XVII Legislatura

VI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 13 di Giovedì 9 novembre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bernardo Maurizio , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE TEMATICHE RELATIVE ALL'IMPATTO DELLA TECNOLOGIA FINANZIARIA SUL SETTORE FINANZIARIO, CREDITIZIO E ASSICURATIVO

Audizione del dottor Andrea Crovetto, amministratore delegato di Epic SIM.
Bernardo Maurizio , Presidente ... 3 
Crovetto Andrea , amministratore delegato di Epic SIM ... 3 
Bernardo Maurizio , Presidente ... 8 

ALLEGATO: Documentazione depositata dal dottor Crovetto ... 9

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista: MDP;
Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD: AP-CpE-NCD;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile: SI-SEL-POS;
Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE: SC-ALA CLP-MAIE;
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Civici e Innovatori PER l'Italia: Misto-CIpI;
Misto-Direzione Italia: Misto-DI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-UDC-IDEA: Misto-UDC-IDEA;
Misto-Alternativa Libera-Tutti Insieme per l'Italia: Misto-AL-TIpI;
Misto-FARE!-PRI-Liberali: Misto-FARE!PRIL;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI) - Indipendenti: Misto-PSI-PLI-I.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MAURIZIO BERNARDO

  La seduta comincia alle 12.55.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del dottor Andrea Crovetto, amministratore delegato di Epic SIM.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle tematiche relative all'impatto della tecnologia finanziaria sul settore finanziario, creditizio e assicurativo, l'audizione del dottor Andrea Crovetto, amministratore delegato di Epic SIM.
  Lascio subito la parola al dottor Crovetto, che ringrazio per l'occasione.

  ANDREA CROVETTO, amministratore delegato di Epic SIM. Buongiorno a tutti. Ringrazio il presidente per l'opportunità che ci avete riservato.
  Dedicherei innanzitutto qualche minuto a illustrarvi una serie di riflessioni, che abbiamo maturato con i colleghi sul tema in oggetto.
  Innanzitutto, mi preme inquadrare il mio intervento nel grande mondo del cosiddetto «FinTech».
  Ho utilizzato una tabella per rappresentare l'ampiezza di questo mondo, in cui c'è un po’ di tutto, dalle assicurazioni ai servizi di pagamento. Mi preme di limitare il mio intervento all'ambito del credito e della finanza per le medie imprese, che è una parte del vastissimo mondo del FinTech.
  So che avete interpellato altri operatori, assicurazioni e autorità e, pertanto, vi farete un'idea completa: la verità però è che, in questo mondo, ogni settimana emergono nuove piattaforme e soluzioni, quindi è sempre molto parziale pensare di possedere un quadro completo.
  Mi concentrerei su un'analisi che riguarda innanzitutto una situazione tipica italiana, quella di un Paese che ha risorse in questo campo, date dal risparmio nazionale e dall'inventiva dei nostri industriali, con i loro progetti di investimento.
  Crediamo che la tecnologia applicata al mondo della finanza porti finalmente un'innovazione dirompente per facilitare l'incontro fra domanda e offerta e mi preme dire che, grazie alla tecnologia, sarà possibile una più moderna analisi del rischio delle medie imprese italiane, che sono, a mio modo di vedere, un po’ vittime della scarsa attenzione prestata dai finanziatori ai loro progetti di investimento industriale. Inoltre, mi preme rappresentare che ritengo le opportunità offerte dalla tecnologia non alternative al sistema delle banche, ma semplicemente a complemento del lavoro delle banche stesse.
  Scorrendo la nostra presentazione, che vi consegno, si parte dal nostro sistema economico, sul quale non mi soffermerò troppo. Si tratta di un Paese che ha il baricentro delle proprie imprese e il cuore dell'economia nella dimensione medio-piccola. Ciò, accompagnato da un certo livello di rischio finanziario, ha fatto sì che il finanziamento degli investimenti in competitività e produttività non fosse, per alcuni aspetti, sufficientemente capillare, in Pag. 4modo tale da raggiungere soprattutto le imprese di medie dimensioni.
  La mia ipotesi, che vorrei portare alla vostra attenzione, è quella di trovare, grazie alla tecnologia, la maniera di far arrivare, in modo integro, diversificato, prudente e meritocratico, la finanza giusta alle imprese meritevoli.
