuttosto sul sistema delle regole e dei controlli (teniamo presente che il 30 per cento degli affidamenti a società in house, oggi, in Italia, non è coerente con le norme, perché non c'è il controllo analogo che la legge europea richiede, e questo è un grande problema) e, soprattutto, sulla definizione degli ambiti territoriali.
  Attribuisco molta rilevanza agli ambiti territoriali, perché l'economia si fa non tanto sulla gestione, che può essere più o meno buona a seconda di chi la fa, quanto sulle dimensioni di chi vende il servizio oggi, perché, se è troppo piccolo il mercato, quel servizio sarà difficilmente in pareggio, cioè la copertura dei costi sarà difficilmente raggiungibile, mentre più si allarga il bacino di utenza al mercato, più si riesce a raggiungere l'economicità della gestione.
  Pensate che oggi, in Italia, abbiamo 2.000 gestori e ce ne servirebbero 100, quindi ne abbiamo 1.900 in più! La mia attenzione alla costituzione degli ambiti ottimali va proprio in questa direzione: credo che la dimensione di erogazione del servizio sia anche più importante della modalità di gestione del servizio stesso. Questo, secondo me, deve essere tenuto in considerazione nell'esame della proposta di legge.
  Questo è strettamente collegato a quanto si diceva con riferimento alle aggregazioni pubbliche, nel senso che, credo, aggregazioni debbano essere fatte o tra privati o tra pubblico e privati o tra privati con pubblico, ma che anche la dimensione dell'azienda sia importante per corrispondere a un bacino più ampio. Basta guardare alle esperienze in Europa, dove le aziende sia pubbliche che private che gestiscono servizi pubblici locali sono molto grandi, sicuramente più delle nostre società quotate in Borsa, perché si è capito che in questi settori le economie di scala sono rilevanti per la gestione del servizio.
  Su ruolo pubblico e privato credo che dobbiamo lasciare libertà, perché lo richiede la normativa europea. Giudico positivo il ruolo di Cassa depositi e prestiti per le aggregazioni (ci mancherebbe altro), ma sapete che è fuori dal perimetro del bilancio dello Stato, quindi gli interventi che svolge CDP debbono essere interventi con rilevanza economica e non possono essere di diverso tenore, altrimenti vi sarebbe un aiuto di Stato.
  Sono d'accordo sulla composizione della tariffa sia in ordine sostanziale che in ordine formale: reputo che entrambi siano punti importanti, è giusto (lo dico agli onorevoli Borghi, De Menech e Bratti) prevedere compensazioni per gli ecosistemi fra chi dà e chi prende: penso che sia un discorso di buonsenso, oltre che di tenuta del sistema.
  Nella tariffa, chiaramente, devono essere compresi anche gli investimenti, perché oggi in Italia stiamo scontando una fortissima carenza di investimenti nel settore. Alcuni dati devono farci riflettere: noi investiamo 30 euro per abitante, a fronte di Paesi, come la Francia, che ne investono 80 e di molti che superano i 100 euro.
  È però altrettanto importante (lo dico all'onorevole Manfredi, che ha ragione) la simmetria informativa, cioè rendere chiara e leggibile la tariffa, perché questo influisce molto. Non è solo una questione di informazione: è anche una questione di abbassamento dei costi per l'azienda. I mercati falliscono per tre cose: per monopolio, in presenza di bene pubblico (come nel caso Pag. 17ricordato della rete da portare nei posti dove non è conveniente portarla) e per asimmetria informativa, dato che incide molto sul costo dell'azienda stessa.
  Onorevole Borghi, in merito alle funzioni fondamentali del comune, riterrei che inserirle all'interno dell'articolo 117 sia il gesto più forte che possiamo compiere per far capire che lo consideriamo bene pubblico: è un richiamo fortissimo, ormai acclarato anche dal referendum, sempre se tenuto distinto dalla gestione.
  Condivido le osservazioni sulla verifica generale delle tariffazioni: non lo considero un tema molto inerente alla discussione che stiamo svolgendo, ma, se vogliamo fare un approfondimento sui nuovi inquinanti con la Commissione, il mio Ministero è sicuramente disponibile. Non so se ho risposto a tutti, ma ho provato a sintetizzare.

  PRESIDENTE. Nel ringraziare il ministro Galletti, con il quale auspichiamo un'ulteriore fase di confronto al momento dell'esame delle proposte emendative sul provvedimento in esame, che affronta un tema certamente delicato, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.35.

ALLEGATO

Documentazione consegnata dal Ministro dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare.

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