  Il nostro Paese ha già iniziato, in effetti, a farlo attraverso alcune iniziative, che anche il Governo e il Parlamento hanno promosso, per mettere in moto la nostra prima ricchezza, ossia il risparmio delle famiglie. Questo risparmio, che va certamente tutelato, innesca un circolo virtuoso, perché porta finanziamenti a medio termine alle imprese, favorisce gli investimenti industriali, e quindi la crescita delle imprese stesse, con effetti benefici sull'occupazione.
  I punti su cui credo occorra concentrarci sono: lo sviluppo del mercato dei capitali per le medie imprese; assicurare un equilibrio stabile alla protezione del risparmio delle famiglie; favorire l'incontro degli interessi di investitori e imprese.
  Il modo in cui la tecnologia permette di fare tutto ciò è un modo diverso da quello che abbiamo vissuto in passato, quando avevamo un rapporto bilaterale esclusivo fra l'impresa e la banca. L'opportunità di cui sto parlando non è solamente tecnologica, ma anche logica: grazie alla tecnologia, un operatore o, come spesso queste vengono denominate, una piattaforma, offre all'impresa la possibilità di emanciparsi dal rapporto con un singolo finanziatore o con la banca sotto casa e di avere un atteggiamento più attivo nel proporsi al mercato, dotandosi delle condizioni di trasparenza e di rappresentazione idonee per proporre i propri investimenti a fondi di investimento o a fondi specializzati.
  Che cosa finanziare? Spesso, quando ci riferiamo alle imprese, facciamo riferimento ad azioni e obbligazioni, ma mi preme chiarire che molti aspetti degli strumenti finanziari sono legati alla vita delle imprese.
  La vita delle imprese parte dalla fase cosiddetta di «start-up» e, passando per una fase di sviluppo e una di consolidamento, arriva a una fase finale di crescita. In ciascuna di queste fasi, gli strumenti finanziari di accompagnamento sono diversi.
  Vi assicuro che questa classificazione non è scolastica, ma è una vera testimonianza dell'evolversi del rapporto tra la banca e le imprese, cioè tra il finanziamento e l'impresa. Pertanto, concentrarci soltanto sul mondo del cosiddetto «equity», cioè dell'azionario, come punto di arrivo che suggella il momento di grande affermazione dell'impresa quando questa si quota in Borsa, non deve far trascurare il fatto che l'impresa ha bisogno di sostenere investimenti anche nelle sue fasi iniziali e di crescita.
  Per tale motivo, se posso usare una metafora, ritengo che l'IPO o l'offerta in Borsa di un'azienda sia come aver raggiunto la fine della carriera accademica di uno studente all'università, ma, prima di fare l'università, bisogna fare il liceo. In questo caso, il liceo rappresenta l'essere preparato a emettere, per esempio, un'obbligazione o un finanziamento a medio-lungo termine, che in qualche modo imposta la relazione con gli investitori, senza quel grado di complessità necessario ad avere nuovi soci.
  Sappiamo che, soprattutto per un'impresa di medie dimensioni, considerare l'ingresso di nuovi soci è un passaggio psicologicamente molto delicato.
  L'obiettivo di parlare di finanza a medio-lungo termine è quello, sostanziale, di abbassare un po’ il profilo di rischio dell'Italia. Lo dico perché l'Italia, avendo il proprio baricentro nelle PMI, è percepita come un sistema ad alto rischio, il che vuol dire che otteniamo prestiti a tassi più alti. Ciò accade non solo a causa del merito dell'Italia, ma anche per il fatto che, avendo una dimensione media delle imprese e un rischio medio d'impresa più alto che in altri Paesi, soffriamo di un costo di accesso al mercato dei capitali maggiore. La scelta di finanziare le imprese meritevoli con finanza a medio-lungo termine, attraverso azioni e debito a medio-lungo termine, è quindi, a mio modo di vedere, strategica per la competitività del nostro Paese. Pag. 5
  Riguardo al FinTech, campo in cui mi sono concentrato, vorrei parlare delle tre funzioni che esso offre al nostro mondo.
  Innanzitutto, c'è tutto il settore della funzione di analisi dei dati e di elaborazione dei rischi, e quindi di analisi dei dati disponibili, pubblici o no. La seconda funzione è data dalla possibilità di gestire numerose operazioni, perché il fatto di avere tante piccole e medie aziende impone un nuovo modello transazionale e la terza è la capacità di realizzare un rapporto multilaterale fra più investitori e più imprese, emancipando queste ultime dal rapporto bilaterale con le banche.
  Ciò che è utile, come conseguenza di queste tre iniziative, è rappresentato da quattro azioni di lavoro, nella cui direzione l'Italia sta già andando, attraverso provvedimenti normativi adottati di recente in vari campi.
  Faccio un esempio: con riferimento al primo punto, relativo a un accesso equo ai dati creditizi delle imprese, c'è la possibilità per i fondi di credito di accedere alla Centrale dei rischi della Banca d'Italia. Si tratta di un'apertura che rende il terreno competitivo ed equilibrato fra fondi e banche.
  Tuttavia, recentemente, per esempio nel Regno Unito, è stata data la possibilità anche alle piattaforme, come quella che rappresento e come tante altre, di accedere direttamente alle informazioni creditizie delle imprese, facendo un altro passo in avanti verso la creazione di un livello di vera competitività fra le diverse forme di finanziamento a disposizione delle imprese.
  Un aspetto che mi preme molto è eliminare qualsiasi dubbio sull'antitesi fra innovazione e regolazione. Credo che l'innovazione sia preziosa, ma, trattandosi di questioni molto delicate, chi innova in questo campo deve comunque essere un soggetto vigilato e regolato, perché trattiamo una materia che ha riflessi molto sensibili e impone uno stretto controllo.
  L'Italia ha un buon livello di regolazione e la mia idea è che, a volte, si cerca una soluzione tecnologica girando intorno alla regolazione, quando invece godiamo di una buona regolazione e ci sono gli strumenti per operare secondo determinati canoni.
  Certamente ci sono margini di evoluzione e so che le autorità competenti sono molto attente nel seguirli, quindi mi aspetto che su alcuni aspetti ci siano degli interventi.
  Penso inoltre sia opportuno considerare di regolare il cosiddetto «ultimo miglio»: a mio avviso, chi fa consulenza alle medie imprese in tema finanziario in Italia dovrebbe essere regolato in una maniera che garantisca anche la qualità di questa consulenza.
  A volte c'è un discreto disordine fra i soggetti che in vario modo guidano le aziende nell'adozione di scelte molto importanti per le aziende stesse.
  Infine, ci sono molti strumenti che indirizzano il risparmio nazionale verso le imprese e credo si possa fare ancora di più per avere più finanza a medio termine, soprattutto nel segmento delle medie imprese.
  Chi è Epic? Per presentarci, posso dire che Epic è una SIM, cioè un soggetto regolato e vigilato che opera, da un lato, nell'ambito di una regolazione relativamente tradizionale, e che, dall'altro, utilizza però tecnologie innovative; tant'è che siamo iscritti all'albo delle start-up innovative.
  Abbiamo una piattaforma a cui hanno accesso riservato solo gli investitori professionali, ossia fondi, banche e family office. La nostra missione è finanziare, tramite questi investitori, imprese di dimensione media con azioni e obbligazioni.
  Illustro velocemente la slide su «chi siamo», per arrivare alla conclusione di ciò che vorrei esporre a questa Commissione in termini di possibili considerazioni.
  La prima considerazione è quella di non dimenticare, quando pensiamo a provvedimenti che possano aiutare le aziende italiane a quotarsi in Borsa, che, secondo me, la quotazione in Borsa è, in un certo senso, un mito «cucito» sulla cultura anglosassone, ma non necessariamente adatto a tutti i Paesi del mondo.
  Nel nostro Paese, solo il 6 per cento dei lavoratori privati con rapporto di lavoro Pag. 6dipendente lavora in aziende quotate. Negli Stati Uniti, questa percentuale è del 29 per cento.
  Senz'altro ci sono spazi di crescita di nuove imprese che si quoteranno in Borsa e credo che l'anno prossimo sarà probabilmente un anno record, però non credo che arriveremo facilmente a livelli di quel tipo.
  Pertanto, quello che mi preme dire è che anche le aziende non quotate, se meritevoli e con bei progetti, devono essere considerate, a mio parere, con molta attenzione ed essere assistite da finanza e interventi pubblici.
  Un fatto che mi ha sempre colpito e che ho già riferito a questa Commissione nel 2013 in un'altra occasione è che in Italia c'è un grande stock di risparmio.
  Vi elenco solo due forme, di cui una è quella dei fondi pensione. Dall'ultima relazione della COVIP sui fondi complementari, sappiamo che in tali fondi ci sono 117 miliardi di euro e che i PIR, introdotti molto di recente, alla fine dell'anno, dovrebbero raggiungere una consistenza di 10 miliardi.
  Quello che impressiona è in che cosa sono investiti questi soldi. La tabella che vedete rappresenta il fatto che, dei 117 miliardi, alle imprese italiane sono tornati circa 3,4 miliardi, mentre, dei 10 miliardi di euro dei PIR, alle imprese italiane vanno 7 miliardi. Facendo un confronto tra questi dati, quindi, i PIR investono il 70 per cento delle loro masse nelle imprese italiane, mentre i fondi pensione investono solo il 3 per cento.
  Il tema è molto discusso: oggi stesso ho letto sulla stampa la definizione di questo fenomeno come «oro alla patria».
  Ritengo che investire nelle imprese italiane non sia uno sforzo patriottico, ma sia un buon investimento. Peraltro, si investe nel nostro terreno, nelle nostre famiglie e nelle nostre città, dunque non si tratta di prendere più o meno rischio, né di fare una sorta di beneficenza.
  Tuttavia, secondo me, c'è da dire una cosa importante: le imprese italiane, a cui si riferisce la prima tabella della documentazione che vi ho consegnato, non sono necessariamente quelle non quotate o piccole. Se consideriamo quanta parte della capacità di investimento va alle piccole e medie imprese, osserviamo che, più o meno, dai fondi pensioni, arriva zero, anche perché i fondi pensione sono allocati in base a modelli internazionali, quindi non calibrati sull'Italia in funzione della quotazione. Le aziende italiane riceveranno solo un po’ di investimenti da parte dei PIR, perché, nel definire questo strumento, si è sapientemente indicato un vincolo di portafoglio per tenere conto dell'attenzione dovuta alle medie imprese italiane.
  Ho cercato di rappresentare qual è lo stock di debito delle imprese italiane, che è pari a circa a 350 miliardi di euro, se guardiamo il debito a medio-lungo termine, quindi il debito che finanzia i progetti di lungo termine con durata maggiore di cinque anni.
  È difficile fare stime, ma si prevede che, nei prossimi anni, circa il 20 per cento di questo stock dovrà essere finanziato da soggetti non bancari. Immagino sappiate che, a causa dell'evoluzione della normativa in materia bancaria, gli istituti di credito avranno sempre meno possibilità, o interesse, a investire nei finanziamenti a medio-lungo termine, lasciando quindi spazio ad altri soggetti. Conti alla mano, stiamo parlando di 70 miliardi di euro, solo per il debito.
  Cerchiamo di comprendere quali sono le fonti di finanziamento, perché in economia i conti devono tornare.
  Oggi, abbiamo 10 miliardi di PIR, di cui 7 miliardi sono sulle medie imprese e 3 miliardi vengono dai fondi pensione. In questo calcolo, non tengo in conto il risparmio assicurativo o il risparmio di altri soggetti.
  Quindi se pensiamo a far crescere questo ammontare nei prossimi anni – anche perché i PIR, se continuano secondo l'andamento attuale, attraverso dei piani di accumulo, nei prossimi quattro o cinque anni avranno uno stock maggiore – potenzialmente ci avviciniamo a uno stock vicino alla copertura di quel fabbisogno delle imprese.
  Tuttavia, si tratta di un bisogno che riguarderà solo le imprese medio-grandi, Pag. 7perché la quota destinata alle piccole e medie imprese sarà ancora piuttosto piccola. Inoltre, se consideriamo non solo il finanziamento del debito, ma tutto quello che i PIR possono finanziare, cioè tutte le azioni quotate, escluse quelle comprese nell'Ftse Mib 40, notiamo che le grandezze sono ancora un po’ distanti: il fabbisogno e le possibilità di impiego sono ancora distanti.
  Pertanto, a volte, negli scorsi mesi, a proposito dei PIR si è parlato di rischio di inflazione dei prezzi, cioè che i PIR avessero troppi soldi per le imprese. A mio modo di vedere, numeri alla mano, questo non mi sembra un problema, perché la dimensione del mercato e la dimensione del fabbisogno, in prospettiva, suggeriscono che, probabilmente, ci vuole ancora più finanza a medio-lungo termine e non che ce ne sia troppa.
  Arrivo alla tabella conclusiva, aggiungendo anche alcune raccomandazioni che mi permetterei di fare.
  In sintesi, sappiamo che il nostro Paese ha di fronte a sé una sfida, perché le nostre PMI hanno poco capitale di rischio e un eccesso di leva finanziaria, il che le indebolisce. In particolare, il debito delle PMI è di durata troppo breve, mentre sarebbe più sano che fosse di più lunga durata, e sappiamo che le PMI dipendono finanziariamente dalle banche in maniera quasi totale, il che ne limita il grado di libertà.
  La sfida quindi è quella di massimizzare la possibilità di accedere al mercato azionario, favorire l'accesso al credito a medio-lungo termine e aumentare la quota di risparmio nazionale dedicato alle medie e piccole imprese italiane.
  Abbiamo provato a tracciare quattro idee, che vorrei potessero essere considerate.
  In primo luogo, come ho illustrato attraverso la precedente tabella, i PIR investono in piccole e medie aziende non solo in virtù di incentivi, i quali sono trasversali, ad esempio, ai fondi pensione, ma anche in virtù di un vincolo di portafoglio.
  Pertanto, ritengo debba essere esaminata la possibilità di introdurre misure analoghe a quelle previste per i PIR, estendendo la stessa logica di vincoli di portafoglio anche ai portafogli previdenziali e assicurativi.
  Mi risulta infatti che, in altri Paesi europei, nei portafogli assicurativi ci sia una previsione simile riguardo ai vincoli di portafoglio e trovo ragionevole che anche l'Italia si doti di questo tipo di meccanismo.
  Il secondo aspetto riguarda il fatto che i PIR presentano una peculiarità dal punto di vista tecnico: sono costituiti, per la maggior parte, da fondi aperti, ossia da fondi che hanno caratteristiche di breve termine e che, rispetto alle esigenze dei PIR, che sono di medio e lungo termine, consentono una limitata dose di investimenti non quotati. Ciò contrasta con lo spirito dei PIR, che vogliono avere più denaro da investire nella forma del finanziamento di medio-lungo termine per le imprese non quotate.
  Inoltre, credo che, per queste imprese non quotate, sia ragionevole estendere la gamma di strumenti in cui i PIR possono investire, non solo sotto forma di crediti cartolari e di strumenti finanziari, ma anche di prestiti.
  Al fine di adottare uno strumento forte perché ci sia il cosiddetto «level playing field», cioè un campo di gioco equamente competitivo, sarebbe giusto estendere al mercato degli operatori non bancari, come sono, ad esempio, le piattaforme, la possibilità di accedere alle garanzie del sistema pubblico e non facilitare solo le banche.
  Ritengo che, da questo tipo di interventi possano nascere notevoli benefici collaterali, perché, creando un grande mercato di strumenti liquidi delle medie imprese in Italia, si attrae automaticamente capacità di generare tecnologia – il che può risultare vincente per il nostro Paese – e, di conseguenza, si attraggono anche investimenti dall'estero: quindi, se dimostriamo di essere un mercato efficiente, otterremo benefici per il nostro sistema.
  C'è un bellissimo esempio storico, risalente agli ultimi decenni, che è stato il Mercato dei titoli di Stato, l'MTS, il quale è stato esportato ed è diventato il mercato di riferimento in Europa; potremmo fare lo stesso per le medie imprese. Pag. 8
  Credo che la cultura della trasparenza e della professionalità possa oggi, grazie alla tecnologia, essere estesa a basso costo anche alle medie imprese, superando taluni tabù secondo i quali soltanto le grandi imprese possono accedere al mercato dei capitali.
  Ho terminato il mio intervento, vi ringrazio per l'attenzione e ovviamente sono a disposizione per le domande che vorrete pormi.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor Crovetto, anche per essere entrato nel dettaglio di diversi aspetti.
  Chiedo ai colleghi se ci sono domande oppure se riteniamo soddisfacente quanto l'amministratore delegato di Epic SIM ci ha esposto, anche attraverso una documentazione ricca di stimoli importanti.
  Ringrazio sia lei sia il dottor Marini, membro del consiglio amministrazione, che la accompagna oggi e mi permetto di fare una battuta: tra l'altro, siete tutti, o quasi, di Milano, capitale economica del nostro Paese.
  Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal dottor Crovetto (vedi allegato) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.25.

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ALLEGATO

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